Fredric Brown

Il video ci guarda

2 aprile

Mi sto chiedendo se quello che provo è un senso di scandalo, di paura o di stupore all’idea che le Norme possano essere diverse, dall’altra parte del vetro. La morale, così ho sempre creduto, è unica, assoluta. E non può essere altrimenti, trattare certe cose con due pesi e due misure sarebbe un’ingiustizia. No, è la loro censura che ha fatto una gaffe, non può esserci altra spiegazione.

Non che abbia importanza, ma il fatto è successo durante un western. Io ero Whitey Grant, sceriffo di West Pecos, bravo a cavallo, bravissimo con la pistola, un eroe dalla testa ai piedi. Una banda di cattivi veniva in città per farmi la festa, veri tipacci da galera, e, dato che tutti i cittadini avevano paura di affrontarli, io me la dovevo cavare da solo.

Black Burke, il capo dei fuorilegge, mi ha detto più tardi, attraverso le sbarre della prigione (perché io dovevo solo metterlo fuori combattimento, non ammazzarlo), che questa storia gli faceva tanto venire in mente Mezzogiorno di fuoco, e sarà magari vero. Ma cosa importa? Mezzogiorno di fuoco era solo un film e se la vita imita per caso l’arte, be’, e con questo?

Ma il fatto comunque è successo prima, mentre eravamo ancora in onda e io ho dato un’occhiata attraverso il vetro (che qualche volta chiamiamo anche video) nell’altro mondo. È una cosa che si riesce a fare solo quando ci si trova con la faccia rivolta direttamente verso il video, il che capita relativamente di rado. Sono i soli momenti in cui intravediamo qualcosa di quest’altro mondo, un mondo dove esistono altre persone, persone come noi, solo che loro, invece di fare tante cose e avere tante avventure, stanno lì sedute e guardano noi attraverso il video. E per qualche ragione, che per me resta un mistero (uno dei tanti), non ci capita mai di vedere due sere di seguito la stessa persona o gruppo di persone che ci guardano da quest’altro mondo.

Ma dunque, ieri sera ero lo sceriffo. Nel soggiorno in cui ho gettato un’occhiata c’era una giovane coppia. Seduta. Erano seduti vicini su un sofà, “molto” vicini, a tre o quattro metri da me, e si stavano baciando. Be’, anche qui da noi i baci sono permessi, di tanto in tanto, ma sempre brevi e casti. Ora il bacio di quei due non era né breve né casto. Erano addirittura avvinghiati l’uno all’altra ed immersi in un bacio tutt’altro che fuggevole, un bacio chiaramente appassionato, un bacio con sfumature sessuali. Andando su e giù davanti al video ho avuto occasione di guardarli tre volte, e ogni volta erano ancora lì, nella stessa posizione, e si stavano ancora baciando.

La terza volta ho calcolato che dovevano essere passati almeno venti secondi, e non era finito. Ho dovuto distogliere gli occhi; era veramente troppo. Baciarsi per venti secondi! Anzi, probabilmente di più, dato che dovevano aver cominciato prima che io li vedessi e continuato dopo. Un bacio di venti secondi! Ma come si è lasciata scappare una cosa così, la loro censura?

Dopo il western, quando il vetro è ridiventato opaco e noi siamo rimasti soli nel nostro mondo, avevo una mezza idea di discutere la cosa con Black Burke; abbiamo parlato un bel po’, infatti, attraverso le sbarre della sua cella, ma ho deciso di no, che era meglio non tirar fuori quello che avevo visto. Domani gli fanno il processo, a Burke, e subito dopo probabilmente lo impiccheranno. Lui la prende bene, è coraggioso, ma non c’è ragione che gli stia a mettere un altro pensiero in testa, poveraccio.

Pistolero o no, in fondo in fondo non è poi proprio “cattivo”, e la forca gli dà già abbastanza preoccupazioni. Chissà quale sarà, la sua prossima incarnazione, se pure gliene daranno una.

15 aprile

Sono molto turbato. Ieri sera è successo di nuovo. E questa volta è stato peggio. Sono sbigottito, sconvolto. Dopo quella prima volta m’era rimasta la paura, quasi, di guardar fuori. Mi voltavo verso il vetro meno che potevo, cercavo di non guardare. Ma quando non avevo potuto farne a meno, non avevo più notato niente di scandaloso. Ogni volta un soggiorno diverso, ma senza più giovani coppie abbracciate sul sofà a violare le Norme. Gente seduta tranquillamente, gente che si comportava bene, che ci guardava. Dei bambini, qualche volta. Insomma, il solito.

Ma ieri sera!

Il “colmo” dell’indecenza! Di nuovo una giovane coppia — non, naturalmente, la stessa coppia o lo stesso soggiorno della prima volta. Qui non c’era sofà, solo due grosse poltrone superimbottite: e quei due erano seduti nella stessa poltrona. Lei sulle ginocchia di lui. Non ho veduto altro, alla prima occhiata. Ero un medico, e in ospedale c’era un lavoro pazzesco, dovevo precipitarmi a salvare vite a destra e a sinistra senza un attimo di respiro. Ma verso la fine (è così che si chiama quel punto in cui noi non possiamo più veder fuori e quelli dell’altro mondo non possono più vedere noi) mentre stavo facendo un discorso serio e paterno a un mio giovane assistente, mi sono voltato e mi sono venuto a trovare proprio di faccia al vetro, e così li ho rivisti.

Può darsi che si fossero mossi, nel frattempo, o forse solo allora ho notato qualcosa che prima m’era sfuggito. Oh, il video lo guardavano, niente da dire. E non si baciavano. Solo che…

Insomma, la ragazza aveva dei pantaloncini corti, molto molto corti, e la mano di lui era sulla coscia di lei. E non è nemmeno che se ne stesse lì ferma e tranquilla: si muoveva leggermente, accarezzava! Che sentina d’iniquità sarà mai quel mondo là fuori, se permettono cose di questo genere? Un uomo che accarezza la coscia nuda di una donna! Qui nel nostro mondo, a chiunque verrebbero i brividi solo a pensarci.

Ancora adesso, a ricordare quella scena, mi trema la mano. Si può sapere cosa sta combinando la loro censura?

C’è forse, tra i nostri due mondi, qualche differenza che io non capisco? L’ignoto fa sempre paura. E io sono pieno di paura. E di disgusto.

22 aprile

È passata un’intera settimana dopo il secondo di quei due preoccupanti episodi e fino a ieri sera mi sentivo relativamente tranquillo. Avevo cominciato a pensare che le due violazioni delle Norme di cui ero stato testimone dovevano essere esempi isolati di malcostume, sfuggiti per errore alla censura.

Ma ieri sera ho visto o meglio, sentito, in questo caso, una cosa che era una flagrante violazione di un altro capitolo delle Norme. Prima di continuare, è forse bene che spieghi il fenomeno del “sentire”. Ci capita molto di rado di sentire dei suoni provenienti dall’altra parte del vetro. Sono troppo fiochi per arrivare fino a noi, o vengono sommersi dal nostro “parlato” o dai rumori che facciamo, o dalla musica che c’è durante le sequenze mute.

Una volta mi dava da pensare, l’origine di questa musica, dato che, salvo nelle sequenze che si svolgono in un night club, in una sala da ballo, o posti del genere, non si vedono mai musicisti che la producono ma alla fine mi sono detto che dev’essere un mistero di cui non siamo tenuti a capire la natura. Perché uno di noi possa percepire dei suoni distinti e riconoscibili dall’altro mondo, è necessario uno speciale concorso di circostanze. Può succedere solo durante una sequenza in cui, dalla nostra parte, c’è un silenzio assoluto. E anche così, solo uno di noi alla volta può “sentire”, perché bisogna che stia vicinissimo al vetro. (È quello che noi chiamiamo un “primissimo piano”.) Solo così è possibile che uno di noi possa sentire con sufficiente chiarezza per capirla una frase o perfino una serie di frasi pronunciate nel mondo di fuori.

Ieri sera, per qualche istante, queste condizioni ideali si sono verificate mentre ero vicino al vetro, e così ho sentito una intera frase e sono inoltre riuscito a vedere sia la persona che la diceva sia quella a cui veniva detta. Era una coppia d’aspetto molto comune, di mezza età, e sedevano (ma decorosamente, lontani l’uno dall’altra) su un sofà dirimpetto a me. L’uomo ha detto, e sono sicuro di aver sentito bene, perché parlava a voce molto alta, come se la donna fosse un po’ dura d’orecchio: — D… che porcate che fanno! Cosa dici, chiudiamo questo arnese delle b… e andiamo giù al bar a prenderci una birra?

La prima delle due parole per le quali sono ricorso ai puntini, era il nome della Divinità ed è una parola perfettamente decente quando sia usata con reverenza e in un contesto appropriato. Ma da come l’ha detta, era chiarissimo che quell’uomo la usava senza nessunissima reverenza; quanto alla seconda parola, era una sconcezza bella e buona.

Sono profondamente turbato.

30 aprile

Non ho osservazioni speciali da aggiungere stasera a quelle che ho riportato nei giorni scorsi. Sono qui che mi gingillo, più o meno, e molto probabilmente quando sarò arrivato alla fine di questa pagina la getterò via. Scrivo queste righe solo perché la mia parte richiede che io scriva qualcosa, e per scrivere delle parole completamente a caso, tanto vale che scriva queste.

Il fatto è che sto scrivendo “in trasmissione”, come diciamo noi. Stasera sono un giornalista seduto davanti alla macchina per scrivere nella sala cronaca di un quotidiano.

Comunque, la parte attiva che avevo in questa avventura è già finita, e adesso sono sullo sfondo, con il semplice obbligo di aver l’aria indaffarata e continuare a battere. Dato che io so scrivere senza guardare i tasti, stasera ho tutto l’agio di dare di tanto in tanto un’occhiata nell’altro mondo. E mi ritrovo di fronte a un uomo e una donna giovani, che stanno soli insieme. La loro “scena” è una camera da letto ed è evidente che sono sposati, dato che stanno guardando verso di me dai loro letti. Letti, al plurale, naturalmente. Sono contento di vedere che seguono le Norme, le quali permettono che le coppie sposate appaiano mentre stanno conversando nei rispettivi letti gemelli posti a una ragionevole distanza l’uno dall’altro, ma proibiscono, com’è ovvio, che appaiano insieme in un letto matrimoniale; per quanta distanza possa esserci tra loro, infatti, la cosa sarebbe in ogni caso pericolosamente suggestiva.

Do un’altra occhiata. È chiaro che i due non s’interessano molto a quello che succede nel nostro mondo. Invece di guardare il vetro, stanno parlando. Naturalmente non posso sentire quello che si dicono; anche se ci fosse un silenzio assoluto dalla nostra parte, io sono troppo lontano dal vetro. Ma capisco che lui le ha fatto una domanda, e lei fa segno di sì con la testa e sorride.

È nuda.

Dio mio, come puoi permettere una cosa simile? È semplicemente impossibile. Nel nostro mondo, una donna nuda non solo non esiste, “non c’è”, ma è addirittura inconcepibile.

La vedo che si alza e non riesco a staccare gli occhi da lei. Con la coda dell’occhio vedo che anche lui ha tirato via le coperte e che anche lui è nudo. Le fa un gesto d’invito e lei ride, in piedi davanti a lui.

Qualcosa di strano, qualcosa che non ho mai provato prima d’ora sta succedendo dentro di me. Cerco di distogliere lo sguardo, ma non ci riesco.

Lei attraversa il tratto che divide i due letti, e si sdraia accanto a lui. E ora…

È possibile che succedano queste cose?

Allora è vero! Loro non hanno censura, e possono fare e fanno tutte le cose alle quali nel nostro mondo si deve soltanto alludere vagamente come ad avvenimenti successi fuori scena. Perché loro devono essere liberi quando noi non lo siamo? È una crudeltà. I nostri diritti sono calpestati, non c’è parità, non c’è eguaglianza.

Fatemi uscire di qui! FATEMI USCIRE!

Aiuto, che qualcuno mi AIUTI!

FATEMI USCIRE!

FATEMI USCIRE DA QUESTA SCATOLA!