Federico Moccia

Scusa ma ti chiamo amore

Rizzoli

Al mio grande amico.

Che mi manca. Ma c'è sempre.

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po

e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò...

Lucio Dalla, Hanno che verrà

It's not time to make a change Just relax, take it easy Youre stili young, that's your fault Theres so much you have to know find a girl, settle down If you want, you can marry Look at me, I am old But l'm happy

I was once like you are now And I know that it's not easy To be cairn when youve found Something going on But take your time, think a lot Why, think of everything youve got For you will stili be here tomorrow But your dreams may not

Cat Stevens, Father And Son

Uno

Notte. Notte incantata. Notte dolorosa. Notte folle, magica e pazza. E poi ancora notte. Notte che sembra non passare mai. Notte che invece a volte passa troppo in fretta.

Queste sono le mie amiche, cavoli... Forti. Sono forti. Forti come Onde. Che non si fermano. Il problema sarà quando una di noi s'innamorerà sul serio di un uomo. "Ehi, aspettate ci sono anch'io!" Niki le guarda, una dopo l'altra.

Sono a via dei Giuochi Istmici. Hanno la miniauto con gli sportelli aperti e, con la musica a palla, improvvisano una sfilata di moda. "E dai, vieni allora!" Olly cammina come una pazza su e giù per la strada. Volume al massimo e occhiali a fascia. Sembra Paris Hilton. Un cane abbaia a distanza. Arriva Erica, grande organizzatrice. Prende quattro bottiglie di Corona. Appoggia i tappi sul bordo di una ringhiera e, dando dei cazzotti, li fa saltare via uno dopo l'altro.

Tira fuori un limone dallo zainetto e lo taglia.

"Ehi, Erica, ma quel coltello, se ti beccano, è meno di quattro dita?"

Niki ride e l'aiuta. Prende e infila un pezzetto di limone all'interno di ogni Corona e, pum!, brindano sbattendole forte e le alzano alle stelle. Poi si sorridono quasi chiudendo gli occhi, sognando. Niki finisce di bere per prima. Un fiato lungo e si riprende. Forti le mie amiche, e si asciuga la bocca. È bello poter contare su di loro. Lecca con la lingua quell'ultima goccia di Corona.

"Ragazze, siete bellissime... Sapete che c'è? Mi manca l'amore."

"Ti manca una scopata, vorrai dire."

"Quanto sei bora" dice Diletta, "ha detto che le manca l'amore."

"Sì, l'amore" riprende Niki, "quello splendido mistero a te sconosciuto..."

Olly alza le spalle.

Sì, pensa Niki. Mi manca l'amore. Ma ho diciassette anni, diciotto a maggio. C'è ancora tempo per me... "Aspettate, aspettate, ora sfilo io, eh..."

E procede spedita su quello strano marciapiede-passerella Niki, tra le sue amiche che fischiano e ridono e si divertono per quella strana, splendida, pantera bianca che, almeno per adesso, non ha ancora picchiato nessuno.

"Amore, amore ci sei? Scusami se non ti ho avvisato, ma non ce la facevo a tornare domani."

Alessandro entra nella sua casa e si guarda in giro. È tornato apposta con la voglia di lei ma anche con la voglia di scoprirla con qualcuno. È troppo tempo che non fanno l'amore. E quando non c'è sesso a volte vuoi dire solo che c'è un altro. Alessandro gira per casa ma non trova nessuno, anzi non trova proprio più niente. Oddio, ma che, sono venuti i ladri? Poi un biglietto sul tavolo. La sua scrittura.

"Per Alex. Ti ho lasciato qualcosa da mangiare in frigo. Ho telefonato in albergo per avvisarti ma mi hanno detto che eri già partito. Forse volevi scoprirmi. No. Mi dispiace. Non c'è niente da scoprire purtroppo. Me ne sono andata. Me ne sono andata e basta. Per favore non cercarmi almeno per un po. Grazie. Rispetta le mie scelte come io ho sempre rispettato le tue. Elena."

No, Alessandro posa il biglietto sul tavolo, non sono venuti i ladri. E stata lei. Lei ha rubato la mia vita, il mio cuore. Lei che dice di aver rispettato le mie scelte. Ma quali scelte, poi? Gira per casa. Gli armadi sono ormai vuoti. Scelte, eh? Perfino la mia casa non era mia.

Alessandro vede il led della segreteria che lampeggia. Che c'abbia ripensato? Che stia tornando? Preme il tasto speranzoso.

"Ciao. Come stai? È un po che non ti fai sentire, eh... Non si fa così. Perché non venite una sera qui da noi a cena, tu ed Elena? Ci farebbe molto piacere! Chiamami presto, ciao!"

Alessandro cancella il messaggio. Anche a me farebbe piacere, molto piacere, mamma. Ma temo che mi toccherà subire una delle tue cene da solo, questa volta. E tu mi domanderai, allora, ma quand'è che vi sposate tu ed Elena, eh? Ma che cosa aspettate? Hai visto che bello, le tue sorelle hanno già dei figli. E quando ce lo darai un nipotino tutto tuo? E io forse non saprò cosa rispondere. Non riuscirò a dirti che Elena se n'è andata. E allora mentirò. Mentire a mia madre. Certo, non è bello. A trentasei anni poi, trentasette a giugno... È veramente brutto.

Un'ora prima.

Stefano Mascagni è un preciso in quasi tutto. Non per come tiene la sua macchina. L'Audi A Station Wagon prende veloce la curva alla fine di via del Golf ed entra in via dei Giuochi Istmici. Una scritta lasciata da qualcuno sul vetro posteriore saluta il mondo. "Lavami. Il culo di un elefante è più pulito di me" e, sul vetro laterale, "No. Non lavarmi. Sto facendo crescere il muschio per il presepe a Natale." Il resto della carrozzeria lascia intravedere solo qualche sprazzo di argento metallizzato, talmente è polverosa. Una cartellina piena di fogli scivola in avanti e cade dal lunotto, sparpagliandosi sul tappetino. Stessa sorte per una bottiglia di plastica vuota che s'infila sotto il sedile e rotola pericolosamente vicino al pedale della frizione. Una serie indefinita di cartine di caramelle sbuca dal posacenere e lo fa somigliare a un arcobaleno. Meno romantico, però.

Dal portabagagli, all'improvviso, un tonfo cupo. Porca miseria, s'è rotto, lo sapevo. Cavolo. E poi non posso andare da lei con la macchina in queste condizioni. Carlotta chiamerebbe di certo la disinfestazione e poi non vorrebbe più vedermi. Alcuni

dicono che la macchina sia lo specchio del suo proprietario. Come i cani.

Stefano accosta vicino ad alcuni cassonetti e spegne il motore. Scende velocemente dall'Audi. Apre il portellone. Il suo portatile è rotolato di lato. Dev'essere uscito dalla borsa lasciata aperta, durante la curva. Lo prende, lo osserva da tutti i lati, sopra e sotto. Sembra integro. Solo una vite del monitor si è un po allentata. Meno male. Lo rimette nella borsa. Poi rientra in auto. Si guarda intorno. Storce la bocca. Un sacchettone gigante del supermercato semivuoto, residuo di una megaspesa del sabato pomeriggio, sbuca per metà dalla tasca sullo schienale del sedile passeggero. Lo prende. Stefano inizia a raccogliere velocemente tutto quello che gli capita sottomano. Lo infila nel sacchetto, finché c'entra. Poi scende, apre di nuovo il portabagagli, prende il computer e lo appoggia ai piedi di un cassonetto lì accanto. Lo sistema meglio perché stia in equilibrio e non cada a terra. Inizia a togliere anche dal portabagagli cose ormai inutili e dimenticate. Un vecchio sacchetto, la custodia di un cd, tre lattine vuote, un ombrello rotto, una scatola di scarpe vuota, la confezione scaduta di pile mezzo stilo, una sciarpa infeltrita. Poi, prima che il sacchettone trabocchi del tutto, va verso i cassonetti. Certo, guarda quanti sono... Vetro, plastica, carta, rifiuti solidi, rifiuti organici. Però. Precisi. Organizzati. E io questo dove lo metto? È tutta roba diversa. Boh. Quello grigio mi sembra il più adatto. Stefano si avvicina e spinge col piede sulla barra in basso. Il coperchio si alza di scatto. Il cassonetto è pieno. Stefano alza le spalle, lo richiude e appoggia il sacchetto per terra. Risale in auto. Si guarda di nuovo in giro. Così va meglio. Ah, no. Forse dovrei passare anche dall'autolavaggio. Guarda l'orologio. No, no è tardi, Carlotta mi sta già aspettando. E non puoi far aspettare una donna al primo appuntamento. Stefano chiude il portabagagli, risale in auto, mette in moto. Infila un cd. Pianoforte e orchestra numero , op. , terzo movimento, finale a breve, di Rachmaninov. Ecco. Ora è tutto perfetto. Con questo "Rach " Carlotta, quando mi vedrà, sverrà proprio come in Shine. Frizione.

Prima. Acceleratore. E riparte. Grande notte. E grande sicurezza anche nella guida.

Un gatto bicolore cammina felpato e curioso. È rimasto nascosto finché quell'auto non se n'è andata via. Poi è saltato fuori e con un balzo preciso ha iniziato la sua passeggiata di cassonetto in cassonetto. Qualcosa attrae la sua attenzione. Si avvicina. Inizia a strusciarsi, a osservare, continua ad annusare. Si gratta un orecchio passando più volte accanto allo spigolo del monitor. Davvero uno strano rifiuto, quello.

La musica esce robusta e profonda dalle casse della Aixam. "A Naomi!" "Vado forte, eh..." Niki sorride, Diletta beve un sorso di

birra.

"Dovresti fa sul serio la modella."

"Tempo un anno e si ingrassa..."

"Olly, ma sei davvero una rosicona... Ti scoccia che andavo forte sul pezzo, eh? Ma lo sai che è forte, questa, come si chiama?"

"Alexz Johnson."

"Eh, ci si sfila proprio bene sopra! Guarda, vado bene anch'io..." e Olly arriva in fondo al marciapiede, appoggia la mano sull'anca destra, piega un po la gamba e si ferma, guardando fissa di fronte a sé. Poi fa una giravolta, manda i capelli indietro con un rapido movimento della testa e torna indietro.

"Oh, sembri vera!" e tutte l'applaudono.

"Modello n. , Olimpia Crocetti!"

"A Giuditta, altro che Crocetti!" e tutte si mettono a cantare quel pezzo, chi meglio, chi peggio, chi conoscendo davvero le parole, chi inventandosele di sana pianta. "I know how this ali must look, like a picture ripped from a story book, l've got it easy, l've got it made..." e giù un ultimo, fresco sorso di birra.

"A Valenti, Arma, Dolce e Gabba, finita la sfilata. Se mi volete ingaggiare mi trovate qua!" e Olly fa un inchino alle altre Onde. "Sentite, che si fa? Mi sono rotta di stare qui..."

"Andiamo all'Eur oppure, che ne so, da Alaska! Sì, facciamo qualcosa!"

"Ma abbiamo appena fatto qualcosa! No, dai ragazze, io vado a casa. Domani ho l'interrogazione, sennò mi fa nera. Devo recuperare il e mezzo."

"E dai però! Che pizza! Non torniamo tardi. E poi che te frega, scusa, ti alzi prima domattina e dai una scorsa, no?"

"No. Ho bisogno di dormire, sono tre sere che mi fate fare tardi, mica so di ferro!"

"No, infatti sei di coccio! Va be, fa un po come ti pare, noi andiamo. Ci si vede domattina!"

E ognuna col suo passo si avvicina al proprio mezzo. Tre dirette chissà dove e una verso casa. Le quattro bottiglie di Corona sono ancora lì, sopra il marciapiede, vuote come conchiglie abbandonate sulla spiaggia dopo una mareggiata. Ma guarda che casino che hanno lasciato. E certo, tanto la precisina sono io... E le raccoglie. Si guarda in giro. Alcuni cassonetti in fila sono illuminati dal lampione. Meno male, c'è anche la campana verde per il vetro. Certo, che schifo la gente, quant'è disordinata. Guarda quanti sacchetti lasciati per terra. Facessero almeno la raccolta differenziata. Ma che non lo sanno che il pianeta è nelle nostre mani? Prende le bottiglie e le infila a una a una nell'apposita fessura tonda. E i tappi? Dove vanno messi i tappi? Non sono mica di vetro... Forse dove si buttano anche le lattine e i barattoli. Però ce lo potrebbero anche scrivere sopra, con un adesivo o un bel disegno. Qui tappi. Poi si ferma e si mette a ridere. Com'era quella vecchia battuta di Groucho? Ah, sì...

"Pà, è arrivato l'uomo della spazzatura."

"Digli che non ne vogliamo."

Precisa, butta anche una busta rimasta fuori dal cassonetto. Poi lo vede. Si avvicina timorosa. Non ci credo. Era proprio quello che mi serviva. Vedi, a volte a essere precisi.

Più tardi nella notte. La macchina frena quasi sgommando. Il guidatore scende veloce e si guarda in giro. Sembra uno di quei

personaggi alla Starsky e Hutch. Ma non deve sparare a nes suno. Guarda ai piedi di quel cassonetto. Dietro, sopra, sotto, per terra. Niente. Non c'è più. "Non ci credo. Non ci credo. Nessuno pulisce mai, nessuno si preoccupa di chi lascia le buste per terra e stasera proprio io dovevo incontrarne uno preciso e pignolo sul mio cammino... E Carlotta mi ha dato pure buca. Ha detto che finalmente si è innamorata... Ma di un altro..."

E non sa che, per colpa di ciò che ha perso, un giorno Ste fano Mascagni sarà felice.

Due

Due mesi dopo. All'incirca.

Non ci posso credere. Non ci posso credere. Alessandro cammina per casa. Sono passati due mesi e non riesce ancora a farsene una ragione. Elena mi ha lasciato. E la cosa peggiore è che lo ha fatto senza un perché. O almeno senza dire a me, quel perché. Alessandro si affaccia alla finestra e guarda fuori. Stelle, bellissime stelle. Nude stelle in quel cielo notturno. Lontane stelle. Dannate stelle che sanno. Esce sul terrazzo. Copertura in legno, grillage, negli angoli splendidi vasi antichi, lisci, e così all'entrata di ogni grande finestra. Poco più in là, lunghe tende dal colore leggero, pastello, sfumature che seguono il sorgere e il tramontare del sole. Come un'onda che circonda la casa, che lenta si perde all'entrata di ogni stanza, e poi dentro, quella stessa onda ripresa perfino dal colore dei muri. Ma tutto ciò fa solo più male.

"Aaah." Improvvisamente Alessandro urla come un pazzo: "Aaah". Ha letto che sfogarsi fa bene.

"Ahò, hai finito?" Un tipo si affaccia dal terrazzo di fronte. Alessandro si nasconde subito dietro un grande cespuglio di gelsomini del terrazzo. "Allora, hai finito o no? Ahò, a bello, guarda che te vedo, che stai a gioca a guardie e ladri?"

Alessandro si sposta un po per coprirsi dalla luce.

"Tana! T'ho visto, preso. Guarda che sto vedendo un film, quindi se te rode vatte a fa 'na passeggiata..."

Il tipo rientra in casa e fa scorrere velocemente una grande

vetrata, poi chiude le tende. E di nuovo silenzio. Alessandro si tiene basso e rientra piano piano in casa.

Aprile. Siamo ad aprile. E sono incavolato nero. E quel cafone poi... Mi son fatto un attico nel quartiere Trieste e ho beccato l'unico cafone di fronte a casa mia. Suona il telefono di casa. Alessandro corre, attraversa il salotto e si mette in attesa, con un po di speranza. Uno squillo. Due. Entra la segreteria. "Risponde il numero ..." e va avanti, "lasciate un messaggio..." Che sia lei? Alessandro si avvicina alla segreteria con un po di speranza. "... dopo il segnale acustico." Chiude gli

occhi.

"Ale, tesoro. Sono io, la tua mamma. Ma che fine hai tatto?

Anche sul telefonino non rispondi."

Alessandro va verso la porta di casa, prende il giubbotto, le chiavi dell'auto e il Motorola. Poi se la sbatte alle spalle, mentre sua madre continua a parlare.

"Allora?" Il messaggio nella segreteria continua: "Perché non vieni a cena da noi la prossima settimana, tu ed Elena magari? Te l'ho già detto, mi farebbe piacere... È tanto che non

ci vediamo...".

Ma lui è già davanti all'ascensore, non ha fatto in tempo a sentirla. Non sono ancora riuscito a dire a mia madre che io ed Elena ci siamo lasciati. Che palle. Si apre la porta, entra e sorride guardandosi allo specchio. Spinge il pulsante T. Un po di ironia ci vuole in questi casi. Tra poco avrò trentasette anni e sono di nuovo single. Che strano. La maggior parte dei ragazzi non aspetta altro. Tornare single per divertirsi un po e iniziare una nuova avventura. Già. Non so com'è ma non riesco a prenderla bene. C'è qualcosa che non mi torna. Negli ultimi giorni Elena era strana. Aveva un altro? No. Me l'avrebbe detto. Be, non ci voglio più pensare. Per questo l'ho comprata. Brumm. Alessandro è sulla sua macchina nuova. Mercedes-Benz mi Cdi. Ultimo modello. Una nuova jeep, perfetta, immacolata, comprata un mese fa per colpa di quel dolore causato da Elena. O meglio di quel "disprezzo sentimentale" che poi lui ha provato. Alessandro comincia a guidare. Poi un ricordo. L'ul

tima volta che sono uscito con lei. Stavamo andando al cinema. Poco prima di entrare Elena ha ricevuto una telefonata e l'ha rifiutata, ha spento il telefonino e mi ha sorriso. "Niente, lavoro. Non mi va di rispondere..." Anch'io le ho sorriso. Che bel sorriso aveva Elena... Perché sto usando il passato? Elena ha un bel sorriso. E così dicendo sorride anche lui. O almeno si sforza di farlo e prende una curva. A tutta velocità. E un altro ricordo. Quel giorno. Questo fa più male. Ce l'ho stampata sul cuore quella chiacchierata, come fosse ieri, cazzo. Come se fosse ieri.

Una settimana dopo aver trovato quel biglietto, una sera Alessandro torna a casa prima del previsto. E la trova. Allora sorride, di nuovo felice, acceso, speranzoso.

"Sei tornata..."

"No, sono solo passata..."

"E ora che fai?"

"Me ne vado."

"Come, te ne vai?"

"Eh, me ne vado. È meglio così, Alex, dammi retta."

"Ma la nostra casa, le nostre cose, le foto dei nostri viaggi..."

"Te le lascio."

"Ma no, dicevo come fai a non considerarle."

"Le considero, perché dici che non le considero..."

"Perché te ne stai andando."

"Sì, me ne sto andando ma le considero."

Alessandro si alza, l'abbraccia e la stringe a sé. Ma non prova a baciarla. No, questo no, così sarebbe troppo.

"Ti prego, Alex..." Elena chiude gli occhi, lascia andare le spalle, si abbandona. Poi un sospiro. "Ti prego, Alex... lasciami andare."

"Ma dove vai?"

Elena esce dalla porta. Un ultimo sguardo.

"Hai un altro?"

Elena si mette a ridere, scuote la testa. "Come al solito non capisci niente, Alex..." e chiude la porta dietro di sé.

"Hai solo bisogno di un po di tempo, ma resta, cazzo,

resta!" Troppo tardi. Silenzio. Un'altra porta si chiude ma senza sbattere. E fa più male. "Hai il mio disprezzo sentimen tale, cazzo!" le urla dietro Alessandro. E non sa neanche lui cosà voglia dire veramente quella frase. Disprezzo sentimentale. Mah. Era tanto per ferirla, per dire qualcosa, per fare effetto, per cercare un significato dove un significato non c'è. Niente.

Un'altra curva. Certo che va proprio bene questa macchina, non c'è che dire. Alessandro mette un ed. Alza la musica. Non c'è niente da fare, quando ci manca qualcosa dobbiamo riem pire quel vuoto. Anche se quando ci manca l'amore non c'è veramente nulla che basti.

Tre

Stessa ora, stessa città, solo più lontano.

"Fammi vedere come mi sta!"

"Ma sei ridicola! Sembri Charlie Chaplin!"

Olly va su e giù sul tappeto della camera di sua madre, vestita col completo blu di suo padre, almeno cinque taglie più grande di lei. "Macché, mi sta meglio che a lui!"

"Ma poverino, tuo papa c'ha solo un po di pancia..."

"Un po? Sembra il tricheco del film volte il primo baciol Guarda qui, i pantaloni!" Olly se li prende alla vita e li allarga con la mano. "Questo è il sacco di Babbo Natale!"

"Brava! Allora dacci i regali!" e le Onde si alzano e le corrono addosso, frugando da tutte le parti proprio come se cercassero davvero qualcosa.

"Mi fate il solletico, basta! Tanto siete state cattive, solo carbone quest'anno! A Diletta invece una stecca di liquirizia, almeno si abitua alle forme!"

"Olly!"

"Uffa, ma possibile che mi prendi sempre in giro, solo perché non faccio come te, che non se ne salva uno!"

"Infatti mi chiamano Sterminatori"

"È vecchia, questa l'hai rubata!"

E ridono ancora e si buttano tutte sul letto.

"Ci pensate che tutto ebbe inizio da qui?"

"In che senso?"

"Se avete avuto la fortuna di avere un'amica come me!"

"Cioè?"

"Mamma e papa in una calda sera di più di diciotto anni fa decisero che la loro vita aveva bisogno di una scossa, di una botta di energia e allora, zacchete!, finirono qui sopra e se ne dettero secche!"

"Che bel modo di parlare dell'amore, Olly!" "Seee, amore, chiamalo col suo nome, sesso! Sano sesso!" Diletta abbraccia un cuscino lì accanto. "E una camera fichissima e questo letto è proprio comodo... Guarda che foto, sul cassettone. Erano belli, i tuoi, il giorno delle nozze."

Erica prende Niki per il collo e finge di strangolarla. "Vuoi tu, Niki, prendere come tuo legittimo sposo il qui non presente Fabio?" e Niki le tira una botta. "No!"

"Ehi, ragazze, a proposito. Ma com'è stata la vostra prima volta?" Tutte si girano di colpo verso Olly. Poi si guardano l'un l'altra. Diletta si fa di colpo seria e silenziosa, Olly sorride. "Oh, mica v'ho chiesto se avete mai ammazzato uno! Va be, ho capito, inizio io così vi passa la timidezza. Dunque... Olly fu precoce fin da subito. Già all'asilo piantò un bacio in piena bocca al suo compagnuccio Ilario, detto il Sebo per l'enorme produzione di schifezze dalle mille bollicine che animavano il suo facciotto come piccoli vulcani..." "Ma che schifo, Olly!"

"E che ne so, a me piaceva, ci facevo sempre le gare insieme sullo scivolo. Poi alle elementari fu la volta di Rubio..." "Rubio? Ma tutti tu li becchi?" "Ma è un nome?"

"È un nome sì! E pure bello. Dunque, Rubio era un tipetto proprio fico. La nostra storia durò due mesi, da banco a

banco."

"Sì, va be, Olly, ma così è facile. Tu hai detto la prima volta, no le storie da bambini" la interrompe Niki sistemandosi a gambe incrociate sui cuscini e appoggiandosi alla

testata del letto.

"Vero. Ma volevo farvi capire come i fenomeni si vedono sin da piccoli! Allora volete l'hard? Siete pronte per un racconto

r

L

degno di "Playboy"? Eccomi. La mia prima volta risale a ben tre anni fa."

"A quindici?!"

"Cioè, tu hai perso la verginità a quindici anni?!" Diletta la guarda a bocca aperta.

"E certo, che me la tenevo a fare? Certe cose meglio perderle che trovarle! Insomma, ero lì... un pomeriggio dopo la scuola. Lui, Paolo, era più grande di me di due anni. Un fico che più fico non si può. Aveva rubato la macchina a suo padre, tanto per farci un giro con me."

"Ah, sì, Paolo! Non ce l'avevi detto che l'avevi fatto con lui, la prima volta!"

"Ma poi a diciassette anni guidava la macchina?"

"Sì, ma sapeva già un po guidare. Insomma, per farla breve la macchina era un'Alfa rosso fuoco e scassatissima, coi sedili in pelle color beige..."

"'Na sciccheria!"

"Eh. Quello che conta era lui! Io gli piacevo un sacco. Andammo sull'Appia Antica e parcheggiammo un po infrattati."

"Sull'Appia Antica con l'Alfa Antica."

"Che battutona! Insomma... successe lì e durò un sacco. Mi disse anche che me la cavavo bene, pensa te, non ne sapevo nulla... cioè, nulla nulla no, avevo visto dei porno con mio cugino al mare, però da lì a farlo davvero..."

"Ma in macchina è una tristezza, OUy... cavolo, era la tua prima volta. Non avresti voluto, che so, la musica, la magia della notte, una camera tutta piena di candele..."

"Sì, stile camera ardente! A Erica, è sesso! Dove lo fai lo fai, non conta dove, conta come!"

"Sono allucinata." Diletta stringe più forte il cuscino. "Cioè, io così mai... La prima volta, ma ti rendi conto? Non te la scordi per tutta la vita!"

"E certo, se hai trovato un imbranato te la scordi, te la scordi... Se invece trovi uno come Paolo te la ricordi per sempre! Mi fece sentire bellissima!"

"E poi?"i- i • • a

"Poi finì dopo tre mesi. Non ti ricordi, dopo di lui ci fu Lorenzo, detto ovviamente il Magnifico... quello della seconda E che faceva canoa."

"No, con te il conto non lo so tenere." "Insomma, io ve l'ho detta. E voi? Tu, Erica?" "Io più classica e ovviamente con Giò!" "Classica nel senso posizione del missionario?" "Olly! Ma no, nel senso che Giò prenotò una camera alla pensione Antica Roma, quella piccola ma pulita che non costa molto, al Gianicolo. Sai, Niki, dove poi mettemmo a dormire le due tipe inglesi quando vennero a fare lo scambio e tuo fratello non le voleva in casa?!"

All'improvviso la porta della camera si apre. Entra la

mamma di Olly.

"Ma, mamma, che fai? Esci subito! Non lo vedi che siamo in

riunione?"

"In camera mia?"

"Eh, non c'eri, scusa, se non ci sei è uno spazio libero come

gli altri, no?"

"Sul mio letto?"

"E certo, è così comodo e poi mi ricorda te e papa e mi sento al sicuro..." Olly fa la faccia più dolce e tenera che può. A dire la verità, anche da schiaffi.

"Sì, sì... poi però rimetti a posto e togli le pieghe dalla coperta. E la prossima volta a fare le riunioni vai in cantina, come facevano i Carbonari. Ciao, ragazze" ed esce un po infastidita.

"Insomma, dicevi da Antica Roma. Ecco perché me la proponesti dicendo che ci si stava bene! L'avevi sperimentata!"

"E certo! Insomma andammo lì verso le cinque del pomeriggio e lui aveva preparato tutto alla perfezione."

"Ma non devi essere maggiorenne per prendere una

camera?"c. .. , n

"Boh, non lo so, ma lui giocava a calcio col figlio della

padrona che gli fece il favore." "Ah."

"Fu bellissimo. All'inizio avevo un po paura e anche Giò, perché era la prima volta anche per lui e ci muovevamo un po goffi. Ma alla fine fu tutto molto naturale... Dormimmo lì, non ci venne neanche fame per la cena. Fu quella volta, Olly, che dissi che ero rimasta da te per via dell'assemblea, ti ricordi? La mattina dopo facemmo una megacolazione e all'una tornai a casa. I miei non sospettarono nulla. Stavo bene. Ti senti leggera, dopo, anche un po grande e ti sembra di non poterlo lasciare più..."

"Eh sì, non vuoi proprio lasciarlo più..." sghignazza Olly e Diletta le tira una botta. "Ahia! Ma che ho detto?"

"Sempre doppi sensi."

"Macché, io vado a senso unico, è quello il fatto! E tu, Niki?! Con Fabio, no? A tempo di rap?"

"Be, sì... con lui e col rap, in effetti. A casa sua, che i suoi erano in vacanza. Dieci mesi fa, un sabato sera dopo un suo concerto in un locale in centro. Era eccitatissimo per la serata andata bene e perché c'ero io. Anche lui aveva preparato tutto per me... Il salotto illuminato con luci calde e soffuse. Due bicchieri di champagne. Tra l'altro non lo avevo mai nemmeno bevuto... buonissimo. In sottofondo i suoi ultimi pezzi. Per lui comunque non era la prima volta e si vedeva. Si muoveva sicuro ma mi fece sentire a mio agio, protetta. Mi disse che ero come una chitarra bellissima da suonare senza bisogno di accordature e dall'armonia perfetta..."

Olly la guarda. "Che fortuna! La solita culona!"

"Sì, infatti guarda com'è finita!"

"Ma che c'entra, la prima volta mica te la ruba nessuno!"

Poi d'improvviso silenzio. Diletta stringe più forte il cuscino. Le Onde la guardano ma senza fissarla troppo. Indecise e divise tra scherzare e fare le serie. È lei a toglierle dall'imbarazzo.

"Io no. Non l'ho mai fatto. Aspetto la persona che mi faccia sentire tre metri sopra il cielo, come quello della scritta. Anche quattro. O cinque. O sei metri. Non mi va che sia a caso e neanche che poi ci lasciamo."

"Ma che c'entra, mica puoi sapere come va dopo... l'importante è amarsi e basta, no? Senza ipotecare il futuro."

"Che frasona, Erica!"

"Ma è vero, scusa. Diletta deve buttarsi, non sa che si perde e non per come la intende Olly!"

"No, no, anche per quello!"

"Diletta, devi lasciarti andare. Ma lo sai quanti ragazzi ti ven gono dietro?! Un casino!"

"Un fiume!"

"Una squadra di rugby!"

"Una marea tanto per rimanere in tema con noi Onde!"

"Sentite, a me ne basterebbe uno solo, ma giusto per me..."

"Io uno giusto per te ce l'ho!"

"Chi?"

"Un bel cono gelato al cocco! Dai andiamo, Onde!"

"Ho un'idea migliore... Qualcuno di voi non l'ha ancora provato."

"Ma cosa?!"

"Non quello che pensate... Grande novità... Seguitemi!" Olly si butta giù dal letto ed esce dalla camera. Niki, Erica e Diletta la guardano e scuotono la testa. Poi la seguono, lasciando naturalmente la coperta piena di pieghe.

Quattro

Le luci della città sono deboli. Quando non sei di buon umore tutto sembra diverso, assume altre atmosfere. Colori, luci e ombre, un sorriso che non prende, che non attacca. Alessandro guida lentamente. Villaggio Olimpico, piazza Euclide, un giro intero, poi corso Francia. Si guarda attorno. Uno sguardo al ponte. Ma guarda 'sti coglioni. È pieno di scritte. Sporcarlo così. Guarda quella poi... "Patata ti amo." In nome di che? In nome dell'amore... L'amore. Chiedete a Elena notizie del signor Amore. Ehi, mister Amore, dove cazzo sei finito?

Vede due ragazzi mezzi infrascati in un angolo del ponte, dove la luna non batte. Abbracciati, innamorati, avvinghiati, come amorevoli edere alla faccia del tempo, dei giorni, di quello che sarà preda dei venti. Ma Alessandro non ce la fa. Suona il clacson. Apre il finestrino e urla "A ridicoli! Bella la vita, eh? Tanto uno dei due molla!" e poi da gas, schizza in avanti, superando due o tre auto e bruciando anche il semaforo prima che da arancione cambi in rosso. E ancora avanti, tutto corso Francia e poi via Flaminia, ma, arrivato al secondo semaforo, c'è una gazzella dei carabinieri. Rosso. Alessandro si ferma. I due carabinieri chiacchierano, distratti. Uno ride al telefono, l'altro fuma una sigaretta, parlando con una ragazza. Forse l'avrà fermata per un controllo, oppure è un'amica che sapeva che era di turno ed è andata a salutarlo. Fatto sta che il secondo carabiniere dopo un po si sente osservato. Così si gira verso Alessandro. Lo guarda. Lo fissa. Alessandro lentamente gira la testa,

fingendo interesse, si affaccia dal suo finestrino per vedere se per caso il semaforo è cambiato. Nulla da fare. Ancora rosso.

"Scusa..." Brumm. Brumm. Arriva uno scooter scassato, un Kymco con un ragazzo e dietro una tipa dai capelli lunghi e scuri. Lui è muscoloso, ha una maglietta celeste aderente e i muscoli si notano tutti lì sotto. "Oh ce l'ho con te, eh..." Alessandro si sporge dalla macchina.

"Sì, prego?"

"No, sei passato urlando mentre stavamo sul ponte di corso Francia. Ma che ce l'avevi co noi? No, spiegate, eh."

"No, guarda, scusa avete capito male, ce l'avevo con quello davanti che rallentava sempre."

"Ahò, nun fa il furbo con me. Capito? Nun c'avevi nessuno davanti e ringrazia il cielo..." alza il mento e indica la gazzella, "che qui ce so i carramba, nun rompe i cojoni la prossima volta che sennò finisci male..." e non aspetta risposta. È verde. E allora sgasa e schizza via, verso la Cassia. Poi fa una curva tutto piegato, già perso, andando chissà dove, verso un altro bacio, magari più in ombra... E forse qualcosa in più. Alessandro riparte piano piano. I carabinieri stanno ancora ridendo. Uno ha finito la sigaretta. Prende una gomma che gli offre la ragazza. L'altro ha chiuso il telefonino e si è messo in auto a sfogliare chissà quale giornale. Non si sono accorti di niente.

Alessandro continua a guidare. Dopo un po fa un'inversione a U tanto per sfuggire a quel fastidio. Non si è neanche liberi ogni tanto di dire la propria. In situazioni così ci si sente stretti, troppo stretti. Dall'altra parte della strada i carabinieri non ci sono più. Anche la ragazza è scomparsa. Un'altra invece aspetta l'autobus. È di colore e si confonde quasi con la notte se non fosse per quella maglietta. Rosa con un buffo pupazzo. Ma anche questo non lo fa ridere. Alessandro continua a guidare lentamente, cambia ed. Poi ci ripensa e mette la radio. Meglio affidarsi al caso certe volte. Che bomba questa ML. Spaziosa, bella, elegante. La musica si diffonde perfettamente da diverse casse nascoste. Tutto sembra perfetto.

Ma a che serve la perfezione se sei da solo e nessuno se ne accorge? Nessuno la può condividere con te, farti i complimenti oppure invidiarti.

Musica. "Vorrei essere il vestito che porterai, il rossetto che userai, vorrei sognarti come non ti ho sognato mai, ti incontro per strada e divento triste, perché poi penso che te ne andrai..." Ah, Lucio. Sembra quasi capitata per caso, va be, ma sembra che mi pigli per il culo. Non male come idea per una nuova carta di credito: "Hai tutto ma non hai lei".

Alessandro preme il tasto e cambia stazione. Qualsiasi pezzo ma non questo. Non c'è niente di peggio quando la tua unica ragione diventa il lavoro.

Lungotevere. Lungotevere. Ancora Lungotevere. Alza il volume per perdersi nel traffico. Ma a un semaforo Alessandro si ferma e viene raggiunto da una piccola minicar. C'è scritto dietro "Lingi" e una musica a palla arriva dai finestrini aperti. Sembra di stare in discoteca. Al volante due ragazze coi capelli lunghi e lisci, una bruna, l'altra bionda. Tutte e due hanno grandi occhiali stile anni Settanta, col bordino bianco piccolo, mentre le lenti sono enormi con sfumature sul marrone. Eppure è notte. Una ha un piccolo piercing al naso. Minuscolo, una specie di neo metallico. L'altra fuma una sigaretta. Non si scambiano una parola. Gli viene in mente la scena di Harvey Keitel nel Cattivo tenente. Vorrebbe farle scendere e fare proprio come in quel film, ma magari c'è ancora in giro il tipo dello scooter, magari sono amiche sue o peggio di quel carabiniere. Così le lascia partire. Verde. E poi non è così che si affrontano le cose. La rabbia, il fastidio di quel "disprezzo sentimentale" vanno incanalati verso altre mete. Alessandro lo ha sempre detto a tutti, la rabbia deve generare successo. Ma il successo cosa genera?

La Mercedes ora è ferma a Castel Sant'Angelo. Alessandro cammina sul ponte. Guarda i turisti, il loro chiacchierare allegro, abbracciati, confusionari, giovani ragazzi sorpresi da Roma, dalla bellezza di quel ponte, dal semplice fatto di non

stare al lavoro. Una coppia più adulta. Due giovani atleti dai capelli corti e le gambe lunghe, l'iPod alle orecchie e la mappa piegata tra le mani. Alessandro si ferma, sale sul bordo del ponte coi piedi. Si alza sul parapetto. Si appoggia e guarda giù. Il fiume. Scorre lento, silenzioso, avido di altra sporcizia. Qualche busta naviga indisturbata, qualche legno s'ingarella in una gara approssimativa con una giovane canna inesperta. Qualche topo nascosto sulle rive starà seguendo annoiato quella strana gara. Alessandro guarda più in giù, oltre quel ponte, lungo il corso del Tevere e gli viene in mente il film di Frank Capra con James Stewart, La vita è meravigliosa, quando George Bailey, disperato, decide di suicidarsi. Ma il suo angelo custode lo ferma e gli mostra quali sarebbero state le conseguenze per tante altre persone se lui non fosse nato. Suo fratello non ci sarebbe stato più, sua moglie non si sarebbe sposata, sarebbe rimasta zitella, non ci sarebbero stati tutti quei bei bambini e perfino il paese avrebbe avuto un altro nome, quello del tiranno, il vecchio milionario Potter, che solo lui era riuscito ad arginare.

Ecco. L'unica cosa veramente importante, l'unica cosa che conta davvero è dare un senso alla propria vita. Anche se, come dice Vasco, un senso non ce l'ha. Già. Ma senza di me, invece, cosa sarebbe successo? Alessandro ci pensa. Non ho un buon rapporto coi miei o, meglio, sono loro che considerano solo chi è sposato, come le mie due sorelle minori. Quindi senza di me avrebbero solo un pensiero in meno. E poi, se mi stessi per buttare, ci sarebbe un angelo che lo fa al posto mio per farmi trovare o capire il senso di questa vita? Proprio in quel momento, una mano gli batte sulla spalla.

"Dottò?"

"Oddio, e che è?"

"Sono io, dottò." Un barbone dai capelli sporchi, dai vestiti approssimativi, poco rassicurante e tutt'altro che angelico. "Scusi, dottò, non la volevo spaventa, che c'ha due euro?"

Neanche uno, pensa Alessandro, due! Partono già agguerriti, esigenti, già hanno il business, il planning perfino nelle

richieste. Alessandro apre il portafoglio e tira fuori un biglietto da venti euro e glielo da. Il barbone lo prende, leggermente sospettoso, poi se lo rigira tra le mani, lo guarda meglio. Non crede quasi ai suoi occhi. Poi sorride.

"Grazie, dottò."

Nel dubbio, pensa Alessandro, se non salta nessuno prima di me e per me, almeno un buon ricordo a qualcuno l'avrò lasciato. L'ultima buona azione. Improvvisamente una voce.

"E te credo, quello è un uomo di successo, è il re degli spot!"

Alessandro si gira. Dall'altra parte del ponte, ecco arrivare Pietro, Susanna, Enrico e Camilla. Camminano tranquilli e sorridenti. Enrico tiene sottobraccio Camilla e Pietro è un po più avanti.

"Allora? Alex, ma che stai a fa? Un'indagine comportamentale? Te le studi proprio tutte per andare forte nei tuoi spot, eh? Stavi parlando con quello..." poi si gira e controlla che il tipo si sia allontanato, "scommetto che la tua prossima pubblicità sarà proprio con un barbone!"

"Che dici, stavo solo facendo una passeggiata. E voi? Voi invece cosa avete fatto?"

"Mah, una di quelle cose così."

"Cos'è che non ti è piaciuto?"

"Ma niente, mia zia cucina molto meglio!"

"E te credo, ha la zia che è siciliana doc!"

"Che tipo. Siamo andati a mangiare qualcosa da Capricci Siciliani a via di Panico. Ti volevamo pure chiamare, poi abbiamo pensato che stasera mi avevi detto che c'era la festa da Alessia, quella dell'ufficio, pensavo fossi lì."

"È vero, me ne sono completamente dimenticato."

"Ma che tipo!"

"Hai finito con questo "ma che tipo"? Sembri tu uno spot!"

"Dai andiamo, ti accompagno da Alessia."

"Ma non mi va."

"Dai che ti va, sotto sotto ti va. E poi non sta bene, sembra che hai un conflitto socioeconomico-culturale nei confronti della tua assistente..."

"Ma ci stanno tutti."

"Appunto ci devi andare, e poi scusa, come avvocato m'hai fatto curare un sacco dei vostri casini e quindi..."

"Quindi?"

"Quindi t'accompagno." Pietro si avvicina a Susanna. "Amore, ti dispiace? Lo vedi come sta giù? È meglio che vado con lui, ha qualche problema di cuore... e poi devo anche parlargli di lavoro."

Alessandro si avvicina. "Problemi di?... Ma che le stai dicendo..."

"No, niente, niente. Ehi, volete venire anche voi?"

Enrico e Camilla si guardano un secondo, poi si sorridono.

"Noi siamo stanchi, andiamo a casa."

"Ok, come volete." Pietro prende sottobraccio Alessandro. "Ciao, amore, non faccio tardi, non ti preoccupare" e se lo trascina via velocemente. "Via, via, prima che ci ripensi o dica qualcosa. È in buona in questi giorni."

"Ma che le hai detto prima?"

"Ma niente, mi sono inventato qualche cavoiata per rendere plausibile il mio sostegno psicologico."

"Cioè?"

"Be, le ho detto che hai qualche problema di cuore."

"Mica le avrai detto che..."

"Ma che ti frega, un avvocato come me ha un rapporto costante con la bugia."

"Ma non è una bugia. Solo che non mi va che ne parli... L'ho detto solo a te."

"Sì, ma sono quelle cose che dici così."

"Così come?"

"Così! Ma questa è la tua nuova Mercedes?"

"Sì."

"Allora è vero. Ti sei lasciato sul serio con Elena. Me la fai provare?"

"No! Ma guarda che sei forte, è un mese che te lo dico e finalmente ci credi."

"Ora ho la prova. Non ti saresti fatto questa macchina, me

hai detto tu un po di tempo fa. Ricordi? Comprare qualcosa di nuovo può farti stare meglio."

"A proposito di cosa te l'avevo detto?"

"Mi ero comprato un telefonino nuovo perché Manuela, quella commessa ventenne, non mi voleva più vedere."

"Ah, è vero, me l'avevi raccontato, ma è difficile starti dietro con tutto quello che ti succede sentimentalmente. Questa Manuela per esempio me l'ero proprio dimenticata."

"Io, quello che mi avevi detto, l'ho fatto. Ti ho seguito come

grande maestro che sei e... tà!, mi sono comprato un telefonino nuovo, supertecnologico e soprattutto... L'ho comprato al Telefonissimo."

"E che c'entra, mica ti avevo dato indicazioni anche sul negozio dove dovevi comprarlo!"

"No, ma lì lavora Manuela! Lei ha pensato che fosse un bel pretesto per rivederla e così pum pum! Altre due bottarelle le ho rimediate."

"Madonna, guarda che sei davvero un disastro. Hai due figli piccoli e carinissimi, una bella moglie. Non capisco proprio perché questo accanimento, questa fame sessuale, questo eccesso di consumo, sempre e dovunque, una lotta contro il tempo e soprattutto contro tutte. Ma secondo te perché te le devi fare per forza tutte?"

"Ma che, me stai a fa l'analisi? O mi vuoi valutare per una delle tue pubblicità? Scusa eh, ma una storia come la mia non potrebbe essere una pubblicità pazzesca per una marca di preservativi? Metti no che si vede questo tizio, cioè non io, un altro, che va con tutte e solo alla fine tira fuori dalla tasca una scatoletta. Quelli lì... come hai detto che si chiamano?"

"Sì, condom."

"Ecco, sì, insomma in realtà non si capisce bene se è la sua bravura o il preservativo che gli permette di scoparsi tutte quelle donne... Forte, no? Chiaramente per il casting le modelle le devo provare prima io... Alla scelta del protagonista maschile invece ci pensi tu."

"E certo, come no. E vuoi vedere che la mia azienda ti toglierà anche la possibilità di qualche consulenza legale?"

"No, questo non me lo puoi fare." Pietro s'inginocchia davanti alla Mercedes ML. Proprio in quel momento passa una bella turista, una signora di una certa età che sorride e scuote la testa dicendo "Italiani!".

"E smettila, dai, sali."

"Ehi, però, anche questo potrebbe essere il nuovo spot della Mercedes, no?"

Cinque

Stessa ora, stessa città, ma più lontano. Eur. Dietro il Luna Park, in un grande spiazzo nascosto dalla penombra creata da alti pini, da qualche piccola montagna di verde, da un grande edificio ormai abbandonato da tempo. Un gruppo di ragazzi appoggiati ai motorini, altri seduti ai bordi della strada, altri ancora seduti in macchina coi finestrini aperti e le gambe appoggiate fuori, all'insù. Un piccolo sbuffo di fumo esce ogni tanto, come fosse un calumet che passa di finestrino in finestrino, un segnale di fumo come a dire ci stiamo stonando. Sì, sono loro, le Onde, le quattro amiche divertite.

"Oh, la vuoi tu? Bum shiva. Prendila, no?"

"No, non mi va di fumare."

"Guarda che è una canna, mica una sigaretta."

"Appunto..." Niki l'allontana da sé.

"Ma che vuoi dire?"

"Oh, ma che c'hai dei problemi?"

Diletta interviene con Olly.

"Problemi ce l'avrai te che devi fumare per stare allegra..."

Niki cerca di riportare la pace.

"E dai, non le rompere i coglioni."

"Ma perché fai sempre così con tutti, guarda che sei forte, hai sempre voglia di litiga."

"Guarda che io le ho detto solo che non fumavo, è lei che vuole per forza tutti sottomessi alla cultura della Maria, manco fosse sul serio una setta religiosa della Madonna."

"Che bora che sei!"

"Io, eh?!"

"Ma si può sapere che stiamo aspettando?"

"Sì, hai detto grande novità, grande novità... Ma qui non accade nulla..."

"Ma sul serio non l'hai mai fatto il Bbc?"

"Che è, il telegiornale americano?"

"Il BumBumCar."

"E sul serio sì, perché ti dovrei dire una cavoiata?"

"Be, allora troppo fico... Ecco qua, vedi, questi sono i guanti."

"E che ci faccio?"

"Li devi tenere, sennò lasci impronte."

"Ma quali impronte, io mica sono schedata."

"Sì, ma metti caso che poi un giorno fanno un controllo e te le prendono, risalirebbero a te."

"Ma quale controllo, le mie impronte? Perché dovrebbero prenderle?"

"E poi ci sono questi. Ecco qua" tira fuori dalla tasca degli occhiali con l'elastico.

"Ma questi sono da nuoto!"

"Eh, così non ti cadono quando fai il botto. Sai, a volte esplodono i finestrini!"

"Ma quanto sei cretina! Lo dici apposta per farmi paura."

"Macché! E poi non hai detto che non hai mai paura?"

"Alle interrogazioni... ma quella è un'altra cosa."

"Ecco, brave, non mi ci fate pensare, che domani ce l'ho alla prima ora!"

Perepereperepere. Uno strano suono di tromba, di quei clacson bori che sono quasi una rarità, esplode improvvisamente nell'aria notturna.

"Eccoli, ecco che arrivano."

Cinque auto diverse entrano improvvisamente nello spiazzo. Una frena sgommando, le altre la seguono cercando più o meno d'imitarla. Una Cinquecento. Una Mini. Una Citroen C. Una Lupo. Una Micra. Tutte accelerano e sgasano a più non posso.

"Ma come mai avete scelto tutte macchine corte?"

"Ahò, queste c'avevano, non abbiamo trovato niente di meglio."

"Ma quanto gli avete dato per ogni macchina?"

"Macché, cento euro l'una, ce le siamo andati a prendere da Manna, sulla Tiburtina, sai il meccanico carrozziere?"

"Eh..."

"Erano già pronte, blocchetto staccato e chiave già infilata su tutte le macchine, oh, una vera ficata!"

"T'hanno spiegato come prepararle?"

"Come no? Eccole qua, le abbiamo già legate, le gomme."

"E allora montatele, dai."

"Dai, fate gli equipaggi."

"Io vado con lui."

"Io vengo con te, posso?"

Ogni ragazza sale su una macchina. Tutte pazzescamente allegre, quasi impazzite, adrenaliniche.

"Ahò, solo tre per macchina, eh, e una sola dietro."

"Io non lo faccio..."

"C'hai strizza eh, Niki..."

"No. Non mi diverte più..."

"E tu che fai, Diletta, non vieni?"

"No, ma che, siete pazze? Ma che è 'sto BumBumCar?"

"Una ficata e tu sei una fifona!"

Le altre due Onde, Olly ed Erica, entrano velocemente insieme ad altre ragazze nelle auto. Un ragazzo da fuori apre il portellone della sua e mette lo stereo a palla.

"Forza, che noi scommettiamo su di voi! Allora ripeto, per chi non lo sapesse, il regolamento. L'ultima macchina che ancora cammina vince tutto! Le scommesse si dividono così: metà a chi è a bordo della macchina che vince e l'altra metà divisa tra quelli che c'hanno scommesso sopra."

Una ragazza urla "Ai posti!" Alcuni ragazzi da fuori passano veloci, chiudono le portiere e caricano sopra le due gomme, una legata all'altra da una corda lunga che passa sul tetto dell'auto. Le gomme cadono giù da una parte e dall'altra,

come una fantasiosa sella di cavallo. E finiscono poggiate, piatte, sugli sportelli, così da proteggerle dagli urti. Per quanto possibile. Una ragazza con un paio di shorts e un fischietto colorato corre in mezzo allo spiazzo, si ferma davanti alle cinque auto. Poi si toglie una bandana dalla tasca, rossa, bella, accesa. La alza in alto, verso il cielo con un gesto splendido, enfatico, lei, divertita, folle madrina di quel BumBumCar. Poi l'abbassa veloce, ridendo, fischiando. E "Via!" e si leva subito di mezzo, di corsa, impaurita, e salta sul bordo della strada, per essere lontana, al sicuro da quel pazzo autoscontro. Le macchine sgommano e partono. La Cinquecento va addosso alla Micra, la sperona e di botto viene presa di fianco dalla Mini. La Citroen C scura corre veloce, le supera entrambe e poi mette di botto la retromarcia e urta la Lupo, spaccandole il radiatore. Arriva la Cinquecento e sbatte di fianco alla Micra, rimbalzando sulla gomma di protezione. Esplodono i due finestrini, le ragazze dentro urlano, strillano, finte impaurite, divertite, impazzite. E poi lo vedono. E gridano.

"Via via, che sta arrivando Fabio a tutta velocità." La Micra quasi sbanda e controsterza, frena e prende di nuovo in pieno la Cinquecento. Il vetro dello sportello posteriore esplode in mille pezzi. E continuano così, staccandosi, allontanandosi e tornando indietro, correndo come pazzi. E bum, di nuovo contro la Micra e la Lupo. E bum, la Mini contro la Cinquecento e bum, la Mini contro la Micra e bum, di rimbalzo indietro la Micra contro la C. E ancora così, sfondandosi a vicenda, una contro l'altra, con un rumore secco di lamiera, di sportelli ammaccati, di vetri frantumati, di fanalini che esplodono, di parafanghi che si accartocciano, di cofani rattrappiti su se stessi come crampi improvvisi di una mano metallica. E quelle gomme usate come selle rimbalzano sugli sportelli, volano verso l'alto e tornano giù. E altre si staccano e libere rotolano via, verso i ragazzi al bordo della strada. E bum, bum, bum. E poco dopo il Bbc finisce. Il BumBumCar ha il suo vincitore. La Mini e la Micra fumano dal radiatore, davanti sono completamente sfondate, la Cinquecento è piegata su se stessa, con il semiasse spaccato e le gomme oblique,

inclinate all'esterno. Sembra un toro appena colpito da quell'ultima banderilla che piega le ginocchia e, sbuffando, finisce col muso nella polvere. La Micra ha le due gomme laterali esplose e incastrate sotto le lamiere della fiancata per i troppi colpi ricevuti. La Lupo è l'unica che riesce a fare ancora qualche passo. Borbotta quasi, dirigendosi lentamente verso il centro dello spiazzo. All'improvviso perde la targa che cade giù, con un rumore di latta, come quei vecchi barattoli che si attaccano dietro le auto degli sposi in partenza. Ma nessuno si è sposato stasera e nessun proprietario sarà felice di poter festeggiare il ritrovamento della sua auto, almeno ora che è ridotta così.

"Iuuu! Abbiamo vinto!" I ragazzi al bordo della strada esplodono in festa. "Lo sapevo! Lo sapevo! Il Lupo perde il pelo ma non il vizio!" e ne sparano altre, anche peggio, mentre qualcuno, più braccio corto degli altri, si preoccupa già di ritirare la vincita e comincia a fare i conti. Dalle auto scendono uno dopo l'altro gli eroici guidatori, alcuni scivolando fuori dai finestrini rotti, altri dal portellone di dietro, altri ancora dal parabrezza infranto. Tutti si levano gli occhiali da nuoto.

"Ewai! Quanto abbiamo fatto?"

"Dai, che abbiamo vinto ! "

"Dividi bene, eh? Non fregare!"

Fabio prende i soldi che gli spettano e li conta rapidamente. "Non ci credo, seicento euro! Bene Niki, ti offro una cena favolosa, così facciamo pace."

"Ma non l'hai capito? Ma quante volte te lo devo ripetere? Non c'è nessuna cena! Noi non stiamo più insieme."

"Ma come! Ma hai detto..."

"Ti ho dato tutti i tuoi provini una settimana fa e te l'ho detto in tutti i modi possibili e immaginabili, veramente non so più cosa inventarmi per fartelo capire. Finito. Kaputt. Chiuso. Auf Wiedersehen. Ci siamo lasciati..."

"Ok, come vuoi. Ehi, ragazze, io e Niki ci siamo lasciati."

"Guarda che lo sapevano già."

"Quindi io sono di nuovo su piazza, fatemi sapere e fatevi sotto."

Fabio si mette i soldi in tasca, monta sul suo scooter e scappa via veloce. Gli altri si guardano per un attimo, poi qualcuno alza le spalle e fa finta di niente. Olly si avvicina a Niki.

"Guarda che quando fa così è proprio..."

"È proprio stronzo!"

Arriva anche Diletta. "Ma scusa, si è portato via pure i soldi, non ha diviso nulla..."

"Boh, è fatto così Fabio..."

"Ma di solito con la squadra qualcosa si divide, no?" dice Erica.

Niki alza le spalle. "Ma che lui è stronzo te l'ho già detto, no? C'è qualcuno che ha una sigaretta?"

Olly tira fuori il pacchetto dalla tasca. Diletta si avvicina e Niki le da qualche botta sulla maglietta. "Guarda, stai attenta, hai tutti i pezzettini di vetro..."

"Pensa se mi beccano i miei, che gli dico, che ho fatto il Bbc" dice Olly.

Diletta scuote la testa. "Allora è meglio se gli dici che hai fatto un incidente ma non con la mia minicar, eh? Che poi non ci credono e mi tocca pure abbozzarla. Già ti ci vedo che mi vieni sotto casa col martello."

"Sì, sarebbe capace!" Tutte ridono.

"Dai, chi mi da un passaggio a casa, che domani sono interrogata?"

"Che palle, ma che, la serata finisce qui?" fa Olly.

"Ok, al massimo un gelato da Alaska."

"'Mazza, un brivido di follia, eh? E va be, va be, ci vediamo lì."

"Ma poi sul serio a casa, eh?" dice Diletta, "perché con tutto quello che avete fatto, siete ancora in vena di danni."

"Ok, mamma Diletta. Comunque io un'idea ce l'avrei" fa Olly alzando il sopracciglio, "c'è una festa pazzesca!"

Niki tira per la maglia Diletta. "Dai, gelato e basta, forza!"

"Ciao ragazzi, noi andiamo!"

E se ne vanno così, ridendo. Olly, Niki, Diletta ed Erica, le Onde, come si sono chiamate già dalla fine del primo liceo,

quando hanno fatto amicizia. Sono belle, sono allegre, sono diverse. E si vogliono bene. Tanto. Niki si è appena lasciata con Fabio, Olly ne lascia praticamente uno al giorno. Erica invece è una vita che sta con Giorgio, Giò, come lo chiama lei. E Diletta... Be, Diletta è ancora alla ricerca del suo primo ragazzo. Ma è fiduciosa: prima o poi troverà quello giusto. O almeno ci spera. Sì, sono forti le Onde e soprattutto sono delle bellissime amiche. Ma una di loro tradirà quella promessa.

Sei

"Ehi, ragazzi, guardate chi c'è, il capo! È venuto pure con l'avvocato! Oh, capo, niente lavoro stasera, eh? Questa è una festa e non indici subito una delle tue solite riunioni!" ride Alessia, aprendo la porta. Si sposta e fa un inchino, lasciando entrare Alessandro e Pietro in casa. C'è un sacco di gente.

"Non ci speravamo più. Ho vinto la scommessa, visto che passava?"

Pietro si avvicina, mette un braccio attorno al collo di Alessandro e gli dice piano all'orecchio. "Hai visto, ti faccio sempre fare bella figura, deve credere in te, il tuo staff, sennò che capo sei, eh, capo?"

Alessandro gli leva il braccio.

"Allora, il primo che mi chiama capo è sospeso per due giorni."

Subito tutti: "Capo, capo!"

"Anzi no, ritiro la mia decisione, il primo che mi chiama capo lavora doppio per due giorni!"

"Scusa, capo, cioè scusa, Alex!"

"Se sono molto confidenziale ci guadagno qualcosa? Che ne so, una vacanzina?"

"Doppio lavoro in ogni caso, per tentata corruzione."

"Allora, c'è almeno qualcosa da bere?"

Alessia, l'assistente di Alessandro, si avvicina con un bicchiere pieno.

"Già fatto, muffato, quello che piace a te, vero cap...?" Ales

sandro alza il sopracciglio, guardandola male. "Capitano, volevo dire capitano, lo giuro."

"Butta comunque male. Dai, divertitevi come se io non ci fossi, anzi, come se noi non ci fossimo."

Pietro gli ruba dalle mani il bicchiere e da un avido sorso.

"Ehi, come se noi non ci fossimo? Io ci sono eccome! Buono questo vino, cos'è?"

"Muffato."

"Potrei averne un altro" chiede Alessandro ad Alessia che subito riempie un bicchiere e glielo passa.

"Ma come mai non sei venuto con Elena?"

Pietro lo guarda e fa finta di strozzarsi. Alessandro gli da una gomitata.

"Non poteva. Doveva lavorare."

Alessia alza il sopracciglio.

"Ok. C'è anche un po di roba da mangiare su quel tavolo se volete, io vado a mettere delle bibite in fresco. Dai, fate come se foste a casa vostra."

Alessia si allontana, col suo vestito leggero e attillato che mette bene in mostra le sue curve.

Pietro si avvicina ad Alessandro. "Ehi, veramente buono questo muffato... E anche la tua assistente è veramente bona. Cioè, di faccia non è granché ma ha un culo... Ma c'hai mai provato? Secondo me lei c'ha una cotta per te."

"Hai finito?"

"Veramente ho appena iniziato. Ma scusa, perché non le hai detto che ti sei lasciato con Elena?"

"Non mi sono lasciato."

"Va be, che lei ti ha lasciato."

"No, lei non mi ha lasciato."

"E allora che è successo? Guarda che sei forte. È sparita."

"Non è sparita. Ha un suo momento."

"Che vuoi dire un suo momento, è peggio della pausa di riflessione... un suo momento. Cioè, se n'è andata di casa, ha portato via tutte le sue cose, vi stavate addirittura per sposare. E ancora dici che non t'ha lasciato, che ha un suo momento."

Alessandro rimane in silenzio e beve. Pietro insiste.

"Allora che dici?"

"Che ho fatto una cazzata a chiederle di sposarmi, anzi no, meglio, a raccontarti tutto, anzi no, a portarti a questa festa, anzi, a farti avere rapporti di lavoro col mio ufficio, anzi, a restare ancora amico tuo..."

"Ok, ok, se sei così permaloso non mi diverto. Me ne vado."

"Ma dai, non andartene."

"E chi se ne va, è pieno di fiche qua dentro, mica sono scemo come te che ti vuoi rovinare la vita! Volevo dire me ne vado di là a pasturare."

Pietro si allontana scuotendo la testa. Alessandro si versa un altro po di muffato e poi si avvicina alla libreria, posa il bicchiere e inizia a guardare tra i libri di Alessia. Sono disposti per altezza e colore, diversi per genere. Sul divano qualcuno ride, ragazzi in piedi vicino al tavolo parlano ad alta voce, notizie di ogni tipo, cinema, calcio, tv. Alessandro prende un libro, lo apre, lo sfoglia e si ferma. Cerca di leggere qualcosa. "Chi ama a prima vista tradisce a ogni sguardo." Ma non era lo slogan del film Closer questo? Ma che libro ho preso? Ci si mette anche il destino. Quando ti sei appena lasciato sembra che il mondo ce l'abbia con te. Si organizzano tutti per bene per fartelo pesare di più.

"Salve." Alessandro si gira. Davanti a lui c'è un ragazzo basso, un po pelato, cicciotto ma con la faccia simpatica. "Non ti ricordi di me?" Alessandro socchiude gli occhi, cercando di metterlo a fuoco. Niente. "Non ti ricordi, eh? Dai, senti bene la mia voce... l'avrai sentita mille volte."

Alessandro lo guarda ma non gli viene in mente chi è.

"Allora?"

"Allora cosa, non hai detto niente."

"Ok, hai ragione. Allora... Buongiorno, è l'ufficio... dai è facile, ma sul serio non ti ricordi? La mia voce l'avrai sentita mille volte... Buongiorno, ufficio marketing... Dai, lavoravo con Elena!"

Di nuovo. Ma che è uno scherzo? Ma che ce l'avete tutti con

me? "Dai, una volta sei passato anche a trovarla. Io ero quello che aveva la scrivania alla destra di Elena."

"Sì, è vero, ora mi ricordo." Alessandro cerca di essere gentile.

"No, secondo me non te lo ricordi per niente. Comunque, non sto più lì, mi hanno trasferito, cioè mi hanno dato due giorni di vacanza. Domani ho un colloquio perché inizio un nuovo lavoro, sempre all'interno dell'azienda, eh... Ma come mai Elena non è venuta?"

Alessandro non ci crede. Ancora.

"Aveva da lavorare."

"Ah sì, può essere, lei lavorava sempre fino a tardi."

"Come può essere, è."

"Sì sì, certo, dicevo può essere... così, tanto per dire."

Rimangono per un po in silenzio. Alessandro cerca di togliersi da quella situazione fastidiosa.

"Ok, io vado a prendermi qualcosa da bere."

"Bene, io resto qui. Posso chiederti solo una cosa?" Alessandro sospira preoccupato cercando di non darlo a vedere. Spera solo che non gli chieda ancora di Elena.

"Sì certo, dimmi."

"Ma secondo te perché la gente non si ricorda mai di me?"

"Non lo so."

"Ma come, tu che sei un grande pubblicitario, tu che hai indovinato un sacco di campagne, tu che sai sempre tutto... E comunque... io sono Andrea Soldini."

"Piacere, Andrea... E comunque... io non so sempre tutto."

"Sì, va be, insomma, non mi sai dare una spiegazione?"

"Non lo so. Io faccio pubblicità che cercano in qualche modo di far risaltare un prodotto, non posso mica fare uno spot su di te." Andrea abbassa lo sguardo, dispiaciuto. Alessandro si accorge di essere stato scortese e cerca di recuperare. "Cioè, adesso non lo so proprio. In quel senso... Non lo posso fare adesso uno spot su di te. Ora vado a prendermi qualcosa da bere e ci penso, ok?"

Andrea alza il viso e sorride. "Grazie... sul serio, grazie."

Alessandro fa un sospiro. Almeno questa è andata.

"Ok, ora vado davvero a prendermi qualcosa da bere."

"Come no. Vuoi che te lo porto io?"

"No, no, grazie."

Alessandro si allontana. Ma guarda te. Pensa se dovevo venire a una festa proprio stasera e preoccuparmi di uno come questo. Cioè, sarà pure simpatico. Però, mica posso stare a domandarmi perché un uomo non risulta, perché uno non viene ricordato. Dice che stava nella scrivania a destra. Ma non mi sembra neanche che ci fosse una scrivania a destra. Le cose sono due, caro Alex: o avevi occhi solo per Elena o quello è veramente un tipo che passa del tutto inosservato. Spera solo che non ti assegnino mai una campagna pubblicitaria su un prodotto come Andrea Soldini. A questa idea Alessandro si diverte e con quell'unico sorriso della serata va al tavolo del buffet e mangia qualcosa. Lì vicino ci sono due bellissime ragazze straniere che gli sorridono.

"Buono, vero?" gli dice una.

Alessandro fa il suo secondo sorriso della serata. "Sì, buono."

E anche l'altra ragazza gli sorride. "Buono... qui tutto buono." Alessandro sorride anche a lei. Terzo sorriso.

"Sì, buono."

Devono essere russe. Poi si gira. Sul divano, poco lontano da lui, Pietro lo sta guardando. È seduto accanto a una bella ragazza bruna coi capelli lunghi che si piega in avanti e ride per qualcosa che deve aver detto lui. Pietro gli fa l'occhiolino da lontano e alza il bicchiere come per brindare. Muove le labbra tentando un labiale. "Vai forte!"

Alessandro alza la mano come dire "ma va va" e poi si versa un altro bicchiere di muffato e, dopo aver controllato che non ci sia più Andrea sulla sua strada, va sul terrazzo, lasciando a quel tavolo tutti e tre i suoi sorrisi. Si appoggia alla ringhiera coi gomiti e comincia a sorseggiare un po di vino. Buono, così freddo in una serata non troppo calda per essere aprile. Auto lontane, lì, sulla sinistra del Tevere che scorre lento, silenzioso, e dal piccolo terrazzo sembra anche

più pulito. Pensare che adesso potrei essere lì, a navigare verso Ostia, accompagnato da una olà di topi annoiati. Come in quel filmato che si vede sempre a Blob, quel tipo che va sott'acqua, verso il fondo. Oppure come nel finale di Martin Eden, quando lui nuota verso il fondo, morso da un gronco, e vuole morire dopo aver scoperto che la donna che ama è stupida. Stupida. Stupida. Stupida la morte che ci aspetta annoiata. E se mi fossi buttato, sono sicuro che sarei morto, a differenza di James Stewart, magari anche morso da un gronco e da un topo messi insieme... È che il mio angelo se n'è andato da tempo.

"A che pensi?" Alessia arriva alle sue spalle.

"Io? A niente."

"Ma come a niente. Tu non pensi mai a niente. Il tuo cervello sembra sotto contratto direttamente con la nostra azienda."

"Be, si vede che stasera gli hanno dato la libera uscita."

"Te la dovresti concedere anche tu ogni tanto. Tieni" gli passa un altro bicchiere. "Ero sicura che lo avessi già finito. Questo è un passito di Pantelleria. Ancora più buono, secondo me. Provalo..."

Alessandro lo sorseggia lentamente.

"Sì, buono, è vero. È delicato..."

E un vento leggero, un ponentino malizioso, cerca di creare un po di atmosfera. Anche Alessia si appoggia alla ringhiera e guarda lontano.

"Sai, è così piacevole lavorare con te. Ti guardo, quando sei nella stanza. Passeggi in continuazione, fai dei giri su quel tappeto... sempre circolari, ormai c'hai fatto il solco. Un tondo di Giotto. E intanto guardi verso il soffitto, ma guardi lontano... E come se tu vedessi oltre il soffitto, oltre il palazzo, oltre il cielo, oltre il mare, vedi lontano, vedi cose..."

"Sì, che voi umani... Ma dai, non mi prendere in giro."

"No, sul serio, lo penso. Sei in perfetta armonia col mondo e riesci a ridere di quello che a volte accade e che noi siamo costretti a subire... Come per esempio una storia d'amore che finisce, sono sicura che, anche se fosse la tua, sapresti riderci su."

Alessandro guarda Alessia. Rimangono un po a fissarsi. Poi lei ha un lieve imbarazzo. Alessandro beve un altro sorso del passito che gli ha appena portato e guarda di nuovo tra i tetti delle case.

"Te l'ha detto l'avvocato, vero?"

"Sì, ma ci sarei arrivata da sola. Credo che questa Elena non meriti neanche il tuo "disprezzo sentimentale"."

Alessandro scuote la testa.

"Ti ha detto anche questo." Alessia si accorge che stavolta è lui a essere imbarazzato.

"Dai, capitano, sai quanti ne ho lasciati io... e quanti mi hanno lasciata!"

"No, non lo so. Non c'è nessuno che mi viene a raccontare i fatti tuoi."

"Hai ragione, scusa. Ma non prendertela col tuo amico. Pietro vorrebbe solo vederti di nuovo allegro come sempre. Ha puntato su di me per farti sorridere. Ma forse era meglio se ti mandava una di quelle russe, vero?"

"Ma che dici."

Non c'è niente di peggio, quando stai male e qualcuno vuole che tu ti faccia carico delle sue stupide problematiche. Prima quel tizio che vuoi esser ricordato da tutti. Ecco, vedi, non mi ricordo neanche il nome. Ah sì. Andrea Soldini. E ora invece Alessia e il suo voler essere al centro dell'attenzione. O meglio, essere lei la medicina giusta. Che fatica... Alessandro le si avvicina. Alessia sta guardando dall'altra parte, lontano, verso una strada che sparisce dietro una curva. Alessandro le poggia il braccio sulla spalla. Lei si gira leggera, sorride. Ma lui la precede e le da un bacio sulla guancia.

"Grazie. Sei una medicina portentosa. Vedi, fai effetto dopo pochi secondi... già sorrido."

"Ma vattene!" Alessia sorride e alza le spalle. "Mi prendi sempre in giro."

"Ma no, sul serio."

Alessia lo guarda. "Non c'è niente da fare, voi uomini..."

"Non mi dire la solita frase "siete tutti uguali", perché è uno spot visto e rivisto e da te questo proprio non me lo aspetto."

"Infatti, te ne dico un'altra: voi uomini siete tutti diversa mente vittime di una donna. Ma questo vi serve. E sai perché? Per giustificarvi del male che farete alla prossima." "Ohi, ohi, ohi..." Alessia fa per andarsene, ma Alessandro la ferma.

"Alessia?"

"Sì, dimmi."

"Grazie."

Alessia si gira. "Figurati."

"No, sul serio. Questo passito è buonissimo."

Alessia scuote la testa, poi sorride e rientra in casa.

Sette

Gelateria Alaska. Le Onde sono sedute su alcune sedie in ferro, disposte accanto all'entrata. Olly ha le gambe allungate e poggiate sopra la sedia vicina.

"Uhm, qui il gelato lo fanno davvero da sballo!" Lo lecca fino in fondo, con gusto, alla fine da anche un piccolo morso. "Secondo me, nel cioccolato fondente ci mettono qualche specie di droga. Non è possibile che mi piglia così."

Proprio in quel momento passano davanti a loro due ragazzi. Uno ha un giubbotto nero di tela con scritto dietro "Surfer". L'altro uno rosso con scritto "Fiat". Chiacchierano, ridono ed entrano dal gelataio.

"Oh, pure l'ultima "Fiat" mi piglia un casino."

Niki ride. "Ma perché, una bella "surfata" non te la faresti?!"

"No, direi di no... Ho già dato..."

"A Olly, ma tu secondo me ci prendi in giro. Non ci credo che sei stata sul serio anche con quello."

"Secondo me" interviene Diletta, "lo dice apposta perché ci sono io. Mi vuole far rosicare. Vuole che pensi a tutto quello che sto perdendo."

"Ma mica ci sono andata. Così, qualche giretto in macchina."

Arriva uno veloce in motorino, frena a un millimetro da loro, scende e lo mette sul cavalietto di tutta fretta. "Oh, ecco dov'eravate!" È Giò, il ragazzo di Erica. "Vi ho cercato dappertutto!"

"Siamo andate a fare un giro."

"Sì, lo so."

Erica si alza e lo abbraccia. Si baciano leggeri sulle labbra. "Amore... mi piace un casino quando fai il geloso."

"Che geloso, ero preoccupato. Hanno fatto una retata all'Eur, facevano un BumBumCar, hanno arrestato un sacco di gente per furto d'auto, scommesse clandestine e associazione a delinquere."

"Eeeeh, bum, bum bum veramente! Pure associazione a delinquere." Olly leva le gambe dalla sedia e da un ultimo morso al gelato. "E banda armata!"

"Ma no, sul serio. Me l'ha detto Giangi che stava lì, è riuscito a scappare quando sono arrivati."

"Cavoli, allora è vero." Diletta si alza in piedi. "C'era anche Giangi."

"Allora stavate lì." Giò guarda arrabbiato Erica.

"Ma sono andata con loro."

"Che me ne frega che sei andata con loro, non voglio che vai lì e basta."

"E certo." Olly scuote la testa. "Sei geloso di Fernando, quello delle scommesse."

"Ma figurati... mi preoccupo per lei e basta! Pensa se la prendevano. Oh, li hanno presi, eh? Forse non l'hai capito."

"E be se la prendevano... la prendevano" fa Olly molto serena.

Giò stringe le braccia di Erica. "Amore, ma perché non me lo hai detto?"

Erica si libera dalla stretta. "Ancora. Madonna, mi sembri mio padre. E mollami! Te l'ho detto, stavo con le mie amiche" e poi gli dice piano: "E dai, non mi va di discutere davanti a loro, e finiscila".

"Ok, come vuoi."

Il cellulare di Niki squilla. Lei tira fuori dalla tasca dei pantaloni il suo piccolo Nokia. "Cavoli, è mia madre, che vuole a quest'ora? Pronto mamma, che bella sorpresa."

"Dove sei?"

"Ma scusa, neanche mi dici ciao?"

"Ciao. Dove sei?"

"Uffi" Niki sbuffa e alza gli occhi al cielo. "Sono a corso Francia, a prendere un sereno gelato con le mie amiche. Che c'è?"

"Ah, meno male. Scusa, ma siamo appena tornati a casa, tuo padre ha acceso la tv e al tg di mezzanotte hanno detto che arrestavano dei ragazzi all'Eur. Hanno fatto i nomi e c'era anche il figlio dei nostri amici, Fernando Passino..."

"Chi?"

"Sì, quello che ogni tanto esce con te, dai, non fare finta di non capire! Lo sai benissimo, Niki, non mi fare arrabbiare, sta nel gruppo che frequentate. Insomma, hanno fatto solo i nomi dei maggiorenni, ovviamente, ma per un attimo ho pensato che ci fossi in mezzo anche tu."

"Ma mamma, ma ti pare? Ma per chi mi hai preso, scusa?" Niki strabuzza gli occhi, le amiche incuriosite si avvicinano. Niki agita la mano come a dire "non sapete cos'è successo".

"Ma mamma, si è capito perché li hanno arrestati? Cioè che cosa hanno fatto?"

"Boh, non ho sentito bene, una cosa che ha a che fare con le macchine, tipo il furto delle auto, non ho capito bene... Ecco, una cosa tipo stumpcar."

"Ma no, quello è il BumBumCar, mamma..."

"Eh, quello. Ma come mai lo sai?"

Niki stringe i denti e cerca di recuperare in qualche modo. "È appena arrivato qui Giorgio, il ragazzo di Erica, e ce lo ha raccontato. Lui ha sentito la notizia alla radio ma noi non gli volevamo credere."

Olly e Diletta si mettono a ridere piano. Poi Olly stringe le mani ad artiglio e mima un gatto che scivola su un vetro. Niki prova a darle un calcio per allontanarla e non ridere anche lei.

"Ah, vedi che non ti dico un'assurdità" continua la mamma, "hai visto, è vero quello che è successo. Senti, potresti tornare a casa? È già mezzanotte."

"Mamma, ma chi volevi per figlia, Cenerentola? Adesso arrivo! Ciao! Baci, baci, baci, ti voglio bene."

"Sì, baci, baci, baci, ma vieni a casa, eh?" e chiudono la telefonata.

"Cazzo, allora è vero quello che ha detto Giò."

"Ma perché avrei dovuto dirvi una cavoiata? Che ragione c'era?"

"Dai, ragazze, andiamo a casa, domani ne sapremo di più dai giornali."

Le Onde vanno verso i rispettivi motorini e miniauto.

Olly sale sul suo scooter, s'infila il casco e lo accende. "Oh, serata moscia, eh?" Niki sorride e monta sul suo motorino. "Sai che penso? Secondo me è stato Giò a chiamare la polizia, almeno per un po ha tolto di mezzo Fernando."

Diletta ride. "Certo che siete davvero delle vipere. Secondo me con voi il segreto è restare sempre fino alla fine, almeno non avete modo di sparlare."

"Ah, sì? L'hai pensata bene" sorride Niki. "Tanto prima di addormentarmi un sms con una cattiveria su di te a Olly glielo mando di sicuro. Mi dispiace, non ci puoi fermare" e così dicendo accende il motorino, sgasa e fugge via, allargando le gambe, alzandole al vento, divertita di assaporare quella sciocca, piccola, splendida libertà.

Otto

Alessandro è sul terrazzo. Guarda lontano in cerca di chissà quale pensiero. Un po di malinconia e quell'ultimo sorso di passito, leggermente più dolce. Poi rientra anche lui, posa il bicchiere sulla libreria, vicino a un libro. Stavolta Aforismi. Sabbia e spuma. Gibran. Lo prende e sfoglia qualche pagina. "Sette volte ho disprezzato la mia anima. La prima volta, fu quando la vidi timorosa di poter toccare le altezze. La seconda volta, fu quando la vidi zoppicante dinanzi allo storpio. La terza volta, fu quando le fu dato di scegliere tra via ardua e via facile, ed essa scelse quella facile. La quarta volta..." Basta. Non so com'è, ma quando stai male, tutto ti suona come se avesse un doppio significato. Alessandro lo richiude e inizia a girare per casa cercando Pietro. Niente. In salotto non c'è. Guarda meglio tra la gente, negli angoli, si sposta superando qualcuno che gli passa davanti... Ah. Non è qualcuno. È Andrea Soldini ed è con una bella ragazza, alta. Andrea gli sorride. Alessandro ricambia ma continua a cercare Pietro. Niente. Non vorrei che... Apre la porta della camera da letto. Niente. Solo qualche giacca buttata sul letto. Anche gli armadi sono aperti. Va in bagno. Prova ad aprire. È chiuso a chiave, Alessandro riprova. Una voce maschile dall'interno dice "Occupato! Se è chiuso è chiuso, no?". È una voce profonda e veramente scocciata. È qualcuno davvero occupato nei suoi bisogni. E non è Pietro. Alessandro va in cucina, la finestra è spalancata. Una tenda chiara e leggera

gioca con il vento. E con due persone. Si appoggia alla schiena di un uomo. Lo accarezza quasi mentre lui scherza con una bella ragazza seduta a gambe larghe sul tavolo centrale. Lui le sta davanti e si appoggia in mezzo alle gambe. Tiene una mano in alto, sopra la testa della ragazza, e lascia penzolare una ciliegia. La fa scendere poco a poco e poi la tira su di nuovo, mentre la ragazza, finta indispettita, ride e s'imbroncia per non essere riuscita ad afferrarla con la bocca. E ha voglia di quella ciliegia e forse non solo di quello. E quell'uomo lo sa. E ride.

"Pietro!"

Pietro si distrae e si gira verso Alessandro. La ragazza ne approfitta subito e mangia al volo la ciliegia, rubandogliela con la bocca dalle mani.

"Ecco, vedi che hai fatto. Mi ha rubato la ciliegia per colpa tua."

La ragazza ride e mastica a bocca aperta, la lingua si tinge di ciliegia e le sue parole si colorano di rosso, di profumo, di desiderio, di sorriso. "Buona! Ho vinto, me ne spetta un'altra. Dai, ciliegia, una tira l'altra, no? Hai detto tu prima..."

"Certo, ecco." Pietro gliene da un'altra e la ragazza russa sputa prima il nocciolo di quella appena finita in un bicchiere lì vicino, facendo centro, poi prende con le mani l'altra e l'addenta. Pietro si avvicina ad Alessandro.

"Ecco, vedi, il gioco è finito. Io volevo continuare a farla soffrire un po... una ciliegia tira l'altra... le veniva sempre più voglia e poi io solo alla fine le davo la ciliegia ma anche pum..." Pietro pizzica Alessandro tra le gambe, "... la bananina!" Pietro ride mentre Alessandro si piega quasi su se stesso.

"Ma quanto sei cretino, eh?"

La ragazza russa scuote la testa e ride, poi mangia libera un'altra ciliegia. Alessandro si avvicina a Pietro e gli dice piano: "Cioè, hai due figli, tra poco fai quarantanni e sei ancora così. Io fra tre anni sarò come te? Sono preoccupato. Molto preoccupato".

"Perché? Guarda che in tre anni possono cambiare tante

cose. Potresti sposarti, avere anche tu un bambino e poi provarci con una straniera... Ce la puoi fare, dai, mi puoi raggiungere, anzi mi puoi anche superare. Me lo hai detto proprio tu! Con quella pubblicità dell'Adidas, Impossible is Nothing, e ti fermi proprio su te stesso? Dai, cazzo, ce la puoi fare. Andiamo a casa tua? Dai, prestamela solo per stasera!"

"Ma che, sei pazzo?"

"Ma sei pazzo tu! Ma quando cazzo mi ricapita una russa così, hai visto quant'è bella?"

Alessandro si sposta di poco dalla spalla di Pietro.

"Sì, in effetti..."

"Che, in effetti, è una sventola da sogno. Una russa, gamba lunghissima. Guarda, guarda come mangia le ciliegie... Pensa quando mangia..." Pietro fa un fischietto pizzicandolo tra le gambe.

"Sì, la bananina. Ahia, e dai, e smettila..."

La russa ride di nuovo. Pietro, per cercare di convincere Alessandro, gli fa vedere una busta all'interno della giacca.

"Guarda qua, ho già finito la relazione di quella causa con la Butch & Butch. Siete di nuovo dentro, avete una clausola di scadenza che vi garantisce per altri due anni. Ho già mandato la raccomandata, dai, la dovevo consegnare non prima di una settimana. E invece te la do stasera. Va bene? Sai che bella figura fai in ufficio. Non sei il capo. Sei il grande capo. In cambio però..."

"Sì, va bene, vieni a bere una cosa a casa mia. E invito anche..." Alessandro indica la russa.

"Bravo, lo vedi che con te le trattative hanno sempre un buon esito?!"

"Guarda però che non è come nell'Ultimo bacio. Io non voglio entrare nei vostri casini, capito? Risolvitela da solo con Susanna e non mi mettere in mezzo."

"Risolvo? Facile. Dico che sono rimasto fino a tardi a casa tua. È la verità, no?"

"Sì, sì... la verità."

"Poi pensa a quanto può essere buona. Altro che quella insalata... Ciliegie, banane e lei. E questa la vera insalata russa."

"Senti, ma perché invece di fare l'avvocato non ti sei dato al cabaret?"

"E tu mi scrivevi i testi?"

"Va be, ti aspetto di là. Vado a salutare Alessia. Ah, piuttosto tu..."

"Sì, sì, lo so, non avrei dovuto dirle di Elena, ma l'ho fatto per te, te lo giuro, vedrai che quando te la farai mi penserai..."

"Macché ti penserò."

"Va be, allora quando te la farai non mi penserai. Ma poi ci ripenserai e comunque capirai che è stato tutto merito mio."

"Allora, non hai capito. Io non avrò una storia con Alessia."

"Scusa, ma perché?"

"Non voglio avere storie sul lavoro."

"Ma scusa, e con Elena allora?"

"Che c'entra, lei è entrata dopo in azienda. E poi sta completamente da un'altra parte, in un'altra sezione."

"E allora?"

"E allora Alessia è la mia assistente."

"Meglio, scusa, lo potete fare in ufficio. Comodo, no? Vi chiudete dentro e nessuno vi può dire niente."

"Ok, allora facciamo così. Tante grazie fin da adesso, va bene? Vado a salutarla e poi andiamo. Mi sto stancando."

Alessia è in salotto e sta chiacchierando con una sua amica.

"Ciao, Alessia, noi andiamo, ci vediamo domattina in ufficio. So che siamo stati convocati dal vero capo. Ma non so perché."

"Be, domani scopriremo tutto." Alessia si alza e lo bacia su entrambe le guance. "Ok, ciao, grazie che sei passato, mi ha fatto piacere. Salutami il tuo guardaspalle..."

"Sì, il mio spifferatutto. Me lo porto apposta nel caso mi dimenticassi di raccontare qualche cavolo mio a qualcuno..."

Alessia manda indietro la testa e allarga le braccia, come a dire "e dai, perdonalo!"

Alessandro saluta educatamente anche la ragazza sul divano che alza solo il mento come risposta e abbozza un sorriso.

Non c'è più nessuno in giro ancora da salutare. Bene. Alessandro va verso la porta di casa. Alla fine del corridoio, trova Pietro con la russa. Ma non sono soli.

"E loro?"

Due ragazze quasi identiche alla mangiatrice di ciliegie sono in piedi, accanto a Pietro.

"Ha detto che non viene senza le sue amiche. Dai, è solo per bere qualcosa. E poi scusa, non sono le vostre modelle? Per la campagna che state facendo ora? Le hai scelte proprio tu."

"Ho capito, ma io le ho scelte per lavorare."

"Come sei esagerato. Guarda che oggi un sacco di gente si porta il lavoro a casa, sai?"

"Ah, ecco. Scusa, mentre tu lavori, io devo parlare con le altre due? Almeno me ne andavo a letto, no? Domani ho un'alzataccia, sul serio, una riunione importante. Dai, no, non si può fare."

"Ma io come al solito ho pensato a tutto. Guarda qua!"

Andrea Soldini compare alle spalle di Pietro. "Allora andiamo?" Cercando di darsi sicurezza abbraccia una russa e precede Pietro fuori dall'appartamento. Pietro guarda Alessandro e gli fa l'occhietto.

"Visto? Se ne occuperà lui, Soldini, un intrattenitore nato. Stava alla scrivania alla destra di Elena" dice Pietro facendo l'occhietto ad Alessandro.

"Sì, lo so."

"Ma tu te lo ricordavi?"

"Io? No, me l'ha detto lui."

Escono tutti, insieme a un sacchetto di ciliegie che Pietro di nascosto si è messo nella tasca della giacca. Arrivano fuori dal residence e salgono in auto.

"Cavoli! Veramente bella questa Mercedes, è la nuova ML, vero?" Andrea inizia a toccare tutto, poi rimbalza divertito sul sedile anteriore. "È comodissima poi!"

Pietro prende posto in mezzo alle ragazze. "Sì, non è male... ma queste due sono davvero una favola... E poi guar

date qua, et voilà!" e tira fuori dall'interno della giacca una bottiglia di passito, "ancora fredda e appena stappata! Prego" e da un'altra tasca tira fuori dei bicchieri, "scusate eh, sono di plastica. Non si può avere tutto dalla vita ma bisogna aspirare a tutto. Perché la felicità non è un punto d'arrivo, ma uno stile di vita..."

Alessandro guida e lo guarda dallo specchietto retrovisore. "E questa dove l'hai sentita?"

"Mi spiace dirtelo. Da Elena."

Elena. Elena. Elena.

"Ma la sentivi spesso, Elena?"

"Per lavoro, solo e sempre per lavoro, tanto lavoro io." Poi per scherzare Pietro infila una mano tra le gambe di una della russe, ma senza toccarla. La sfiora appena. Solleva la mano come se avesse trovato qualcosa. "Et voilà." Apre la mano. "Una vera ciliegia! Ecco perché sono così dolci!" e la offre all'altra ragazza russa, seduta accanto a lui, che la mangia di gusto. E ride.

"Mmmh, buona."

Pietro alza il sopracciglio. "La serata promette bene."

"Scusa, Alessandro, stiamo andando da te, giusto?" Alessandro annuisce ad Andrea. "E allora?"

"E allora Elena cosa dirà quando ci vedrà arrivare con queste tre ciliegine?"

Pietro si sporge in avanti e gli da una pacca sulla spalla sinistra. "Bravo! Buona questa!" Poi incrocia lo sguardo di Alessandro nel retrovisore e si ricompone. "Ehm, ottima osservazione. Come rispondi?"

"Con la verità. Elena è fuori per lavoro e torna tra due giorni."

"Ah, ecco, allora siamo tutti più tranquilli."

"Vi chiedo solo una cortesia."

"Aspetta, te la dico io: non una parola su questa serata, giusto?" fa Pietro.

"Sì, giusto. E allora ve ne devo chiedere due. Non mi nominate più Elena."

"Perché?" chiede ingenuo Andrea.

"Perché mi fate sentire in colpa."

Pietro strabuzza gli occhi, poi incrocia lo sguardo di Ales sandro nello specchietto e con un'occhiata promette il silenzio assoluto. D'altronde, quando si è amici.

Nove

Notte di finestre semiaperte per accogliere un cenno di primavera. Notte di coperte che proteggono e ricordi che lasciano dubbi e un po d'amaro in bocca. Niki si gira e rigira. Il passato, a volte, rende scomodi i cuscini. Ma l'amore cos'è? C'è una regola, un modo, una ricetta? O è tutto casuale e devi solo sperare di avere fortuna? Domande difficili mentre l'orologio a forma di tavola da surf, attaccato alla parete, segna mezzanotte. Fabio. Buffo, quel giorno. Anzi, bello. Me lo ricordo ancora. Settembre. Aria mite e cielo blu scuro di una sera appena iniziata. Lui e gli altri in un concerto improvvisato, dentro un capannone abbandonato, un palco da inventare, mentre su una parete di cartongesso alcuni writer fanno a gara di graffiti e spray. E noi finite lì per caso, grazie a uno di quei soliti passaparola per strada. Mi piace il suo stile. Parole di fuoco per canzoni funky che graffiano il cuore. E Olly a dire che è un bonazzo da paura. E io che mentre lo dice sento una strana fitta di fastidio. Perché è carino. Me ne accorgo. E ogni tanto ci guardiamo e lui mi indica mentre canta. Emozione di due che giocano a distanza sopra e sotto un palco improvvisato, tra scratch e gente che fa popping e balla rapida ed esplosiva su ritmi concitati. E poi, sorpresa, me lo ritrovo a scuola in un'altra sezione e scopro che siamo coetanei, che mi guarda e mi sorride. Sì, è proprio carino. Iniziare a uscire insieme dopo la scuola per un giro in motorino, un gelato, qualche birra ai centri sociali, qualche gruppo da

ascoltare durante le prove negli scantinati. Finché tutto non diventa un bacio in mezzo a suoni e colori di un sabato sera in un locale. Poi il viaggio continua e il bacio diventa una sera da soli qui a casa, coi miei a una delle solite cene e mio fratello a dormire da Vanni. Una casa troppo grande per un amore forse troppo piccolo. Lui con un fiore. Uno solo perché, dice, almeno è speciale, unico, non disperso in un mazzo che poi si confonde. Un bacio. Non uno solo. Un altro. E un altro ancora. Mani che s'intrecciano, occhi che si cercano e trovano spazi e nuovi panorami. Quella volta. Momento unico. Che vorresti non finisse. Che dovrebbe essere l'inizio di tutto. Scoprirsi vulnerabili e fragili, curiosi e dolci. Un'esplosione. Io che il giorno dopo a scuola riunisco le Onde e racconto tutto e mi sento grande. Lui che mi cerca, viene a prendermi e mi dice: "Sei mia. Non mi lascerai mai. Stiamo troppo bene insieme. Ti amo". E poi ancora: "Dov'eri? Chi era quello? Ma perché stasera non stai con me invece di andare in discoteca con le tue amiche?". E capire che forse amare è un'altra cosa. È sentirsi leggeri e liberi. È sapere che il cuore degli altri non lo pretendi, non è dovuto, non ti spetta per contratto. Devi meritarlo ogni giorno. E dirglielo. Dirlo a lui. E capire dalle risposte che forse bisogna cambiare. Bisogna andare via per ritrovare la strada. Fabio che mi guarda arrabbiato, in piedi, davanti al portone. E dice che no, che sto sbagliando, che noi siamo felici insieme. Mi prende per un braccio, lo stringe forte. Perché, quando qualcuno che vuoi se ne va, provi a trattenerlo con le mani e speri così di afferrare anche il suo cuore. E invece no. Il cuore ha gambe che non vedi. E Fabio se ne va dicendo me la pagherai, ma l'amore non è un debito da saldare, non regala crediti, non accetta sconti.

Due lacrime scendono piano, quasi timide e preoccupate di sporcare il cuscino. Niki se lo abbraccia tutto. E per un istante si sente protetta da quella coperta che la separa dal mondo.

Mezzanotte e mezza. Niki si gira di nuovo. Il cuscino è

scomodo. Come un pensiero appuntito piazzato sotto il materasso. Rumore di chiavistello che si apre. Riflesso di luce che arriva dal corridoio.

"Certo che i Frascari sono proprio una coppia assurda! Ma l'hai sentito lui? Si arrabbia perché la moglie non si è iscritta con lui al corso di tango! Ma se a lei non gliene importa nulla di ballare!" Simona appoggia le chiavi sulla mensola come fa sempre. Niki sente il rumore. E la immagina. E li sente parlare.

"Sì, ma per lui sarebbe un gesto d'amore. Lo sa che a lei non piace ma per una volta vorrebbe che gli andasse incontro."

"Sì, ma non puoi mica pretendere che uno solo perché ti ama debba sopportare di fare una cosa che non gli interessa! Lui le dovrebbe dire: cara, fai pure quel che ti piace e poi la sera, a casa, ce lo raccontiamo! Così è più divertente! E c'è uno scambio..."

"Eh, lo so, tu per esempio vai a fare acqua aerobica e io gioco a tennis ! "

"E io non mi sognerei mai di chiederti di metterti i galleggianti e fare il corso con me e altre diciannove donne!"

"Anche perché che ci farei io da solo in mezzo a venti donne e vestito come un'invenzione di Leonardo da Vinci? ! Oddio... però... venti donne, hai detto?!"

"Scemo! Sì, ma sono tutte nevrotiche! A te invece è toccata la migliore..."

Un rumore di sedia che si sposta, come urtata. Poi silenzio. Quel silenzio pieno. Profondo. Il silenzio dei baci. Quello che parla e racconta di sogni e favole, di tesori nascosti. I più belli. E Niki lo sa. E mentre stringe più forte il cuscino pensa che forse l'amore vero è quello dei suoi genitori. Un amore semplice fatto di giornate insieme ognuno coi propri impegni e i propri hobby. Un amore fatto di risate e scherzi mentre si rientra a casa di sera, fatto di colazioni preparate al mattino, di figli da crescere, di progetti ancora da fare. Sì, i miei genitori si amano. E non sono stati uno il

primo amore dell'altra. Si sono conosciuti dopo aver amato altre persone. E forse non così. Forse bisogna viaggiare prima di capire qual è la meta giusta per noi. Forse la prima volta è ogni volta che ami.

Dieci

"Che bella casa..." dice una delle russe.

Alessandro la guarda e sorride. Elena non me l'aveva mai detto! Non fa in tempo ad aprire la porta che Andrea Soldini s'infila dentro e inizia a girare per il salotto. "Veramente bella, sul serio... Ah, sì aspetta, avevo visto queste foto qua. Sì, Elena le aveva portate in ufficio perché doveva fare le cornici. Stanno veramente bene... Che poi sono le foto dei tuoi lavori, no?"

"Sì." Alessandro fa entrare anche Pietro e le tre ragazze russe. "Allora, questo è il salotto, qui c'è il bagno degli ospiti, lì la cucina" continua a camminare seguito da tutti, "la camera degli ospiti con un altro bagno, ok? Se per caso dovesse servire..." Pietro e Andrea si guardano e sorridono.

"Sì" fa Andrea, "se per caso."

"Ecco, l'importante è che tutto si svolga nel massimo silenzio. Perché sono..." Alessandro guarda l'orologio, "quasi le due e io vado a dormire... Laggiù" e indica una grande stanza in fondo al corridoio che parte dal salotto.

"Eh, mica me la ricordavo così!" dice Pietro compiaciuto.

"E infatti non era così. Elena ha voluto fare dei lavori."

"Ma come, proprio adesso che..." poi Pietro si ricorda che c'è anche Andrea.

"Proprio adesso?"

"No, dicevo, ma come proprio adesso... Di solito i lavori si fanno d'estate, mica a primavera!"

"Certo, giusto... Scusa, Alessandro, allora è anche giustificato che sei così stressato."

"Ma io non sono stressato."

"Sì, sei stressato, sei stressato. Vuoi una ciliegia?"

"No grazie, vado a dormire."

"Una insalata russa?"

"Neanche."

"Lo vedi che sei stressato?"

"Sì, va be, buonanotte. Non fate casino e, quando ve ne andate, chiudete piano la porta, i vicini si lamentano perfino se sbatte."

Pietro allarga le braccia. "Assurdo. Da fargli causa."

Alessandro si chiude a chiave in camera, si spoglia velocemente, si lava i denti e s'infila nel letto. Accende la tv e saltella qua e là in cerca di qualcosa. Ma nulla lo incuriosisce. Si alza. Apre l'armadio che era di Elena. Vuoto. Apre qualche cassetto. Ci sono solo alcuni pacchettini profumati in stoffa che aveva fatto lei. Ne prende uno. Caprifoglio. Un altro. Magnolia. Un altro ancora. Ciclamino. Nessuno sa di lei. E s'infila di nuovo nel letto, spegne la tv, la luce e poi lentamente chiude gli occhi. Nel buio, prima di addormentarsi del tutto, alcune immagini confuse, ricordi. Quella volta che erano al cinema e dopo aver fatto i biglietti lui si era accorto di aver lasciato il portafoglio in auto. Dopo un po che si frugava nelle tasche, imbarazzatissimo, Elena aveva appoggiato i soldi sulla cassa, dicendo alla cassiera bionda e molto carina, che faceva finta di nulla per non metterlo ancor più in difficoltà: "Lo scusi, è per la parità tra uomo e donna ma ancora non lo ammette e per far pagare me deve fare prima la scenetta". E lui si era sentito sprofondare. O quando gli tolse il fiato entrando in camera da letto, quella camera da letto, vestita solo di un leggero baby-doll trasparente... E poi su quel divano... tum, tum, tum. Con voglia. Con passione. Con rabbia. Con desiderio. Tum, tum, tum. Ma non faceva tutto quel rumore... Tum, tum, tum. Alessandro si sveglia di soprassalto. "Che è? Che succede?" "Sono Uenia."

"Ilenia chi?"

"Ilenia Burikova."

Ma chi sei, vorrebbe rispondere Alessandro, non ti conosco.

"Sono Ilenia." Poi si ricorda delle russe in giro per casa. Si alza, apre la porta della camera. "Mi senti? Quel tipo sta male..."

"Ma chi?"

"Quello che non mi ricordo come si chiama. La mia amica Irina sta chiamando aiuto."

"Aiuto? Ma chi sta chiamando aiuto? Ma che dici?" Alessandro s'infila al volo una maglietta e corre nel corridoio. Non fa in tempo ad arrivare in salotto, che vede Irina in terrazza, affacciata giù, che sta urlando come una pazza.

"Aiuto, aiuto! Uomo si sente malissimo. Presto, chiamate tutti, uomo quasi morto!"

Le luci del palazzo di fronte si accendono. Escono il vicino e sua moglie. "Ahò, nun urla, che te strilli? Abbiamo già chiamato noi l'ambulanza."

Alessandro esce in terrazzo, prende per mano la russa cercando di farla rientrare.

"Aiuto aiuto aiuto, sta male" sembra un disco incantato, "aiuto!"

"Basta! Che casino stai facendo? Ma chi è che sta male?"

"Di là, nel bagno!"

Alessandro molla la russa e corre di là. Andrea Soldini è completamente sdraiato per terra, abbracciato al water, respira a fatica. Quando vede Alessandro, accenna un sorriso. È tutto sudato.

"Sto male, Alex, sto male..."

"Si vede. Dai, rilassati, ora ti riprendi..."

"No, è che sono cardiopatico, mi spiace, mi sono fatto un tiro di cocaina..."

"Cosa? Ma che sei cretino! Pietro, Pietro, dove sei, Pietro?" Alessandro aiuta Andrea Soldini a rialzarsi. Poi esce dal bagno tenendolo per un braccio e cerca di farlo camminare. La camera degli ospiti si apre. Pietro, trafelato, esce, mettendosi la camicia mentre la ragazza russa compare sulla porta, sorridendo e man

giando una ciliegia. Meglio di qualsiasi spot, pensa Alessandro scuotendo la testa.

"Allora, che succede?"

"Questo ha tirato la cocaina e ora sta male... Ma io vorrei sapere chi cazzo l'ha portata la coca a casa mia?"

Andrea respira a fatica. "Ma no, no, non è colpa di nessuno, me ne avevano data un po a casa di Alessia."

"A casa d'Alessia?"

"Sì, però non lo dico chi me l'ha data."

"Ma che cazzo me ne frega di chi te l'ha data. Scusa, sei tu che l'hai portata qui."

"L'ho presa per fare bella figura con le russe."

Pietro lo prende sotto l'altra spalla, lo sorregge, facendolo camminare. "E si vede, bella figura che hai fatto. Sei bianco come un cencio. Dovevi darle le ciliegie."

Veruska è rimasta sulla porta. "Pietro, vieni in stanza, ho voglia... Quando arriva la macedonia che mi dicevi?"

"Eh, arrivo, arrivo, non vedi che qui c'abbiamo un frullato?"

Dal terrazzo arrivano le altre due russe. Ora sembrano più tranquille.

"Tutto a posto, arrivata l'ambulanza. Stanno salendo anche

carabinieri..."

Alessandro sbianca completamente. "Ma come i carabinieri? Ma chi li ha chiamati?"

"Noi, noi tutto in regola. Noi a posto con permessi di

lavoro."

"Ma che permessi, qua i problemi sono altri." Si piega su Andrea. "Ma sei sicuro che non c'era altra roba?"

"No, cioè sì... giusto poca pochina, una bustina sotto il water."

"Sotto il water? Ma tu sei pazzo! Dentro la dovevi buttare!" Alessandro si precipita in bagno, trova la bustina con dentro un po di polvere bianca e fa appena in tempo a gettarla dentro il water che bussano alla porta.

"Aprite."

Alessandro tira lo sciacquone e corre ad aprire la porta.

"Eccomi!"

Davanti a lui due portantini con tanto di lettiga pieghevole e dietro due carabinieri. I due portantini sbirciano all'interno e vedono Pietro che sorregge Andrea. Entrano subito.

"Presto, fatelo stendere, apritegli il colletto della camicia. Largo, largo, deve respirare."

Uno dei due nota le russe, l'altro, professionale, lo richiama all'ordine. "Forza, prendi lo sfigmomanometro che misuriamo la pressione, dai."

"Buonasera. Allora che succede qui?" I carabinieri mostrano i loro tesserini ed entrano. Alessandro fa appena in tempo a leg gere. Pasquale Serra e Alfonso Carretti. Uno fa il giro del salotto e controlla la situazione. L'altro tira fuori un blocchetto dalla tasca e annota qualcosa.

Alessandro subito gli si avvicina. "Che fa, cosa scrive?"

"Niente, perché? Prendo appunti. Ma perché si preoc cupa?"

"No, che c'entra, così, per capire."

"Siamo noi che dobbiamo capire. Allora, qua c'è stata una chiamata per - leggo - strani festini."

"Ma strani festini cosa?" Alessandro guarda preoccupato Pietro. "È una festa normalissima e poi una festa... Neanche una festa, siamo alcuni amici e ci siamo ritrovati qui per bere qualcosa in pace."

"Ho capito, ho capito" annuisce il carabiniere, "con delle russe... giusto?"

"Be, sono delle ragazze, delle modelle, con cui abbiamo girato uno spot..."

"Quindi per lavoro..." continua il carabiniere, "sono dovute venire anche qui. Diciamo che state continuando a lavorare, giusto? Insomma sono una specie di straordinari... giusto?"

"Scusi, ma che vuoi dire "sono dovute"?"

Pietro capisce che Alessandro si sta alterando.

"Mi scusi, può venire un attimo?" prende il carabiniere e lo porta in cucina. "Le posso offrire qualcosa?"

"Grazie, in servizio no."

"Ecco" Pietro gli si avvicina con fare complice, "siccome è

stata un po colpa mia. Stavamo a una festa e mi stava dicendo bene con una delle russe..." "Ho capito, allora?"

"No, aspetti, gliela presento... Veruska, puoi venire un attimo?"

Veruska arriva con una lunga maglietta che la copre e però le mette in risalto le gambe nude e lunghissime. "Sì dimma Pietro" ride. "Dimmi, dimmi, si dice dimmi." "Ah, ok, dimmi..." ride la russa. "Veruska, ti volevo presentare il nostro carabiniere..." Lui porta la mano alla visiera e la saluta: "Piacere. Alfonso". "Ecco, vedi Veruska, che bella divisa che hanno?" Veruska fa la spiritosa e tocca qualche bottone della giacca. "Sì, piena di bottoncini piccoli... piccoli come ciliegie."

"Ecco, brava. Vede, Alfonso, Veruska ritrova nella divisa i valori della terra, le origini più semplici. Insomma, stavamo piacevolmente chiacchierando con queste nostre amiche russe... Niente di più."

"Lo so, lo so... ma se i vicini ci chiamano per schiamazzi notturni e festini strani, lei capisce..."

"Capisco. È nel vostro dovere intervenire..." "Esatto."

Rientrano nel salotto. Andrea è ancora disteso sulla barella, ma ha ripreso un po di colore. Le altre due ragazze russe e Alessandro sono accanto a lui. "Come va, tutto bene?" "Meglio..." dice Andrea.

Uno dei due portantini si alza. "Tutto a posto, aveva una strana aritmia e siccome è cardiopatico gli abbiamo fatto subito un cardiotonico."

Pietro prende la palla al balzo. "Sì, dovrebbe bere meno

caffè."

"Sì, al massimo uno la mattina e non certo la sera."

Il carabiniere rimette a posto il taccuino. "Tutto a posto,

allora possiamo andare. Cercate di tenere bassa la musica. Mi sa

che avete dei vicini piuttosto sensibili a qualsiasi tipo di rumore."

"Sì, non si preoccupi, tanto ora vanno tutti a casa." Alessandro guarda Pietro. "Finisce qui, stasera, la festa."

"Sì, sì, certo..." Pietro capisce che non c'è possibilità di replica.

I portantini riprendono la loro barella e vanno verso l'uscita, seguiti dai carabinieri. All'improvviso quello dei due che non ha mai parlato, Serra, si blocca.

"Mi scusi, posso chiederle una cortesia? Posso usare il bagno?"

"Come no" Alessandro gentile gli fa strada. Ma quando entra, si accorge che la bustina ancora galleggia tra le bollicine dello scarico. Va verso la cassetta del water e preme il pulsante. Esce velocemente chiudendosi la porta alle spalle.

"Mi scusi, mi scusi, mi ero completamente dimenticato che questo bagno ha un problema allo scarico. Prego, venga di là... userà il mio personale." Lo accompagna e lo fa entrare. Poi chiude la porta e resta lì, come a fare il palo, e sorride da lontano all'altro carabiniere. Ma Alfonso Carretti, incuriosito e sospettoso, si avvicina al primo bagno. Alessandro sbianca. Pietro è più veloce e, prima che apra la porta, si mette in mezzo.

"Mi dispiace ma qui purtroppo non funziona lo sciacquone. Tra un attimo è libero l'altro." Pietro sorride. "E comunque volevo dirle, Alfonso, che siete stati davvero gentili. Diventa seccante delineare il limite tra una visita e una perquisizione. Che, proprio perché tale, richiede il mandato, altrimenti scatta subito l'abuso di potere del pubblico ufficiale, rientrando così fra le ipotesi di reato a cosiddetta illiceità o antigiuridicità speciale..." Pietro poi sorride. "Vuole una ciliegia?"

"Non mi piacciono le ciliegie."

Pietro mantiene alto lo sguardo. Non ha paura. O almeno non lo da a vedere. È questa da sempre la sua forza. Tranquillo, sereno, abituato a bluffare anche nelle cause più complicate. Alessandro con il secondo carabiniere torna in salotto.

"Grazie, è stato molto gentile."

Alfonso alza il sopracciglio e guarda per un'ultima volta Pie

-teo e poi Alessandro. "Non ci fate tornare più. La prossima Evolta se veniamo, veniamo col mandato..." e se ne vanno chiuIdendo forte la porta. Alessandro esce in terrazza. Il vicino di casa ha spento le luci ed è tornato a dormire con la moglie. ! Anche Alessandro spegne le luci del suo terrazzo e guarda \ sotto, in strada. Poco dopo vede uscire i portantini e i carabi- j nieri Vede partire l'ambulanza, con la sirena spenta e la gazzella, sgommando. Alessandro rientra in casa e chiude la porta

^dk^Bravi. Se mi volevate far passare una notte del terrore

ci siete riusciti."

"Potrebbe essere l'idea per un nuovo spot." "Pietro non mi diverte, non ho voglia di scherzare. Forza, sono le tre e mezza. Fuori di qui. Io devo dormire. Domani alle otto e mezza ho un colloquio importante e non so cosa accade. v Portatevi via le amiche russe, fate quello che volete " ì "Dai ora però non esagerare, ci fai sentire in colpa..." '' "Eh" dice una delle russe, "da noi ospite sempre sacra."

"E infatti, quando verremo a girare uno spot in Russia,

andrà sicuramente tutto meglio, eh? Ma ora siamo qua. E voi

; non avete assolutamente colpa... Io però devo assolutamente

i dormire... Vi prego."

f Andrea si avvicina ad Alessandro. "Scusa se ho fatto tutto questo casino, era solo per fare impressione su di loro." ì "Figurati, sono felice che tu stia meglio." L "Grazie, Alex, grazie sul serio."

I E così quella strana compagnia esce di casa. Alessandro I finalmente chiude la porta e da due mandate per essere sicuro I che almeno per quella notte non succeda più niente. Il mondo I fuori Prima di entrare in camera, passa nel bagno, quello del finto sciacquone rotto. La bustina è scomparsa Poi guarda ^ meglio, lateralmente. Dietro il lavandino c'è un foglio arroto: lato Cento euro. Si china, lo prende e lo srotola. E ancora ì impolverato di bianco. Apre l'acqua e lo mette sotto al getto. Lo ì U bene. Ecco fatto. Ogni prova è definitivamente scomparsa. • Poi lo stende sul bordo e se ne va in camera da letto. Spegne la

luce, si sfila la maglietta, entra sotto le lenzuola e si stende. Allarga le braccia e le gambe cercando di nuovo la sua tran quillità.

Che serata... Chissà dov'è Elena in questo momento. Comunque capisco perché Andrea Soldini non è più nel suo ufficio. L'avrà fatto cacciare. Una cosa è sicura. Non so se sarà mai uno che rimane impresso al primo impatto. Ma di certo io non me lo dimenticherò più. E con quest'ultimo pensiero, Ales sandro si addormenta.

Undici

Stanza indaco. Lei.

È lì ormai da più di due mesi, appoggiato sulla sua scrivania. Color grigio chiaro, un po polveroso, schermo ", chiuso. Che faccio, lo accendo? La ragazza gira e rigira davanti a quel portatile misterioso. Certo, ma come si fa a dimenticarsi un computer su un cassonetto? Cioè, bisogna essere proprio dei tonni. Ma perché poi si dirà essere come i tonni? Che, i tonni sono scemi? A me non sembra. Anzi, sono veloci, potenti migratori, l'ho sentito l'altra sera a Quark. Poi me lo disse anche Ivo, il capo della tonnara a Portoscuso, l'anno scorso in Sardegna. Comunque, chi si dimentica così un pc dev'essere un po fuso. La ragazza si siede alla scrivania. Apre il portatile. Vede un piccolo adesivo in basso, vicino al monitor. "Anselmo ." Non ci credo. Di solito qui ci si scrive il nome del computer. Anselmo la vendetta. Andiamo bene. Però... Mica sarà il nome del proprietario? Anselmo. Mah. Preme il tasto di accensione. Però non è mio... mica dovrei. Ma se non lo accendo come faccio a sapere di chi è e magari riportarlo? La schermata blu di Windows col classico suono di saluto si colora davanti a lei. Cavoli. Vedi questo. Non ha neanche messo la password di accesso. Cioè uno apre così, senza protezione... Sul desktop appare l'immagine di un tramonto sul mare. Il cielo ha colori accesi e caldi e le onde sono morbide. Un gabbiano sullo sfondo se ne va per i fatti suoi. Poche icone. Prova ad aprire Outlook. Sono curiosa. Vediamo le sue mail. Poche cartelle. Guarda, guarda... tra quelle ricevute

molte indicano "Casa Editrice" nel campo "Da" Uno che scrive? Ma donna o uomo? Poi "Ufficio" Boh, sarà roba di lavoro. Poi altri nomi, Giulio, Sergio, AfterEight e nick vari. Saluti, link, video, barzellette. Qualche invito. Vediamo tra quelle inviate. Molte a questa Casa Editrice, poi agli stessi nomi di prima. Una ragazza compare spesso. Carlotta. Sono tutte firmate SteXXX. Ah, meno male, allora non si chiama Anselmo . Fammi leggere ancora... Apre un'altra mail. Stefano. Ecco sì, è un uomo. Poi ancora un'altra. "Ciao, ho provato a chiamarti oggi ma era spento. Posso avere l'onore di invitarti sabato a cena? Ne sarei contento." Contento. È un uomo. L'onore? Ma come parla questo? Sto commettendo un reato. Violazione della privacy. No, semmai violazione di cassonetto. E chi se ne frega. Sono una guardona. No, sono una leggiona. E ridacchia tra sé e sé. Poi spulcia ancora e finisce in "Documenti". Fai vedere. Ah, ecco... "Foto". Apre la cartelletta gialla. Molti paesaggi e scatti di animali, barche, particolari vari. Nessuna persona. Nessun volto. Nemmeno foto porno. Meno male, pensa. Chiude e torna sul desktop. Tra le poche icone presenti una porta il nome di Martin. Forse si chiama così. La apre. Contiene vari file Word. Sceglie a caso e clicca.

" Era troppo impegnata a cercare di conciliare quel discorso impacciato e balbettante e l'ingenuità di quei pensieri con ciò che vedeva nel viso di lui. Mai vista tanta energia negli occhi di un uomo. Ecco qualcuno che può fare qualsiasi cosa, era il messaggio che leggeva in quello sguardo, un messaggio che si accordava poco con la debolezza delle parole con cui era stato formulato. Senza contare che la sua era una mente troppo raffinata e agile per poter apprezzare al meglio la semplicità."

Ma cos'è? Un libro? Non c'è scritto nulla. Cioè scrive? In effetti ci sono le mail da "Casa Editrice". La ragazza scorre ancora il file.

"Ricordandola ora, dalla sua nuova posizione, la sua vecchia realtà di terra, mare e navi, marinai e donne poco di buono sembrava piccola ma si fondeva con quel nuovo mondo e pareva espandersi con questo. Con la sua mente tesa a cercare

l'unità, rimase sorpreso quando si accorse che c'erano punti di contatto tra quei due mondi."

Però, non sembra male. Due mondi. Diversi. Punti di con tatto... Chiude il file e spegne il computer. E così, senza un motivo particolare, sente all'improvviso che qualcosa le cresce dentro. Una nuova curiosità. Una vaga eccitazione. L'idea di tuffarsi in un altro universo. Una scappatoia a un pensiero che da un po le gira per la testa. E quella ragazza dopo tanto tempo sorride.

Dodici

Buongiorno, mondo. Niki si stiracchia. Oggi me lo fai un regalo? Vorrei alzarmi dal letto e trovare una rosa. Non rossa. Bianca. Pura. Tutta da scrivere come fosse una pagina nuova. Una rosa lasciata da qualcuno che mi pensa e che non conosco ancora. Lo so. Un controsenso. Ma mi farebbe sorridere. La prenderei e la porterei a scuola.

L'appoggerei sul banco, così, senza dire nulla. Le Onde arriverebbero tutte curiose.

"Ehi! Chi te l'ha regalata?"

"Fabio?"

"Che ci riprova?"

"Seee, lui una rosa, semmai un cardo secco!"

E giù a ridere. E io che non rispondo ancora. La lascerei lì per tutta la mattina. Poi all'ultima ora staccherei un petalo alla volta e con un pennarello blu scriverei, una lettera alla volta, la frase di quella bellissima canzone: "C'è un principio di allegria, fra gli ostacoli del cuore, che mi voglio meritare..." e poi lancerei quei petali dalla finestra. Il vento se li porterebbe via. Magari qualcuno li troverebbe. Li rimetterebbe in ordine. Leggerebbe la frase. E mi verrebbe a cercare. Forse lui. Già. Ma lui chi?

Alessandro si sveglia di soprassalto e poi si gira di botto nel letto. La sveglia è già suonata.

Ma porca miseria, no. Cavoli, cavoli, cavoli. Scende al volo

dal letto, inciampa nelle pantofole. Ma quando l'ho spenta? O non l'ho proprio sentita? O ieri nel gran casino ho finito per non programmarla? Non è possibile. Entra quasi in scivolata in cucina. Prepara la moka, la mette sul fuoco e accende il fornello. Poi corre in bagno, prende il rasoio elettrico e mentre si fa la barba gira per la stanza. Cerca di sistemare alla meglio i segni della sera prima. Tanto oggi viene la signorina. Cavoli, fammi controllare un po qua... Entra nella camera degli ospiti. Trova una ciotola. Ancora ciliegie. Non è possibile. Le prende e butta tutto nel secchio della cucina. Poi rientra nel bagno degli ospiti, controlla bene nel water, nel lavandino, per terra, in ogni angolo. Bene. Nessuna traccia. E ci mancherebbe solo questo. Famoso pubblicitario arrestato per droga. Proprio io, antidroga per eccellenza. E certo, nel nostro ambiente... Non ci crederebbe nessuno. E così, nel dubbio, tira di nuovo lo sciacquone ed esce dal bagno. Mette della musica in salotto e su un pezzo di Julieta Venegas ritrova un po di buonumore. Si mette quasi a ballare. Tiene il tempo radendosi. Ma sì, cavolo, devo essere felice. Ho ancora trentasei anni, ho un sacco di successi alle spalle, ho vinto diversi premi nella pubblicità. Va be, mio padre e mia madre vorrebbero tanto che mi sposassi e questo forse accadrà. O forse no. In ogni caso sono uno che può piacere. Tranquillamente. Anzi. Si guarda un po meglio nello specchio del salotto, si avvicina e si controlla il viso. Non poco. Anzi. Posso piacere e molto. Attenti. Attenti... Cara Elena, sarai tu a soffrire, a mangiarti le mani. Tornerai e io, con grande eleganza, ti farò entrare e trovare dei fiori. E con questa grande certezza, anche perché è l'unica che ha a disposizione, prende il caffè. Alessandro ci aggiunge un po di latte freddo. Poi sulle note di And It's Supposed To Be Love di Ayo s'infila sotto la doccia e si lascia andare sotto un getto d'acqua bello fresco. Ma su che sarà il colloquio di oggi? Cavoli, sono in ritardo... troppo in ritardo. E preso dall'ansia esce rapido dalla doccia e comincia ad asciugarsi. Devo far presto, presto.

"Ma Niki, non hai fatto colazione."

"Sì, mamma, ho preso il caffè."

"E non mangi niente?"

"No, non ce la faccio. Sono in ritardo. In fottuto ritardo."

"Niki, t'ho detto mille volte di non parlare in quel modo."

"Oh, mamma, ma neanche quando sono in ritardo?"

"No, neanche. Ma vai in motorino?"

"Sì..."

"Vai piano, eh, vai piano."

"Mamma, me lo dici ogni mattina. Vuoi vedere che alla fine porti sfiga?"

"Niki, queste parole!"

"Ma se uno porta sfiga porta sfiga. Se preferisci posso dire sfortuna, ma sempre sfiga è."

"Ma scusa, ti pare poi che se tua madre ti dice d'andar piano vuole il tuo male? E poi te lo dico ogni mattina e finora non hai fatto nessun incidente, quindi "vai piano" è buono, va bene."

"Ok, ok. Ciao, bacio!"

Niki bacia la mamma quasi al volo. S'infila le cuffie nelle orecchie e via, giù per le scale, saltando gli ultimi gradini. Tanto che una cuffietta si sfila dall'orecchio destro. Lei pronta la rinfila subito per sentire ancora meglio Bop To The Top di High School Musical. Esce dal portone, va in garage, sale al volo sul suo SH, da una botta alla pedalina e una volta acceso esce a tutta velocità dal cortile. Si ferma un attimo, guarda a sinistra e a destra, vedendo che non arriva nessuno, da gas e s'infila nel traffico della mattina.

Alessandro procede spedito con la sua nuova Mercedes. Ha appena comprato alcuni giornali. Tenersi informati è importante. Magari alla riunione mi chiedono qualcosa sulle ultime notizie, e io non lo so... Non me lo posso permettere. Così, ogni tanto, rallentando per una fila, a un semaforo rosso, da un'occhiata al "Messaggero" aperto sul sedile accanto. Poi riparte. Il traffico comunque scorre. Alessandro mantiene, quando può,

un'andatura veloce. È in ritardo. È in ritardo... ma da lo stesso un'occhiata al giornale.

Anche Niki è veramente in ritardo. Un ritardo fottuto. Ha ancora le cuffiette alle orecchie, ascolta la musica e accelera. Ogni tanto balla, cercando di andare a tempo. Guarda l'orologio al polso sinistro, cercando di capire se sta recuperando qualcosa, se ce la potrà fare prima che quel rompiscatole precisino del custode della scuola chiuda definitivamente il cancello dell'entrata. E così giù a tutta velocità per viale Parioli, accelerando, superando auto in doppia fila. Poi prova a fare una curva per rientrare.

Alessandro arriva dalla Moschea. Non c'è nessuno, bene. S'immette nel traffico di viale Parioli leggendo quella notizia incredibile sul "Messaggero". Giovani ragazzi rubano cinque auto per darsi a un autoscontro molto particolare. Il BumBumCar, il Bbc, il nuovo e pericoloso gioco dei giovani ricchi e annoiati. Non ci posso credere. Sul serio fanno di queste cose... Ma non fa in tempo a finire la frase. Sterza di botto. Cerca di evitarla. Niente da fare. Ma quella ragazza sparata a duemila gli arriva proprio addosso col motorino, spiaccicandosi contro la fiancata destra. Bum. Un urto pazzesco. La ragazza scompare all'altezza del vetro, va giù. Alessandro frena di botto, chiude gli occhi, stringe i denti, i giornali scivolano giù, sul tappetino. E per il contraccolpo il volume del lettore ed sale da solo all'improvviso. La musica inonda la macchina. Shes The One. Alessandro si blocca un istante sul sedile. A occhi chiusi, stringendo il volante. Sospeso. Qualche clacson inizia a suonare, qualcun altro sorpassa nervoso. Qualcuno curioso, uno distratto, un altro cinico, figlio di troppa fretta. Alessandro scende preoccupato. Lentamente fa il giro della Mercedes mentre la musica continua. Poi la vede. Là, a terra, distesa, ferma, immobile. La testa rovesciata. Ha gli occhi chiusi, sembra svenuta. Oddio, pensa Alessandro, che le sarà successo... Si sporge un po in avanti. Niki piano piano apre gli occhi. Lo vede sottosopra. Poi gli sorride.

"Ok." Alessandro poco convinto s'immette nella corsia vietata. Ma, appena supera un autobus, si accorge che c'è un vigile. Lo vede fare l'infrazione e sorride beffardo, come a dire "vai, vai che a te ci penso io" e tira fuori il blocchetto dalla tasca alta della divisa.

Niki si affaccia dal finestrino proprio mentre gli passano davanti e urla a squarciagola "A rosicone!" Poi rientra e guarda divertita Alessandro. "Io li odio, i vigili."

"E certo. Se c'era una possibilità che non mi facesse la multa, ce la siamo giocata."

"Madonna, come sei esagerato. E che sarà mai una multa. Tanto ormai te l'aveva fatta... E poi tu hai detto la stessa cosa per la mia ruota del motorino."

"Ma sei impossibile, l'hai fatto apposta per dirmi questa cosa. Noi non andremo mai d'accordo."

"Noi non dobbiamo mica andare d'accordo. Noi due dobbiamo solo cercare di non prenderci... Di non fare un incidente. Di la verità... ti sei distratto, vero? Magari guardavi qualche bella ragazza approfittando del fatto che stavi da solo..."

"A parte che io vado sempre da solo in ufficio e poi non mi distraggo facilmente..."

Alessandro le sorride e la guarda con sufficienza.

"E ci vuole qualche cosa in più per distrarmi."

Niki s'indispettisce. Poi si accorge dei giornali sotto i suoi piedi.

"Ecco perché! Stavi leggendo!" Tira fuori "II Messaggero" e lo apre.

"Ma no, davo solo un'occhiata."

"Appunto. Lo sapevo, lo sapevo, dovevo chiamare l'ambulanza, i vigili, sai i danni che ti potevo chiedere!"

"Ma come, invece di essere contenta che non ti sei fatta nulla..."

"Be, una volta che uno ha evitato il dramma, pensa a come sfruttarlo, no? Lo fanno tutti."

Alessandro scuote la testa. "Vorrei parlare coi tuoi genitori."

"Non ti farebbero entrare a casa, per loro la figlia ha comunque e sempre ragione. Gira qui a destra che siamo quasi arrivati. Ecco, la mia scuola è in fondo alla strada..."

Niki apre il giornale e vede la foto delle auto distrutte. Poi legge l'articolo sul BumBumCar. Sbarra gli occhi. "Non ci posso credere..."

"E invece credici, ecco cosa avevo visto... e ci mancava poco che distruggevi così la mia macchina."

"E già... Vorresti avere ragione, eh..."

"Pensa che c'è gente che fa sul serio queste cose, ragazzi come te..."

Niki legge l'articolo velocemente, cercando i nomi, i fatti, se ci sono alcuni dei suoi amici. Poi lo vede. Fernando, quello che raccoglie le scommesse. "No, non è possibile!"

"Che c'è, conosci qualcuno?"

"No, dicevo, è che mi sembra assurdo. Be, siamo arrivati. Ecco, fermati."

"È questa?"

"Sì, grazie. Cioè, me lo dovevi proprio."

"Sì, sì, dai, scendi che sono in ritardo."

"E per l'incidente come facciamo?"

"Tieni." Alessandro cerca in una tasca della giacca, prende un piccolo astuccio argentato e le da un bigliettino. "Qui c'è il mio numero, l'e-mail e tutto il resto. Così poi mi dici come facciamo."

Niki legge. "Alessandro Belli, creative director." "E un ruolo

importante?"

"Abbastanza."

"Lo sapevo, lo sapevo, ti potevo fare una causa coi controfiocchi." Niki scende dalla Mercedes ridendo. Prende il casco, lo zaino e pure "II Messaggero". "Ci sentiamo."

"Ehi, ma quello è il mio giornale."

"Sì, e ringrazia che non mi porto via anche il ed! Uomo distratto che causa dolore alle donne..." Poi chiude lo sportello. Niki bussa sul finestrino. Alessandro lo tira giù.

"Guarda" Niki scuote il biglietto da visita, "che se questo è

falso comunque mi ricordo la tua targa a memoria... Non fare scherzi che con me non la passi liscia. A proposito, io sono Niki."

Alessandro scuote la testa, sorride e poi parte sgommando. Drammaticamente in ritardo.

Diverse ragazze entrano a scuola. Proprio in quel momento arriva Olly. "Ehi, Niki, siamo tutt'e due in ritardo come al solito, eh? Forte quello lì, bella macchina. Non l'ho visto bene ma da lontano mi sembrava carino. Ma chi è, tuo padre?"

"Come sei cretina, Olly. Lo conosci mio padre. Macché, vuoi sapere chi è quello? Il mio prossimo ragazzo" e così dicendo Niki l'abbraccia, la stringe forte e la costringe a salire le scale di corsa, proprio come fa lei. Poi Olly, arrivata su, improvvisa mente si ferma.

"Ma che, sei pazza? Così ci fanno entrare! Era un'occasione per fare sega."

"Guarda, leggi" Niki mostra il giornale a Olly, "l'articolo sul Bbc. Bastava che restassimo un altro po e ci prendevano!"

"Ma dai, pazzesco, ci pensi, noi sul giornale, passavamo alla storia!"

"Seee, al massimo alla geografia!"

"Zitta va, che oggi m'interroga" e così dicendo entrano nel l'atrio appena in tempo. Il custode, felice, chiude il cancello, lasciando fuori qualche altra ritardataria.

Tredici

dessandro entra trafelato in ufficio.

"Ciao, Sancirà. È arrivato Leonardo?"

"Tre minuti fa. È nel suo ufficio."

"Fiuuu..." Alessandro fa per entrare ma Sandra lo ferma. ...spetta. Sai com'è fatto, sta bevendo il caffè, sfogliando il riornale..." poi indica il telefono sulla linea che risulta occuata, "e sta facendo la solita telefonata a sua moglie."

"Ok" si rilassa e si lascia cadere sul divano lì vicino. Meno

ile. Fiuuu. Pensava di non farcela. Si allarga un po il colletto della camicia, si sbottona. "Ora bisogna solo sperare che la ([telefonata con la moglie finisca bene..."

"Questa la vedo dura" fa Sandra sussurrando, "lei si vuole peparare, non ce la fa più a sopportare... certi suoi atteggiaimenti."

"E quindi? Sarà burrasca?"

"Dipende. Se apre la porta e mi chiede di mandarle il solito, |hai qualche possibilità."

"Il solito?"

"Sì, è un codice. Dei fiori con tanto di bigliettino, già preparati." Sandra apre un cassetto e mostra una serie di bigliettini I tutti col nome di Francesca, ognuno con una frase diversa, una |per ogni giorno e tutti firmati da lui.

"Ma Sandra, lo sai che, anche se sei la sua segretaria, non I dovresti curiosare fino in fondo?"

"Eh sì, come se le frasi non me le avesse fatte cercare tutte a

me! Ho dovuto raccogliere il meglio del meglio dei poeti moderni ma sconosciuti. E ne ho trovate di belle..." Apre un biglietto. "Senti questa... "Io resto anche quando non mi avrai e ti avrò pur senza possederti." Complessa, criptica ma forte, eh? Comunque" dice Sandra richiudendo il cassetto, "se chi l'ha scritta un giorno diventa famoso, non credo lo perdonerà mai d'avergliela rubata."

"Come minimo sarà Leonardo a dire che hanno copiato la sua frase!"

"Ah, questo è sicuro. Anzi... dirà che proprio per questo il tipo è diventato famoso!"

Dal fondo del corridoio compare un ragazzo. Alto. Magro. Giacca sportiva. Capelli biondi, folti, pettinati all'indietro, occhi azzurri, intensi, un bel sorriso su labbra fini. Troppo fini. Da traditore. Beve un po d'acqua e sorride. Sandra chiude al volo preoccupata il cassetto. Quel suo segreto non è per tutti. Poi finge di essere tornata professionale. Il tipo le si avvicina.

"Ancora niente?"

"No, mi spiace, sempre al telefono."

Alessandro guarda il ragazzo. Cerca di metterlo a fuoco. L'ha già visto ma non si ricorda dove.

"Be, e allora aspettiamo."

Il ragazzo si avvicina. Tende la mano ad Alessandro. "Piacere, Marcello Santi." Poi sorride. "Sì, lo so, starai pensando se ci siamo già conosciuti."

"Infatti... ma dove? Sono Alessandro Belli."

"Sì, lo so, io stavo nell'ufficio sopra Elena, facevo parte dello staff superiore, risorse pubblicitarie."

"Ma certo, sì" sorride Alessandro e pensa: ecco perché lo sto già odiando. "Siamo stati una volta a pranzo insieme."

"Già, e poi io sono dovuto scappare."

Sì, pensa Alessandro, infatti io poi ho dovuto pagare il conto a te e alla tua assistente. "Sì, che coincidenza."

"E ora mi hanno chiamato per quel colloquio."

I due si guardano. Alessandro stringe un po gli occhi, cerca di mettere a fuoco la situazione. Che vuoi dire? Che storia è

questa? C'è in gioco il mio posto? Ci hanno chiamati in due per un colloquio? È lui il nuovo direttore che sta cercando Leo? Mi vuoi dare la notizia proprio davanti a lui? Cioè, io non solo ho già pagato allora per lui, ma ora mi tocca pure offrirgli la mia "ultima cena"? Guarda Sandra cercando di capire meglio. Ma lei che ha capito perfettamente cosa Alessandro vorrebbe sapere, scuote leggermente la testa e si mangia un po il labbro superiore come a dire: io purtroppo non so niente. Poi all'improvviso il led della linea esterna si spegne. Un attimo dopo dalla porta esce Leonardo.

"Oh, eccovi qua. Scusate se vi ho fatto aspettare. Prego, entrate, entrate... Volete un caffè?"

"Sì, volentieri" dice subito Marcello.

Alessandro, leggermente dispiaciuto di essere arrivato secondo, aggiunge "Sì, grazie, anch'io"

"Bene, allora due caffè, Sandra, per favore e... se può mandare il solito dove sa lei? Grazie."

"Certo, dottore" e fa l'occhietto ad Alessandro.

"Allora prego, accomodatevi." Leonardo chiude la porta dell'ufficio alle sue spalle. I due prendono posto davanti alla scrivania. Marcello si mette comodo. È tranquillo, quasi spavaldo con le sue gambe leggermente accavallate. Alessandro, più teso, cerca in qualche modo comodità in quella poltrona che sembra sfuggirgli da sotto. Alla fine sceglie di stare piegato in avanti, coi gomiti sulle ginocchia e le mani unite. Le sfrega un po, chiaramente nervoso.

Marcello se ne accorge e sorride tra sé. Poi si guarda attorno, prendendo il suo tempo, cercandolo. "Bello quel quadro, un Willem de Kooning, vero? Espressionismo americano."

Leonardo gli sorride compiaciuto. "Sì..."

Alessandro li guarda e non aspetta un attimo.

"Quella invece è una lampada Fortuny, forse del , credo. Bellissima la base in mogano, una lampada che ha avuto successo qualche tempo fa."

"Bravi, così mi piacete. Leggermente competitivi. Eppure nulla è iniziato, ancora non vi ho detto niente. Ecco, siamo pro

prio in questo momento... La nascita." Leonardo si siede e mette improvvisamente le mani sulla scrivania, una davanti all'altra, come a proteggere qualcosa che i due non possono vedere. "Cosa c'è qui sotto? Cosa nascondo?"

Questa volta è Alessandro il più veloce. "Tutto."

"Niente" dice Marcello.

Leonardo sorride. Solleva le mani. Sul tavolo non c'è niente. Marcello fa un grosso respiro soddisfatto. Poi Leonardo guarda dritto Alessandro che ricambia lo sguardo dispiaciuto. E invece all'improvviso Leonardo da una delle due mani, rimaste sospese, lascia cadere qualcosa. Stump. Un rumore sordo. Mar cello cambia espressione. Alessandro invece sorride.

"Giusto, Alessandro. Tutto. Tutto quello che interessa noi. Questo pacchetto di caramelle sarà la nostra svolta. Si chiama "LaLuna", come la luna ma tutto attaccato. Ed è la luna che noi dobbiamo prendere, conquistare. Come il primo uomo nel . Quello dello spazio, quello che ha messo per la prima volta il suo piede sulla luna, affrontando l'universo e tutti i suoi segreti... Noi dobbiamo essere come quell'americano o meglio noi dobbiamo affrontare i giapponesi e, per essere più precisi, dobbiamo "conquistare" questa caramella. Eccola qua." Leonardo apre il pacchetto e sparge delle caramelle sul tavolo. Alessandro e Marcello si avvicinano, le guardano attentamente. "Caramelle a forma di mezza luna al sapore di frutta, ognuna diversa, un po com'era il nostro vecchio gelato arcobaleno."

Marcello ne prende una, la guarda. Poi guarda Leonardo dubbioso. "Posso?"

"Certo, assaggiatele, mangiatele, entrateci dentro, vivete con LaLuna, affezionatevi, non abbiate altro pensiero al di fuori di queste caramelle." Marcello la mette in bocca. Mastica lenta mente, con eleganza, socchiude gli occhi come se stesse sorseg giando un vino pregiato. "Mmmh, sembra buona."

"È vero" dice Alessandro che nel frattempo le assaggia a sua volta, "a me è capitata all'arancia." Poi cerca di diventare subito tecnico. "Be, l'idea delle mani che scoprono niente e poi

lasciano cadere la caramella, LaLuna, dall'alto non è male... Chiedi LaLuna."

"Sì, ma purtroppo l'hanno già usata gli americani l'anno scorso."

"Sì" interviene Marcello, "le mani erano quelle di Patrick Swayze. Belle mani. Le avevano scelte per il film Ghost, modellavano il vaso d'argilla nella scena d'amore, le mani che trasmettevano emozioni a Demi Moore. Nello spot si vedevano le mani e basta. Pagate, solo le mani, due milioni di dollari..."

"Ecco" Leonardo si lascia andare indietro sulla poltrona, "a noi ne offrono quattordici. E in più un'esclusiva per due anni di tutti i prodotti LaLuna, TheMoon, attaccato in inglese. Faranno cioccolata, gomme, patatine, perfino latte. Prodotti alimentari con sopra solo questo piccolo marchio. E noi abbiamo la possibilità di avere qui quattordici milioni di dollari e l'esclusiva. Noi. Se riusciamo a battere l'agenzia che con noi ha avuto l'incarico per questo spot. La Butch & Butch... Già, perché i giapponesi, che non sono stupidi, hanno pensato..."

Proprio in quel momento bussano alla porta.

"Prego."

Sandra entra coi due caffè. Li appoggia sul tavolo. "Qui ci sono lo zucchero e il latte. Ho portato anche un po d'acqua."

"Bene, prendeteli pure. Grazie, Sandra. E ha mandato il solito..."

"Sì."

"Con quale frase stavolta?"

"Sei il sole nascosto dalle nubi quando piove. Ti aspetto mio arcobaleno."

"Bene, migliorare ogni giorno. Grazie, se non ci fosse lei."

Sandra sorride a Marcello e poi ad Alessandro. "Me lo dice ogni volta, complimenti sempre, aumento mai!" ed esce ancora sorridente.

"Lo avrà, lo avrà, sia fiduciosa!" Poi Leonardo si versa un bicchier d'acqua. Fiduciosa almeno quanto lo sono io, dice tra

sé e sé pensando alla frase. "Allora dicevamo..." Marcello sorseggia tranquillo il suo caffè. Alessandro ha già finito il suo, "... che i giapponesi non sono così stupidi."

"Già, anzi, sono geniali. Infatti ci hanno messi in competizione con la Butch & Butch, la più grande agenzia, nostra diretta concorrente, con cui dovremo confrontarci e soprattutto vincere. E siccome io posso anche non essere geniale come loro, ma di certo non sono né lento né stupido, li ho copiati... Io copio sempre. A scuola mi chiamavano copycopy. I giapponesi fanno noi contro la Butch & Butch? Bene, io faccio Alessandro Belli contro Marcello Santi. In premio quattordici milioni di dollari, due anni di esclusiva con LaLuna e per voi il ruolo di creative manager estero con naturalmente un ottimo aumento di stipendio... reale."

E in un attimo Alessandro capisce tutto. Ecco il perché di quello strano colloquio a due. Poi sente lo sguardo dell'altro su di sé. Allora si gira. Si incrociano i loro sguardi. Marcello stringe gli occhi, assapora la sfida. Alessandro gli tiene testa, fermo, sicuro. Marcello gli sorride serenamente, subdolo, convinto, astuto. "Certo, come no, è invitante" e tende la mano verso Alessandro sottolineando così la partenza di quella grande sfida. Alessandro gliela stringe. In quel momento squilla il suo telefonino.

"Ops, scusate." Legge il numero sul display ma non lo riconosce. "Scusate, eh..." risponde girandosi leggermente verso la finestra. "Pronto."

"Ehi, Belli, come va? Ho preso sette, ho preso sette!"

"Hai preso sette?"

"Sì! Cioè, non capitava da una cifra! Porti una fortuna incredibile! Credo d'aver preso sette solo una volta, il primo anno e in educazione fisica. Oh, ma ci sei? O sei svenuto?"

"Ma chi parla?"

"Come chi parla, sono Niki, no?"

"Niki? Ma Niki chi?"

"Ma come Niki chi? Ma che mi prendi in giro? Niki, quella del motorino, quella che hai messo sotto stamattina."

Alessandro si rigira verso Leonardo e sorride. "Ah, sì, Niki. Scusa, ma adesso sono in riunione."

"Sì, e io sono a scuola, più precisamente nel bagno degli uomini." In quel momento qualcuno bussa alla porta. "Ma quanto ci vuole?"

Niki finge una voce da uomo. "Occupato." Poi, quasi sussurrando, quasi persa dentro il telefonino: "Senti, devo attaccare, c'è uno qui fuori. Ma la sai la cosa più assurda? Cioè qui a scuola non si può parlare liberamente al telefonino. Cioè ma ti rendi conto? Mettiamo caso che io devo dire una cosa urgente a mia madre...".

"Niki..."

"Eh, che c'è?"

"Sono in riunione."

"Sì, me l'hai già detto."

"E allora attacchiamo."

"Va be, allora non devo dire una cosa urgente a mia madre ma a te. Senti, mi vieni a prendere all'una e mezza all'uscita di scuola? No, sai, perché ho un problema e credo che nessuno mi possa accompagnare."

"Ma non so se posso, non credo, ho un'altra riunione."

"Potrai... Potrai..." e chiude. Niki esce dal bagno. Davanti a lei c'è proprio il professore che le ha appena dato sette. Niki infila al volo il cellulare in tasca.

"Niki, ma questo è il bagno degli uomini."

"Oh, mi scusi."

"Non credo che tu ti sia sbagliata. E in più è il bagno dei professori..."

"Allora mi scusi due volte."

"Senti Niki, non mi far pentire del sette che ti ho dato..."

"Le prometto che farò di tutto per confermarlo."

Il professore sorride ed entra nel bagno. "E allora prima che cominci la lezione della professoressa Martini..."

"Sì..." Niki lo guarda con occhi ingenui.

Il professore si fa serio. "Spegni quel telefonino" e si chiude la porta alle spalle. Niki tira fuori dalla tasca il cellulare e lo spegne.

L

"Fatto, professò! È spento" gli grida attraverso la porta.

"Brava, e ora esci dai nostri bagni."

"Uscita, professò!"

"Brava. Allora sette confermato."

"Grazie, prof!"

Niki sorride e va verso la sua classe. La Martini è appena entrata. Niki si ferma sulla porta, riaccende il telefonino e lo mette in modalità silenziosa. Poi ancor più sorridente entra in classe.

"Allora, Onde, come festeggiamo il mio sette?"

Quattordici

Alessandro si gira e spegne il telefonino. Poi sorride leggermente.

"Tutto a posto, tutto a posto..."

"Scusami..." fa Leonardo sorridendogli, "ma ho sentito. Ha preso sette. Non sapevo che avessi una figlia."

"No" sorride Alessandro leggermente imbarazzato, "era mia nipote."

"Bene, vuoi dire che è brava, crescerà, magari prenderà altri bei voti e un giorno, chissà, entrerà proprio nella nostra squadra!" Leonardo si piega sul tavolo. "Sempre se quel giorno esisteremo ancora. Perché questa è la nostra ultima possibilità. La Francia e la Germania ci hanno già sorpassato. Poco sotto di noi abbiamo la Spagna. Se non riusciremo ad accaparrarci questi quattordici milioni di dollari e i due anni di esclusiva con LaLuna, la nostra sede..." Leonardo unisce le mani e le incrocia, imita così un gabbiano che piano piano sale verso l'alto, "... prenderà il volo." Poi apre di nuovo le mani e quelle ali, come spezzate, si trasformano in pugni che sbatte forte sulla scrivania. "Ma noi non glielo permetteremo, vero? Ora mi sto rivolgendo al futuro direttore creativo estero" e li guarda entrambi con aria di sfida, divertito quasi dal creare quell'incertezza. "Non so chi sarà tra voi due. So solo che non si piegherà agli spagnoli. Non passa lo straniero! E ora vi voglio far conoscere i vostri assistenti personali. Hanno abbandonato tutti i loro impegni precedenti. Vi segui

L_

ranno come un'ombra. Anzi, più di un'ombra. Perché un'ombra è silenziosa, segue e non ha la capacità di anticipare. Invece loro vi aiuteranno a trovare tutto quello di cui avete bisogno, vi anticiperanno su ogni cosa." Apre l'interfono. "Sandra?"

"Sì?"

"Può far entrare gentilmente gli assistenti nell'ordine che le avevo indicato?"

"Certo."

La porta dell'ufficio si apre piano piano.

"Ecco, lei è Alessia."

Alessandro si alza subito e la saluta. "Come no, Alessia! Bene! È giustissima per questo lavoro, sarà un'avventura incredibile. E poi non avere tutti quegli altri prodotti di cui occuparsi ma dedicarsi solo a LaLuna è un'ottima scelta. Sono felice di lavorare con te!"

Ma Alessia resta zitta, sembra quasi dispiaciuta.

"Che succede?"

Leonardo interviene. "Lei sarà l'assistente di Marcello. Voi due, Alessandro, vi conoscete troppo bene. Restereste seduti sulla vostra amicizia. Non vi sapreste sorprendere, non avete niente di nuovo da raccontarvi. Invece qui si devono creare rapporti esplosivi. Solo così si possono dare risultati straordinari."

Marcello si alza e la saluta. "Piacere, ho sentito parlare molto bene di te. Sono sicuro che faremo grandi cose insieme, Alessia."

"Sono onorata" e si danno la mano. Alessandro torna a sedersi, leggermente dispiaciuto ma anche curioso di sapere allora chi sarà il suo assistente.

"E per te... ecco la tua ombra perfetta." Alessandro si sporge un po in avanti per vedere chi arriva. E proprio in quel momento nell'ufficio di Leonardo entra lui. Si ferma sulla soglia. Sorride. Alessandro non crede ai suoi occhi. "No..." Si lascia cadere sulla poltrona, afflosciandosi nello schienale fin quasi a sparirci dentro. Leonardo cerca tra i vari fogli farfugliando tra sé "Com'è che si chiama che me lo dimentico sem

pre... Ah, eccolo qua". Prende felice il foglio e lo alza sorri dendo. "Il tuo nuovo assistente è... Andrea Soldini."

Fermo sulla porta, Andrea Soldini sorride. E saluta. "Salve a tutti..."

"Allora, ti presento Alessandro, sarà la persona per la quale da oggi in poi dovrai dare tutto. Fin quasi a morire."

Alessandro lo guarda, alzando il sopracciglio. "Ah, ecco, ti stavi allenando già da ieri sera..."

Leonardo lo guarda incuriosito. "Ma vi conoscete già?"

"Sì."

"Ma non avete mai lavorato insieme però..."

"No."

"Ecco, a me interessa solo questo. Benissimo! Allora fuori di qui, a lavorare. E vi ricordo il gioco, la sfida, la gara, il grande certamen. Abbiamo la possibilità di presentare due progetti. Io mi gioco tutto attraverso voi. Chi azzeccherà l'idea giusta per lo spot di LaLuna, cioè se grazie a lui ci daranno la campagna, questa persona diventerà il nostro direttore creativo estero."

Marcello esce con Alessia. Sorridono. Anche Alessandro guadagna l'uscita. Leggermente abbattuto guarda Andrea Sol dini. Niente da fare. Si sente sconfitto in partenza.

"Ah, scusate..." Leonardo li richiama un attimo. "E non vi io detto una cosa. L'altro, chi perde, verrà mandato alla sede di Lugano. Che vinca il migliore!"

IL

Quindici

Strada. Strada di periferia. Strada di traffico, di smog, di panni stesi, disordinati, di cassonetti ammaccati, di scritte senza amore, improvvisate. Le sue strade. Mauro è alla guida di un vecchio Kymco sfondato col casco calato sulla testa e slacciato al collo. Ha un giubbotto Levis ormai consumato, sporco di tutto quel tempo che se n'è fregato di lui. Chiude e lega il motorino sotto casa, su quella piazzola fatta di mattonelle spaccate dal sole, con quella ringhiera arrugginita dai giorni. C'è una saracinesca abbassata lì vicino, un vecchio alimentari che ha chiuso, abbandonando tutto, lasciando solo delle vecchie pesche che ormai si sono stampate sul pavimento, difficili anche da raschiare via. Antichi sapori di un affresco di vita ormai passata. Mauro suona al portone.

"Chi è?"

"So io, ma."

Uno scatto. Il cancello si apre e Mauro entra veloce. Si richiude alle sue spalle con quel vetro ingiallito tenuto su da un intreccio di ferro battuto e arrugginito. Nell'angolo in basso un vetro spaccato, una pallonata di troppo di un giovane calciatore mai emerso. Due mosche giocano a rincorrersi. Mauro sale gli scalini a due a due e il fiato non gli manca. È ricco di quello dall'alto dei suoi ventidue anni. È il resto che gli manca. Troppo. Tutto.

"Ciao, ma." Un bacio veloce su quella guancia leggermente bagnata di sudore domestico.

"Muoviti, che sono tutti a tavola."

La madre sbuffa e ancora accaldata torna in cucina. Sa già che Mauro sta andando a tavola senza averlo fatto e glielo dice. "E lavati le mani, le ho viste, sai? Sono lerce."

Mauro entra in bagno, le mette velocemente sotto un getto d'acqua fredda per lavarle. Ma a volte non c'è abbastanza sapone per togliere i segni di una giornata. Poi si asciuga con un piccolo telo rosa stinto e liso, in parte bucato e già un po nero. Ora di più. Esce, si tira su i pantaloni, li calza quasi muovendocisi dentro. Poi si siede a tavola.

"Ciao, Eli."

"Ciao, Maù" lo chiama così la sua sorellina piccola. Ha sette anni e una faccia allegra e divertente, piena di fantasia e di tutto quello di chi ancora non sa tante cose, di chi non conosce le difficoltà che l'aspettano dietro l'angolo dei suoi prossimi anni.

Mauro con la forchetta taglia un pezzo di frittata e se lo mette in bocca.

"E aspetta tua madre, no?" Renato, il padre, gli da una pacca forte sulla spalla mentre Carlo, suo fratello più grande, lo guarda impassibile.

"A pà, io c'ho fame."

"Appunto. Per questo aspetti. Perché c'hai fame e perché devi ave rispetto pé chi te da da magna. Tuo fratello potrebbe mangiare. No tu. Tu devi aspetta tua madre."

Annamaria arriva dalla cucina, portando un grosso piatto. Lo poggia al centro, ma le sfugge quasi di mano e rimbalza sulla tavola, facendo un gran rumore.

"Ecco..." Poi si siede, si rassetta i capelli, mandandoseli un po indietro, affaticata da quell'ennesima lunga giornata fatta di solite cose simili tra loro.

Renato si serve per primo, poi lascia cadere il mestolo dentro la zuppiera. Carlo lo raccoglie, prende un po di pasta e fagioli e serve Elisa, la piccola, che subito impugna malamente il cucchiaio come fosse un piccolo pugnale. E si butta avida su quel piatto, affamata di vita.

"Ne vuoi tu, ma?"

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"No, mi riposo un attimo. Passala a tuo fratello."

Carlo allunga il piatto a Mauro che subito se ne versa un bel po. Poi guarda la madre.

"Sul serio non ne vuoi, ma? Guarda che sta finendo."

"No. Davvero. Finiscila tu."

Mauro da un'ultima raschiata al fondo e poi comincia a mangiare. Tutti piegati sui piatti. Senza controllo. Senza limiti. Il silenzio è rotto solo dal rumore delle posate che sbattono, da qualche auto che passa lontana. E poi i profumi. Profumi di altre case così simili a quella. Case cantate da Eros, quelle case ai bordi di una periferia. In quella canzone che lo ha portato lontano per cercare di dimenticarle. Case descritte nei film o raccontate nei romanzi da chi magari nemmeno c'è mai stato e crede di sapere. Case fatte di sudore, di falsi quadri, di stampe ingiallite, di calendari scaduti, legati a quel tifo che il tempo non cancella, il gol di un calciatore, uno scudetto, una qualsiasi ragione è buona per fingere di far festa. Renato finisce per primo di mangiare e allontana il piatto. "Ahh..." Sta meglio. È dalle sei che è in piedi. Si versa dell'acqua.

"Allora? Che hai fatto oggi?" Mauro alza il viso dal piatto. Non pensava che ce l'avesse con lui. Sperava almeno di finire di mangiare. "Eh? Si può sapere? Allora che hai fatto oggi?" Mauro si pulisce con il tovagliolo che è ancora piegato vicino al piatto. "A pà, ma che ne so. Me so svegliato e so stato un po in giro. Poi ho accompagnato Paola che doveva fare un provino..."

"E poi?"

"Poi... L'ho aspettata e quando ha finito l'ho riaccompagnata a casa. E poi so venuto qui. Hai visto, no? Ho fatto pure tardi... Quel motorino va pianissimo e c'era pure traffico."

Renato allarga le braccia.

"E certo, che te frega, no... Tanto qui c'è la cena assicurata. Noi dobbiamo tutti sgobba pé fatte fa giornate come questa..." Carlo taglia un pezzo di frittata e se la mette nel piatto. "Guardalo. Guardalo..." Il padre lo indica. "Tuo fratello non te dice nulla perché te vuole bene. Invece te dovrebbe piglia a

calci in culo. Lui se sveglia alle sei per andare a lavorare, per fare l'idraulico. Va ad aggiustare i tubi, lui, pé farti fare i giri in motorino, per accompagna Paola... Ma che me ne frega a me che devi accompagna Paola..." Carlo manda giù un pezzo di frittata e guarda negli occhi Mauro. Mauro incrocia il suo sguardo, poi si pulisce la bocca un'altra volta e lancia il tovagliolo sul tavolo.

"Va be, io esco. M'è passata la fame." Allontana con la gamba la sedia, fatta di quella paglia ormai un po logora e ribelle, poi si allontana veloce verso la porta.

"E certo" fa il padre indicandolo, "ha magnato... che je frega. Ma stasera, Annamarì, me fai il piacere che metti il chiavistello, 'sto cafone non rientra."

Elisa lo guarda uscire. Annamaria le toglie il piatto ormai vuoto da sotto. "Vuoi un po di frittata, amore?"

"No, non mi va."

"Allora ti sbuccio una mela."

"No, non mi va neanche la mela."

"Senti, non cominciare pure tu, eh... La mela te la mangi e basta."

Elisa abbassa un po la testa. "Va bene."

Fuori di casa. Mauro apre la catena del motorino e la butta dentro il bauletto. Parte veloce senza neanche infilarsi il casco. Va fino in fondo alla strada, accelera in mezzo alla campagna. Poi, arrivato all'imbocco che riporta sulla Casilina, si ferma. Mette il motorino sul cavalietto e tira fuori dalla tasca le sigarette. Ne accende una. Inizia a fumare nervoso. Alle sue spalle un annoiato tramonto sta cedendo il passo alle stelle della sera, tra gli archi di un vecchio acquedotto romano. Poi gli viene un'idea. Prende dalla tasca dietro dei jeans il suo Nokia comprato su eBay. Cerca il nome. La chiama.

"Ciao, Paole, che ti disturbo?"

"No, no. Ho finito ora di mangiare. Che c'è, che t'è successo, ti sento strano. Hai litigato coi tuoi?"

"Macché. Avevo voglia di parlare un po con te" e le rac

conta cavolate su quello che ha mangiato, su com'è andata dopo che l'ha portata a casa.

"Oh, ma com'è andato il provino?"

"Ahò, m'ha detto una mia amica inserita nell'ambiente che c'ho buone possibilità."

"Ma te lo dicevo io. Guarda che a te te pijano. E poi c'era una marea di scorfane. Tu eri la migliore, te lo giuro. Mica per ché sei la mia ragazza."

E continuano a chiacchierare così. Mauro ritrova presto il suo buonumore. Paola un po di speranza in più di diventare qualcuno.

Sedici

Alessandro esce dall'ufficio di Leonardo. Ancora non ci crede.

"Cioè... Non ci posso credere..." Andrea Soldini lo segue come un'ombra, nel vero senso della parola. "Cioè, io mi dovrei confrontare con quello? I miei premi, le mie vittorie, i miei successi, di nuovo tutto in gioco per chi? Per uno di cui non si sa niente. Non l'ho mai sentito, 'sto Marcello Santi. Ma che ha vinto? Che premi ha vinto? Non mi ricordo neanche uno dei suoi spot."

"Be, se è per questo..." Andrea Soldini interviene un po titubante, "ha fatto quello della Golia, quello del Crodino, ha fatto anche quello del caffè, per esempio, quello che la tazzina sale in cielo come una mongolfiera. Poi c'è anche quello delle zanzare... Insomma, ne ha vinti parecchi pure lui, eh."

Proprio in quel momento arriva Alessia che rincara la dose. "Ha fatto anche quello delle Saila, dove c'è quella bella ragazza che balla."

Alessandro si guarda in giro. "E dov'è ora?"

"È andato a scegliere gli altri dello staff. Mi dispiace che non abbiamo potuto fare insieme questa gara così importante."

"Lo so, ma tu non c'entri niente. E so anche che il lavoro è lavoro e che farai di tutto per farlo vincere, com'è giusto che sia."

"Anche perché a settembre, comunque vada, caro Alessandro, mi hanno già spostato a Lugano e se tu perdi... mi raggiungerai!" Alessia sorride e si allontana leggermente dispiaciuta.

"E certo, ma se perdo! Cioè... Adesso io ho una che ha sem

L^

pre lavorato con me e che invece ora lavora contro di me, con il mio diretto concorrente, non solo, ma si augura anche che io perda! Ma certo, certo..."

Andrea alza le spalle. "Sì, ma lo fa per stare insieme a te... a Lugano."

Alessandro lo guarda e socchiude un po gli occhi.

"Grazie, sei molto gentile. Io non è che non amo Lugano. Anzi. È che non sopporto perdere."

"Bene, allora faremo il possibile."

"Ecco, già non va bene fare il possibile, devi dire vinceremo."

"Sì, ok, vinceremo e ancora grazie per ieri sera, eh... Sono molto contento che non hai detto niente a nessuno, e soprattutto... Be, sembra un segno del destino che oggi siamo qui, io e te, capisci, quando parlavo ieri del colloquio che dovevo affrontare ma ancora non sapevo nulla. Te ne rendi conto? In fondo, è meglio che sia successo quel che è successo ieri sera..."

"Già, certo. E perché?"

"Ci ha legato. Cioè io in qualche modo ti devo la mia vita, sarò sul serio la tua ombra. E poi una cosa è sicura dopo ieri sera..."

"Be?"

" non ti dimenticherai più il mio nome."

"Ah certo, certo... e chi ti si scorda più, a te? Spero solo che alla fine di tutto questo non mi lascerai un brutto ricordo."

"Ah, no, stai sicuro."

"No, sicuro devi stare tu. Perché se perdiamo, io ti uccido." Si ferma davanti a una saletta. "Adesso ti presento il mio staff." Apre la porta e dentro ci sono intorno al tavolo due ragazze. Una disegna, l'altra sfoglia un giornale, mentre un ragazzo è poggiato a un mobile con la schiena e pesca annoiato con una bustina di té in una tazza. Tira su e giù la cordicella per farlo sciogliere il più possibile.

"Ecco, lei è Giorgia." La disegnatrice alza il pantone vicino al viso e sorride.

"Lei invece è Michela." La ragazza poggia il giornale e lo chiude, guardandolo e sorridendo.

"Poi c'è Dario." Dario stringe gli occhi per mettere meglio a fuoco chi sia il nuovo arrivato.

Alessandro prende in mano la situazione. "Ragazzi, lui è Andrea Soldini. Allora, abbiamo una gara importantissima da affrontare e vincere. Vi dico solo che chi la vincerà diventerà direttore creativo estero mentre lo staff perdente morirà. Il gruppo potrà essere smembrato e soprattutto io potrei essere trasferito a Lugano. Capito? Quindi dobbiamo solo vincere."

Dario lo guarda interrogativo. "E la nostra staff manager Alessia?"

"Appartiene al nemico. O meglio, si è trasformata nel nemico. Andrea Soldini invece è il vostro nuovo capoprogetto."

Dario non ci vuole credere. "Cioè, Alessia con tutta la sua esperienza, la sua capacità, l'ironia, la determinazione... è a capo dell'altro staff. E chi sarebbe il loro direttore creativo?"

Alessandro sorride cercando di dargli poca importanza. "Mah, un certo Marcello Santi."

"Cosa?!" Dario e le due ragazze rimangono sorpresi. "Un certo Marcello Santi? Ma ha vinto un sacco di premi. È il nuovo creativo per antonomasia, il direttore più innovativo sulla piazza al momento. Leonardo lo aveva messo nel marketing dopo essere riuscito a strapparlo alla nostra diretta concorrente." Alessandro ascolta sorpreso. Sembra che solo lui fosse all'oscuro di tutto questo grande successo. "E in più" continua Dario guardando Andrea Soldini, "lui ha pure Alessia. Be, ragazzi, vi saluto."

"Dove vai, Dario?" fa Giorgia.

"A cercarmi un altro lavoro. È meglio cominciare da adesso prima che sia troppo tardi."

Alessandro lo ferma. "Dai, non scherziamo. È proprio quando il gioco si fa duro... che i duri cominciano a giocare."

E in quello stesso momento Andrea Soldini passa davanti a Dario bloccando così la porta e ogni sua possibile uscita.

" Non preoccuparti del futuro. Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewinggum per risolvere un'equazione algebrica. I veri problemi della vita

saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio. Fa una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!"

Alessandro rimane sospeso. Giorgia e Michela ascoltano tutto il pezzo sorridendo. Dario inizia a battere le mani. "Complimenti, se non fosse il finale di The Big Kahuna, non sarebbe male."

Alessandro si gira e guarda Andrea. "Sì, in effetti è quello... Però, oh, lo so tutto a memoria..."

Dario sposta Andrea cercando di andarsene. Alessandro lo raggiunge e lo abbraccia attorno al collo. Lo tiene stretto a sé. "Allora, Dario, noi contiamo su di te. È importante che resti, che tutti voi restiate in questo momento di difficoltà. Fammi almeno raccontare di cosa si tratta. Allora, il prodotto è una caramella. Si chiama LaLuna, tutto attaccato, naturalmente è a forma di mezza luna, gusto frutta mista, buonissima. Questo è il pacchetto." Si cerca in tasca e ne tira fuori uno fregato nell'ufficio di Leonardo. "Di più non so dirvi." Lascia andare Dario che prende il pacchetto e lo guarda. È bianco, con dentro piccole mezze lune di colore diverso.

"Mi ricorda il gelato arcobaleno."

"Sì, l'ho detto anch'io" sorride soddisfatto Andrea Soldini.

Dario gli fa un mezzo sorrisetto. "L'ha detto anche lui?" Poi Alessandro prende sottobraccio Dario e si allontana un po dagli altri, si mette in bocca una caramella.

"Uhm, almeno il sapore è buono."

"Ci lavori su allora?"

"Certo, ma ancora non capisco..."

"Cosa non capisci?"

"Due cose. Uno. Perché senza Alessia?"

"Perché Leonardo ha voluto rimescolare le carte. Ha detto che noi la conoscevamo troppo bene... Stavamo seduti con lei."

"Sì, ho capito, ma con lei noi abbiamo sempre vinto. Seduti ma abbiamo vinto."

Alessandro allarga le braccia come a dire: non posso farci niente. "Anche a me dispiace..."

"E la seconda è: perché non hai scelto me come staff mana ger?"

"Perché Andrea Soldini me lo ha imposto Leonardo."

"Cioè è pure raccomandato! Ah, ecco, allora diciamolo, è pure un raccomandato."

"No, non è così. Leonardo non si ricordava neanche il nome. Credo sia forte sul serio. Ha solo bisogno di una possibilità. Gliela darai, Dario?"

Dario lo guarda per un po. Poi sospira, sgranocchia LaLuna e la manda giù. Sorride e fa cenno di sì con la testa. "Va bene... Per te." Alessandro fa per andarsene. Dario lo ferma. "Scusa, non vorrei fare gaffe... Ma come hai detto che si chiama?"

Diciassette

Il corridoio si riempie come un torrente dopo la pioggia. Colori, risate, jeans, lettori Mp, squilli di cellulare e sguardi volano da un lato all'altro, rimbalzano sui muri e forse contengono messaggi segreti da consegnare. Le Onde escono di classe. Olly toglie il suo panino ben protetto dalla carta stagnola.

"Ma è grandissimo!"

"Sì. Pomodoro, tonno e maionese."

"Ma te lo fai da sola?"

"Macché. Ci pensa Giusi, la signorina che ci aiuta a casa. Ha detto che mangio troppe schifezze confezionate e allora mi fa i panini artigianali."

"Io vado a prendermi lo snack ai cereali. Tanto qualunque cosa mangi ti do una pista." Diletta si allontana, corre facendo apposta la spiritosa e degli strani saltellini che le fanno volare qua e là i capelli sciolti.

"Nooo! Ti odio! Ti sciolgo dietro Giusi!" le urla ridendo Olly.

La macchinetta automatica è dietro l'angolo del corridoio, in una specie di atrio, vicino le finestre. Un gruppo di ragazzi fa capannello davanti ai vari tasti di scelta. Diletta ne conosce qualcuno.

"A me il tramezzino." Un ragazzo vestito North Sails, con l'aria però di chi il mare lo frequenta ben poco, si gira verso la ragazza accanto a lui.

"Vuoi quello alla salsa tartara? E vienitelo a prendere."

"Che c'è anche la salsa tartara? E dai, offrimelo, ti pago la pizza sabato."

Ma la ragazza non sembra convinta. "Pizza e cinema."

"E va bene, va bene... Ma, vedi, non mi prende la moneta."

"Come no?"

"Eh, no."

Diletta guarda la ragazza in fila davanti a lei. Ha messo un euro nella fessura ma la macchinetta glielo risputa fuori di continuo. Il finto marinaio si fruga in tasca. Trova un altro euro e ci riprova. Nulla da fare.

"Nun te la pija?" dice il tizio che sta rifornendo la macchinetta accanto, quella con le bibite.

"No" risponde la ragazza.

"È scarico. Che c'hai la soia?"

"La soia?"

"Sì, la soia de gomma sotto le scarpe."

"Sì, e be?"

"Pija l'euro, mettilo in terra e strusciaci sopra la soia."

"Seee, 'sta storia me pare una soia" dice il ragazzo.

"E allora fai come te pare e digiuna" e ritorna a sistemare la macchinetta. I due ragazzi scocciati lo guardano male e se ne vanno. È il turno di Diletta. Nel frattempo ha girato e rigirato il suo euro tra le mani, sperando in chissà quale rito fisico ed energetico per evitare la stessa sorte. Lo infila. Stump. Il rumore della moneta risuona inesorabile e cinico nel cassettino in fondo. Nulla da fare. Anche il suo euro dev'essere scarico. Lo prende e ci riprova. Nulla. Ancora una volta. Niente. Diletta s'innervosisce e tira un calcetto alla macchinetta. Il tipo la guarda male.

"A signori, all'euro lo deve tira il calcio. Costano 'sti attrezzi, che crede?"

"Aspetta, provo io." Una voce alle spalle di Diletta la fa voltare. Un ragazzo alto, moro, con la faccia appena colorata di sole primaverile e gli occhi verde speranza, la guarda un po imbarazzato e sorride. Infila a sua volta un euro nella fessura. Plink. Rumore diverso. È andata. "Mentre provavi ho fatto come diceva il signore."

Il tizio si rigira e lo guarda. "Ecco, armeno questo qui ce pija qualcosa. Signori, ce faccia un pensiero."

Diletta lo guarda storto.

"Che prendi?" La voce torna a parlare.

"Eh, come? ah! Quella ai cereali."

Il ragazzo preme il tasto e lo snack cade nel cassetto. Lui si piega e lo prende.

"Eccola."

"Sì, ma non dovevi. Tieni l'euro."

"Ma no, tanto hai visto, non funziona. Non mi serve."

"No, tienilo. Tu lo sai caricare. Non mi piacciono i debiti."

"Debiti? Per una merendina?"

"Eh. Non mi piacciono. Comunque grazie" e se ne va con lo snack in mano, senza altri complimenti. Il ragazzo resta lì, un po perplesso. Il tizio delle macchinette lo guarda.

"Ahò, secondo me glie piaci."

"Come no. Un colpo di fulmine."

Diletta torna dalle Onde. Olly intanto ha già divorato il panino.

"Buono! Altro che merendine! Oh, ragazze, l'appetito è proprio come il sesso: più è grosso meglio è!"

"Olly! Fai schifo!"

Diletta scarta lo snack e inizia a mangiarlo.

"Che hai?"

"Mi girano. La macchinetta non mi prendeva i soldi."

"L'hai scassinata?"

"Ma no. Mi ha aiutato uno..."

"Uno chi?"

"Ma che ne so. Uno. Me l'ha presa lui."

"Aha! Capito Niki, c'era uno!" E di colpo tutte e tre si mettono a urlare in coro. "Finalmente uno, finalmente uno" e iniziano a prendere a spinte Diletta che fa la faccia scocciata ma alla fine è costretta a ridere. Poi di colpo si fermano. Diletta si gira. Anche Erica e Niki. Olly è l'unica che continua a gridare "Finalmente uno". Poi si ferma anche lei.

"Oh, ma che c'è?"

"Quell'uno" dice Diletta ed entra subito in classe. Il ragazzo è fermo davanti a loro. In mano, lo stesso snack di Diletta ai cereali.

"Finalmente uno" adesso sorride.

Diciotto

"Bene, allora cercatemi tutto quello che è possibile trovare su ogni tipo di caramella sia stata mai pubblicizzata in Italia. Anzi no. In Europa. Ma che dico, nel mondo."

Giorgia guarda Michela e sorride indicando Alessandro. "Mi fa impazzire quando fa così."

"Sì, anche a me, diventa il mio uomo ideale. Peccato che quando finirà questa sfida, tornerà uno come tutti. Freddo, disinteressato a qualsiasi argomento se non a quello" e mima una curva, "e soprattutto, già impegnato..."

"No, ma allora non la sai la novità? S'è lasciato."

"No, non ci credo. Uhm... Allora diventa più interessante. Può darsi che il mio appetito duri anche oltre la campagna... Sul serio si è lasciato con Elena? Ecco perché ieri sera, tutti a casa sua... le russe... Ora le cose mi tornano."

"Che russe? Quale serata? Non mi dire che se la sono spassata con le nostre modelle."

Arriva Dario. "Ma quali vostre modelle! Quelle sono della nostra società, la Osvaldo Festa, fino a oggi, visto che dovevano girare ancora un giorno e quindi sono sotto contratto. E poi sono diventate un po della comunità, sono le nostre mascotte. Ma che siete gelose?"

"Noi? Ma per chi c'hai preso?"

Proprio in quel momento arriva Alessandro. "Ma si può sapere che c'avete tanto da parlare qui? Vi volete mettere a lavorare? Forza, lavorate, pensate, spremetevi le testoline,

quello che c'è rimasto dentro. Io a Lugano non ci vado e non vi voglio perdere!"

Giorgia da una botta a Michela. "Vedi, mi ama!" L'altra sbuffa e scuote la testa. "Mi? Veramente ha parlato al plurale, ha compreso anche me!" "Lavorate, forza!"

Andrea Soldini si avvicina ad Alessandro che sta guardando il pacchetto di caramelle. Lo ha messo sul tavolo. Lo fissa. Chiude gli occhi. Immagina. Sogna. Cerca l'ispirazione... Andrea gli tamburella sulla spalla.

"Eh? Chi è?" si scuote leggermente infastidito. "Io." "Io chi?" "Andrea Soldini."

"Sì, lo so, stavo scherzando. Dimmi..." "Mi dispiace."

"Di che? È tutta da giocare questa partita. Se partiamo così, andiamo bene."

"No, ma io parlavo di Elena." "Elena, che c'entra Elena?" "Be, com'è andata a finire?"

Andrea si gira verso Giorgia e Michela che fanno finta di niente e iniziano a cercare nei rispettivi computer. "No, niente, scusa, ho sbagliato... pensavo..." "Ecco, bravo, pensare, questo è quello che devi fare. Ma pensare alla caramella LaLuna. Solo a quella. Sempre, ininterrottamente, di giorno, di notte, perfino quando sogni. Dev'essere il tuo incubo, un'ossessione, fino a trovare una soluzione. E se non la trovi, allora comincia a pensare a LaLuna anche quando ti svegli. Ecco, non ti distrarre. LaLuna... LaLuna... LaLuna..."

In quel momento squilla un telefonino. "E quando siamo in riunione, quando è il momento del brainstorming, nella bufera creativa dei cervelli, alla caccia dell'idea per LaLuna, allora tenete spenti questi benedetti telefonini."

Giorgia si avvicina e gli passa un Motorola. "Tieni, boss. È il tuo."

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Alessandro lo guarda un po imbarazzato. "Ah, sì... è vero. Be, comunque boss mi piace più di capo." Poi si allontana rispondendo. "Sì, pronto, chi parla?"

"Ma perché non hai registrato ancora il mio numero?"

"Pronto?"

"Sono Niki."

"Niki..."

"Quella che hai messo sotto stamattina."

"Ah scusa, certo Niki... Guarda, ora sono incasinatissimo."

"Be, non preoccuparti, quando ci vediamo ti aiuto io. Ma fammi un favore. Registra il mio numero, così quando ti chiamo risparmi tempo senza che chiedi ogni volta chi parla e io che ti devo ricordare sempre il nostro incidente e soprattutto la tua colpa..."

"Ok, ok basta così, giuro che lo faccio."

"E soprattutto fammi un altro favore, mettilo sotto Niki, eh? Niki e niente altro... È proprio il mio nome questo. Io non sono l'abbreviazione di nessun altro nome! Non ti sbagliare con Nicoletta, Nicolina, Nicole e affini."

"Ho capito, ho capito, nient'altro?"

"Sì, dobbiamo vederci per sistemare la questione."

"Ma quale questione?"

"L'incidente, no? Il mio motorino. Dobbiamo fare quel foglio, come si chiama?"

"Il cid."

"Eh, il cid e poi te l'ho detto anche prima... Te lo ricordi, vero?"

"Che cosa?"

"Che mi devi passare a prendere per accompagnarmi dal meccanico. Io non ci posso stare senza motorino."

"E io non posso stare senza lavoro. Devo trovare una soluzione importante e ho poco tempo."

"Quanto?"

"Un mese."

"Un mese? Ma in un mese si risolve qualsiasi cosa... In un mese si fa pure in tempo a sposarsi a Las Vegas."

"Ma noi siamo in Italia e qui le cose sono molto più complicate."

"Be, mica dobbiamo sposarci, no? Almeno non subito."

"Senti Niki, sono veramente nei casini. Non posso stare al telefono."

"Ho capito, l'hai già detto. Allora te li risolvo io questi casini. Ti aspetto all'una e mezzo a scuola. Te lo ricordi dov'è?"

"Sì ma..."

"Ok, allora ciao, a dopo."

"Senti, Niki... Niki? Niki? Pronto?"

Ha attaccato di nuovo.

"Ragazzi io vado nel mio ufficio. Continuate a lavorare. LaLuna, LaLuna, LaLuna. La sentite? La soluzione è nell'aria. LaLuna, LaLuna, LaLuna."

Alessandro esce scuotendo la testa. Niki. Ci mancava solo questa. Giorgia e Michela, rimaste sole, si guardano. Giorgia fa uno strano broncio. Michela se ne accorge.

"Che c'è?"

"Mi sa che il boss si riprende presto."

"Dici?"

"Boh, sensazioni."

"Speriamo. Certo che quando è così nervoso si lavora male."

Andrea Soldini si porta al centro del tavolo. Sorride allargando le braccia. "Ho letto una volta una cosa bellissima. Amore... motore. È vera, no? L'amore fa girare tutto."

Dario scuote la testa. "Io vado di là a cercare pubblicità che abbiano a che fare con le caramelle." Prima di uscire dalla stanza si avvicina a Michela e fa una faccia tristissima.

"Non so perché, ma Alessia mi manca da morire..."

Andrea Soldini prende un blocchetto e lo apre. "Allora, dividiamoci i compiti. Obiettivi e sottobiettivi, no? Come ci ha insegnato il boss. Qualcuno intanto si informi su Marcello Santi. Chi è. Che fa. Da dove viene. Cosa mangia. Cosa pensa. Come lavora."

Michela lo guarda incuriosita. "E perché?"

"Perché è bene conoscere il nostro avversario. Io di lui so

poco, molto poco. Qualche successo e una storia che non mi piace, ma che non c'entra niente con il nostro lavoro."

"Che storia?"

"Ho detto che non c'entra niente con il nostro lavoro."

"E allora perché la tiri in ballo..."

"Ok" Michela alza il braccio, "di Marcello Santi me ne occupo io."

"Perfetto, gli altri fanno ricerche sul prodotto e pensano anche a qualche logo per LaLuna."

"Al logo penso io" dice Giorgia.

Dario rimane in silenzio. Andrea lo guarda. "Poi bisogna inventarsi anche un modo diverso di fare packaging, che so, una nuova scatola per caramelle, un dispenser diverso da tutti gli altri."

Dario sta ancora zitto. Andrea fa un lungo sospiro. "Bene, se ci organizziamo tutto andrà meglio. Sono lo staff manager, è vero, ma per me noi siamo solo una squadra che deve vincere."

Dario scuote la testa ed esce dalla stanza. Non so com'è, pensa, ma Alessia mi manca sempre di più.

Diciannove

"Pronto? Allora, mi hai registrato?"

"Sì."

"Bene! Allora?"

"Allora cosa?"

"Ma quanto ci metti, e dai sbrigati..."

"Sono quasi arrivato..."

"Guarda che se arriva mia madre e mi becca è un casino."

"Scusa, ma perché dici che..."

Click.

"Pronto? Pronto, Niki?" Alessandro guarda il telefonino. "Non ci credo. Ha attaccato un'altra volta. Ce l'ha di vizio." Scuote la testa, poi curva a destra e accelera, procedendo spedito verso la scuola. Arrivato all'angolo, Niki è già lì. Corre verso la Mercedes, quasi si butta sotto. Prova ad aprire lo sportello, ma è chiuso dall'automatismo interno. Niki bussa al vetro. "E dai, apri, apri..."

"Ferma, così mi spacchi il finestrino."

Alessandro preme un tasto sul cruscotto. Tutte le sicure si sbloccano. Niki si lancia dentro e si stende quasi per terra e poi lo guarda in modo supplichevole. "Vai, vai!"

Alessandro si sporge dalla sua parte e chiude lo sportello lasciato aperto. Poi parte tranquillo e, facendo un lento zig zag tra le auto parcheggiate che aspettano l'uscita delle alunne delle altre classi, si allontana. Niki riemerge piano piano da sotto. Guarda fuori.

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"Ecco, la vedi quella signora vicino al maggiolone?"

"Sì, la vedo."

Niki si riabbassa per nascondersi. "Ecco, quella lì è mia madre. Non ti fermare, non ti fermare, vai, accelera."

Alessandro continua a guidare tranquillo. "L'abbiamo superata, puoi alzarti."

Niki si risistema sul sedile e guarda nello specchietto. La madre ormai è lontana.

"Bella donna."

Niki lo guarda male. "Non parlare di mia madre."

"Veramente le stavo facendo solo un complimento."

"Per te non esiste mia madre, non esiste neanche un complimento."

Il cellulare di Niki inizia a squillare. "No! Ecco che chiama! Cavoli, speravo mi desse un po più di tempo... Un attimo di respiro... Accosta qui."

Alessandro ubbidiente si posteggia al bordo della strada. Niki gli fa segno di stare zitto. "Shhh." Apre il telefonino per rispondere. "Mamma!"

"Dove sei?"

"Sono a casa di Olly. Siamo uscite un po prima oggi."

"Ma no, non ti ricordi che dovevo passare io, che lasciavi il motorino e dovevamo andare dal parrucchiere?"

Niki si sbatte la mano sulla fronte. "È vero, mamma... cavoli, me ne sono completamente dimenticata, scusa."

Simona, la madre di Niki, scuote la testa.

"Non ci sei proprio in questo periodo, eh? Saranno gli esami che si avvicinano o il ragazzo che non ti molla un attimo... come si chiama? Fabio."

"Ma mamma, proprio adesso me ne devi parlare, sono da Olly."

Niki guarda Alessandro come a dire: sto esagerando, vero? "E comunque, mamma, ci siamo mollati."

"Oh, finalmente una buona notizia."

"Ma mamma? !"

"Che c'è?"

"Ti sembrano cose da dire? E se mi ci rimetto?"

"Appunto, per questo te l'ho detto, così non ti ci rimetti! E poi noi ce lo siamo promesse, no? Dobbiamo sempre dirci tutto."

"Ok, va bene. Senti, ora vado a mangiare una cosa con Olly, torno tardi, non mi cercare, eh?"

"Ma Niki, scusa, non devi studiare?"

"Ciao, mamma..." Troppo tardi. Anche Simona resta così, con un cellulare muto in mano. Niki ha riattaccato. Mette la modalità d'uso silenzioso e blocca la tastiera. Si alza su una, mano e s'infila il telefonino nella tasca dietro dei pantaloni. Alessandro la guarda e sorride.

"Dici molte bugie a tua madre?"

"Mica tante... Per sempio, che mi sono lasciata è vero. E poi che ti frega, mica sei mio padre."

"Appunto, ed è per questo che te lo chiedo, almeno mi rispondi, sennò non me lo diresti mai."

"Madonna, quanto sei filosofico. Gira qua, dai, qua, presto." Niki prende una parte del volante e lo aiuta quasi a fare la curva. Alessandro sbanda un po, va per metà in controsterzo ma riesce a recuperare la traiettoria.

"Ferma! Ma che fai? Lascia il volante! Un altro po e prendevamo il palo."

Niki si risistema sul sedile. "Certo che sei precisino, eh?"

"Ma che c'entra il precisino, mi sfondi pure il davanti e poi siamo a posto, poi è proprio da buttare questa macchina."

"Esagerato."

"Hai visto intanto il bozzo che m'hai fatto sulla fiancata col motorino?"

"Il bozzo... un graffietto. Esagerato, te l'ho detto, sei esagerato."

"E certo, a te che ti frega, tanto la macchina è mia."

"Ecco, ora mi sembri proprio mia madre. La stiamo studiando adesso. La proprietà... Attento!"

Alessandro frena e inchioda di botto. Un ragazzo su un Kymco sfondatissimo, con una ragazza mora abbracciata stretta

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dietro a lui, tirano dritto senza fermarsi allo stop. Non si accorgono di nulla. O se ne fregano proprio. Alessandro abbassa il finestrino. "Deficienti!" Ma i due ormai sono lontani. "Ma hai visto? Non si sono fermati allo stop, non hanno neanche guardato... E poi dicono gli incidenti."

"E dai, non essere pesante. L'importante è averli visti ed evitati, no? Magari devono andare a qualche appuntamento importante..."

"Sì, vestiti in quel modo."

"Magari a un provino. Hanno bisogno di lavorare. Mica sono tutti figli di papa, sai? Mamma mia... Sei antico. Ancora bolli la gente per come si veste?"

"Non è il vestire... è tutto il complesso. La mancanza di rispetto. Di valori. Magari sono come quei ragazzi dei libri di Pasolini, delle periferie romane, disagiate... bisognerebbe aiutarli, far capire loro come vanno le cose..."

"Pasolini? Seee, magari invece vengono dai Parioli e gli escono i soldi da sotto la sella scassata. Ma che ne sai? Oh, sembri sul serio mio padre!"

"Senti, mi hai costretto a venirti a prendere e va bene... ma che, dobbiamo trovare il tempo anche per litigare?"

"No, assolutamente. Guarda che se sbattevi con quei due io non ti facevo da testimone..."

"Ho capito. Vuoi litigare."

"No, te l'ho detto. Ti faccio solo notare che stamattina eri distratto e mi hai presa. O vuoi negare anche questo?"

Alessandro la guarda.

"Non sarei qui."

"Ah, meno male, almeno questo. Ecco, gira alla prossima."

"Ma dove stiamo andando?"

"Dal meccanico, gli ho mandato un sms all'ultima ora, m'ha promesso che mi aspettava... Ora gira di nuovo qui a destra... Ecco, vai piano, vai piano, sta proprio qui dietro. Ecco."

Ma la saracinesca del meccanico è già abbassata.

"Nooo, non mi ha aspettato... Ha chiuso. E ora? Cavoli. Come faccio?"

"E come fai, tanto ormai hai il tuo autista personale, no?" "Macché, oggi devo andare in un sacco di posti e senza di te." "Ah certo."

"Che vuoi dire "ah certo"?"

"Che certo non ero previsto. Non potevi prevedere di andare in questi posti con me." "E certo, non ci conoscevamo..."

Niki scende dall'auto. "Tu sei solo un incidente." E chiude lo sportello.

"Sì, lo so. Ma un incidente può essere positivo o negativo. Dipende da come lo vedi. Da come cambia la tua vita da quel giorno in poi... No?"

Niki si avvicina al suo motorino, posteggiato di lato alla saracinesca. Ci sale. Da due botte alla pedalina. Prova ad accendere. Niente da fare. "Intanto" gli dice, "lo vedo come qualcosa che ha messo ko Milla." "Milla? E chi è?" "Il mio motorino!" "Perché Milla?"

"Ma ci deve sempre essere un perché?" "Mamma mia, ma quanto sei noiosa tu allora..." Niki non lo sente quasi e s'infila sotto il motorino. "Lo sapevo, ha tolto la candela. Si vede che dopo la botta proprio non ripartiva." Niki si rialza e si avvicina alla Mercedes. "Che palle." Si pulisce la mani sui jeans scoloriti che subito si tingono di grasso scuro. Poi fa per salire. "Scusa, che fai?" "Come che faccio, salgo."

"Ho capito, ma guarda come stai messa, sei tutta sporca. Aspetta, usa questo" e le passa un panno di daino beige chiaro, mai usato prima. Niki gli sorride. Poi comincia a pulirsi le mani.

"Comunque Milla sta per camomilla, forse perché andare in motorino mi rilassa... In fondo è vero, c'è un perché... Sai, è proprio perfetto tra noi." "Cosa tra noi?"

"Siamo così diversamente diversi. In tutto. Rischiiamo di innamorarci perdutamente uno dell'altra."

Alessandro sorride e mette in moto. "Certo che tu vai subito diretta al sodo."

"Che c'è di male? A che serve fare i giri? Già ci pensa il mondo a girare, no? Io vado dritta."

"Perché sei così?" Alessandro si gira e la guarda, cercando di studiarla. "Delusione d'amore? Figlia di genitori separati? Hai subito qualche violenza da piccola?"

"No, da grande. Proprio stamattina, da uno con la Mercedes... Ehi, ehi, io vado al sodo, ma tu vai lontano. E poi non ne hai presa una. Non so perché sono così. Poi che vuoi dire perché? Te l'ho detto, a volte non c'è un perché. Io sono così e basta, dico quello che penso. Ancora posso, no?"

Alessandro le sorride. "Certo, certo, hai una vita davanti a te."

"Anche tu ce l'hai. La vita finisce quando si smette di viverla. Ti piace?"

"Sì."

"È mia. Copyright. Ma a te la presto volentieri. Pensa che invece sono in un momento di rara felicità. Mi sento libera, felice, tranquilla. Anzi, ho paura che a dirlo scappi via..." Alessandro la guarda. È carina. È allegra. È giovanissima. "E soprattutto sono molto felice della mia scelta."

"Il tuo indirizzo di studi?"

"Macché. Ieri sera ho confermato al mio ragazzo di averlo lasciato definitivamente. Cancellato. Azzerato. Disintegrato. Svanito. Svaporato..."

"Ho capito, ho capito il concetto. Be, se usi tutti questi verbi vuoi dire che è stata una storia importante."

"Per niente."

"Sì, va be, ora vuoi fare la dura con me. Ci sarai stata malissimo."

"Oggi no. Ma quella sera che è andato al concerto di Robbie Williams con un suo amico. Sì... Cioè, capisci, non mi ha portato. Non ha portato me ma ha portato il suo amico, ma ti rendi conto?!... Lì sì che sono stata malissimo. Per il resto mi sono

sempre divertita e, quando ho deciso che era finita, non me n'è importato più niente."

"Ho capito. Ma allora perché ti sei così accanita?"

"Perché non ho deciso subito di farla finita, non ho dato ascolto al mio cuore."

"Be, forse non eri ancora pronta."

"Non è vero. Ho solo mentito a me stessa. Quando trascini le cose è così. Sono passati due mesi da quando avevo deciso. Ho mentito per due mesi a me stessa. E questo non va bene. Si può mentire a tutti, ma non a se stessi."

"Be, meglio tardi che mai, comunque, no?"

"Ecco, ora sembri mia zia."

"E che ti devo dire, devo stare zitto con te?"

"Ecco, questo è quello che invece fa sempre mio fratello."

"Ora ho capito perché stai così bene con me, ti sembra di stare con tutta la tua famiglia."

Niki ride. "Ecco, questa era divertente. Ti giuro, mi hai fatto ridere... Ti sto guardando con occhi nuovi. Sul serio, te lo giuro, sono sincera."

"Ho acquistato punti?"

"Qualcosina, ma sei ancora troppo lontano, con l'incidente alla mia Milla sei andato almeno a meno venti in classifica... Poi ti vesti da finto giovane."

"Cioè?" Alessandro si guarda.

"Vestito scuro e sotto le Adidas, camicia celeste troppo chiara, colletto sbottonato e senza cravatta."

"E allora?"

"Disperato tentativo di riacciuffare il tempo perduto. Almeno Proust si limitava a scriverci su, non andava in giro vestito in quel modo."

"A parte che ai suoi tempi le Adidas non c'erano e poi questa è la tenuta da lavoro. Quando sono con gli amici sono molto più sportivo."

"Cioè come a dire ancora più disperatamente finto giovane infiltrato tra di noi. Come a dire: ehi ragazzi guardatemi, sono uno di voi! Ma non lo sei più. Di questo te ne sei reso conto, vero?"

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Alessandro sorride e scuote la testa. "Mi dispiace, ma ti sei fatta un'idea sbagliata su di me."

Niki rannicchia le gambe al petto e mette le scarpe sul sedile.

"Mettile giù ! " le da una botta alle gambe.

"Pesante, pesante." Poi lo guarda e fa la faccia furba. Le è venuto in mente qualcosa. "Allora, facciamo un gioco. Cosa ti è piaciuto di me?"

"Perché, mi dovrebbe essere piaciuto per forza qualcosa?"

"Be, di solito quando incontri qualcuno c'è sempre qualcosa che ti piace e magari qualcosa che non ti piace, no? Che ne so, magari non ti piace un profumo troppo forte, o i capelli troppo lunghi, se mastica male la gomma, se si agita troppo, se mette i piedi sul sedile... per esempio, sono sicura che non ti sono piaciute le mie tette." Niki se le stringe un po. "In effetti in questo periodo sono un po piccole, sono dimagrita. Sto facendo un torneo di pallavolo... Sai, siamo terzi... Va be, ma questo non c'entra niente. Comunque mi sono accorta che non è stata la prima cosa che hai guardato quando ci siamo conosciuti."

"No, infatti, la prima cosa è stata la fiancata della macchina."

"Smettila! Dicevo sai, ci sono quelli grandi, quelli come te insomma, che quando ti vedono per la prima volta guardano subito le tette. Che poi che cercheranno mai in una tetta? Quale segreto, quale mistero di una donna credono si possa nascondere in una tetta? Allora, cosa ti è piaciuto di me?"

Alessandro la guarda per un po. Poi ritorna a guidare tranquillo e sorride.

"Mi è piaciuto il tuo coraggio. Dopo l'incidente ti sei subito rialzata. Non hai avuto paura. Non hai perso tempo. Hai affrontato di nuovo subito la realtà. Forte... Sul serio. È in quei momenti, nelle cose dolorose e improvvise, che si vedono le vere qualità di una persona."

"Allora, in base a questo, tu sei terribile! Urlavi come un pazzo! Ti sei preoccupato della macchina."

"Macché, perché avevo visto che tanto stavi bene, no?"

"Sì sì, troppo ci credo..." Niki poi diventa seria. "E cosa non ti è piaciuto di me?"

Alessandro sta per cominciare a parlare. "Be... allora, vediamo..." L'elenco sembra piuttosto lungo.

"Ah, no, no, aspetta ci ho ripensato... non lo voglio assolutamente sapere!"

Alessandro continua a guidare divertito. "Be, se uno non fa autocritica non migliorerà mai in niente."

"E chi te l'ha detto che io voglio migliorare? Di tutte le ragazze che io conosco sono già tranquillamente sopra la media... Quindi, non mi va neanche di diventare troppo pazzesca. Non sarei più simpatica a nessuno, è chiaro... Invece la simpatia è fondamentale. Nasce dall'imperfezione. Per esempio, di te una cosa che mi ha colpito, nonostante il dramma che facevi per la macchina, è stata proprio la simpatia. Quella che invece mi è piaciuta di meno devo dire che non c'è."

Alessandro la guarda, poi improvvisamente alza il sopracciglio.

"Mmmh, troppi complimenti. C'è sotto la fregatura. Allora?"

"Macché, vedi che sei sospettoso. È quello che penso. Non te l'ho detto prima che io dico sempre quello che penso?"

"E le bugie a tua madre, allora?"

"Appunto. In quel caso dico sempre quello che penso le farebbe piacere sentire."

Niki ritira su le gambe e rimette i piedi sul sedile. Si abbraccia le ginocchia. "Metti giù i piedi dal sedile..."

"Uffa, come sei noioso." Niki li mette sul cruscotto.

"Mettili giù anche da lì."

"Noiosissimo ! "

"Dai, ti porto a casa. Dove abiti?"

"Ecco, un difetto l'ho trovato. Sei troppo precisino. Non ti deve mai sfuggire niente. Ora che si fa, dove si va, perché. Ma perché fai così? Perché vuoi controllare tutto? Sei un ragioniere delle emozioni. Un castigatore delle follie. Un calcolatore di casualità. Non si può ridurre la vita a puri calcoli. Scusa, ma che lavoro fai?"

"Sono un creativo."

"E come fai a creare se distruggi e soffochi ogni imprevisto?

La creazione nasce da un lampo, da un errore rispetto al solito corso delle cose. Non facciamo bene niente finché non smettiamo di pensare al modo di farlo."

"Bella. Sei filosofica."

"Non è mia. È di William Hazlitt."

"E chi è?"

"Non lo so. So solo che l'ha detta lui... L'ho letta sulla mia agenda."

Alessandro scuote la testa rassegnato.

"Tu sei all'ultimo anno delle superiori, no? L'anno della maturità. Ho letto da qualche parte che è il punto massimo di conoscenza di una persona..."

"Ma che è questa cretinata..."

"Poi da lì uno sceglie in qualche modo la sua strada, si specializza, prende un certo indirizzo all'università e da lì saprà molto di più su quella materia che ha scelto, ma solo su quella."

"Senti, quando fai così mi fai venire l'ansia."

"Perché?"

"Vedi la vita coma mancanza di libertà. La vita è libertà, deve esserlo, devi fare in modo che lo sia."

"Infatti, chi te lo vieta... Sarai libera di scegliere la tua facoltà per esempio, no? Quale vuoi prendere?"

"Voglio fare surf."

"Come non detto."

"Senti, ho un'idea. Gira di qua. Dritto, ecco sempre dritto. L'ultima a destra."

"Ma è senso unico!"

"Ancora? Mamma mia come sei pesante!"

"Non sono pesante, sono responsabile, voglio evitare un frontale. Invece tu sei un'irresponsabile. Come quei due di prima in motorino. Se prendi quella strada contromano puoi causare un incidente gravissimo."

"Intanto per adesso quello che causa incidenti sei tu. A meno che..."

"Cosa?"

"Non fosse un piano per conoscermi."

"Sì, sai che piano... Allora ti fermavo e ti chiedevo chi sei senza rovinare la mia macchina..."

"Peccato, mi sarebbe piaciuto di più che avevi sbattuto apposta per conoscermi..."

"Perché a volte devi essere così ragazzina?"

"Ma io sono una ragazzina, papa. Ecco, gira qui a destra. Qui si può."

"E poi..."

"Poi siamo al centro. Via del Corso, la conosci?"

"Certo che la conosco, e so anche che non si può posteggiare."

"Ma che ti frega, dai, facciamo due passi. Tu che sei un creativo hai bisogno di respirare la gente, di creare con loro, per loro. Ecco..." Niki prende di nuovo di lato il volante e lo gira di botto, "gira qui" e tira improvvisamente verso di sé. "Qui, qui c'è un posto, mettitici mettitici!"

"Ferma che andiamo a sbattere!"

Niki molla il volante.

"Ok, ma mettiti qui che è perfetto."

"Perfetto per prendere una multa, ah già, ma tu i cartelli di divieto non li leggi."

"Guarda che a quest'ora i vigili stanno a pranzo."

"Tutti, vero, tutti a pranzo. Perché i vigili i turni non li fanno..."

"Dai, smetti di parlare, andiamo!" e Niki scende al volo ridendo e senza dargli tempo di ribattere, mentre lui ancora non ha fermato del tutto l'auto. Alessandro scuote la testa e parcheggia dove lei gli ha indicato. Scende e chiude l'auto.

"Se ci fanno la multa la paghiamo a metà, eh..."

Niki lo prende sottobraccio. "Certo, certo come no... prima ti fai la macchina costosa e poi ti lamenti di una multa."

"Ma la multa non è un optional, mica l'ho scelta, mica l'ho ordinata..."

"Certo che è proprio vero che sei un creativo, eh... hai sempre la battuta giusta al momento giusto sull'argomento giusto... Se io fossi stata così veloce, sai i debiti che avrei evitato?"

"Cioè, non ci posso credere. Così giovane e hai già i debiti..."

"Ma che c'entra... Quelli di scuola!"

Un cellulare inizia a squillare.

"Ma dai, troppo forte, hai messo la suoneria di Vasco Rossi. Non è da te, troppo forte, questa musica non è da te."

Infatti, pensa Alessandro, non è da me. Me l'ha messa Elena. Ma questo naturalmente non lo dice a Niki. Prende il telefonino dalla tasca della giacca e guarda il numero.

"Scusa, ma devo rispondere, è l'ufficio... Sì, pronto?"

"Ciao, Alex, sono Giorgia. Qui siamo tutti pronti. Abbiamo raccolto materiale, cassette, tutti gli spot del passato. Ce ne sono una marea sulle caramelle. Magari esce fuori qualche spunto se li scorriamo velocemente." Alessandro guarda Niki. Sta curiosando in una vetrina, piega la testa a destra poi a sinistra, misura a occhio un paio di pantaloni. Poi si gira, guarda Alessandro, sorride e arriccia il naso, come a dire: no, non mi piace.

"Ok, allora iniziate a guardarli voi."

"E tu, a che ora torni?"

"Più tardi. Tra un po arrivo da voi."

Niki, ascoltando questa frase, scuote la testa. Tira fuori al volo un foglio dallo zaino e scrive velocemente. Poi glielo mostra.

"Non se ne parla. Oggi lavori a ispirazione libera. Diglielo. Creatività e follia. E che cazzo ! " Niki glielo sbatte sotto il naso tanto che Alessandro quasi non riesce a leggerlo. "Aspetta Giorgia, scusa eh..."

Alessandro guarda il foglio. In effetti Niki ha ragione. Poi riprende a parlare al telefono leggendolo a voce alta.

"Non se ne parla, oggi ispirazione libera, creatività e follia... E che..."

Si ferma. Guarda Niki. Scuote la testa per la parolaccia.

"E che cavolo... Ogni tanto ci vuole, no?" Alessandro chiude gli occhi, in attesa della reazione della sua copywriter. Silenzio per un attimo.

"Hai ragione, Alex. Bravo, credo sia una soluzione eccel

lente. Staccare un po. Penso che questa pausa darà buoni frutti. Facciamo così. Ci vediamo domattina. Ciao" e chiude.

Alessandro guarda perplesso il telefonino. "Incredibile." Poi se lo rimette in tasca.

Niki sorride e alza le spalle.

"Hai visto? Era d'accordo con me."

"Strano, non me lo sarei mai aspettato. Di solito si fa pren dere dall'ansia, lavora sempre come una pazza in ufficio..."

"Quanto tempo hai detto che avete per questo progetto?"

"Un mese."

"Anche troppo."

"Non direi."

"Sì, perché vedi, le soluzioni migliori le trovi al volo, sono lì, nell'aria, pronte per noi. Basta solo prenderle. Dipende sempre dal momento che stiamo vivendo. Pensare troppo a qualcosa ce la può rovinare."

"Anche questa è di William Hazlitt?"

"No, questa modestamente è mia."

Venti

"Chiudi gli occhi, Alex, chiudili. Respira, respira la gente." Niki cammina a occhi socchiusi, tra le persone che la sfiorano e guarda un po in alto, verso il cielo. "La senti? è lei... È la gente che deve guidare il tuo cuore. Non pensare a niente e respira." Poi si ferma. Apre gli occhi. Alessandro è fermo, ancora più indietro, con gli occhi chiusi che prova ad annusare l'aria. Alessandro apre di poco un occhio e la guarda.

"Sento un odore veramente strano..."

Niki sorride. "E certo. È passata da poco una carrozza coi cavalli." Per terra, vicino ad Alessandro, ci sono ancora le loro "tracce".

"Ecco perché mi sembrava tutta gente di m..."

"Spiritoso. Bella battuta. Sul serio, divertente. Ma che ruolo hai all'interno della tua azienda?"

"Uno importante."

"Addirittura. Sei un raccomandato di ferro, allora."

"Per niente. Laureato alla Bocconi di Milano, poi master a New York ed eccomi qui, senza nessun aiuto esterno."

"Ma almeno dimmi che non fai battute così in ufficio."

"Come no, tutti giorni."

"Ma esattamente che fai?"

"Direttore creativo."

"Direttore creativo... Ecco perché tutti ridono alle tue batti!tute! Prova a fare una cosa. Scrivi le tue battute e poi falle dire |alla donna delle pulizie. Vedi se, dopo due giorni che le spara

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in giro, tutti ridono o piange solo lei perché è stata licenziata."

"La tua è invidia."

"No, mi dispiace, pura realtà. E poi semmai posso essere invidiosa di chi inventa una variante fichissima nel surf per una tavola gun, magari migliorando la poppa roundtail per fare le curve più larghe. Oppure posso invidiare chi ha avuto la pensata di costruire un reef artificiale al km della statale Aurelia. Una ficata. Non invidio certo un direttore creativo. Piuttosto, dimmi un po, ma cosa nasconde davvero il tuo titolo?"

"Cioè?"

"Cioè, a parte quelle belle battute, tu, cosa fai sul serio nella tua azienda?"

"Invento quelle pubblicità che ti piacciono tanto, dove c'è una bella musica, una bella donna, e un qualcosa di bello che accade. Insomma io penso tutto quello che ti rimane così in mente che quando vai a fare la spesa o entri in un negozio non puoi non prendere quello che ti ho suggerito."

"Ah, detto così, suona bene. Insomma, tu riesci a convincere qualcuno a fare qualcosa..."

"Più o meno."

"Allora potresti parlare anche con la mia prof di matematica, che non mi lascia in pace?"

"Per i miracoli ci stiamo attrezzando."

"Vecchia. Già sentita."

"L'ho inventata io tanti anni fa ma me l'hanno rubata."

"Veramente io la sapevo così... Il possibile lo facciamo, l'impossibile ci proviamo, per i miracoli ci stiamo attrezzando. C'era anche nel telefilm Dio vede e provvede!"

"Sei preparatissima, sai tutto tu, eh?"

"Quello che mi serve. Vieni, vieni, entriamo qui, alle Messaggerie Musicali?" E se lo porta dietro, quasi tirandolo verso un grande negozio pieno di ed, libri, dvd ma anche vhs e musicassette.

"Ehi, ciao, Pepe" Niki saluta un grosso bodyguard all'in

f.

}gresso. Maglietta nera, pantaloni neri e grossi bicipiti bianchi e

tesi come la sua testa pelata.

"Ciao, Niki, oggi in giro già dal primo pomeriggio, eh?"

"Sì, avevo voglia, fa un caldo... e qui c'avete l'aria condizionata."

Pepe si mette in posa e simula una pubblicità.

" Uuuh, Niki... fa caldo..."

Niki ride. "Non così caldo, Pepe!"

Entrano nel negozio e si perdono subito tra mille scaffali. Niki prende un libro e lo sfoglia. Alessandro le si avvicina.

"Ehi, sai che quello spot di cui ti parlava Pepe, il tuo amico energumeno, lo hanno fatto i nostri avversari?"

"Pepe non è un energumeno. È un ragazzo dolcissimo. Una persona stupenda. Vedi come ti lasci ingannare dalle apparenze, dall'immagine? Muscoli, maglietta nera, testa pelata e quindi è un cattivo."

"Io lavoro sulle apparenze, sulle immagini. Me l'hai detto tu di mischiarmi con la gente, no?"

"No, io ti ho detto di respirarla, la gente. Non di guardarla superficialmente. Ti bastano una maglietta nera attillata e due muscoli per catalogarlo. Lui è laureato in Biotecnologie."

"Veramente io non ho espresso alcun giudizio."

"Peggio, l'hai direttamente bollato."

"Ho solo detto che ha citato la pubblicità dei nostri avversari."

"Allora i vostri avversari sono fortissimi. E vinceranno."

"Grazie. Mi fai venire voglia di tornare in ufficio."

"Bravo, così perdi sicuro. Devi respirare la gente, non le poltrone dell'ufficio. Magari proprio Pepe potrebbe darti l'ispirazione. E tu l'hai pure trattato male."

"Ancora? Non l'ho trattato male. Secondo te poi io sono così stupido da trattare male uno come quello?"

"Davanti a lui no, ma dietro, alle spalle sì... L'hai fatto!"

"Basta... Mi arrendo."

"Guarda, ci sono i ed di Damien Rice... O e B-Sides... c'è pure l'ultimo, bellissimo, . Fammi ascoltare un po..." Niki prende le cuffie. Poi seleziona la traccia . "Leggi che bel

titolo, Sleep Don't Weep..." e si mette ad ascoltare, muovendo la testa. Poi si sfila la cuffia.

"Sì, sì, me lo compro. Mi ispira. Bello, romantico. E sai che c'è? Compro anche O, ci sono le altre canzoni oltre The Blower's Daughter..."

"Bellissima musica anche se Closer era un film pieno di sogni spezzati."

"Allora non va bene per noi... La colonna sonora della nostra storia dev'essere positiva, no?"

"Scusa quale storia..."

"Ogni attimo che passa è una storia... Dipende poi che cosa ne vuoi fare."

Alessandro rimane a guardarla. Niki sorride.

"Non ti spaventare... Ecco, nel film non c'era questa! Eskimo, è bellissima... Andiamo, va."

Alessandro e Niki vanno alle casse. Niki prende il portafoglio dalla borsa e fa per pagare ma lui la blocca e l'anticipa.

"Non se ne parla, te li regalo io."

"Ehi, guarda che io poi non mi sento in debito, eh?"

"Sei troppo prevenuta e diffidente. Ma con chi esci di solito? Diciamo che questo è un piccolo indennizzo per l'incidente di stamani."

"Piccolissimo. C'è ancora da riparare tutto il motorino."

"Lo so, lo so."

Escono e continuano per via del Corso, piena di gente.

"Vedi, fanno le vasche. Non hanno soldi, abitano in periferia e questo è il loro unico passatempo. C'è la musica, c'è la metro, ci sono i negozi, c'è qualche spettacolo in strada... vedi quel mimo?" Un vecchio signore dipinto di bianco si blocca in mille posizioni diverse per chi gli mette qualche centesimo nella ciotola. "Oppure guarda quell'altro..." Si uniscono a un gruppo di gente che si è fermata a guardare qualcosa. Al bordo della strada un anziano signore completamente tirato a lucido, con una paglietta in testa, camicia chiara, giacca di lino e un papillon scuro, ha sulla spalla una gazza ladra. Il signore fischietta qualcosa. "Vai, Francis, vai... Balla per i signori!"

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La gazza ladra fa tutta una serie di passi, si sposta lungo il braccio del signore tenendo il tempo. Arriva alla mano poi torna alla spalla.

"Brava, Francis, ora dammi un bacio" e la gazza ladra si tuffa su quel chicco di pannocchia che lui stringe tra le labbra e glielo ruba delicatamente. Poi l'uccello con un piccolo salto fa cadere quel chicco nel suo becco e lo manda giù. Niki applaude felice. "Brava, Francis, brava, è troppo forte, bravi tutti e due!"

Niki si mette le mani in tasca, trova qualche spiccio e lo fa cadere nel piccolo nido che sta poggiato su un tavolino lì accanto.

"Grazie, grazie, è troppo gentile" si leva il cappello e s'inchina scoprendo la sua testa pelata.

"Complimenti! Ma c'ha messo tanto a insegnarle queste cose? La musica, i comandi e tutto il resto?"

Il signore sorride. "Scherza, signorina? È Francis che mi ha insegnato tutto. Io non sapevo neanche fischiare!"

Niki guarda entusiasta Alessandro. "Dai, non fare il tirchio... Dagli qualcosa anche tu..."

Alessandro apre il portafoglio. "Ma ho solo pezzi interi..."

"E dagli questo ! "

Niki sfila un biglietto da cinquanta euro e lo mette nel nido della gazza. Alessandro non riesce a fermarla. E del resto ormai è troppo tardi. Il signore se ne accorge. Rimane quasi senza parole. Poi sorride a Niki.

"Grazie... venga... si metta uno di questi chicchi in bocca."

"Ma io? Ma non è pericoloso?"

"Ma no! Francis è bravissima. Tenga."

Niki obbedisce e si mette il seme in bocca. Francis spicca improvvisamente il volo, si ferma a un millimetro dalla sua bocca, sospesa in aria, battendo leggera le ali. In quel momento Niki chiude gli occhi mentre Francis allunga il becco e le ruba quel chicco dalle labbra. Niki sente un tocco leggerissimo e quasi spaventata ha un brivido. Poi riapre gli occhi. "Aiuto!" Francis è già tornata sulla spalla del suo padrone.

"Ha visto, c'è riuscita..."

Niki batte le mani contentissima. "Brava! È stata bravissima!" Proprio in quel momento dietro di loro passa un boro dal capello lungo con degli amici dello stesso calibro.

"Ahò, a bella, se ce tieni tanto a bacia un uccello, te presto il mio! È addestrato!" e ridono sguaiati, allontanandosi.

"Manco morta! E poi non ce la fa a uscire dalla gabbia..." gli grida dietro Niki. Il boro la manda a quel paese con un gesto da lontano.

"Vuoi che dica loro qualcosa?" fa Alessandro.

"Ma ti pare, già risolto. E poi non fare così. Il ragazzo con cui stavo prima scattava per ogni cosa. Se c'era lui sai che succedeva? Una rissa, casini... Era uno che faceva a botte per niente. Non lo sopportavo."

"Va be, ma quello è stato pesante, no?"

"Guarda che quelli che abbaiano così poi non mordono. Era solo una battutaccia. Non vale la pena perderci tempo. E poi il mio ex l'ho lasciato proprio per questo. Ora che faccio, esco con te e fai la stessa cosa?"

"A parte che io e te non siamo usciti."

"Ah no?"

"No."

"Strano, stiamo per strada insieme..."

"Sì, ma non è che ci siamo dati un appuntamento."

"Ma che problemi ti fai. Hai la donna gelosa?"

"Veramente in questo momento non c'è."

"Ah, ti sei mollato anche tu?"

E anche se gli sembra assurdo parlarne proprio con lei, non riesce a mentirle.

"Be, sì."

"E allora, che ti frega?! Goditi questi momenti e basta! Che rompi! Sempre a precisare tutto."

Niki si mette a camminare più veloce e lo precede. Alessandro resta lì, davanti al signore che lo guarda con la sua gazza sulla spalla, alza il sopracciglio e sorride. "La signorina ha ragione." E poi, pensando che potrebbe comunque ripensarci,

l'anziano signore guarda Alessandro, sorride e si mette i cinquanta euro in tasca.

Alessandro la raggiunge. "Niki, aspetta. Ok, siamo usciti ma non siamo usciti, così dobbiamo ancora fare la nostra uscita, ok? Meglio, no?" "Se lo dici tu..." "Dai, non ti arrabbiare."

"Io? Ma chi s'arrabbia!" e comincia a ridere. Niki infila il braccio sotto a quello di Alessandro. "Senti, più avanti c'è un posto che fa della pizza buonissima a via della Lupa. Ti va un pezzo di pizza? A via Tomacelli c'è n'è uno che fa del pane da urlo, ha anche una bellissima terrazza, si sale su ed è uno spettacolo. Poi c'è un altro posto a corso Vittorio che fa l'insalata, si chiama L'Insala ricca. A te piace l'insalata? Oppure qui vicino c'è un posto buonissimo che fa il gelato, Giolitti, anzi, meglio, ce n'è un altro che fa dei frullati pazzeschi, Pascucci, vicino piazza Argentina." "Piazza Argentina? Ma è lontanissima." "Macché, è una passeggiata. Allora andiamo?" "Ma dove? Hai detto otto cose in due secondi!..." "Ok, allora prendiamo i frullati, facciamo così, chi arriva primo non paga!" e corre via, bella, allegra, coi suoi pantaloni stretti, la sua borsa di maglia, i capelli biondo castani al vento, tenuti da una fascia blu. E gli occhi azzurri o verdi, a seconda della luce. Alessandro rimane lì, fermo a guardarla. Sorride tra sé. E poi di colpo è come se decidesse di gettarsi alle spalle tutti i suoi pensieri. E via anche lui, dietro a lei, a correre a perdifiato per via del Corso. Avanti, sempre avanti fino a girare a destra verso il Pantheon, con la gente che li guarda, che sorride, che s'incuriosisce, che smette per un attimo di parlare prima di tornare alla propria vita. Alessandro arranca dietro Niki. L'ha quasi raggiunta. Ecco, pensa Alessandro, sembra uno di quei vecchi film, tipo Guardie e ladri con Totò e Aldo Fabrizi, quando correvano lungo quella ferrovia, in bianco e nero. Solo che Niki non gli ha rubato nulla. E non sa che, in realtà, gli sta regalando qualcosa.

Niki ride e ogni tanto si volta per vedere se c'è. "Ehi, non ti credevo così in forma, eh?"

Alessandro sta quasi per acciuffarla. "Ti prendo, ora ti prendo."

Niki accelera un po, prova a tenere più alto il passo. Ma Alessandro è sempre lì, a pochi passi da lei. Poi improvvisamente rallenta, quasi si ferma. Niki si gira e lo vede lontano. Fermo. Per un attimo si spaventa. Rallenta anche lei. Si blocca di botto e si gira. Alessandro mette la mano nella giacca e tira fuori il telefonino.

"Pronto?"

"Alex, ci sei? Sono Andrea, Andrea Soldini..."

Alessandro prova a recuperare un po di fiato.

"Chi?"

"E dai smettila, sono il tuo staff manager" poi sottovoce, "quello che hai salvato a casa tua con le russe..."

"Ma sì, lo so chi sei, possibile che non capisci quando scherzo? Allora, dimmi, che succede?"

"Ma che stai facendo, hai il fiatone!"

"Sì, sto respirando a fondo la gente, per essere più creativo."

"Ma che... Ho capito. Sesso dopo mangiato, eh?"

"Non ho ancora mangiato" e, vorrebbe aggiungere, se è per questo sesso non lo faccio da non so quanto.

"Allora che c'è? Dimmi."

"No, ti volevo dire che sto riguardando le nostre vecchie pubblicità e m'è venuta un'idea tutta di montaggio, se passavi di qui te ne parlavamo."

"Andrea..."

"Sì, dimmi."

"Non farmi pentire di averti salvato."

"No, assolutamente no."

"Ecco, bravo. Ci sentiamo dopo."

"Posso chiamarti se mi viene qualche altra idea?"

"Se proprio non resisti."

"Ok, capo." Andrea butta giù. Non ho fatto in tempo, pensa Alessandro, a dirgli la cosa più importante. Non sopporto che mi si chiami capo.

Niki intanto lo ha raggiunto.

"Allora, che succede?"

"Niente, l'ufficio, non riescono proprio a fare a meno di me."

"Bugie. Ti chiamano capo e ti fanno sentire importante, giu sto?"

"Vero, allora?"

"Vale per tutti la stessa regola, ricordatelo, morto un capo se ne fa un altro."

"Ah sì, allora sai che ti dico? Chi perde paga anche quello sospeso" e Alessandro la supera e ricomincia a correre come un pazzo verso piazza Argentina.

"Ehi, non vale, non vale! Io sono tornata indietro per vedere come stavi!"

"E chi te l'ha chiesto?!" Alessandro ride e continua a cor rere.

"E poi cosa vuoi dire questa cosa del sospeso?"

"Te lo spiego quando arriviamo, ora mi serve tutto il fiato per vincere." Alessandro accelera, continua a correre lungo le rovine del Pantheon, oltre la piazza, di fianco all'hotel e sempre dritto. Di nuovo il telefonino. Alessandro rallenta ma non si ferma. Lo tira fuori dalla giacca. Guarda il display. Non ci credo. Si gira verso Niki che intanto gli si sta avvicinando. "Ma mi hai chiamato tu!"

"E certo, la guerra è la guerra. Tutti i mezzi sono buoni. Mi hai fatto tornare indietro e sei ripartito a tradimento, no? Chi di telefono ferisce, di telefono perisce!"

"Sì, ma non ci sono cascato. Pensa che sei stata proprio tu a dirmi di registrare il tuo numero!"

"Vedi, ci si rimette sempre a essere buoni!" e continuano a correre. "Dimmi che vuoi dire quella storia del sospeso, sennò non pago."

"Lo decidiamo lì, se paghi o no... sennò non vale." E conti nuano così a correre uno dietro l'altro fino ad arrivare da Pascucci.

Ventuno

"Primo!" Alessandro si appoggia alla vetrina del bar.

"E certo, mi hai fregato, che imbroglione che sei!"

"Tu non sai perdere!"

Restano tutti e due sulla porta, piegati in due, cercando di riprendere fiato.

"Eh, bella corsa però, eh?"

"Sì, e dire che gioco tutti i giorni a pallavolo. Pensavo di batterti facile, sennò mica me la giocavo..."

Alessandro si rialza recuperando a bocca aperta. "Mi spiace, tapis roulant a casa. Venti minuti ogni mattina... con tanto di schermo davanti per simulare boschi e montagne, paesaggi che aiutano a mantenersi in forma e soprattutto a battere una come te."

"Ma che, se la rifai, perdi."

"E certo, ora sai che duro fino a venti minuti, sei avvantaggiata. Il segreto dopo una vittoria è non rimetterla in gioco. Bisogna sapersi alzare dal tavolo al momento giusto. Tutti sono buoni giocatori, pochi veri vincitori."

"E questa è tua?"

"Non lo so, devo decidermi. Non mi ricordo se l'ho rubata a qualcuno."

"Allora per adesso mi sembra una cretinata!"

"Ma perché, se la dice qualcun altro cambia di valore?"

"Dipende chi è l'altro."

"Excuse me..." Una coppia di stranieri chiede gentilmente di spostarsi. Non riescono a entrare nel locale.

"Oh, certainly, sorry..." dice Alessandro, spostandosi di lato.

"Ecco, se col tapis roulant e i tuoi sporchi trucchi mi hai battuta nella corsa, in inglese vincevo facile. Mi potresti prendere come account internazionale."

Alessandro sorride, apre la porta a vetri, aspetta che lei entri e poi la richiude. "Sai cosa dicevamo sempre noi alla fine delle partite di calciotto, quando iniziano le discussioni... chi vince festeggia, chi perde spiega."

"Sì, va bene, ho capito, mi tocca pagare, ci sto. Io pago sempre le mie scommesse quando perdo."

"Bene, allora intanto paga qui. Per me un bel frullato ai frutti di bosco."

Niki guarda i diversi gusti nelle vaschette.

"Per me invece kiwi e fragola. Allora, cos'era quella storia del sospeso?"

"Ah già. Be se vuoi puoi anche non pagare, visto che non la conoscevi. È anche giusto che tu non paghi."

"Intanto raccontamela, poi decido io se pago o no."

"Ehi, ma quanto ti scaldi... brucia la sconfitta, eh?"

Niki prova a pestargli un piede ma Alessandro si scosta veloce.

"Ok, ok, ora basta. Ti racconto cos'è il sospeso. È una tradizione napoletana. Cioè, a Napoli sono generosi in tutto, e quando vanno in un bar, oltre al caffè che si bevono loro, ne offrono uno anche alla persona che entrerà successivamente. Così c'è un caffè "sospeso" per chi non può pagarselo."

"Forte, mi piace. Ma se poi il barista fa finta di niente? Si becca i soldi e a quello che entra, che non ha soldi, che chiede un caffè, il barista non gli dice nulla?"

"Il "sospeso" si basa sulla fiducia. Io lo pago, il barista accetta i miei soldi e con ciò implicitamente mi promette che lo farà. Mi devo fidare del barista. Un po come su eBay quando paghi un oggetto e poi ti fidi che ti arrivi a casa."

"Sì, ma al bar non puoi lasciare i feedback!"

"E comunque al bar è facile, ci rimetti solo i soldi di un caffè. Sarebbe bello invece potersi fidare degli sconosciuti

anche per cose più importanti. A volte non riusciamo a fidarci neanche di chi abbiamo vicino da sempre, figuriamoci di un barista..."

Niki lo guarda. Sente nel tono della sua voce qualcosa di profondo e lontano.

"Di me ti puoi fidare."

Alessandro sorride. "Certo, al massimo ci rimetto l'assicurazione della macchina!"

"No, al massimo ti spaventi."

"Per cosa?"

"Perché ti tocca ricominciare a credere in tutto quello in cui avevi smesso di credere."

E rimangono così, sospesi, con quegli sguardi fatti di sorrisi e allusioni, del tempo che non si conosce, di curiosità e divertimento, indecisi se prendere o no quel piccolo sentiero che si allontana dalla strada maestra ed entra nel bosco. Ma che a volte è così bello, più di quella stessa fantasia. Poi una voce piomba caotica nei loro pensieri.

"Ecco qui i vostri frullati, per lei, signorina, kiwi e fragola, per lei, frutti di bosco."

Niki prende il suo. Comincia a berlo con la cannuccia, fissando allegra Alessandro, senza troppi pensieri, con uno sguardo pulito, pieno e trasparente. Niki smette di bere.

"Uhm, buono, buono sul serio. Ti piace il tuo?"

"Buonissimo."

"Com'è?"

"Che vuoi dire com'è?"

"Che c'è dentro."

"Ah, allora devi dire a che cos'è o che gusti hai scelto? Il mio frullato è ai frutti di bosco..."

"Mamma mia, sei peggio della Bernardi."

"E chi è?"

"La mia insegnante di italiano. La fai lunga proprio come lei. Dai, si capiva perfettamente quello che intendevo dire, no?"

"Sì, insomma, dipende da quello che veramente intendevi dire, è questione di interpretazione allora... Tu lo sai che l'ita

liano è la lingua più ricca di sfumature e intonazioni? Per questo è studiata nel mondo, perché le nostre parole permettono di esprimere esattamente la realtà."

"È vero, non sei come la Bernardi."

"Ah, ecco, volevo ben dire."

"Sei peggio!" e con la cannuccia riprende a bere il frullato. Lo finisce e pesca sul fondo, facendo un sacco di rumore, sotto gli occhi scandalizzati di qualche anziano turista e quelli divertiti di Alessandro. Sta finendo di tirare tutto quello che è rimasto, quando... "Cavoli."

"E adesso che c'è?"

"Niente, il mio telefonino." Niki lo tira fuori dalla tasca dei jeans. "Avevo messo il vibra." Guarda il numero che appare sul display. "Che palle, è casa."

"Ma magari ti vogliono fare un saluto."

"Ne dubito. Saranno le solite tre domande."

"Cioè?"

"Dove sei, con chi sei, a che ora torni. Be vado... M'immergo..." Niki apre il telefonino. "Pronto?"

"Ciao, Niki."

"Mamma, sei tu, che sorpresa!"

"Dove sei?"

"Ho fatto un giro in centro."

"E con chi sei?"

"Ancora con Olly." Guarda Alessandro e alza le spalle come a dire: che palle, mi tocca ancora mentire.

"Niki..."

"Eh, che c'è mamma..."

"Olly ha chiamato qui poco fa. Dice che non le rispondevi al cellulare."

Niki alza gli occhi al cielo. Il labiale della sua bocca non lascia dubbi. Cazzo, cazzo, cazzo. Alessandro la guarda senza capire assolutamente nulla di quello che sta succedendo. Niki sbatte i piedi per terra.

"Ma no, mamma, non mi sono spiegata. Sono stata fino a poco fa, con Olly, poi lei non voleva venire in centro e allora

l'ho salutata. Le ho detto che tornavo a casa ma poi ho deciso di venire lo stesso da sola. Mi ha lasciata al motorino."

"Impossibile. Mi ha detto che ti ha accompagnata a ricreazione dal meccanico. E allora quando lo hai ritirato?"

Cazzo, cazzo, cazzo. Stessa scena di prima con Alessandro che però capisce sempre di meno.

"Ma mamma, però, come fai a non capire? Questo l'ho detto a lei perché non mi piace come guida, ho paura a starle dietro e non volevo andare con lei."

"Ah sì, e allora con chi torni?"

"Ho incontrato un mio amico."

"Il tuo ragazzo."

"No mamma... Lui ormai è un ex... Te l'ho detto che ci siamo lasciati. È un altro mio amico."

Silenzio.

"Lo conosco?"

"No, mamma, non lo conosci."

"E perché non lo conosco?"

"Ma che ne so, mamma, magari un giorno lo conoscerai, ma che ne so..."

"Io so soltanto che ci stiamo dicendo delle bugie. Non c'eravamo promesse che ci saremmo sempre dette tutto?"

"Mamma" Niki abbassa un po la voce e si gira, "ora sono con lui. Non possiamo sospendere questo interrogatorio?"

"Ok. Quando torni?"

"Presto."

"Presto quanto? Niki, guarda che devi studiare."

"Presto, mamma, ti ho detto presto" e chiude. "Uffa, mia madre quando ci si mette è davvero pesante..."

"Peggio della Bernardi?"

Niki sorride. "Se la battono." Poi Niki si rivolge al cameriere.

"Me ne da un altro?"

"Uguale? Sempre kiwi e fragola?"

"Sì, mi è piaciuto da morire."

Alessandro finisce il suo e getta il bicchiere di plastica nel cestino vicino alla cassa.

"Niki, ma te ne prendi un altro?"

"Che t'importa, pago io."

"Ma no, non è quello. È che due sono pesanti, no?"

"Sai, c'è solo una persona che batte mia madre e la Bernardi."

"Credo d'aver capito di chi parli."

Niki si avvicina alla cassa. Alessandro la supera. "Dai, ferma, pago io."

"Ma che, scherzi? Ho perso la scommessa e pago, ci mancherebbe. Allora, tre frullati e un "sospeso"."

La cassiera la guarda incuriosita. "Mi spiace, ma non abbiamo frullati sospeso."

"Ma no, le spiego. Io ne pago un altro oltre i miei tre. Se entra uno che non ha i soldi per pagare e lo vuole, lei gli dice che c'è un frullato sospeso. E glielo fa preparare..."

Niki da dieci euro alla cassiera. Che batte quattro frullati e le da il resto di due euro. "Carina, questa idea. È sua?"

"No, del mio amico Alex. Cioè, in realtà è tutta una tradizione napoletana. Praticamente ora si basa tutto su di lei."

"Su di me, in che senso?"

"Noi ci fidiamo di lei, ha capito? Il sospeso è nelle sue mani."

"Certo, me lo ha spiegato... e lo offrirò a chi ne ha bisogno."

"Bene." Niki prende il suo frullato appena fatto e fa per uscire. Ma si ferma sulla porta. "Anche perché noi potremmo restare qua fuori a controllare anche tutto il pomeriggio... arrivederci."

Alessandro allarga le braccia verso la cassiera. "Mi spiace, è una malfidata."

La cassiera alza le spalle. Alessandro raggiunge Niki, che sta camminando e sorseggia il suo frullato.

"A buon intenditor poche parole con te, eh, Niki?"

"Mia madre mi ha insegnato che fidarsi è bene e non fidarsi è meglio. E posso continuare per ore. Mia madre me ne ha insegnati tanti di proverbi. Ma tu ci credi?"

E continuano così, a parlare, a passeggiare, a chiacchierare del più e del meno, dei viaggi fatti, di quelli sognati, di feste, di

locali appena aperti e di quelli chiusi e di mille altre novità, capaci di ascoltarsi, di ridere, e di dimenticare, per un attimo, quei vent'anni di differenza.

"Mi fai assaggiare il tuo frullato?"

"Ah, vedi..."

"Se lo hai ripreso dev'essere buono."

"Tieni." Niki gli passa il bicchiere.

Alessandro sposta la cannuccia e ne beve direttamente un sorso dal bicchiere. Poi glielo rida. "Uhm, hai fatto bene a riprendertelo. È davvero buono..."

"Ma hai spostato la cannuccia. Sei così schifiltoso?"

"No, è che magari dava fastidio a te. Bere dalla stessa cannuccia è un po come baciarsi..."

Niki lo guarda e sorride.

"Be, no, è diverso. È molto diverso."

Silenzio. Rimangono per un po a fissarsi. Poi Niki gli ripassa il bicchiere. "Ancora un po?"

"Sì, grazie." Questa volta Alessandro beve direttamente dalla cannuccia. E la guarda. La fissa. In maniera intensa.

"Ecco, se fai così è come se tu mi avessi baciata..."

"E ti è piaciuto?"

"Mmmh, sì, buono. Era un bacio saporito, al kiwi e fragolai"

E si guardano. E sorridono. E per un attimo non si sa bene chi è il più maturo. O immaturo. Di colpo qualcosa li riporta alla realtà. Il Motorola di Alessandro squilla.

Niki sbuffa. "E che è? Di nuovo l'ufficio?"

Alessandro guarda il display. "No. Peggio. Pronto?"

"Ciao, tesoro, come va?"

"Ciao, mamma."

"Sei in ufficio? Sei col direttore? Sei in riunione?"

"No, mamma."

Alessandro guarda Niki e alza le spalle. Poi copre il microfono con la mano. "La mia è peggio della Bernardi e della tua messe insieme."

Niki ride.

"E allora dove sei?"

f

Il-

"In via del Corso."

"Ah, a fare shopping."

"No, per lavoro. Una ricerca. Studiamo la gente per capire meglio come entrare nel mercato."

"Ah, bello. Mi sembra un'ottima idea. In fondo è la gente che sceglie, giusto?"

"Giusto."

"Senti, vieni a cena da noi venerdì sera? Vengono anche le tue sorelle con mariti e figli. Potresti venire con Elena, no? Ci farebbe piacere."

"Mamma, ora non lo so, devo guardare l'agenda."

"Oh, non fare così l'impegnato con noi."

"Ma io sono impegnato, mamma."

"Ma se sei a bighellonare in centro!"

"È una ricerca di mercato, te l'ho detto."

"Raccontala ai tuoi superiori, non a me. Starai in giro con quei tuoi amici fannulloni a divertirti... Be, allora venerdì sera cerca di esserci, va bene?" e chiude.

Niki alza il sopracciglio. "Dimmi una cosa. Quanti anni hai?"

"Trentasei."

"Ah, ti facevo più grande."

"Be, grazie, in effetti..."

"Non hai capito. Non mi riferisco all'età. Per come vesti, per il tuo modo di fare, per la tua cultura..."

"Mi prendi in giro?"

"No, sul serio. È che volevo capire... ma quando anch'io avrò trentasei anni, anche mia madre mi continuerà a rompere le scatole così?"

"Guarda che un giorno questo tipo di rottura ti mancherà."

Niki da un ultimo sorso al frullato e poi lancia il bicchiere in un cassonetto mezzo aperto lì vicino.

"Canestro!" Poi prende Alessandro sotto braccio. "Ecco, è quando dici queste cose che i tuoi trentasei anni mi piacciono un sacco!" E vanno via così. E un po corrono e un po no. E un po parlano e un po pure. Senza fretta, senza pensieri, senza

telefonate. Fino ad arrivare al parcheggio con un'unica sorpresa. La Mercedes non c'è più.

"Porca trà Me l'hanno fregata."

"Ma non era qui... Forse era più avanti..."

"Ma no, no, era qui. Me lo ricordo. Non ci posso credere, me l'hanno fregata di pomeriggio, in centro, a via della Penna. È assurdo."

"No, guardi, l'assurdo era pensare di trovarla ancora qui."

Una voce alle sue spalle. Un vigile, particolarmente zelante, ha sentito tutto.

"Lei ha parcheggiato in zona rimozione. Che non l'ha letto il cartello?"

"No, ero distratto" e guarda Niki facendo un sorriso forzato. "E ora dove la posso trovare?"

"Gliel'hanno portata via col carro attrezzi, quindi o a Ponte Milvio o al Villaggio Olimpico, ovviamente" e se ne va col suo blocchetto in mano, pronto a colpire qualcun altro.

"Ovviamente... E ora come ci muoviamo da qui?"

"Facilissimo. Vieni. Possibile che ti devo insegnare tutto io?"

Niki lo prende per mano, comincia a correre. E attraversa piazza del Popolo, quasi trascinandoselo dietro, come due turisti che cercano d'arrivare in tempo a qualche museo prima che chiuda. E salgono al volo su quel piccolo tram che corre lungo via Flaminia. Si buttano sui primi sedili che trovano. Alessandro tutto trafelato cerca il portafoglio, vorrebbe pagare, ma Niki lo blocca. E gli sussurra "Tanto scendiamo tra poco".

"Sì, ma se sale il controllore?"

"Ma scendiamo alla prossima."

E invece no. Ne mancano ancora due. E proprio alla penultima sale il controllore.

"Biglietti, biglietti."

Alessandro guarda Niki e scuote la testa. "Ma perché ti ho dato retta..." Non fa in tempo a rispondere. Il controllore arriva da loro.

"Biglietti" e Niki ci prova. Si giustifica in tutti i modi, sbatte

,

w

gli occhi, si appella alla multa già presa, racconta strane storie di una macchina rubata, di un amore finito da poco, gli racconta la leggenda del frullato sospeso, un gesto generoso che denota la loro onestà. Ma niente. Non c'è modo. E quel biglietto non fatto diventa un biglietto da cinquanta euro in meno per Alessandro.

"Vi ho fatto pure lo sconto. È come se uno dei due c'avesse avuto il biglietto, va bene?"

Roba da pazzi, pensa Alessandro, ci manca poco che gli devo pure dire grazie. E quando scendono, Niki non aspetta un attimo. Corre di nuovo a perdifiato, trascinandoselo dietro, facendolo quasi inciampare, fino a fermarsi di fronte alla piccola casupola della Municipale.

"Salve... Siamo venuti a riprenderci la macchina."

"Sì. Dov'era posteggiata?"

"A via della Penna."

"Sì, è arrivata ora. È la Mercedes ML, no? Sono centoventi euro più sessanta euro di trasporto. In tutto sono centottanta euro."

Alessandro da la carta di credito. Dopo aver pagato finalmente lo fanno entrare nel parcheggio.

"Eccola, eccola lì, non è quella?" Niki corre veloce, va verso una Mercedes parcheggiata nella penombra. Alessandro prova ad aprirla da lontano. Le quattro frecce si accendono. "Sì, è questa."

Niki sale al volo, Alessandro la segue. Escono lentamente dal parcheggio. Lui alza leggermente il sopracciglio.

"Questo incidente con te sta diventando costoso. Se ti chiedevo d'uscire in modo normale, forse risparmiavo."

"Macché, i soldi vanno fatti girare, questo aiuta l'economia nazionale. E comunque devi farlo per scoprirlo. Poi scusa, sei tu il direttore creativo, no? Questa è un'indagine di mercato, hai visto gente, hai assaporato una realtà diversa dalla tua. E poi dalla tua voce spese di oggi devi scalare la mia."

"Cioè?"

"Gli otto euro dei frullati."

Ik

"Ah, certo. Appena si libera un posto in azienda sei presa come contabile."

"Gira qua, gira qua a destra."

"Sei peggio di un navigatore rotto."

Superano il Cineporto e si ritrovano all'interno di un grande spiazzo, completamente vuoto. C'è solo qualche auto posteggiata in fondo.

"Be? E che c'è qua?"

"Nulla."

"E allora che ci facciamo?"

Alessandro la guarda per un attimo perplesso. Alza un sopracciglio. "Qui di solito ci vengono le coppiette" e le sorride.

"Già. Ma anche quelli che fanno scuola guida."

"E noi di quale gruppo facciamo parte?"

"Dei secondi. Dai, togliti, fammi provare a guidare la tua macchina..."

"Ma stai scherzando?"

"Senti, non fare il difficile. Ormai tanto è tardi per andare in ufficio, dai. Abbiamo fatto finora indagini di mercato e per una cifra ridicola ti ho dato un sacco d'indicazioni utili. Ti sarei costata un casino... Adesso sii un po altruista. Ho già il foglio rosa, dai. Fammi fare un po di pratica."

"Ok, ma vai piano e non usciamo da qui." Alessandro scende dall'auto e fa il giro, passando davanti al cofano. La guarda mentre all'interno lei si sposta da un sedile all'altro, scavalcando il cambio. Si sistema, infila uno dei due ed che ha preso alle Messaggerie e alza il volume a palla. Alessandro non fa in tempo a chiudere lo sportello, che Niki schizza via.

"Ehi, vai piano! Vai piano! E mettiti la cintura!"

La Mercedes inchioda. Poi riparte a tutta velocità. Alessandro si sporge dalla parte di Niki.

"Ehi, che fai, ci provi? Te ne approfitti?"

"Ma che? Ti sto mettendo la cintura!" Alessandro la prende e la fissa di lato al sedile. Poi la guarda. Niki prova a cambiare marcia ma sbaglia pedale e frena.

"Ehi, ma non c'è la frizione?"

"Non esiste."

"Cioè?"

"Cioè quel manettino a cui ti sei avvinghiata come un polipo, non sono le marce... Si chiama cambio automatico. Per l'esattezza, G-Tronic, provvisto pure di sistema direct selection. Basta un tocco leggero leggero e la marcia D è inserita."

"Ah ma allora non vale. Così non mi serve a nulla." Niki riparte a schizzo, fa una curva stretta, accelera. Non si accorge di un'altra auto che sta entrando proprio in quel momento nel piazzale. Niki frena come può ma la prende in pieno e le spacca il fanale anteriore e parte della fiancata. Alessandro, che non aveva fatto in tempo a mettersi la cintura, sbatte finendo con la guancia spiaccicata contro il vetro.

"Ahia, non ci credo, non ci credo, ma sei un disastro" si tocca più volte preoccupato il naso e guarda la mano cercando il sangue.

"Non c'è" fa Niki. "Dai, non ti sei fatto niente." Alessandro neanche l'ascolta. Apre lo sportello e scende di corsa. Anche Niki scende. "Ehi, signore, ma dove guarda? Io avevo la precedenza!"

Il signore esce dalla sua auto. "Cosa?!" È alto, grasso e pure grosso, sui cinquanta, capelli scuri e mani nodose. Insomma è uno di quei tipi che, se vogliono, fanno male. E tanto.

"A ragazzi, ma che stai a scherza? Io vengo da destra. Tu nemmeno m'hai filato. M'hai preso in pieno che neanche al tiro ar bersaglio. E meno male che hai frenato all'ultimo, sennò nun ce stavamo neanche a parla. Guarda qua, guarda i danni che hai fatto..."

"Sì, ma lei non guardava. Io l'ho visto, lei era distratto con la signora."

Una donna scende dall'auto. "Scusi, ma che sta dicendo? Non stavamo neanche parlando..."

Alessandro decide di intervenire. "Ok, ok, calma, l'importante è che nessuno s'è fatto male, no?"

Il signore scuote la testa. "Io no. Giovanna, te? Hai preso una botta alla testa? Un colpo di frusta? Ti fa male il collo?"

"No, Gianfrà, no."

"Perfetto." Alessandro entra in auto. Niki lo raggiunge.

"Mi si sta gonfiando il naso?"

"No, macché, stai un fiorellino. Senti, secondo me questi|

due sono venuti qui per fare roba, ok? Hanno entrambi la fede|

al dito. Quindi sono sposati. Se dici che chiami la polizia e chef

vuoi fare il verbale, magari si spaventano e se ne vanno."|

"Dici?"I

"Sicuro."i

"Niki..."

"Eh?"

"Finora non ne hai azzeccata una... Il parcheggio, il biglietto dell'autobus. Ora sei sicura che ti vuoi avventurare con il verbale della polizia?"

Niki si mette le mani sui fianchi.

"I frullati erano buoni?"

"Buonissimi."

"Allora lo vedi che su qualcosa c'azzecco? Dammi un'altra possibilità..."

"Ok."

Alessandro esce dalla Mercedes. "Pensavo d'avere dietro il cid e invece niente. Mi sa che ci tocca chiamare la Municipale, almeno fanno i rilievi... e i verbali."

La donna guarda l'uomo.

"Gianfrà, mi sa che ci vorrà un sacco di tempo..."

Niki guarda soddisfatta Alessandro. Gli fa l'occhiolino. Gianfranco si tocca il mento pensieroso. Niki interviene. "Vista la situazione... Be, facciamo finta che non è successo niente: voi ve ne andate e noi ce ne andiamo."

Gianfranco la guarda perplesso. Non capisce. "E la macchina che m'ha sfonnato?"

"Pericoli del mestiere" osa Niki.

"Ma che, stai a scherza? L'unica volta che esco con mia moglie pé sta un po da soli, che non ne posso più, che c'ho sempre i figli in casa co dieci amici e cerco un posto dove stare tranquillo con lei, per colpa tua ci devo rimettere io? A fur

betta... Ma la chiamo subito io la Municipale e aspettiamo quello che c'è da aspettare! Pure un anno!" Gianfranco prende il suo telefonino dalla tasca e compone un numero. Niki si avvi cina ad Alessandro. "Ok, come non detto..."

"Visto."

"Ma tu ce l'hai il cid in macchina?"

"Certo, ho fatto finta di no per la tua splendida teoria degli amanti."

"E allora prendilo..."

"Ma ormai stanno chiamando la Municipale."

"È meglio se lo prendi... Fidati!"

"Ma capiscono che abbiamo bluffato!"

"Alex... io non ho il foglio rosa e ho diciassette anni."

"Ma se mi avevi detà aaaah, io ci rinuncio con te."

Alessandro si tuffa nella macchina ed esce un secondo dopo con un foglio in mano.

"Gianfranco, guardi! Ho trovato un cid! Che fortuna, eh?!"

I

Ventidue

Stanza indaco. Lei. È difficile. Sembra che ti manchi la terra]

sotto i piedi. La strada che conoscevi, le parole che sapevi, glij

odori e i sapori che ti facevano sentire protetta... decidere di|

cancellare tutto. Sentire che altrimenti non andrai da nessuna

parte e resterai lì, a far finta di vivere. Ma l'amore che finiscejj

così era davvero amore? Mi dispiace. Non voglio che soffra. Non se lo merita. È sempre stato buono con me. Ci tiene. Si preoccupa. È anche un po geloso. Ieri, quando stavo per dirglielo, mi sono sentita morire. Mi parlava della sua giornata, del suo nuovo lavoro, della prossima vacanza che vuoi fare con me ad agosto per festeggiare la maturità. Accende il portatile. Apre la cartelletta gialla. Sceglie a caso il file.

"Con gli occhi della fantasia si vide mentre conversava con questa dolce e bellissima fanciulla seduta accanto a lui, in una stanza piena di libri, quadri, gusto e intelligenza, pervasa da una luce chiara e da un'atmosfera calda e brillante..."

Poi smette di leggere. E si sente all'improvviso quella fanciulla. E vede quella stanza piena di libri. E osserva quei quadri. E sente quella luce chiara che la illumina e la rende bellissima. E lui, quel lui, non ha i lineamenti del suo ragazzo, ma di qualcuno nuovo, tutto da immaginare. Qualcuno capace di scrivere quelle parole che la fanno sognare. Quanto è vero. Quanto abbiamo bisogno di un sogno.

Ventitré

Poco più tardi, in macchina. Alessandro mormora qualcosa tra sé e sé. Niki se ne accorge.

"Che fai, preghi?"

"No, facevo i conti di quanto ho speso... Allora, tra assicurazione per il bonus malus, la multa per la macchina, la multa per il tram, il carro attrezzi, l'incidente... Io quel motorino te lo compravo nuovo."

"Sì, ma il valore affettivo di Milla dove lo metti?"

"Posso evitare di dirlo?"

Niki si gira verso il finestrino. "Cafone!"

Alessandro continua a guidare e ogni tanto la guarda. Niki rimane girata di lato. Ticchetta con le dita sul cruscotto, tenendo il tempo della musica che arriva dal ed di Damien Rice. Alessandro se ne accorge e lo spegne. Niki si volta veloce verso di lui. Poi si avvicina al finestrino e ci alita sopra. Con l'indice inizia a scrivere qualcosa. Alessandro preme un tasto, il tettino si apre, entra dell'aria che asciuga il vapore e cancella la scritta di Niki. Lei sbuffa.

"Mamma, come sei antipatico."

"E tu sei insopportabile quando fai la ragazzina."

"Ma te l'ho già detto... Io sono una ragazzina! E tu quando fai così sembri, anzi, sei più piccolo di me."

In quel momento si sente il suono di una sirena in arrivo. Un'auto dei carabinieri sta passando nella direzione opposta a tutta velocità. Niki si alza ed esce fuori dal tettino. Si sbraccia e urla come una pazza. "Andate piano, deficienti!"

L

L'auto dei carabinieri li incrocia. Alessandro la tira giù prendendola per la maglietta, facendola cadere sul sedile. "Stai giù, ferma. Che ti urli?"

Alessandro sente uno stridio. Guarda nello specchietto. L'auto dei carabinieri ha inchiodato, ha fatto inversione sgommando ed è ripartita a tutta velocità tornando indietro verso di loro.

"Ecco, ecco, lo sapevo. Brava, brava, sei contenta ora? Mettiti la cintura, fai qualcosa di utile!"

"Vedi, però, avevo ragione io. Se vengono da noi... vuoi dire che non stavano correndo da nessuna parte."

"Niki, guarda, ti prego... stai zitta. Adesso tu stai zitta!"

L'auto dei carabinieri li affianca e fa segno con la paletta di accostare. Alessandro annuisce e pian piano si avvicina al marciapiede. I carabinieri scendono. Alessandro abbassa il finestrino.

"Buonasera, agente."

"Buonasera a lei, patente e libretto per cortesia."

Alessandro si china e apre il cassetto del cruscotto. Prende la custodia dove tiene i documenti dell'auto e glieli da. Intanto l'altro carabiniere fa il giro del cofano, controlla il tagliando dell'assicurazione. Poi nota il fanalino rotto e la fiancata rovinata.

"Tutto a posto. Sembra..." dice il primo. Ma trattiene i documenti.

"Cosa gridava la sua amica, che l'abbiamo vista sbracciarsi?"

"Ma no, niente."

"Mi scusi, lo voglio sentire da lei."

Alessandro si gira verso Niki. Lei lo guarda. "Niente. Ho solo urlato che anch'io voglio essere carabiniere. Ma tanto voi a noi non ci prendete, vero?"

"E rimasta indietro, signorina."

Proprio in quel momento l'altro carabiniere si avvicina al finestrino di Alessandro. Si guardano. E si riconoscono. Solo ora Alessandro realizza. Carretti e Serra, i due carabinieri venuti a casa sua la sera prima.

"Buonasera! Di nuovo lei... ma anche questa ragazza è russa?"

"No, questa è italiana e fra l'altro vorrebbe entrare nell'Arma. Vi stima tanto."

Alfonso Serra nemmeno la guarda. "Tenga i documenti. E lei non si sporga più dal tettino. È pericoloso e distrae le auto che viaggiano in senso contrario."

"Certo, e grazie."

"E ringrazi che c'hanno chiamato per una rapina, sennò con lei..." e torna a guardare Alessandro, "tra la storia delle russe di ieri sera e ora questa ragazzina, non finiva qui..."

Senza lasciargli il tempo di rispondere, i due carabinieri salgono sull'Alfa e ripartono sgommando a tutta velocità. Alessandro mette in moto e riparte in silenzio.

"Vorrei portarti a casa... e arrivare sano e salvo nella mia."

"Dove ti aspettano le russe..."

"Cosa?"

"Sì, sì, l'ho sentito quello che ha detto il carabiniere, che ti credi? Mica sono sorda... Ma d'altronde cosa ci si poteva aspettare da uno come te? Classico tipo da straniere. Prometti loro lavoro, uno spot pubblicitario, dai, diventerai una star e tutto il resto... per portartele a letto insieme ai tuoi amici. Bravo. Sei proprio un tipo squallido... Portami a casa va..."

"Guarda che era una semplicissima festa a casa mia. Solo che i vicini rompiscatole hanno chiamato i carabinieri dicendo che facevamo troppo casino e non era vero."

"Certo, certo, come no... l'hai detto proprio tu... Chi vince festeggia, chi perde spiega. E tu stai spiegando."

"Ma che c'entra, io parlavo del calciotto."

"Infatti..."

"E poi io non ti devo proprio nessuna spiegazione."

"Certo, certo..."

"Guarda che sul serio io non ho nulla da nascondere e poi non ne devo certo rendere conto a te."

"Sì, sì. Gira qua a destra e va dritto. Certo, perché se non

c'era quel carabiniere là, tu me la raccontavi, vero, la tua serata con le russe?"

"Ma guarda che sei forte. Perché avrei dovuto raccontartela? E poi te l'ho già detto non c'è proprio niente da raccontare."

"In fondo alla strada a sinistra. Comunque non me l'avresti detto."

"Ma chi sei? La mia fidanzata? No, quindi che ti devo venire a dire? Di che mi devo giustificare? Siamo una coppia, noi?"

"Assolutamente no. Siamo arrivati. Numero . Ecco, quello lì è il mio portone." Di colpo Niki si tuffa su di lui, sparendo sotto il cruscotto.

"Porca miseria!"

"Ehi, ma che succede?"

"Shhh, ci sono i miei che stanno uscendo."

"E allora?"

"Ma come allora, se mi beccano con te sono dolori."

"Ma se hai appena detto anche tu che non siamo una coppia?"

"Sono dolori lo stesso."

Alessandro guarda Niki tuffata sulle sue gambe. "Se ti beccano così poi... sono dolori anche per me. Vai a spiegarglielo che ti nascondevi e basta."

Niki lo guarda da sotto. "Sei fissato, eh? E certo, sei abituato alle tue russe."

"Ancora! Mi spiace per te ma io non mi presto a questi tuoi giochetti di gelosia."

"Io non sono gelosa. Dimmi che stanno facendo i miei."

"Ma niente. Allora, tua madre... - te l'ho detto, vero, che è una bella donna? - sta davanti a una macchina e si guarda inj

giro. Cerca qualcosa."j

"Cercarne!"i

"Può essere... Certo che è proprio una donna elegante...

ahia! Ma che fai mordi?" Alessandro si massaggia il quadricij

pite. ^j

"Te l'ho detto che non devi parlare di lei... E ringrazia chej

era la gamba!"I

E lo morde di nuovo.

m

"Ahia!"

Alessandro si massaggia di nuovo.

"Dimmi che sta facendo ora mia madre."

"Ha tirato fuori il cellulare e sta facendo un numero."

Un secondo dopo squilla il Nokia di Niki. Lo prende.

"Pronto."

"Pronto, Niki, si può sapere dove sei?"

"Niente, mamma, sto tornando."

"Ma come mai hai questa voce?"

"Quale voce, mamma? È la mia..."

"Ma che ne so... Sembri come piegata..."

"Sì... Mi fa un po male la pancia." Niki sorride ad Alessandro. "Certo che a te, mamma, non ti sfugge proprio niente, eh?"

"Sì, tranne te! Senti, noi stiamo uscendo, andiamo al cinema coi Maggiori. Tuo fratello è solo. Voglio che al massimo tra un quarto d'ora tu sia a casa. Quindi mi chiami dal fisso e mi passi tuo fratello."

"Ci sarò."

"Guarda che voglio sentirti prima che inizi il film."

"Mamma, fidati... È come se fossi già sotto casa."

La madre chiude la telefonata. Niki sente partire una macchina. Allora si alza piano piano e controlla la strada. Vede sua madre passare lontano in auto.

"Meno male, sono andati via."

Niki si risistema un po.

"Be, è andata bene."

"E certo, se lo dici tu..."

Rimangono per un po in silenzio. Niki sorride. "Sono sempre strani questi momenti, vero?"

Alessandro la guarda. Pensa a quanto tempo era che non usciva con una ragazza diversa da Elena. Tanto. E ora con chi esce? Con una minorenne. Be, non è male. Se uno vuole cambiare la propria vita è bene farlo alla grande. Ma la realtà è un'altra. Lui non voleva cambiare la sua vita. Lui stava bene con Elena. Eccome. E soprattutto non aveva mai scelto di uscire con questa Niki.

"A che stai pensando?"

"Io?"

"E chi?"

"A niente."

"Impossibile non pensare a niente."

"No, sul serio, non pensavo a niente."

"Ah sì? Provaci sul serio a non pensare a niente..."

Rimangono per un secondo in silenzio.

"Vedi? È proprio impossibile. Comunque affari tuoi se non me lo vuoi dire..."

"Senti, se non vuoi crederci non so proprio cosa farci..."

Niki lo guarda un'ultima volta e poi sorride. "Be, io vado allora..."

"Scendo anch'io così ti accompagno al cancello..."

Scendono tutti e due dalla macchina e camminano in silenzio fino all'entrata di casa di Niki.

Alessandro si mette davanti a Niki, tenendo le mani in tasca. "Be, eccoci qua... giornatina intensa, eh?"

"Già."

"Ci sentiamo."

"Sì, certo. Dobbiamo sistemare il nostro incidente."

Niki alza il mento e guarda verso la Mercedes. "Mi dispiace di averti abbozzato anche lì davanti..."

"Non ti preoccupare, ormai mi sono abituato."

"Possiamo sempre fingere che è successo tutto insieme. I miei danni sono sicuramente meno dei tuoi."

"Nessun assicuratore crederebbe che un motorino m'ha ridotto la macchina in quel modo! A meno che non me l'hai lanciato direttamente dal terrazzo ! "

Niki ride. "Perché, non potrebbe essere? Lo hanno fatto anche allo stadio."j

"Ok, ok, come non detto."

"Comunque tranquillo, non mi far sentire in colpa più delj

dovuto, ora ci penso e in qualche modo troverò la soluzione."]

Si sporge e lo bacia sulla guancia. Poi corre via. Alessandro sor|

ride e va verso l'auto. Ci cammina attorno per constatare i|

danni. Finito il giro, sorride un po meno. Sale in auto. Sta per mettere in moto quando arriva un messaggio. Torna a sorridere. Dev'essere Niki. Poi di colpo gli viene in mente // Piccolo Principe. E si preoccupa un po. Cavolo. Sto facendo come la volpe? Mi sto addomesticando? Com'era quel bel passaggio? "In principio tu ti siederai un po lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po più vicino... Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e a inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti..." Già. Ci vogliono i riti. E io stavo già aspettando un suo sms? Alessandro apre il messaggio. No. È Enrico. La volpe si alza e se ne va, uscendo dalla scena dei suoi pensieri.

"Siamo da Sicilia in bocca a via Flaminia, ci siamo tutti. Ci mangiamo un po di buon pesce. Che fate? Ci raggiungete? Fammi sapere. "

"Sto arrivando" risponde veloce Alessandro col T. "Ma sono solo." Messaggio inviato. Mette in moto e parte. Poco dopo squilla il cellulare. Numero privato. Come non sopporto quando nascondono il numero. Chi potrà essere? Le ipotesi sono troppe. Si fa prima a rispondere.

"Pronto."

"Sono io."

"Io chi?"

"Io Niki. Già mi hai dimenticato?"

No, pensa Alessandro. E poi come potrei, se non altro perché ne porto i segni. Ma non glielo dice. Capisce che supererebbe di nuovo la Bernardi e forse anche la mamma di Niki in classifica. La volpe torna in scena e si accuccia, tranquilla, ad ascoltare.

"Sai, ti ho chiamato con *# perché sono a casa. Ho finito il credito."

Mica vorrà che le ricarichi la scheda, pensa Alessandro per un attimo.

"Volevo solo dirti che sono stata benissimo oggi pomeriggio con te. Mi sono divertita un sacco."

Alessandro si sente un po in colpa per quel suo pensiero. Perfino la volpe lo guarda male.

"Anch'io, Niki." La volpe torna serena.

"Sai qual è la cosa che mi è piaciuta di più?"

"Il frullato?"

"No, cretino. Che mi hai fatto sentire donna."

Alessandro sorride.

"Be, sei una donna."

"Sì, grazie, lo so. È solo che a volte non ti ci fanno sentire del tutto. E poi vuoi sapere la cosa più bella? È la prima volta che qualcuno... sì, insomma... Cioè è una cosa bella che nessun uomo mai aveva fatto per me..."

Alessandro rimane perplesso. "Bene, sono proprio felice." Alessandro continua a pensare ma non gli viene in mente nulla.

"Allora ci sei arrivato?"

"Ho qualche idea ma è meglio se me lo dici tu."

"Ok... Che quando mi hai riaccompagnata a casa non hai pro vato a baciarmi. Sul serio. Mi è piaciuto da morire. È la prima volta che un uomo arriva davanti al portone e non ci prova. Bravo! Sei unico! Ciao! Ci sentiamo presto, buona serata." Niki chiude, come al solito senza lasciargli il tempo di rispondere.

Alessandro rimane con il telefonino in mano. Bravo. Sei unico. Voleva dire sei l'unico coglione! E non sapendo bene come interpretare quella telefonata, accelera verso il Flaminio.

Ventiquattro

" I

!

Mauro da ogni tanto un calcio alla gomma posteriore del suo Kymco sfondato, fermo sul cavalietto, facendola girare. Fuma una sigaretta. Poco più in là, almeno cinque o sei Winston blu hanno già fatto la stessa fine. Guarda di nuovo in fondo alla strada. Eccola.

Mauro spegne la sigaretta e le corre incontro. "Ma dove cazzo eri? Dove sei stata? Eh? Dove cavolo eri?"

Paola avanza serena. È felice. Ha un bellissimo sorriso.

"Amò, mi hanno preso, mi hanno preso!"

"Ma perché non mi hai chiamato?"

"Avevo finito il credito, neanche per un sms, e mia madre stava al fisso. M'avevano chiamata per un recali..."

"Un che?"

"Un recali! Quando ti chiamano per fare di nuovo il provino... Sono andata con l'autobus... Non potevo aspettarti e poi ho preso la metro, tanto il provino non era lontano, era di nuovo a Cinecittà."

Lo abbraccia, lo bacia, morbida, dolce, sensuale come sa essere Paola. Quando vuole. "Ma di che ti preoccupi? Non sei felice? Mi hanno preso!"

Mauro mette ancora il broncio. Si libera dal suo abbraccio. "Cazzo, te l'ho detto mille volte... non mi piace che vai da sola." Paola alza gli occhi al cielo. "Cioè, non è che non mi va che fai i provini, anzi, ma mi piace proprio accompagnarti."

"Ma scusa, guarda che nessuna delle altre viene accompagnata dal ragazzo."

"Eh, grazie, perché a quelli nun je ne frega nulla. Invece io ci tengo a te. Poi, altra cosa, te l'ho detto mille volte, quando stai per finire il credito, dimmelo no? Che c'ho mia madre che lavora al tabacchi all'angolo... La chiamo e ti faccio ricaricare al volo. Oppure ti carico direttamente io da qualche altra parte." Poi Mauro rimane zitto. Sì, ma con quali soldi la ricarico, pensa tra sé. Ma non è certo quello il momento di farglielo presente.

Paola apre la sua grande borsa dai manici larghi. "Guarda, dopo il provino sono andata a Cinecittà e ti ho preso questo..." Tira fuori un orsacchiotto di peluche con la maglia della Roma.

"Magico! Troppo fico, grazie, amò..."

"Hai visto? È l'orsino Totti, è come il tuo capitano, un piccolo gladiatore... peloso."

"Ahò, è troppo carino."

"Sentilo, sentilo" Paola glielo preme sul viso. Mauro lo allontana, grattandosi il naso. "Ahò, così me fai starnutì, e dai!"

"Ma non lo senti?" Mauro se lo riavvicina al naso, stavolta da solo, più tranquillamente. Paola sorride. "C'ho messo sopra un po del mio Batik, così quando te lo porti a letto pensi a me. Ma perché ridi? È perché ce ne ho messo troppo, eh Ma?"

Mauro sorride e se lo infila nella tasca interna del giubbotto.

"No... No, è che c'ho così voglia di te che 'sto orsino nun me basta proprio, a bella... Sei meglio di Ilary."

Mauro le da un bacio con la lingua, la stringe a sé, facendole sentire che è eccitato. "Sul serio, c'ho voglia. Andiamo nel tuo garage, nella macchina di tuo padre..."

Paola si tocca la pancia verso il basso. "Non posso. Mi sono venute proprio oggi mentre stavo per fare il provino e per fortuna che ce li avevano lì."

"E chi ce li aveva?"

"La pubblicità che faccio è proprio su quelli..." tira fuori dalla borsa un pacco di ventiquattro assorbenti. "Ahò, sarà per

ti

¥:¦

l'emozione, ma me so venute prima. Guarda che fortuna, me ne hanno regalato un pacco!"

"Amò, ma che stai scherzando?" Mauro si scosta da lei. "Ma che sul serio devi fare la pubblicità di 'sti cosi? Cioè, come dire a tutti che c'hai il ciclo?"

Paola si scoccia. "Senti, ma che hai stasera? C'hai voglia di litigare? È una cosa naturale! Non è volgare, che c'è di male? Ogni donna, ogni mese, ne ha bisogno. Di solito gli uomini s'incazzano quando succede che non servono, casomai..."

"Ho capito, ma mi sembra così cafone."

Paola gli si avvicina di nuovo e lo bacia sul collo. "Sei troppo nervoso. Dai, mi accompagni quando si gira, vedrai che non c'è niente che ti può dar fastidio, eh? Senti, ti va che andiamo a mangiare una pizza, eh? Offro io."

"No" Mauro va verso il motorino, "andiamo sì, ma offro io."

"Come vuoi, volevo solo festeggiare che mi hanno preso!"

"E già mi hai regalato l'orsino, no?"

"Va bene... Andiamo al Paradiso? Non è lontano, ci vanno sempre un sacco d'attori."

"Va bene, andiamo." Mauro le passa il casco, poi s'infila il suo. Paola si siede dietro, mette la grande borsa tra lei e la schiena di Mauro.

"A Paole, ci pensi che un giorno diventerai famosa e magari la gente verrà al Paradiso pé vede te che mangi?" Mauro le sorride guardandola nello specchietto.

"Dai, non mi pijà in giro."

"Ma perché? Sul serio lo dico, ahò, tutto può esse..."

Proprio in quel momento arriva una grossa moto che si ferma vicino a loro. Il tipo alza la visiera del casco.

"Ahò, a Mauro. A belli... che fate?"

Mauro sorride. "Andiamo a mangiare una pizza."

"T'ero venuto a cercare sotto casa, ma eri già andato via. Avevo bisogno di una mano."

"Grazie. Ma te l'ho detto, non posso."

"Fammi sapere quando ti decidi. Te regalo 'sta moto quando vuoi. Così anche quando vai a magna una semplice pizza, ce

metti de meno. E soprattutto la tua ragazza sta meno inguaiata. A Ma, le donne amano la comodità, eh... Nun te lo scorda mai!" Il tipo si abbassa la visiera. Mette la prima e con una mezza pinna s'allontana velocemente. Seconda, terza, quarta. È già sparito in fondo alla strada. Mauro accelera piano. Paola gli si poggia sulla spalla. "Ma chi è quel boro, eh Ma?"

"Ma niente."

"Ma come niente? Dimmi dai."

"T'ho detto... niente. Ci stavo a scuola insieme ma era una vita che non lo vedo. Lo chiamavano er Civetta, uno simpatico."

"Sarà. A me sembra solo un boro e pure pericoloso. E poi che è 'sta cretinata delle donne che amano la comodità? Le donne amano l'amore, diglielo se lo rivedi er Civetta." Mauro sorride e le tocca la gamba. Paola gli accarezza la mano. "Anzi, no. Non dirglielo. Tanto quello non capirebbe."

Mauro accelera e via così, verso il Paradiso, un grande risto rante poco lontano da Cinecittà. Ma il motorino, un vecchio Kymco, più di tanto non ce la fa. Procede tranquillo nella notte. Ha la gomma posteriore leggermente sgonfia e sopra due pas seggeri pieni di illusioni e di speranze.

Venticinque

Le auto dei suoi amici sono tutte parcheggiate di fronte a Sicilia in bocca. Prima di entrare, lo vede proprio lì davanti e non resiste. Sorride all'idea. Ci pensa un attimo. Alla fine sceglie la soluzione migliore. Tanto ormai, questa giornata è andata così. Poi, appena fatto, prende il cellulare e scrive rapido un sms. Invio. D'altronde se non viene a un direttore creativo, no? Poi entra nel ristorante. Profumi di cibi siciliani, aromi e spezie lo avvolgono.

"No! Eccolo! Incredibile!" I suoi amici sono tutti al tavolo in fondo. Enrico e Camilla. Pietro e Susanna. Flavio e Cristina. Alessandro li saluta da lontano e li raggiunge. "Non pensavamo che venissi!" Cristina lo guarda. "Ma Elena?"

"Aveva una riunione. Doveva lavorare fino a tardi. Vi saluta" e senza dire altro si siede al posto libero, a capotavola. Cristina guarda Flavio, gli fa un segno come a dire: visto, avevo ragione io. Alessandro apre il menu.

"Eh, mi sembra buono qui. Tutte ricette della miglior Sicilia..."

Enrico gli sorride. "Ti ricordi quando volevamo fare quel viaggio a Palermo?"

Camilla alza gli occhi al cielo. "Ecco che ricominciano coi ricordi, come quando s'invecchia."

Enrico non l'ascolta. "Dai, quando dovevamo partire e avevi l'ultimo esame all'università e poi la tesi a ruota. Siamo partiti con la Citroen di tuo padre e c'era anche Pietro."

"Come no" dice Pietro, "che poi abbiamo fuso il motore..."

"Sì, e nessuno di voi due ha voluto dividere la spesa!"

"E certo, scusa Alex, saresti andato comunque anche senza di noi, no? La macchina l'avresti presa lo stesso e ti sarebbe successo anche se io e lui non c'eravamo ! "

"Quindi era meglio se andavo da solo!"

"Questo no. Perché grazie a noi hai conosciuto quelle tedescone."

"E ti pareva" dice Susanna, "non c'è un racconto dove non spuntino le straniere."

"Che non lo sai? Sono proprio loro che hanno promosso il marchio del latin lover italiano all'estero."

"Già, strano però che funzioni solo fuori dall'Italia." Cristina spezza un grissino. "Si vede che le straniere hanno il viagra incorporato." Susanna e Camilla ridono. Enrico continua. "Comunque erano davvero favolose. Alte, bionde, bellissime, fisicate, sembravano lo spot della Peroni."

"Già, quello di cui poi mi sarei occupato davvero io cinque anni più tardi..."

"Eh, intanto gli avevamo già fatto i provini allora!"

Enrico e Flavio ridono. Anche Alessandro. Poi si ricorda delle russe e per un attimo torna serio. Pietro se ne accorge e cambia subito discorso. "Peccato, Flavio, che non sei venuto, ti saresti divertito da morire. Ricordate quella sera che abbiamo fatto il bagno nudi a Siracusa?"

"Sì, e sempre con le straniere!"

"Sì, e tu c'hai pure fregato i vestiti! Pensavi di farci un torto e invece il nudo ha aiutato!"

"Bello, potrebbe essere uno spot. Ma perché Flavio non sei venuto? Eri a militare?"

"No, l'anno dopo."

"Ma stavate già insieme tu e Cristina? Perché poi l'inverno dopo, quando siamo andati in montagna..." Pietro fa finta di ricordarsi qualcosa, "no, no, niente..."

Cristina sorride e capisce perfettamente il gioco. "Sì, sì, e anche lì c'erano delle straniere svedesi... Ma anche se fosse

vero... non avrebbe combinato nulla! È stato sempre noiosamente fedele."

"No, no aspetta... peggio! Lì, in una serata indetta dall'albergo, una spogliarellista è venuta per uno show porno. A parte gli scherzi, ragazzi, ve lo ricordate?"

"Eccome no... Come si sedeva sulle ginocchia!"

"Sì, e poi questa andava tra il pubblico, sceglieva qualche tipo, poi tutta nuda si spruzzava addosso un po di panna da cucina e si faceva leccare tutta."

"Sì, terribile. E tra il pubblico c'erano anche dei ragazzini. Secondo me non si sono mai ripresi. Uno è diventato amico di Pacciani."

"Pietro! Ma che battute fai? Terribili."

"Ma amore, sono i genitori a essere terribili. Dai, lasciavano f:assistere i figli a una roba del genere. Tu ai nostri faresti vedere

uno show senza sapere di che si tratta?"

"Io no. Il problema è che a uno spettacolo del genere ce li accompagneresti direttamente tu."

"Sì, ma che c'entra, io lo farei con scopi educativi." Il""Ah sì, certo... Proprio."

/Arriva il cameriere.

$"Buonasera, volete ordinare?"

*t"Sì, grazie."

Susanna riapre il menu ma è indecisa.

"Vi ricordate quella volta che eravamo al Buchetto e il cameriere alla fine si fece spostare di tavolo per quante volte avevamo cambiato ordinazione?"

"Ancora?" Camilla sbuffa. "Ricominci coi ricordi? Ma che, la vita era solo allora? La vita è adesso."

" Sì, nel vecchio albergo della terra e ognuno in una stanza..."

"Però è una bella frase. Forte come slogan."

"Ripeto" continua Camilla, "non guardate indietro, sennò non vi accorgete del presente. Dovete sempre stare attenti al presente."

Il cameriere, che ha assistito a tutta la scena, chiede gentilmente "Volete che torni dopo?"

Cristina prende in mano la situazione. "No, no, ci scusi, ordiniamo subito. Allora, per me una bella caponata..."

Il telefonino di Alessandro squilla. Guarda il display. Sorride. Si alza dal tavolo. "Scusate... senta, io prendo un carpaccio di spada e poi involtini alla messinese..." E si allontana, uscendo dal locale. Tutti lo guardano. Alessandro fuori dal ristorante apre il telefonino.

"Pronto..."

"Non ci credo! Eri andato benissimo e poi mi cadi sul più bello."

"Ma Niki, ti ho fatto solo una cortesia..."

"Sì, ma c'è un piccolo dettaglio! Non te l'ho chiesta. Lo fanno tutti i ragazzi, pensano che coi soldi mi possono conquistare. Invece si sbagliano."

"Ma Niki, veramente..."

"E poi quella frase... Ciao, ti ho ricaricata. Tu hai ricaricato me. E ora io ricarico te. Mamma mia, pessima."

"Ma guarda che era per essere gentile."

"E invece sei stato solo cafone. Poi non hai ricaricato me... Hai ricaricato solo il telefonino! C'è una bella differenza. Forse queste cose le apprezzano le russe. Non io."

"Ma guarda che è stato un gesto..."

" Eccessivo. Cento euro. Cosa volevi dimostrare?"

"Mi sentivo in debito e così..."

"E così non possiamo più uscire."

"Ora sei tu che sei pesante."

Niki rimane in silenzio.

"Ehi, che succede?"

"Penso. Tanto con tutto quello che mi hai ricaricato hai voglia a stare al telefono..."

"Dai, non prenderla male, volevo solo essere carino. Facciamo così: mi devi cinquanta frullati."

"No, quarantasette e mezzo."

"Perché?"

"Perché cinque euro di quella ricarica se li beccano quei bastardi della compagnia telefonica."

"Va be, vorrà dire che chiedo a loro due frullati e mezzo. Dai, a parte gli scherzi... Tutto a posto? Pace?"

"Uhm. Ci devo pensare."

"Guarda che se continui così diventi più pesante della Bernardi."

"No, questo no. Va bene, mi hai fatto ridere. Pace."

Alessandro non fa in tempo ad aggiungere niente. Niki ha già chiuso. Proprio in quel momento Pietro, Flavio ed Enrico escono dal ristorante.

"Col fatto che non si può più fumare dentro abbiamo la =scusa per staccare e uscire! Ehi, era Elena? Fatto pace?"

"No, era una mia amica."

Pietro da un tiro alla sigaretta e si incuriosisce. "Una tua amica? E da quando in qua una tua amica ha accesso al tuo telefonino?"

"È un'amica per modo di dire, abbiamo fatto un incidente."

"Anni?"

"Diciassette."

"Guai in vista."

"Sì, per te che sei malato. Per me è solo un incidente. Al massimo un'amica."

"Eccessiva sicurezza. Molti guai in vista."

Pietro da un altro tiro alla sigaretta. Poi la butta. "Ragazzi, io rientro. Già ci accusano che parliamo sempre del passato, non vorrei che avessero anche sospetti sul presente. E comunque..." guarda Alessandro, "non si esce da un ristorante per parlare solo di un incidente."

Flavio lo segue. "Vengo anch'io."

Enrico da un tiro tranquillo alla sua sigaretta. "E carina?"

"Molto."

"Oggi t'ho cercato in ufficio. Non c'eri mai."

"Sono stato in giro con lei."

"Bene, sono contento che sei uscito con una ragazza."

"Sai, è che con Elena è un momento un po particolare..."

"Alessandro..."

"Sì?"

"Lo sanno tutti che ti ha lasciato."

"Non è che mi ha lasciato..."

"Alex, sarà un mese che non si vede e a casa tua non c'è più niente di suo."

"Te l'ha detto Pietro? Non dovevo invitarlo l'altra sera."

"Alex, noi siamo i tuoi amici, noi ti siamo stati sempre vicino, noi ti vogliamo bene. Se non lo dici a noi... a chi lo dici?"

"Hai ragione. Perché mi hai cercato in ufficio?"

"Una cosa delicata, non mi va di parlarne adesso."

"Ok, ma domani me lo dici?"

"Certo. Rientriamo."

Alessandro ed Enrico vanno verso il tavolo.

"Ehi, meno male, sono appena arrivati gli antipasti."

Alessandro si siede. "Bene, prima di mangiare vorrei dirvi una cosa."

Tutti si girano verso di lui.

"Che è, la preghiera prima dell'ultima cena?" Susanna da una gomitata a Pietro. "Shhh." Alessandro guarda i suoi amici. Fa un piccolo sorriso per superare l'imbarazzo.

"No... Mi sono lasciato con Elena."

Ventisei

Casa di Niki. Roberto, suo padre, è a letto. Sta leggendo. Simona prende la rincorsa e si tuffa vicino a lui, ridendo. Scivola di lato e cade di fianco, finendo col braccio addosso a Roberto che si piega in due, colpito sulla pancia.

"Ahia, mi hai fatto male e m'hai fatto prendere pure un colpo."

"Non mi hai riconosciuta?"

"Non sei mia moglie, scusa..."

Simona da un'altra botta sulla pancia di Roberto, stavolta voluta.

"Ahia, ma stasera ce l'hai con me!"

"Ma come, ti faccio un'interpretazione perfetta, da Oscar e tu niente. Non ti sembravo Julia Roberts in Pretty Woman, quando corre felice e scivola sul letto?"

"L'ho pensato per un attimo, ma non credevo che mia moglie arrivasse a tanto."

"Cioè?"

"Essere felice per aver imitato una prostituta."

"Riduttivo." Simona sbuffa. "Guarda che a volte sei terribile. Metti veramente a repentaglio un matrimonio."

"Ma quale?"

"Il nostro."

"Macché, stai tranquilla, già finito."

"E tutte quelle cose che m'hai detto l'altra sera? Che infatti non mi sembravano parole tue?"

"Solo per portarti a letto..."

Simona gli salta sopra e lo picchia un po, scherzando e ridendo. "Cretino, subdolo. E comunque la tua è tutta fatica sprecata." Simona si ricompone e si mette di fianco a lui. Alza il sopracciglio e gli sorride.

"Cioè?" :Ci venivo comunque a letto con te. Non ti dovevi mica sfor

"

zare."

"Ecco, allora è vero, il matrimonio è la tomba dell'amore. Tu vedi il nostro rapporto come un contratto. Ma lo sai che c'è gente che fissa il giorno settimanale per farsi la scopatina?"

"Davvero? Non ci credo, che tristezza..."

"Almeno noi funzioniamo random."

"Sì, due spericolati!"

"Allora, si può sapere a cosa devi tutta questa felicità?"

"È per Niki."

Roberto chiude il libro e lo posa di nuovo sul comodino. "Credo d'aver perso definitivamente la voglia di leggere la sera... Aspetta solo un attimo, eh..." Comincia a fare dei lunghi sospiri.

"Ma che fai, che combini?"

"Ho letto un articolo dove dicono che a tutto c'è rimedio. Sto facendo training autogeno. Ispeziono tutte le possibili cose che mi dirai e preparo anima e mente al terremoto emotivo che potresti causarmi con una notizia su Niki."

"Be, mi sembra ottima questa tua idea."

"

Roberto continua a ossigenarsi, respiri lunghi e tranquilli. "Già, ma prima o poi grazie a voi il mio cuore cederà. Ok chiude gli occhi, "sono pronto."

"Sei pronto?"

"Sì, te l'ho detto. Vai."

"Bene" Simona si liscia la camicia da notte, "allora l'altro giorno io e Niki siamo uscite..."

"E fin qua tutto bene."

" E abbiamo fatto shopping."

Roberto apre solo un occhio e la guarda di sottecchi. "Ecco,

lo sapevo, lo sapevo, a questo non ero preparato." Sbatte i pugni sul letto. "Il mio training autogeno va a farsi fottere e benedire. Già lo so. Domani mi chiamerà."

"Ma chi?"

"Il mio direttore di banca. Perché m'avete prosciugato, vero?"

"Ma quanto sei cretino."

"Insieme al libro sul training autogeno, ho letto anche quello sullo shopping compulsivo. Credo crei più danni dei divorzi."

"Ci siamo comprate di tutto e di niente."

"Più tutto o più niente?"

"E non fare il tirchio. Il nostro shopping era piuttosto un'occasione di scambio, condivisione, intensificazione del rapporto madre-figlia, qualcosa che non si può né si deve quantificare. Niki aveva voglia di aprirsi. È importante, no?"

"Be, le vostre puntate sono come quelle di Beautiful, allora mi sembra chiaro. Ho capito."

"Che?"

"Tra poco sarò nonno. E lui, il padre di mio nipote, è il nipote del fratello del cognato del vicino del direttore della mia banca, un agente segreto dal passato torbido che si è riscattato facendo solidarietà in Uganda. Lo adotteranno?"

"Chi?"

"Mio nipote."

"No."

"Allora scappano in America a spese mie per ripristinare l'ormai antica tradizione delle famose fuitine?"

"No."

"Peggio. Ho capito. Non mi dire niente. Il direttore della banca non si deve preoccupare. Si deve licenziare per aver accettato un cliente come me, capace di un buco di fondi pari al pozzo di San Patrizio. Si sposano, vero?"

"No. Ma perché ti fai questi film drammatici?"

"Perché gli episodi della vita di mia figlia hanno sempre un che di thriller."

"Ma parlano d'amore..."

"Sì, ma non di Mariù."

"Ah, ah, carina questa. Sei di buon umore, eh?! Be, ma mi sembra pure giusto. D'altronde hai una figlia con la testa sulle spalle. E tranquilla, serena... A volte pure troppo."

"Bene, dopo quest'ultima tua affermazione, posso anche tornare a leggere il mio libro. Con te è impossibile capire. Sei la mamma più assurda del mondo. L'esatto contrario di tutte le altre. Ma ti rendi conto, ora sei delusa perché Niki è una posata e tranquilla" apre il libro e scuote la testa.

"Amore?"

"Sì?"

"Non credi sia proprio per questo che mi hai sposato?"

"Se devo essere sincero, ogni tanto mi chiedo veramente quale sia la ragione per cui vent'anni fa ho fatto questo passo definitivo."

"Che rimpiangi?"

"No che..." la guarda con sospetto, "mica mi hai fatto bere qualche intruglio della Vanna Marchi & Co. perché io poi potessi farti quell'onerosa e preoccupante richiesta? Sennò non si spiega."

"Ti odio. Mi offendi. Domani esco sul serio con Niki e non per parlare. Ma per fare shopping, ma di quello vero. Sarà talmente grosso l'addebito sulla carta di credito che scapperai col direttore di banca."

"Forte, tipo quei due dei Segreti di Brokeback Mountain."

"Ma voi non vi rifugiate nel Wyoming, al massimo a Pescasseroli indebitati fino al collo."

"Questo comunque è un ricatto pecuniario. Va bene, va bene, parlo. Ho capito perché ti ho sposata." Roberto si gira, la guarda intensamente e aspetta qualche istante in silenzio, per creare suspense, le sorride.

"Allora? Non mi fare innervosire."

"Semplice. Verbo coniugato in tre tempi."

"Cioè? Non capisco."

"Ti amavo. Ti amo. Ti amerò."

Simona gli sorride. "Salvato in corner. Avevo trovato anche la giusta punizione. Regalare una carta di credito a Niki."

"Amore" Roberto l'abbraccia, "non mi cadere così in basso" e la bacia. "Allora? Poi non mi hai risposto. Sei uscita con Niki, hai dilapidato il mio conto e poi? Cosa ti ha raccontato?"

"Mi ha parlato di un ragazzo."

"Oddio che è successo?"

"Si sono lasciati."

"Ahia... Cioè, non faccio in tempo a sapere che mia figlia sta con uno che è già finita... e come sta Niki? È stato lui? In questi casi si abbassa il livello di autostima."

"No, è stata lei."

"Meno male. Cioè, mi dispiace ma è meglio che sia lei a decidere... Ma tu non me la racconti giusta, che cosa altro è successo... Cioè, mi devo preoccupare, ci sono altre notizie sconvolgenti in agguato?"

"Non si è aperta molto. Credo comunque che lui sia stato il suo primo ragazzo. E che con lui ci sia stata la sua prima volta..."

"Ma ne sei sicura?"

"Ho provato a chiederle qualcosa di più ma l'ho vista troppo imbarazzata... Non mi andava di essere troppo insistente."

"Ma scusa, mettiamo che "tutto questo" sia realmente avvenuto, non capisco, proprio dopo che è accaduta una cosa così importante... si lasciano?"

"Credo che "tutto quello" accadesse l'altr'anno."

"L'altr'anno? Ma Niki l'anno scorso aveva..." Roberto fa rapidamente i calcoli. Simona lo aiuta. "Sedici anni."

"Sedici anni, cavoli, sedici anni."

"A sedici anni alcune giocano con le bambole, che però non sono più le Barbie che usavo io. Ora ci sono le Bratz. Altre leggono le Winx. Altre ancora sono già in America. Alcune hanno blog pazzeschi su Internet, scaricano file, hanno l'iPod. Altre uccidono i genitori. E altre si innamorano e giustamente fanno l'amore. Sei fortunato che Niki rientri in quest'ultima casistica."

"Bene, allora sono molto felice di potermi ritenere fortunato." Roberto finalmente apre il suo libro e si mette a leggere.

E ritorna sull'ultima frase letta. "Se posso dire a un altro 'ti amo devo essere in grado di dire 'amo tutti in te, amo il mondo attraverso te, amo in te anche me stesso.'" Che gli sembra un chiaro messaggio.

Anche Simona prende il suo libro appoggiato sul comodino. Altro genere. D'amore e ombra di Isabel Allende. Ma si capisce perfettamente che i due stanno pensando ad altro. C'è uno strano silenzio in quella stanza, uno di quei silenzi così carichi, che alla fine è piacevole interrompere. Roberto si appoggia il libro sulla pancia, aperto ma rivoltato. "Senti, amore, ti posso chiedere una cortesia?"

Simona mette un dito in mezzo alle pagine per tenere il segno. "Certo, dimmi."

"Niki potrebbe ancora non essere andata con nessuno, giu sto?"

"Abbiamo bassissime possibilità..."

"Bene, quando avrai una certezza anche su questo argo mento me lo dirai..."

"Certo."

"Allora, io credo che saranno tante le puntate della Nikis Love Story. E spero che non siano tristi ma piene di momenti felici, di risate, di gioia, di bambini, di successi."

Simona si commuove. "Sì, lo vorrei tanto anch'io. E spero soprattutto che saremo pronti."

Roberto le sorride. "Sì, saremo pronti. Lo siamo già. E tu sei una mamma bellissima. Ti chiedo solo che, qualunque cosa accadrà, me la racconterai senza fare tutte quelle lunghe pause. Lo fai sembrare davvero un thriller."

"Va bene! Te le racconterò in stile spot televisivo!" e Simona non sa quanto ciò sarà vero. Si mettono a ridere e tornano ai rispettivi libri, complici e vicini. Poi Roberto allunga un piede e lo appoggia su quello di lei. Lo vuole sentire. Vuole sentire il calore. E soprattutto non vuole perderlo, in nome di quel verbo coniugato in tre tempi.

Ventisette

Buongiorno, mondo. Sento forte la radio. Un pezzo cantato da Mina. Lo voglio proprio dedicare a Fabio, quando lo incrocio in corridoio. Sì, sì, è adatto. "Come te lo devo dire che non mi piaci, hai le spalle molto grosse anche più di me, come te lo devo dire che con i tuoi baffi nascondi teneri sorrisi e il sole che c'è in te, come te lo devo dire che non ce n'è..." Giusto. Non ce n'è. E quando non ce n'è... Be, non ce n'è. No. Sai che faccio? Stamani ho voglia di mangiarmi due porzioni di cereali al cioccolato. Cavolo. Mi tocca farmi portare da mamma. Che pizza. Niente motorino. Ehi però, carino quel tipo. Peccato mi abbia distrutto Milla. Ma era davvero dolce. Tutto preoccupato. Certo... Dopo che si era preoccupato della fiancata della sua macchina! Un po... ecco, un po troppo senso della proprietà. E anche... Un po... vintage di mentalità. Però forte. Ma sì, oggi lo chiamo. Mi va di sentire... aria di novità.

"Ragazzi, vi dico solo una cosa: io non voglio andarmene da Roma."

Andrea Soldini e tutti gli altri lo vedono entrare sorridente, come Alessandro non è stato da diverso tempo. "Quindi dobbiamo vincere. Allora spiegatemi bene in che direzione stiamo andando."

Tutti parlano alla rinfusa. Cominciano a mostrargli vecchie pubblicità, piccole fotografie, stampe degli anni Settanta ma

anche prodotti americani e perfino giapponesi. Un intero mondo che è sempre girato dietro una semplice caramella.

"Noi dobbiamo colpire un target giovane ma anche adulto..."

"Sì! Dev'essere spiritosa ma seria... Di qualità ma popolare, libera ma anche concreta."

"Dev'essere l'idea di una caramella."

Tutti si girano a guardare Andrea Soldini.

E su quest'ultima affermazione, Dario scuote la testa.

"Direttore staff creativo... e certo, è un genio."

Ad Alessandro scappa da ridere ma non si fa vedere.

"Ragazzi, stiamo andando bene, sul serio. Ho sempre desiderato avere una squadra che lo fosse fino in fondo, che non stesse attenta a quello che ognuno dice, che bisogna sempre e comunque segnare dei punti, come se si fosse in gara anche fra

di noi."

Alessandro si ferma un attimo. Andrea Soldini guarda Dario e gli sorride, come a dire vedi quello che sta dicendo? Eh, eh... Non ti sei comportato bene. Dario non crede ai suoi occhi, scuote di nuovo la testa e alla fine anche lui è costretto a fare una risata e ad accettare quella sconfitta per il gruppo.

"Ok, ok. Mettiamoci al lavoro. Andrea... metti in ordine un pochino tutto quello che abbiamo sottomano."

Andrea sorride e si avvicina a una grande lavagna dove inizia a tirare delle linee e a fare uno schema con tutto quello che hanno trovato sulla caramella, attraverso tempi e paesi.

"Allora, le immagini vincenti, più belle, sono quelle di una caramella francese. Lo slogan? Uno americano che faceva il verso al Vietnam, Lei ti vuole, lei ovviamente era la caramella."

E continua così, a parlare, a spiegare l'incredibile cultura che da sempre si è costruita e accompagna ogni più diversa caramella attraverso i tempi. Alessandro ascolta incuriosito e preso. Ma guarda in continuazione il suo telefonino. Poi un sorriso malinconico, dentro di sé, vedendo che non arriva alcun messaggio. E un pensiero. Dolce come una caramella. Io la chiamerei Elena. E sorride mentre ascolta e segue senza più vedere le

linee che Andrea continua a tracciare sulla lavagna. Però, si da da fare il ragazzo. E guarda gli altri che prendono appunti, che seguono, segnandosi sui loro bloc-notes, agguantando ogni tanto un proprio pensiero. Giorgia continua a disegnare il logo, Michela butta giù frasi e slogan, sottolineando ogni tanto qualcosa che le sembra giusto o che possa dare spunto per un'altra riflessione. Siamo in pieno brainstorming, pensa Alessandro, e io voglio restare a Roma.

Andrea Soldini tira una lunga linea blu alla fine di tutto quello che ha scritto.

"Ecco! Questo mi sembra il materiale più interessante che abbiamo trovato, è su questo che dobbiamo lavorare. Hai dei suggerimenti, qualche particolare idea, un percorso o altro da indicarci, Alex? Siamo tutt'orecchi. Se hai qualche indicazione, noi, tuoi fedeli guerrieri, soldati, servitori..."

"Forse è semplicemente meglio amici o colleghi."

"Sì? Be... Insomma, noi qualunque idea tu abbia... la seguiamo."

Alessandro sorride, poi allarga le braccia e le poggia sul tavolo.

"Mi dispiace deludervi. Mi ha fatto molto piacere ascoltare tutto il lavoro che avete fatto, solo che per ora non ho proprio idee. Non so come muovermi, in che direzione."

I ragazzi lo guardano stupiti, in silenzio, qualcuno abbassa lo sguardo vergognandosi un po per come lui li sostenga tutti, senza alcun timore, sorridendo.

"So dove non voglio andare, quello sì. A Lugano. E so anche che presto tutti insieme troveremo qualcosa. Quindi, al lavoro, per darci appuntamento alla prossima riunione! Avete fatto un buon lavoro fin qui."

Tutti raccolgono le loro cartellette, fogli e quant'altro hanno lasciato sul tavolo della riunione ed escono dalla stanza. Tranne Andrea Soldini che gli si avvicina.

"So che Marcello e i suoi sono già avanti. C'è una persona in quel gruppo a cui sto molto a cuore, alla quale sono legato. Sì, che mi farebbe un piacere, che me lo deve, ecco."

"Andrea, ma perché non sei mai chiaro? Non si capisce mai cosa vuoi dire veramente, dove stai andando..."

"Da nessuna parte. Mi piacerebbe una scorciatoia per il suc cesso. Potremo sapere per esempio a che punto stanno loro e superarli con un'idea diversa o fare qualcosa che renda la loro idea scontata e superata. Non mi sembra d'aver fatto chissà quali giri."

"No. Ma sarebbe una strada scorretta. Questo sì. E mi pia cerebbe invece tanto vincere senza scorciatoie." Alessandro gli sorride.

Andrea allarga le braccia. "Lo sapevo che eri così. Elena me lo diceva. Volevo solo sapere fino a che punto lo eri vera mente."

Andrea si gira e torna al suo lavoro. Proprio in quel momento il cellulare di Alessandro suona. Un messaggio. Si guarda in giro timoroso. Si accorge che è rimasto solo Andrea. Gli altri sono tutti usciti nell'altra stanza. Può aprirlo serena mente. Spera proprio sia quello che sta aspettando ormai da qualche mese. "Amore, scusami, ho sbagliato." Oppure "stavo scherzando". O magari "mi manchi da morire". O presuntuoso "ma non ti manco?". O assurdo "ho voglia un casino di fare sesso con te". O tassativo "scopami subito". O pazzo "lo so, sono una troia, ma voglio essere la tua troia...". Insomma, un qualunque messaggio, ma che porti la sua firma: Elena. Così Alessandro rimane per un attimo col telefonino in mano. Quel l'attesa prima di leggere. Quella piccola bustina che lampeggia e che ancora non svela tutto ciò che contiene e soprattutto che non dice se è suo o no... Poi non ce la fa più e lo apre.

"Ehi, che stai facendo? Fai finta di lavorare, eh? Ricordati, sogna e segui i miei consigli: leggerezza. Un sorriso e tutto ti sembrerà più facile. Voglio esagerare, va, un bacio. E buon lavoro."

Alessandro sorride e cancella il messaggio. A tutto aveva pensato meno che a lei. Niki.

Ventotto

"Ehi, a chi hai mandato quel mess?" Olly spunta alle spalle di Niki. Divertita, furba, sospettosa. Con le mani sui fianchi, la guarda di traverso come fa sempre lei.

"Allora?"

"A nessuno."

"Ah sì, ecco... Be, già il fatto che tu abbia mandato un messaggio a nessuno è sintomo di bugia. Qualcosa non va. Te ne rendi conto anche tu no? Dai, hai detto la cazzata!" e Olly le salta addosso e la prende col braccio attorno alla gola, stringendole forte la testa. Poi, con la mano rimasta libera, comincia a frizionarle i capelli col pugno chiuso.

"Ahia, mi fai male, Olly, ahia! Basta, che sei cretina?" e subito arrivano anche Diletta ed Erica che si mettono davanti a loro, nascondendole a tutto il corridoio.

"Vai Olly, torturala che ti copriamo noi! Falla parlare, questa finta gatta morta!"

Niki fa uno strano guizzo all'indietro e riesce a sfilarsi dalla stretta di Olly. Si sposta, riprende fiato e si massaggia subito la testa e il collo.

"Ahia, ma voi siete tutte matte. Siete Onde ribelli..."

"E certo, ci ribelliamo a te, no? Da qualche giorno sembra che non fai più parte del gruppo... Che t'è successo?"

Erica sorride. "Si è innamorata, guardate com'è cambiata."

Diletta alza il sopracciglio. "È vero, ha pure una pettinatura diversa!"

Niki la guarda interdetta. "Ma guarda che sei fuori. Forse è perché Olly mi ha frizionato i capelli che ora mi stanno da pazzi, come un barboncino, no?"

Olly insiste. "Allora, si può sapere a chi mandavi quel messaggio o no? Guarda che noi ti vogliamo bene. È brutto che non parli, è come se tu non volessi dividere con noi una cosa bella, noi che siamo le tue amiche, le tue Onde..."

Niki sorride. "Ok, ok. Adesso vi spiego. Non vi ho detto nulla perché ancora non c'è proprio niente da raccontare e sono quelle cose che se le racconti prima che siano successe... Be, insomma, poi ti bruci. Capito?"

"Cioè, praticamente ci stai dicendo quasi che noi portiamo sfiga, non ho capito... Addosso, ragazze! Questa non ce la dovevi proprio fare!"

"Ma no, no, non intendevo questo!"

Niki in qualche modo tenta di proteggersi. Si piega su se stessa chiudendosi a riccio. Olly, Diletta ed Erica provano a sbloccarla in tutti i modi, le saltano addosso tenendola per le braccia finché non ci riescono. E Olly velocissima le infila una mano nella tasca posteriore dei jeans e le frega il telefonino.

"Ora, ragazze, leggo ad alta voce quello che ha scritto!"

"No, cazzo, sei proprio una stronza! Olly!"

"Che stronza e stronza, sono preoccupata per la mia amica. Cioè, tu ti sei lasciata da qualche mese con quel similcantautore o vero uomo o ragazzo che sia... Ed è proprio in momenti come questo che poi si finisce per cadere tra le braccia di uno qualsiasi, pensando invece che sia un fico pazzesco. Io sarò i tuoi occhi!"

"Guarda che io non sono caduta proprio nelle braccia di nessuno. È questo che non so come spiegarti."

"Non c'è nulla da spiegare." Olly alza il cellulare verso il cielo e poi "Verba volant, scripta manent".

"Oh, è l'unica frase di latino che sai, la ripeti ogni volta! Che poi a 'sto giro non c'entra proprio niente" ride Diletta, la vera colta del gruppo. "Anzi, sai cosa? In questo caso, visto che si tratta di telefonino, è proprio il caso di dire... scripta volant!"

"Va be..." fa Olly, "quello che è è, volant, manent, sempre parole sono. Leggo ad alta voce per tutte noi. Cartella inviati, ecco qua..."

Fa per aprire il messaggio, quando sente una voce alle sue spalle.

"Ecco, brava. Leggilo anche per me, che sono proprio curioso."

Diletta ed Erica si girano. Capiscono al volo la situazione e lasciano andare Niki. C'è Fabio, il suo ex ragazzo. Le guarda. Sorride. Poi spavaldo inizia a girare in mezzo a loro.

"Che c'è, ho rovinato la festa?"

Sembra sinceramente dispiaciuto. È sempre stato un ottimo attore. Olly è un po impacciata, chiude il telefonino di Niki e se lo mette in tasca.

"Be, volevo solo divertirmi anch'io... non volevo certo rovinare questo momento di spasso."

Niki si avvicina a lui. "Ciao, Fabio."

"Ciao, Niki." Poi Fabio la guarda negli occhi, spostandosi un po in avanti. "Era per me quel messaggio?"

Niki lo guarda. Le amiche si guardano. Ognuna a modo suo sta pensando: e che ti frega, Niki, digli di sì... faglielo credere, che ti costa? Non fare casini...

Niki sorride. Forse ha sentito quei pensieri. Ma come al solito... Niki è Niki.

"No, non era per te."

Fabio la guarda ancora per un attimo negli occhi. Un attimo che sembra eterno. Ma Niki serena non abbassa lo sguardo. E Fabio lo sa che è fatta così. E alla fine non può che sorridere. "Oh, be, certo. Se devi dirmi qualcosa, tu me la dici come hai sempre fatto, guardandomi negli occhi, vero, amore?"

"Sì, ma non chiamarmi amore."

"Magari era un messaggio per i tuoi o per tuo fratello o per un'altra tua amica. Comunque sai che c'è? Non me ne frega assolutamente niente."

"Meglio così, Fabio."

"Non capisco mai se mi stai prendendo in giro, quando

rispondi in questo modo. Io sto invece scrivendo una canzone| j

per te, solo per te. Per tutto quello che c'è stato tra noi... e que|j

sta canzone uscirà. È piaciuto quello che ho già fatto sentire eh

questo pezzo su di te è pure meglio. Ho trovato il nome d'artei

con cui uscirò sul disco..." Fabio aspetta un attimo per creare ancora più suspense e le guarda. "Fabio... Fobia. Ti piace?"

"Sì, molto. Soprattutto nuovo."

Fabio scuote la testa.

"Sai perché le cose non sono andate tra di noi? Perché sei sempre stata invidiosa. Con me non eri al centro dell'attenzione."

Fabio guarda per un attimo Diletta, Olly ed Erica. Poi sorride. "Ci vediamo." E si allontana così, coi pantaloni un po calati, un bel fisico asciutto, le spalle larghe, quei capelli rasati da una parte e lasciati un po più lunghi dall'altra. E quella bandana chiara, celeste, che mette in risalto quei suoi occhi azzurri più scuri.

Erica sorride cercando di sdrammatizzare un po.

"Certo che è proprio fico... Cioè... è bello!"

"Fallo pure essere brutto dopo che è già così stronzo."

Olly restituisce il telefonino a Niki. "Qualunque messaggio hai mandato, non ci dire niente. Spero solo che vada tutto come vuoi tu."

Niki sorride e se lo mette in tasca. "E se lo dici tu, Olly, che hai sempre avuto un debole per Fabio..."

Diletta irrompe in mezzo alle altre. "Secondo me si è fatto bocciare in questi anni solo perché non voleva perdere Niki."

"Ma dai, perché si è fatto bocciare?"

"Che non lo sapevi? Cosa assurda, che oggi poi con i debiti passano tutti."

Niki intanto cancella il messaggio ad Alessandro, per non correre più rischi.

"Comunque vorrei proprio leggere il testo della canzone che ha fatto su di me."

"Ha copiato anche questa idea. Ma che non lo sai? Come Eamon quando s'è lasciato con la donna."

kL.

"È vero" fa Olly sorridendo, "come si chiamava quella canzone?"

"Fuck it."

Diletta comincia a canticchiarla davanti alle altre. "Vedi, non capisco perché mi piacevi così tanto. Ti ho dato tutto, tutta la mia fiducia... Ti ho detto che ti amavo, e ora è finito tutto nella spazzatura."

E rappa, e si muove come il migliore dei rapper di colore, uno strano incrocio tra Eamon ed Eminem.

"Al diavolo i regali, potrei buttarli via. Al diavolo tutti quei baci, non significano niente. Al diavolo pure tu, non ti rivoglio... Pensavi di potermi nascondere le cose, yeah. Ma sei stata scoperta, stronza, l'ho sentito dire. Mi hai preso in giro, hai fatto anche sesso orale. E adesso vuoi tornare da me..."

Diletta fa una strana giravolta chiudendo il pezzo così. "Yeah..."

Niki sorride. "Fabio Fobia non sarà mica così folle... Lo denuncio se fa un pezzo del genere. Comunque, a parte il fatto che non voglio assolutamente tornare da lui... Devo dire che anche in questo testo qualcosa che mi riguarda c'è..."

"Che cosa? I regali buttati?"

"Il sesso orale?"

Niki scuote la testa. "Mi dispiace, non parlo..." e si allontana.

"Forza Onde... torturiamola..." Ma Niki comincia a correre. E le Onde le sono subito dietro nel corridoio della scuola. Cercano di raggiungerla. E, soprattutto, di farla parlare.

Ventinove

Alessandro si è appena chiuso nel suo ufficio. Guarda una foto sulla sua scrivania. La prende, se l'avvicina al volto, la rigira tra le mani. Naturalmente è lui con Elena. Sorride. Un pensiero ottimista. La speranza di tornare insieme. Un ricordo. Quella sera in cui erano stati a vedere Alegria del Cirque du Soleil. A lui non piaceva per niente. A lei moltissimo. E solo per questo aveva trovato i posti in prima fila. Per lei, per vederla sorridere. Per guardare, attraverso i suoi occhi sorpresi, i volteggi di quei funamboli dai fisici perfetti. Lei, incantata su quelle musiche, su quelle luci, sui tanti effetti di scena. E respirare così, attraverso il suo sorriso, le emozioni di quello spettacolo mondiale. E capire che lei, solo lei, era il suo vero spettacolo. E ora? Non resta che uscire da una sala vuota. Che ne sarà dello spettacolo della mia vita? Non fa in tempo a continuare il suo pensiero.

Toc toc. Qualcuno bussa alla sua porta interrompendo così la vana ricerca di una difficile risposta.

"Chi è?"

"Sono io, Soldini, posso?"

"Avanti."

Andrea si affaccia per metà. "Scusa se ti disturbo, magari proprio adesso stavi per raggiungere l'idea di cui abbiamo tanto bisogno. Semplice e forte, diretta al cuore, vincente ed esaltante..."

"Sì, sì, dimmi, che c'è?" taglia corto Alessandro, non volendo ammettere neanche con se stesso che stava pensando a Elena, solo, unicamente e soprattutto totalmente a lei.

L_

"C'è un tuo amico che è venuto a farti un saluto. Ha detto che avevate un appuntamento. Un certo Enrico."

"Non un certo Enrico, Enrico Manello..."

"Ma perché te la prendi con me, da sotto hanno chiamato nel tuo ufficio ma non c'eri. Eravamo in riunione. Io ho solo cercato di essere d'aiuto..."

"Ok, ok, fallo entrare."

"E per l'altra cosa? Niente? Sicuro?"

"Quale altra cosa?"

"La scorciatoia."

"Cioè?"

"Mi informo a che punto sono, qual è la loro idea..."

"Soldini!"

"Ok, ok, come non detto. Guarda che anche in quel caso volevo solo essere d'aiuto" e si ritrae dalla porta, aprendola e facendo entrare Enrico.

"Ciao, grande. Sei passato sul serio, pensavo fosse uno dei tuoi soliti scherzi."

Alessandro lo fa accomodare. Poi si accorge che è stranamente serio. Cerca di metterlo un po a suo agio. "Vuoi qualcosa da bere? Che ne so, un caffè, un té, una Coca, un Chinotto. Ho pure la Red Bull, guarda..." Apre un piccolo frigo con la porta trasparente. "Siamo pieni!"

È pieno di lattine blu metallizzate. "Sai, abbiamo fatto noi la loro grande campagna vincente e sono stati molto generosi."

"No, grazie, non mi va nulla."

Alessandro si siede davanti a lui. Poi si accorge della foto di lui ed Elena che ridono e la sposta delicatamente, nascondendola dietro ad alcune cartellette. Poi si sistema un po meglio sulla poltrona.

"Allora, dimmi tutto, amico mio. Cosa posso fare per te?"

"Era la foto di Elena quella che hai nascosto là dietro, vero?"

Alessandro rimane interdetto.

"Sì, ma non l'ho nascosta, l'ho solo spostata."

Enrico gli sorride. "Hai mai pensato che Elena ti tradisse? Be, vi siete lasciati, no? Ce l'hai detto tu ieri sera!"

"Sì, è vero."

"Quanto tempo fa?"

"Ormai sono più di due mesi che se n'è andata di casa."

"E non hai mai pensato che ti possa aver tradito, magari con uno di noi? Ecco, magari con me."

Alessandro si siede dritto sulla sedia. Poi lo guarda fisso negli occhi.

"No. Non l'ho mai pensato."

Enrico gli sorride. "Bravo. È bello questo, sai? Io non so se tornerete insieme. Ma è bello sul serio. Cioè, io desidero solo che voi torniate insieme se è quello che vuoi, ma in ogni caso è bello che tu abbia vissuto senza il dramma della gelosia fino a più di due mesi fa. È bellissimo che anche adesso che vi siete lasciati, tu pensi che non ti abbia mai tradito... sul serio. È veramente bello."

Alessandro lo guarda. "Non ho capito. Ma sto sbagliando? Faccio male? Mi devi dire qualcosa?"

"No. Scherzi. Tu fai benissimo. Il problema è mio, solo

mio."

Restano in silenzio. Alessandro non sa più cosa pensare. Enrico si stropiccia con le mani la faccia, poi le posa conserte sulla scrivania e lo guarda intensamente negli occhi.

"Alex, ho paura che Camilla mi tradisca."

Alessandro si lascia andare indietro sulla poltrona e fa un lungo sospiro.

"Scusa, ma non potevi dirmelo subito? Hai fatto tutto un giro, mi hai fatto pensare chissà che cosa, andare in tutte le direzioni possibili e immaginabili, preoccupare..."

"Volevo sapere fino a che punto potevi capirmi. La gelosia. La gelosia, tu non sai cosa vuoi dire... Sei fortunato, non la provi, è una bestia che ti mangia dentro, che ti corrode, ti dilania, ti sbrana, ti contorci, ti arrovelli..."

"Sì, sì, ho capito... ho capito, basta."

"Per questo ti ho fatto tutte quelle domande. Te l'ho già detto, tu non puoi capire."

"Va bene, allora non posso capire."

"Sì, ma non fare l'ironico."

"Ma non sto facendo l'ironico. Sto solo cercando di capire, ma tu dici che non posso capire..."

"Allora cerco di farti capire. L'hai visto quel film con Richard Gere, L'amore infedele}"

"Sì, mi sembra che l'abbiamo visto tutti insieme."

"E infatti tu stavi con Elena. Ti ricordi la storia?"

"Be, sì."

"Magari non te la ricordi bene. Te la racconto io. Lei, la bellissima Diane Lane, è Connie Sumner ed è sposata con Richard Gere, Edward. Sono belli e sembrano felici. Hanno un figlio di otto anni, un cane e vivono una vita invidiabile nel quartiere di SoHo. Poi un giorno, tira un vento forte, Connie si scontra con un ragazzo belloccio, uno di quelli coi capelli lunghi. Lei cade, si ferisce a un ginocchio, accetta l'invito di lui a salire nel suo appartamento per medicarsi. Solo perché l'ha aiutata... E poi, poi cominciano a trombare per tutto il film come pazzi!" I."Ma così sei riduttivo. Mica è solo così."

sR ¦

"Ma era per farti capire."

"Sì, ma questo ti assicuro che l'avevo già capito..."

"Be, comunque quel film a me ha fatto schifo, ma la cosa più importante è accaduta dopo e me la ricordo benissimo. Era appena finito il film e, mentre ci alzavamo dalle poltrone, Elena ha guardato Camilla e Camilla le ha sorriso. Hai capito?"

"Ho capito. Ma il problema è cosa ho capito. Chissà perché sorridevano, giusto? Magari era successo qualcosa... Magari avevano sbattuto, o a Camilla le era caduto qualcosa o le era rimasta intrappolata la giacca nel sedile."

"No, no... mi dispiace." Enrico scuote la testa. "Quello era un segnale. Si vede che chissà quando si erano fatte delle loro confidenze, che c'era qualche attinenza con quel film. Va be. Poi siamo andati a mangiare ma non è importante perché non è successo più niente..."

"Scusa Enrico, ma credo che non hai proprio elementi per

poter dire, tanto per rimanere in tema, di aver capito veramente qualcosa..."

"Ah sì? E ti ricordi quella scena in cui Richard Gere si accorge che sua moglie è indecisa su come uscire perché ha preparato due paia di scarpe sotto la sedia dove ha poggiato il vestito?"

"Sì, mi sembra di sì."

"Be, la scorsa settimana Camilla aveva sotto la sedia due paia di scarpe."

"Ma magari un paio se l'era dimenticato dal giorno prima."

"No, non si dimentica mai nulla Camilla."

"E allora era solo indecisa. Ma non ho capito, scusa eh? Questa volta sono veramente io che non capisco... Se una è indecisa è per forza una troia?"

"Che hai detto?"

"Va be, dicevo per dire, mi stai facendo perdere la pazienza anche a me con tutta 'sta storia. Non ci sto sul serio capendo più niente! Comunque io non posso chiamare Elena. Non ci sentiamo da due mesi e io non la chiamo certo per dirle: ciao, eh, scusa, ma che Camilla ha una storia con un altro?"

"No, certo che no, mica ti volevo chiedere questo..." Enrico si piega su se stesso.

"Che c'è?" Alessandro lo guarda preoccupato.

"Solo a sentirtelo dire sto malissimo."

"Senti Enrico, facciamo un'analisi serena. Come vanno le cose tra voi?"

"Bene."

"Che vuoi dire bene?"

"Benino."

"Cioè?"

"Cioè sono geloso, sono geloso da morire e quindi va malissimo."

"Ok, ok, ma state bene insieme, sì, insomma, fate sesso?"

"Sì."

"Come sempre? Più, meno?"

"Come sempre."

Ll

Alessandro per un attimo si ricorda gli ultimi momenti passati con Elena. Era splendida, bellissima, amorevole, e poi anche spinta, desiderosa, vogliosa, calda. Lo baciava con passione, gli baciava le dita delle mani tra le pieghe e poi giù dappertutto, perfino gli alluci dei piedi nella sua follia erotica. Poi dopo due giorni se n'è andata lasciandogli un semplice biglietto. Scuote la testa e torna alle preoccupazioni del suo amico che lo sta guardando perplesso.

"A cosa stai pensando?"

"A niente."

"Alex, dimmelo perché forse non hai capito come sto male, qualunque cosa che non so mi fa impazzire."

Alessandro sbuffa. "A come facevo bene l'amore con Elena, va bene?"

"Ah. Be, io sono sempre stato bene con Camilla, era un fare l'amore tranquillo, diciamo. Ma ultimamente è cambiato. Sembra più, più..."

"Più?"

"Che ne so ! Non lo so."

"Va be, ma stavi dicendo qualcosa di più?"

"Più vogliosa, ecco, te l'ho detto."

"Magari ha avuto qualche pensiero in meno, magari fa così perché vorrebbe un bambino."

"Prende la pillola."

"Senti, insomma, io credo che ti vuoi rovinare la vita inutilmente."

"Ah sì?"

"Sì. Mi sembra che tutte le cose vadano per il verso giusto. Se vuoi un bambino chiedile di smettere di prendere la pillola."

"L'ho fatto..."

"E lei?"

"Lei ha detto che ci penserà."

"Vedi... non ha detto di no. Ha detto che ci penserà, è già una cosa, è bello avere un figlio, no? È importante, è un passo definitivo, è ciò che ti legherà più di ogni altra cosa a quella donna, più del matrimonio. Per sempre."

E nello stesso istante in cui finisce di dire quella frase, Alessandro si rende conto di quanto è vera e quanto gli manca tutto questo nella sua vita e quanto glielo ricordano ogni volta sua madre e le sue due sorelle e perfino suo padre e anche tutto ciò che lo circonda. Perfino quegli spot della sua azienda, pieni di famiglie felici e soprattutto di bambini. Ma questa volta è Enrico a salvarlo.

"Ogni volta che rientra a casa, spegne il telefonino o lo mette su silenzioso."

"Magari non ha voglia di sentire nessuno. Lavora in uno studio di commercialisti, quelli hanno sempre un sacco di grane."

"Leva il sonoro anche ai messaggi che riceve."

Alessandro si arrende e si lascia andare sullo schienale della poltrona.

"Che vuoi che faccia? Dimmi tu, Enrico."

"Vorrei che tu andassi qui" e tira fuori dalla tasca della giacca una pagina strappata dall'elenco delle Pagine Gialle. La gira sulla scrivania, mettendola al verso giusto sotto gli occhi di Alessandro che subito legge.

"Tony Costa. Agenzia investigativa. Prove, testimonianze documentate con foto legalmente valide per separazioni, divorzi, affido minori. Massima discrezione al minimo prezzo."

Alessandro scuote la testa. "Ma perché ti vuoi mettere in questi casini?"

"C'ho pensato tanto, non ho altre soluzioni. Anzi, per essere precisi la mia soluzione... sei tu."

"Io?"

"Sì, tu. Io non avrei mai il coraggio d'andare fino a là, salire a chissà quale piano, parlare con questo Tony. Già me lo immagino come mi guarderebbe, cosa penserebbe, come sorriderebbe sotto i baffi."

"Che ne sai se ha i baffi?"

"Gli investigatori ce li hanno sempre. Servono a nascondersi, che non lo sai? E comunque lui penserebbe: ecco un altro coglione! Uno che viene tradito e che alimenta le mie parcelle."

Be, pensa Alessandro guardando il foglio ma senza dirlo,

veramente qui c'è scritto "minimo prezzo", almeno si risparmia un po, vista la beffa.

"Ok, Enrico. Ci vado. Solo per te."

"Grazie. Già sto meglio, sul serio..."

"Spero solo che non te ne pentirai e che questa cosa non rovinerà la nostra amicizia."

"E perché dovrebbe? So di poter contare su di te. L'ho sempre pensato e questa non è altro che l'ennesima conferma..."

"No, lo sai perché te lo dico, Enrico? Perché troppe volte un amico, per fare del bene, si mette in mezzo e alla fine quello che viene lasciato sul serio è proprio lui... Magari sarà comunque mia la colpa se poi le cose tra voi iniziano a non andare bene..."

""La gelosia spegne l'amore come le ceneri spengono il fuoco" diceva Ninon de Lenclos. Ma per me non vale. Io senza gelosia starò solo meglio. E qualunque cosa scoprirai, spero che rimarremo sempre amici."

"Lo spero anch'io."

"Veramente spero anche che questo Tony non scopra assolutamente nulla."

Enrico si guarda un po intorno. Ora è più rilassato.

"Sai, ti vedo bene qui, in questo ufficio. La cosa assurda è che non ero mai passato."

Poi sorride, un po imbarazzato.

"È che prima non ce n'era bisogno..."

Alessandro sorride e si alza dalla poltrona. "Non ce n'era bisogno neanche questa volta. Mi hai fatto solo una visita, una bella sorpresa. Sei sicuro che non ti posso offrire niente, nemmeno un caffè?"

"No, grazie, sul serio, sono a posto così. Sai la cosa che mi piace di te? È che sei veramente solido."

"Perché?"

"Be, qui, sereno, ad aiutare un amico. Stare un po con te già mi ha rilassato. Quasi quasi resterei tutta la mattinata."

"Ma che scherzi? Non sai in che dramma aziendale siamo. Capiti nel momento peggiore della mia vita lavorativa."

"Be, almeno in quella privata sei tranquillo..."

"Non so qual è più incasinata..."

"Eppure anche ieri sera, quando hai parlato del fatto che ti sei lasciato con Elena, mi sei sembrato sereno."

"Già, se va male in azienda, mi butto nella carriera d'attore. Non devo sforzarmi per fingere, a quanto mi dici..."

"Sul serio stai male?"

"Male è un eufemismo..."

"Lo nascondi veramente bene."

Proprio in quel momento squilla il telefono di Alessandro, che lo tira fuori velocemente dalla tasca e risponde senza neanche guardare.

"Pronto?"

"Pronto, sono io, Niki."

"Ehi, che sorpresa" si gira verso Enrico, sorride e poi si volta verso la finestra. "Come mai questa telefonata? Ma non sei a scuola?"

"Infatti. Sono nascosta nel bagno dei prof ! Ma avevo voglia di sentirti."

"Ah, ho capito... E pensi di finire presto?"

"Ma in bagno? Che vuoi dire?"

"Non hai capito, eh..."

"Ah, ho capito, ho capito. Sei in riunione? Scusa."

"No, sono con un mio amico che è venuto a fare un saluto" si gira verso Enrico e gli sorride.

"E allora che cavolo parli in cifrato se stai con un tuo amico? Guarda che io non ti capisco proprio. Sei l'enigma della mia vita. Molte delle mie amiche giocano al sudoku, a me sembra quasi impossibile, ma in confronto a te è una passeggiata."

"Ok, Niki, ma mi volevi dire qualcosa?"

"Oddio, che tono permaloso... Ma che te la sei presa?"

"No, ma non mi piace stare al telefono quando sono con delle persone."

"Ok, sarò breve. Allora... Il meccanico resta aperto. Stop. Me l'ha giurato. Stop. Accompagnami please. Stop. Telegramma arrivato?"

"Sì, sì, ci vediamo davanti a scuola alla solita ora."

"Ok, perfetto. Mi mandi un bacio?"

"No."

"Dai, ho ancora un'interrogazione e tu mi porti bene."

"Come fatto."

"Grazie... timidone!" Niki chiude la conversazione. Alessandro rimette a posto il telefono e, quando guarda Enrico, lo trova che sorride. Sembra più tranquillo.

"Scusa eh, ma non potevo non sentire la telefonata... Niki, alla solita ora, ci vediamo a scuola. Ma chi è, tua nipote? Non è una delle figlie delle tue sorelle perché sono troppo piccole... Va be che oggi sono velocissime, ma non è che a tre anni già parlano e chiamano col telefonino. Ecco, ci sono: è una tua cugina? Magari da parte di papa..."

"Senti, senza che ti scervelli troppo, è quella ragazza di cui ti parlavo ieri sera fuori dal ristorante, quella che ho conosciuto per caso. Abbiamo avuto ieri un incidente."

"E già siete così in confidenza?"

"Eh sì."

"Quanti anni hai detto che aveva?"

"Diciassette."

"Ahia, ti vedo male. Cioè ti vedo bene. Ecco perché hai superato la crisi con Elena. Questa Niki è la tua distrazione. Non è stato solo un incidente..."

"Se diventasse una distrazione sarebbe un grave incidente."

"Ma guarda che siamo noi che non vogliamo vedere bene coi nostri occhi. Una ragazza a diciassette anni è già una donna. Ma te lo ricordi vent'anni fa noi cosa facevamo? Forse eravamo più uomini allora di adesso. Insomma, tranne gli anni in più non c'è niente di diverso da quello che facciamo oggi a letto. Cioè noi abbiamo solo qualche preoccupazione o problema in più che ci I 'porta a qualche prestazione in meno."

IAlessandro gli sorride. "Senti, Enrico... Andrò da Tony

KCosta per te, ma non cercare d'investigare tu nella mia vita pri

;•vata.

Non per altro: ti spaventeresti."

i"Per quello che hai già combinato, eh?" gli dice Enrico

Jfacendogli l'occhietto.

¦

"No, per il senso di vuoto che troveresti."

"Senti, tu mi hai detto tante cose, ora fattene dire da me... Divertiti con questa Niki! E poi... poi sarà quel che sarà, quando torna Elena tutto riprenderà come prima, anzi no,|

meglio di prima." Apre la borsa di pelle piena di documenti ej

pratiche da commercialista. "Tieni." Tira fuori un ed colorato.j

Sopra c'è scritto "Love relax"|

"È per te."

"Bello come titolo... "Love relax"."

"Ti piace? L'ho fatto io. È una mia hit, le canzoni più belle, una dopo l'altra, mixate, un susseguirsi che non può farti fallire con una donna. Lo volevo usare una di queste sere per convincere Camilla ad avere un bambino, ma sono contento di darlo a te, da usare con Niki."

"Ma che scherzi? Che c'entra..."

"C'entra, c'entra... E lo sai. Tanto io ce l'ho sul computer, me lo duplico. C'è un pezzo che mi piace moltissimo, con tutte le frasi più belle di Battisti. Si chiama Le domande di Lucio. Tipo "Che ne sai tu di un campo di grano, nostalgia di un amore profano..." E poi io ti do la risposta..."

"Sul serio?!"

"Certo, senti la bellezza di quelle parole... "Che ne sai tu di un campo di grano?" Ma è giusto, ma che ne sai... Cioè se non sei proprio lì in mezzo a quelle spighe, magari al vento, come puoi capirlo... Ho fatto anche dei parallelismi con la cinematografia più pura, per esempio in Camera con vista, l'attore Denholm Elliott è a Firenze, poi a un certo punto si ritrova a dipingere in un campo e sfiora con una mano il grano, quando arriva l'attrice che fa Lucy e si baciano. Così come nel Gladiatore Russell Crowe tocca sempre le spighe con la mano destra, quando l'amore della sua amata uccisa gli manca, è il contatto con la terra, cioè la spiga è l'amore, quell'amore che nasce dalla terra e ci da il pane, come quando incontriamo la nostra desiderata... nasce l'amore in noi. Poi c'è "nostalgia di un amore profano" ma questa è un po più difficile da capire, secondo me..."

"E certo. E tu dici che tutte queste spiegazioni a Niki piaa ranno?"

Enrico lo guarda, poi chiude gli occhi e fa cenno di sì con testa.

"E già tua."

"C'è solo un piccolo particolare." Alessandro chiude borsa di Enrico e lo accompagna verso la porta.

"Quale?"

"Io non la voglio."

"Ok, fai come vuoi. Però mi raccomando, vai al più preste da Tony."

"Va bene, su questo non ti preoccupare..."

Alessandro chiude la porta e torna alla scrivania. Si lasci* cadere affranto sulla poltrona in pelle. Ci mancava solo questo Poi prende il ed e lo guarda meglio. Però, niente male. Writter, In Your Eyes di Elisa. Le chiavi di casa di J Ax. Una canzone pei te di Vasco. Canciones de amor della Venegas. Sei parte di me degli Zero Assoluto. Tu non mi basti mai di Dalla. Poi un sacco di Battisti. Alessandro guarda meglio. Ha messo pure Nevet Touch That Switch di Robbie Williams, che mi piace tanto. Chissà quanto ci mette Enrico a fare un ed, a scaricarle e a mixare tutto. Ci tiene proprio tanto a Camilla. È una bellissima coppia, vanno d'amore e d'accordo, e invece senza ragione dovrò andare da questo Tony Costa! Ma che roba. E come se non bastasse m'ha messo anche il dubbio. E se Elena avesse avuto un altro? E se ha un altro, uno dei miei amici? Enrico no. A meno che non sia proprio un genio e abbia messo su tutta questa storia solo per allontanare da se stesso i sospetti. E Flavio? No, Flavio non lo farebbe mai, teme troppo Cristina e la possibilità di essere scoperto. E Pietro? Pietro. Non resta che Pietro. E su di lui purtroppo non so veramente cosa pensare. Certo, è un grande amico, ma di fronte alla possibilità di andare a letto con una donna rinuncerebbe al suo onore. Figuriamoci all'amicizia! E come se non bastasse, Elena gli piaceva molto, me l'ha sempre detto. Quando siamo andati a vedere L'amico del cuore, appena usciti mi ha detto "Ecco, se stessi male prima

%

dell'operazione farei la stessa cosa con te. Verrei subito a chie derti di passare una notte con Elena...". Me lo ricordo ancora, ci siamo messi a ridere e io gli ho dato una pacca sulle spalle. "Non c'è problema... Stai benissimo."

Proprio in quel momento bussano alla porta.

"Avanti."

È Andrea Soldini.

"Noi stiamo andando a mangiare qualcosa, ma non andiamo a mensa. Vogliamo essere un po più liberi, continuare un po di brain, ci mangiamo un'insalata qui fuori. Sei dei nostri?"

"Sì ma con il pensiero. Devo andare a prendere Niki a scuola" e così dicendo Alessandro prende la giacca ed esce. Andrea Soldini gli sorride.

"Ehi, non sapevo che tu avessi una bambina."

"Già, neanch'io."

Trenta

Uscita di scuola. Un fiume di ragazzi si riversa nei corridoi. Qualcuno va a casa. Qualcun altro assale la macchinetta. Diletta è in fila insieme a Niki.

"Ma l'hai finita la versione?"

"No. Tu?"

"Tre quarti." |"Eh, me l'ha passata la Sereni. Era in debito."

"Di che?"

"Le ho prestato la mia maglietta Extè per la festa di sabato dei diciotto. È un debito da almeno sei versioni."

"Ah. Dai, tocca a te."

Niki mette un euro nella fessura. Plink. Rumore giusto. Preme il tasto del tortino al cioccolato.

"Ma che fai?"

"Che, non lo leggi Benni? Il mondo - secondo Socrate, il nonno di Margherita - si divide in: quelli che mangiano il cioccolato senza pane; quelli che non riescono a mangiare il cioccolato se non mangiano anche il pane; quelli che non hanno il cioccolato; quelli che non hanno il pane. Io tutto."

"Ah, ecco."

"Ciao..." Diletta si gira. Occhi verde speranza su un viso leggermente abbronzato la guardano. "Ti ho riportato l'euro. Ora è carico."

"Che è, una scheda telefonica?!" ride Niki che sta scartando il tortino.

"Non dovevi. Ce l'ho."

"Sì, ma tanto oggi non ti serve. Lo usi la prossima volta."

"In che senso?"

Il ragazzo tira fuori dalla tasca uno snack ai cereali. "Te l'ho preso io."

Diletta lo guarda perplessa. "Non dovevi."

"Lo so. Volevo."

Niki li osserva uno alla volta, come fosse una partita di tennis.

"Sì, ma te l'ho detto, a me non piacciono i debiti."

"E va be, e allora non ti sdebitare."

Niki interviene. "Dai, Diletta, non farla tanto lunga. T'ha preso una merendina, mica una cassa di tartufi neri di Norcia. Bravo! Mi piace il gesto!" e gli sorride buffa.

Lui allunga lo snack a Diletta.

"No, grazie, ma non lo voglio" e si allontana.

Niki la guarda. Poi si gira verso di lui. "Sai, è una un po strana. Ma è forte. Gioca a pallavolo e ogni tanto prende delle pallonate in testa e reagisce così. Poi le passa."

Lui prova a sorridere ma si vede che c'è rimasto un po male.

"Senti, dallo a me."

"Ma no, era per lei."

"Ma che hai capito? Dallo a me che faccio la consegna differita più tardi" e glielo sfila di mano. Correndo via si volta un attimo.

"Ma come ti chiami?"

"Filippo" fa appena in tempo a dire lui, prima che lei sparisca dietro l'angolo, lasciandolo lì, con un euro carico in una mano e un sogno in meno nell'altra.

T

Trentuno

"Che c'è, perché non parli?" Mauro guida il motorino a tutta velocità nel traffico. "Ahò, perché non parli?" Paola gli batte forte con la mano sulla spalla. "Non fa finta di non sentire, ce l'ho con te. Che c'hai adesso, sei incavolato?"

"No, non ho niente."

"Sì, con quella faccia e non hai niente... A me la racconti? Ancora..."

Mauro entra nella strada che porta verso casa di Paola e la supera.

"Ahò, ma che ti sei rimbambito, io abito al !"

Mauro continua ancora un po, poi ferma il motorino e scende. Anche Paola fa lo stesso. Si toglie il casco.

"Madonna, quando fai così sei insopportabile. Che c'è, che c'è, che c'è, si può sapere che c'hai?"

"Niente, niente e niente."

"Niente è la risposta dei deficienti. Da quando ho finito di girare, non hai aperto bocca una volta, non hai salutato nessuno e hai messo un muso che non finisce più... Allora? Madonna, ti devo per forza trattare da ragazzino."

"Niente. Mi ha dato fastidio una cosa."

"Che cosa? La scena che abbiamo girato? Giocavamo a pallacanestro. Mi hanno scelta proprio per questo, no? Perché sono alta e perché ho fatto un po di pallacanestro. E alla fine ho sorriso nella cinepresa e ho detto la mia prima battuta, la prima battuta della mia vita: "Non posso perdere...". Il prodotto

neanche l'ho nominato... E tu comunque ne fai un caso. Cioè, non sai essere felice per me? No, dimmelo. Ma poi che c'hai trovato di male?"

"Fino a lì niente."

"E allora cosa?"

"Quando sei andata dal regista."

"Ecco. Ecco... Lo sapevo." Paola gira attorno al motorino presa da un attacco di rabbia. "Come lo sapevo... Lo sai che ho fatto? Cioè, io sono solo andata a salutare il regista, come fanno tutte le ragazze educate e gentili, e lui mi ha chiesto, tra l'altro, se tu eri il mio ragazzo..."

"Sì, infatti, ho visto che parlavate."

"Già."

"E poi lui t'ha dato un foglio..."

"Sì, un foglio..." Paola fruga e lo tira fuori dalla borsa, "eccolo qua. E lo sai cosa c'è scritto, eh, lo sai? Guarda. Guardalo" glielo appiccica in faccia. Mauro allontana il viso infastidito.

"Così non riesco a leggerlo."

"Ecco, allora te lo leggo io. C'è un numero. ... e quello che segue, solo che non è il suo numero. Hai capito? È di un fotografo. Un fotografo! E poi c'è anche un indirizzo. E sai perché? Perché è stato gentile. Perché ha pensato che stavo con un ragazzo. E questo foglietto è per te" e glielo lancia con rabbia. "Mi ha detto che stanno cercando un ragazzo per un altro spot, un tipo di periferia, ma bello come te... Hai capito? Ti ha fatto pure i complimenti e mi ha consigliato un fotografo per farti fare delle foto senza pagare troppo. E quello è il suo numero, hai capito? E quello sotto è invece l'indirizzo dove devi andare con le foto. Ora hai capito o no? Cioè, io sono stata gentile, il regista generoso e tu invece sei lo stronzo che mi ha rovinato la giornata."

Mauro cerca di abbracciarla. "Ma amore, che ne potevo sapere io?"

"E allora prima di fare la faccia appesa, non è più facile chiedere? Parlare? Dialogare? Non come fanno le bestie?"

"Perché, che fanno le bestie?" "Grugniscono, come te."

Mauro le si fa sotto, si piega, fa il verso di un porcello. E preme con il muso sulla sua pancia e spinge e grugnisce, cercando di farla ridere. Ma Paola è ancora arrabbiata. "Ahia, e lasciami, che me fai male!" Si sposta e mette le braccia conserte. "Cioè, ti giuro, basta. Smettila. Non mi fai ridere per niente. Mi hai scocciato. È assurdo, mi sembra sempre d'avere a che fare con un ragazzino. Almeno i ragazzini poi crescono. Tu invece fai il contrario."

"Sempre... e dai, non esagerare, mica sempre... È la prima volta che te faccio una scenata di gelosia."

"Cosa? Ma la fai sempre, ogni volta che c'è l'occasione."

"Ma quando?!"

"E ti credo, un sacco di volte siamo da soli, che scenate puoi fa? Ma appena parlo con qualcuno come oggi, oltretutto per fare un favore a te, ecco che scatti."

"Guarda che la gelosia, amò... è sintomo d'amore."

"Sì, e questa dove l'hai letta? Nei Baci Perugina?"

"E dai, amò, non litighiamo, su."

"Basta, sono stanca, è da stamattina alle sette che lavoro. Voglio andare a casa, dai ci sentiamo più tardi..." Paola prende la borsa appoggiata sul motorino e si allontana. Mauro risale sul Kymco, mette in moto. E poco dopo le è di nuovo vicino.

"Dai amò, non fa così."

"No, va bene, poi mi passa, ma ora basta."

"Vado a fare le foto domani. Mi accompagni?"

"No, vai da solo. Forse ho un altro colloquio."

"Col regista?"

"Insisti? Allora vuoi proprio litigare?"

Mauro si ferma poco prima del suo cancello e scende dal motorino.

"Va bene, non litighiamo, dai, dammi un bacio."

Paola gli da un bacio cercando così di toglierselo di torno. "Ok..." Mauro risale sul motorino.

"Domani faccio le foto e poi vado a quell'indirizzo che mi hai dato tu, va bene?"

"Va bene, ciao." Paola fa per entrare.

"Non spegnere il telefonino, così magari ci sentiamo dopo per un saluto..."

Paola chiude il cancello. "Se posso non lo spengo. Sennò lo spengo... Lo sai che i miei sentono tutto, mi stanno incollati..."

"Ok... Ma secondo te quel regista era frocio?"

"Ma va va" Paola scocciata scuote la testa ed entra nel portone. Mauro la guarda entrare, poi si mette meglio il biglietto dentro la tasca del giubbotto e parte.

Arrivato nella piazzola sotto casa sua, chiude il motorino, mette la catena ma, quando si rialza, dall'ombra spunta qualcuno.

"Mauro?"

"Chi è? Ahò, mortacci tua, Carlo, m'hai fatto prende un

colpo."

Il fratello va verso di lui. "Scusa, non ti volevo spaventare. Senti, con papa oggi ho discusso a lungo. Ieri non sei tornato neanche per cena. Ti aspettavamo e non hai neanche avvisato... Fai sempre di testa tua, eh?"

"Oh non rompe Cà, me ne so dimenticato, va bene... Ma ormai so grande, eh, ho ventidue anni non tre, anche se per una volta non torno..."

"Sì, sei grande solo a parole però. Hai lasciato la scuola, non hai neanche finito e sono quattro anni almeno che stai in giro a fare che?"

"Come a fare che?"

"E a fare cosa? Non capisci più neanche l'italiano?"

"Madonna..." Mauro passa accanto a Carlo e lo supera, "me sembri nostro padre, ahò..."

"No, se fossi lui t'avrei preso a calci in culo. Te l'ha promesso."

"Allora non rientro."

"Dai, non fare il cretino. Ma possibile che non capisci?"

Mauro va al motorino, toglie di nuovo la catena e la mette nel bauletto.

"Mau, perché non vieni a lavorare con me, ho bisogno di un assistente. Impari il mestiere, non è difficile e si guadagna abba stanza... Se c'è una cosa che non manca mai sono i tubi rotti e i cessi da montare. Se diventi bravo possiamo anche prendere più lavori e, una volta che hai capito come si fa, te la sbrighi da solo, non è male, sul serio." Mauro monta sul motorino. Lo accende.

"Guarda che oggi ho trovato lavoro ma non ti dico niente, perché per come siete fatti finisce pure che lo perdo. Me por tate sfiga" e parte sgasando, lasciando il fratello solo nella piazzola.

Trentadue

Arrivato davanti alla scuola di Niki, Alessandro ferma l'auto, si guarda in giro distratto. Alcune ragazze chiacchierano allegre, fumandosi la classica sigaretta dell'uscita di scuola. Qualcuno, fregandosene dell'eventuale passaggio dei genitori, è appoggiato a un motorino e si bacia in maniera quasi avida. Il ragazzo, a bocca completamente aperta, è tuffato su quella di lei ed esagera con una lingua quasi funambolica. E la miseria! Ma se io avessi una figlia e vedessi una scena del genere che direi? Forse non passerei più davanti alla sua scuola. Tanto cosa potrei fare? Si andrebbero a baciare ai giardinetti o nei bagni o da qualche altra parte. Finché si baciano... Il ragazzo sembra quasi averlo sentito e infila la mano destra sotto la maglietta della ragazza, che apre l'occhio, si guarda per un attimo in giro, poi sorride, chiude gli occhi, lo ribacia e si rituffa lasciandolo fare. Proprio in quel momento arriva un boro vicino ai due. Alessandro si fa più attento. Che scatti la rissa? Una di quelle tante risse che ho sempre letto sui giornali ma che non ho mai visto? Macché. Il boro appena arrivato aspetta un attimo, poi decide di intervenire.

"Ahò, ve levate dal mio motorino che devo andà a casa?" Il baciatore pazzo alza il braccio al cielo.

"E capirai... Proprio questo dovevi prendere, eh?"

Il boro alza il mento. "E certo, è il mio."

Il tipo allarga le braccia. "Va be, va be, te dico solo che se stava a ingrifà pure il tuo motorino..."

Alessandro sorride, ma subito dopo gli prende un colpo. Lo

sportello della sua macchina si apre all'improvviso e si tuffa dentro Niki.

"Vai, vai, presto, accendi, vai, parti!"

Alessandro non se lo fa ripetere due volte. Niki si butta subito giù, mentre lui supera l'uscita della scuola e gira dietro l'angolo. Poi guarda dall'alto Niki, accovacciata sotto il sedile accanto.

"Ehi, ti puoi alzare, eh..."

Niki si sistema tranquilla vicino a lui. Alessandro la guarda serio.

"Senti, ma è possibile che ogni volta dobbiamo fare questa sceneggiata perché c'è tua madre fuori dalla scuola? Non capisco, non abbiamo fatto niente di male, abbiamo fatto solo un incidente come tanti."

"Ma oggi non è passata mia madre!"

"E allora? Tanto meglio... Perché ti nascondi?"

"Perché c'era il mio ex ragazzo..."

Alessandro la guarda e strabuzza gli occhi.

"Il tuo ex ragazzo? E allora?"

"Niente. Non capirebbe. E soprattutto..."

"E soprattutto?"

"Soprattutto è un tipo manesco..."

"Senti, io non voglio entrare nei vostri casini."

"Ma dai! Vedrai che non succederà niente, è per questo che mi sono messa sotto."

"Ma io non voglio proprio che tu ti metta sotto, io non voglio neanche che ci sia la possibilità, che non ci sia proprio alcun rischio. Non voglio neanche conoscerlo, questo tuo ex. Io non voglio..."

"Eh eh! Troppi non voglio! Sai cosa mi diceva sempre mio padre? L'erba non voglio cresce solo nel giardino del re."

"Ma che stai dicendo, quella era l'erba voglio. Invece io in questo caso non voglio."

"Bravo, ottima frase. Io invece ne so una di Woody Allen: i guai sono come i fogli di carta igienica, ne prendi uno, ne vengono dieci."

"E che vuoi dire? Che abbiamo fatto un incidente e dobbiamo fare altri dieci danni?"

Niki alza il sopracciglio. "Ma che, stiamo litigando?"

Alessandro la guarda. "No, stiamo chiarendo alcuni punti."

"Ah, ecco, per migliorare il nostro rapporto?"

Alessandro la guarda ancora e sorride. "No, per chiuderlo."

"Uffa" Niki appoggia i piedi sul cruscotto, "ma non capisco proprio perché. Ci siamo appena conosciuti, anzi per l'esattezza tu mi sei venuto addosso, io non ho fatto una piega, ci stiamo conoscendo meglio... E invece tu che fai? Decidi che vuoi chiudere il nostro rapporto!"

"Leva i piedi dal cruscotto."

"Ok, li levo se continuiamo ad avere un buon rapporto."

"Un buon rapporto non si basa mica su delle condizioni, non abbiamo mica un contratto."

"Ah sì? Allora io resto coi piedi sul cruscotto!"

Alessandro prova a toglierli con la mano.

"Che fai? Guarda che mi metto a gridare, guarda che ti denuncio! Mi hai messo sotto, mi hai distrutto il motorino, mi hai rapito e mi vuoi violentare!"

"Io veramente vorrei solo che tu levassi i piedi dal cruscotto." Alessandro prova di nuovo a levarli e Niki si affaccia dal finestrino e inizia a urlare "Aiuto! Ahhh!".

Un tipo, fermo davanti a una piccola rimessa con solo un motorino fuori, la guarda sbalordito.

"Niki, ma che fai? Che succede?"

Niki si accorge che si sono fermati proprio davanti all'officina del meccanico.

"Ah, niente... ciao, Mario" e scende ricomponendosi come può. Mario guarda un po storto Alessandro. Niki se ne accorge e cerca subito di sistemare tutto.

"Il mio amico mi aiutava a provare una scena che devo fare

a teatro!"

Mario aggrotta le sopracciglia. "Pure questa. Sapevo che facevi quasi tutti gli sport, ma il teatro mi mancava..."

"Eh, per questo ce l'ho messo!"

Mario ride, sfregandosi le mani ancora sporche di grasso e olio sulla tuta da meccanico. Niki si gira verso Alessandro e gli sorride.

"Hai visto? Ti copro sempre" poi si allontana e Alessandro prova a risponderle "Ma sempre quando?" Ma Niki è già sul suo motorino. Prova a muovere a destra e sinistra la ruota anteriore.

"Ehi, mi sembra perfetta!"

Mario torna serio e le si avvicina.

"E perfetta. Allora, ho cambiato il cerehione davanti e ti ho rimesso a posto e in asse quello dietro. Il telaio si era storto di pochissimo e per fortuna sono riuscito a centrarlo di nuovo e, visto che le gomme erano liscissime, te le ho cambiate."

"Ehi, ma così quanto ti devo?"

"Niente..."

"Come niente?"

"T'ho detto niente... Hai detto che non è colpa tua, giusto?"

"Certo che no" sorride fiera Niki guardando Alessandro.

Mario allarga le braccia. "E allora tutto quello che ti ho fatto in più, lo carichiamo su quel soggetto che ti è venuto addosso. Che poi oh... era malconcio forte, il tuo motorino! Chissà quello a che stava a pensa quando t'ha preso, eh? Dovevi andare all'ospedale, Niki, e farti dare qualche giorno e qualche punto d'assicurazione. Ai farlocchi... gliela dobbiamo far pagare cara!" Niki guarda Mario e sorride, cercando in qualche modo di farlo smettere. Ma Mario non si accorge minimamente dei suoi sguardi. Anzi, ci va giù ancora più pesante. "Più cara di quanto hanno pagato allora, rubando la patente."

Alessandro non ce la fa più e sbotta.

"Senta, forse ero anche un po distratto e le sono andato addosso, ma la patente l'ho presa onestamente! È chiaro?"

Mario guarda Niki. Poi Alessandro serio. Poi di nuovo Niki. Poi sorride.

"Ho capito... state a recita di nuovo, eh?! State a fa la scena del teatro..."

Alessandro alza la mano e lo manda a quel paese. Poi si dirige veloce verso la macchina, apre lo sportello e ci si siede dentro. Mario guarda Niki.

"Ahò, come è permaloso l'amico tuo."

"Eh lo so, è fatto così. Ma vedrai che migliorerà."

"Ahò, se sei capace di fa i miracoli."

Niki prende il motorino e lo accende. Poi si avvicina ad Alessandro che abbassa il finestrino.

"Tutto ok? Va? Funziona?"

"Sì, perfetto, grazie. Sei stato molto gentile ad accompagnarmi."

Mario tira giù la serranda dell'officina.

"Oh, che carini i piccioncini! State provando un'altra scena, eh? Io me ne vado a mangiare. Quando c'è la prima a teatro, invitatemi." Mario accende un vecchio Califfone e si allontana.

Niki sorride ad Alessandro. "È fatto così, ma è un bravissimo meccanico."

"Ci mancava anche che fosse un meccanico incapace! Allora avevi fatto proprio bingo!"

"Ma come ti esprimi! Ormai non sai più distinguere la realtà... confondi la semplicità e la bellezza della vita con l'irrealtà delle tue pubblicità. Hai fatto bingo... Tu sei proprio fuori, sei proprio out."

Niki scuote la testa e parte. Poco dopo Alessandro la raggiunge e di nuovo tira giù il finestrino.

"Ehi, ma perché ti devi sempre offendere?"

"Guarda che la realtà non dovrebbe mai essere offensiva, sennò vuoi dire che c'è qualcosa che non va." Niki sorride e accelera un po. Alessandro la raggiunge di nuovo.

"Ah sì? Be, si da il caso che il motorino, le ruote nuove, il telaio riparato... ecco, devi tutte queste cose alla mia irrealtà."

Niki rallenta e si lascia quasi superare.

"Ecco, allora tra quelle cose mettici anche un pieno."

Alessandro si affaccia dal finestrino. "Perché?"

"Perché ho finito la benzina."

T

L

Alessandro rallenta, poi accosta la macchina, tira il freno a mano e scende.

"Scusa, ma non ho capito. Ma quel bravissimo meccanico non poteva metterci anche un po di benzina per farti arrivare a casa?"

"Ma che dici? Che, non lo sai? Di solito ti levano anche quella che hai. Per lavorarci te lo devono magari stendere per terra e allora colerebbe tutta da sotto il sellino."

"E quindi ora che facciamo?"

"Vieni un po indietro con la macchina. Hai un tubo?"

"Un tubo?"

"Eh, per fare un succhio dal tuo serbatoio..."

"No, non ce l'ho." Alessandro risale in macchina e fa marcia indietro. "Ma ti pare che giro con un tubo poi?"

Niki apre lo sportellino davanti del motorino. "Che fortuna... ce l'ho io!" Tira fuori un tubo verde, di quelli per innaffiare, tagliato per la lunghezza di circa un metro e mezzo. "Ero sicura che me lo avesse fregato mio fratello."

"Tuo fratello? Ma quanti anni ha?"

"Undici."

"E eha il motorino?"

"No. Ma un suo amico, un certo Vanni, che a casa chiamiamo Lucignolo, gli ha trasmesso il divertimento delle macchinette radiocomandate a scoppio..."

"E quindi?"

"Quindi vanno tutti i giorni al Foro Italico e mio fratello usa la mia benzina per le loro gare."

"Complimenti."

Niki ha finito di svitare il tappo del suo motorino e apre quello del serbatoio della Mercedes di Alessandro. Ci infila con forza il tubo. Più volte.

"Ecco fatto. Senti, guarda che ti ho fatto saltare la retina."

"Cioè?"

"Cioè, per entrare col tubo ho dovuto rompere la retina che funziona da filtro... Al primo tagliando che fai tanto te la fai rimontare, no?"

"E certo, figurati, tanto, danno più danno meno..."

"Ecco, tieni." Niki gli da il tubo verde in mano.

"Che devo fare?"

"Succhia."

"Cosa?"

"Aspiri qua dentro e piano piano fai arrivare la benzina. Tanto il tubo è un po trasparente, la vedi. Quando è quasi arrivata in cima, metti il pollice sul tubo e lo tieni sempre più in basso rispetto al serbatoio della macchina."

"E poi?"

"E poi lo metti nel serbatoio del mio motorino e levi il pollice. La benzina esce da sola e tu hai fatto un "succhio" !"

"Forte. Ne avevo sentito parlare ma non ci credevo..."

"Be, sai... hai mai sentito parlare di un certo Archimede..."

"Lo so che è la legge dei vasi comunicanti, è che non credevo che veramente qualcuno usasse questo metodo ancora oggi."

Niki scuote la testa e ride. "Sai quanta benzina ti avranno fregato nella tua vita co 'sto metodo?"

"Dici?"

"Sicuro."

Alessandro prende il tubo e sta per portarselo alla bocca, poi si ferma.

"Scusa, ma se è così facile... perché non lo fai tu? La benzina serve a te. È pericoloso, vero?"

"Macché. Non lo faccio perché mi da fastidio l'odore della benzina. Non riesco a succhiare... in questo caso."

Poi lo guarda apposta provocante. Alessandro alza il sopracciglio. Niki scuote la testa.

"E anche nella maggior parte di altri casi. Forza, succhia."

Alessandro non se lo fa ripetere due volte. Succhia con forza, attaccato al tubo. Una, due, tre volte. "Ma non esce niente!" Riprova tenendo basso il tubo, non se ne accorge e gli arriva di botto tutta la benzina in bocca.

"Puah!" si leva il tubo dalla bocca e inizia a tossire, a sputare. "Che schifo, che schifo! Puah!"

Niki prende subito il tubo e lo porta verso l'alto, interrompendo così l'uscita della benzina. Alessandro si appoggia alla macchina.

"Oddio, sto malissimo, l'avrò bevuta... Devo vomitare? Mi sono autoavvelenato."

"Macché." Niki si avvicina verso di lui. Alessandro rimane immobile. Niki si avvicina di più, va piano piano verso il suo volto. Alessandro pensa a uno strano modo di ringraziarlo, lì, sulla strada, davanti a tutti. A tutti... A chi passa. E per adesso non sta passando proprio nessuno. Alessandro chiude gli occhi. Niki col suo profumo leggero gli si avvicina sempre di più. Ancora. E ancora... Alessandro fa un lungo sospiro. Niki improvvisamente si ferma. È vicinissima. Inizia ad annusare. Una, due, tre volte.

"Non ci credo!"

Alessandro apre gli occhi.

"A cosa non credi?"

"Ma la tua macchina va a gasolio?"

"Sì, perché?"

"Perché il mio motorino va a benzina, no? ! Meno male che hai bevuto. Sai a quanti altri danni saresti dovuto andare incontro?"

"No, non lo so e non lo voglio sapere."

"Scusa, ma me lo potevi dire prima, no? Non perdevamo tutto questo tempo. Lo dici sempre tu. Il tempo è denaro."

"Anche la mia camicia e la mia giacca allora lo sono."

Niki chiude il motorino e anche il tappo del serbatoio della Mercedes.

"Dai, te le porto io in tintoria, va bene? Ricordati di lasciarmele dopo, ok?"

"E certo, ti do la giacca e la camicia e vado a torso nudo in ufficio."

"Ma scusa, hai detto tu che sei un creativo. Un creativo è un artista, no? E se ti va di andare in giro così, che te ne importa di chi avrà qualcosa da ridire. Senti, non è che hai una piccola tanica in macchina così andiamo a fare benzina e poi torniamo?"

"Non giro con taniche in macchina..." "Ok, lo sospettavo... Non ci sono altre soluzioni allora... Monta in macchina, va."

Alessandro sale. Niki invece resta sul motorino, vicino alla macchina, dalla parte del passeggero. Alessandro non capisce.

"Scusa, ma tu non vieni? Mi hai detto che non avevi benzina..." La guarda male. "No, non mi dire che era uno scherzo."

"Ma che scherzo, l'ho finita sul serio. Dai, metti in moto, parti piano piano senza strappare, eh? Che mi attacco."

"Cosa?" Alessandro la guarda fuori di sé.

"Mi attacco al finestrino. Tengo teso il braccio e tu mi porti al primo distributore, così facciamo benzina, cioè io la faccio, tu paghi e poi ci salutiamo, cioè io ti saluto."

Alessandro scuote la testa, accende e mette in avanti la marcia del cambio automatico. La Mercedes parte lentamente.

"Ecco, piano piano, così."

Il braccio di Niki si stende, Niki trattiene con forza. Il motorino comincia a muoversi. Niki allenta un po la presa e stende il braccio del tutto. La Mercedes avanza. Il motorino pure, al suo fianco. Niki gli sorride.

"Bravissimo, sei partito proprio bene..."

Alessandro la guarda.

"Grazie."

"Guarda la strada però..."

Alessandro torna a guardare in avanti, le sorride. "Hai ragione" e dopo poco torna a guardarla. Niki è tutta tesa in avanti. Ma lo guarda e sorride anche lei.

"La strada!"

"Volevo vedere se andava tutto bene. Va tutto bene?"

Improvvisamente una voce alle loro spalle.

"No, non va assolutamente bene."

La gazzella dei carabinieri si accosta a quella di Alessandro. Una paletta si sporge dal finestrino e si muove su e giù.

"Accostate, prego."

Alessandro manda la testa indietro.

"No non ci posso credere." Ferma la macchina lenta

mente. E quando scende ci crede ancora meno. Gli stessi carabinieri. Serra e Carretti. Ormai si ricorda anche i cognomi. Serra si dirige verso di lui, sbattendo la paletta sul palmo della mano.

"Allora? Lei è proprio recidivo. Ma che sta facendo, una gara a chi si toglie più punti nella patente in meno tempo? No, ce lo spieghi, eh? Perché non riusciamo proprio a capire."

Alessandro cerca di sorridere.

"No, sono io che non riesco a capire. Sembra che seguiate solo me."

Carretti si avvicina con fare serio. "Noi siamo di pattuglia. Abbiamo i nostri turni, la nostra ronda e soprattutto la nostra zona. E lei è nella nostra zona. Quindi o cambia quartiere, così incontrerà i nostri colleghi, o cambia modo di fare... che forse è la cosa migliore."

Niki scende dal motorino, si sistema la maglietta, cercando di darsi un po di contegno.

"Sì, avete ragione, scusate, ma la colpa è mia. Ho finito la benzina e gli ho chiesto di portarmi a un distributore."

Alessandro interviene ma decide di non raccontare del tentativo di succhio andato male.

"E siccome io purtroppo non avevo una tanica..."

"E certo, perché sennò lei faceva benzina in una tanica e poi se ne andava in giro, no?"

"E certo. Sennò come facevo?"

"Allora le è andata molto bene... Perché in quel caso dovevamo portarla direttamente al Comando per accertamenti. Quella benzina poteva servire per delle molotov, magari."

"Per delle molotov? Ma voi allora non siete di pattuglia. Voi ce l'avete proprio con me! Mi scusi eh... Ma gliel'ho spiegato. La ragazza ha finito la benzina del suo motorino!"

"Che fa, alza la voce?"

"No, è che quando non venite incontro alla gente non vi capisco proprio..."

"Senta, siamo noi che non capiamo lei. Lei crea solo problemi."

"Io?"

Niki si mette in mezzo. "Ok, ok, basta, non litighiamo. Sapete se c'è un distributore qui vicino?"

Serra guarda Carretti che chiude gli occhi come a dire "Ma sì, sì, passiamoci sopra dai...".

"Sì, è qui dietro l'angolo. Però chiudete la macchina e andateci spingendo il motorino."

"Ok, grazie" sorride Niki, "siete stati molto gentili."

I carabinieri risalgono in macchina. Serra si affaccia. "Per stavolta è andata così. Non vorremmo trovarci in altre situazioni spiacevoli. Per favore non crei problemi" e partono sgommando.

Niki comincia a spingere il motorino. Alessandro prende le chiavi, chiude lo sportello e poi spinge il pulsante del telecomando, mettendo l'allarme. Le corre dietro e la raggiunge.

"Dai, mettiti di là che ti aiuto a spingere..."

Camminano in silenzio. Niki lo guarda e sorride.

"Mi raccomando, non creare problemi, Alex, eh?!"

"E certo, che strano, è da quando ti conosco che non faccio

altro."

"Veramente ti hanno conosciuto prima, per le tue russe..."[

"Ah già."

Continuano a spingere. Alessandro sbuffa sotto il sole.

"So di gasolio, sto sudando e magari prendo pure fuoco... E questa era la mia pausa pranzo."

"Be, dai, madonna come sei pesante, divertiti, almeno è!

diversa dal solito, no...">,

"Ah, questo è sicuro."]

"Invece una cosa non la capisco: perché i carabinieri ripartono sempre sgommando?"

"Che è, una delle domande di Sai Xchéì Boh, forse è un difetto delle loro macchine. Il massimo era se ti attaccavi a loro col motorino, ah ah! Ecco, siamo arrivati.";

"Hai dieci euro?"I

"Certo..." Alessandro si mette la mano in tasca e li prende dal portafoglio. Niki mette la banconota nella macchinetta del distributore.|

!

"Segna, va..."

"Lascia stare..." fa Alessandro sorridendo. "Ormai ho perso il conto."

"Ah sì, allora non pago la tintoria!"

Niki stacca la pompa e la infila nel serbatoio del motorino. Poi, quando l'erogatore segna dieci euro, inizia a saltare sul tubo della pompa arrotolato a terra. Niki salta sempre più forte.

"E ora che fai?"

"Benzina, no? Guarda, l'erogatore continua a girare. , e , e , e , e , ,... È l'unico modo per stare dietro al rincaro del petrolio!"

"E certo" Alessandro la ferma, "così se ripassano quei carabinieri ci portano dentro direttamente."

Proprio in quel momento "Niki! Niki! Meno male che ti ho trovata!" Mario il meccanico, a bordo del suo Califfone, frena davanti a loro. "Mario, che ci fai qui..."

"Niki, ti devo dire una cosa importantissima... Ricordati che con quel motorino non puoi correre ora. È come se fosse in rodaggio. Le gomme nuove sono ricoperte di cera... Tocchi il freno e badabum, sei col culo per terra!"

"Grazie, Mario!"

Il meccanico sorride. "Figurati... Di niente... È che mi stavo a preoccupa..."

"Hai visto?" Niki guarda Alessandro. "Te l'ho detto che è un bravissimo meccanico!"

"Figurati! Dovere... siete voi, che con tutte quelle scene da teatro m'avete confuso." Mario accende il Califfone e si allontana scuotendo la testa.

"E ora?" Niki lo guarda.

"Ora cosa?"

"Ora come vado a Fregene? Ho una gara lì, oggi pomeriggio." Niki piega la testa di lato e apre gli occhi, cercando in tutti i modi di sembrare più carina. "Una gara alla quale tenevo un sacco..."

"Nooo, nooo, non se ne parla, eh... Non fare così!"

Niki gli si avvicina. "E dai, ma perché fai sempre il duro e non mi aiuti invece?"

"Non ti aiuto? ! È da quando ti ho conosciuto che ho messo su una specie di "pronto soccorso Niki""

"Ecco, vedi come sei carino, e non smettere allora, no?"

Alessandro chiude le braccia conserte. "Non se ne parla pro prio, su questa storia di Fregene sono irremovibile."

Trentatré

Poco dopo. Aurelia. Direzione Fregene.

"

"Ma se mi dai un passaggio col broncio, allora non vale il pronto soccorso Niki!"

"Non c'è scritto da nessuna parte che devo anche sorridere.

"No, ma sarebbe più carino."

Alessandro fa un sorriso forzato. "Va bene così?"

"No, così non vale, non è naturale. Allora metto il broncio anch'io."

Niki si gira dall'altra parte. Alessandro la guarda e continua a guidare.

"Non riesco a crederci, sembriamo due ragazzini."

Niki si gira verso di lui. "Il guaio è che tu credi sul serio che io sia una ragazzina! Senti, facciamo così: ti abbono l'assicurazione, il cid e tutto il resto. Va bene? Così hai una ragione valida per accompagnarmi e, soprattutto, cosa più importante, per sorridere. Ok?"

Alessandro sorride.

"Vedi? Come si voleva dimostrare..."

"Che cosa?"

"Puoi avere più anni di me, ma in questo caso sei tu il ragaz

zino."

"Senti, non discutiamo, ok? Dai, ti accompagno a fare questa gara, va bene? La storia dell'assicurazione e tutto il resto rimane come prima."

"No, no. Ormai l'ho detto e facciamo così."

"Ok, come vuoi, allora vuoi dire che il bravissimo meccanico lo pago io."

"Uffa, la vuoi vinta sempre tu, eh..."

"Sì, sennò il pronto soccorso Niki non fa del tutto il suo dovere. Ma almeno mi dici di che gara si tratta?"

"No. Lo scoprirai lì. Perché vuoi bruciarti la sorpresa? Se te lo dico, ti fai già un'idea. È così bello avere un tempo per tutto... Ecco. Anzi, ti posso dire una cosa? Secondo me tu non ti regali abbastanza tempo."

"Dici?" Alessandro la guarda.

"Sì, dico."

Alessandro prende il telefonino.

"Che fai?"

"Chiamo in ufficio e li avviso che mi sto regalando del tempo..." e spinge il tasto verde. Niki lo guarda. Alessandro scuote la testa.

"Pronto, Andrea? Sì, sono io." Pausa.

"Senti. Ti volevo dire che forse passo più tardi." Pausa.

"Sì, lo so... lo so... allora mi spiego: sto regalandomi del tempo." Pausa.

"Come che significa... Per essere più creativo... Dove sono?" Alessandro guarda Niki. Poi alza le spalle. "In giro... Sì, c'è gente. Sì... c'è anche un po di traffico..." Pausa.

Niki prende al volo dalla sua sacca un foglio già scritto e glielo passa velocemente. Alessandro lo prende, lo legge e si sorprende. Poi lo ripete ad alta voce.

"Essere creativi vuoi dire non essere prigionieri del tempo altrui. Non avere né limiti né confini, fino a trovare l'idea perfetta che ti ripaga di tutto quel tempo che non c'è più... ma che in realtà c'è ancora, ma sotto altre forme..." Alessandro non è del tutto convinto di quello che ha detto. Ma gli sembra che comunque quella strana frase abbia fatto il suo effetto. Guarda Niki soddisfatto mentre ascolta ciò che Andrea Soldini gli sta dicendo. "Ok, ok... basta, ho capito. No, ti ho detto di no. Non prendere la scorciatoia. Ok. Ma no, ti ho detto di no. Non lo puoi fare. Sì, ci vediamo domani mattina in ufficio." Alessandro attacca. Niki lo guarda entusiasta.

"Ecco, così mi piaci. Crederanno ancora di più in te, troveranno nuove idee, spunti, li ecciti con questa libertà. Fidati."

"Ok, mi fido." Alessandro continua a guidare. "Bella quella frase, grazie."

"Prego, figurati."

"No, sul serio. Ha dato un senso a tutto quello che stiamo facendo. Come ti è venuta in mente?"

"Mica è mia. L'ho cercata ieri su Google."

"Ah, non lo sapevo."

"E io invece sapevo che mi sarebbe tornata utile."

Alessandro la guarda con altri occhi. Niki stringe un po i suoi.

"Senti questa, eh... Sai che differenza c'è tra una donna e una ragazzina?"

"No."

"Nessuna. Tutt'e due cercano spesso di essere l'altra."

"Anche questa l'hai trovata su Google?"

"No, questa è mia." E Niki sorride. E poco dopo girano per Fregene. Alessandro continua a guidare. Niki si agita e parla e poggia i piedi sul cruscotto con tranquillità, serena, e ride. E quando lui fa finta di arrabbiarsi comunque li tira giù. Alessandro apre il finestrino. Respira l'aria calda degli ultimi giorni di aprile. Sul bordo della strada piccole spighe si piegano al vento. Il profumo del verde, già caldo d'estate, invade la macchina. Alessandro lo respira quasi chiudendo gli occhi. È vero, pensa. Non mi regalo mai abbastanza tempo. E chissà, forse mi verrà anche qualche buona idea. E questo pensiero lo fa sentire più tranquillo. Forse perché quel tempo che si è regalato gli sembra comunque rubato.

"Ecco, ecco, posteggia qui, siamo arrivati." Niki scende veloce dalla macchina. "Dai, vieni. Andiamo, che abbiamo fatto tardi."

Niki corre veloce e sale su per una duna di sabbia e poi su delle assi seccate dal sole che portano dentro una vecchia baracca.

"Ciao, Mastino. Sono arrivata! Dammi le chiavi!"

"Ciao, Niki, ci sono già tutti."

"Sì, lo so."

Arriva Alessandro trafelato.

"Lui è il mio amico Alessandro. Alex, aspettami qua e non guardare, eh?"

Rimane fermo davanti al signore che ha sentito chiamare Mastino.

"Salve..."

Mastino lo guarda curioso.

"Anche lei è del gruppo dei pazzi?"

No, vorrebbe dire Alessandro, io sono quello del pronto soccorso Niki, ma sarebbe lunga da spiegare.

"Ho dato solo un passaggio a Niki, aveva problemi col motorino."

"E quando mai quella ragazza non ha problemi. Però è forte, eh? Ha un cuore d'oro. Vuole qualcosa da bere? Che ne so, un cicchetto, un aperitivo, un po d'acqua..."I

"No, no, grazie."

"Guardi che qui Niki ha il conto... può prendere quello che vuole."

"No, sul serio, grazie."

Veramente vorrei mangiare, ho una fame assurda, pensa Alessandro. Sa, è la mia pausa dal lavoro. Un po lunga, dirà lei... Alessandro quasi si sente male e preferisce non pensarci. Già, che sciocco, mi devo convincere che mi sto regalando del tempo. Proprio in quel momento, esce dalla cabina in fondo al locale Niki. Ha una muta blu, perfettamente aderente, e i suoi lunghi capelli biondi legati da un elastico. Tra le mani una tavola da surf.

"Ecco qua! L'avevi capito?"

Alessandro è rimasto senza parole.

"No."

"Chissà, se ti prende la passione magari ci proverai anche tu... O sai già surfare?"

"Io? No. Una volta da ragazzo ho provato lo skateboard..."

"Ma dai! Be, è un po la stessa cosa... ma in acqua!"

"Sì, ma sono caduto quasi subito..."

"Be, qui di sicuro non ti fai male! Mastino, prepara qualcosa che fra un po mangiamo" poi prende Alessandro per mano e lo trascina fuori. "Vieni, vieni con me." Se lo tira dietro, escono sulla spiaggia e corrono insieme verso il mare. Alessandro arranca dietro di lei, con le scarpe nella sabbia, ancora tutto vestito da ufficio e la camicia che sa di gasolio. Ma Niki non gli da tempo.

"Ecco, siediti qui sul pattino. Torno tra poco..." e corre veloce verso l'acqua. Poi Niki si ferma, lascia la tavola e torna verso di lui che intanto si è seduto.

"Alex?"

"Sì?"

E lo bacia leggera sulle labbra. Poi lo guarda negli occhi.

"Grazie di avermi dato un passaggio."

Lui rimane senza parole.

"Oh... be, io... figurati."

Niki sorride. Poi si toglie l'elastico che ha tra i capelli.

"Tienimi questo, per favore" glielo lascia tra le mani e scappa via.

"Certo."

Niki prende la tavola e si tuffa in acqua. Ci sale sopra con la pancia e comincia veloce a pagaiare con le braccia. Va verso il largo e raggiunge gli altri, laggiù, tra le onde più grandi. Alessandro si tocca le labbra. Poi guarda la sua mano. Come se cercasse ancora quel bacio leggero... Ci trova solo quel piccolo elastico. Qualche lungo capello biondo c'è rimasto attaccato e si muove ribelle ballando nel vento. Alessandro lo tira dolcemente via dall'elastico, alza la mano e lo lancia in alto, abbandonandolo verso chissà quale buffa libertà. Poi torna a guardare il mare. Niki è sulla tavola insieme agli altri. Arriva un'onda, qualcuno pagaia veloce con le braccia, qualcuno la perde. Niki gira la tavola, da due bracciate e riesce a coglierla al volo. Si alza in ginocchio e poi in piedi. Fa quasi un piccolo salto e atterra al centro della tavola in perfetto equilibrio. Si piega in avanti e allarga le braccia e corre veloce sull'onda, coi

capelli più scuri di mare e la tuta blu bagnata e aderente. Passeggia sulla tavola, arriva fino alla punta e si lascia portare dall'onda. Poi torna indietro e sposta il peso facendola curvare un po e sale, arriva sulla cima e scende di nuovo, scivolando dolcemente così, tra quella leggera schiuma e gli sguardi invidiosi di chi quell'onda lì l'ha persa.

Trentaquattro

Un po più tardi. Alcuni gabbiani passano veloci rasenti le onde a riva. Niki esce dall'acqua con la tavola sotto il braccio.

"Wow, li ho stracciati! Ho preso più di dieci onde. Hai visto come filavo? Non ne ho persa una."

"Ne hai prese quattordici... Ecco, tieni il tuo elastico."

Niki sorride. "Grazie, vieni."

Raggiungono la capanna sulla spiaggia.

"Dai, io mi vado a fare una doccia e mi cambio al volo. Intanto tu siediti lì."

Niki vede Mastino dietro il bancone.

"Ehi, ci porti subito le tue bruschette buone, mentre faccio la doccia?"

Il vecchio signore dietro il bancone sorride.

"Come desidera, principessa. Volete anche due orate? Ne ho di freschissime."

Niki guarda Alessandro che annuisce.

"Sì, perfetto, Masti. Per me anche un'insalata verde e pomodori ma non troppo maturi, eh?" IMastino annuisce.

"Li vuole anche lei, Alessandro?"

Niki prima di entrare nella cabina lo guarda male.

"Masti! Ma dagli del tu! Oggi è un ragazzine." e sorride sparendo dietro quella porta.

Poco dopo sono al tavolo. Niki ha ancora i capelli bagnati quando addenta la sua bruschettà. Poi guarda Alessandro.

"Sono buone, vero? Io vengo qua solo per queste."

Alessandro ha addentato la sua.

"Con la fame che ho non distinguerei queste vongole dalle cozze."

Niki ride.

"Infatti sono telline!"

"Mi sembravano troppo piccole."

Niki da un altro morso, si pulisce un po d'olio sul mento col dorso della mano che poi però, educata, asciuga col tovagliolo.

"Allora, dai, ecco il momento del lavoro."

"Ma no, dai, che c'entra, siamo qui a rilassarci."

"Ci siamo rilassati finora. Sono sicura che ora ci viene qualche folgorante idea, meglio delle onde che ho preso io. Dai, un po per uno... Abbiamo fatto il contrario del solito: prima il piacere, questa volta, e poi il dovere... e poi magari di nuovo il piacere..."

Alessandro la guarda. Niki sorride. Fa un po la sensuale. Prende la sua mano con la bruschettà, se la porta verso la bocca e le da un gran morso, poi raccoglie qualche tellina e se la mette in bocca.

"Te l'ho detto... ci vado pazza! Dai, racconta!"

Alessandro da un piccolo morso alla sua bruschettà, poi le lascia il pezzo finale. Ci mette su qualche tellina caduta nel piatto e la imbocca. Niki da un morso e gli prende anche il dito.

"Ahi!"

"Si dice ahia! Oggi fai tu il ragazzine Allora, mi dici o no?"

Alessandro si pulisce la bocca col tovagliolo.

"Allora, ci sono dei giapponesi che vogliono lanciare una caramella."

"Forte..."

"Ma ancora non ti ho detto niente."

"Sì, ma già mi piace questa storia!"

Alessandro scuote la testa e comincia a raccontarle tutto: il nome della caramella, LaLuna, la gara col giovane nuovo creativo.

"Sono sicura che è un tipo odioso, un radicai chic, uno di quelli che si sente fico pur non avendo in realtà mai fatto niente."

"No comment" dice Alessandro sorridente.

E continua il racconto. Il rischio che incombe di Lugano, la scorciatoia di Soldini, il logo da trovare e l'idea in generale per tutta la campagna.

"Ok, ho capito tutto. Te la trovo io l'idea! Sei pronto? Invece di fare quella bella ragazza bionda che balla con in mano le caramelle... come si chiama?"

"Michelle Hunziker."

"Eh, lei... Noi facciamo un pacchetto che balla tra tutte le ragazze che lo vogliono mangiare."

"L'hanno già fatta, era Charms tanto tempo fa."

Alessandro pensa se lei era nata o no. Ma questo preferisce non dirglielo. Niki poggia il mento sul palmo della mano. "Cavoli, mi hanno fregato l'idea allora!"

Alessandro ride.

"Amici miei, ecco le orate e le insalate!" Mastino compare alle loro spalle e lascia i piatti sul tavolo. "Qualunque cosa chiamatemi, io sono di là."

"Ok, Masti, grazie!"

"Uhm, sembrano buone..." Niki con la forchetta apre il pesce, "che profumo, è freschissimo." Lo rompe e ne porta un pezzo alla bocca. "È anche tenero... Uhm, veramente buono." Poi prende con due dita una piccola spina. "Uffa, una spina!"

"E certo, se lo mangi così... vuoi che te lo pulisco?"

"No, mi piace così. Mangio e intanto penso, eh... Sono sicura che adesso mi viene un'altra bellissima idea che ancora non mi hanno fregato ! "

Alessandro sorride.

"Ok, d'accordo" e inizia a spinare il suo pesce con metodo. Poi la guarda mentre mangia. Niki se ne accorge e con la bocca piena gli bofonchia qualcosa. "Sto pensando, eh?"

"Fai, fai..." Una cosa è sicura. Un brainstorming così, non l'ha mai fatto. Niki si pulisce la bocca col tovagliolo, poi prende il bicchiere e beve un po d'acqua.

"Ok, ne ho un'altra! Sei pronto?"

"Prontissimo" e le riempie di nuovo il bicchiere.

"Questa è fortissima..."

"Vai."

"Allora... Vediamo una città e improvvisamente tutto si trasforma in pacchetti di caramelle e per ultima la caramella LaLuna. LaLuna, una città di dolcezza!"

Questa volta è Alessandro a bere. E Niki subito dopo gli riempie il bicchiere.

"Allora? Che dici, non ti è piaciuta, eh? Ti stavi strozzando."

"No, sto pensando. Buonina. Ma sembra un po quella con il ponte che in realtà era la gomma che il protagonista piegava in bocca."

Niki lo guarda e scuote la testa.

"Mai vista..."

"Dai, la gomma del ponte, Brooklyn."

Niki sbatte il pugno sul tavolo.

"Cavoli, mi hanno fregato pure questa! Va be, ma l'idea della città è diversa."

Alessandro mangia un po d'insalata.

"È diversa, ma è vecchia perché fa il verso a quella, ci vuole una novità."

Anche Niki mangia un pezzo di pomodoro.

"Cavoli, allora è difficile il tuo lavoro... Pensavo fosse molto più facile."

Alessandro sorride.

"Se fosse stato così facile, non avrei avuto la macchina che tu hai deciso di distruggermi!"

Niki ci pensa un attimo.

"Sì, ma avresti il mio motorino e sapresti andare sul surf ! E magari avresti mangiato un sacco di altre volte così bene da Mastino."

"Già."

Alessandro le sorride.

"Però ho incontrato te."

"Sì, è vero. Allora è un ottimo lavoro. Sei proprio fortunato."

Si guardano un po più a lungo del solito. "Senti, Niki..." Proprio in quel momento squilla il suo telefonino. Alessandro lo prende dalla tasca. Niki lo guarda sbuffando.

"Di nuovo l'ufficio..."

"No. Un mio amico" e apre.

"Dimmi, Enrico."

"Ciao. Scusa ma non ce la facevo, allora? Com'è andata da Tony Costa?"

"Non è andata."

"Come non è andata? Che vuoi dire? Ha rifiutato l'incarico? Era troppo costoso? Cos'è successo?"

"Niente, è che ancora non ci sono andato."

"Ma come non ci sei andato? Alex, non hai capito, io sto male, sto malissimo. Ogni momento che passa per me è una tortura."

Silenzio.

"Dove sei ora, Alex?"

"In riunione."

"In riunione? Ma se non sei in ufficio. Ti avevo chiamato lì."

"In una riunione fuori." Alessandro guarda Niki che gli sorride. "In una riunione fuori molto creativa."

Enrico sospira. "Ok, ho capito. Scusa, amico mio. Scusa, scusa, hai ragione, ma sei l'unica persona su cui posso contare. Ti prego, aiutami."

Alessandro, sentendo il suo tono disperato, torna serio.

"Ok, hai ragione, scusami tu. Ci vado subito."

"Grazie, sei davvero un amico. Ci sentiamo più tardi."

Enrico chiude la telefonata. Alessandro si leva il tovagliolo dalle gambe, lo poggia sul tavolo.

"Dobbiamo andare."

Fa per alzarsi, ma Niki gli poggia la mano sul braccio, fermandolo.

"Ok, ora andiamo, ma stavi per dirmi una cosa prima..."

"Prima quando?"

Niki piega la testa di lato.

"Prima che squillasse il telefonino."

Alessandro sa perfettamente di cosa parla.

"Ah, prima..."

"Eh, prima."

"Ma niente..."

Niki gli stringe il braccio.

"No, non è vero. Hai detto: senti, Niki..."

"Ah sì. Eh... Senti, Niki." Alessandro si guarda in giro. Poi la vede. "Ecco, ti stavo dicendo... Senti, Niki, sono felice di averti conosciuto, abbiamo passato una bellissima giornata e mi hai regalato tu del tempo. E soprattutto... È bello quando uno si accorge di cose come quella!" Alessandro indica qualcosa alle sue spalle. Niki si gira e la vede.

"Quella?"

"Sì, quella."

Una rete di ferro gonfia, con dentro della carta blu e una specie di asta di gesso che l'attraversa.

"Vi piace?" Mastino è lì vicino e sorride. "Si chiama II mare e lo scoglio. Bella, vero? È una scultura di un certo Giovanni Franceschini, un giovane che secondo me farà molta strada. L'ho pagata un sacco. Ho investito su di lui. Cioè, non l'ho pagata... ma è più di un anno che viene qui a mangiare a sbafo, grazie a quella scultura! Quindi vuoi dire che vale un casino..."

Alessandro sorride.

"Ecco, vedi, senza di te non avrei mai visto ho scoglio e il mare."

Mastino lo corregge. "Il mare e lo scoglio... ma scusate, dopo tutto quello che c'ho investito non me lo potete stravolgere!"

"Ha ragione, scusi." Alessandro mette mano al portafoglio. "Quanto le devo?"

Niki si alza veloce e gli rimette dentro il portafoglio.

"Masti, segna sul mio conto..." Mastino sorride e comincia a sparecchiare.

"Già fatto, Niki. Torna presto."

Alessandro e Niki vanno verso l'uscita. Niki si ferma davanti

alla scultura. Alessandro la raggiunge. "Il mare e lo scoglio. bella, vero?"

Niki lo guarda seria.

"Guarda che non mi piacciono."

"Le sculture?"

"No, le bugie."

Trentacinque

La Mercedes procede spedita sul raccordo anulare. Un pomeriggio tranquillo in cui qualcuno ha provato una nuova libertà: regalarsi del tempo. Ma a volte si è incapaci di accettare un regalo perfino da se stessi.

"Ti riporto al motorino?"

"Non se ne parla proprio. Questo pomeriggio è nostro. E poi sto mettendo a punto nuove idee sulla tua caramella."

Alessandro la guarda. Niki ha il finestrino abbassato e il vento le scompiglia leggero i capelli, asciugandoli a tratti. Ha un foglio tra le mani e una penna in bocca, che tiene come se fosse una sigaretta, mentre cerca sognante l'idea di chissà quale grande spot.

"Ok."

Niki gli sorride, poi scrive qualcosa sul foglio. Alessandro prova a sbirciare.

"Non guardare. Te lo do solo quando è pronto..."

"Ok. Il definitivo."

"Che cosa?"

"Si chiama così il lavoro finito."

"Ok, allora vorrà dire che quando è il momento ti darò il definitivo."

"Sì, brava, magari trovassi veramente una buona idea. Potrei regalarmi un sacco di tempo!"

"Vedrai che ci riesco, sarò io la musa ispiratrice della pubblicità sulla caramella."

"Lo spero proprio" e così dicendo mette la freccia ed esce verso la Casilina.

"Ehi, ma dove stiamo andando?"

"Da una parte."

"Lo vedo... siamo usciti dal raccordo."

"Devo fare una commissione per un mio amico."

"Quello della telefonata di prima?"

"Sì."

"E di che si tratta?"

"Ma quante cose vuoi sapere. Non ti distrarre. Pensa alla pubblicità."

"Hai ragione."

Niki torna a scrivere qualcosa sul foglio, mentre Alessandro segue le indicazioni del navigatore e si ferma poco dopo in una piccola traversa della Casilina. Ai bordi della strada alcune vecchie macchine arrugginite, qualcuna coi vetri rotti, qualcun'altra con le gomme bucate. Dei cassonetti distrutti, delle scatole di cartone abbandonate e delle buste di plastica aperte e graffiate da qualche magro gatto che cerca disperatamente un rimedio a quella dieta ormai da troppo terwpo forzata.

"Ecco, sono arrivato."

Niki si guarda in giro.

"Ehi, ma che amici hai? ! Che hanno a che fare con un posto così."

"È una commissione speciale."

Niki lo guarda sospettosa. "Guarda che se ripassano i tuoi amici carabinieri e ci arrestano per droga, poi glielo spieghi tu ai miei che io ti stavo solo accompagnando..."

"Macché droga, ma ti pare! È una cosa che non c'entra niente. Resta in macchina e spingi quel pulsante quando scendo, così ti chiudi dentro."

Alessandro scende dalla macchina e, andando verso il portone, sente il rumore della serratura che scatta. Sorride. Poi, mentre cerca il nome sul citofono, pensa ai suoi "amici" carabinieri e al fatto che lo stavano arrestando sul serio per droga... Tutta colpa di quel Soldini e della sua voglia di non essere

dimenticato. E chi se la scorda più quella serata. Chissà cosa staranno facendo in ufficio. Speriamo che abbiano qualche buona idea. Bah, che sciocco! Non mi devo preoccupare... per quello c'è sempre Niki. Poi sorride preoccupato. Speriamo. Finalmente trova quello che cerca. Tony Costa. ° piano. Il portone è aperto. Alessandro entra e prende l'ascensore. Quando esce vede una porta con la scritta sul vetro "Tony Costa. Agente investigatore". Proprio come in quei vecchi film americani. Di solito in quei film quando uno suona o sparano o salta direttamente la porta. Ma poi non si fa mai niente nessuno. Così, un po più tranquillo, preme il campanello. Un vecchio suono, in linea con tutto il marciume e* l'odore delle scale, il vecchio ascensore e anche i tappetini logorati da chissà quanti piedi, nel tentativo di pulirsi prima d'entrare. Alessandro aspetta davanti alla porta. Niente. Non sente niente. Suona di nuovo. Finalmente qualche rumore da dietro la porta. Uno strano rimestio. Poi una voce profonda, calda, proprio come quella dei doppiatori di Marlowe con Robert Mitchum o Lultimo boyscout con Bruce Willis.

"Un attimo, e che è... sto arrivando." La porta si apre ma quello che si presenta è tutt'altro che uno di quegli attori. Al massimo somiglia a James Gandolfini, quello di The Sopranos. E anche questo lo preoccupa. È solo un po più basso ma ugualmente largo. Il tipo lo guarda con gli occhi accigliati.

"Allora? Che c'è?"

"Cercavo Tony Costa."

"Per cosa lo cerca?"

"È lei?"

"Dipende."

Alessandro decide di cedere.

"Avevo bisogno di lui, sì, insomma, volevo affidargli un caso."

"Ah, sì, allora sono io. Entri."

Tony Costa lo fa entrare. Poi chiude la porta. Si sistema meglio i pantaloni calati, si rinfila perfino la camicia dietro mentre va verso la scrivania.

"Lei è Adele, la mia assistente." Tony Costa indica senza voltarsi una ragazza che appare dall'altra stanza, anche lei risistemandosi un po.

"Salve."

"Buonasera."

Adele fa per raggiungere un'altra scrivania lì vicino, ma prima di uscire dalla camera chiude la porta. Ma non così in fretta da impedire ad Alessandro di vedere che quella è proprio una camera da letto. Tony Costa si siede alla sua scrivania e gli indica una sedia lì di fronte.

"Prego, si sieda."

Alessandro prende posto davanti a lui, mentre Adele gli passa alle spalle e si siede al tavolo alla sua destra. Alessandro si accorge che Tony Costa ha una grossa fede al dito, cicciotta, larga. Splende rovinata dal tempo tra quelle sue dita grasse. Mentre Adele, che sta sistemando alcuni fogli, ha solo un piccolo anello alla mano destra. Chissà. Forse ha interrotto qualcosa tra capo e segretaria. Ma una cosa è sicura: uno allenato come Tony Costa di sicuro non lo frega nessuno, e a lui quello che stava accadendo in quell'ufficio in fondo non lo interessa poi tanto. Lo guarda.

"Vuole qualcosa da bere? Un goccio di questo?" alza una bottiglia di Beltè che ha sul tavolo, già bevuta per metà.

"È caldo però, si è rotto il frigorifero."

"No, grazie."

"Come vuole."#

Tony Costa se ne versa un po. "Piuttosto, Adele, segni: frigorifero da aggiustare." Poi sorride ad Alessandro. "Vede? E già servito a qualcosa, mi ha ricordato le cose da fare."

Poi da un sorso lungo al bicchiere di té, bevendolo fino in fondo.

"Ahhh. Anche se è caldo, è sempre una goduria. Allora, cosa possiamo fare per lei, signor?..."

"Alex, ehm, Alessandro Belli. Non è per me, è per un mio amico."

"Certo, certo, un suo amico." Tony Costa guarda Adele e

sorride. "Il mondo è fatto di amici che fanno sempre favori ad altri amici... Allora di che si tratta? Documenti d'ufficio, assegni scoperti, tradimenti..."

"Un'ipotesi di tradimento."

"Da parte della moglie di questo suo amico, giusto?"

"Esatto. Io non credo che lei lo tradisca."

"E allora cos'è venuto a fare, scusi, a buttare i suoi soldi?"

"I soldi del mio amico, casomai."

"Senta, io non lo dirò a nessuno che lei è venuto da me. C'è il segreto. È contro il mio interesse, anche perché se vuole che io segua questa donna, sarei un investigatore veramente negato se poi non mi accorgasi che lei è il marito... Giusto?"

"Giusto. Ma io non sono il marito. Il marito è il mio amico. Io sono l'amico suo e di sua moglie."

"Ah, lei è l'amico della moglie."

"Sì, ma non sono amico in quel senso, sono amico, amico. Ecco perché sono sicuro che non ci sia un altro, ma il mio amico è fissato, è andato in paranoia."

"La gelosia spegne l'amore come le ceneri spengono il fuoco, diceva Ninon de Lenclos."

Alessandro non crede alle sue orecchie. Porca miseria. L'ha detto anche Enrico.

"Sì, insomma forse è così, comunque ora sono qui e devo andare avanti..."

"Come desidera lei. Ora comunque le cose sono più chiare. Adele, sta prendendo appunti?"

Adele alza il foglio. "Per adesso ho scritto solo Alessandro Belli che è l'amico di tutti e due."

"Già..." fa Tony Costa e poi si versa un altro Beltè. "Allora, ho bisogno dell'indirizzo della signora da seguire. Ha figli?"

"No."

"Bene, meglio..."

"Perché?"

"Mi spiace sempre mandare a monte un matrimonio quando ci sono di mezzo dei figli."

"Ma magari non lo deve mandare a monte."

"Ah, certo, certo... Staremo a vedere." Tony Costa prende un foglio e lo gira verso Alessandro. "Intanto mi scriva nome, cognome, indirizzo della persona da seguire."

Alessandro prende il foglio, poi vede una penna dentro un contenitore.

"Posso?"

"Certo, prego."

Alessandro scrive velocemente qualcosa sul foglio. "Ecco, questo è il nome della signora, quello del marito e dove abitano."

Tony Costa controlla la calligrafia. "Perfetto. È leggibile. Ora vorrei anche millecinquecento euro per mettermi al lavoro subito."

"Ok, eccoli qua." Alessandro apre il portafoglio, tira fuori tre fogli da cinquecento euro e li posa sul tavolo.

"L'altra metà invece me la darà quando le consegnerò le prove di quello che il marito sospetta."

"Certo... oppure non mi potrà dimostrare nulla."

"Certo, ma anche in quel caso lei pagherà. La verità è verità e quando si trova si paga."

"Benissimo."

Alessandro tira fuori un biglietto da visita dal suo portafoglio e glielo consegna. Poggia l'indice su un punto. "Ecco, vorrei che lei mi cercasse a questo numero."

"Certo, come desidera."

Tony Costa prende la penna e fa un cerchio attorno al numero di telefono indicato da Alessandro. Quello del suo cellulare. Alessandro si dirige verso l'uscita.

"Quando ci sentiamo?"

"La chiamo io appena ho qualcosa da mostrarle."

"Sì, ma suppergiù, sa, per dirlo al mio amico."

"Bah, io credo che nel giro di qualche settimana tutto dovrebbe essere più chiaro... la verità è verità, non ci vuole molto."

"Benissimo, grazie. Allora ci sentiamo."

Alessandro esce. Adele raggiunge Tony Costa. Rimangono

così, in mezzo a quell'ufficio dalle luci basse, su quel vecchio tappeto bordeaux consumato, con quella pianta nell'angolo dalle foglie un po ingiallite e quella grande mappa di Roma attaccata al muro, sotto un vetro scheggiato in un angolo. Alessandro fa un ultimo saluto. Poi chiude la porta dell'ascensore. Alessandro spinge il pulsante T. L'ascensore parte proprio mentre Tony Costa chiude la sua porta a vetri. Alessandro s'immagina l'investigatore e la sua assistente. Torneranno alle loro indagini del piacere, prima di occuparsi di quelle di Camilla. Camilla. La moglie del suo amico Enrico. Sono stato testimone di nozze di quel matrimonio, pensa Alessandro, e oggi pomeriggio sono stato testimone del fatto che tra poco qualcuno la seguirà a sua insaputa. Alessandro guarda l'orologio. E tutto si è svolto in una decina di minuti circa. Chiude l'ascensore ed esce dal portone. Ci vogliono solo una decina di minuti per rovinare la vita di una persona. Be. Se una persona vuole rovinarsela. Alessandro decide di non pensarci e va verso la macchina. Niki lo vede, sorride e spinge il pulsante facendo scattare la serratura.

"Ehi, era ora! Non sai le idee che mi sono venute!"

Alessandro entra in macchina e parte.

"Dimmi un po."

"No... ancora non ho bene le idee chiare."

"Ma come, te ne sono venute un sacco ma confuse?!"

"Uffa... e non rompere. Quando sarà il momento te lo dirò."

Niki mette i piedi sul cruscotto. Ma basta che Alessandro la guardi un attimo che subito li tira giù.

"Ok. Però facciamo così: se la mia idea ti piace, cioè, se alla fine usi la mia idea, allora mi spetta tutto un giorno che giriamo con la tua macchina coi miei piedi sul cruscotto, ok? Allora affare fatto?"

"Ok."

"No, prometti."

"Che cosa?"

"Quello che ho appena detto..."

"Ma niente di più, eh... Ok. Io voglio sapere bene su cosa prometto. Perché se prometto poi mi piace mantenere... Ok?"

"Ok. Ma sei pesante, eh."

"No, è questione di voler mantenere."

"Ok, allora solo una giornata con i piedi sul cruscotto."

"Allora va bene..." Alessandro sorride. "Promesso."

Niki sporge la mano verso di lui. Alessandro gliela prende e la stringe.

"Allora, cosa hai fatto lassù?"

"Niente, te l'ho detto, una commissione per un mio amico."

Niki raccoglie i capelli e ci infila la penna dentro, trattenendoli così.

"Il tuo amico vuole sapere se la sua donna lo tradisce."

Alessandro la guarda sbalordito.

"Ehi, come fai a sapere..."

"C'era scritto "Tony Costa investigatore privato" su quel citofono. Non era poi così difficile, eh..."

"Ti avevo detto di restare in macchina."

"E io ti avevo chiesto di dirmi che cosa facevi."

Alessandro continua a guidare.

"Be, non mi va di parlare di questa storia."

"Ok, allora ne parlo io. Ma cosa c'è di peggio di iroler sapere una cosa se uno non te la vuole raccontare, giusto? Per esempio: tu hai detto che ti sei lasciato con la tua ragazza, no?"

"Non mi va di parlare neanche di questa storia."

"Ok, parlo io anche di questo, allora. Ecco, tu per esempio. Vorresti sapere se lei ti ha tradito?"

Alessandro pensa: ma che succede? Adesso tutti si sono fissati con la mia storia? Ma Niki lo travolge di nuovo.

"Non è peggio? Cioè, è stata magari una bella storia, che bisogno c'è di starci male. Cioè, io per esempio mi sono lasciata col mio ragazzo, no? E allora, quello che è stato è stato. Basta, non c'è niente da sapere. E stato bello. Ma è stato... non è più facile così? Ma magari sapere che ti ha tradito ti fa stare meglio. A che serve però? Che vuoi, una giustificazione per stare meglio? Hai bisogno di un altro in mezzo per stare senza di lei? Io credo che è importante quello che si prova. Certo, se non è

finita per te... allora quello è un altro discorso. Allora hai voglia a star male..." Niki lo guarda curiosa. "Allora?"

"Allora che?"

"Be, sì, insomma, ci stai ancora male?"

Proprio in quel momento suona il cellulare di Alessandro.

Alessandro lo prende e guarda il display.

"È l'ufficio."

"Uffa. Ma a te l'ufficio ti salva sempre! Ma com'è..."

"Pronto?"

"Pronto, Alex..."

Alessandro copre il microfono con la mano, poi rivolto a Niki "È il mio capo"

Niki lo guarda come a dire "E io che ci posso fare?"

"Sì, Leonardo, dimmi."

"Dove sei?"

"In giro. Sto raccogliendo un po di dati."

"fkavo, mi piace questa cosa. Il prodotto è per la gente, ed è tra la gente che bisogna cercare... Hai trovato qualche buona idea?"

"Ci sto lavorando. Sì. Ho preso qualche appunto."

"Ah..." Silenzio dall'altra parte.

"Pronto, Leonardo?"

"Sì, scusa. Non dovrei dirtelo. Be, Marcello e la sua squadra mi hanno presentato un progetto." Silenzio di nuovo. Alessandro deglutisce.

"Sì?"

"Sì."

"E com'è?"

Silenzio, più breve questa volta.

"Buono."

"Ah, buono?"

"Sì. Buono... ma classico. Sì, insomma, da un ragazzo come lui mi aspettavo qualcosa di meglio, cioè non so come dire... di più forte. Cioè non di più forte, non di conservatore, ecco, che ne so, rivoluzionario. Sì, cioè, non rivoluzionario, nuovo. Ecco, nuovo... Nuovo e sorprendente."

"Nuovo e sorprendente. È proprio quello a cui sto lave rando."

"Lo sapevo. Lo sapevo, non c'è niente da fare. Alla fine il pii rivoluzionario sei sempre tu. Cioè... tu sei sempre nuovo e soi prendente."

"Già. Spero."

"Come spero?"

"No, volevo dire, spero che ti piaccia."

"Lo spero anch'io... Senti, tutta domani mattina ho una riu nione, ma nel pomeriggio riesci a farmi vedere qualcosa?"

"Be, sì, credo di sì."

"Ok, allora alle quattro nel mio ufficio. Ciao, ti saluto Continua a girare tra la gente. Mi piace questo tuo nuov( modo di fare ricerca. Nuovo e sorprendente. In giro... sì, noi c'è niente da fare, a modo tuo sei proprio rivoluzionario." I attacca.

"Pronto... Leonardo..." Alessandro guarda Niki. "Ha attac cato."

"Be, ora mi sembra tutto più facile."

"Cioè?"

"Dobbiamo solo trovare un'idea nuova e sorprendente*"

"Ah certo, facile."

"Be, se non altro le idee sono molto più chiare. Vedrai che domani prima delle quattro ti darò una delle mie idee nuove e sorprendenti."

Alessandro prende di nuovo il telefonino e compone il numero.

I"Che fai, lo richiami? Sposti l'appuntamento? Guarda che io

per le quattro ce la faccio di sicuro..."

"No... Pronto, Andrea?"

"Sì, capo, che piacere sentirti. Come vanno le cose?"

"Malissimo."

"Perché, c'è ancora traffico?"

"No, domani ho un appuntamento con Leonardo, nel pomeriggio. Devo presentare un progetto."

"Ma ancora non siamo pronti! Cosa possiamo fare?"

"Non lo so. Di sicuro dobbiamo trovare un'idea nuova e sorprendente."

"Sì, capo."

"E poi tu puoi fare un'altra cosa."

"Dimmi, capo."

"Prendi subito quella scorciatoia!"

"Ottimo, non aspettavo altro!"

Alessandro chiude la telefonata.

"Ma cos'è questa scorciatoia?"

"Ah, niente."

"Ma perché rispondi sempre "Ah, niente"? È peggio di quando da piccola mi dicevano "È una cosa da grandi""

"Ah niente... È una cosa da grandi."

"Quando fai così io non ti sopporto proprio. Dai, spostati, fammi guidare..."

"Cosa?"

Niki gli sale quasi sopra.

"Ma che, sei pazza? Abbiamo già fatto un incidente, aspettiamo almeno che fai i diciotto anni per gli altri!"

"Non se ne parla... E poi perché devi portare sfiga? Perché devo per forza fare un incidente?"

"Be, ci sono buone possibilità..."

"Naaa... Spostati, dai!"

"No."

"Ma, scusa, hai visto come me la sono cavata bene con i due carabinieri? Li ho convinti... e dai! Solo un pezzette di strada... Magari mentre guido mi viene qualche altra bella idea per le tue caramelle."

"Non sono mie."

"E dai, non rompere..." Niki gli sale quasi sopra. "E dai, scendi!"

"Ma se hai detto che questa non va bene perché ha il cambio automatico."

"Sì, ci ho ripensato, questa è talmente grossa che se riesco a fare manovra e a prenderci la mano, allora ci riesco con tutte!"

Alessandro si sposta da sotto Niki e scende.

s

"Il guaio è se non ci riesci con questa..."

Niki si mette la cintura, mentre Alessandro fa il giro.

"Capirai, dopo l'incidente che hai fatto per colpa tua, dal carrozziere ci dovrai andare, no? E allora botta più botta meno..."

Alessandro sale e si mette anche lui la cintura.

"Meglio botta meno."

Niki sorride, poi mette mano al navigatore.

"Che fai?"

"Provo questo aggeggio, tanto io non ce l'avrò mai nella mia macchina. I miei mi faranno una basic. Come si leva il sonoro?"

"Il sonoro?"

"Sì, quella che parla come Star Trek e dice trecento metri girare a destra."

"Ah, così" Alessandro spinge un tasto sul monitor e compare "no audio"

"Bene."

Niki comincia a impostare il navigatore, poi si accorge che Alessandro la sta fissando.

"Non guardarmi!"

"Ok" Alessandro si gira dall'altra parte, "ma dove vuoi andare?"

"Lo scoprirai. Ecco fatto."

"Parti lentamente, mi raccomando."

Ma Niki non gli da retta e preme l'acceleratore, scattando in avanti.

"Ecco, avevo detto lentamente."

"Eh, per me questo è lentamente."

Alessandro scuote la testa.

"Mi arrendo."

Niki sorride e inizia a guidare. Questa volta lentamente. Passa in mezzo alle macchine, mette la freccia, gira. Ogni tanto Alessandro l'aiuta, prende il volante e le corregge la curva.

"Ehi, lo sai che sei meglio di tutti i miei amici insegnanti?"

"Ma come? Non fai scuola guida con tuo padre?"

"Mio padre non ha tempo."

^

Alessandro la guarda. Le sorride. Che strano. "Mio padre si è divertito a insegnarmi, a fare lezione con me."

"Infatti ti ha trasmesso una certa calma, pazienza e tranquillità."

"Io voglio trovare il tempo per insegnare a guidare ai miei figli..."

Niki lo guarda e alza le spalle.

"Certo, intanto lo hai trovato per me. E questo è bello..." Poi Niki gli sorride. "E io invece ti tengo in allenamento per quando arriveranno i tuoi figli."

"Ah, certo."

Alessandro la guarda. Poi pensa tra sé. Già... ma chissà quando. Mi piacerebbe avere un bambino. Che ci vuole... Mi manca solo la persona con cui farlo. Elena se n'è andata. Gli prende una certa tristezza. E sto qui con una che è come se fosse una bambina mezza cresciuta e che in più mi ha costretto ad adottarla. Mah! Niki mette la freccia e posteggia.

"E che fai? Non continuiamo la lezione?"

"No, siamo arrivati." Niki si leva la cintura e scende.

"Ma dove?" anche Alessandro scende dalla macchina. "Hai un'altra gara?"

"No, sono le otto e mezza e ho fame. Aspetta che avviso i miei." Compone veloce un numero. "Pronto, mamma... Sì, ho studiato a casa di un'amica... Lo so. Stava un po giù e le ho fatto compagnia... No. No, non la conosci." Niki sorride ad Alessandro. "Ora andiamo a mangiare una cosa... Sì, se mi cerchi, che non prende il telefonino, siamo allo Zen Sushi a via degli Scipioni... Sì... Eh. Chiama le Pagine Gialle, lo trovi, oppure passi se è urgente. E no. Siamo venute qui a mangiare, aveva fame, ha insistito... Ha deciso che offre lei. Sì. E no, vuole pagare lei. È fatta così! No, non la conosci ma presto te la presento. Ok, sì. Studiamo ancora un po e poi vengo a casa, torno presto, dai. Promesso. No, promesso, presto sul serio. Ciao, un bacio e saluta papa." Niki chiude il telefono. "Ho detto che paghi tu, così lei ci crede che sto con un'amica che sta veramente male, che mi obbliga ad andare a cena con

lei e le ho dato l'indirizzo del ristorante perché la rassicura, sai..."

"Ah, ho capito, e invece?"

"E invece è uguale, offri tu e spero che ti diverti. Scusa, eh? Ma io ti consegno il logo disegnato con tanto di idea mica per niente."

Proprio in quel momento squilla di nuovo il telefonino di Niki.

"Uffa, è coperto... E ora chi è?" Decide di rispondere. "Pronto."

"Ehi, ma dove sei?"

Niki si gira verso Alessandro. "È Olly. Cavoli, la dovevo chiamare..."

"Noi siamo al piazzale per il Bbc. Avevi detto che stasera venivi... e forse addirittura lo facevi."

"Mentivo..."

"Va be, ma vieni lo stesso!"

"Ma sul serio siete lì?"

"Sì!"

"Anche stasera? Ma non vi annoiate?"

"No. Non ci annoiamo. È fichissimo, c'è il tuo ex che sta facendo i numeri a quattro. E mezzo ubriaco e ti cerca come un pazzo. Mi ha chiesto come mai non sei qui con le Onde!"

"Perché sto qua con uno fichissimo..."

"Cosa? Chi è? Raccontami ora e subito tutto!" Poi Olly sorride dall'altra parte del telefonino. "Ah, ho capito... Non è vero niente, mi stai mentendo, vero?"

"No, lo sai che non dico bugie."

"E se ti becca Fabio?"

"E che m'importa, ci siamo mollati proprio perché non mi faceva uscire neanche con voi. E ora? Mi dovrei preoccupare adesso che non ci sto più? Non se ne parla proprio. Guarda, Olly, io adesso spengo. Di a Fabio che andavo a dormire, che tanto non ha il coraggio di chiamare a casa dai miei, e domani ti racconto tutto..."

"No, no, aspetta, aspetta, Niki, aspetta..."

Troppo tardi. Niki ha chiuso. Poi guarda Alessandro che è

:ora sconvolto. "Io ho spento il mio. Perché non spegni il

'? Così ci regaliamo una serata tranquilla per finire bene que

giornata."

Niki sorride ed entra per prima nel locale. Ales

dro

prende il suo telefonino. Lo guarda per un attimo. Deci

•e

di non aspettare, almeno per stasera, l'eventuale telefonata

Elena. Quest'idea già gli da un certo piacere. E così lo spe

ì

e soddisfatto se lo mette in tasca. Ed entra con uno strano

iso di nuova libertà nel ristorante. Dopo poco si trovano così

nangiare. A ridere. A scherzare, come una di quelle tante

spie felici di stare insieme, quelle che sognano, che hanno

:ora tutto da scoprire, quelle che hanno un po paura e un

' no... Come quella sensazione strana che si prova quando si

in spiaggia e fa caldo. All'improvviso si ha voglia di fare il

gno. Allora ci si alza dall'asciugamano. Ci si avvicina all'ac

a.

Ci si entra. Ma l'acqua è fredda. A volte freddissima.

lora c'è chi lascia perdere tutto e torna a sdraiarsi, a soffrire

:aldo. C'è invece chi si butta. E solo questi ultimi, dopo qual

e

bracciata, riescono ad assaporare fino in fondo quel gusto

ico e un po sciocco di totale libertà, perfino da se stessi.

IL

Trentasei

Luna alta nel cielo, pallida, lontana. Luna uguale per tutti. Lun; per ricchi, poveri, tristi. Luna per persone felici. Luna luna tu.. "Non ti fidar di un bacio a mezzanotte... Se c'è la luna non t fidar..." Quella vecchia canzone.

Mauro posteggia davanti al pub. Scende. Apre quel sellino tutto tagliato, irrimediabilmente rovinato. Un po di gomma piuma si affaccia da quello sbraco. Sembra un vecchio panettoni andato a male. Come la sua giovane vita, in fondo. Leva il tappe del serbatoio e scuote il motorino. Le esalazioni di benzina e ui piccolo tuffo fanno capire che un po di strada nascosta là den tro c'è ancora. "Almeno a casa ci torno, va."

Entra nel pub e si avvicina al bancone.

"Una birra media chiara."

Un giovane ragazzo ormai già un po vecchio, con una siga retta spenta in bocca e poca voglia di lavorare nelle mani, prendi un bicchiere attaccato sopra la sua testa. Lo sciacqua, lo rovescii facendo uscire quel poco d'acqua rimasta sul fondo e lo metti sotto la spina. Apre il rubinetto a compensatore e la birra esce fresca e spumeggiante, riempiendo velocemente tutto il bicchieri da , litri. Poi prende una spatola e la fa scorrere rapidamenti sul bordo, tenendola a ° e toglie la schiuma di troppo. Alla fini immerge il bicchiere in acqua per pulire dalla parte esterna de vetro le gocce di birra, che sporcherebbero le mani.

"Metodo belga" e la da a Mauro. Lui la prende e se la porti avido e assetato alla bocca.

"Me ne fai un'altra?"

Alle sue spalle una voce e subito dopo una pacca. "Bella frate, ci voleva una notte strana come questa per fasse una birra, sh?" È il Civetta. Gli sorride e comincia a parlargli del più e del meno, di grandi sparate e di cose forse vere. "Ti ricordi, dai, quello che chiamavano il Giannizzero. L'ho incontrato l'altra sera al centro, c'aveva una jeep, ma che te lo dico a fa, un sogno. L'Hammer quella nuova, più piccola, gialla coi bordi neri e sopra una fica da paura... Ahò, pure la tua non è da scherzo, eh? Alta una quaresima, poi. Come si chiama?"

"Paola" fa Mauro, leggermente infastidito che si parli in quei termini della sua donna. Ma in fondo so complimenti de borgata, pensa.

"Bella. Precisa. Nun posso dì proprio niente. Finché s'accontenta d'un motorino..." Il Civetta lo guarda e alza il sopracciglio, poi beve un sorso di birra e si asciuga la bocca con la manica del giubbotto. Appoggia il bicchiere quasi sbattendolo. "Ma perché nun me dai una mano? Guarda che so passeggiate. È che m'hanno pizzicato Memo, quello che girava sempre con me, te lo ricordi? Dai, l'avrai visto mille volte, quello grasso, con gli occhi a palla. Ahò, è una vita che me lo scarrozzo dietro."

"Ma chi, il Gufo?"

"Eh, bravo. L'hanno preso una settimana fa. Una rapina alla Coop sulla Casilina. Ahò, è proprio scemo, ai supermercati grossi sulla tangenziale c'è sempre la pula fuori, ma che non lo sa? E poi mai fare le cose da solo... È stato avido. Voleva fa magna solo la tasca sua e mo se ritrova ar gabbio, a fasse da da magna dagli infami." Il Civetta ride. Poi ci ripensa e si rattrista. "Avevamo fatto almeno dieci spolverate insieme e mai un intoppo, cazzo, per il Gufo e la Civetta."

Mauro gli sorride. "Va be, dai, vedrai che esce."

"Seee, aveva già due condanne, si fa almeno cinque anni."

Mauro alza il sopracciglio e beve la sua birra perché non sa proprio più cosa rispondere. Il Civetta lo guarda, improvvisamente lucido e furbo.

"Senti, Ma, ma perché nun vieni a fa un giro con me? Dai, ho adocchiato due, tre che so facili facili, je piji il biscottino con la mano sinistra e sono almeno un cinque mila a botta..."

Mauro scuote la testa. "No, no."

Il Civetta insiste. "E daje..." Gli da una botta con la spalla. "Famo coppia come quando stavamo a scuola, che giocavamo ai campi dietro al piazzale dell'Anagnina... Te lo ricordi il cam pionato dei Castelli... Ci chiamavano le stelle gemelle, come la canzone d'Eros al plurale, eh?"

"E che non me lo ricordo."

"Dai, t'ho trovato pure il soprannome..."

"Aspe, famme indovina... il Barbagianni!"

"Ma che me stai a prende per il culo?"

"Ma che t'offendi?"

"Con te mai... Dopo che m'hanno pizzicato il Gufo, he deciso di cambiare rapace, no? Ti vedo sempre da solo, non dai confidenza. Hai solo una donna, cazzo, mi piaci. Avevo pensate a Falco. O Aquila. Lo sai che le aquile s'accoppiano in volo? Non c'entra un cazzo ma l'ho visto in un filmato in tv. Ahò, dì sballo. Tatata." Il Civetta fa un gesto col pugno chiuso come t mimare un atto d'amore ribelle, veloce, affamato, rabbioso, sei vaggio. "In volo, ma ci pensi?" Mauro gli sorride.

"Io invece voglio continua a tromba con i piedi per terra.. L'idea di finì ar gabbio non mi piace proprio. L'idea di nun ved< mai Paola poi, mi piace ancora di meno..."

Il Civetta scuote la testa e beve un lungo sorso della sui birra. Anche Mauro finisce la sua. "Come vuoi, Ma..." fa i Civetta un po rassegnato, "io so qua. Peccato però, tornavam in pista le stelle gemelle..."

Mauro sorride. "Se me chiami per fa una partita a pallone già sto sul campo."

Il Civetta sorride a sua volta. "Lascia, lascia, pago io."

"No, no, stasera faccio io." Paga le due birre. Poi esce da bar e lo saluta di nuovo da lontano, alzando il mento, così, coi quel semplice gesto che si fa solo tra amici.

Trentasette

Stanza indaco. Lei.

"Nessuna tra tutte le donne che aveva sentito parlare aveva una voce come quella. Il più piccolo suono che pronunciava faceva crescere il suo amore, ogni parola lo faceva tremare. Era una voce dolce, musicale, ricco frutto della cultura e della gentilezza. Ascoltandola, si sentivano risuonare nelle orecchie le grida stridule delle donne indigene, delle prostitute e, meno dure, le cantilene fioche delle operaie e delle ragazze del suo ambiente. "

La luce della lampada a vetro opaco dell'Ikea colora il monitor di un giallo caldo e avvolgente. La finestra della camera è aperta e un vento leggero muove le tende. La ragazza legge sognante quelle parole che sanno d'amore. La fanno sentire diversa ogni giorno di più. Che fortuna, pensa, essere passata di lì, quella sera. Certo che è strano: nel posto dove si butta la spazzatura, io ci trovo questo Stefano e le sue parole. Chissà com'è. Chissà a chi le dedica. Chi è questa donna che ha una voce così bella. La sua ragazza? Quella Carlotta delle mail? Chissà se ora le sta scrivendo. Chissà che faccia ha. Forse è alto e coi capelli scuri. Forse ha gli occhi verdi. Mi piacerebbe che avesse gli occhi verdi. Mi ricordano la corsa su un prato. La ragazza continua a leggere.

"Non mi sono mai tirato indietro. Sai che ho dimenticato che cosa significa addormentarsi col cuore in pace? Milioni di anni fa mi addormentavo quando ne avevo voglia e mi svegliavo

quando ero riposato a sufficienza. Ora balzo in piedi al suono della sveglia... Mi chiedo perché l'ho fatto e rispondo: per te- Molto tempo fa volevo diventare famoso, ma ora non m'im porta più della gloria. Tutto quello che voglio sei tu. Ti bramo più del cibo, dei vestiti, della celebrità. Sogno di appoggiare la testa sul tuo petto e di dormire per un miliardo di anni... Lei si sentiva irrimediabilmente attratta verso di lui. Quel magico flusso che lui aveva sempre emanato ora fluiva dalla sua voce appassionata, dagli occhi lampeggianti e dal vigore che gli ribol liva dentro... Tu mi ami. Mi ami perché sono molto diverso dagli uomini che hai conosciuto e che avresti potuto amare."

Leggere dell'amore, di un amore così grande, la commuove. E di colpo sente di non provare quelle cose, di non sentirsi così pensando a lui. Chiude il computer. Ma un'altra lacrima scende dispettosa e le bagna il ginocchio. E lei ride e tira su con il naso. Poi si ferma. E rimane in silenzio. E poi si arrabbia. Sa benis simo che non può niente contro tutto ciò...

Trentotto

avanti a quello strano, piccolo tapis roulant culinario Niki e lessandro ridono e scherzano, parlano di tutto e di niente, ¦endono al volo quei piattini pieni di specialità giapponesi )pena fatte. Si paga a seconda del colore del piattino scelto, iki ne prende uno arancione, costosissimo. Assaggia solo metà shimi e rimette il piattino sul tapis roulant. Alessandro si iarda subito preoccupato in giro. Ci manca solo che vengano iche lì, in libera uscita, Serra e Carretti, i soliti due carabinieri, ancora ridono. E ancora un aneddoto. E un'altra curiosità. E :nza volerlo, senza malizia, senza troppi pensieri, Niki si trova a casa di Alessandro.

"Ma è bellissima! Cavoli, ma allora sei uno importante sul :rio... Sei uno di successo!"

"Be, finora m'è andata bene."

Niki gira per casa. Si volta e gli sorride.

"Vediamo domani con le mie idee come va, no?"

"Già." Alessandro sorride ma preferisce non pensarci.

"Guarda, Alex, ti giuro, questa casa mi piace un casino. E si è così vuota... Forte, sul serio!, non c'è niente di troppo, )lo questo divano centrale, la tv e poi un tavolo e laggiù un Dmputer. Te lo giuro che è un sogno. E poi questi... No! Non

credo."

Niki entra nella stanza dell'ufficio. Una grande libreria e iverse foto. A colori, in bianco e nero, graffiate, sbiadite. Con : frasi più famose. E gambe, e ragazze, e macchine, e bibite, e

volti, e case, e cieli. E immagini della sua grande creatività, le più diverse, appese al muro, tenute su da sottili fili di nylon e delle cornici blu scure zincate con un piccolo bordo giallo ocra. "Che ficata! Ma queste sono tutte le pubblicità che poi io ho visto... Nooo! Non ci credo!"

Niki indica una foto, ci sono gambe di donne che indossano calze. Le più diverse, le più strane, le più colorate, le più serie, le più folli.

"Ma l'hai fatta tu questa?"

"Sì, ti è piaciuta?"

"Mi è piaciuta? Ma io vado pazza per quelle calze! Non sai quante me ne sono comprate. Ma io le sfilo sempre. O perché mi poggio le mani sulle gambe e magari ho una pellicina alzata. Sai, mi mangio le unghie... o perché urto qualcosa, insomma, ne cambio una media di quattro, cinque a settimana e le ho prese sempre tutte da loro."

"E io che pensavo di aver avuto successo per la mia pubblicità. Ho fatto tanti numeri solo perché ci sei tu che ti rompi in continuazione le calze!"

Niki si avvicina ad Alessandro e gli si struscia un po addosso.

"Ehi, non fare il modesto con me, e poi senti..." Niki prende la mano di Alessandro, si alza un po la gonna e se la poggia in alto sulla sua coscia. Gli si avvicina col viso e lo guarda ingenua, coi suoi occhi grandi, apposta smorfiosa, e poi maliziosa, e ancora piccola, e poi grande, e poi boh... Ma comunque bella. E desiderabile. E una voce bassa e calda ed eccitante. "Vedi... Mica le porto sempre, io, le calze..." e poi scoppia a ridere e si allontana, lasciando cadere giù il vestito, sistemandoselo meglio. Poi si leva le scarpe e si muove un po i capelli, li friziona quasi, liberandoli da quell'ordine prigioniero di un semplice elastico.

"Ehi" si gira e lo guarda, "ma si può avere qualcosa da bere in questa casa?" sorride maliziosa.

"Ehm, certo, certo..." Alessandro cerca di riprendersi e va verso il mobile dei liquori.

"Ehi, cosa vuoi, Niki, un rum, un gin tonic, vodka, whisky..."

Niki apre la finestra del terrazzo. "No, sono troppo forti. Non hai una semplice Coca Cola?"

"Coca Cola? Subito." Alessandro va in cucina, Niki esce in terrazza. La luna è alta nel cielo, attraversata da qualche nuvola leggera. Sembra un'amica che fa l'occhietto. Alessandro, in cucina, sta versando la Coca Cola e taglia un limone. Niki gli grida da lontano "Alex, metti anche un po di musica?".

"Sì."

Prende il bicchiere, c'infila un po di ghiaccio, poi va dove ha poggiato la giacca e fruga nella tasca. Trova il ed che gli ha regalato Enrico. È doppio, incredibile. Prende uno dei due senza farci troppo caso, lo infila nell'hi-fi attaccato al muro. Spinge un pulsante e fa partire il ed. Ne spinge un altro per la filodiffusione in tutta la casa. Raggiunge Niki in terrazza.

"Ecco la tua Coca."

Niki la prende e ne beve subito un sorso. "Uhm, buona, perfetta col limone poi."

Proprio in quel momento comincia la musica.

"Che ne sai tu di un campo di grano, poesia di un amore profano..." e subito dopo la voce di Enrico, "ecco, qui Lucio voleva sottolineare l'impossibilità di spiegare, di capire, d'interpretare, di collocare l'amore così come la bellezza di un campo di grano, come quelle emozioni che a volte improvvise, come portate da un vento, non sono spiegabili, da questo la domanda che ne sai tu di un campo di grano... Una domanda che resterà senza risposta come invece più chiaro è il perché di queste altre parole..."

E subito parte un altro pezzo di Lucio Battisti. "Guidare come un pazzo a fari spenti nella notte." "Ecco, in questo caso ci deve essere stata chiaramente poco prima della composizione del pezzo una discussione tra Lucio e Mogol, infatti, si può chiaramente capire dalle parole che..."

"Ehm, scusa, ho sbagliato ed."

Alessandro corre, rientra in studio, stoppa il ed, lo tira fuori e vede che sopra c'è scritto "Interpretazioni varie" Prende l'altro ed. "Solo atmosfera." Meglio. Mette il ed sperando che questa volta vada meglio. Spinge il pulsante, aspetta che la musica inizi. Ecco, è partita. Alessandro prende la copertina del ed e guarda i titoli segnati da Enrico. Sorride. Sono le loro canzoni. Il cammino di un'amicizia. Guarda le prime e gli sembrano perfette. La quarta non la conosce ma del suo amico si fida. Torna in terrazza. Quando esce, la luce è spenta.

"Ehi è buio..." Alessandro prova ad andare all'interruttore. "No, lascia così, è più bello." Niki è lì, poco distante da lui, in mezzo a un cespuglio di gelsomini. Ne ha staccato qualcuno e sta mordicchiando la parte finale del fiore.

"Uhm, Coca Cola e gelsomini... un sogno che mi stordisce."

"Già." Alessandro prende il suo bicchiere e le si avvicina.

"Potremo lanciare questa nuova bevanda sul mercato. GelsominCola. Com'è?"

"Complicata. La gente ama le cose semplici."

"È vero, anch'io."

"E tu, Alex, mi sembri così semplice."

Alessandro posa il bicchiere.

"Mi sembra un'offesa..." ,"Perché? Semplice. Semplice d'animo..."

"Ma a volte le cose semplici sono poi le più complicate da raggiungere."

"Oh, non fare il complicato. Sul serio! Insieme ce la possiamo fare... E poi è chiaro quello che desideri. Le cose che vuoi. Si vedono, si leggono e se anche io non le avessi capite... Alla fine me le ha suggerite il tuo cuore."

"Chissà cosa ti ha detto... A volte mente."

Niki ride e si nasconde dietro un gelsomino. Piccolo. Troppo piccolo per quello splendido sorriso.

"Con me è stato sincero..."

Niki morde un altro gelsomino. Succhia il nettare. "Senti, ha un sapore buonissimo. Mi dai un bacio?..."

"Niki, ma io..."

"Shhh... cos'è più semplice di un bacio?"

"Ma io e te... è complicato."

"Shhh... fai parlare il tuo cuore." Niki gli si avvicina. Poggia la sua mano sul cuore di Alessandro. Poi l'orecchio. E lo ascolta. E batte forte quel cuore emozionato. E Niki sorride. "Ecco, lo sento." E si alza dal petto. Niki lo guarda negli occhi. E sorride nella penombra del terrazzo.

"Ha detto di no..."

"No cosa?"

"Che tra me e te non è complicato. È semplice..."

"Ah sì?"

"Sì. E poi gli ho chiesto: che faccio, lo bacio?"

"E lui cosa ti ha detto?"

"Mi ha detto che la fai difficile ma che anche questo è semplice..."

E Alessandro si arrende. E Niki lentamente si avvicina. E poi

bacia. Dolce. Amabile. Tenera. Morbida. Leggera. Come un gelsomino. Come Niki. Gli prende le braccia che Alessandro tiene giù abbandonate e se le mette al collo. E continua a baciarlo. Ora con più passione. Alessandro non riesce a crederci. Cavoli. Ma ha diciassette anni. Vent'anni meno di me. E

vicino di casa? E se ci sta guardando? Alessandro apre un po l'occhio. Siamo in mezzo ai gelsomini. I cespugli intorno ci nascondono. Ho fatto bene a volere tutte queste piante per il mio terrazzo. Ed Elena? Oddio, Elena ha le chiavi di casa! Ma soprattutto se n'è andata. Se n'è andata lei. Ed Elena non ha nessuna intenzione di tornare. Forse. Ma poi Alessandro abbandona tutti quei pensieri. Faticosi. Inutili. Difficili. Che vorrebbe portassero da qualche parte ma che alla fine non portano a niente. E si lascia amare. Così, con un sorriso. Un semplice sorriso. Niki si leva le spalline del vestito e lo lascia cadere

giù, per terra. Poi lo scavalca con le sue scarpe nere Adidas,I

alte, da pugile, e rimane così, in mutandine e reggiseno e niente^

più. Appoggiata con la schiena ai gelsomini, immersa tra tuttip

quei piccoli fiori, persa in quel profumo, come una rosa delicaI

tamente sbocciata per caso in quel cespuglio. Lei, profumata di|

!

\

suo, con la pelle che ancora sa di mare, con le braccia forti, con le gambe dai muscoli lunghi e guizzanti e uno stomaco piatto, leggermente increspato da muscoli educati che non si mettono troppo in mostra. Niki, tutta natura, sana, come si addice a un'amante del surf. E ora di Alessandro. E poco dopo sono già in mare aperto. Sotto la luna, tra delicate foglie di gelsomini dischiusi, ora a giocare con un altro fiore. Notte. Con una carezza disegnare i confini di ciò che si prova. O almeno provarci. E perdersi tra i suoi lunghi capelli ancora leggermente bagnati. E annaspare quasi in quel desiderio soffocato, timido, impacciato, tra quel sentirsi spogliare, scoprire di aver paura di osare. Ma averne voglia. E tanta. E andare avanti così, nella corrente del piacere. "No, non ci credo, è bellissima questa compilation." E continuare così, su quelle note, dolcemente a tempo col battito del loro cuore. E poi un pezzo classico e un altro e un altro ancora... E trovarsi improvvisamente in mezzo a una tempesta... "I was her she was me, we were one we were free..." tra onde lunghe... "and if theres somebody calling me on, shes the one..." e il vento di passione... "we were fine ali along..."

Alessandro quasi a occhi chiusi si perde in quella mareggiata che sa tutta di lei, di Niki, dei suoi baci, del suo sorriso, dei suoi lunghi sospiri, di quella morbida, giovane ragazza che sa di gelsomino e di tanto altro ancora.

Qualche stella dopo. Niki nuda attraversa il salotto. Cammina fiera e spavalda, per niente timida. Fa scorrere la portafinestra e poi sparisce per comparire poco dopo e sedersi davanti a lui, su quel lettino. Incrocia le gambe e poggia la sua borsa proprio in mezzo, con quell'educato coprire la sua nudità. Niki pesca nella sua borsa, mentre Alessandro è ancora seduto di fronte a lei. Ha solo la camicia addosso, sbottonata. E la faccia sconvolta. Ancora incredulo che "tutto quello" sia accaduto proprio tra loro.

"Ehi, ti dispiace se fumo? Tanto siamo all'aperto, no?"

"Sì, sì, fai pure..."

Niki si accende una sigaretta e aspira un po, poi manda uno sbuffo di fumo su verso il cielo. "Sai, a casa non posso mai fumare... I miei non lo sanno che fumo."

"E certo." Alessandro s'immagina se di tutto il resto invece sanno.

"A cosa stai pensando? E non dire come al solito niente,

eh?"

"Ok. Stavo pensando se i tuoi invece sanno di tutto il resto... sì, insomma, che tu..."

"Che non sono più vergine?"

"Eh, diciamo così."

"Ma che sanno, sei pazzo? Non hanno mai avuto nemmeno il coraggio di iniziare ancora questo discorso, figurati se sanno. Secondo me mia madre comunque lo sa... Almeno penso. Cioè, una volta Fabio, il mio ex, si è dimenticato una scatola di preservativi a casa mia e non l'ho più trovata. O l'hanno trovata i miei, o la mia signorina o mio fratello, ma all'epoca aveva dieci anni, quindi non credo proprio li abbia usati lui."

Alessandro, pensando ai preservativi e al suo ragazzo, il suo ex a quanto Niki gli ha detto, ha una strana sensazione. Non capisce. Non riesce a crederci. Non è possibile. Gelosia? Niki da un altro tiro alla sigaretta. Poi si accorge che c'è qualcosa di strano.

"Ehi, che hai?"

"Niente."

"Sei strano."

"No, sul serio niente."

"Vedi che dici sempre niente! Come i bambini. Di la verità, ti ha dato fastidio che ho parlato del mio ragazzo, dei preservativi e di tutto il resto. Guarda, dillo. Puoi dirlo. Sul serio."

"Be, un po."

"Wow! Non ci credo" butta la sigaretta di sotto e gli salta addosso completamente nuda. "Sono felice! Mi piaci un casino. Cioè, in realtà io non sopporto la gelosia, cioè che uno sia geloso di me. Io penso che o ci si ama oppure no. Quindi non ha senso la gelosia. Perché si deve stare insieme se non ci si ama, giusto? E tu, che sembri il freddo per eccel

?

lenza, sei geloso di me! Be, a questo punto posso anci impazzire."

E lo bacia in bocca con passione. "Sai, ti devo dire la verit anch'io prima ero storta in qualche modo. Stavo girando pi casa e pensavo chissà in quali posti l'avrà fatto... l'amore con. sua ex! E allora ho detto: di sicuro, qui su questo lettino, i mezzo ai gelsomini, così non l'avrà mai fatto, giusto?"

"Veramente su quel lettino ho sempre preso solo il sole."

"Ecco bravo..." Niki gli da un altro bacio. "E stasera hi preso me... Ma poi hai visto la cosa assurda? Cioè, quella con pilation è perfetta. Ti fa stare proprio bene. Cioè, ti sei accort che siamo venuti insieme proprio su quella canzone, Eskimi quella che a me piace un casino..."

"No, veramente non ci ho fatto caso."

"Macché, l'ho visto che ti sei accorto. Mi è piaciuto d morire."

Niki si gira su se stessa e si poggia su Alessandro, che a su volta si abbandona sul lettino, alzando un po lo schienale. Nil fa un lungo respiro.

"Ecco, è per momenti come questi che vale la pena di vivere vero?"

Alessandro non sa bene cosa dire.

"Già. Non so cosa mi sia successo. Cioè, lo so che ti pu< sembrare assurdo, ma quando abbiamo sbattuto, cioè quand< tu mi sei venuto addosso, ecco, io appena ti ho visto, ho capit( che eri tu..."

"Che vuoi dire?"

"Che tu sei tu. Io ci credo al destino. Tu, sei tu, sei l'uomc ;della mia vita..."

"Niki, ma abbiamo vent'anni di differenza!"

"E be? Che c'entra, oggi nel mondo succede di tutto e d più e tu fai un problema d'età di fronte all'amore?"

"Io no. Ma vallo a spiegare ai tuoi..."

"Io? Ma glielo spieghi tu. Tu sai essere convincente. Sei tranquillo, sei sereno, dai tranquillità e serenità. Guarda, è la nostra prima uscita e già sei riuscito a portarmi a letto..."

"A lettino casomai e comunque non mi sembra d'averti dovuto convincere un granché!" Niki si gira e gli da un pugno. "Ahi!"

"Cretino. Anzi stronzo. Che credi, che io vada a letto col primo che capita?"

"No, con il primo che ti mette sotto..."

"Allora casomai col primo che mi si mette sopra... visto che fai le battutacce. E comunque io sono stata solo con Fabio. E avrei voluto che non fosse accaduto, ora che ho conosciuto te."

"Niki, ma che dici? Noi non ci conosciamo per niente."

"Te l'ho detto, scusa, ma ho parlato con il tuo cuore, è così... Sei tu l'uomo della mia vita."

"Va bene, mi arrendo..." Alessandro rimane in silenzio. Anche Niki. Poi lei riprende a parlare.

"Ok, è vero, noi non ci conosciamo molto bene. Diciamo che abbiamo fatto una presentazione un po al contrario. Ma possiamo conoscerci meglio, no? Tu mi dai una mano per la scuola guida, io ti aiuto nel tuo lavoro..."

Alessandro decide di non litigare. "Ci sarà modo per ragio nare su tutta questa storia."

"Ok, così mi sembra accettabile."

Niki guarda l'orologio.

"Dobbiamo andare. Ho detto ai miei che tornavo a casa pre sto."

Si alza e raccoglie i suoi vestiti sul lettino.

"Certo, sarebbe stato bello poter rimanere qua, eh?"

Alessandro si riabbottona la camicia.

"Sarebbe stato bellissimo."

"Pensa che bello quando vivremo insieme, quando dopo aver fatto l'amore resteremo abbracciati e dormiremo insieme e poi il giorno dopo faremo colazione insieme e mangeremo insieme e usciremo insieme e la sera ritorneremo insieme..."

"Niki..."

Alessandro la guarda a bocca aperta.

"Ok, ok, certo... dopo esserci conosciuti meglio."

Trentanove

Poco dopo sono per strada. Alessandro guarda Niki che guida.

"Ehi, te la cavi bene ormai, Niki. Possiamo anche smettere."

"Ecco, se dici così vado subito a sbattere."

"Ok, sei negata."

"Ecco, bravo!"

Niki sorride. "E magari sbatteremo anche insieme, ma contro qualcun altro!"

"Ma in questa tua proiezione del nostro futuro, ci saranno anche ogni tanto dei momenti in cui potremo non stare insieme?"

"Rarissimi..."

"Lo sospettavo..."

Arrivano al motorino, lasciato dal benzinaio. Niki scende, leva la catena, la posa nel bauletto e si mette il casco.

"Vai se vuoi... Da qua ci arrivo facile a casa."

"No, preferisco accompagnarti."

"Vedi? Parli parli... ma non puoi fare a meno di me."

Alessandro le sorride. In realtà è preoccupato. Ci manca solo che le succeda qualcosa. L'ultima persona con la quale è stata vista sono io e verrei sicuramente ricercato. Già immagina i due carabinieri felici di poter svolgere fino in fondo il loro lavoro.

"Sì, non resisto, è vero... Vai avanti che ti vengo dietro."

Niki parte col suo motorino e Alessandro la segue con la Mercedes. Lungotevere. Piazza Belle Arti, Valle Giulia, via

Salaria, corso Trieste, Nomentana. Arrivati sotto casa, Niki si leva il casco, lo mette dentro il bauletto e prende la catena. La fissa intorno alla ruota, lì al solito palo e chiude il lucchetto. Poi sale sulla Mercedes.

"Ok. Grazie che mi hai scortato." "Un piacere."

"Senti, posso togliermi una curiosità?"i

"Come no, la vita è tutta una curiosità da togliersi..."]

"Bella questa... è una pubblicità?" "Sì, la mia. Dai, dimmi."

Niki alita piano sul vetro, sopra l'assicurazione, e poi, sul vapore appena formato, disegna un cuore con dentro le lettere A e N. Poi fa un ever. "Che vuoi dire?"

"Alex e Niki forever. Così ogni volta che ti si appanna il vetro, invece di arrabbiarti, pensi a me e sorridi..." "Già, sorrido. Allora, cosa volevi chiedermi?" "Se ti sei preparato il discorso per i miei." "Niki! Stai scherzando, vero?"

"No. Prima o poi vorranno conoscerti. Vorranno sapere con chi esco... o hai paura?" "Io ho paura e perché?"

"Be, diciamo che sei uscito in modo particolare con la loro figlia."

"Ma questo mica devo metterlo nel discorso, no?" "No, no, certo."

Niki improvvisamente guarda avanti. "Ah, eccoli. Ciao mamma, così te li presento subito." Alessandro si sente svenire. Guarda avanti ma non vede nessuno. Torna a guardare Niki. E poi di nuovo verso la strada, cercando terrorizzato di mettere a fuoco. "Alex... stavo scherzando." "Ah, ecco..." "Ti ho visto morire..."

"Hai visto male. È che non vedevo nessuno." "Sì, sì, cuor di leone. Ma scusa, hai fatto un sacco di spot

bellissimi... inventati una pubblicità su di te! Magari lon saranno felici di acquistarti..."

"Sì, certo, stai sicura che ci penso da stasera... intanto spere che gli piaccia la confezione!"

"Be, secondo me potresti andargli a genio, non so, i mie sono così strani a volte... Dai, io vado" gli da veloce un bacie sulle labbra. "Sogni d'oro, dormi bene. E non uscire in terrazza. L'odore dei gelsomini ti potrebbe suggerire cose strane." E così dicendo prende la sua sacca leggera, corre veloce verso il portone e poi, senza girarsi, scompare. Alessandro mette in moto la Mercedes e torna verso casa. Oddio, in che casino mi sono cacciato. Io e una ragazza di diciassette anni. Se lo sapessero i miei. Se lo sapessero le mie due sorelle, già sposate e con figli. Se lo sapessero i miei amici con le rispettive mogli... Se lo sapesse Elena e soprattutto se lo sapessero i genitori di Niki... E così, senza neanche accorgersene, è già arrivato a casa. Non ha mai guidato così veloce. Forse perché ha improvvisamente provato la voglia di scappare da tutti quei se. Entra in ascensore e poco dopo è finalmente in casa. Si chiude dentro e mette il blocco. Fiuuu. Un sospiro di sollievo. Il ed a volume basso continua. Le canzoni, una dopo l'altra. Ora è il momento di Ligabue, L'amore conta. Però, bella playlist ha fatto Enrico. Poi un ricordo. E un altro. E un altro ancora. Piccoli flash. Frame d'amore. Sapori, profumi, dettagli, momenti più belli d'un film indimenticabile. Niki. Che sogno. Ma è successo sul serio? Certo che è successo. E che è successo... E veramente una bella ragazza. E dolce. E generosa. E divertente. E spiritosa. E spinta. E tenera. E... E diciassettenne.

Alessandro prende la bottiglia di rum, se ne versa un piccolo bicchiere. Ci vorrebbe anche un po di succo di pera. Ma no, perché ci vuole sempre qualcos'altro per essere soddisfatti? Basta godersi il momento, lo dice anche Niki, e se lo scola tutto d'un sorso. Solo rum. Puro rum. Diciassette anni. Ma arrestano in questi casi? Mah. Boh. Non lo so. Poi quasi senza volerlo si ritrova in terrazza. La musica leggera si diffonde in quell'atmosfera. Si avvicina lentamente al luogo dove è accaduto tutto... Il

luogo del misfatto gli verrebbe quasi da dire. Ma preferisce non pensarci sotto questa luce. Ecco. In un angolo per terra c'è il bicchiere della Coca Cola col pezzetto di limone. E sul lettino, in un angolo più lontano, l'elastico dei suoi capelli, abbando nato. Poi si avvicina al cespuglio dei gelsomini, ci si immerge quasi e fa un lungo respiro, riempiendosi di tutto il loro pro fumo. Proprio in quell'attimo si accende la luce del terrazzo di fronte. Una signora compare e grida a gran voce "Aldo, Aldo... Ma dove sei?".

"Sono qui Maria... Non urlare!"

"Ma non vieni a dormire?"

Un uomo improvvisamente si allontana dalla siepe, compa rendo così sotto la luce del lampione della sua terrazza. Dev'es sere Aldo. Guarda verso Alessandro. La donna rientra. "E dai, che domattina dobbiamo alzarci presto." L'uomo rientra in casa. Spegne la luce fuori, poi quella in salotto, poi il corridoio, sparendo di nuovo nell'oscurità. Alessandro si alza dal cespu glio dei gelsomini. Aldo. Si chiama Aldo. Magari ha pure fatto il guardone, stanotte. Tanto da lì non poteva vedere assoluta mente nulla. E così, un po più tranquillo, anche Alessandro rientra in casa. Chiude la portafinestra. Una cosa è sicura. Almeno stasera non mi ha denunciato.

Quaranta

Buongiorno, mondo. La tua Niki a rapporto. Aspetta che i stiracchio un po. Non ci credo... È stato favoloso! Basta, ni ci pensare, Niki. Torna normale. Fly down... Piedi per ten Non tre metri sopra il cielo... Più si sale in alto... e più ci si male quando si cade! Oh, non mi voglio portare sfiga per eh?! Ecco. Meglio. Low profile. Allora... Che mi metto st mattina? C'è pure quello di filosofia. Che palle. Mica ne voglia. Oggi spiega quello lì, Popper mi pare. Mi sa di pesi simo. Allora bisogna che mi vesto colorata, così fa da antidoti Niki apre l'armadio. Scruta un po le grucce. Jeans Onyx ro; con maglietta a righe. No. Sembro una bomboniera. Gonr stretch con maglia scollo a V. Troppo collegiale. Pantalone le^ gero azzurro vintage con maglia gialla senza maniche a coli alto. Vai. Popper non mi freghi. Ti batto coi colori di una gioì nata di sole. Poi mentre tira giù di tutto dall'armadio ( ripensa. Ma quanto posso essere felice io?! Troppo! Però h< una paura fottuta...

Tutti di corsa all'entrata di scuola. Qualcuna copia un compito un'altra assonnata si stiracchia, un'altra fuma con un'espres sione che la dice lunga sul fatto se varcherà o no davvero que portone. Qualcuna, più assurda delle altre, si mette un po d fard e si controlla di continuo allo specchietto del suo moto rino. O vuole far colpo su quel nuovo prof, o spera con ur basso trucco di rimediare un debito in meno. Lei no. Lei si

sente più grande di sempre. Cammina spavalda, divertita, euforica come non mai. Be, in fondo è vero. In un modo o nell'altro, ha già preso la sua maturità.

"Onde, siete pronte? Ho trovato l'uomo della mia vita!" "No, non ci credo, che cavolo hai combinato?" "E ce lo dici così? Ma tu sei pazza, racconta tutto! Subito!" Olly, Diletta ed Erica sembrano impazzite. Una smette di copiare, l'altra di truccarsi, l'ultima butta via la sigaretta.

"Ecco perché ieri sera eri irraggiungibile. Allora, racconta! L'hai fatto? Ma chi è, lo conosciamo? E dai, spiffera tutto! Che fai ci tieni sulle spine?" Olly la prende sottobraccio. "Guarda che se non racconti tutto, ma tutto tutto e subito... ti giuro che lo dico a Fabio."

Niki non crede alle sue orecchie. Si gira verso di lei e la

guarda sgranando gli occhi.

"Cosa?"ii

"Giuro."

Olly mette le dita incrociate sulla bocca e le bacia. Subito dopo porta la mano destra sul petto e alza la sinistra, poi, pensando d'aver sbagliato, cambia tutto, la sinistra sul petto e la destra in alto. Alla fine solleva solo le due dita della mano destra. "Parola mia. Oh, non so come funzionano tutte queste cose, ma se non racconti tutto parlo che è una meraviglia."

"Traditrice, sei una sporca traditrice. Ok..." per un attimo sembra sul punto di parlare, poi si libera di botto dalla stretta di Olly "Per colpa di una sporca spia, le Onde sono sciolte!" e scappa via, ridendo come una pazza. Fa a due a due gli scalini dell'entrata di scuola e subito Diletta, Erica e la stessa Olly le

sono dietro.

"Prendiamola! Presto prendiamola! Facciamola parlare!" e corrono tutte a perdifiato dietro Niki, su per le scale, aiutandosi con le mani sul corrimano. E tirano, e spingono e cercano di darsi ancora più velocità. E via, per il lungo corridoio delle classi. Diletta, che è sempre la più in forma di tutte, che non beve non fuma e che vorrebbe tanto combinare qualcosa... ma che va sempre a letto troppo presto, in un attimo è alle calcagna di Niki. Olly arranca più di tutte e urla all'amica "Placcala!

Placcala! Fermala! Buttati... e pigliala, quella là!" e Diletta e riesce, l'afferra per il giubbotto e la tira e inciampano e cadon< a terra. E Diletta ci finisce sopra e subito dopo arriva Erica chi frena e si ferma a un millimetro da loro, quindi arriva Oli} affannata, ma non riesce a fermarsi, e finisce addosso a Erica. I tutte e due cadono su Niki e Diletta. Tutt'e quattro per tern ridono e scherzano. Le tre amiche salgono su Niki e cominciane a torturarla, a farle il solletico, a cercare di farla parlare.

"Basta, basta! Oddio, sono tutta sudata. Non ce la faccio più. Basta, levatevi da sopra."

"Prima parla!"

"Basta, basta, vi prego, mi scappa la pipì, ahia, non ce la faccio più, levatevi da sopra, ahia!"

Olly le prende il braccio e glielo gira. "Prima parla, ok?"

"Ok, ok!" Niki alla fine si arrende.

"Si chiama Alessandro, Alex, ma non lo conoscete, è più grande di noi."

"Quanto più grande?"

"Abbastanza più grande..." Olly le monta sulla pancia. "Ahia, ahia, mi fai male, Olly, e dai!"

"Di la verità, c'hai scopato."

"Ma no, macché" Olly le prende il braccio di nuovo, mentre le altre la tengono ferma. Olly prova a storcerlo stile leva di judo.

"Ahia, mi fai male!"

"Allora parla! Ci hai scopato o no?"

"Qualcosina."

"Ragazze."

Niki, Olly, Diletta ed Erica vedono delle grandi scarpe ferme davanti ai loro visi. Mocassini rovinati ma scurissimi. Pian piano alzano lo sguardo. E il preside. Si rialzano subito, cercando di sistemarsi. Olly, Diletta ed Erica sono in piedi al volo, Niki ancora leggermente indolenzita ci mette un po di più.

"Ci scusi, signor preside, siamo cadute e poi alla fine, sì, insomma, un po ridevamo... sì, insomma, stavamo scherzando..."

"Be... Veramente mi stavano torturando..."

Erica, che è la più preparata, da una gomitata a Niki cercando di farla tacere, poi prende in mano la situazione. "E bello venire a scuola con un po d'allegria, no? Lo dice sempre anche il ministro dell'Istruzione nel discorso di inizio anno: ragazzi, non dovete vivere la scuola come un patema ma come un'occasione di... vero, Diletta, che lo dice?"

"Sì, sì... verissimo" fa Diletta sorridente.

Il preside invece resta serissimo. Molto bene" poi controlla l'orologio, "la lezione sta per ini

"

ziare."

Diletta interviene. "Ma ho visto che manca la prof d'italiano."

"Infatti. Vi farò io lezione. Quindi se siete così gentili da andare in classe... anche con allegria, evitiamo inutili discussioni in corridoio."

Il preside le supera, precedendole verso la loro classe. Camminano tutt'e quattro lentamente dietro quella figura austera. Sembrano un po mamma papera coi pulcini. Olly manda su e giù la mano, come a dire: mamma mia, che pesante. Ma lo fa naturalmente ben nascosta da Erica, che le cammina davanti. Poi Olly prende Niki per il giubbotto e la tira a sé. "Eh, ma che significa che hai combinato qualcosina?" Niki esagera, allarga la mano e disegna un cerchio. "Scherzavo. Qualcosina è riduttivissimo... È stato più di tutto quello che ho provato finora... e più di quello che riuscivo a immaginare... insomma, un sogno!" poi sorride, scappa via dal suo abbraccio ed entra in classe. Olly rimane sulla porta e la guarda indispettita. "Dio come ti odio quando fai così! F. F. Fottutissima fortunata!"

Quarantuno

Alessandro è appena rientrato in ufficio. Si è vestito particolarmente bene. Se non altro per impressionare, visto che non ha la minima idea di come si presenterà alla riunione del pomeriggio dal suo direttore Leonardo. E soprattutto con quale idea.

"Buongiorno a tutti" saluta sorridendo le varie segretarie del corridoio. "Buongiorno, Marina. Buongiorno, Giovanna." Saluta anche Donatella, la centralinista che risponde con un gesto della testa e riprende a giocare a qualcosa al computer che ha lì davanti. Cammina lentamente, sicuro. Spavaldo, sereno, tranquillo. Sì. Ciò che si mostra, si vende. Non ricorda bene dove l'ha sentita, ma fa comodo ora. Sintceramente se ne ricorda anche altre due. Prima legge di Scott:

qualsiasi cosa vada male, avrà probabilmente l'aria di andare benissimo. Ed è quell'aria che ora Alessandro cerca di dare. Ma c'è anche la legge di Gumperson: la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità. No. Meglio la prima. Se cammini in fretta tutti capiscono che la situazione ti è sfuggita di mano. Invece no. Sei ancora tu il primo, il più forte, l'indiscusso padrone della Isituazione. Alessandro decide di farsi un caffè. Va alla mac

|chinetta,

prende dalla scatola lì vicino una cialda con su

fscritto "Caffè Espresso", la mette nell'apposito spazio.

|Sistema il bicchierino di carta sotto il beccuccio. Preme un

ptasto verde. Il motorino si mette in funzione e poco dopo il

fcaffè comincia a scendere fumante, nero, preciso. Proprio al

ii

contrario della sua situazione. Alessandro controlla il livello del caffè e preme "stop". Lascia cadere le ultime gocce e toglie il bicchierino. Si gira e quasi ci si scontra contro. Marcelle II suo antagonista. È lì, davanti a lui. E con un sorriso.

"Ehi, ci mancava poco, eh? Anch'io ho voglia di un caffè!" e prende anche lui una cialda, la infila nella macchinetta, ci mette sotto un bicchierino e la fa partire. Poi gli sorride. "Che strano... a volte si ha voglia delle stesse cose nello stesso momento."

"Già. Ma il segreto sta nel fatto che non sia un caso. Dobbiamo far venire voglia a tutti della stessa cosa, quando decidiamo noi... È per questo che lavoriamo..."

Marcello sorride e stoppa la macchinetta. Prende due bustine di zucchero di canna e le versa una dopo l'altra nel bicchierino. Inizia a girare il bastoncino in plastica trasparente.

"Sai, ieri ho presentato la mia prima idea."

"Ah sì?"

Marcello lo guarda per cercare di capire quanto davvero non lo sappia già.

"Sì. Non lo sapevi?"

"Me lo stai dicendo tu adesso."

"Pensavo ti avesse detto qualcosa Leonardo."

"No, non mi ha detto niente."

Marcello beve un sorso di caffè. Poi gira di nuovo il bastoncino.

"Sai, sono abbastanza soddisfatto del lavoro. Credo sia nuova. Non rivoluzionaria ma nuova sì. Ecco, nuova e semplice."

Alessandro sorride. Già, pensa, ma Leonardo la vuole "nuova e sorprendente".

"Perché ridi?"

"Io?"

"Sì, stavi sorridendo."

"No, pensavo che tu metti due bustine di zucchero nel caffè. E io invece lo prendo amaro."

Marcelle" lo guarda di nuovo. Stringe un po gli occhi, cerca di studiarlo, di capire meglio cosa nasconda.

"Sì, ma il risultato non cambia. Sempre di caffè si tratta."

Alessandro sorride ancora. "Be, però la differenza può essere grande o piccola..."

"Certo, la differenza è che può essere amaro oppure no."

"No, più semplice. Può essere un buon caffè oppure troppo dolce."

Alessandro finisce di bere il suo e butta il bicchierino nel cestino. Anche Marcello beve l'ultimo sorso. Poi assapora quei granelli di zucchero rimasti sul fondo, masticandoli. Alessandro è leggermente infastidito da quel rumore. Marcello lo guarda. Poi gli si rivolge curioso.

"Tu, Alex, quanti anni hai?"

"Trentasette tra qualche mese."

Marcello butta il bicchiere nel cestino.

"Io ne ho fatti ora ventiquattro. Eppure sono sicuro che noi due abbiamo più cose in comune di quanto tu possa immaginare..."

Rimangono così, per un attimo in silenzio. Poi Marcello sorride e allunga la mano.

"Be, buona partita, andiamo a lavorare e vinca il migliore."

Alessandro gli stringe la mano. Sai, vorrebbe dirgli, a proposito dei tuoi anni e della dolcezza della vita, be, ieri ho passato una serata fantastica con una diciassettenne... Ma non è così sicuro che sarebbe veramente un punto a suo favore. Allora sorride, si gira su se stesso e va verso il suo ufficio. Ma dopo aver fatto qualche passo, s'infila la mano destra nella tasca dei pantaloni. Non cerca le chiavi. Cerca un po di fortuna. Proprio quello che ci vuole. Nella vita non è poi così facile trovare bustine di zucchero per renderla meno amara. Proprio in quel momento passa il direttore.

"Ehi, Alex, buongiorno. Tutto bene?"

Alessandro sorride togliendo subito la mano dalla tasca e gli fa un segno chiudendo il pollice e l'indice tra loro.

"Sì, tutto ok!"

"Bene, ti vedo in forma. Così ti voglio. Allora alle sedici da me."

"Certo! Alle sedici."

Appena lo supera, Alessandro guarda preoccupato l'orologio sopra il suo ufficio. Le dieci e pochi minuti. Ho appena sei ore per trovare l'idea. Una grande idea. Una formidabile, splendida, vincente idea. E soprattutto nuova e sorprendente. E, cosa fondamentale, che mi faccia rimanere a Roma. Alessandro entra nell'ufficio. Andrea Soldini e gli altri sono tutti intorno al tavolo.

"Buongiorno a tutti, come andiamo?"

"Benino, capo."

Andrea gli si avvicina con dei fogli. Gliene mostra alcuni. Vecchie pubblicità di caramelle con gli scenari e i personaggi più diversi. Cowboy e indiani, ragazze di colore, sportivi, perfino un mondo galattico.

"Ehm, capo. Allora, queste sono le ricerche più significative tra tutte le pubblicità delle caramelle fatte in tutti i tempi. Ecco, questa è una molto forte, andata benissimo nel mercato coreano."

"Coreano?"

"Sì. Ha venduto moltissimo..."

Alessandro prende il foglio e lo guarda.

"Ma di che tipo erano?"

"Be, erano tutte caramelle alla frutta."

"Sì, ma non l'avete letto? Non avete controllato il prodotto? LaLuna, oltre a quelli alla frutta, ha tutti sapori nuovi. Tipo menta, cannella, liquirizia, caffè, cioccolato, lime..."

Dario guarda Andrea Soldini e alza il sopracciglio. Come a dire: l'ho detto io che questo qua è negato. Andrea se ne accorge ma cerca in qualche modo di recuperare.

"Be, potremmo appenderle alle nuvole..."

"Sì, la luna appesa alle nuvole..."

Giorgia sorride. "Bah, non è male. Tipo: attaccati alà e poi il nome del gusto. Tante lune appese alle nuvole."

"Be, se almeno avessero qualche gusto innovativo, che so, alla melanzana, ai funghi, al cavolo, alla verza..."

Alessandro si siede al tavolo.

"Sì, e tutte attaccate alle nuvole... dobbiamo solo sperare che non piova. Ok, forza, fatemi vedere qualche disegno dei Ioghi."

Michela gli porta una cartellina con dentro tutti i diversi lettering della scritta LaLuna. Andrea gli mette vicino una cartella gialla con scritto sopra "Top-Secret" e, tra parentesi, "la scorciatoia". Alessandro lo guarda. Andrea alza le spalle.

"Ma l'avevi chiesta, no?"

"Sì, con un po di discrezione. Ci mancano solo le insegne luminose, sennò come fanno a leggerlo in Giappone?"

"Col satellite!" Ma dopo un istante Andrea capisce che la battuta non gli è venuta bene. Prova a recuperare. "Guarda, capo, che Michael Connelly ha detto che il modo migliore per passare inosservati è farsi notare."

Alessandro gli vorrebbe dire: forse è proprio per questo che t'ignorano sempre. Ma preferisce lasciar perdere.

"Ok, vediamo cosa hanno fatto..."

Andrea si sporge piano piano e con una mano davanti alla bocca gli dice "II direttore non è molto soddisfatto. Cioè, l'ha trovata troppo classica. Insomma, non è niente di che...".

Alessandro alza le alette della cartellina. Al centro c'è un mondo intero con fiumi, laghi, monti. Tutto a forma di luna e perfettamente disegnato. E sotto, in rosso, col lettering stile ]urassic Park c'è il titolo: LaLuna: terra di scoperte. Andrea alza il primo foglio. Sotto ce n'è un altro. Stesso disegno con un altro titolo: LaLuna. Senza frontiere.

"Dai, per avere ventiquattro anni non s'è inventato proprio niente, eh... Il lettering di Jurassic Park è vecchio e senza frontiere, sembra quella trasmissione... Com'era? Giochi senza frontiere, dai?! E terra di scoperte? Ma che è, la caramella di Colombo?! Allora è lo spot di un uovo! Non di una luna. Ma dai, non ci vuole nulla per batterli, no Alex?"

Alessandro lo guarda. Poi chiude la cartellina.

"Almeno un lavoro loro lo hanno portato..."

"Sì, ma non è certo sorprendente."

Andrea lo guarda. "E a te, capo? È venuta qualche bella idea?"

Michela e Giorgia si avvicinano curiose. Dario prende una sedia, si siede, pronto alla rivelazione. Alessandro tamburella un po con la cartella gialla. Li guarda uno a uno. Tempo. Tempo. Ci vuole tempo. E soprattutto... Tranquillo e sereno. Prima legge di Scott. Solo così non perderai il controllo della situazione.

"Sì. Qualcuna... Qualche idea buona, curiosa... Ma ci sto ancora lavorando..."

Dario guarda l'orologio.

"Ma sono le dieci e mezza, la riunione è alle sedici, giusto?"

"Giusto." Alessandro sorride mostrandosi sicuro. "E per quell'ora sono sicuro che avremo quella giusta. Forza, facciamo un po di brainstorming." Poi prende la cartella gialla e la mostra a tutti.

"Questa la battiamo facilmente, vero?" Cerca di dare così ancora più fiducia al gruppo. "Vero?" O almeno ci prova...

Un sì generale, leggermente debole però, fa vacillare per un attimo tutto l'entusiasmo di Alessandro. Michela, Giorgia e Dario vanno ai loro computer. Andrea rimane lì, seduto vicino a lui.

"Alex?"

"Sì?"

"Ma quella delle nuvole non ti piace proprio, eh?"

"No. Non è né nuova né sorprendente."

"Sì, ma è meglio della loro scorciatoia."

"Sì, ma non basta, Andrea. Per rimanere a Roma, non basta."

Alessandro raccoglie i fogli della ricerca delle pubblicità passate. Li sfoglia lentamente uno a uno, cercando disperatamente un barlume d'ispirazione, qualsiasi cosa, una piccola scintilla, una fiammella che possa accendere la sua passione creativa. Niente. Buio completo. Improvvisamente nella sua mente si accende un chiarore lontano, un lumicino, una fioca speranza.

E se l'idea giusta l'avesse lei? La ragazza del surf, la ragazza de piedi sul cruscotto, la ragazza dei gelsomini... Niki. E in quelle stesso istante Alessandro capisce. Sì, è davvero così. La sui unica soluzione è nelle mani di una diciassettenne. E improwi samente Lugano gli sembra proprio dietro l'angolo.

Quarantadue

Terza ora. Matematica. Per Niki è una passeggiata. Nel senso che non ci capisce assolutamente nulla, quindi tanto vale andarsi a fare un giro mentalmente. Non stancarsi. Tanto i compiti in classe glieli ha sempre passati Diletta e la prof non interroga mai alla lavagna. Quindi perché cambiare le cose quando sono andate così bene fino adesso? Niki ha appena finito di scrivere. Prende il foglio a quadretti, tanto per rimanere un po in tema, e lo piega perfettamente. Una, due, tre volte, poi la punta, poi due alette a cui fa due piccoli strappi ciascuna, sul fondo. I timoni. Se ne tieni uno giù e l'altro su, fa pure le piroette. Lo guarda. Ecco. Così è di sicuro più preciso. E più veloce. Poi controlla la prof alla lavagna.

"Allora, avete capito? In questo caso dovete considerare solo gli ultimi numeri."

Appena la prof riprende a scrivere, Niki si alza dalla sua postazione nascosta, esce dalla sua piccola trincea, che poi non è altro che quella secchiona della Leonori che le sta davanti, e scaglia con forza l'aeretto appena costruito in direzione di Olly.

"Ahia!"

Ha preso in pieno la Guidi, compagna di banco di Olly, sulla tempia. L'aereo atterra precipitando sul banco e Olly, veloce come un serpente, lo agguanta dopo quel catastrofico atterraggio e lo nasconde al sicuro, nel suo hangar, sotto il quaderno degli appunti. La prof alla lavagna si gira.

"Che accade? Che succede? Non sono stata chiara?"

Niki alza la mano, giustificandosi. "No, mi scusi, sono stata io. Ho detto: ah, ecco. È che prima non mi tornavano bene i conti."

"Ora invece ti è chiaro? Sennò rispiego questo passaggio."

"No, no, chiarissimo!"

Diletta ride ma si copre subito la bocca con la mano, sapendo perfettamente come tutto questo non possa assolutamente essere chiaro per Niki. Non è chiaro da almeno cinque anni, da quando stanno in classe insieme e soprattutto da quando lei ha cominciato a passarle i compiti.

"Allora andiamo avanti. A questo punto dovete considerare la somma ottenuta e ricominciare dalle successive parentesi."

La prof riprende a scrivere e spiegare alla lavagna, mentre Olly prende l'aeretto da sotto il suo quaderno. Lo apre, stirandolo con entrambe le mani, curiosa di leggere il contenuto superstite di quel volo avventuroso.

"Olly, tu che sei tanto brava e hai otto in educazione artistica, mi puoi disegnare queste due idee? Allora ti spiego. Si tratta, nel primo..." e segue tutta la spiegazione di due idee, secondo Olly assolutamente scombinate ma originali che hanno per protagonista una ragazza e che la fanno ridere. Il messaggio finisce con una promessa. "Allora, me li fai tipo... ora? Ricordi? Le Onde hanno promesso di aiutarsi sempre e comunque in ogni momento difficile. E se questo non ti bastasse, ladra opportunista e affarista schifosa che non sei altro, sono pronta a scambiare il tuo misero impegno con: A) cena all'osteria di corso Francia. Costosa ma molto buona come sai; B) settimana di gelati gratis da Alaska perfino con la coppa più grande o cono e comunque pezzi da , euro come minimo; C) quello che vuoi tu ma a condizione che non sia eccessivo per me. Della serie combinare un'uscita con mio padre che ti piace tanto... non me lo chiedere neppure."

Olly prende un foglio, lo stacca dal quaderno e lo scrive velocemente. Poi lo appallottola. Guarda la prof. È ancora girata. Allora lo lancia come il migliore dei playmaker arrivando perfettamente al centro del banco di Niki che subito lo apre.

"Cosa? E io dovrei sgobbare per te dopo che non hai condiviso neanche a parole i tuoi sporchi e laidi piani notturni... Non se ne parla... Oppure: parla sgualdrina!"

Niki finisce di leggere il biglietto e si appoggia allo schienale della sedia guardandola e autocommiserandosi.

"E dai" le dice sottovoce, da lontano, quasi col labiale. Poi unisce le mani a preghiera. "Please..."

Olly scuote la testa.

"Non se ne parla. Voglio sapere tutto... O dici tutto o non disegno nulla."

Niki stacca un altro foglio, ci scrive velocemente qualcosa e poi, visto che la prof continua a scrivere, lo appallottola e glielo lancia. Bomba diretta al posto dell'aereo. Questa volta la Guidi, vedendolo arrivare, pronta si abbassa, schivandolo. Olly lo prende al volo con la destra. Proprio in tempo. La prof si gira e guarda Niki.

"Questo passaggio le è chiaro, Cavalli?"

Niki sorride.

"Questo sì! Chiarissimo."

"E a voi, ragazze?" Alcune alunne più o meno convinte annuiscono. La prof si rassicura. Sta spiegando in maniera comprensibile. "Bene, allora procedo... vado avanti" e riprende a scrivere, non sapendo quanto nessuno di quei calcoli sia veramente chiaro per la maggior parte di quelle ragazze, o almeno per due di loro. Tanto tutti già sanno che matematica non uscirà alla maturità.

Olly divertita apre il nuovo messaggio appena arrivato.

"Sinceramente è meno della metà di quello che hai combinato tu... Comunque ti racconto tutto dopo, a ricreazione. Scripta manent. Disegnam pure! Quindi puoi disegnare le mie due idee per favore? "

Olly la guarda in maniera seria. Poi sottovoce da lontano le dice chiaramente, in modo che si legga bene sulle labbra "Guarda che se non mi dici tutto... tutto quello che avrò disegnato..." e a questo punto prende in mano il foglio stropicciato che è appena arrivato per rafforzare il patto, "... te lo strappo. È chiaro?!".

Niki dal suo posto alza la mano sinistra, poi la destra, poi incrocia le dita, poi le bacia, insomma giura rifacendo il verso a Olly dicendole però chiaramente: "Promesso!"

Olly la guarda un'ultima volta. Niki le sorride. E lei, comun que conquistata da quella sua divertente amica, apre l'astuccio pieno di colori, poi prende da sotto il banco l'album dei disegni e tira fuori un foglio bianco. E, come il più grande dei pittori, leva il cappuccetto del pennarello nero, guarda il foglio delle idee di Niki. Poi si ferma. Cerca nel vuoto l'ispirazione. La trova e allora si tuffa sul foglio e inizia con tratti sicuri e decisi a dare corpo alle fantasie buffe, strane, divertenti e, perché no, anche curiose della sua amica Niki. Mentre la prof prosegue senza alcun dubbio la spiegazione più chiara che abbia mai fatto.

Quarantatré

Alessandro guarda l'orologio sulla scrivania. Le due e quaranta. Manca poco più di un'ora alla riunione. E loro non sono ancora pronti.

"Allora, ragazzi? Come andiamo?"

Michela arriva di corsa al tavolo e gli fa vedere un nuovo schizzo. Alessandro lo guarda. Una ragazza tiene la luna come se fosse un palloncino. Non va bene assolutamente. È tutto meno che nuovo. E meno che mai sorprendente. Alessandro è distrutto. Depresso. Ma non lo deve far vedere. Si mostra sicuro e tranquillo. Per non lasciarsi sfuggire di mano la situazione. Sorride a Michela.

"È buono." Anche Michela sorride. "Ma ancora non ci siamo..." Michela si accascia. Le sparisce immediatamente il sorriso. Velocemente. Troppo velocemente. Forse anche lei, sotto sotto, lo sapeva che ancora non c'erano. "Ci vuole qualcosa di più... di più..." Non trova neanche la parola adatta per esprimere quello che vorrebbe. Ma Michela sembra avere un'ottima intesa con lui.

"Sì, ho capito... Ci provo."

Alessandro si affloscia quasi sulla sua sedia in pelle. Arriva Giorgia.

"Ho fatto qualche altro logo."

Alessandro apre distrattamente la cartellina e guarda quei fogli. Sì, non sono male. Vari colori accesi, illuminati, allegri. Ma se non c'è l'idea, a che serve un buon titolo?

T

"Non sono male, brava."

Giorgia lo guarda perplessa.

"Continuo?"

"Sì, cerca di dare attraverso la scritta il sapore del cioccolato, della cannella, del lime..."

"Non è facile senza il disegno del prodotto, ma ci provo."

"Sì, vai."

E vero. Lo sa anche lui. Senza una vera idea non si va da nessuna parte. Proprio in quel momento suona l'interfono. È Donatella, la centralinista.

"Sì?"

"Mi scusi, dottor Belli, ma c'è..."

"Non ci sono, sono fuori. Non so neanche se tornerò. Sono partito. Ecco, sono andato sulla luna" e chiude l'interfono troncando ogni possibilità di comunicazione.

E che cavolo! E non è lo slogan. Ci sono dei momenti sacri. Uno in quei momenti non va disturbato. Se poi quei momenti sono drammatici, ancora peggio. Non si esiste per nessuno.

E che cavolo! Guarda l'orologio.

Sono le tre e un quarto. Non ce la faremo mai. E dire che ieri pensavo proprio di farcela. Cavoli, non dovevo uscire. Al mare, poi, a vedere quelli che facevano surf, e il pranzo da Mastino, e regalati del tempo... E già, e a me ora chi me lo regala il mio posto di lavoro? Mannaggia a me e a quando ho dato retta a una diciassettenne. Alessandro improvvisamente guarda il telefonino. Nessun messaggio. Cioè, non ci posso credere. Non mi ha neanche chiamato. Niente. E meno male che mi doveva salvare, darmi l'idea. Te la trovo io, tranquillo. Prendeva appunti, chiedeva, pensava. E invece niente. Non si è fatta viva. Poi per un attimo gli vengono in mente i gelsomini e tutto il resto. E quasi se ne vergogna. Ma che volevi da una diciassettenne, Alex? È libera. E senza impegni. E con una vita davanti. Magari si è già dimenticata di te, dei gelsomini... perfino dell'incidente. Ma è giusto così. Però... non ci rimetto nulla a provarci. Prende il telefonino e inizia a scrivere. "Ciao Niki... Tutto bene? Hai fatto un incidente con qualcun altro? Ti devo venire a salvare?" Poi

ci pensa un attimo. Ma sì, me lo aveva detto lei. "Mi vuoi mandare una delle tue belle idee?..." Poi sorride, meglio essere carini. "Ne sento la mancanza. Un'idea al profumo di gelsomino." E ci metto pure un bel punto esclamativo. Poi cerca il nome in rubrica, lo trova. Niki. Lo seleziona, compare il numero e preme invio. Aspetta qualche secondo. Messaggio inviato. Alessandro prende il telefono e lo appoggia sul tavolo. Poi lo fissa. Un secondo, due, tre. Improvvisamente il telefonino si accende. Un messaggio ricevuto. Alessandro spinge il tasto "visualizza".

È lei! Ha risposto. "Ne ho due. Non sono male. Certo, secondo me... Un bacio al gelsomino!"

Alessandro sorride. Scrive subito velocemente.

"Bene! Sono sicuro che sono fortissime, proprio come te... sul surf!" Poi rimane indeciso. Non sa bene come dirglielo. "Ma perché non me le racconti in un mess?" e invia di nuovo. Aspetta trepidante col telefonino in mano. Un secondo dopo arriva un altro messaggio. Lo apre subito.

"Veramente te le vorrei dare di persona..."

Alessandro digita veloce.

"Ma non facciamo in tempo! Ho la riunione alle quattro." Guarda l'orologio. "Manca quasi mezz'ora. Quanto ci metti ad arrivare qui? " e invia.

Un secondo dopo arriva la risposta.

"Veramente io sono già qui. È che quella del centralino ha detto che non vuoi essere disturbato..."

Alessandro non ci crede. Corre verso la porta e la apre di botto, esce in corridoio e improvvisamente la vede. Niki è seduta tutta composta sul divano della sala d'attesa. Ha una giacca blu scura, una gonna a strisce colorate, le calze leggere celesti e le scarpe alte, da pugile, Adidas blu scure. Ha i capelli raccolti in due ciuffi e gli sorride con una cartellina dei disegni sotto il braccio, rossa. Niki gliela indica e gli fa l'occhietto. C'è scritto sopra "Le idee di Alex".

Alessandro le corre incontro. Poi si ricorda e rallenta, sicuro|

e tranquillo. Sempre padrone della situazione.I

"Ciao, Niki, che bella sorpresa! Ma come mi hai trovato, come hai fatto ad arrivare qui?"

Niki si alza dal divano, si mette la mano in tasca e tira fuori il suo bigliettino da visita.

"Con questo. Me lo hai dato tu quando mi sei venuto addosso. E c'è l'indirizzo del tuo ufficio... Non bisogna poi essere dei grandi geni."

Alessandro la prende sottobraccio. "Hai ragione. Scusa. Vieni, che ti presento la mia squadra."

"Certo, forte..."

Cammina lungo il corridoio mentre alcuni colleghi che passano la guardano curiosi, se non altro per com'è vestita. E, soprattutto, per quanto è bella.

"Ehi!"

"Che c'è?"

"Ma non mi dai un bacio?"

Alessandro le da veloce un bacio sulla guancia.

"Ma non ti ho chiesto un bacetto..."

Alessandro sorride e le dice piano "Qui lavoro... Non posso regalarmi nulla".

Niki gli sorride. "Ok, faccio la seria. Siamo una squadretta, no?"

Alessandro la guarda. È felice che sia venuta. Non si è dimenticata. È forte questa ragazza. "Sì, una bella squadretta..." Poi si mette da parte facendola entrare nel suo ufficio.

"Vieni, che ti presento gli altri" e chiude la porta alle loro spalle. "Allora, ragazzi, lei è Niki. Niki, Giorgia, Michela, Dario e Andrea."

Tutti le sorridono più o meno incuriositi da quella giovanis[;sima ragazza, molto carina, estrosa nel vestirsi e soprattutto con

|una cartellina sotto il braccio.

f"Loro sono il mio team." Lo dice in modo fiero, di nuovo

jjpadrone della situazione anche se manca appena un quarto

Id'ora alla riunione col capo e non ha assolutamente uno strac

ìciò

di idea. Almeno finora. Prima dell'arrivo di Niki. Dario,

J-scettico e nello stesso tempo curioso, si avvicina.

"E lei chi è? Un'altra new entry?"

Alessandro perde improvvisamente la sua sicurezza. E anche la tranquillità. Insomma, perde il controllo della situazione.

"Be, no... Lei è... Be, lei è... Lei..." La fissa, li guarda, cercando in qualche modo un suggerimento, un appiglio, un'indicazione qualsiasi da chiunque. "Be, lei è, be, sì, insomma avete capito, lei è..."

"Io sono Niki. Una ragazza qualsiasi. Una che ha ascoltato le idee di Alex e siccome si doveva sdebitare..." guarda Alessandro sorridendo, "e siccome sa disegnare, ha cercato di metterle su carta, come lui le aveva chiesto." Niki poggia la cartella sul tavolo. "Alex, ho cercato di renderle come meglio potevo, ho messo i colori e la passione che ho sentito nelle tue parole, quando mi raccontavi cosa dovesse essere LaLuna. Spero solo di non deluderti." E sembra quasi sul serio innocente mentre lo dice, e sognante, e ingenua. E ragazzina. Tanto. Alessandro si ricorda per un attimo dei gelsomini. E un leggero rossore, un colore d'imbarazzo. E subito cancella quel ricordo.

"Bene! Allora vediamo cos'è venuto fuori da quelle idee sparate alla rinfusa... in quel pomeriggio di sole..." Mette le mani avanti, non sa proprio cosa aspettarsi. Poi lentamente apre la cartellina.

Giorgia, Michela e Dario si sporgono in avanti. Curiosi, eccitati, divertiti. Anche Alessandro prova la stessa sensazione. Solo più confusa, più forte, gli manca quasi il respiro. Non ci credo. Sul foglio c'è una ragazza disegnata in maniera perfetta, colorata, vivace, forte, espressiva, nuova... È seduta su una luna al centro del foglio. La luna ha le due punte rivolte in su, è capovolta, e la ragazza ci è seduta sopra. Dalle punte partono due cime fatte di corda che si perdono più su, tra le nuvole. È un'altalena. La luna è un'altalena tra le nuvole di una notte stellata. Un blu intenso tutto intorno e la luna è di un celeste acceso, colorato cen un po di porporina, lucicca spavalda in quel cielo blu. La ragazza ha i ciuffetti ed è vestita un po come Niki. Tutti sono senza parole. Andrea Soldini è il primo a sorridere, poi a seguire Dario, Giorgia, perfino Michela, malgrado

quel disegno non sia il suo. Solo Alessandro non sorride. GÌ: viene quasi da svenire per quanto è felice e per quanto gli piace quell'idea. Fa un respiro lungo, lunghissimo, sereno, tranquillo. Per non perdere il controllo della situazione. Ma stavolta proprio non ce la fa.

"Cazzo, ma è bellissimo!" E tutti sono subito d'accordo. "Sì, sul serio, è veramente forte."

Michela tocca leggera il foglio. "È lavorato con il pantone, no?"

Giorgia immagina il logo da metterci. Dario e Andrea Soldini si guardano sorridendo, per la prima volta d'accordo su qualcosa da quando si sono conosciuti. È veramente un'idea forte. Nuova. E sorprendente, pensa Alessandro. Almeno per me. Non me lo sarei mai aspettato. E improvvisamente tutta la giornata precedente assume un altro significato. Quel tempo che si è regalato per forza, quasi costretto, lo ha appena ripagato. E con gli interessi.

"Be, Niki, è il più bel regalo che mi potessi fare" e l'abbraccia felice, la stringe alle spalle. "Brava. Hai fatto veramente un lavoro splendido."

"Ma Alex..." Niki lo guarda sorridendo, leggermente timida, "io non ho fatto niente. Hai fatto tutto tu ! Io ho realizzato solo l'esecutivo di ciò che vedevi, delle parole che mi hai detto... Come dicevi? Il definitivo, no?"

Alessandro lascia cadere le braccia lungo il corpo. Cavoli. Usa pure i termini giusti, l'esecutivo... Ma da dove arriva la ragazza dei gelsomini? Da LaLuna?

"Ok, ragazzi" Alessandro si siede sulla poltrona in pelle lasciandosi finalmente andare, scaricando del tutto la tensione accumulata, "mi sembra che siamo veramente a buon punto..."

Andrea Soldini lo guarda perplesso. "A buon punto? Siamo a cavallo!"

"Eh sì" Alessandro guarda Niki, "è proprio il caso di dirlo. Di cognome lei fa Cavalli."

Michela le da la mano. "Be, complimenti sul serio. Questo non è un disegno, è un quadro..."

"Grazie!" Niki li guarda tutti e sorride, contenta del risultato, d'avergli dato una mano. Poi mette da parte il disegno della ragazza sull'altalena della luna. Sotto c'è un foglio completamente bianco ma di un bianco leggero, come una velina increspata. "E poi ho fatto anche quell'altra idea che avevi avuto." Guarda Alessandro alzando il sopracciglio. "Te la ricordi, vero?"

Alessandro la guarda, ma non sa proprio di cosa stia parlando. Tutti gli altri si voltano verso di lui, in attesa di una risposta. Alessandro fa finta di pensare.

"Mah... certo, credo d'aver capito. Ma in realtà io dicevo così, per dire, sì insomma, mi sembrava buffa e strana, una cosa così, ecco, divertente..."

Guarda tutti gli altri cercando un po di sminuire la prossima idea, anche perché non sa assolutamente di che cosa si tratti. Poi Alessandro torna serio. S'irrigidisce. Cosa ci sarà sotto quel foglio bianco? Fa un'espressione curiosa come un bambino che ha già dimenticato il gioco precedente e ora, come impazzito, vuole solo scartare il prossimo regalo. Niki sorride. Non ci sono problemi. Sarà lei a dare a quel bambino quello che vuole. E allora come un'elegante, giovane torera, Niki sfila di lato quella bianca velina.

"Ole!"

Di nuovo tutti curiosi si tuffano a guardare questa nuova idea di Alessandro. Soprattutto lui. In questo nuovo foglio nuvole leggere, morbide, sfumate, come zucchero filato, galleggiano su un cielo blu notte, piegato su se stesso, come una grande, unica onda piena di stelle. E lì, una ragazza in costume,\

con le braccia aperte e le gambe leggermente piegate, scende;

sopra un nuovo, sorprendente surf a forma di luna. Tutti sono senza parole.!

"Ma questa è ancora meglio ! " Andrea Soldini scuote la testa;

ormai definitivamente conquistato. "Alex, sei un genio!";

Dario alza il braccio e indica il nuovo arrivato. "E lo scoprej

adesso!" Anche Giorgia e Michela sono come estasiate. "Alex,!

è veramente bellissimo!"I

Non trovano neanche più le parole per esprimere fino in fondo quanto piaccia a tutti anche questo disegno. Alessandro, esterrefatto, guarda a bocca aperta quel secondo disegno. Poi il primo. Poi di nuovo il secondo. Poi finalmente chiude la bocca.

"Bene! Niki, sei stata eccezionale!"

"Sono felice d'aver realizzato le tue idee."

Alessandro si alza di botto. Prende tutti i fogli e li mette con cura nella cartellina rossa con su scritto "Le idee di Alex". La chiude e se la mette sottobraccio. Poi prende Niki per mano. "Andiamo" ed esce correndo dall'ufficio trascinandosela dietro. Niki arranca in quella corsa divertita, piena di entusiasmo. "Ciao, ragazzi... Ci vediamo... credo!" e saluta così il team.

Alessandro percorre veloce tutto il corridoio. Arriva di fronte alla porta dell'ufficio di Leonardo.

"È dentro?" chiede alla segretaria che smette per un attimo di parlare al telefono. Copre la cornetta con la mano. "Sì... non c'è nessuno... ma" guarda l'orologio, "avevate un appuntamento tra dieci minuti..."

"Ho finito prima." Alessandro bussa alla porta.

"Avanti."

La apre ed entra lasciando Niki sulla porta.

"Ciao, Leonardo. Ecco i nostri lavori!"

"Ehi, mi hai bruciato sul tempo, stavo per chiamarti!"

"Sono arrivato un po in anticipo perché devo scappare."

"Cosa? Ma non facciamo la riunione?"

"Intanto guardateli... e dimmi se ti piacciono... Ci sentiamo più tardi per fare una riunione domani mattina o quando vuoi."

Leonardo prende la cartellina rossa con la scritta "Le idee di Alex"

"Già la cartellina mi piace. Ma dove scappi?"

"A respirare un po di gente, quella che mi ha ispirato i lavori che vedrai... e a regalarmi un po di tempo!" ed esce correndo. Poi si ferma sulla porta. "Ah! Lei è Niki, Niki Cavalli. Una mia nuova collaboratrice."

Leonardo non fa in tempo a dire "Piacere!" che i due sono

già scomparsi. Alessandro e Niki percorrono veloci il corridoio verso gli ascensori. Niki lo frena un attimo.

"Aspetta..." gli lascia la mano, corre verso il divano dov'era seduta e tira fuori da lì sotto la sacca. Alessandro la aspetta al centro. Niki lo raggiunge sorridendo.

"La mia roba di scuola e una sacca per oggi pomeriggio."

Alessandro sorride. "Che forte che sei!"

E poi si avvicina agli ascensori e preme il pulsante, sperando che arrivi il più presto possibile. Due, tre, quattro, cinque, sei. Ecco, finalmente è al piano. E, proprio mentre Alessandro e Niki stanno per entrare, Leonardo compare in fondo al corridoio.

"Ehi, Alex!" Alessandro si gira. Il direttore ha i due fogli tra le mani, lo guarda con le braccia aperte. Ha le due pubblicità in alto, nel vuoto e le sventola quasi a far prender aria. "Alex, sono bellissimi, sul serio!"

Alessandro spinge T e sorride, mentre le porte si chiudono. "Lo so... Nuove e sorprendenti!"

L'ascensore si chiude. Leonardo abbassa le braccia e guarda di nuovo quelle due pubblicità. Colorate, accese, divertenti. Poi sorride e, stando ben attento a non rovinarle, torna in ufficio.

In ascensore Alessandro guarda Niki. Non sa cosa dirle. Tutti e due sono in silenzio. Niki si appoggia contro la parete. Piega di lato la testa. Alessandro le si avvicina. Le da un bacio leggero sulle labbra. Poi si scosta.

"Grazie, Niki."

"Shhh." Niki si porta il dito davanti la bocca e lo lascia scivolare via, avvicina Alessandro di nuovo a lei e lo bacia lentamente. Di nuovo. Morbida. Calda. Tenera. Con passione. Poi Niki sorride. "Ecco, così mi piace. Questo è il tipo di grazie che adoro." Alessandro la bacia di nuovo. A lungo. Con dolcezza. Quando d'improvviso sente un leggero schiarirsi di voce.

"Ehm."

Si girano. La porta dell'ascensore è aperta. Sono arrivati. Una coppia di signori con le buste della spesa sono davanti a

loro. Per fortuna non sono dei colleghi, pensa Alessandro. E, con un educato "Scusateci", Niki e Alessandro liberano l'ascensore. E corrono così fuori dal palazzo e salgono in macchina. Niki, stavolta, non vuole guidare.

"Ok, guido io... ma quando vuoi ricorda che hai tutte le lezioni gratis che vuoi."

Niki sorride.

"Senti, non sapevo che disegnassi così bene."

"Infatti! Me li ha fatti Olly, una mia amica. È bravissima, ha detto che era facile con delle idee così buone..."

"Sì, sul serio, hai trovato delle idee veramente forti, ma erano tutte quelle che ti appuntavi ieri sul tuo quadernone?"

"Già. Quando tu mi prendevi in giro."

"Non ti prendevo in giro. Ti punzecchiavo per spingerti a essere creativa. È un metodo del nostro lavoro. Spingere l'orgoglio e l'ambizione alla produttività."

"Be, sbagliato. Quando facevi così, non mi veniva in mente niente. L'idea della luna che è un surf mi è venuta al mare..."

"E quella dell'altalena nel cielo notturno?"

"Dopo i gelsomini..."

Alessandro la guarda.

"Che splendide idee hai, ragazza dei gelsomini..."

"Che splendide idee abbiamo... Siamo una squadretta, no? E dobbiamo sempre saperci regalare del tempo."

"Vero."

"E non essere distratti."

"Verissimo."

"Voglio vedere se è verissimo." Niki si sporge verso di lui e di colpo gli copre gli occhi con tutte e due le mani. Alessandro quasi sbanda.

"Ehi, ma che fai!" rallenta e accosta fermandosi, senza vedere. "Stavo per andare a sbattere!"

"Capirai, botta più, botta meno."

"L'abbiamo già detto."

"Allora?" Niki gli tiene sempre le mani sugli occhi.

"Allora cosa?"

TP

"Vediamo se non eri distratto. Come sono vestita?"|

Alessandro fa un sospiro. "Allora, giacca blu, gonna a righe.|

Calze buffe."

w "Di che colore?"

"Celesti."

"E poi?"

"Poi scarpe Adidas blu scuro da pugile."

"Nient'altro?"

"Nient'altro."

Niki libera gli occhi di Alessandro che li chiude e li riapre, ritrovando la vista.

"E allora? Come sono andato?"

"Benino."

"Cosa ho sbagliato?"

"Non hai detto che sono senza reggisene"

Alessandro la guarda un po meglio. Socchiude quasi gli occhi, guardando dentro la sua giacca.

"Senza reggiseno? Impossibile! Ma allora il surf è davvero miracoloso ! "

Niki gli da una botta e ride. "Cretino ! "

E vanno via così, regalandosi un altro po di tempo. Vanno a mangiare qualcosa all'Insalata ricca. Poi una passeggiata in centro. Un caffè al Sant'Eustachio e, perché no, una mostra fotografica in un piccolo museo del Quirinale. Salgado. Bellissima. Foto in bianco e nero. Africa. Bambini. Animali. Povertà e ricchezza di una natura sconfinata. Alessandro e Niki si perdono e si raggiungono di foto in foto, leggendo i commenti dietro immobili momenti, fermati in quell'attimo, che durano per sempre. Tempo. Niki improvvisamente guarda l'orologio.

"Cavoli, ma io ho la partita!" e lo trascina fuori verso chissà quale altro appuntamento.

j

IQuarantaquattro

Diletta fa tre passi, salta al momento giusto e schiaccia la palla con forza e violenza. Determinata. Poi si riaggiusta un po e torna dietro all'ultima della fila. L'allenatore lancia un'altra palla.

"Forza, ragazze, forza! Ancora, su così, ancora... Forza che tra poco s'inizia..."

Un'altra ragazza prende la rincorsa e salta schiacciando, ma con meno convinzione.

"Più decisa! Dai ragazze, che la prossima settimana c'è la finale."

L'allenatore raccoglie un'altra palla e la lancia in alto. E un'altra ragazza salta. E schiaccia. E rimbombi. E altre palle schiacciate che rimbalzano sul linoleum in quella grande palestra. E grida di giovani ragazze, e altri echi lontani dentro quella grande palla, di tante piccole palle, e sapori diversi di leggero sudore, di calda fatica, di sana sportività.

Diletta raggiunge Erica e Olly, sedute sugli spalti lì vicini.

"Oh, ma Niki ancora non si vede? Ma che combina, è fuori? Senza di lei, siamo finite."

Poi si gira a guardare l'allenatore. "Cavoli, Pierangelo è nero." Olly si infila una gomma in bocca e comincia a masticare. "E ti credo... quello è cotto di Niki, sarà geloso."

"Ma che dici! Tu stai in fissa, vedi sesso ovunque."

Olly mastica a bocca aperta. "No, sei tu che dormi... Che ti credi? Dove sarà ora Niki! Ha trovato uno che le tira un sacco... Ed è lì che si allenai"

Diletta prende la palla che ha tra le mani e schiaccia morbida verso Olly colpendola. Olly si lascia cadere all'indietro e poggia le mani per terra.

"Ahia!"

"E ringrazia che non ho schiacciato come si deve, che ti cancellavo..."

Proprio in quel momento l'allenatore lancia una palla verso un'altra ragazza. Poi la vede entrare dal fondo. L'allenatore si mette le mani sui fianchi.

"E meno male, Niki! Ti sembra questa l'ora?"

Niki arriva trafelata con la sacca sulle spalle e Alessandro che la segue.

"Ha ragione, scusi, prof ! Vado a cambiarmi e arrivo." Passa la sua borsa con i libri, qualche trucco e tutto il resto ad Alessandro. "Ehi, me la tieni tu?"

"Certo" poi si leva dalla giacca telefonino e portafoglio e infila anche quelli nella borsa.

Niki vede Olly ed Erica sugli spalti. Le saluta da lontano. Le due amiche ricambiano e naturalmente continuano a fissare Niki e Alessandro curiose. Poi Olly si gira verso Erica.

"È lui... Non ci posso credere. Allora tutto quello che ci ha raccontato è vero!"

Erica scuote la testa.

"Sono senza parole... Ma... è grande!"

Olly sorride. "Se è vero quello che ci ha raccontato... è grande in tutti i sensi."

"Olly!"

"Dicevo che è grande nel senso che uno che ti fa stare così bene come ha detto lei... Be non c'è niente da fare, è un grande."

"Oh, ma che ti importa... E poi parli tu. Secondo me Giorgio, per come si comporta, ha più anni di lui."

Alessandro si è accorto dello stupore delle amiche di Niki.

"Ma da quant'è che non ti vedevano? Ti fissano in un modo..."

"Da stamattina a scuola. Vedi... quella lì con la maglietta rossa" indicando Olly, "è la disegnatrice!"

"Ah, quella bravissima!"

"Sì, comunque ora devo scappare a cambiarmi, poi ti dico... INon parlano di me. Ma di te. È che mi hanno torturata, ho dovuto

|dire tutto... Be, io scappo, ci vediamo dopo."

INiki prende la sacca e s'infila veloce negli spogliatoi.

f"Ti hanno torturata? Hai dovuto dire tutto... Ma tutto

jjcosa?"

fMa Niki ormai è lontana e non può sentirlo.

Alessandro prende la sua roba e raggiunge le due ragazze. È un po imbarazzato. In qualche modo gli sembra proprio di essere, come dire, "fuori tempo".

"Salve, io sono Alessandro."

"Ciao, io sono Olly, lei è Erica e quella laggiù che gioca..." e la indica in mezzo al campo, "... quella alta, fisicata, è l'altra amica di Niki, Diletta. Quello, invece è il nostro prof e anche allenatore. A noi c'ha messo come riserve. Non ci alleniamo neanche perché ci ha messo in punizione."

"E com'è, bravo?" Alessandro supera quel primo imbarazzo e si siede vicino a loro. Erica gli sorride. "Bravissimo. L'altro anno con lui siamo arrivate seconde, quest'anno speriamo proprio di vincere."

"Sì" Olly si appoggia allo schienale e allunga le gambe sul sedile davanti, "ma anche se vincesse il campionato, a quello lì gli interesserebbe solo stare al posto tuo!"

Erica le da una gomitata. Alessandro le guarda curioso.

"Cioè? Gli piace lavorare nel campo della pubblicità?" Olly guarda Erica.

"Diciamo che gli piacerebbe fare certe pubblicità..."

"Sì e certo, perché lui considera solo il risultato finale" dice Alessandro, " ma in realtà dietro c'è tutto un lavoro di riunioni interminabili. Di fatica... Creatività. A volte si lavora anche tutta la notte."

"E certo..." Olly ride e guarda Erica, "a volte si lavora tutta la notte... ma è un fatica piacevole, no?"

Alessandro non capisce di cosa stiano parlando.

"Tu, per esempio, sei stata bravissima a fare quei due disegni." Alessandro guarda Olly. "Sei stata tu, vero?"

Olly annuisce.

"E quanto ci hai messo?"

"Mah, l'ora di matematica e poi un'altra ora dopo ricreazione."

"Cioè, in sole due ore? Veramente eccezionale allora."

"Ma che, non ci vuole nulla, è solo una cosa che mi piace molto..."

Alessandro si sistema meglio a sedere e incrocia le braccia tra le gambe. "Senti, Olly, non so proprio come dirti grazie, tu e Niki mi avete tolto da un sacco di casini. Vorrei sdebitarmi. Che posso fare per te?"

"Oh" Olly guarda Erica e alza il sopracciglio, "be, a me andrebbe bene una di quelle interminabili riunioni notturne... ma non credo che Niki sarebbe molto d'accordo!" Proprio in quel momento Niki esce dagli spogliatoi. Indossa una maglietta bianca coi bordini blu e sopra la scritta "Mamiani", il nome della scuola. Sotto porta un paio di pantaloncini blu aderentissimi, e calzettoni grossi alti, con strisce bianche e blu. Niki fa segno ad Alessandro di raggiungerla. "Porta la borsa!" Alessandro si alza, sorride a Olly ed Erica, "Scusatemi" e la raggiunge. "Tieni!" Niki fruga velocemente dentro e trova l'elastico che cercava.

"Ehi, stai benissimo così. Già ti vedo sul campo."

Niki gli sorride. "Sono alzatrice io..." e si raccoglie veloce i capelli.

"Ma che mi dicevi, prima? Che ti hanno torturato? Che hai dovuto parlare?"

"Sì, gli ho dovuto raccontare di ieri sera... E già che c'ero ho mentito."

"Cioè?"

"Gli ho raccontato alcuni particolari, insomma cose che non abbiamo ancora fatto, gli sono piaciute un casino. Hai presente settimane e /? Be, ecco, in confronto a quello che mi hai fatto tu è un film noioso..."

"Ma Niki!" ITroppo tardi, Niki corre e raggiunge la squadra che subito si

dispone in campo.

"

Allora, forza..." L'allenatore prende la palla e la passa a Diletta. "Parti tu, dai, che finalmente possiamo iniziare, la principessa si è degnata d'arrivare..." e supera Niki guardandola male. L'allenatore va a sedersi in panchina, mentre Niki gli fa di nascosto una linguaccia facendo ridere le sue compagne vicine. Subito dopo decidono qualche schema e iniziano a giocare.

Alessandro ha finalmente capito quel che Niki ha raccontato alle amiche e dunque ricollega in un attimo cosa intendevano con "quelle interminabili riunioni" Decide di non tornare sugli spalti e di vedersi la partita da là. Cioè, non ci posso credere... Mi ha fatto passare per un maniaco. Poi la guarda meglio. Scuote la testa. Niki si piega in avanti per sistemarsi i calzettoni. I suoi calzoncini blu aderenti si tendono ancora di più. Alessandro ha un leggero brivido. Per un attimo gli sembra di sentire il profumo dei gelsomini. E così cerca di distrarsi. Pensa ai disegni. A Leonardo. Ai suoi collaboratori. Alla sfida. Al giovane direttore creativo. A Lugano scampata. Meglio di una doccia fredda. Ahhh... Va meglio, sì. Proprio in quel momento squilla il suo telefonino. È Enrico. Alessandro sorride. Lo apre. "Tutto fatto." "Ma cosa?"

"Come cosa? Tony Costa, ci sono passato." "Ah, bravo, bravissimo. Grazie, sei un amico, lo sapevo di Ipoter contare su di te. Poi mi racconti bene. Ma dove sei?"

I"Io? Ehm..." Proprio in quel momento Niki si lancia in

Iavanti per prendere in bagher una palla corta. Finisce per terra,

Istrisciando con la pancia sul fondo liscio della palestra. La

|maglietta si tira un po su, ma Niki riesce a prendere quella

[palla difficile. E il gioco continua. "Io? Sono in una riunione

!creativa..."

<:Diletta si alza in volo e schiaccia.

"Punto!" Tutti applaudono.

"Con questo casino?"

"Eh sì... È una riunione creativa tra la gente."

"Ma mi avevi detto che ti liberavi. Dovevi essere già qui."

"Ma lì dove?"

"Ma come dove, per la festa a sorpresa! Oggi è il compleanno di Camilla." Alessandro guarda l'orologio. "Cavoli, me ne sono completamente dimenticato... Ok, consegno una cosa e sono da voi."

"Dai, muoviti" ed Enrico chiude la telefonata. Alessandro prova in qualche modo a richiamare l'attenzione di Niki ma stanno facendo una partita tiratissima che potrebbe anche non finire mai. Allora Alessandro prende la borsa di Niki e va veloce verso Olly ed Erica.

"Ciao, ragazze, scusate, io devo proprio scappare: mi ero dimenticato di un appuntamento. Dite a Niki che poi la chiamo."

"Ok, glielo diciamo. Non ti preoccupare, vai vai, sennò fai tardi..."

"Grazie!"

Lo guardano uscire di corsa dalla palestra.

"Secondo me quello è sposato."

"Olly! Ma perché devi sempre vedere il torbido dappertutto?"

"Ma che torbido. Anzi. Uno sposato potrebbe essere l'ideale. Non ti rompe i coglioni, non ti chiede con chi esci, con chi stavi al telefono, dove vai, cosa fai eccetera... Fa quello che deve fare, e a quanto pare lui lo fa anche bene... E soprattutto non vuole sposarti! È l'ideale..."

Erica la guarda intristita.

"Sai cosa penso? Non so cosa ti è successo, ma tu hai paura dell'amore."

"Io, paura dell'amore? Ho paura di trovarmi in una situazione come la tua... non puoi più farne a meno, ti sei abituata, ma in realtà vorresti farne a meno... ma hai paura... Tu hai

L.

paura! E non dell'amore. Di non saper stare da sola, cara Erica.

Si sa quel che si lascia, non si sa quel che si trova." "Quando dici queste cose, mi sembri Giorgio." "Ah sì? Allora ti posso dare un consiglio? Lasciaci a tutti e

due!"

Quarantacinque

Alessandro arriva trafelato. È passato da casa, si è fatto una doccia al volo, si è infilato una camicia pulita ed è uscito di corsa, sperando di arrivare in tempo. E c'è riuscito.

"Dai, mancavi giusto te..." Enrico gli corre incontro all'ingresso dei Canottieri Roma. Lo prende per la giacca e lo porta giù, correndo per le scale. Entrano di corsa nel ristorante. A qualche tavolo mangia qualche coppia annoiata. Quattro uomini anziani, ma puntualmente eleganti, cenano compiti con risate leggere, studiandosi quasi, prima del solito bridge. Alessandro ed Enrico raggiungono gli altri invitati, circa una trentina, nascosti dietro un grande paravento, nell'ultimo angolo del ristorante. Enrico lo spinge tra gli altri. "Stai lì, nascondetevi tutti bene, dai, che ormai sta arrivando..."

Alessandro saluta Flavio, Pietro, le rispettive mogli, quelli che conosce e che gli sono più vicini.

"Ciao, ragazzi... ahia, non spingere... sembra di stare in metropolitana."

"Ma perché, tu quando ci vai in metropolitana?"

"Mai... però me la sono sempre immaginata così..."

"Shhh, che ci sente, shhh..."

Poco dopo scendono dalla scala che porta al ristorante Enrico e Camilla. Gli amici, nascosti in silenzio, ne riconoscono la voce.

"Amore, per un attimo avevo creduto che te ne fossi dimenticato..."

"Ma no, stamattina ho fatto finta apposta, ti volevo fare subito gli auguri..."

"Che carino sei stato... hai messo pure i fiori che mi piacciono sul tavolo. Ma toglimi una curiosità: perché qui ai Canottieri? Non è che non mi piace, eh, non fraintendere, giusto per sapere, è che ci sono un sacco di ristoranti che costano meno... Guarda, li potevi scegliere tutti, magari tranne quello di Alberto... Lì è vero che si paga poco ma si mangia di un male..."

"È perché ci siamo noi!" Una ragazza da dietro il paravento decide di salvare Camilla, dato che quel povero Alberto è proprio lì, nascosto con loro. Tutti escono.

"Auguri, Camilla!" "Tanti auguri!" Qualcuno inizia a cantare "Tanti auguri a te, tanti auguri a te!"

Camilla arrossisce imbarazzata. "Grazie, che bella sorpresa! Non mi ero accorta di nulla! Oddio, ci sono proprio cascata!"

Iniziano a darle qualche pacchetto, un mazzo di fiori, alcuni non hanno portato nulla, avendo dato una quota per un regalo più grande suggerito proprio da Enrico. In poco tempo Camilla è sommersa di pacchetti. Anche il povero Alberto le da il suo regalo, una bottiglia di vino, sorridendole, e le da anche un bacio sulle guance. Forse fa finta di non aver sentito niente. Di certo quella bottiglia è migliore di come si mangia nel suo locale. Enrico raggiunge Alessandro che sta chiacchierando con Flavio e Pietro. Lo prende sottobraccio.

"Scusate, eh..." e se lo porta via. Pietro li guarda. "Hanno i segretucci!" Flavio tira su con le spalle. Alessandro ed Enrico si fermano poco distanti da tutti.

"Allora?"

"Allora tutto a posto, Enrico. Sono passato da lui e ha accettato l'incarico."

"Per quanto?"

"Tremila euro. Millecinque subito e glieli ho dati, e mille- cinque a lavoro finito."

"Ok." Enrico tira fuori il portafoglio.

"Dai, Enrico, non qui... ci vedono. Con calma, regoliamo tutto una di queste sere."

"Ok, grazie..." Enrico si rimette il portafoglio in tasca. Poi guarda da lontano sua moglie. È in mezzo agli amici. Molti la stanno ancora baciando e le stanno dando i loro regali.

"Hai visto? Ti sei accorto?"

Alessandro guarda nella stessa direzione di Enrico.

"Di cosa? La stanno festeggiando, e be?"

"No, guarda bene."

Alessandro si sforza, stringe gli occhi per captare ogni più piccolo dettaglio, ma non nota nulla. "A me sembra tutto normale, ride, scherza con le sue amiche, chiacchiera. È allegra."

"I capelli. Guardale i capelli."

Alessandro si sforza ancora di più ma non nota proprio nulla.

"Senti, mi sembra normalissima, ma perché, cosa avrebbe fatto?"

"Come che ha fatto, ha la frangia."

"E allora? Ha tagliato i capelli... Che è, un giallo?"

"No, una commedia. . Una donna e una canaglia, ha bonne année, in francese. Film di Claude Lelouch con Lino Ventura e Francoise Fabian. Lui finisce in prigione, lei va a trovarlo. Mi ricordo il loro dialogo. Lui: "Hai cambiato taglio di capelli?". Lei: "Sì, perché non ti piaccio?". Lui: "Sì, sì, è che quando una donna cambia taglio di capelli, vuoi dire che sta per cambiare uomo"."

Enrico rimane in silenzio a fissarlo. Poi ogni tanto lancia uno sguardo a Camilla laggiù, sullo sfondo.

Alessandro lo guarda e scuote la testa. "Allora... francamente io mi ricordo ben altre battute... tipo "Che cos'è una donna?", "È un uomo che qualche volta piange", scusa ma è meglio. E comunque quello era un film!"

"Sì, ma i film prendono spunto proprio dalla realtà... lei si è tagliata i capelli e magari ha sul serio un altro."

"Senti, a questo punto io non ho dubbi... mai soldi saranno stati spesi meglio. Io sono sicuro che Tony Costa ti toglierà finalmente ogni tuo irragionevole dubbio, ok?"

"Ok..."

I

"Ora vado a prendere qualcosa da bere." Ma proprio in quel momento, Enrico guarda Camilla che smette di chiacchierare con le amiche, prende il telefonino dalla tasca, vede sul display il nome di chi la sta cercando. Sorride e risponde. Poi si gira su se stessa e si allontana un po dalle amiche, per cercare un po di privacy. Enrico guarda Alessandro che tenta di tranquillizzarlo.

"Oggi è il suo compleanno. Sai quanta gente la chiamerà per farle gli auguri. Magari è una sua amica che tu hai dimenticato di invitare, o una sua cugina lontana che se ne è ricordata adesso..."

"Sì, certo. Oppure qualcuno che sta ancora dicendole che gli è piaciuto il nuovo taglio di capelli..."

Alessandro alza la mano al cielo e lo abbandona, in cerca di un bicchiere di vino. Raggiunge il tavolo del buffet. "Un po di rosso, per favore."

Un cameriere educato prende una bottiglia in mano. "Subito, signore." Alessandro guarda il bicchiere che si riempie. Poi un ricordo lontano. Improvviso. Elena. Qualche giorno prima di andarsene. E quel ricordo diventa allora. Ora. Invadente. Elena entra in camera mentre Alessandro sta al computer.

"Amore... ti piaccio? Che dici?"

"Cosa, amore?"

"Non te ne sei accorto? Ho tagliato i capelli! Ho fatto anche un colore più scuro."

Alessandro si alza, le si avvicina e la bacia sulle labbra. "Se era possibile, sei ancora più bella di prima, amore..." Elena si allontana. E sorride. Sicura. Troppo sicura. È in questo che ho sbagliato? Lasciarle troppa sicurezza?

"Prego..."

"Cosa?"

"Il suo bicchiere, signore..." Il cameriere gli passa il calice e quel ricordo svanisce.

"Grazie." Mentre beve, si accorge che Enrico da lontano lo sta fissando. Gli sorride. Tutto bene, Enrico... Va tutto bene. Anche perché ci sono ricordi che non ha senso condividere

neanche con un amico. Anche se fanno male. Anche se sono dolorosi. Ecco, si potrebbe dire così. In amore il dolore è pro porzionale alla bellezza della storia che hai vissuto. Bella mas sima. Alessandro guarda di nuovo Enrico. "E tu, amico mio... soffrirai? E se soffrirai... quanto soffrirai?" Poi Alessandro gli sorride. Enrico, un po perplesso, ricambia. Alessandro poggia il bicchiere finito su un tavolo lì vicino. Certo che dire una mas sima come quella a uno che pensa che la moglie lo tradisca vuoi dire un'altra cosa. Non sei un suo vero amico.

Quarantasei

"Ehi, fatti un po vedere?"

Olly ed Erica si avvicinano a Niki, sotto la doccia. Niki si sta insaponando e mette la testa sotto l'acqua e si pulisce gli occhi dal sapone. "Ma cosa?" "Se ne porti i segni..."

"Ma che cretine che siete!" e da delle manate veloci sullo schizzo dell'acqua, schiacciando verso di loro, cercando di bagnarle. Poco dopo Niki è seduta sulle panche dello spogliatoio. Persa nel suo grosso accappatoio. Con un piccolo ma lungo asciugamano celeste, col marchio Champion, si friziona forte i capelli. Le amiche sono tutte intorno a lei.

"Allora, cavoli, ci vuoi raccontare o no la verità su questa [storia?"

|'Niki si leva l'asciugamano e lo lascia cadere sul collo.

i"Di nuovo? Ma te l'ho già raccontata."

["Sì, di nuovo. Mi piace e mi eccita."

?"Ma sei malata..."

"No. Allora ti dico la verità." Olly, guardando Erica e !:'Diletta: "Io non ci credo che quel tipo là sia uno stallone!"

i;Niki prende l'asciugamano, se lo sfila da dietro il collo e

jprova a colpirla a mo di frusta, ma Olly è più veloce di lei e si

porta subito a distanza. O quasi.

i"Ahia! Mi hai quasi preso! Ma che, sei cretina?"

!"Ma perché devi dire sempre cose che io non ho detto ! "

"Va be, hai detto che sei stata benissimo, che non è stato frettoloso, che ti è piaciuto, che ti ha portato fino in fondo."

"Olly!"

"Be, me l'hai detto tu, no?! E allora tutto questo non è come uno stallone?"

"No. Ti ho detto anche che è gentile, carino, altruista, premuroso, delicato. È questo che mi ha fatto stare bene... pervertita."

"Casomai, lo stallone era il suo ex, Fabio" interviene Diletta. Olly si gira e la guarda male.

"E tu che ne sai?"

"Be, si capisce... Dal suo modo di fare, di muoversi..."

Olly interviene divertita.

"Ma se tu non hai ancora provato nessun tipo di ragazzo, dallo small all'extralarge, che dai giudizi? O l'hai provato e non c'hai detto niente, questo Fabio Fobia?"

"E certo. Che, lo vengo a dire a te che ci sbavi dietro..."

"Ma brutta..." Olly reagisce e fa per colpirla. Niki si alza e si mette subito in mezzo.

"Ehi, calma, calma. Ondine!"

Piano piano con l'aiuto di Erica le fa rimettere sedute.

"Ma vi siete impazzite? Basta che si parli un attimo di uomini e vi scatenate subito come affamate. C'avete la reazione ormonale come due dodicenni."

"O peggio ferormonale" sorride Erica.

Olly la guarda. "Fero che?"

Erica scuote la testa.

"Capirai... Ecco una che ha seguito bene la lezione di oggi di chimica..."

"Non potevo. C'avevo da fare i disegni per lo stallone."

"Sentite" Niki si rimette l'asciugamano sulle spalle, "allora. E bene capirsi. Questa cosa non l'abbiamo mai affrontata. Uno. Nessun uomo, small, medium, extralarge o stallone che sia, ci dovrà dividere. Promettete!"

"Promesso."

£¦

L

"Due. Dobbiamo sempre raccontarci tutto, dai nostri desideri ai nostri pensieri, dalle paure alla felicità. Troppo spesso vedo gente che ha paura di ammettere di star vivendo qualcosa di incredibile, di splendido, di dannatamente bello anche con i propri amici. Promettete?"

"Promesso!"

"Tre. Chi si mette con Fabio o ci combina qualcosa... Povera lei..." Tutte e tre si guardano sorprese. "Nel senso che si mette con un bell'egoista" poi guarda meglio Olly, "da tutti i punti di vista... dato che ti interessa tanto."

Diletta da una botta a Olly. "Come vedi, non ho ancora provato, ma ci capisco più di te..."

Olly alza le spalle, facendo una smorfia antipatica. Erica si avvicina a Niki.

"Comunque a me Alessandro piace. Certo che è grande però... Ma quanti anni ha?"

"Secondo te?"

"Mah... Ventotto. Ventinove..."

"Ne deve fare trentasette."

"Cosa? Cioè, vent'anni più di te?"

"Quasi vent'anni. Ma perché vi sorprendete tanto?"

Olly sorride.

"Io non sono sorpresa, anzi... Mi eccita, te l'ho detto! Uno più grande... così più grande... Be, mi piace un casino! Ma non ha un amico?"

"Diversi."

"Be, presentameli, no?"

"Credo siano tutti sposati."

"Anche lui, vero?" Erica lo guarda sospettosa.

"No."

"Sicura?"

"Si è lasciato da qualche mese con la sua ragazza. Si sarebbero sposati..."

Olly chiude le mani e guarda verso l'alto. "Porca miseria, mi piace ancora di più. Senti, mi vanno bene anche i suoi amici sposati. E poi... nel caso c'è il divorzio, no? Nel caso..."

"E se la sua ex torna?" chiede Erica. Niki prova a colpire anche lei con l'asciugamano. "Oh, ma che mi state a rema con tro? Ma che mi gufate? Mi portate sfiga?"

"Ma che dici!"

"Sei pazza?"

"Senti, Olly, allora, se mi vuoi aiutare mi dovresti fare anche un logo."

"Cioè?"

"Un titolo sopra i tuoi disegni. Ora mi viene in mente un'i dea per la frase. Tu intanto pensa a che colori o font usare."

"Colori, fontà ma sentila. Comunque mi sono informata, sai? Nella pubblicità girano un sacco di soldi."

"E quindi?"

"E quindi tu mi stai sfruttando."

Niki si siede sulla panca. "Cosa vuoi, sentiamo."

"Una cena con lui e un suo amico" e stende la mano verso Niki che la guarda indecisa. Olly sorride.

"No cena, no logo, tanto per rimanere in pubblicità..."

Niki scuote la testa. "Ok, ok, poi però quello che combini sono affari tuoi. Oh, io non voglio entrare nei vostri casini!"

Proprio in quel momento entra l'allenatore. "Brave ragazze, brave tutte. Brava Diletta e ottima Niki, anche se in ritardo." Poi si avvicina a una delle riserve. "Ah, senti, ho parlato col medico, devi mettere ancora un po di Lasonil e scaldarti bene, prima di riprovare a giocare."

Erica lo guarda. "È forte però il nostro allenatore. Pure un bell'uomo."

Niki sorride.

"Sì, ma in questo caso è troppo grande."

Olly si gira per non farsi vedere. "E poi secondo me è un allupato, viene qui solo per trovarci mezze nude dopo la par tita..."

"Olly! Ma tu vedi il sesso ovunque."

"Il sesso è ovunque. E l'importante è averlo capito..." poi si gira verso Diletta. "La cosa che non capirò mai è perché tu ti sei messa in punizione da sola."

Quarantasette

"Allora? Quanto ti devo per il regalo di Cardila?"

"Macché... ti devo io un sacco di soldi! Dai, facciamo i conti alla fine."

"Ok, come vuoi..."

Enrico si sposta un po indietro portando Alessandro in un angolo del ristorante.

"Toglimi una curiosità..." Enrico si guarda in giro. Sbircia oltre le vetrate del ristorante, verso il giardino, tra le piante, là, più lontano, dove scorre il Tevere. "Ma secondo te è già al lavoro? Cioè, secondo te ora ci sta filmando? Sta registrando ;quello che diciamo?"

Alessandro guarda l'orologio. "Secondo me sta ancora sco,pando con Adele."

"Scopando con Adele?" I,"La sua segretaria."

|"Cosa? Cioè, fammi capire, lui che dovrebbe indagare sugli

tamanti, sui tradimenti, ha scelto questa professione per scoparsi

\una e non essere scoperto."

I"Ma che ne so... Forse. Dai, dicevo per dire. Quando sono

ìarrivato nel suo ufficio, sembrava che fossero particolarmente

|presi. Comunque gli ho dato l'indirizzo e il resto, come ti

idicevo. Tra qualche giorno ne sapremo di più. E questo baco

jche ti sta mangiando il cervello finalmente se ne andrà."

'"O finirà di divorarmelo del tutto. E toglierò lei dalla mia

,vita visto che se la sta mangiando a tradimento."

[

Alessandro sbuffa. "Senti, almeno per stasera lasciala vivere, eh? È la sua festa" e si allontana, andando verso l'uscita. Enrico rimane così un po sulle spine. Poi fa appena in tempo a dirgli "Quando ti chiamo, domani?". "Quando ti pare."

Alessandro gira attorno ai tavoli, poi finalmente la vede. Pro prio in quel momento Camilla si accorge che sul telefonino deve essere arrivato un messaggio. Lo apre. Lo legge. Sorride. Alessandro è a pochi passi da lei.

"Camilla?" lei chiude subito il telefonino e lo porta istintiva mente in basso. "Oh, Alex... Mi hai fatto prendere un colpo..." Camilla gli si avvicina. I due si baciano. "Ancora auguri. Ho mangiato benissimo, è stata proprio una festa carina."

"Già" Camilla guarda suo marito in lontananza. Gli sorride con una morbida, ma leggermente assopita, tenerezza. "Enrico mi ha fatto una sorpresa bellissima..."

Alessandro guarda Enrico e pensa alle sue paure. Poi guarda Camilla e pensa al messaggio che ha appena ricevuto. E se Enrico avesse ragione? Be, inutile mettermi in testa anch'io questo dilemma. Ormai abbiamo pagato uno per risolverlo. Che lo risolva lui. Alessandro le sorride.

"Già, veramente una bella sorpresa... e riuscita." "Sì, è vero, Enrico in questo genere di cose è bravissimo." "Be, Camilla, ci vediamo."

"Sì, Alex, a presto" e mentre Alessandro se ne sta andando verso l'uscita, Camilla lo chiama di nuovo. "Scusami, ti devo dire una cosa." Alessandro si ferma. Lei lo raggiunge. "Non so se ti faccia piacere o no, ma non ho nessun motivo per nascon dertelo." Camilla prende una piccola pausa. "Spero non ti dia fastidio... prima mi è arrivato un messaggio. Era Elena. Si è ricordata di farmi gli auguri."

Alessandro sorride. "Mi fa piacere. In fondo voi due ave vate un bellissimo rapporto. Figurati, non mi dispiace" e sor ride ancora. "Ci sentiamo" e raggiunge l'uscita. Camilla resta a guardarlo. Chissà se si rimetteranno insieme. E, soprattutto, perché si sono lasciati?

Quarantotto

Alessandro guida nella notte. E certo. Se lo sarà segnato su quel cavolo di telefonino-agenda supertecnologico dell'ufficio, con tanto di avviso tramite e-mail, di scadenze e appuntamenti. Elena è sempre stata brava nei rapporti aziendali. Riusciva sempre a ottenere il meglio. E cosa fa adesso?... Non chiama me, ma manda un messaggio di auguri a Camilla. Che stronza...

Poco dopo è a casa. Ancora incavolato apre e chiude la porta, sbattendola alle sue spalle. Poi decide di mettere su della musica per rilassarsi un po. Sceglie con cura. L'ultima colonna sonora per uno spot giapponese. Prende dal frigo \una Coca Cola e sprofonda nella chaise longue del salotto, in

Ipelle vera. L'unico mobile scelto da Elena che apprezza. Tra

Il'altro tutti i mobili del salotto devono ancora arrivare. Si

Iricorda ancora della discussione di Elena al telefono. Urlava

|come una pazza contro quelli della ditta perché erano allora

|,in ritardo di un mese e mezzo con la consegna. E a oggi non

Ili hanno ancora consegnati. Chissà, pensa Alessandro, si pos

ti-sono

ancora disdire? Cioè, la cosa più bella è che lei ha fatto

Itutta casa, ha imposto le sue scelte, ha litigato perché tardaIvano

nella consegna, mi ha obbligato comunque a dare l'an

ticipo,

io alla fine ho pagato e lei se n'è andata. Puff. Sparita. 'Mai più sentita. Se non per quel messaggio di stasera... per

Camilla. Certo che noi maschi a volte siamo proprio dei coglioni. Meglio non pensarci, va... Alessandro beve un sorso di Coca Cola. Ecco, questo sarebbe uno di quei

:

momenti in cui bisognerebbe avere il vizio del fumo. O ancora meglio dell'erba. Ma solo per rilassarsi un po, per prenderla a ridere... Invece che a piangere. Qualche vago ricordo di dolci momenti sparsi. Lui ed Elena lungo il sentiero di quell'amore vissuto. Un desiderio. E un altro ricordo. Quando si sono conosciuti per caso alla presentazione di una nuova macchina. E subito Alessandro l'aveva trovata simpatica, quella manager fatta tutta a modo suo, che parlava facendo continue digressioni, aprendo parentesi e parentesi e ancora parentesi e poi sottostorie, perdendosi in un altro rivolo di parole. E uno non capiva più bene dove fosse andato a finire. E allora lei sorrideva... "Cosa stavo dicendo?..." e alla fine ritrovava da sola il filo "Ah, sì certo...". E un'altra cosa buffa. E un sorriso. E un momento erotico, lei e quelle calze autoreggenti sfilate piano. Lei e la sua pelle che si libera e splende. E tanto. E tutto. E troppo. Poi, improvvisamente, un fastidio. Alessandro si agita sulla poltrona. Chissà con chi lo starà facendo ora. Ma no. Non lo sta facendo. Non è possibile. E allora perché se n'è andata? Magari era solo un momento. Ma sì, deve essere così. Lei non è il tipo che tronca una storia e ne inizia subito un'altra. No. Lei no. Non è possibile che di botto ricomincia così, in un secondo, a fare con un altro tutte quelle cose splendide, spinte, sporche, sensuali, saporite che sa fare lei. Tutte cose con la s poi... chissà perché. Ma perché tu, invece? Ti sembra normale che all'improvviso, praticamente senza conoscerla, diciamo... ti sei divertito con la ragazza dei gelsomini? Con Niki, una diciassettenne. Con tutte quelle s ma anche z e ab e e e non so quante altre lettere dell'alfabeto erotico? Meglio non pensare proprio a niente.

In quel preciso momento suonano alla porta. Alessandro quasi cade dalla poltrona. Si era addormentato un attimo. Si alza veloce. Guarda l'orologio. Mezzanotte e mezza. E chi è a quest'ora? Elena? Ma Elena ha le chiavi. Però potrebbe essere così educata da suonare. Ora che ci penso da quando se ne è andata è passata una sola volta da casa. Quel giorno che rien

trando la trovai. Voleva prendere quel souvenir, quello stupido souvenir di Venezia... E se lo è preso. Che stronza.

Poi Alessandro guarda nello spioncino della porta. E non riesce a capire bene di cosa si tratti. E soprattutto... chi è.

Un foglio bianco gli tappa la vista. Sopra si vede un piccolo, strano disegno. Poi sente una voce, ovattata dalla porta chiusa.

"E dai, ti ho sentito, sei dietro la porta... Ma che, non lo hai riconosciuto? Da da da da da da..." Silenzio. Poi di nuovo. "Da da da da da da!"

Alessandro solo ora riesce a vedere meglio il disegno. È una pinna.

"È lo squalo che ti suona! E se apri ti si mangia!" Niki... sorride Alessandro e apre la porta. "Oppure tu mangi lui... Ti ho portato il gelato!" "Grazie! Scusa, ma non riuscivo proprio a capire..." "Sì, sì..." Niki entra in casa con una busta in mano. "Fifone! Chiudi, va..."

Alessandro chiude la porta e mette il blocco. "Qui ci vuole una come me che ti fa da bodyguard, altroché. Che poi la tua casa è vuota, di che ti preoccupi, cosa ti possono rubare?" Alessandro le si avvicina. "Be, adesso te..."

"Che carino..." Niki gli da un bacio morbido e leggero sulle labbra. Poi si stacca. "Be, adesso anche il gelato!"

Niki va a portarlo in cucina mentre Alessandro decide di Icambiare ed.

I"Ehi, hai delle ciotole dove lo possiamo mettere? Ma grosse,

Ieh? Che io ne voglio mangiare un sacco!"

|"Dovrebbero stare in fondo."

p"Ma in fondo dove?"

jNiki inizia ad aprire tutti gli sportelli dei mobiletti della

!¦',cucina. Trova quello giusto. In alto.

',"Eccole, le ho trovate!" Una pila di ciotole e tazze grandi è

!proprio nell'ultimo scaffale in alto. Niki si sporge, prende le

;prime due, prova a tirarle via, facendole saltare. "Ops!" Escono

dalla pila entrambe ma una salta troppo in alto, sbatte contro il piano superiore e vola via, di lato, precipitando. Niki è velocissima. Posa la busta del gelato che teneva con l'altra mano, si piega al volo e la ferma poco prima che tocchi terra.

"Fiuuuu."

"Uno dei tuoi bagher migliori! Eh?!"

Alessandro compare sulla porta di cucina. Niki si rialza con la splendida ciotola azzurra e integra in mano. "Eh, sì, ci mancava un pelo ! "

Alessandro la guarda. Quelle ciotole azzurre. Fanno pendant con una collezione di bicchieri in vetro azzurro presa a Venezia in uno dei tanti weekend passati in giro per l'Italia. Una sera, cenando da soli, avevano usato quei bicchieri. Alessandro aveva apparecchiato alla perfezione, appena tornato dal lavoro. Aveva iniziato a cucinare, dopo aver messo la musica giusta e le luci... Elena si era seduta in salotto. Aveva avuto da ridire sulla scelta della musica e aveva preferito mettere su un altro ed. Poi lo aveva raggiunto in cucina, a piedi nudi si era seduta su uno di quegli sgabelli alti e lo guardava cucinare. Alessandro aveva versato un po di champagne per tutti e due. "Allora, com'è andata la giornata?" Avevano parlato del più e del meno, avevano riso parlando di qualcuno, tanto, troppo e improvvisamente Alessandro, girandosi, aveva urtato col bicchiere contro il bordo del muretto della cucina, sbeccandolo. Elena aveva smesso di bere. Aveva anche smesso di ridere. Aveva preso in mano quel bicchiere, guardato il danno, staccato un pezzetto di cristallo ormai incrinato e poi aveva buttato il bicchiere nel secchio. "Non ho più voglia di mangiare." Era andata in salotto, aveva infilato le gambe sotto il cuscino grande del divano e aveva messo su una faccia lunga di chi non ha voglia di parlare, di chi ha preso una decisione e la mantiene. Elena era così. Quella collezione l'aveva lasciata ad Alessandro. Forse perché ormai mancava quel bicchiere.

Alessandro prende la ciotola dalle mani di Niki, apre la finestra del piccolo terrazzino della cucina. Poi guarda Niki. Poi guarda la tazza. E la lascia cadere a terra facendola rompere in mille pezzi.

"H

"Ma, Alex... perché fai così?" Alessandro sorride e chiude la finestra.

"Perché magari pensavi che ci tenevo un sacco e invece non è così."

"Ho capito, ma scusa non potevi dirmelo e basta? Tu non sei normale."

"Invece sì. Si rompe una tazza? Bene, la nostra vita non cambia..."

"E secondo te è normale?"

"Sì, ripensandoci capisco che magari possa sembrare complicato."

"Molto... Chissà che storia hanno queste coppette..."

Alessandro capisce che non può capire. E un po si sente in colpa.

"Ehi, dai, mangiamoci questo gelato..."

"Ehi, non è che vuoi dimostrare che non ci tieni tanto neanche al gelato e me lo butti giù dalla finestra?"

"No, tranquilla, in questo caso non sarei così normale..."

Iniziano a metterlo nelle coppette, ognuno in quella dell'altro. Niki controlla il suo.

"Io solo cioccolato, nocciola e zabaione."

"Leggera."

"Non mi mettere i frutti che non mi vanno, cioè sono buonissimi ma li preferisco d'estate estate."

Alessandro indica quello bianco. "E questo cos'è?"

"Cocco. Sì, un po di cocco mettimelo."

"Ma scusa, hai detto solo d'estate estate..."

Niki prende il cucchiaino, non resiste, lo infila nella sua coppetta, chiude gli occhi e ne mangia un po.

"Uhm, buono, buonissimo. No, il cocco è diverso. Poi col cioccolato fanno quelle specie di cioccolatini..."

"I Bounty."

"Sì, quelli! Mi piacciono un casino..."

"Abbiamo curato noi una loro pubblicità."

Niki sbuffa. "Oh, ma stai sempre a pensare al lavoro."

"No, te lo dicevo per dire. È un ricordo."

"Non devi avere ricordi, ora..." Alessandro pensa alla ciotola, al bicchiere, a tutto il resto di prima... E decide di mentire.

"Certo..."

E lei sorride, ingenua.

"Perché ora è ora. E ora noi siamo noi..."

Niki intinge il cucchiaino nella coppetta di Alessandro e mangia un po del suo gelato. Poi si tuffa nella sua, prende un po di cioccolato e lo mette in bocca ad Alessandro. Appena lui la chiude, Niki ripesca subito nella coppetta e fa per imboccarlo di nuovo. Invece, senza lasciarlo inghiottire, gli sporca le labbra tutto intorno. Come quando si beve in fretta un cappuccino e restano quei "baffi". E poi piano piano Niki si avvicina. Calda, sensuale, desiderabile. E comincia a leccare quei dolci baffi, e un bacio, e una leccata, e un morsetto. "Ahi." E poi un sorriso. E uno dopo l'altro quei baci sanno di quegli sbaffi di cioccolato, e di crema, e di cocco. E continua così, sorridendo, leccandolo teneramente affamata. Poi senza volere si appoggia su di lui.

"Ehi, ma che, ti è avanzato... un Bounty..."

Alessandro la bacia e si lasciano andare e si spengono le luci e si scioglie un po il gelato. E anche un po loro... E un sapore piano piano li prende. Ed esagerano, e scherzano, e colorano quelle lenzuola di gusto e di voglia e di giochi allegri e leggeri e spinti ed estremi... Per un attimo Alessandro pensa: e se adesso ci fosse un'irruzione? Serra e Carretti. I due soliti carabinieri. Aiuto. No. E un lento scivolare di crema tra le sue spalle, e cioccolato e vaniglia e ancora giù, più giù, con dolcezza, lentamente lungo quel morbido solco. E la lingua di Niki e la sua risata e i suoi denti e un bacio... E tutto quel gelato che non va sprecato... E ancora. Ancora. E caldo e freddo e perdersi così tra tutti quei sapori. E improvvisamente... puff, qualsiasi problema, dolcemente dimenticato.

Quarantanove

Notte. Notte fonda. Notte d'amore. Notte di sapore.

Nel letto.

"Ehi, Alex... ma stavi dormendo."

"No."

["Sì... sentivo il tuo respiro più lento... E poi, non hai sentito

lneanche che mi rivestivo..."

h"Sul serio ti sei già vestita?"

["Sì. So di cioccolato e di cocco e di crema, e se mi beccano

ji miei che gli dico?"

I"Che ti sei messa con un gelataio ! "

f"Cretino."

!"Aspetta, mi vesto."

)t"No, rimani a letto."

"No, non mi va che torni da sola."

l'"Dai, mi aveva accompagnato Olly, ma prendo un taxi... Mi

piace da morire che resti qui nel letto a dormire mentre vado via..."

!Alessandro ci pensa un po su. Niki fa una faccia come a

i,dire: e dai fidati, lasciami andare.

"Ok, te lo chiamo."

i"Già fatto. Dovrebbe essere arrivato."

*"Allora aspetta almeno che ti do i soldi."

"Già presi. Venticinque euro dovrebbero bastare... te l'ho detto che dormivi." "Ma..."

"Ho preso solo quelli. Fidati, ti potevo ripulire casa! Carte di credito comprese! E perfino le coppette prima che tu le distruggessi tutte."

Poi va alla finestra. "Il taxi è arrivato!" Niki corre verso il letto. "Ciao." Lo bacia veloce sulle labbra.

"Uhm, buono, tu sai di mirtillo..."

Niki si ferma col dito in bocca in mezzo alla stanza. "Ma io non ho portato il mirtillo..." e sorride, leggermente spinta, e poi corre via veloce e alla fine chiude piano la porta. Alessandro sente l'ascensore che si ferma al piano. Poi la porta che si apre. Niki che sale. Un leggero sobbalzo nel vuoto. Le porte dell'ascensore si chiudono. Parte. Inizia a scendere. Poi Alessandro sente il rumore del portone. I suoi passi veloci. Una portiera che si apre. Che si chiude. Il tempo di un indirizzo detto a un tassista. Una macchina che parte nella notte.

Poco più tardi. Un suono. Il telefonino. Alessandro si sveglia. Così poco tempo e si era già addormentato... Un messaggio. Lo legge.

"Tutto ok. Sono a casa. Non ho incontrato i miei. Il gelataio è salvo. Ho risparmiato, ti devo dodici euro! Però voglio un bacio per ogni euro che ti restituisco. Buonanotte! Sognerò coppette azzurre che volano."

Alessandro sorride e spegne il telefonino. Si alza per andare in bagno e poi va in cucina. Certo che quel cioccolato era di un buono... ma mette una sete. Alessandro apre il rubinetto. Fa scorrere l'acqua. Poi prende un bicchiere, uno qualsiasi, e beve. Lo rimette nel lavabo e, quando fa per tornare in camera da letto, si accorge che sul tavolo è già pronta la colazione. Tazza, tovagliolo, cucchiaino e perfino la caffettiera già pronta. Basta accendere. Elena non l'aveva mai fatto. Poi un post-it attaccato sul foglio dove c'era disegnato lo squalo. "E non dire che non ti penso..." E sotto una cartellina, stavolta bianca. La gira. Una scritta rossa: "II logo di Alex". Alessandro resta senza parole. Non ci posso credere. Non avevo il coraggio di chiederle se ci aveva pensato... E lei non solo ci ha pensato, ma lo ha addirittura fatto fare alla sua amica e lo ha anche portato! Alessandro

scuote la testa. È proprio forte Niki. Poi apre lentamente la car tellina. Un logo bellissimo dai caratteri fiammeggianti splende in un cielo blu scuro. È realizzato su trasparente, così da essere facilmente sovrapponibile ai due disegni già fatti. E poi la frase. Quella frase. Alessandro la legge. È perfetta. Sotto c'è un altro post-it. "Spero che ti piaccia... A me è piaciuta un sacco! Vor rei tanto che quella frase fosse per me. Ecco, sì, proprio come è stato stasera... sono stata io, vero, la tua 'iaLuna? Ops. Scusa... Che ho detto! Certe cose non vanno chieste. Notte." E per un attimo Alessandro se ne rende conto. Sorride. È fortunato. Poi guarda di nuovo il logo. Sì, hai ragione Niki, è una frase bellis sima. E un'altra cosa. Non chiedermi scusa.

Cinquanta

Luce beige soffusa che cade morbida su drappeggi chiari di cotone leggero, sistemati elegantemente alle finestre. La porta del bagno si apre.

"Cioè, non ci posso credere... Non ci posso credere."

Simona, la mamma di Niki, salta sul letto. Roberto smette di leggere e la guarda, leggermente infastidito.

"Mi ricordi Glenn Close quando lei si rigira nel letto fatta di cocaina ed è morto l'uomo del quale è sempre stata innamorata e vorrebbe che il marito mettesse incinta la sua migliore amica che desidera un figlio ma non trova un uomo. Il grande freddo. Vuoi "gelarmi" dicendomi qualcosa del genere? O posso continuare a leggere?"

"Niki non è più vergine."

Roberto fa un lungo sospiro. "Lo sapevo. È stata una serata troppo piacevole perché non ci fosse la fregatura finale..." Poi appoggia il libro sulle gambe, aperto. "Allora, le cose sono due: ) vuoi che salto sul letto, urlando come un forsennato e poi vado in camera sua e faccio un casino. Poi esco in pigiama, cerco il ragazzo che ha combinato tutto ciò e lo costringo a sposarla; oppure ) continuo a leggere dicendoti prima cose tipo spero sia stata bene, che abbia trovato un ragazzo che l'abbia fatta sentire una donna o qualunque altra frase ti faccia credere che sto affrontando questa notizia con serenità?" Roberto guarda Simona e le sorride. "Allora, quale preferisci?"

"Voglio che tu sia te stesso! Con te non si capisce mai che uomo sei."

"Normale, mi sembra. Amo mia moglie, amo i miei figli, amo questa casa, amo il mio lavoro. Sono un po meno fortunato perché vorrei andare molto d'accordo con te... Ma lo sapevo che anche dandoti due opzioni non ti sarebbe andato bene. Avrei dovuto dire come quando eravamo piccoli, alle interrogazioni e il prof diceva "Mi parli di un argomento a piacere". Ecco, forse così avrei qualche chance con te per non discutere."

"Quando fai così non ti sopporto."

Roberto scuote la testa, mette il segnalibro alla pagina dov'è arrivato e appoggia il suo libro sul comodino. Poi si gira e cerca d'abbracciare la moglie, ma Simona ha messo il broncio. Scalcia un po e cerca di liberarsi.

"Amore, dai, non fare così... Lo sai che poi mi piaci ancora di più, guarda che rischi, eh?" e le da un bacio leggero, tra i capelli, perdendosi in quel profumo di shampoo non troppo dolce.

"E dai, stai fermo..." e sorride tenera e piccola, "mi fai venire i brividi." Poi si lascia baciare sul collo, sulla spalla, sul decolleté. Roberto le abbassa una spallina, piano... "No, dico, ma ti rendi conto?" "... Di che, amore?" "Niki... ha fatto l'amore."

"Sì, mi rendo conto, invece non mi rendo conto di quanto tempo è che non lo facciamo noi..." |Simona si libera dalla morbida stretta di Roberto, si allon

[jtana

un po, rimettendosi a posto la spallina. "Ecco, vedi come

!'sei... sei così."

fì"Così, come? Sono quello di prima, quello normale."

'',"No, sei freddo e cinico."

\"Ma che dici, Simo! Ora esageri. Ma lo sai quanti mariti e

ipadri dopo una notizia del genere avrebbero dato la colpa alla

,,,moglie nonché madre?"

"Sì, e infatti non li avrei mai sposati."

"Sì, ma non puoi sempre nasconderti dietro queste giustificazioni."

"Non mi nascondo. Lo penso proprio." Simona raccoglie le gambe e se le abbraccia. Stringe gli occhi. Roberto la guarda e se ne accorge. Sta per piangere.

"Amore, che fai?"

"Sono stanca, depressa e spaventata" e le scende una lacrima leggera.

"Ma che dici?"

"Dico, dico... Niki se ne andrà, ci lascerà. Matteo in poco tempo sarà adulto e anche lui non tornerà più e io resterò da sola. Tu magari t'innamorerai di una più giovane e bella, forse ti farai scoprire apposta, come fanno molti per pulirsi la coscienza e avere la scusa per troncare, oppure me lo dirai per sentirti più onesto..." Lo guarda, cerca di sorridere un po e si asciuga col dorso della mano, tirando su col naso. Ma un'altra lacrima scende piano, ascolta incuriosita tutte quelle parole, prima di cadere giù. "No. Non avrai coraggio di dirmelo... ti farai scoprire. Meglio, no?" e si mette a ridere. Una risata nervosa.

"Amore, ti stai facendo un film. Un brutto film."

"No, a volte è così. Per un amore che inizia, un altro finisce."

"Va bene, sarà anche così, ma intanto che siamo tutti felici per Niki, perché deve finire proprio il nostro amore? Magari ne sta finendo un altro, no? Per esempio i Carloni. Quelli dell'interno . Invece di preoccuparsi dei loro litigi, stanno sempre a curiosare negli affari altrui. Almeno se si lasciano, ne avremo uno in meno in questo palazzo!" e l'abbraccia di nuovo, la riconquista piano, la stringe a sé. La bacia e la guarda negli occhi teneramente ma in modo intenso, da uomo. "Io ti amo, ti amo da sempre e ti amerò ancora. E se quando ci siamo sposati ero spaventato, ora che l'ho fatto e a distanza di vent'anni, posso dirlo. Sono felice d'aver fatto quella scena da imbranato andandolo a chiedere ai tuoi... posso avere la mano di sua figlia? Ti ricordi cosa ha detto tuo padre? "E poi come farà a cucinare per te?"."

Simona è indecisa se ridere o continuare a guardarlo un po sospettosa. "Ma come, non vedi?" Simona si tocca con le mani la pelle del viso, la tende partendo dagli zigomi, morbida, len tamente, la tira indietro, verso le orecchie. "Vedi? Il tempo che passa..."

"No" sorride Roberto, "io vedo il tempo che sarà, vedo un amore che non se ne vuole andare e vedo una donna bellis sima..." e la bacia di nuovo, dolcemente. Baci teneri di compli cità, baci dal sapore diverso, come un vino invecchiato e per questo profondo, denso, leggermente speziato, con aromi che ricordano vaniglia e legno, persistente, caldo. Baci che scen dono in fondo, dove già stanno andando le sue dita, sul bordo delle mutandine di Simona che ha un brivido e sorride e butta la testa all'indietro e dice "Spegni la luce...". "No, ti voglio vedere." E allora lei ridendo si tira sopra la testa le lenzuola, sparisce sotto e gli da un piccolo morso attraverso il pigiama, tenero, morbido, sensuale. E qualcosa accade. E in un attimo perdono il senso di tutto quel tempo e tornano bambini.

Cinquantuno

Buongiorno, mondo. Non credevo. Il prof di filo mi ha davvero stupita con quel fuori programma. Ogni tanto serve a qualcosa anche lui. Invece di continuare a spiegare Popper ha detto "Oggi farò una pazzia".

"Perché di solito?" ha sussurrato Olly.

"Avete mai sentito parlare di Cioran?"

"Si mangia?"

"No, Bettini, non è roba che si mangia. Emile Cioran. Un filosofo... No, Scalzi, è inutile che si affanni a cercare nell'indice del libro. Non c'è. Mi sono concesso una piccola trasgressione. Cioran ve lo spiego perché mi piace. E secondo me vi colpirà." E il prof ha sorriso. Io non capivo.

"Sì, nei denti" ha sussurrato di nuovo Olly a Erica.

"Cioran nacque a Rasinari, in Romania, nel Poi a diciassette anni iniziò a studiare filosofia all'Università di Bucarest..."

"Ma allora è uno moderno, cioè di ora?"

"Sì, De Luca, è uno del Novecento. Che pensava, forse che la filosofia si fermasse a duecento anni fa?"

E dopo tutti i vari bla bla bla, l'ha detto. Ha detto quella frase che non mi scorderò più.

"Un libro deve frugare nelle ferite, anzi deve allargarle. Un libro deve essere un pericolo." Lo diceva questo Cioran. E io allora ho alzato la mano. Il prof mi ha visto. "Cavalli, che c'è? Deve andare in bagno?"

Il

"No. Volevo dirle che quella frase secondo me si può applicare anche all'amore."

Silenzio. Tutti zitti. Eppure non mi sembrava d'aver detto nulla di assurdo.

"Cavalli... è uscita dal suo consueto letargo invernale. La primavera le fa un buon effetto. Me ne compiaccio. La sua associazione mentale è notevole. Le do un più."

Olly si è messa a farmi tutti i versi e le linguacce più impossibili e a dirmi sottovoce "Se ne compiace, capito? Lui se ne compiace!" Erica mi ha strizzato l'occhio e Diletta ha alzato il pollice stile imperatore romano coi gladiatori. Sono salva. Non verrò data in pasto ai leoni. Forte. Grazie, Cioran.

Cinquantadue

Leonardo è chiuso in sala riunioni con altri dirigenti. Stanno guardando i due disegni dello staff di Alessandro: la ragazza sull'altalena e la ragazza sul surf.

"Non c'è niente da fare, Belli è sempre il più forte. Ha talento, stile, originalità." Leonardo allarga le braccia. "Forse anche il fatto di avergli messo contro quel giovane, di aver avuto un po di fiato sul collo lo ha spinto a fare ancora meglio del solito, no?"

"Ottima strategia..."

Leonardo continua. "Vi dico solo questo: ieri, prima di tirar fuori questi due disegni, era in piena full immersion tra la gente. Ha passato tutto l'altro ieri a Fregene, nelle vecchie baracche, tra i nuovi giovani, le loro tendenze, i loro sapori, le loro voglie. Mai credersi intelligenti e tanto meno superiori, Alessandro in questo è perfetto. Si nutre del popolo, delle persone, cammina nell'ombra accanto a loro. È un vampiro di emozioni e sentimenti, un Dracula di tentazioni..." Poi Leonardo guarda l'orologio. "Mi aveva detto che stamattina portava il logo. Ci lavorava tutta la notte. Pensate, ha preso apposta delle nuove disegnatrici per fare dei lettering che ci sorprendano."

Il presidente poggia la tazzina del caffè. "E soprattutto, che sorprendano i giapponesi."

Leonardo sorride. "Sì, certo."

Proprio in quel momento suona l'interfono. La voce della segretaria annuncia "Mi scusi dottore, è arrivato il dottor Belli".

L

Leonardo preme il tasto. "Prego, lo faccia entrare." Poi si alza e va verso la porta. La apre, poi rivolto agli altri "Signori, il principe delle periferie...".

Alessandro entra tranquillo. "Buongiorno a tutti."

Con il sorriso di chi la sa lunga ma non la vuoi far pesare. Insomma, di chi almeno una cosa la sa e con assoluta certezza. Non andrà a Lugano.

"Ecco il lavoro di stanotte." Poggia la cartellina bianca sul tavolo, al centro della riunione. "Il logo di Alex." Per fortuna la pinna dello squalo sta sotto. Niki gli ha spiegato che lo squalo è la firma di Olly, disegnatrice e soprattutto la famelica "squala" mangiatrice di uomini. Prima di diventare "Onda". Ma questa è un'altra storia. Alessandro piano piano apre la cartellina. Dalle poltrone in pelle s'alzano tutti i dirigenti, uno dopo l'altro, perfino il presidente. In quel momento il logo di Alessandro splende in tutta la sua nitidezza al centro del tavolo. Quelle stesse parole che la sera prima Niki avrebbe tanto voluto sentirsi dire. Quello che tante ragazze vorrebbero sentirsi dire. Soprattutto se per qualcuno si sentono "LaLuna". Leonardo prende in mano il disegno. Sorride. Poi lo legge ad alta voce. "Non chiedere "LaLuna"... Prendila!"

Improvvisamente silenzio in sala. Quasi religioso. Tutti si guardano in faccia. Ognuno lo vorrebbe dire, ma c'è sempre qualche timore a essere il primo a parlare. L'indecisione insomma di non essere perfettamente in linea con l'ultima scelta. Quella del presidente. Solo lui può realmente permettersi questa libertà. E il presidente si alza in piedi. Guarda Alessandro. Poi guarda Leonardo. Poi guarda di nuovo Alessandro. E sorride. E dice quello che tutti avrebbero tanto voluto dire.

"È perfetto. Nuovo e sorprendente." E tutti esplodono in un applauso. "Bene!" Leonardo abbraccia per le spalle Alessandro. Tutti si alzano e vanno a congratularsi con lui. Chi gli stringe la mano, chi gli da una pacca, chi sorride e fa l'occhietto. "Bravo, bravo, bravo sul serio."

Uno dei dirigenti più giovani prende i due disegni e il logo, si mette la cartellina sotto il braccio e si dirige velocemente

verso l'uscita dell'ufficio. "Vado subito a montarli sui due dise gni e proviamo una stampa per ognuno e poi li spediamo in Giappone."

"Bene, vai subito."

Alessandro accetta quel caffè che qualcuno gli ha offerto. "Grazie." Quando hai successo gli amici ti sembrano troppi. Quando invece fallisci se ti rimane un amico è pure troppo. Anche Leonardo beve il suo caffè. È stato il direttore a pren derlo per tutti e due.

"E ora non ci resta che aspettare due settimane."

"Ma come? Non glielo spediamo via Internet?"

Leonardo gli da una pacca. "Hai sempre voglia di prendermi in giro, eh? Principe delle periferie. Due settimane è il tempo che ci mettono loro con tutto lo staff dirigenziale riunito, affi dandosi a non so quale indagine di mercato, magari diversa da quella che hai fatto tu ieri per trovare questa ottima soluzione..."

Alessandro sorride. "Ah, certo."

"E quindi non ci resta che aspettare." Alessandro finisce il caffè e poi si dirige verso l'uscita. Tutti lo salutano con un sor riso facendogli ancora molti complimenti. Lui invece ha un unico pensiero. Andare a riposare. A festeggiare. Ed esce in corridoio e quasi salta su se stesso e sbatte i piedi insieme, late ralmente, con quel grande piacere di poter esprimere la propria felicità. Proprio in quel momento incontra Marcello, il suo gio vane concorrente. E lo saluta con un sorriso e gli fa l'occhietto. Poi si ferma. Indeciso e perplesso. Ma decide di provarci. E allunga la mano verso di lui.

"Alla prossima..." Alessandro rimane così, in attesa. Cosa farà? La stringerà? Si allontanerà senza parlare? Farà finta di darmi la mano e invece mi darà uno schiaffo? Marcello aspetta un bel po. Anche lui starà facendo del training autogeno. Stare sereno e tranquillo, tranquillo e sereno. E ci riesce. Marcello sorride. Poi allunga la mano verso Alessandro e la stringe. "Certo, alla prossima." Alessandro lo saluta e si allontana ora più tranquillo. E soprattutto, definitivamente vincitore. Questi sono i veri successi.

Cinquantatré

E via. Senza tempo festeggiare. Casa. Tranquilli. Una cosa da dire. Una cosa da bere. Una risata. Per un attimo non avere paura di nulla. Spegnere il telefonino. E perdersi senza fretta.

"M'è piaciuto da morire questo film, dai, dove c'è quella ragazzina che ha fatto Leon..."

"Ma allora è un film per ragazzi."

"Ma perché ti dai del vecchio? E poi ora anche lei è cresciuta."

"Aspetta, aspetta, cerco su Google." Alessandro va al computer lì vicino.

"Ecco è lei. La vedi? Natalie Portman. E il film è Closer..."

"Fai vedere..."

Niki si siede sulle sue gambe e si appoggia a lui, premendo un po. Ride, mentre cerca di navigare. Avanti. Indietro. Apre un'altra pagina. Una nuova ricerca.

"Ecco! C'è pure la colonna sonora. È bellissima. Aspetta che scarico il preview..."

Alessandro la guarda. È bellissima, piccola bambina divertita che corre su e giù con la freccetta e con il suo entusiasmo. Chiude gli occhi e ne respira per un attimo i capelli. E il suo sorriso. E non pensare ad altro. E questo lo preoccupa. Niki gira un po il viso verso di lui.

"Ehi, ma che fai? Stai dormendo?"

"Ma che!"

"Avevi gli occhi chiusi! Va be, guarda qui... Eccole, ce ne

sono varie... The Blower's Daughter e Colà Water sono quelle di Damien Rice, ma poi ci sono anche queste fichissime, Smack My Bitch Up dei Prodigy, tosta questa, eh? E poi queste altre due che però non conosco, How Soon Is Now e Come Closer. Sentiamo questa..." Niki clicca sulla freccetta... la canzone parte. "... Come on closer, I wanna show you what l'd like to do..."

"Bella, eh? Qui dice..."

"No, no, Alex, fai fare a me. Lo so che sai l'inglese. Ma almeno così mi preparo per gli esami. La mia prof dice che ho una buona pronuncia ma non capisco bene i significati."

Niki chiude gli occhi e ascolta attentamente... "You sit back now, just relax now, FU take care of you..." Poi clicca di nuovo sul lettore virtuale e la rimanda all'inizio. "Aspetta, eh?! Questa non vale. Ecco" e la riascolta. E questa volta non ha dubbi.

"Vieni più vicino, voglio farti vedere cosa mi piacerebbe fare... Siediti di schiena, ora rilassati, mi prenderò cura di te... ho un dubbio su quel back..." ne rimanda indietro un pezzette "Sì, dovrebbe essere così..." Il preview va avanti fino a "Hot temptations, sweet sensations infiltrating through, sweet sensations, hot temptations coming over you".

"Ti prego, ti prego, ti preghissimo, fammi riascoltare solo questo" e ride. "Ecco, se non altro posso dire di aver fatto lezione. Almeno un po ho studiato" e, mentre il lettore va in repeat, facendo riascoltare il primo minuto di quella canzone, Niki si alza e spegne le luci. Soli. In salotto. I divani in pelle bianca riflettono una lieve luce dall'esterno. Un'auto passa lontana, non si sente quel clacson, neppure il rumore del motore.

Niki apre la finestra del terrazzo. Lento respiro del vento. Poi si spoglia. Per un attimo Alessandro si preoccupa che ci sia quello del palazzo di fronte a guardare. A rubare con gli occhi cose non sue. Ma no. C'è l'amico buio. Il vestito di Niki scivola giù, leggero, lungo la pelle. Si accuccia ai suoi piedi, umile cortigiano. Niki lo scavalca con un passo lieve, piccolo. Si è tenuta le scarpe di corda, coi laccetti attorno alle caviglie. Non ha il reggiseno. Si avvicina ma resta in piedi davanti al divano.

"Mi baci?"

Alessandro si alza e le da un bacio leggero sulle labbra.

"Aspetta, voglio mettere una cosa."

Va verso la libreria, lasciandola un istante da sola. Con le gambe allargate, con la luna che la disegna come un'esile ragazza dai contorni di crema, con quel profumo leggero che viene via da lei.

Alessandro torna da Niki. È nudo anche lui. Le tira indietro i capelli con delicato amore. Niki chiude gli occhi. Una musica parte. Shes The One.

"Ti ricordi?"

"Certo, ci sono momenti che non si possono dimenticare."

Lei sorride coi suoi denti perfetti. Brillano in quella stanza in penombra. Il riflesso di un pesce che guizza veloce di notte nei mari caraibici, cambiando direzione ogni tanto, portando con sé nel profondo la luna e il suo riflesso.

"Per un attimo ho pensato che te lo fossi già infilato tu..."

"Cosa?"

"Come cosa, il preservativo."

"Non c'avevo pensato..." e l'avvicina a sé, le accarezza il seno, la stringe, la bacia. "Mmmh, buono, sai di buono..."

"Mi prendi, uomo? Mi vuoi incastrare?"

"Ancora no... ma ci sto pensando." Niki sorride e ora lo bacia con passione. E si diverte. Sì. Un bacio divertente, con la lingua, un bacio che sa d'amore e di gioco. Un bacio pieno di buoni sapori e di voglia e di mare aperto e di tanto altro ancora. Una lingua che ha sogni da raccontare. E si stendono sul divano. Niki ha le gambe incremate e tanti leggeri profumi che sembra un prato fiorito, misterioso, nascosto oltre un bosco, tutto da scoprire.

"Sembri un cerbiatto che corre e poi inciampa e cade tra i fiori e si rialza e si porta dietro foglie e petali e camomilla e margherite e viole selvagge e rose screziate ed erbe che sanno di tutto..."

Nicky sorride. "Ma che dici?"

"Dico, dico..."

"Come mai mi dici tutte queste sciocchezze, vuoi far colpo su di me? Guarda, forse non te lo ricordi, ma abbiamo già fatto l'amore..."

"Come sei sciocca, te lo dico perché a volte è così bello essere sciocchi..." E la bacia di nuovo. Già, quando t'innamori, è bello essere sciocchi... Ma il guaio è che non te ne accorgi, non te ne rendi conto... Ma, ti stai innamorando, Alex? Se lo chiede da solo. E si sente ancora più sciocco. Potrebbe quasi arrossire. Ma la penombra ti salva sempre, ti tiene al sicuro, ti fa sognare, ti fa essere sciocco.

"Ma non è che lo fai da copione, eh? A volte sembra che fai le cose studiate... non è bello. Sembra di stare in una delle tue pubblicità." Niki si stacca.

"Ti devo dire la verità... me lo ero dimenticato che avevamo già fatto l'amore."

"Sciocco." Niki gli da una piccola botta sulla schiena e poi, dolce, si lascia di nuovo baciare. Alessandro sente crescere il suo desiderio. La spinge dolcemente con la mano sul petto e lei si lascia cadere giù, lungo il divano. E sospira mentre lui le sfila le mutandine. La pelle sotto il suo corpo è fresca. Alessandro la guarda. È bellissima. E ha diciassette anni. Quattro in più della figlia di Pietro. Ma io che colpa ne ho? Colpa di Pietro che li ha fatti troppo presto. Ecco perché ha ancora bisogno di libertà... Qualcuno ha detto che c'è tempo per ogni cosa... Ma ora? Ora di quale tempo sto parlando? Cosa c'è ancora da aspettare? E una vampata improvvisa. E fame. E desiderio. E non capisco più nulla e lei mi spoglia e glielo lascio fare. E guardo fuori dalla finestra e sento altri profumi e il vicino ha le luci spente e staI

volta è lei a spingere me e lo fa con dolcezza e sorride e mi allarga le gambe e si distende su di me. Ed è spinta. Più spinta. Ahia. Lo ha fatto apposta. E coi suoi occhi grandi mi guarda da laggiù. E sorride. Ed è spintissima. Ed è bella. Ed è innocente. E mi lascio andare. E chiudo gli occhi.

E se ora entrasse Elena? Elena ha le chiavi di casa. Potrebbe."

Devo cambiare la serratura. Ma no. Che entri pure. E lei che ha deciso di andarsene. Sì, che entri pure. Anzi, magari entrasse. E

tiro Niki a me e le sorrido. E ci baciamo con voglia. E già sa un po di me. E decido di farci l'amore.

"Ehi" mi guarda preoccupata, "ma non ti sei messo niente sul serio... stai attento, eh?"

"Chissà. L'hai detto tu. Non deve essere sempre tutto da copione." Lei scuote la testa e poi mi bacia.

"Mi piaci da impazzire."

"Anche tu."

Poi un lampo. Oh no, devo assolutamente cambiare la ser ratura.

Il doppio ce l'ha anche mia madre.

Cinquantaquattro

Due settimane a volte passano in fretta. A volte sembrano non passare mai. Questa è una di quelle volte. Ma per Alessandro è piacevole riempire quel tempo non più libero, non più perso, non più regalato. Quel tempo "costretto" in attesa di un verdetto... giapponese. E cene nei posti più diversi. E scoprire Niki giorno dopo giorno. Il sapore di quella ragazza dei gelsomini, sempre così diverso, dolce, amaro, al miele, al mirtillo... al cioccolato. Dalle sfumature belle come il più capriccioso dei tramonti. Ora bambina. Ora ragazza. Ora donna. E di nuovo bambina. E a volte sentirsi in colpa. Altre così felice da averne paura. Ma paura di cosa? D'innamorarsi troppo? Che possa finire? Che tutto cambi, l'età, il lavoro, la vita fatta finora, tanto da non farcela? Ma perché, con Elena invece? Sintonia totale, mille cose fatte insieme, le stesse esperienze, lo stesso modo di vivere. Sì. Eravamo perfetti. Così perfetti da esserlo anche in quello: un fallimento perfetto. No. Manca poco ormai alla risposta del Giappone. E me li voglio godere fino in fondo. Felicità leggera. Senza pensieri. Così come viene, così come va. Sì, voglio stare in quest'onda. Alta marea. Come aveva interpretato quel pezzo Enrico? Ah sì. "Tu sei dentro di me come l'alta marea." È la paura delle profondità di ciò che crei e che non sai governare. "L'immensa paura che tu non sia mia." Grande, Enrico. Tony Costa non si è ancora sentito. Ma come mai quest'indagine va così per le lunghe? Tanto i soldi sono quelli, non è che guadagna di più tirandola avanti. L'ho chia

ìk.

mato oggi e ha detto che ci sentiamo a fine mese. Spero non ci siano problemi. Improvvisamente la voce di Niki.

"Tesoro? Ma che fai? Sei ancora in vasca? Ma sei pazzo? Io sto andando alla partita, ma te lo ricordi che oggi abbiamo la finale di pallavolo?"

"Abbiamo?"

"Va be, si fa per dire... Io e le mie amiche! Ma te lo ricordavi o no?"

"Certo che sì."

"No, non te lo ricordavi!"

"Macché! Mi sto facendo bello per te... e per le tue amiche."

Alessandro si alza improvvisamente dall'acqua. E così, anche se è tutto insaponato e pieno di schiuma, si vede lo stesso che ha voglia di lei.

"Cretino!" ride Niki e gli tira addosso un asciugamano. "Ti faccio una schiacciata lì, e vedi dove finisce..."

"Ahi!"

Niki lo guarda. Ora ha lo sguardo malizioso.

"Senti, perché non ne riparliamo dopo la partita?"

"Certi discorsi andrebbero affrontati subito..." Tutto bagnato cerca di prenderla. Niki gli sfugge.

"Alex! Ma che ti succede, ho la finale! Quando fai così sei proprio un ragazzino... e dai. Mi sono messa con te perché mi hai fatto credere che eri un uomo!"

"Rifiuto totalmente il mio ruolo paterno, il complesso di Edipo, la ricerca del papa eccetera eccetera."

"Ma tu sei fuori, il papa ce l'ho già e meno che mai lo cerco in te. Anzi, spera solo che lui non cerchi te. Io vado, va, scappo in motorino. Spero che mi raggiungerai!"

Niki esce veloce dal bagno. Alessandro le grida da lontano. "Certo che ti raggiungo, ma ehi, è la finale di quale dei tanti sport che fai?"

"Stupido!"

Alessandro apre la doccia. Cretino? Questa mi mancava... e inizia a prepararsi velocemente. E piano piano mentre si sta insieme tutto diventa normale. E di quell'amore "che rende

straordinaria la gente comune" si finisce per dimenticarsene. Presto. A volte troppo presto. Eppure Elena è ancora presente. E mentre si sciacqua, mentre un getto porta via un po di sapone, qualcosa torna. Direttamente dal passato. Quel giorno.

Per un attimo ha pensato disperato a un furto. Allora si è messo a correre trafelato per casa. No, il notebook non l'hanno preso. Neanche il televisore. Il lettore dvd è ancora lì. Continua a girare per tutte le stanze. Armadi vuoti, stampelle cadute, vestiti scivolati giù. Come mai non hanno rubato nulla di valore? Ha guardato sui comodini. E l'ha vista. Una busta. Si è avvicinato. "Per Alex." Allora ha aperto quella lettera. E l'ha letta di corsa, senza riuscire a credere a quelle parole, a quelle frasi prive di aggettivi, essenziali, povere, misere. Senza un perché, un come, un quando, un dove. E poi quell'ultima riga.

"Rispetta le mie scelte come io ho sempre rispettato le tue. Elena."

Allora lì ha capito. Ecco cos'hanno rubato. L'amore. Il mio amore. Quello che avevo costruito giorno dopo giorno, con pazienza, con voglia, con impegno. Ed Elena è la ladra. Lo ha preso e se l'è portato via, uscendo dalla porta principale di una casa che avevamo preparato insieme. Quattro anni di piccoli dettagli, la scelta delle tende, la disposizione delle stanze, i quadri disposti con la luce che seguiva il sorgere del sole. Puff. In un attimo quel divertimento, quelle piccole discussioni su come organizzare la casa, svanite. Tutto via. Mi hanno rubato l'amore e non posso neanche sporgere denuncia. Allora Alessandro è uscito nella notte, senza il coraggio di chiamare un amico, qualcuno, di andare a trovare i suoi, le persone care, sua madre, suo padre, le sue sorelle. Qualunque persona a cui poter dire "Elena mi ha lasciato". Niente. Non ce l'ha fatta. Si è ritrovato a passeggiare perso in quella Roma dei tanti film e registi amati, Rossellini, Visconti, Fellini. Le loro storie in quelle strade, in mezzo a quegli scorci. E ora Roma ha perso colore. E in bianco e nero. Uno spot triste, come uno dei suoi primi lavori. Era appena entrato in agenzia. Se lo ricorda come se fosse ieri. Era

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-Dld U[\ 'OJJOpOjd JT BAIJBduiOD UIJ BJJB OJU OOUBiq UT OJjnj

Il lacrime scendono libere e tutte insieme. E la sua guancia si!

bagna e le labbra sanno un po di sale. Un po vergognandosi[e

cerca di asciugarsi col dorso della mano. La signora se ne accorge e alla fine, un po imbarazzata, chiude la telefonata. Poi generosa e gentile si rivolge a lui.

"Che succede, ha avuto qualche brutta notizia? Mi dispiace..."

"No... è che mi sono lasciato..."

E Alessandro riesce a dirlo solo a lei, a una donna sconosciuta.

"Mi scusi, sa..." si mette a ridere continuando ad asciugarsi, tira su col naso.

La signora sorride, gli passa un fazzoletto di carta.

"Grazie." Alessandro si soffia il naso e tira ancora un po su. Poi sorride. "È che sentirla così allegra, prima, al telefono con suo marito, magari dopo così tanto tempo che state assieme..."

La signora sorride. "Non era mio marito."

"Ah." Alessandro le guarda le mani, vede la fede.

La signora se ne accorge. "Sì, lo so. Era il mio amante."

"Ah... mi scusi."

"No. Niente."

Rimangono in silenzio, così, per il resto del viaggio. Fino a Napoli. Arrivati alla stazione, la signora lo saluta.

"arrivederci e stia bene..." Sorride. Poi scende. Alessandro prende il suo bagaglio e scende anche lui. La segue con lo sguardo e, dopo pochi passi, la vede abbracciarsi con un uomo. Lui la bacia sulle labbra e le toglie di mano il trolley. Camminano lungo il binario. Poi lui si ferma, lascia il trolley e la tira su, in aria, al cielo, abbracciandola stretta. Alessandro guarda bene. Quell'uomo ha la fede. Dev'essere il marito. Certo, potrebbe essere che anche l'amante è sposato. Ma a volte le cose sono più semplici di come uno le immagina. Continuano a camminare verso la stazione dei taxi. Lei si gira, lo vede, lo saluta da lontano e poi abbraccia di nuovo il marito. Alessandro ricambia il sorriso. Poi tranquillo aspetta anche lui il suo taxi. Stringe i denti. Continua il viaggio. L'aliscafo lo porta a Capri.

Ma Alessandro il mare neanche lo vede. È blu, è pulito, è piatto. Ma sta oltre quei finestrini sporchi di salsedine e schizzi, e soprattutto grigi quasi come il suo cuore. Poi in via Camerelle, alla riunione coi giapponesi. E un respiro lungo. E improvvisamente qualcosa cambia. E quel dolore un po si trasforma. Attraverso il traduttore li diverte, li incanta, li rassicura, racconta alcuni aneddoti italiani. Si copre la bocca con la mano quando ride. Si è documentato su questa loro usanza. Loro considerano maleducato mostrare i propri denti agli altri. Alessandro è preciso. Pignolo. Preparato. Tutti con la p, quasi come perfetto. Ma una cosa è sicura. Sul lavoro non vuole deludere. Poi passa a parlare del progetto per il loro prodotto. Gli è venuto così, su due piedi. Ma quando i giapponesi lo sentono si entusiasmano, impazziscono e alla fine gli danno grandi pacche sulle spalle. E pure il traduttore è felice, gli dice che lo stanno riempiendo di complimenti, che ha avuto una grande idea, geniale. E la stoccata finale Alessandro la da quando, dopo aver salutato, porge loro il proprio biglietto da visita con entrambe le mani, esattamente come si fa in Giappone. E loro sorridono. Conquistati. Così Alessandro può tornare. Ha portato a termine il suo compito, non ha deluso nessuno. Anzi. Ha fatto di più. Ha dato un'idea nuova, un'idea che è piaciuta. Semplice. Un'idea che ha fatto sorridere. Proprio come quella vita che lui vorrebbe adesso.

Inquadratura fissa su un paesaggio. Un treno passa veloce. Interno. Una donna è seduta al suo posto, piange. Zoom in avanti. La donna continua a piangere. Lentamente, a lungo, sotto gli occhi degli altri viaggiatori che si guardano tra loro, che non sanno bene cosa fare. Il treno si ferma, i passeggeri scendono. Ognuno abbraccia una persona. Tutti avevano qualcuno ad aspettarli. Solo la donna che piangeva non ha nessuno che l'attende. Improvvisamente però sorride. Si avvicina all'auto. Il nuovo prodotto dei giapponesi. E con questa riparte. Ora è una donna felice. Ha ritrovato in quell'auto il suo amore. "Un amore che non tradisce. Un motore che non si spegne."

Quando Leonardo, il suo direttore, l'ha sentita, l'ha trovata un'idea fantastica.

"Sei un genio, Alessandro, un genio. Un vulcano di creati vità. E poi con una storia semplice, uno spot d'effetto. Una donna che piange su un treno. Bellissimo. Un po di Lelouch, La scelta di Sophie, noi non sappiamo perché piange, sappiamo solo alla fine perché ride. Grande. Sei un grande. E pensare che loro volevano che il protagonista dello spot fosse un uomo. Un uomo. Ma hai ragione, non sarebbe credibile, dove si vede oggi un uomo che piange? Su un treno, poi..."

"E già. Dove si vede..."

Alessandro esce dalla doccia e si asciuga velocemente. Poi si comincia a vestire. Sai qual è il guaio di questa vita? È che non hai tempo neanche per il dolore.

Cinquantacinque

La palla si alza. Due ragazze fingono di andare a rete. E Niki conta bene i passi. Uno, due e si alza in volo. Ma dall'altra parte due avversarie hanno già capito tutto e fanno muro. La palla schiacciata da Niki rimbalza, scivola e cade nel loro campo.

"Fiiiii."

Fischio dell'arbitro che stende il braccio tutto a sinistra. Punto degli avversari.

"Nooo!" Pierangelo, l'allenatore, si sbraccia, si toglie il cappellino dalla testa e lo sbatte sul tavolo lì vicino. Di certo ora non è distratto dalle curve delle sue giocatrici. Solo infastidito da quegli errori. Le avversarie vanno alla battuta. Proprio in quel momento la piccola porta in fondo alla palestra si apre. E in un perfetto blazer blu con i pantaloni celesti scuri, leggermente spinati, e una camicia a strisce azzurre, blu e bianche, con ancora addosso il profumo della doccia, ecco arrivare Alessandro. Sorride. Ha in mano qualcosa. Niki lo vede e sorride anche lei. Poi fa una piccola smorfia come a dire: e meno male che sei arrivato !

Da quel momento è come se un incredibile portafortuna fosse finito nella tasca dell'allenatore. Quella squadra non può perdere. E battute e muri e bagher e palle alzate e ancora schiacciate e schiacciate e schiacciate. E un incredibile gioco di squadra. E alla fine... punto!

"Vince per venticinque a sedici il Mamiani!"

Le ragazze urlano e si abbracciano e saltano tutte insieme,

ognuna poggiata con le braccia sulle spalle dell'altra. Ma alla fine Niki passa sotto, si sfila e fugge. E corre come una pazza, ancora lucida e tutta bagnata di sudore, e gli salta addosso, stringendo le sue lunghe gambe intorno ai fianchi di Alessandro perfettamente di lino vestiti.

"Abbiamo vinto!" e lo bacia a lungo, lei dolcemente salata.

"Non avevo dubbi. Tieni, questa è per te." Alessandro le da un pacchetto. "Tienilo così, in posizione verticale."

"Cos'è?"

"È per te... anzi per lei."

Alessandro sorride mentre Niki apre velocemente il regalo.

"No... troppo bella... una pianta di gelsomino..."

"Non potevi non avere qualcosa di tuo... ragazza dei gelsomini..." e continuano così, si baciano senza accorgersi di niente, della gente che sfila loro vicina, vincitori e vinti di una finale importante, ma in fondo non così importante... Poi Alessandro non ce la fa più a tenerla e cadono tra le sedie delle tribune. E non si fanno male. E ridono. E continuano a baciarsi. Non c'è niente da fare. A volte l'amore vince proprio su tutto.

Cinquantasei

Poco più tardi. Casa di Alessandro. Dopo che si è ripreso il discorso della doccia, della schiuma... insomma, dopo. Niki esce dal bagno con l'asciugamano arrotolato sulla testa, ancora calda di vapore e non solo di quello, con le guance rosse e un'aria morbida, da dopo amore.

"Alex, ma cos'è questo?" Mostra un foglio con il disegno in pianta di tutto il salotto, con mobili, poltrone e tavolini. Alessandro lo guarda.

"Ah, questo..." In realtà se ne ricorda perfettamente. Come può dimenticare? La litigata al telefono di Elena con il commesso, lo sconto che lui non aveva voluto fare e poi tutte quelle altre telefonate, le discussioni sul ritardo della consegna di quel mucchio di ingombranti e costosissimi mobili. Sono tutti disegnati lì, su quella piantina. E soprattutto, a tutt'oggi, non sono ancora arrivati.

"Ehm... questo... Questo è il disegno del salotto..."

"Ma questi mobili c'erano prima?"

"No. Ci saranno dopo..."

jir

"Cosa? Ma non ci credo! Ma sono orribili! Ti appesantisiscono tutto." Alessandro non ci crede. È la stessa cosa che ['aveva detto lui a Elena. "Cioè, poi la casa è tua, fai come ti pare, i,eh..." E questo è esattamente il contrario di quello che Elena gli [aveva detto allora. Alessandro sorride. f"Hai ragione... peccato." '"Peccato? Ma li hai pagati?"

!

L.

"No. Li devo pagare alla consegna."

"Che doveva avvenire..." Niki riguarda il foglio, "quattro mesi fa? Ma tu puoi disdire tutto e richiedere anche la caparra, forse la puoi pure raddoppiare per danni. Chiama subito! Dai, te lo faccio io il numero..."

Niki prende al volo il bellissimo cordless sopra l'unico tavolino dello spazioso salotto e compone il numero del negozio di arredamento, scritto a mano in un angolo della pianta. Aspetta che squilli, poi sentendo rispondere lo passa ad Alessandro. "Parla, parla..."

"Arredo Casa Style, desidera?" Alessandro guarda i fogli che ha sottomano e trova sottolineato il nome: Sergio, il commesso che li ha seguiti.

"Ehm, sì, pronto, cercavo Sergio. Sono Alessandro Belli... In via..."

"Ah sì, sono io, certo mi ricordo. Mi scusi moltissimo, i suoi mobili non sono ancora arrivati perché c'è stato un problema su nel Veneto. Ma stanno partendo. E arriveranno sicuramente entro la fine del mese..."

"Mi scusi, Sergio, ma io non li voglio più."

"Ma come, se la sua signora... abbiamo discusso tutto un giorno... alla fine mi ha costretto pure a farle lo sconto, che mi è vietato dai proprietari. Ho dovuto discutere anche con loro..."

"Ecco, li tranquillizzi. Non mi deve fare assolutamente nessuno sconto. Sono scaduti i termini. Ma non voglio fare cause. Rivoglio indietro solo la mia caparra. Grazie e arrivederci" e chiude senza lasciargli il tempo di rispondere. "Questo l'ho imparato da te" sorride a Niki. E poi respira. Rilassato, soddisfatto, un sospiro e un sapore di libertà mai provato prima. Niki lo guarda. Poi guarda il salotto. "Meglio così, no?"

"Meglissimo."

"Non si dice meglissimo."

"In questo caso sì e poi la tua Bernardi non mi sente." Alessandro la tira a sé e l'abbraccia. "Grazie."

"Di che?"

"Un giorno te lo spiegherò."

"Come vuoi tu."

Si abbracciano. Si baciano. Poi Niki si alza. "Senti, se ti va, uno di questi giorni ti accompagno in centro, quando andrai a sceglierti i mobili nuovi" poi va verso il bagno a vestirsi. "Ma robetta leggera, eh? E solo se ti va. Sennò fai da solo, ci mancherebbe." Niki entra in bagno ma esce subito dopo. "Comunque, visto quello che stavi per combinare... io mi porterei, fossi in te!" Poi lo guarda seria un'ultima volta. "E comunque la casa è tua, no?"

"Certo."

"Quindi se mai dovesse ricapitare... anche se spero proprio di no... ricordaglielo..." e sparisce definitivamente nel bagno.

Alessandro compare sulla porta.

"Non capiterà."

"Credi?"

"Ne sono sicuro..."

"Come del fatto che non avresti mai avuto a che fare con una minorenne?"

Alessandro sorride. "Be, quello era il mio sogno."

"E certo" Niki si infila la maglietta, "perché ti fa fare un tuffo nel passato!"

"Be, mi fa fare tanti tipi di tuffi! Dai, muoviti, che andiamo a mangiare qualcosa fuori."

Niki s'infila i pantaloni e lo guarda.

"Ah ah... guarda che non è l'età a fare una donna. Spostati" lo spinge da parte, "voglio proprio vedere cos'hai in cucina. Stasera ceniamo a casa."

Alessandro rimane sorpreso. Felicemente sorpreso. Poi torna in salotto e mette un ed. Save Room, John Legend. Si allunga sulla chaise longue. Alza un po il volume col telecomando. Chiude gli occhi. Che bello stare con una ragazza così. Fosse solo un po più grande... un po. Non dico tanto, un tre-quattro anni, almeno superare i venti. Avesse almeno finito scuola. Tempo. Tempo al tempo. Cavoli, certo mi ha

aiutato molto sul lavoro... E poi quando siamo io e lei... Dalla cucina si sente la voce di Niki.

"Pasta corta o lunga?"

Alessandro sorride. "Che c'entra, dipende con cosa, no?... va be, corta."

"Ok!"

Alessandro si rilassa di nuovo. Si lascia andare ancora di più. Musica lenta. Più lenta...

"Alex?"

"Sì?"

"È pronto... ma ti eri addormentato? Ma sei incredibile! Dodici minuti. Il tempo di cottura."

"Non dormivo. Sognavo te" entra in cucina, "e quello che potevi aver preparato. Uhm, profumino niente male. Mi sembra buono. Ora vediamo."

"Che cosa?"

"Se sei un'abile truffatrice o un'abile cuoca."

Alessandro si siede a tavola. Nota che in un piccolo bicchiere di vodka c'è un fiorellino appena colto dal terrazzo. Due candele accese vicino alla finestra rendono più calda l'atmosfera. Alessandro assaggia un rigatone di quel primo curioso. Chiude gli occhi. Si perde in quel sapore, delicato, vero, completo. Insomma, veramente buono.

"Ehi, ma è fantastica. Cos'è?"

"Io la chiamo la Carbonara contadina. È una mia invenzione ma va perfezionata."

"Cioè?"

"Nel tuo frigo mancavano alcuni ingredienti base."

"A me sembra da sogno così."

"Perché ancora non l'hai provata perfetta. Mancano le carotine fatte tutte a fettine e un po di scorza di limone..."

"Pure? Be, trovare una bella ragazza, per giunta non troppo matura, che sa già cucinare così, è un sogno."

"Quello che stavi facendo prima?"

"No, di più. Non ero capace di sognare così tanto."

"Comunque rasserenati, Alex... so fare solo due piatti.

L_

Quindi, quando avrai provato anche il secondo si ricomincia..."

Alessandro sorride e continua a mangiare quella strana Carbonara contadina. Elena non mi aveva mai fatto nulla di simile. Sì, certo, magari qualche insalata fredda, con strani sapori, lamponi o frutti di bosco, pistacchi saltati o melograno... E poi qualche piatto ricercato francese e costoso. Tanto... Tanto i soldi non erano suoi. Ma mai niente di cucinato. Mai il sapore della cucina, del vapore, del soffritto nella padella, della pasta saltata col sugo. Di quel cucinare che sa tanto d'amore.

Niki apre una bottiglia di vino. "La mia Carbonara contadina va con il bianco. Ti va bene?"

"Benissimo."

"L'ho fatto freddare un po nel freezer."

Alessandro tocca la bottiglia. "Ma è già così fredda!"

"Basta passare la bottiglia sotto l'acqua prima di metterlo dentro il freezer ed è fatta."

"Le sai tutte, eh?"

"Ho visto mio padre che lo faceva."

"Brava... hai imparato tante altre cose da tuo padre?"

Niki gli versa da bere.

"Come non farmi fregare in certe occasioni."

Poi si versa da bere anche lei. Alza il bicchiere. Alessandro si pulisce la bocca e prende il suo. Li sbattono leggeri. Un suono di cristallo veneziano riempie l'aria, invade la cucina.

Niki sorride. "Mi sa che quella lezione però non l'ho tanto capita." Poi beve e lo guarda intensamente. "Ma ne sono felice..."

E continuano a mangiare così, chiacchiere leggere e tranquille. Un'insalata viene condita. Pezzi di vita passata, di film complicati, di film d'autore, di paura. Una pesca viene sbucciata.

"E pensa che, quando avevo quindici anni ed ero in America, sono andato coi miei amici a vedere Madonna. Era una ventenne grassa e sconosciuta."

"Io invece l'ho vista l'anno scorso all'Olimpico con Olly e Diletta... Erica non è venuta perché Giorgio ha fatto un casino con i biglietti... È una quarantottenne magra e famosa..."

E ancora stralci di vita passata, e soprattutto passata lontani uno dall'altra. Piano piano. Uno dopo l'altro. Pezzi di un puzzle colorato, divertente, anche doloroso a volte, difficile da raccontare. E come tasselli oliati s'incastrano emozioni, piccole verità, qualche bugia leggera, qualcosa che non si è capaci di raccontare neanche a se stessi.

Niki si alza e inizia a lavare i piatti. Alessandro la ferma.

"Domani viene la signorina, lascia pure stare... Andiamo di là. Magari ci vediamo un bel dvd."

In quel momento suonano al citofono. Niki si butta sul divano.

"È arrivata prima la signorina?"

Alessandro va verso la porta. "Non so proprio chi possa essere." Ma un'idea ce l'ha. Elena. Ed è terrorizzato. Non vorrebbe mai trovarsi in una situazione come quella. Ma come quella quale, Alex? Tu non le devi proprio nulla. Be, se non altro non è salita con le chiavi. Forse ha pensato che dopo ben tre mesi tu potresti avere qualcuno, no?

"Sì, chi è?"

"Alex, siamo noi, Enrico e Pietro."

"Che succede?"

"Una cosa molto importante. Possiamo salire?"

"Certo." Alessandro apre il portone.

"Chi era?" chiede Niki, saltando da un canale all'altro.

"Due amici."

"A quest'ora?"

"Eh." Alessandro guarda l'orologio. "Sono le nove e mezza."

"Eh, così presto passano? Neanche alle medie!"

Suonano alla porta. Alessandro va ad aprire.

"Ehi, ciao bello" Pietro lo abbraccia, poi fischia e prova a toccarlo lì sotto. "Che combini col mostro?!"

"E dai, e stai fermo!" Alessandro si ricompone. Poi parla più piano, quasi sottovoce. "Non sono solo... Venite che ve la presento."

I due lo seguono. Pietro guarda Enrico. "Ma sarà?..."

I

"No. Non può essere. Dopo quello che è successo con noi..."

"Ancora non hai capito tu, eh? Le donne sono un discorso senza ragione e tu invece la vuoi trovare per forza."

"Tutto quello che vuoi, ma non può essere lei."

Alessandro entra in salotto seguito dai due amici.

"Ecco, vi presento Niki."

Da dietro il divano, pian piano, salendo a piedi nudi sui cuscini, affiora Niki.

"Ciao! Volete mangiare qualcosa? Ho fatto un po di pasta..." scavalca il divano con un salto. "Un po di vino? Una Coca? Un rum? Insomma una cosa che c'è?"

Enrico guarda Pietro. Fa un sorrisetto soddisfatto come a dire: "Hai visto? Non è lei". E poi gli dice piano "Non c'hai preso".

"Di che cosa state parlando?" Alessandro si avvicina incuriosito. Ma proprio in quel momento squilla il telefonino di Niki. Lei scavalca di nuovo il divano e raggiunge la sua borsa poggiata su una sedia.

"Pronto, sì..."

"Ciao, Niki, sono mamma. Sei con Olly?"

"No. Sono con altri."

"Infatti ti ha chiamato e ti cercava."

"Guarda che glielo avevo detto che uscivo con altre persone. È che Olly è sempre gelosa."

"Sei da sola con qualcuno?"

"Nooo... Te lo assicuro, siamo in tanti."

"Non ci credo."

"E dai mamma, mi vergogno..." Niki capisce che non ne uscirà. Copre subito il microfono. "Ehi, scusate, ma mia Imamma è un po paranoica. Potete fare un po di casino tutti

finsieme? Così da farle capire che siamo in tanti?"

I:Pietro sorride. "Certo, come no?"

sNiki fa appena in tempo a levare la mano che subito Pietro,

iAlessandro ed Enrico cominciano a fare casino. "Dai, allora che

s"facciamo? Andiamo a prendere gli altri?" "Sì, c'è una festa

dalla mia amica Ilaria, anzi no, da Alessandra!"

Niki fa segno che così è ok. Poi si allontana un po e continua a parlare con sua madre.

"Allora? Sei contenta? Hai visto quanta gente c'è? Mi fai fare una figura da deficiente. Ma quand'è che avrai un po di fiducia in me? Forse quando crescerò e avrò cinquantanni?"

"È che ne succedono così tante in giro... Niki, è il mondo attorno che ci toglie fiducia..."

"Invece devi stare tranquilla, mamma, sto bene e torno presto a casa."

"Pensa che tuo padre è convinto che tu abbia un nuovo ragazzo che appartiene a un altro giro..."

"Be, rassicura anche lui. Sono a caccia e tra i soliti!"

"Niki..."

"Sì, mamma?"

"Ti voglio bene."

"Anch'io e non voglio che ti preoccupi." Chiude il telefonino. Lo guarda per un attimo. Un pensiero dolce, nonostante tutto. L'idea di averla scampata da un lato. Il piacere che lei ci tenga così tanto dall'altro. Sorride tra sé e torna di là.

"Grazie, eh... Siete stati troppo gentili!"

Pietro sorride e allarga le braccia. "Figurati!"

"Ma sì, che vuoi che sia" lo segue Enrico.

"Sicuri di non volere nulla da bere?"

"No, no, sul serio."

"Ok, allora visto che non danno nulla in tv e anche il satellite è moscio, esco un attimo e vado al Blockbuster all'angolo a prendere un dvd. Tanto chiude alle undici. Alex, preferenze?"

"Quello che vuoi tu."

"Ok. Volete che vi porti un gelato?"

"No, no, lascia stare." Pietro si tocca la pancia. "Come vedi, già dato."

"Siamo a dieta..."

"Ok, a tra poco allora." Niki esce, chiudendosi la porta alle spalle.

Pietro si mette subito le mani tra i capelli. "Gelato?! Cavoli, altro che gelato! Le avrei detto: portami subito una delle tue amiche, una qualsiasi, basta che sia come te!" "Ma quanti anni ha?" chiede Enrico. Alessandro si versa da bere. "È giovane." Pietro si avvicina e prende anche lui un bicchiere. "A Enrico, ma che ti frega quanti anni ha, è una strafica!" "Pietro!"

"È pure meglio delle russe, di tutt'e due insieme!" Si versa subito anche lui da bere. E si scola un whisky, tutto d'un colpo. Poi eccitato come un pazzo "Ti prego, ti prego, dimmelo lo stesso, anche se non è importante... ma quanti anni ha questa Niki?".

"Diciassette."

Pietro si lascia cadere sul divano. "Oddio, mi sento male... Che culo, che culo!" "Ma chi?"

"Lei, tu, non lo so... non ho parole!" Poi si rialza di botto dalla spalliera. "Alex!" "Eh."

"Ma con una diciassettenne non è che si va in galera, vero?" "A sedici."

"Ah sì. Allora mi piace ancora di più, godo solo all'idea." "Pietro, lo sai vero che sei malato?"

"Mai detto il contrario. Mi ha preso il cervello da piccolo. Anzi, da quando sono nato. D'altronde è la prima cosa che ho visto e non sono più riuscito a dimenticarla..."

Enrico gli da una spinta. Poi incuriosito anche lui. "Ma come il'hai conosciuta? E una modella degli spot?"

f"Macché. Abbiamo avuto un incidente."

|Pietro scuote la testa.

ij"Doppio culo. Ecco perché non ti si vede più tanto in giro.

|Le cene, le feste, l'altra sera per i quaranta di Simone... Ecco

jdove ti eri perso."

'¦y"No, forse mi sono ritrovato. La sapete una cosa? Non sono

mai stato così bene."

"E ti credo..." Pietro lo indica. "E chi sta meglio di te? Sei pure fortunato che hanno inventato il viagra. Quella magari ci crede pure che sei così. Normalmente..."

"Ma quanto sei cretino. A parte che non lo prendo e non ne ho bisogno... Sto parlando d'altro. E una sensazione completamente nuova. Mi sento me stesso. Anzi. Forse sono me stesso per la prima volta in vita mia. Forse mi ero sentito così solo a diciotto anni, nella mia prima storia."

Pietro si alza dal divano. "Dai, Enrico, andiamocene, lasciamolo in questo suo paradiso... comunque non ci credo che non prendi il viagra."

"Ancora?"

Pietro lo guarda.

"Ehi, senti... ma non è che siete amici e basta, cioè..." e fa con pollice e indice una strana pistola che fa girare nel vuoto come a dire "... Non è che non fate niente?".

Alessandro lo prende e lo inizia a spingere verso la porta del salotto. "Forza fuori, fuori! Non ti rispondo neanche."

"Ah, vedi, mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano."

"Sì, sì, pensa quello che vuoi." Alessandro apre la porta.

Sono già sul pianerottolo quando Enrico li raggiunge. "Io e te ci dobbiamo sentire a fine mese per quella storia..."

"Certo."

Poi Alessandro li guarda tutti e due per un attimo.

"Piuttosto. Ma voi due perché siete passati? Avevate detto per una cosa importante..."

Enrico e Pietro si guardano per un istante.

"No, è che non vedendoti più in giro, in più ti sei lasciato da poco con Elena, insomma non sapevamo come stavi..."

Alessandro sorride. "Grazie. Ora lo avete capito, no?"

Pietro prende Enrico per la giacca e lo tira dentro l'ascensore. "Eccome se lo abbiamo capito. Stai una favola! Forza, andiamo... Lasciamolo al suo Eden. Ah, mi raccomando, chiedile se ha un'amica."

Alessandro sorride e chiude la porta. Pietro preme T. Le porte dell'ascensore si chiudono. Pietro si guarda allo specchio.

L-

Si sistema meglio la giacca. Enrico si appoggia alla parete dell'ascensore e lo guarda riflesso nello specchio.

"Abbiamo fatto bene a non dirglielo?"

Pietro incrocia il suo sguardo riflesso nello specchio. "Non so neanche di che parli..."

"Del fatto che ieri sera..."

"Lo so benissimo. Era per dire che è stato meglio così. Come se nulla fosse mai successo. Vuoi per caso rovinargli il suo Paradiso?" ed esce senza aspettarlo. Sale nella sua auto. Enrico lo raggiunge.

"No, certo. Quindi non lo saprà mai."

"Forse sì, forse no" risponde Pietro aprendo il finestrino. "La vita ci risponderà. E sempre e solo una questione di tempo. Non mettere fretta alla vita" e parte lasciandolo lì. Enrico sale sulla sua macchina. È vero. È solo questione di tempo. Anche per lui ora è tutto più facile. C'è già una scadenza. Fine mese. Sì, a fine mese saprà tutto. E non avrà dubbi. Paradiso. O Inferno.

Cinquantasette

Stanza indaco. Lei.

Improvvisamente. Bip bip.

"Amore mio, domani vengo a prenderti alle Ho una sorpresa x te. Dici sempre ke non sono romantiko. Ma x il ns anniversario ti stupirò!"

Lei legge il messaggio. È vero. Domani sarà il nostro anniversario. Il primo. Cavoli. Ma stasera non possiamo fare tardi, domattina c'è il compito alla prima ora. Me lo sento, mi verrà sonno. Uffa. Oggi pomeriggio devo comprargli un regalo. Sonno? Devo? Un regalo? Ma che dici? Ehi, pssst, te lo ricordi, vero? È quello per cui morivi l'anno scorso. Quello con le spalle larghe e gli occhi buoni. Quello che piace tanto a tua mamma e tua zia. Capito? È quello... quello. E oggi è un anno che state insieme. Dovrebbe essere "voglio comprargli un regalo" anzi "il" regalo. E chi se ne frega se facciamo le sei del mattino? Già, dovrebbe essere così. Tutto un chi se ne frega. E felicità e follia e voglia di correre, di gridare... E di straamare. E invece no. Ma perché sto così? Penso a dormire invece che essere contenta di uscire. Lo voglio amare. Ma no, no. Non si dice così. Si dice "lo amo" e basta. La ragazza corre nella sua stanza e apre l'armadio. Una, due, tre, quattro stampelle con sopra degli abiti corti e carini. Ma quello che manca non è la scelta. E il desiderio di essere bella per lui. Poi li guarda a uno a uno. Li sfiora con la mano. Si sofferma un po su quello grigio e blu, a piccoli disegni orientali. Quello che preferisce. Prova a immaginarsi vestita

così davanti a lui, al ristorante. Prova a scovare nella sua fanta sia un regalo da comprare. Ma non c'è gioia. Non c'è brivido. Non c'è nulla. Silenzio. Paura. Buio. E allora piange di rabbia. Piange perché non prova quello che vorrebbe. Piange perché a volte non c'è colpa e non vorresti far soffrire nessuno ma ti senti cattiva, irriconoscente. Domande, troppe domande per nascondere l'unica verità che già conosce. Ma ammetterla è un'altra cosa. Ammetterla significa girare l'angolo e cambiare strada. Poi si cerca. Si guarda allo specchio. Ma non si trova. C'è un'altra.

Cinquantotto

Drin. Drin. Drin. Il citofono continua a suonare allegramente. Alessandro si scuote e scivola quasi giù dalla chaise longue. Tocca con la mano il parquet e si alza, correndo verso il citofono.

Drin. Drin. Drin. Tiene quasi il tempo.

"Che è? Che succede?"

"Alex, sono io, mi apri?"

Alessandro preme due volte il tasto e torna in salotto. Ma che ore sono? Le dieci e un quarto. Ha dormito mezz'ora circa. Alessandro apre la porta proprio mentre arriva Niki. Ha ancora il fiatone.

"Sono salita a scale per tenermi in allenamento... Ma che facevi? Dormivi, eh?!"

"No, stavo un po di là" cerca di giustificarsi, "stavo un po navigando in Internet..."

"Ah sì..." Niki si sporge e vede che nello studio è tutto spento. "Hai già chiuso anche il pc?"

Alessandro l'abbraccia e subito la tira a sé. "Certo, lo vedi... sono velocissimo..." Poi la bacia. "Che film hai preso?"

"Closer."

"Ma dai. Quello della musica... Non l'ho visto."

"È un po forte. Ho un'idea. Perché non ci mettiamo a vederlo sotto le lenzuola?"

"Ma perché, è un film spinto?"

"Che porco che sei! Ma no, a parte che un po spinto lo è,

ma non è per quello... Mi piace l'idea che ce lo vediamo lì sotto, come se fosse casa nostra..."

Alessandro la guarda. Improvvisamente sorpreso. Niki fa una smorfia.

"Sì, lo so, è tua, è casa tua... ma io volevo dire come se ci abitassimo insieme, insomma come se fossimo proprio una coppia, capito?"

Alessandro sorride.

"Guarda che ti volevo dire solo... che sei bellissima..."

Niki sorride. Poi va in camera da letto. Si spoglia velocemente. Giù pantaloni, mutandine, via la maglietta, il reggisene, via i fantasmini. Va veloce al televisore, infila il dvd nel lettore lì sotto. Ma quando sente che Alessandro sta arrivando, si copre il seno e corre via veloce, fa un salto e si infila nel letto. Si copre fino al mento con il lenzuolo. Poi prende il telecomando.

"Vuoi vederlo in inglese?"

"No, grazie. Già domani ho riunione con i tedeschi."

"Ok, allora italiano. Dai, sbrigati, ho già premuto il tasto, sta partendo il film."

Alessandro si spoglia velocemente e s'infila vicino a lei.

"Bravo, hai fatto appena in tempo. Inizia proprio adesso."

Niki si struscia a lui, gli si avvicina, gli poggia i piedi freddi sulle sue gambe calde, il seno morbido e piccolo sul braccio. Poi i titoli, qualche immagine, dialoghi divertenti, realisti. Poi una foto, una canzone, una storia d'amore che sta per cominciare. Un acquario. Un incontro. Poi tutto diventa un po confuso. La mano di Niki lentamente scivola leggera tra le lenzuola. Giù. Più giù. Lungo il suo corpo. La sua gamba... E gioca e scherza e sfiora e tocca e non tocca. E poi più su, sulla sua pancia. Alessandro si agita. Niki ride e sospira, e calda si avvicina, e accavalla una gamba e l'appoggia su quelle di lui. E le mani si moltiplicano, come un desiderio improvviso che diventa una storia d'amore. Inventata, sognata, suggerita da un semplice film, e poi improvvisamente vera, come tutte quelle mille parole che un letto può raccontare sul serio. E in un attimo, quei momenti sono per sempre, forse un giorno dimenticati, ma per ora, per sempre.

Più tardi. Ancora più tardi. Niki si gira dall'altra parte e fa per scendere dal letto. Ma qualcosa scricchiola. Alessandro si sveglia.

"Ehi... dove vai?"

"Sono le due. Avevo detto ai miei che tornavo presto. Spe riamo solo che non siano svegli. Questa volta ti sei addormen tato, eh? Non puoi negare, amore..."

"Cosa hai detto?"

"Senti, non rompere."

Niki inizia a raccogliere i vestiti, un po imbarazzata.

"No, no, aspetta, aspetta..." Alessandro si siede sul letto, con le gambe incrociate, coperte dalle lenzuola. "Ripeti l'ultima parola..."

Niki lascia cadere di nuovo tutto per terra e sale sul letto. Si mette con le mani sui fianchi, a gambe larghe, in piedi, e lo guarda da lassù.

"Mi spiace. Ho deciso. E hai sentito bene. Scusa ma ti chiamo amore."

Cinquantanove

Ha comprato un bel giubbotto, nuovo, di jeans chiaro, un Fake London Genius. Ne aveva tanto sentito parlare. Ha i capelli con sopra quel gel blu che portano un po tutti giù ai Giardinetti. Un po di gommina non guasta mai. Lo canta anche quel rapper, come si chiama, non è poi così famoso. Fabio qualcosa. Forse ci sarà un tempo per ricordarselo. Chissà... Mauro si guarda riflesso in una vetrina. È così un boro di periferia? Mah... Mi sono messo pure l'orecchino grosso, quello di brillanti. Lo porto solo in curva, a vedere la "magica". A casa non piace. Mia madre rompe. Mio padre l'unica volta che me l'ha visto s'è messo a ridere come un pazzo, stava mangiando e manca poco che si strozzava. Mio fratello Carlo l'ha dovuto prendere a pacche sulla schiena. Mia sorella piccola Elisa un altro po piangeva. "A frocio" m'ha detto papa quando s'è ripreso. Ha bevuto un sorso d'acqua ed è uscito, sbattendomi addosso con la spalla, come fa lui quando prova fastidio. Fastidio. Prova fastidio per me. Solo per me. Lo vedo da come mi guarda, sempre, quando esco la mattina. Quando rientro. Quando mangio. Una volta me so svejato e l'ho trovato vicino al letto, seduto sulla grande poltrona dove di solito dorme Elisa. E mi guardava. Mia sorella era a scuola. E anche Carlo era già al lavoro. Mamma a fare la spesa. Lui invece era lì. Su quella poltrona. E mi fissava. Quando ho aperto gli occhi, e l'ho trovato lì, per un attimo m'è sembrato un sogno. Poi ho realizzato e l'ho salutato. "Ciao, pà." Ho pure sorriso. Mica facile che ridi

subito quando te sveji. Allora lui si è alzato. S'è grattato con la sua mano ruvida la guancia. E la barba non fatta. Non ha detto niente ed è uscito. Niente. Non mi ha detto niente. Ci penso spesso a quella mattina. Chissà da quanto tempo era lì a guardarmi.

Mauro si specchia ancora nella vetrina, si sistema la camicia, si pettina quel poco che può i capelli murati. Gira la faccia dall'altra parte. Un po di barba incolta fa boro? Boh. Vallo a sapé. Valli a capì questi. Ner dubbio l'ho lasciata pascola. Sorride dei suoi pensieri. Poi si sistema il pacco davanti. Una mossa alla John Travolta. Vedi mai portasse fortuna. Certo che pé esse boro è boro... John dico. È stato un boro internazionale. E poi io c'ho lui. Si batte la mano sulla tasca interna del giubbotto. L'orsino Totti è lì. Con un sorriso e un sospiro di fiducia, Mauro spinge la porta di vetro ed entra nell'edificio.

"Destra, sinistra, ecco, dividetevi per gruppi, così. Bruni di qua, biondi di là." Una signorina sta smistando in maniera veloce e decisa i ragazzi appena arrivati. "Allora, mi raccomando. Preparate una foto con scritti dietro numero di telefono, età, zona dove abitate e la vostra altezza." Un ragazzo alza la mano. "Sì, dimmi, che c'è?"

"No, lei prima ha detto bruni di qua e biondi di là, no? Ma io che so, castano?"

La ragazza sbuffa e alza gli occhi al cielo. "Ecco... allora, castani e similari, rossi compresi, sempre coi biondi, ok? Altra cosa. Se per caso riuscite a risparmiar domande di questo tipo, vi giuro che ve ne sarò riconoscente."

Due bori bruni rimasti nella stanza si guardano e ridono. "Ahò, allora un'ultima domanda. Che c'hai una penna?" "Anche per me." La ragazza prende alcune penne, le lascia sul tavolo e si allontana. I due bori la guardano.

"Oh, ma mica ha detto in che modo è riconoscente, però." "No, però quella c'ha 'na voglia. Roba che se te la fai, poi te è riconoscente a vita!"

"Ahò, e quando te la stacchi più."

L

"E 'nnamo, no?" e si danno un sonoro cinque, soddisfatti della battuta ben riuscita. Alcuni ragazzi si siedono sul bordo di un divano. Uno si appoggia al muro. I bori iniziano a scrivere dietro le foto tutti i loro dati. Mauro scrive veloce. Lui lo aveva già fatto. O meglio sapeva che si faceva così. Lo aveva visto fare da Paola. Mille volte. Ma non sapeva che delle foto costassero così tanto. Duecento euro per una mezz'ora di foto. Mauro consegna per primo. Poi si da una bottarella alla tasca e parla piano all'orsino Totti, per portarsi fortuna. "Ahò... E speriamo che siano soldi bene investiti..."

La ragazza prende alcuni fogli sparsi sulla sua scrivania insieme alle foto che la sua assistente ha raccolto e messo in una cartellina. Poi, prima di entrare in una stanza più grande, si gira. "Voi aspettate qui."

"E certo..." fa un boro. "'Ndo scappamo? Mo che avemo fatto gli scritti... Non vedemo l'ora de fa gli orali..."

La ragazza scuote la testa ed entra in un'altra stanza.

Mauro li conta. Saranno una decina. Pochi. Pensavo di più. Oh, poi quello che conta è che ci sono io. Uno su dieci ce la fa. Era così la canzone? Boh. Gli viene da ridere. Si sente sicuro. Ma sì, io so mejo di questi. Li guarda uno per uno. Anvedi quello. I capelli lunghi non vanno più. E guarda questo. Ma 'ndo vai? Ancora coi capelli dritti. Ma che, te sei preso paura? Mauro studia il look di tutti. Uno è venuto addirittura in giacca e cravatta. Tipico boro, eh? Ma so finti da morì. Il boro deve esse coatto. Se se mette la giacca, minimo minimo deve vestì con la retina sotto... Nun ce se po sbajà. Mauro si apre il giubbotto e si tocca la sua, bianca, mezza plastificata, perfetta. Aderente. Che se vede la "tartaruga" sotto. Così ha da esse l'uomo, senza fronzoli. L'uomo ha da puzza. La ragazza esce di nuovo.

"Allora... Giorgi, Maretti, Bovi e tutti gli altri biondi e castani possono andare. Le foto le teniamo comunque per ogni altro tipo di lavoro. Grazie di essere venuti."

I biondi, i castani e i rossi escono dalla stanza mugugnando. Qualcuno scappa più veloce tenendo sotto il braccio una cartelletta. Magari ha qualche altro provino da fare. Sono rimasti

solo Mauro e il tipo in giacca e cravatta. Mauro lo guarda. Che te lo dico a fa, pensa. Mauro si siede accovacciato sul bracciolo della poltrona. Nella stanza del manager le tapparelle vengono tirate su. Da dietro il vetro trasparente compare una bella donna. È bionda, ha un viso sereno, i capelli leggermente raccolti. Deve avere circa trent'anni. È una bella donna, pensa Mauro, mica male. Dev'esse la capa. Mauro si sporge un po dalla poltrona per cercare di leggere il nome sul cartellino della porta. Elena e qualcos'altro. Bel nome. La donna dice qualcosa alla sua assistente che le fa cenno di sì. Poi lei esce dalla stanza e si chiude la porta alle spalle.

"Allora, ha detto se vi potete mettere in piedi qui al centro della sala..." Mauro e il tipo in giacca e cravatta si portano al centro. "Qui, su questo tappeto rosso, grazie."

Solo ora Mauro si accorge che il tipo in giacca e cravatta ha i capelli molto scuri, lunghi dietro la testa, raccolti da un elastico. Sembra quasi una pettinatura giapponese. Ma è oleosa, e il suo colorito è scuro, e le sopracciglia folte. Ora sono vicini. Il tipo è un po più alto di lui. Ha le spalle più larghe. Tiene le gambe appena aperte e ondeggia verso il vetro con il bacino. Mastica una gomma e sorride alla donna dall'altra parte. Anche la donna sorride e si va a sedere alla sua scrivania. Il tipo si gira verso Mauro e sorride anche a lui. Anzi peggio. Gli fa l'occhietto. Sicuro. Troppo sicuro. Dalla stanza Elena fa un cenno con la mano alla sua assistente, facendole segno di rientrare. Mauro si risiede sul bordo del divano e guarda attraverso il vetro. Vede che Elena ha preso la sua foto. Ecco. La mia foto... Elena ci batte sopra con la mano. Sembra convinta. Poi la sua assistente le dice qualcosa. Elena allora guarda di nuovo le due foto. Sembra indecisa. Poi osserva ancora oltre il vetro. Mauro se ne accorge e distoglie subito lo sguardo. Si gira dall'altra parte. Così vede il tipo sprofondato nell'altra poltrona, con una gamba poggiata sul bracciolo, che dondola, mostrando sotto i jeans scuri uno stivale con degli intarsi lucidi laterali. Mauro si gira di nuovo verso la stanza. Vede che Elena strappa una foto. La vede cadere nel cestino sotto il tavolo, vicino a quelle belle

H

gambe. E in quel volo riconosce l'infrangersi del suo sogno. Quella foto strappata era la sua. L'assistente esce dalla stanza di Elena.

"Allora, mi dispiace, ma abbiamo deciso che..." Sulla pol trona il tipo in giacca e cravatta si è seduto un po più compo sto, ma ancora a gambe larghe. "Ma dov'è andato l'altro ragazzo?" Il boro con la coda sorride. "Boh! È uscito."

"Non c'è niente da fare" l'assistente alza le spalle, "non c'è più educazione. Comunque abbiamo scelto te. Vieni, andiamo a fare una prova per la misura."

Il boro si alza dalla poltrona e si sistema i pantaloni come un cavallerizzo. Poi sorride alle ragazze.

"Ma misure de che? Ahò... A bella?!"

L'assistente si gira, si ferma con una mano appoggiata sul fianco e lo fissa, seria, con la testa piegata di lato.

"La misura degli abiti."

Il boro sorride e fa su e giù con la testa. "Ah be, sai che me immaginavo..." e la segue contento, qualunque sia il suo ruolo.

Sessanta

"Ehi, che fai?"

"Sono in riunione. Tu?"

"Nel bagno. Mi vieni a prendere dopo all'uscita? Saltiamo l'ultima ora."

"Non posso, siamo qui a fare il punto su come organizzare tutta la campagna promozionale, sempre che i giapponesi dicano sì."

"Uffa, ma sei sempre impegnato. E a pranzo?"

"Idem. Andremo lunghi."

"Mamma mia, sei peggio di un bagno occupato in discoteca. Ricorda che io sono la tua musa ispiratrice. Con me ti vengono in mente un sacco di idee."

Alessandro ride. "In particolare mi vengono certe idee."

"Eh, ma quelle se non ci si vede diventano un peccato."

"Ma come sei diventata bigotta!"

"Nel senso che è un peccato sprecarle. Sicuro che sei in riunione anche a pranzo?"

"Sicurissimo. Ci sentiamo nel pomeriggio. Magari ci vediamo stasera."

"No, senza magari, ci vediamo!"

"Ok, ok..." Alessandro sorride. "Neanche i giapponesi sono così esigenti."

"Appena ti vedo, ti faccio fare harakiri."

"Fammi pensare... no, questa ci manca. Dev'essere bello..."

"Il vicino si arrabbierà un po per come urli..." Niki

chiude. Rientra in classe proprio mentre la Bernardi inizia a spiegare.

"Allora, siamo nel dopoguerra e il Neorealismo si rifa al modello verista. Si ritrae la realtà e si denunciano i problemi sociali e politici dell'Italia, l'arretratezza delle campagne, lo sfruttamento, la miseria. Denuncia che in Verga non era certo così esplicita. L'opera di Verga viene rivalutata da un importante saggio critico di Trombatore..."

Olly fa una faccia buffa sentendo il secondo nome. Fa un gesto con la mano, inequivocabile. Erica si sporge verso Niki.

"Allora, che t'ha detto?" "Niente, è impegnato." "Uh uh."

"Che vuoi dire uh uh?"

"Vuoi dire uh uh. Daglielo tu il significato che vuoi." "E dai Erica, non fare così. Mi fai rabbia. Che vuoi dire? A volte tu ci prendi."

"Che per lui tu sei sempre una ragazzina. Te l'ho detto fin dall'inizio. Prima o poi gli passava. Troppa differenza. Funziona solo in tv e al cinema. Quelli grandi si mettono con quelle più giovani ma non è che duri una vita... Poi l'ho letto su una rivista di mamma."

"Se è per questo Olly mi aveva anche detto che era sposato e non era vero."

"Che c'entra, è solo in ritardo sulle tabelle di marcia. Comunque la rivista diceva che vivendo una storia con una Imolto più giovane, l'uomo spera di ringiovanire con lei però

|poi si accorge che non è vero. Anche tutte le cose che mi rac

Iconti,

le canzoni di Rice e di Battisti, i gelsomini, quelle cene

|così carine a casa sua... troppo bello, è la ricerca del sogno."

I"E allora?"

j"E allora dai sogni prima o poi ci si sveglia."

I"Guarda, ti odio quando fai così."

iNiki sbatte forte il diario sul banco. La Bernardi smette di

¦parlare.

"Che succede laggiù?"

"Mi scusi, mi è caduto il diario dal banco."

La professoressa stringe un po gli occhi, aspetta un istante in silenzio, la scruta e poi decide di crederci. Ricomincia a spie gare.

" Un confine rispetto al Neorealismo. Vi ricordo anche Uomini e no di Elio Vittorini, II sentiero dei nidi di ragno di Calvino. Comunque nel poco tempo che ci resta..." Olly fa due piccole corna nascoste sotto il banco e guarda Diletta miniando con la bocca "Tiè", "... affronteremo la prima fase del Neorealismo..."

Erica aspetta un attimo, poi si abbassa di nuovo verso Niki e sottovoce "Ti fa sempre sentire le canzoni di Battisti. Ti sta lanciando dei messaggi".

"Ma che dici?"

"Sì, sì... per esempio, te l'ha mai messa quella che dice "Aver paura d'innamorarsi troppo..." o quell'altra, "Prendila così, non possiamo farne un dramma, conoscevi già, hai detto, i pro blemi miei..." o quell'altra ancora, "Ho scelto te, una donna per amico, ma il mio mestiere è vivere la vita..."."

"Sì, ha tutti i ed. E allora?"

"E allora! Più chiaro di così! Ti usa e basta!"

"Guarda che quella canzone però finisce col dire "Ti amo, forte e debole compagna""

"Sì, ma dice anche "L'eccitazione è il sintomo d'amore al quale non sappiamo rinunciare"" Erica le sorride, ""e le conseguenze spesso fan soffrire..."" e allarga le braccia. "E allora cosa ne pensi?"

"Che a te Battisti fa male ! "

"Ok, come vuoi, io te l'ho detto. Non c'è peggior sordo di chi non vuoi sentire... E soprattutto la speranza è il sogno di chi è sveglio..."

"Ma questa non è di Battisti."

"No, infatti. È di Aristotele..."

"Mi sa che se continui così, finisce che tu porti Battisti alla maturità!"

Sessantuno

Ultima ora. Suona la campanella. I corridoi si riempiono in un attimo, c'è un fuggì fuggi generale, peggio che se fosse scattato chissà quale allarme. All'uscita, fuori dal cancello Erica, Diletta e Olly si fermano un attimo.

"Ehi ci vediamo più tardi?"

"No, io devo studiare."

"Io nel pomeriggio esco con Giorgio."

"E Niki?"

"Eccola lì!"

"Ehi, Niki!" Ma lei non le sente neppure, fa un gesto stile cornetta con la mano come a dire: ci sentiamo dopo. Poi la vedono uscire a tutta velocità dal cortile col motorino.

"Onde, quella ragazza ha un problema grave."

"Sì... Il peggiore."

"Sarebbe?"

"Sì è innamorata."

Diletta si mette le mani nelle tasche dei jeans. "E lo chiami problema? Beata lei."

"Più ami e più ti fai male" Olly sale sul motorino, "e con questa massima che vi lascio in eredità, vado a pranzo da mio padre, a conoscere la sua nuova ragazza. Ci sentiamo" e sgomma via.

Niki quasi inchioda con il motorino. Non c'ha mai messo così poco per arrivare alla meta. Si guarda in giro. Destra. Sinistra.

Niente. Il suo cuore batte a duemila. La Mercedes non c'è. Niki scruta tutto il parcheggio ancora una volta. L'avrà messa nel garage. Tira fuori dallo zaino il portafoglio. Cerca veloce tra le sue carte. Qualche scontrino di un negozio di abbigliamento, la tessera della palestra, quella del kebabbaro. Ah, guarda, mi mancano solo due bollini per un panino gratis. Una foto di Fabio! Cavoli, non me la ricordavo questa. La strappa veloce e la butta in un cestino lì accanto. Poi continua a cercare e finalmente lo trova. Il suo biglietto da visita. Compone velocemente il numero d'ufficio. Non lo aveva memorizzato in rubrica. Anche perché chi ci pensava a chiamarlo lì... Finalmente qualcuno risponde.

"Pronto, buongiorno, cioè, buonasera. Senta, sono Niki Cavalli. Io volevo parlare col dottor Alessandro Belli."

"Chi parla scusi?"

"Niki. Niki Cavalli."

"Sì, un attimo, prego." Viene messa in attesa. Una musica moderna. Niki aspetta impaziente. Prova a tenere il tempo con il piede, ma è nervosa. È difficile tenere il tempo quando sembra non passare mai. Finalmente la signorina riprende la linea. "No, mi spiace, il dottore è fuori per pranzo."

"Ah... e sa dov'è andato?"

"No, mi spiace. Devo lasciar detto qualcosa?" ma Niki ha già chiuso. Si rimette il Nokia in tasca e parte a razzo in motorino. Percorre veloce tutte le strade lì intorno. Guarda a destra, a sinistra, rallenta agli stop, tanto per non lasciarci la pelle, ma appena quell'auto è passata, accelera di nuovo. Ancora a destra. E poi a sinistra. E poi tutto il rettilineo. Cavoli. Ma dove sarà? Non fa in tempo a rispondersi. Eccola. La sua macchina. La Mercedes mi targata CS è ferma sul ciglio della strada. Niki si guarda in giro. C'è un unico ristorante lì vicino. Terno secco. È dall'altro lato della strada. Niki chiude il motorino e corre verso il ristorante. Guarda attraverso i vetri, in cerca di lui, lo fa in modo discreto per non farsi notare. Quando improvvisamente lo vede. Eccolo. In quel tavolino in fondo. Nell'ultima sala del ristorante pro

prio vicino alla vetrata. Non ci posso credere. Allora Erica aveva ragione. All'interno del ristorante Alessandro sta versando qualcosa da bere a quella bella ragazza bionda. Poi le sorride.

"Vuoi ordinare qualcos'altro?"

"Sì..." Sorride anche lei. "Un tiramisù se ce l'hanno... Un tiramisù oggi mi serve proprio. E non me ne frega niente della dieta."

Alessandro sorride e alza la mano.

"Cameriere?"

Un giovane ragazzo si avvicina subito.

"Un tiramisù per lei. E un ananas, grazie."

Il cameriere sparisce subito. Alessandro torna a guardare la ragazza. Poi appoggia una mano sulla sua e le fa una carezza.

"Dai, non fare così, magari ora che me lo hai detto sarà tutto diverso. Non me lo aspettavo, sul serio..."

La ragazza sorride.

Niki, che ha assistito da fuori a tutta la scena, è come impazzita. Si allontana dal vetro. Gira su se stessa, scuote veloce la testa, gli occhi le si riempiono di lacrime. È sconvolta. Sente la faccia arrossarsi, pulsare.

Alessandro stringe forte la mano della ragazza.

"Sono felice di essere qui con te, sai..."

"Pensa che io mi sento un po in colpa."

Alessandro la guarda incuriosito. "E perché mai?"

Poi si sente uno strano rumore. Viene da fuori. La ragazza è la prima a guardare verso la vetrata.

"Alex... ma che fa quella ragazza..."

"Dove?"

"Lì fuori! Guarda! Ma quella non è la tua macchina?"

Niki sta prendendo a calci sportelli, ruote, fanalini, con tutta la forza che ha e che solo la rabbia sa farti venire, gira attorno alla Mercedes saltandoci quasi contro.

"Niki! È Niki!"

"La conosci?"

Alessandro butta il tovagliolo sul tavolo e si scaraventa fuori

dal ristorante. Guarda a destra e sinistra, poi attraversa di corsa la strada.

"Niki! Ferma! Che stai facendo? Smettila! Sei impazzita?"

Niki continua a dare calci alla fiancata. Alessandro le si butta quasi sopra, la stringe forte per fermarla, la tira indietro, sollevandola.

"Niki, ferma, buona!"

Niki scalcia in aria come una pazza. "Mollami! Lasciami subito! Eri in riunione, eh? Non potevi venirmi a prendere! Niente pranzo, si va per le lunghe... Con quegli stronzi dei giapponesi, eh?! Ridammi subito le mie idee! Ridammele! Bastardo!" e urla e scalcia ancora.

Alessandro la lascia andare. "Sono dovuto uscire. Un impegno improvviso."

Niki si gira e sbuffa, soffiando col bordo della bocca storta sui capelli che le cadono sul volto. "E certo, t'ho visto, infatti, mano nella mano col tuo impegno improvviso..."

Proprio in quel momento la ragazza che stava seduta con Alessandro attraversa la strada e si avvicina a loro.

"Ma che succede?" Alessandro lascia andare Niki, che sbuffa e poi si sistema i capelli. Ma è ancora una belva.

"Niente. Ti presento Niki. Niki, lei è Claudia, il mio impegno importante e soprattutto... mia sorella."

Niki si sente morire. Le braccia le cadono giù all'improvviso, lungo il corpo. Poi, con una voce che arriva quasi dall'oltretomba, tenta uno strano e soffocato "Piacere...".

Le due ragazze si stringono la mano. Niki è piuttosto impacciata, la mano le suda, l'imbarazzo la blocca completamente. Claudia cerca di sdrammatizzare.

"T'ha fatto arrabbiare Alex, eh? Lui è fatto così..."

Alessandro sorride. "No, è un metodo importato direttamente dal Giappone. Loro fanno così. Si sfogano su inutili proprietà lussuose, tipo le macchine, per liberarsi dai propri stress. E siccome Niki mi ha molto aiutato con un lavoro, si è impegnata e si è anche stancata... Sì insomma, questa è la formula di pagamento che ha scelto..."

Niki tira su col naso e sorride piano piano sempre di più. "Già e questa purtroppo era l'ultima rata... Be, Alex, io allora vado. I miei mi aspettano. Sono a casa a studiare nel pomeriggio. Chiamami quando vuoi... Se ti va di lavorare su altre idee... Sai possiamo... studiare anche nuove formule di pagamento."

Alessandro si gratta la testa. "Ok. Sai... ho paura di dirti che magari ho qualche impegno. Credo che io sarò molto ma molto libero!"

Niki alza la mano e saluta Claudia. Poi sale sul motorino e parte. Questa volta più tranquilla. Cavoli, cavoli, cavoli. Che figuracela del cavolo. Mannaggia a Erica e a tutte le sue interpretazioni di Battisti. Poi non resiste. E si mette a ridere. Certo che ho fatto una scena veramente assurda... Poi inizia a canticchiare allegra come non mai. Una cosa è sicura. Nessuno è mai stato più felice di lei nell'aver conosciuto la sorella di qualcuno.

Alessandro e Claudia rientrano nel ristorante. Lui riprende subito il discorso che avevano lasciato in sospeso.

"Perché mi dicevi che ti sentivi in colpa con me?"

"Be... Perché Davide era un tuo amico. Tu me lo hai presentato e io me lo sono sposato. E se adesso le cose non vanno..."

"Claudia, non è che non vanno. È un momento. Nelle coppie succede. L'importante è aver deciso di costruire qualcosa con lui... Tu hai deciso?"

"Sì."

"E allora stai tranquilla, il più è fatto. Ora tutto sarà in discesa. Scegliere è la punta della montagna. Dopo le cose si sistemano da sole. Passerà."

Si siedono di nuovo al tavolo. Il tiramisù e l'ananas intanto sono arrivati. Riprendono a mangiare. Claudia lo guarda incuriosita, anche leggermente divertita.

"E invece tu che stai combinando?"

"Io? Lavoro tanto. Esco con gli amici... Non penso troppo a Elena."

Claudia indica col cucchiaino verso la vetrata. "E quella spe cie di ciclone Niki?"

"Lei? Un'amica."

Claudia alza il sopracciglio. "Un'amica, eh?" Poi le fa il verso. "Io vado. I miei mi stanno aspettando. Oggi pomeriggio devo studiare... Non è un po troppo giovane come amica?"

"Può essere, ma è molto matura."

"Pensavo che non l'avesse ancora presa la maturità..."

"Infatti. La sto aiutando a studiare."

Claudia lascia cadere il cucchiaino nel piatto. "Alex?"

"Scusa Claudia eh, sei stata proprio tu a cercarmi per dirmi che le cose non vanno, tra te e il mio amico, alias tuo marito, no? Eppure avete la giusta differenza d'età e tutti i requisiti per un matrimonio di successo, giusto? E allora? Vedi che in amore non c'è nessuna formula magica."

Claudia scuote la testa. Ma alla fine sorride. "Hai ragione. Spero solo di esserci..."

"Quando?"

"Quando la presenterai a casa."

Sessantadue

Tardo pomeriggio.

"Sei a fare altri danni in giro?" Alessandro finisce di scrivere il messaggio poi lo invia.

Un attimo dopo arriva la risposta. Niki, veloce come sempre. Anzi, di più.

"Macché. Sono a casa a fare danni ancora peggiori... penso a te."

Alessandro sorride. Risponde più veloce che può, ma il pollice di Niki è difficile da battere. Anche con il T.

"Ci vediamo?"

Neanche dieci secondi. "Certo! Sono felicissima. Così facciamo pace per bene. Ma dove?"

Alessandro s'impegna. Ce la mette tutta. Va un po meglio. "Sono sotto casa tua. Nella traversa subito a destra."

"Ok, ti raggiungo."

Neanche dieci secondi dopo. Niki apre lo sportello, lo richiude e si tuffa su di lui, baciandolo. "Amore! Scusa, scusa, scusa!" E continua a baciarlo. Alessandro ride e rimane senza parole. Non è abituato. Non se lo aspettava. Di solito con Elena, soprattutto i primi tempi, aspettava ore sotto casa, prima che lei scendesse. Ma quel pensiero ci mette un attimo a svanire.

"Mamma, che figuraccia oggi! Con tua sorella, poi! Fosse stata una tua amica qualsiasi!"

"Fosse stata una mia amica qualsiasi, avresti continuato a prendere a calci la mia macchina."

Niki torna seria. "È vero. Hai ragione, sono fatta così, non so che farci. E credo che tu non debba cercare di cambiarmi."

"E chi ci prova?! Io odio i fallimenti..."

"Cretino! Guarda che se io voglio posso cambiare... È che se cambiassi per te sbaglierei. Vorrebbe dire che non sono la persona che cerchi, che io non sono giusta per te. Cioè, io fingerei di essere un'altra. Allora hai in testa un'altra che ha in comune con me magari solo il nome, conosci un'altra Niki?..."

Alessandro sorride. "Senti, possiamo non fare filosofia? Andavo malissimo in quella materia. Ci sono solo due punti da chiarire un po, secondo me."

Niki incrocia le braccia e le mette conserte sul petto. Alessandro prova ad aprirgliele.

"Questa è una chiusura all'ascolto, mancanza d'apertura, rifiuto del mondo."

"Senti, io sto come mi va di stare, piuttosto sentiamo tu cos'hai da dirmi... Tanto lo sapevo che mi facevi una ramanzina."

Alessandro la guarda sorpreso. "Che termine vecchio!"

"Una paternale, una lavata di capo, una strapazzata, una sgridata, un rimprovero, un cazziatone, una predica, un rimbrotto, una strigliata, una ripassata, un predicozzo. Va bene? Ma tanto come lo dico lo dico, è quello, no?"

"E chi sei, eh? Un dizionario dei sinonimi vivente."

"Dimmi quello che hai da dirmi e non mi portare in giro."

Alessandro fa un lungo respiro.

"Aspetta, aspetta" Niki lo ferma. Chiude gli occhi e apre le braccia. Poi solleva la mani aperte davanti a sé, in stile yoga. "Dimmi solo una cosa... è finita?"

Alessandro la guarda. È bellissima così, con le sue mani aperte, sospese nel vuoto, con quei capelli abbandonati che le scivolano giù, sulle spalle, lungo quel collo che ancora sa di bambina, con quelle guance lisce, con quegli occhi chiusi, senza un filo di trucco, e tutta quella vita e quei sogni davanti a sé. Alessandro lascia cadere le mani sulle gambe.

"No, cioè, almeno per me, non è finita."

Niki apre gli occhi e sorride. No, non ha più le braccia conserte ora. Sorride e si morde il labbro superiore, ha gli occhi lucidi, sognanti, leggermente commossi. Forse le viene da piangere.

"Ok, scusami Alex, dimmi quello che vuoi."

"Bene" si struscia le mani sui pantaloni. "Diciamo che non so proprio da dove iniziare."

"Ok, comincia da dove vuoi... l'importante è dove vai a finire."

"Allora... Non è per la macchina presa a calci di oggi..."

"Oh certo, diciamo che anche quella può rientrare nei danni del nostro famoso incidente, no?"

"Non scherzare. Dunque, io sto molto bene con te, mi piace ascoltarti, mi piace raccontarti del mio lavoro e mi piace tutto quello che facciamo insieme..."

Niki si gira verso di lui e lo guarda dal basso, con un sorriso leggero, malizioso.

"Sì, Niki, sì, soprattutto quello, anzi no, anche quello... È che tu, magari, hai troppe aspettative. Pensi che durerà e io non so invece cosa accadrà. Nessuno mai può saperlo. E proprio per questo voglio potermi sentire tranquillo in tutte le mie scelte, senza ipotecare nulla. Non vorrei avere, anche in una semplice e bellissima storia, delle responsabilità..."

Niki lo guarda. "Ho capito" alza il sopracciglio, "vuoi tornare ragazzino e io sono la persona giusta per farlo, no?"

"No. Che c'entra."

"C'entra. Hai detto che non vuoi responsabilità. Sennò inizieresti semplicemente una storia con me e come va va. Magari va benissimo e allora un giorno uno decide di mettere su famiglia, di avere dei figli."

"Ma Niki, non c'è certezza di questo."

Niki sorride e si mette a giocare con le punte dei capelli. "Senti, Alex, mi fai sempre sentire quei ed che ti fa il tuo amico Enrico."

"Be? Che c'è, non ti piacciono?"

"Scherzi? Battisti mi piace un casino. Anzi, c'è una canzone

che mi sembra faccia proprio al caso nostro. Fa così... sono un po stonata, eh, non farci caso, ma ascolta le parole."

Niki si mette a cantare e mentre lo fa sorride. Lo fa con estrema dolcezza. E non è stonata.

"Chissà, chissà chi sei? Chissà che sarai? Chissà che sarà di noi? Lo scopriremo solo vivendo..."

Niki si ferma e lo guarda. "Ok, ho capito. Se farai mai uno spot cantato di certo non mi prenderai, ma ho reso bene l'idea?"

"Sì, perfettamente. Ma forse non te la ricordi tutta perché quella canzone poi dice..."

Anche Alessandro si mette a cantare. "Mi sto accorgendo che son giunto dentro casa, con la mia cassa ancora con il nastro rosa... Senti adesso eh... e non vorrei aver sbagliato la mia spesa o la mia sposa."

"Eh, esagerato! Già sei arrivato fin laggiù! Già ti preoccupi di quel momento... È presto per parlarne!"

Alessandro prende un ed. Lo infila nel lettore. Traccia sei. Tasto avanzamento veloce. Trova quello che vuoi farle sentire. "Comunque adesso ho un po paura, ora che quest'avventura sta diventando una storia vera, spero tanto tu sia sincera!"

Niki gli prende la mano, gliela bacia sul palmo.

"Cosa vuoi dirmi, Alex, che hai paura? Non sappiamo mai nulla di noi, dell'amore, del futuro, ha ragione Lucio, scopriamolo vivendo. Cosa c'è di più bello?"

Alessandro scuote leggero la testa.

"Uno dei due si farà male. C'è troppa differenza d'età."

"E hai paura che chi si farà male sarai tu? Pensi che per me sia un'avventura? È più facile che questo valga per te... Tutte le mie amiche lo dicono..."

Alessandro allarga le braccia. "Eh! Non pensavo di piacer loro così tanto! Se è per questo, anche i miei amici me lo dicono."

"Cosa ti dicono?"

"Divertiti finché puoi, fino a quando lei non si stancherà."

"E certo, sono tutti sposati, hanno la moglie, qualcuno pure

dei figli, e vivono male questo tuo momento perché lo vorrebbero fare anche loro. Alex, quello che deve decidere sei tu. È solo una questione di paura, secondo me..."

"Paura?"

"Paura d'amare. Ma cosa c'è di più bello, ripeto. Quale rischio più grande vale la pena di correre? Quant'è bello darsi completamente a un'altra persona, affidarsi a lei e non avere altri pensieri se non di vederla sorridere."

"Sì, è bellissimo. Ma tra noi ci sono vent'anni di differenza..."

Niki si toglie dalla tasca un foglio.

"Ecco, tanto lo sapevo che prima o poi sarebbe uscito questo discorso. E allora mi sono preparata. Ecco qua... Tom Cruise e Katie Holmes, Luca Corderò di Montezemolo e Ludovica Andreoli, Woody Allen e Soon-Yi, Pierce Brosnan e Keely Shaye Smith... Poi ci sono tutti quelli della stessa età, o giù di lì, tipo un anno o due di differenza che si sono lasciati lo stesso. Ma quella lista non entrava neanche in un camion!" Niki prende la lista e la butta sul sedile dietro.

"Sapevo che un giorno mi sarebbe servita. Ma speravo proprio di no. L'amore più bello è un calcolo sbagliato, un'eccezione che conferma la regola, quella cosa per cui avevi usato la parola mai. Che c'entro io col tuo passato, io sono una variabile impazzita della tua vita. Ma non posso convincerti. L'amore non è saggezza, è follia... C'hanno fatto anche una pubblicità... L'hai fatta tu?"

"No..."

"Ecco vedi... Magari te l'hanno proposta e hai avuto paura. Alex, come vorrei che tu fossi coraggioso..."

Alessandro le accarezza dolcemente i capelli, glieli scosta dal viso. Poi le sorride. E canta di nuovo "Spero tanto tu sia sincera..." e la bacia. Un bacio lento, morbido, che vorrebbe parlare, serenamente dire tutto, tanto, troppo. Ho voglia di innamorarmi, Niki, di amare, di essere amato, ho voglia di un sogno, ho voglia di costruire, ho voglia di certezza. Cerca di capire. Ho bisogno di dimenticare tutto quel che è successo in questi

vent'anni passati senza te. Un bacio tutto questo lo sa dire? Dipende quanto sanno leggere le labbra che lo ricevono.

Poi una voce stridula. Accusatrice. "Ah! T'ho beccato, lo sapevo che c'era qualcosa di strano..." Alessandro e Niki si allontanano all'improvviso. Davanti a loro, come dentro un quadro che ha per cornice il finestrino aperto della Mercedes, un'immagine terribile.

Nel buio della sera è apparso Matteo, il fratellino di Niki. Ride e soprattutto ha un cellulare in mano. Un Nokia N. Scocca compatta, forme arrotondate, memoria Mb e soprattutto... . Megapixel per scattare foto, riprodurre e registrare filmati ad altissimo livello qualitativo. Insomma uno di quei telefonini che può fare veramente di tutto.

Niki fa per scendere dall'auto. "Matteo, io ti ammazzo!"

Matteo scappa via veloce di qualche metro.

"Guarda, ti avviso, ho girato un bel filmettino e scattato qualche foto. Volevo fare direttamente la videochiamata a mamma, ma penso che le invierò solo un mms. Se provi a prendermi il telefonino, premo invio. E per te è finita. Oh" Matteo guarda Alessandro, "ma chi è questo? Ti stava violentando all'inizio e poi tu ci sei stata?"

"Matteo, smettila. Vai a casa, ti raggiungo."

"Ma chi è, il tuo nuovo ragazzo?"

"Matteo, t'ho detto d'andartene!"

"Non me ne frega niente, non sei proprio nella condizione di comandare, hai capito?"

Niki parte veloce dalla macchina, ma Matteo è abituato alle sorprese della sorella e a sua volta schizza via, sgommando su un paio di Puma nere adatte allo scopo e ai suoi undici anni. Vola che è una meraviglia, abbassandosi ai tentativi di presa di Niki. Scarta a destra e si infila tra due macchine parcheggiate.

"Matteo, vieni qui! Vieni qui se hai coraggio."

"Certo, così mi freghi il telefono, come no? Vengo subito... Ma che m'hai preso per scemo?"

"Matteo, per favore, non stare lì in mezzo alla strada che è pericoloso."

il

"Be, grazie del consiglio, sister, ora io me ne vado a casa e poi parliamo di tutto, ma tutto, eh?" "Sì, sì, vai va..." Matteo non si muove. "Oh... te ne vuoi andare?"

"Niki, non ci mettere troppo... mamma mi aveva mandato a chiamarti per cena. È che io ti avevo vista uscire. Ma mai avrei pensato..."

Niki prova con un affondo tra le due auto, ma Matteo è più veloce, gira intorno alla prima macchina portandosi a distanza di sicurezza. "Hai finito?"

"Ok, ok, me ne vado. arrivederci, signore..." e gli fa un piccolo inchino educato. Poi se ne va e sale in casa. Niki risale sulla Mercedes.

"Ecco, vedi? Oggi abbiamo conosciuto i rispettivi fratelli." "Ma quanti anni ha?" "Undici appena compiuti." "È già particolarmente agguerrito, eh?" "Legge di tutto, sa tutto, gioca con tutto, sta fisso in Internetà è lui che mi ha fatto la lista delle differenze d'età tra personaggi famosi..." "È stato carino."

"Sì, molto... In cambio ha voluto due biglietti per la gara di World Wrestling Entertainment al Palalottomatica. Più che carino... è stato caro!"

"Non oso immaginare quanto ti costerà distruggere filmato Ie foto."

I"Macché, lo sa che non rischio più di tanto. Era un bacetto.

|Certo, se girava la serata dei gelsomini lì mi dovevi aiutare... E

|un pazzo..."

i"Perché?"

|"Mio fratello ha un sogno. Vuole a tutti costi una XL e

<Sportster Custom bicolore della Harley, una delle più costose.

IAllora va in giro col telefonino di papa, quando riesce a pren

';derlo,

perché ha più definizione del suo e spera di beccare in

L

flagrante qualche vip per ricattarlo e raccogliere i soldi per comprarsela. Oppure per spedire il video a Striscia o le foto ai giornaletti scandalistici."

"Mica scemo per un undicenne. Ha un futuro già chiaro."

"Mah. Io spero solo che guarisca da questa fissa dei soldi."

"Be a me sembra simpatico... lo potrei prendere in azienda come giovane filmaker, potrebbe essere un'idea pubblicitaria, il primo spot girato da un undicenne!"

"Basta che non mandi in onda il nostro filmato! Be, ti farò sapere come va la trattativa..." Niki si sporge e lo bacia sulle labbra, coprendo i loro visi con tutte e due le mani lateral mente. Poi esce dalla macchina.

"Ormai dobbiamo stare attenti... C'è sempre il pericolo di qualche scoop."

"Certo" ride Alessandro.

"A meno che..."

"A meno che?"

"Tu non ti presenti ai miei."

"Be, a Ben Stiller in Ti presento i miei... gli succedeva di tutto..."

"Sì, ma non credo che i miei genitori riderebbero come si rideva in quel film."

"Dai, al massimo tuo padre sarà come Jack Byrnes."

Niki chiude lo sportello. "Dai, scherzo, sono sicura che con te ce la possono fare."

Alessandro sorride. "Ti farò sapere quando mi sento pronto. E soprattutto quando mi convinco che i tuoi ce la possono fare..."

Poi accende e si allontana. Guardando nello specchietto la vede salutare da lontano. Alessandro tira fuori la mano dal fine strino e la saluta. Poi la vede girarsi e tornare verso casa. Che bella ragazza. È simpatico pure il fratello. Certo, così ragazzino e già così ricattatore. Ma i difetti tra fratelli non si trasmettono. O sì? E per un attimo vede in pericolo tutta la sua vita. Poi si ricorda qualcosa e vede in pericolo soprattutto la sua serata. I suoi genitori lo stanno aspettando per cena.

Sessantatré

Mauro arriva col suo Kymco sfondato sotto casa di Paola. Alza la testa e la vede affacciata sul balcone. Sta fumando una sigaretta quando improvvisamente si accorge di lui.

"Ehi, eccoti!" Mauro la saluta da sotto con un cenno della testa. "Aspe che scendo!"

Paola spegne la sigaretta per terra, ci salta sopra con le sue zeppe nuove e poi da un calcio al mozzicone che vola sotto la ringhiera, finendo poco lontano da Mauro. Lui scende dal motorino e ci si siede sopra. Poco dopo Paola esce dal portone. Certo che è bella, pensa Mauro, ma che dico, è bellissima. Così alta poi. Le sorride. Paola sgrana gli occhi felice, curiosa, adrenalinica.

"Allora? A Ma, ma che fine hai fatto? T'ho chiamato fino a pochi minuti fa. Avevi il cellulare sempre spento. Poi ti lamenti

iquando lo faccio io. T'ho chiamato pure a casa ma non sape

ivano

niente di dove stavi... Che fine avevi fatto. Guarda che

jsono preoccupati..."

I"Se preoccupano quando je va a loro."

|Paola si avvicina a Mauro e gli appoggia le mani sui fianchi.

I"Allora? Dai racconta. Ma che, è durato così tanto il provino?"

IPaola non stacca la mano sinistra dal fianco di Mauro ma la gira

>'per guardare l'orologio.

S"So le nove e un quarto..."

I"Ammazza, ma mi hanno tenuto una cifra, eh?"

|"E dai, dimmi qualcosa, sono troppo curiosa."

L

"Mi hanno segato."

"No... mi dispiace, amore."

Paola lo stringe, si avvicina per baciarlo, ma Mauro si scosta.

"Dai, ferma..." Paola si allontana un po. Le verrebbe da arrabbiarsi ma ci ripensa. "Dai, Mau, non fare così. Ma è normale, capita a tutti. Era il tuo primo provino..."

Mauro mette le braccia conserte. Poi prende una sigaretta dalla tasca. Paola nota il giubbotto nuovo.

"Bello! È nuovo?"

"È un Fake."

"'Mmazza, ma che vuoi fare una strage?"

Mauro da un tiro alla sigaretta, poi accenna un mezzo sorriso. "Eh, macché. Me lo so comprato apposta per fare il provino. Tutti soldi buttati. Come pure quelli delle foto. Pagate una cifra."

Paola si riaccende. È di nuovo curiosa. "Ma dai, ce le hai qua? Me le fai vedere?"

Mauro tira fuori una busta dal gancio sotto la sella. Gliele passa malamente. "Tiè, eccole."

Paola le poggia sul sellino del motorino. Apre la busta e comincia a sfogliarle. "Però, belle. È proprio bravo 'sto fotografo. Bella questa, ahò! In quest'altra stai veramente bene. Sembri Brad..."

Mauro la guarda. "Per me te le puoi tenere tutte. Sembro Brad ma intanto hanno preso un altro, un boro qualsiasi e neanche tanto boro. Doveva essere un raccomandato..."

Paola rimette le foto nella busta. "A Ma, ma lo sai quanti provini ho dovuto fare io prima d'essere presa a quello dell'altro giorno, eh?, no dico, lo sai?"

"No, non lo so."

"Eh, te lo dico io. Una cifra. E te ti arrabbi perché al primo che fai non ti prendono? A bello, ma troppa strada devi fa per riuscire e se uno molla all'inizio nun ce la farà mai!"

Paola si sistema il golf, lo tira un po giù. "Invece queste foto sono proprio belle. Secondo me sei davvero fotogenico, cioè, risulti una cifra, sul serio te lo dico, non perché non t'hanno preso..."

"Ma dai..." "Ti giuro."

Mauro prende la busta, la riapre e riguarda le foto. Sembra un po più convinto. "Dici?" "Dico, dico."

Mauro acquista di nuovo un po di sicurezza. Prende una foto e la tira fuori. "Ecco, guarda questa. Guarda, guarda. Chi te sembro?"

"Ma per me qua sei Banderas."

"Seee, Banderas. Prima Brad, mo Banderas, ma che me stai a pijià per il culo? E dai, guarda bene, ho provato pure a fare la posa come lui quando cerca di conquistare quell'attrice, dai..." "Ahò, se non mi viene..."

"Ahò, è Johnny Depp! Dai, quando sta su quella porta che entra a casa di quella, in quel film che c'erano madre e figlia che ogni volta cambiavano città. Dai, Cioccolato."

Paola scuote la testa. "Ho capito, ma il titolo era Chocolat." "Va be, come se dice se dice, dai" le mostra di nuovo la foto, "è vero, amò? Hai capito quale scena? So io, no?" Paola sorride. "Sì, sì, sei spiccicato."

Mauro un po rilassato rimette la foto dentro la busta. "Be, comunque nun m'hanno preso."

"Magari stavolta Johnny Depp non gli serviva." l"Ahò, nun c'è niente da fa" Mauro scuote la testa e le sor

\ride,

"tu c'hai sempre la frase giusta al momento giusto."

F"No, è quello che penso sul serio."

f(Mauro le si avvicina e l'abbraccia. "Ok, lo sai che dicono che

j.comunque Johnny Depp ce l'ha enorme. E io adesso... ahò, gli

lsomiglio in tutto... Non so che m'ha preso. Boh. Sarà che ero arrab

;,biato

o che te guardavo prima, mentre te sistemavi la maglietta

sulle tette, ahò, m'è preso male. Senti, senti qua" prende la mano 'di Paola e l'appoggia sopra i suoi jeans. Paola ritrae veloce la mano.

j"E dai, sei cretino, qui, sotto casa mia, con mio padre che magari

Is'affaccia. Se te vede che fai così sai che te fa. Nun giri una pubbli

[cita

per due anni per quanto diventi gonfio... di botte, però!"

"Ahò, sei troppo forte" Mauro le si avvicina, "amò" la bacia in modo tenero, "andiamo un po in garage? Dai, che c'ho voglia."

Paola piega la testa di lato. Quelle parole di Mauro sussurrate all'orecchio le regalano un brivido improvviso. Lui sa come prenderla.

"Dai, va be, andiamo. Ma non stiamo tanto, eh?"

Mauro sorride. "Un po... su certe cose nun poi mette fretta..."

"Sì, dici dici ma poi a volte sembri una Ferrari."

"Ammazza, sei 'na vipera, ahò..."

Mauro accende il motorino. Gli è tornata l'allegria. S'infila il casco mentre Paola gli monta dietro e lo abbraccia. Fanno il giro dell'edificio e arrivano al garage.

"Shhh" fa Paola scendendo, "piano, piano, fai piano, che se mio padre ci sente so dolori."

Mauro mette il motorino sul cavalietto. "Un minimo de comprensione da parte di tuo padre ce vole però, eh! Sai quante botte de vita avrà fatto con tua madre?"

Paola gli da un pugno sulla spalla.

"Ahia, m'hai fatto male."

"Non mi piace che scherzi sui miei su questa cosa."

"Ma quale cosa? È l'amore. La cosa più bella del mondo."

"Sì, ma tu non ne parli con rispetto."

"Ma che dici, amò? Perché i tuoi nun l'hanno fatto l'amore? Nun se po dì? E a te, scusa, come t'hanno avuto? Con lo Spirito Santo? Vie va" e così dicendo la tira dentro l'auto del padre, una vecchia Golf blu, quattro sportelli.

"Ahia, fai piano, piano!"

Mauro le sbottona subito i pantaloni e subito dopo le infila una mano dentro la scollatura a V del golf. Le sue dita esplorano nel reggiseno, sfiorano i seni, cercano i capezzoli. "Non sai quanto m'andava prima, per strada."

"E ora no?" Paola lo bacia sul collo.

"Ora di più." Mauro si sbottona i pantaloni e abbassa la zip. Poi prende la mano di Paola e la porta verso il basso. Come

poco prima in strada. Ma ora è diverso. Ora è il momento giu sto. Paola lo morde leggera sulle labbra e pian piano gli scosta l'elastico dei boxer. Entra con la mano ed esplora anche lei. Cerca lentamente. Poi lo trova. Mauro ha un sussulto. E per il movimento brusco qualcosa gli cade dalla tasca del giubbotto. Mauro se ne accorge. Ferma la mano di Paola. Si mette a ridere. "Guarda un po? C'abbiamo un guardone!" e così dicendo lo prende e lo fa uscire dalla penombra. "L'orsino Totti!"

"Ma dai, te lo sei portato dietro?"

Mauro alza le spalle. "Sì, come portafortuna, ma non è ser vito."

"Dai, lui ce l'ha messa tutta ma anche il Gladiatore qualche volta può sbaglia, no? Vedrai che la prossima volta ci riuscirà, te farà prendere e sarà ancora di più, una cosa magggica!"

Poi un bip. Il telefonino di Paola. Un altro.

"Chi è? Chi è che ti manda i messaggi a quest'ora?"

Cavoli, pensa Paola, ma non l'avevo spento?

"Ma niente, avevo chiesto una cortesia... È per la convoca zione di domattina" e prima che Mauro abbia il tempo anche solo di pensarci, si rituffa su di lui e lo avvolge. Infila di nuovo la mano nei boxer, glielo tira fuori e, guardandolo dritto negli occhi, lo muove abile su e giù.

"Ti va di prendermi? No, perché a me me va un casino."

Mauro la bacia e glielo dice a denti stretti, inciampando in un bacio. "Da morire."

"Ma che ce l'hai il coso?"

"No, me so dimenticato di prenderli."

"Allora niente. Ti accontenti della mia bocca" e lo guarda un'ultima volta negli occhi e poi scompare dal suo sguardo, scendendo piano nella penombra della macchina, tra le sue gambe, dove sboccia il desiderio. Quel desiderio così forte che fa perfino dimenticare un messaggio arrivato sul cellulare di Paola.

Sessantaquattro

Enrico è appena rientrato a casa.

"Amore, ci sei?" Appoggia la giacca sulla spalliera di una sedia in salotto.

"Sono qui, arrivo."

Improvvisamente Camilla appare dalla camera da letto. "Scusa, non ti avevo sentito entrare, stavo al telefono..." e gli da un bacio veloce sulle labbra. Poi prende la giacca e fa per portarla di là. Enrico la segue. E mentre apre l'armadio l'abbraccia da dietro. Si perde tra i suoi capelli, nel suo profumo intenso. La bacia sul collo.

"Con chi eri al telefono?"

Camilla rimette a posto la giacca, poi chiude l'armadio e sottile si ritrae da quell'abbraccio.

"Oh, non la conosci. Una ragazza della palestra. Volevano organizzare una cena di fine corso per la prossima settimana... Preparo qualcosa o vuoi uscire?"

"No, sono stanco, preferisco stare a casa."

"Anch'io, da morire. Domani mi devo pure svegliare presto."

Enrico la segue in cucina e la osserva mentre stende la tovaglia.

"Dove devi andare di bello?"

"Mamma mi ha chiesto se l'accompagno in macchina a prendere delle stoffe. Vuole cambiare le tende."

Enrico la guarda ancora. "Be, vado a lavarmi le mani, poi ti faccio compagnia."

"No, dai, mettiti pure comodo sul divano, se vuoi guardare un po di tv. Ti chiamo quando è pronto."

Enrico va verso il bagno. Ma lo supera. Si ferma un attimo e si volta indietro. La vede in fondo, in cucina, che prende una padella. Enrico continua a camminare in punta di piedi e va in camera da letto. Si siede. Vede il telefonino. Lo osserva per qualche istante. Si guarda in giro. Lo afferra, spinge il tasto e si accende subito. Niente pin. Camilla non li sopporta. Ha sempre paura di dimenticarseli. Tasto verde. Ultima chiamata effettuata. Rimane senza parole. Niente. Nessuna chiamata. Tutte cancellate. Enrico lo spegne e va in bagno. Cavoli. Forse dovevo guardare tra quelle ricevute. Inizia a lavarsi le mani. Ma non posso fare così. Ci tengo troppo a Camilla per fregarmene. Si asciuga. Comunque tra qualche giorno non ci saranno più dubbi. Saprà. E allora non potrà più lavarsene le mani. Dovrà prendere la sua decisione.

Flavio è sul divano, semisdraiato. La piccola Sara gli si butta un po addosso, giocando. Ormai ha più di un anno. Si diverte a non fargli vedere in pace la tv e a lui piace. Proprio in quel momento sente scattare la serratura.

"Cristina, sei tu?"

"Che domande. E se era un ladro come ti rispondeva? No, sono il ladro. Faccio un colpo e me ne vado."

Flavio si alza e prova a baciarla. Ma Cristina è piena di buste e gliene passa subito due.

"Tieni, renditi utile. Portale in cucina. Attento che ci sono le uova dentro."

Poi vede Sara che attraversa il salotto camminando un po incerta, con un giocattolo in mano.

"Flavio! Ma Sara è ancora alzata?"

"Aspettava te, ti voleva salutare."

"Doveva già dormire da un'ora. Hai detto che tornavi prima. Te l'ho chiesto apposta così la mettevi a letto tu... Si svegliava all'una, le facevo mangiare qualcosa e si rimetteva a dormire e soprattutto mi ci mettevo io. Domattina ho le prove dell'esame

da promotore... E certo, a te che ti frega. Devo fare tutto io in questa casa..."

Cristina attraversa veloce il salotto e senza dire altro afferra al volo Sara, tanto che alla bambina cade quasi di mano il suo piccolo giocattolo. "Vieni, piccolina mia, andiamo a fare la nanna." Cristina se ne va di là, sparisce nella cameretta con la bambina tenuta tra le sue braccia come un sacco. Flavio si siede di nuovo sul divano. Sta finendo la sigla di Amici. L'ultima inquadratura è su Maria De Filippi. "Buonasera, eccoci qua per le sfide di stasera... Senza un avversario la virtù marcisce... come disse Seneca."

Flavio sorride. Che sia un segno?

"Amore, io esco!"

Susanna corre in sala da pranzo dove Pietro sta indossando di nuovo la giacca e la cravatta. "Ma come, avevo capito che stasera restavi tranquillo qui a cena con noi."

"Ma no, amore mio, non ti ricordi? Stasera sono alla Pergola con l'amministratore delegato della nuova società che abbiamo preso come cliente. Sono passato al volo proprio per salutare Carolina e Lorenzo." Poi le prende il viso tra le mani. Le da un bacio lungo, passionale. O almeno così lo fa sembrare. "... E per baciare te." Susanna sorride. La fa sentire bella, Pietro, ancora desiderabile. Ci riesce sempre.

"Non tornare tardi. Non stiamo mai un po insieme..."

"Ci proverò, stella mia. Ma lo sai come vanno queste cose..." oi apre la porta ed esce al volo, sparendo veloce giù per le ;cale. Lei si affaccia sul pianerottolo e lo guarda. Lui fa un iltimo giro in fondo e la saluta un'ultima volta. Susanna rientra n casa. Chiude la porta. No, non lo so come vanno queste cose, vfon mi ci hai mai portato.

Un istante dopo Pietro è al volante. Prende il cellulare e ompone veloce un numero.

"Stella mia, sto arrivando."

Jessandro suona il citofono, tutto trafelato. È in ritardo.

Qualcuno risponde "Chi è?"

"Io!"

Il portone si apre. Alessandro sale per le scale dell'androne a due scalini per volta e prende l'ascensore. Arrivato al piano giusto, le porte si aprono. Lei è già lì che lo aspetta.

"Alex, meno male, ero in pensiero. Come mai c'hai messo così tanto? Siamo già tutti a tavola... Ma non abbiamo iniziato."

Alessandro bacia frettolosamente la madre. "Hai ragione, mamma, una riunione all'ultimo minuto." Entrano insieme in salotto. Qualcuno è ancora in piedi. Qualcun altro già seduto.

"Buonasera a tutti! Scusate il ritardo..."

La madre lo prende sottobraccio. "Ma Elena? Dove l'hai lasciata?"

Claudia lo guarda. Alessandro vorrebbe rispondere "No mamma, mi dispiace ma ti sbagli, è lei che mi ha lasciato". Ma sa bene che sua madre non capirebbe questo tipo di umorismo che, a dire la verità, sfuggirebbe alla maggior parte delle persone.

"Faceva più tardi di me in ufficio."

"Ma quanto lavorate? Mi dispiace... l'avrei vista volentieri... va be, sediamoci, dai." Alessandro prende posto accanto a suo padre.

"Ehi, come va? Tutto bene?"

"Bene, figliolo. A te non lo chiedo, mi sembri proprio in gran forma!"

"Eh già." Poi si guarda riflesso nel vetro di un quadro. IDecide di distrarsi salutando le sorelle e i rispettivi mariti.

|"Come state?"

"Bene!"

"Tutto ok!"

"Sì, ok!"

"Ok, a parte la fame." Davide, il solito rompicoglioni. Alessandro apre il tovagliolo. Modo becero di farmi pesare il mio ritardo. Guarda Claudia. Si sorridono. Poi Alessandro le fa l'occhiolino e annuisce. Come a dire fai proprio bene a lasciarlo. Ma un attimo dopo fa no. Non è vero. Non fare cazzate, Claudia.

La mamma suona il campanello collegato con la cucina. Dina si affaccia subito. E un rituale che si ripete da sempre, da quando erano in fasce.

"Dina, cara, mi scusi, può portare via questo piatto? È in più. Purtroppo Elena non c'è. Passa più tardi per il dolce."

Alessandro si sporge verso la madre. "Guarda che mi sa che non ce la fa a venire neanche dopo..."

"Lo so, ma perché dobbiamo proprio raccontare tutto tutto?! E alla signorina poi..."

"Già..." Alessandro si mette al suo posto. "Che sciocco."

Poco dopo torna Dina con un carrello pieno di piatti. Alessandro sbircia in avanti. Gnocchi al pomodoro e tagliolini alle zucchine. Doppia pasta. Niente male. Dina inizia ad appoggiare i piatti davanti a ognuno.

"Ci porta anche le posate da portata per favore..."

"Ah, certo, signora."

Dina torna veloce in cucina.

"Oh, non c'è niente da fare. E da quando è entrata in questa casa, e ormai sono più di trent'anni, che si dimentica di portarle, e se ne andrà dimenticandoselo!..."

Margherita, la sorella minore, si asciuga le labbra col tovagliolo. "Mamma, ringrazia che ha resistito così tanto. La maggior parte dei nostri amici hanno in casa dei filippini o stranieri di dubbia provenienza che non cucinano certo così bene... e all'italiana!"

Luigi, suo marito, si sporge in avanti, cercando di non farsi sentire. Non si sa bene poi da chi. "E soprattutto" dice, "in quei casi non sai mai bene chi ti metti in casa. Per esempio, prendi la signora Della Marre e la fine che ha fatto."

Continuano così, spaziando in tutte le direzioni e nessuna. Nuove tasse, un libro non finito. Un film svedese. Uno cinese. Un festival. Una mostra. Un taglio di capelli orrendo. Una novità americana di cui Davide ha tanto sentito parlare ma non sa assolutamente niente di preciso, potrebbe anche essere una bella idea, se solo si riuscisse a capirci qualcosa da come la espone.

E poi cotoletta primavera, carciofini fritti, soufflé di patate e di verdure. Poi altre novità. Qualcosa sentito al telegiornale. Una notizia terribile. Un ragazzo giovanissimo ha ucciso i suoi genitori. Un'altra assurda ma allegra. E poi figli di amici che stanno per sposarsi. Biglietti presi per un prossimo concerto a Milano di un importante cantante straniero. E un'indiscrezione su un vip, uno dei soliti inventati, costruiti, o forse veri o falsi tradimenti. E poi la possibilità di andare allo spettacolo di Fiorello, anche se non si trovano più i biglietti, malgrado ormai costino più di una vacanza per un'intera famiglia.

Margherita improvvisamente si alza in piedi. Batte con la forchetta sul bordo del suo bicchiere.

"Un attimo di attenzione. Anch'io devo darvi una notizia. Magari non sarà importante come alcune di quelle che ho sentito fino adesso, ma per me fondamentale! Presto raggiungerò mia sorella Claudia. Aspetto anch'io un altro bambino ! "

Silvia, la madre di tutti e tre, si alza subito in piedi, allontana la sedia e va di corsa da Margherita. L'abbraccia, la riempie di baci. "Amore mio, che bella notizia. Tra un po sarò nonna di quattro nipotini! Sai già cos'è?..."

"Un maschio. Nascerà tra quattro mesi e mezzo ormai." |"Che bello! Avrete un maschio e una femmina, proprio

!come Claudia!"

La sorella maggiore mangia un altro carciofo fritto. "Io lo sapevo già. Da noi però il maschio è più grande!" "Avete già deciso il nome?" "Siamo indecisi tra Marcello e Massimo." Alessandro guarda sua sorella Margherita e poi alza un Isopracciglio. "Secondo me meglio Massimo..."

sClaudia e Margherita si girano verso di lui.

|"E perché?"

|"Be, quel nome è sempre stato vincitore..."

|"Ah..."

!Luigi si alza. "Sono d'accordo..." Mette le braccia sui fian

Ichi.

Fa la faccia convinta. E mostra la sua preferenza con con

?vinzione.

"Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante

dell'esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell'unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa e avrò la mia vendetta in questa vita o nell'altra."

"Sì, a lui piacerebbe Massimo. Il gladiatore."

"E certo. E magari un giorno ci faremo anche lo stesso tatuaggio, io e lui come quello del nostro grande capitano!" E da una visione storica è naturalmente scivolato in quella calcistica.

Silvia ride e torna al suo posto. Da un bacio al marito.

"Luigi, hai sentito che bella notizia? Hai visto che splendida famiglia abbiamo creato, amore mio?"

Silvia sistema meglio la sedia. Poi appoggia la mano sul braccio di Alessandro.

"E tu, tesoro? Quand'è che ci dai qualche notizia?"

Lui si asciuga col tovagliolo. "Anche subito, mamma, ma non so se è bella."

"Be, tu diccela. Poi te lo facciamo sapere."

"Ok. Signori, mi sono lasciato con Elena."

La tavola piomba in un silenzio improvviso. Gelido. Intenso. Claudia guarda a destra e sinistra. Alla fine interviene per salvare il fratello.

"Scusate, non è che ci sono altri carciofi?"

Poco più tardi. Tutti escono dal portone. Baci sulle guance. Strette di mano, promettendosi di rivedersi presto. Magari una pizza, un cinema, perché no. Anche se finisce quasi sempre che poi non se ne fa niente. Margherita raggiunge Alessandro che le dice "Ciao sorellina mia, sono felice per te!".

"Io no per te, dico. Mi piaceva Elena. Dove la trovi una così, ora?" e lo saluta con un bacio scuotendo la testa.

Claudia la guarda andar via. Poi si avvicina ad Alessandro. "Sembra sempre che lei sappia meglio di tutti come va la vita. O almeno il corso dell'amore..."

"Lo sai che lei è fatta così..."

"Così male. Troppo sicura. Sa tutto lei... Piuttosto, Alex... per un attimo pensavo dessi direttamente la vera, grande, notizia."

"Cioè?"

"Signori, mi sono messo con Niki, un'esplosiva diciasset tenne."

Alessandro guarda Claudia e le sorride.

"Sei pazza... così in un botto solo mi giocavo il saluto di mamma e soprattutto ci giocavamo papa... A quella notizia gli prendeva un colpo!"

"Per me invece papa è quello che la prendeva meglio. Tu lo hai sempre sottovalutato."

"Dici? Può essere..."

"Be, ti saluto" Claudia lo bacia sulla guancia con un sonoro schiocco e fa per allontanarsi.

"Claudia..."

"Sì?"

"Grazie, eh..."

"Di cosa?"

"Di quel carciofo che non ti andava più."

Claudia abbassa una mano nella sua direzione. "Naaa! Figu rati. Un'altra serata come questa e mi accompagni direttamente da Messegué."

"Lo faccio volentieri. Mangia, invece di prendere strane decisioni."

"Cretino! Piuttosto, avvisami sul serio quando decidi di dare l'altra notizia bomba... Mi metto a dieta due giorni prima!"

Sessantacinque

Giorni che scorrono lenti. Quando si è tristi. Altri che passano troppo veloci. Quando si è felici. Giorni sospesi mentre manca poco alla risposta dei giapponesi. In giro in auto col ed di Battisti. Enrico ha scelto una colonna sonora perfetta per loro. Niki improvvisamente esplode di felicità.

"Alex, mi è venuta un'idea fichissima..."

Alessandro guarda preoccupato Niki. "Aiuto. Dimmi."

"Proviamo a fare tutto quello che dice la prossima canzone?"

"Ok, però tutto tutto, eh?"

"Ah, io non mi tiro certo indietro..."

"Ok. Allora scelgo io la canzone..."

"No, non vale... Metti random e quello che capita, capita."

Alessandro spinge un tasto del lettore. Poi aspettano tutti e due curiosi e divertiti su quello che sarà il loro prossimo destino.

"In un grande magazzino una volta al mese, spingere un carrello pieno sotto braccio a te..."

"No, non ci credo... Ma è tostissima!"

"Ormai l'abbiamo detto e si deve fare. Forza partiamo."

Parcheggiano poco dopo davanti al supermercato al Villaggio Olimpico e scendono al volo dalla macchina. Un euro per un carrello. E decidono di riempire il frigo di casa per altre mille cene ancora.

"Magari un giorno potremo invitare tutti i nostri amici, no? Che ne dici?"

"E certo!"

Alessandro pensa a Pietro, Enrico, Flavio e soprattutto alle rispettive mogli insieme a Niki, Olly, Diletta ed Erica e compagnia bella. Sarebbe una cena perfetta. Magari un po difficile trovare gli argomenti giusti per tutti.

"E parlar di surgelati rincarati, far la coda mentre sento che ti appoggi a me."

E guardarla sorridere mentre corre nei vari reparti. Perdersi tra un'insalata da pesare e le pesche che le piacciono tanto. E tornare ragazzo. Mentre la canzone continua. E le prove diventano più difficili.

"Ma sei sicura? E se ti beccano i tuoi?"

"È tutto a posto... Ho detto che vado a scuola e poi dormo da Olly. Mi copre... E dai! Madonna, che fifone che sei! Sono io che rischio, no?"

"Come vuoi."

"Prepararsi alla partenza con gli sci e scarponi, esser svegliati presto prima delle sei..."

Alessandro la passa a prendere prestissimo, parcheggia un po lontano dal portone. E la vede uscire di corsa, tutta assonnata, ancora calda di letto. Poi partono veloci. E Niki dopo un po si addormenta sotto il suo piumino poggiato addosso. Lui la guarda mentre guida e sorride. E lei sembra quella cosa così bella per la quale non si trovano parole.

"E fermarsi in trattoria per un panino..."

E questo è più facile. Sono tutti e due affamati. E ordinano un panino grosso, alto, con il ripieno, appena tagliato, che sfugge via da tutti i lati. E ridono mentre mangiano.

"Ma quanto manca? È lontano? Siamo in viaggio da un sacco!"

"Tra poco siamo arrivati. Ma scusa, Niki, volevi la neve, no? C'è solo dopo il Brennero."

"Uffa! Ma questo Brennero è lontano!"

"È dove sta! E leva i piedi dal cruscotto, tesoro!"

r

!

È alla reception dell'albergo, per la prima volta emozionata nel dare i suoi documenti. Ma il portiere tranquillo non fa caso a nulla. Nemmeno all'età.

"E restar due giorni a letto e non andar più via..."

E anche su questo punto non ci sono problemi. È adesso che cominciano.

"Alex, posso chiamare i miei, sennò si preoccupano."

"Certo. Ma perché me lo chiedi? Hai il tuo telefonino, no?"

"Shhh, zitto, squilla. Pronto, mamma? Tutto ok."

"Ehi, Niki, ma dove sei? M'è comparso uno strano Austria..."

Alessandro compare sulla porta della camera e sgrana gli occhi e scuote la testa. Le dice sottovoce "Ma sei pazza? E ora che le dici?". Ma Niki ride. Sicura, tranquilla.

"Lo so, mamma, volevamo provare le tavole da snowboard. Siamo partite. Sì, dormiamo a casa della cugina di Olly e torI

niamo domani sera tardi."[

"Ma, Niki, perché non me l'hai detto, ma ti rendi conto?"

"Perché sennò ti preoccupavi come al solito e non mi lasciavi andare... mamma?"

Silenzio.

"Mamma, siamo andate col treno. E oggi pomeriggio dopo la sciata studiamo."

"Ok Niki... Ma richiamami più tardi..."

"Certo, mamma, salutami papa" e chiude. Fa un sospiro. "Cavoli, non me lo ricordavo proprio, hanno cambiato da poco il telefono del salotto, hanno preso quello con il chi è!"

Alessandro si mette le mani nei capelli. Va nell'altra stanza. "Non ci posso credere... in che guaio mi sono messo..."

Niki compare sulla porta.

"Il vero guaio è che ti costringerò a provare la tavola da snow!"

E più tardi sulle piste a ruzzoloni e tentativi vani e cadute nella neve. E Niki che fa da maestra a quell'avventuroso imbranato, che un po legnoso si lancia e cade. Ma non ha paura. Ha

ii

ritrovato la voglia di tentare, di cadere, di rialzarsi... E chissà, forse anche di amare.

Poi nella hall dell'albergo, provare una partita di biliardo strampalata, in cui ad andare in buca sono piuttosto le stecche. Poi la sauna e un po di tv. E poi in camera. Una telefonata a mamma.

"Sì, ho studiato fino adesso..." Una bugia che non fa male a nessuno. Ma un piccolo senso di colpa le viene lo stesso. Ma è solo un attimo. Poi attacca. Alessandro e Niki si guardano negli occhi. "E rincorrerti sapendo quel che vuoi da me..." E non c'è niente di più bello che prendersi.

E poi ripartire con calma, l'indomani, guidando senza fretta, sapendo che quello che cerchi ce l'hai lì vicino. Toccare ogni tanto la sua gamba per vedere se è tutto vero. E la strada che scorre sotto. E la musica che ti accompagna. E il mondo che va avanti. Ma non da fastidio. Non fa rumore. Alessandro abbassa un po il volume. La guarda dormire. Lì, sul sedile accanto. Leggermente imbronciata. Poi Alessandro sorride. I suoi piedi naturalmente sul cruscotto. E poi arrivare a Roma che con lei sembra un'altra città. "Chiedere gli opuscoli turistici della mia città e con te passare il giorno a visitar musei, monumenti e chiese parlando inglese e tornare a casa a piedi dandoti del lei."

"Ehi, guarda che tra poco io ho la maturità. Mi aiuti, vero?"

"Certo, che scherzi. D'altronde tu mi hai aiutato moltissimo con LaLuna."

Si

|"Ma non lo devi fare per sdebitarti... Lo devi fare perché ti va."

I"Ma no, lo dicevo nel senso di figurati se non ti aiuto,

Iquando possiamo ci dobbiamo dare una mano."

I"Non va bene lo stesso. Gira che ti rigira è sempre per un

Idebito."

"Oh, come la fai lunga. Allora non ti aiuto!"

"Ecco vedi, già va meglio così... È che sotto sotto non mi vuoi aiutare. Ma tu l'hai presa la maturità?"

"/esimi."

"Vecchio ! "

Un attimo di silenzio.

"Vecchio!" e Niki ride di nuovo. "E poi uno meno della per fezione! Che beffa!"

"Vedremo quanto farai meglio tu!"

"Ah, certo." Niki sorride e si appoggia su di lui.

"Perché no? Perché no?"

E poi la domanda più difficile. "Scusi lei mi ama o no?"

E la risposta più semplice. "Non lo so però ci sto!"

Sessantasei

Qualche giorno dopo. Le Onde e le altre ragazze stanno facendo un po di allenamento a pallavolo, tanto per tenersi in forma.

"Allora, sei pronta?"

Poi come un tuono. Bassi profondi e caldi escono da due casse di quello stereo poggiato per terra. La musica invade la grande palestra della scuola. Due vecchie Ali Stars rosse e bianche lì vicino tengono il ritmo. Conoscono bene quella musica. Una mano batte il tempo sul vetro della finestra. Niki smette di giocare. Si gira e va davanti a lui, con le mani sui fianchi.

"Allora insisti. Perché vuoi rovinare tutto quello che c'è stato di bello tra di noi?" kMa Niki non fa in tempo a finire che dal lettore parte una

Icanzone. Fabio fa un'espressione beffarda. E canta in playback

!la sua musica.

"Non è stato un caso se quella notte lì, giovane stella, cadevi nel mio letto... Non ne avevo voglia, questo io lo so. Dolci promesse e giovani bugie. Perché ora scappi. Ti fa male il passato. Ricordati che non è stato un caso... quella notte lì, giovane stella, cadevi nel mio letto."

Niki lo guarda. Ha gli occhi lucidi. "Sei proprio uno stronzo, Fabio. Un grandissimo stronzo, Fabio Fobia, o come cazzo ti chiami" e scappa via, prima di permettergli di vederla piangere. Lui non merita le sue lacrime. Fabio Fobia non preme "stop".

Lascia andare ancora un po la traccia. Si siede per terra. Incro cia le gambe. Si accende una sigaretta. "Che cazzo c'avete da guardare, giocate giocate..."

E alza la musica. "Ricordati che non è stato un caso... quella notte lì, giovane stella, cadevi nel mio letto."

Una ragazza passa la palla a chi dovrebbe battere. Ma Diletta ferma la palla, la fa rimbalzare per terra. Poi va vicino allo ste reo e lo spegne.

"Da fastidio questo rumore" e va verso gli spogliatoi.

"Sì, sì fate le fiche. Tanto è da noi che dovete passare poi se volete godere!"

Fabio si alza in piedi e da un calcio alla piccola vetrata sotto la finestra, rompendola. Poi esce dalla finestra e continua a fumare.

"Ehi, ti fai solo nemici così."

Fabio si gira. Olly è ferma sulla porta della palestra. "Perché ti comporti in questo modo, credi che faccia tanto personaggio? I tuoi pezzi possono essere anche belli, ma c'è troppa cattive ria... anche in te. E con la cattiveria non si va lontano."

Fabio Fobia da due tiri veloci. Poi butta la sigaretta per terra. La calpesta. Ci gira sopra la punta del piede con forza, spegnendola. Poi passa accanto a Olly, a un millimetro. Quasi la costringe a spiaccicarsi al muro. E le canta in faccia "Ricordati che non è stato un caso se quella notte, giovane stella, cadevi nel mio letto...". Fabio Fobia si riprende il suo stereo, se lo appoggia sulla spalla e poi passa di nuovo davanti a Olly. E, senza neanche degnarla di uno sguardo, si allontana nel cortile della scuola. Olly rimane ferma sulla porta della palestra. Lo guarda andar via così, con un pensiero distratto e qualcun altro ben più preciso.

Sessantasette

Alessandro è seduto sulla poltrona, in ufficio. Ha le mani dietro la testa, appoggiato sullo schienale in pelle. Guarda divertito le ipotesi della pubblicità di LaLuna, disposte in maniera ordinata sul suo grande tavolo. Una musica viene dallo stereo lì ;vicino. Mark Isham. Rilassante al punto giusto.

H"PoSSO?"

i"Avanti." Alessandro si ricompone. È Andrea Soldini.

"Vieni, Andrea, accomodati. Allora, novità? Non abbiamo bisogno di scorciatoie, no?"

iAndrea Soldini sorride, sedendosi di fronte a lui. "No.

fStiamo solo aspettando il verdetto. Ma mi sembra non ci siano

dubbi, no?"

(Alessandro si alza. "No, mi sembra di no. Ma è meglio non

icantare vittoria fino a quando non sappiamo cosa hanno deciso

|veramente questi benedetti giapponesi." Si avvicina alla mac

chinetta.

"Caffè?"

"Magari, molto volentieri." Andrea lo guarda armeggiare.

lAlessandro prende un pacchetto, lo apre, tira fuori due cialde,

lle inserisce nella macchina e preme il tasto.

("Sai, Alex, quando ti vedevo nel mio ufficio a trovare il mio

icapo, Elena, be, io non ti credevo così..."

i"Così come?"

j"Così diverso. Sicuro, tranquillo, piacevole. Ecco. Sei piacevole."

JAlessandro torna al tavolo coi due caffè, due bustine di zuc

\chero

e i bastoncini in plastica.

|

ì

k

"Non sappiamo mai com'è qualcuno finché non lo conosciamo di persona, fuori dai soliti contesti."

Andrea apre lo zucchero, lo versa e inizia a girare. "Già. A volte non la conosciamo neanche a viverci insieme."

"Cosa vuoi dire?" Andrea lo guarda.

"Io? Niente. A volte parlo così" e si beve il caffè.

Alessandro fa altrettanto. Poi lo fissa. "A volte davvero non capisco. Ma perché ti sottovaluti sempre e giochi al ribasso con te stesso?"

"Me lo chiedo anch'io da sempre, il problema è che non trovo la risposta."

"Ma se non ci credi tu in te stesso..."

" Sì, lo so, come potranno crederci gli altri?"

"Magari le russe, quella sera, ti trovavano simpaticissimo senza che tu dovessi per forza sentirti male..."

Andrea finisce il caffè. "Non mi ci far pensare... Se mi ricordo quella sera, mi sento male di nuovo..."

"Ti prego, risparmiami l'arrivo di un'altra ambulanza..."

Andrea sorride. "Capo... è un piacere lavorare con te."

"Anche per me averti in squadra. Tu non riesci a vederti da fuori. Ma ti assicuro che fai un'ottima impressione."

"Bene!" Andrea si alza. "Grazie del caffè, torno di là." Va verso l'uscita ma si ferma un istante. "Quella ragazza... Niki..."

"Sì."

"Non so se i giapponesi l'apprezzeranno, ma io credo che abbia fatto un gran bel lavoro."

"Oh, sì, anch'io. Questi disegni sono veramente nuovi e sorprendenti."

Andrea si ferma un attimo sulla porta. Poi guarda Alessandro e sorride.

"Non parlavo dei disegni..." e chiude la porta.

Alessandro non fa in tempo a dirgli nulla. Proprio in quel momento un bip dal suo cellulare. Guarda il display. È un messaggio. Lo apre. Niki. Lupus in fabula. Com'è che diceva Roberto Gervaso? "La vita è un'avventura con un inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi e tanti intermezzi scelti a

caso dal caso." Della serie... allora perché mi preoccupo? Leo nardo si ispira spesso a lui per i suoi biglietti a sua moglie. E stanno ancora insieme... Anche quello è un caso. Alessandro legge il messaggio di Niki. Sorride. E risponde più veloce che può. "Certo" e lo invia. Poi prende la giacca ed esce. Allora pre ferisco quella frase di un anonimo. "Ci si trova per caso. Ci s'in contra con un bacio."

Sessantotto

Niki esce dal portone. Si guarda intorno. Indecisa. Non sa dove andare. Alessandro suona due volte il clacson. Poi lampeggia. Niki si copre per un attimo gli occhi con la mano per vedere meglio, come un giovane marinaio di vedetta, più sensuale di tutti quelli di Querelle de Brest. Poi lo riconosce da lontano e subito corre verso quella macchina. Alessandro le apre lo sportello e lei si tuffa dentro.

"Presto, presto, parti che i miei stanno per uscire."

Alessandro mette in moto e in un attimo è già dietro l'angolo.

"Fiuuu..." Niki ride, "non ti riconoscevo. Ma..." Poi si guarda intorno. "Che ci fai con questa macchina? Hai capito che la vera creatività viene dal popolo, eh? Per questo hai preso questa carretta sfasciata, di la verità."

"Macché, è di mia madre. Gliel'ho chiesta e me l'ha prestata."

"Non ci credo. Hai già portato la tua ad aggiustare? Ma non dovevamo fare il cid? Guarda che Mario, il mio meccanico, te la faceva nuova e ti faceva pure guadagnare qualcosa."

Alessandro guida divertito.

"No, no, la mia è sempre abbozzata proprio come l'hai ridotta tu. Questa l'ho presa per te."

"Per me?"

"Sì... ha il cambio."

Niki guarda, vede la mano di Alessandro tra i due sedili.

Proprio in quel momento Alessandro scala dalla terza alla quarta.

"Ma dai... grazie! Sei troppo forte... Mi hai pensato..." Poi si ferma un attimo. "L'hai chiesta a tua madre? Per il cambio, per me... Ma quindi le hai detto anche di noi!" e gli salta addosso, lo bacia, facendolo sbandare.

"Buona, Niki, sennò abbozziamo anche questa!"

"Più di così? ! " Niki si ricompone. "E come fa ad accorgersene?"

"Le mamme si accorgono sempre di tutto. Pensa che questa macchina la usavo quando avevo la tua età." Mentre lo dice cerca di non far pesare quella strana verità. "Lei capiva se avevo fumato, se avevo bevuto e perfino se una non c'era stata o avevo fatto roba..."

"Roba? Ma come ti esprimi? Madonna, come sei antico! E poi scusa, hai fatto "roba" in questa macchina e ora ci porti in giro me?" e lo picchia per scherzo.

"Ma scusa, sono passati vent'anni!"

"E allora? È tutto quello che hai fatto dai tuoi diciotto anni a oggi che mi fa impazzire. Che poi vuoi dire da quando sono nata io praticamente a ora... Circa. Vorrei poter tornare indietro nel tempo, come un rewind sul dvd e rivederti. Anzi, no, direttamente al cinema. Sedermi in prima fila con un bicchierone di pop corn e guardarmi il film della tua vita, in silenzio, senza che nessuno mi disturbi."

"Be, questo potrebbe valere anche per me nei tuoi confronti. Anch'io vorrei essere in un cinema e vedere le scene più importanti della tua vita..."

"Sì, ma tu ti vedresti un corto! Non ti sei perso granché! Tu hai la possibilità di vivere tutto di me!"

"Anche tu. Il giorno più bello è quello che deve essere ancora vissuto..."

"Senti senti! Pum, questa te la sei inventata... E tutte le scopate che ti sei fatto in questa macchina, dove le metti? Te le dimentichi forse?"

Alessandro la guarda, gira più volte la testa verso di lei.

"Non ci credo."

"Che?"

"Sei gelosa. Sai cosa dice Battisti?"

"Ormai so tutto di Battisti. Certo che lo so. "Gelosa cara amica mia, è proprio un tarlo, una malattia, quella di non saper scordare ciò che da me non puoi sapere, tutti i miei amori precedenti fanno più male del mal di denti, tutti quei baci che ho già dato non vanno via con un bucato...""

"Sei ferrata, eh?"

"E ti credo... dopo tutte le compilation e le interpretazioni di Enrico che ho sentito negli ultimi giorni..."

"E allora lo capisci da sola che anche l'uomo soffre... Stessa canzone, lo dice sempre lui... "In confidenza amore mio qualche problema ce l'ho anch'io, per non parlare dell'effetto delle tue ex cose di letto"."

"Sì, sì, non cambiare discorso! Confessa! In questa macchina hai fatto l'amore, sì o no?"

Alessandro ci pensa su un attimo.

"No."

"Giura!"

"Giuro. Solo un bacio una volta al drive in di Ostia."

"Il drive in! Che culo! Io l'ho visto solo nei film."

"Pace?"

"A dirotto."

"Pace a dirotto?"

"Sì, è un mio modo di dire, quando mi va un casino di non litigare!"

"Ok, allora accosto così guidi. Non a dirotto, eh? Ogni tanto fermati."

L'auto lentamente si avvicina al ciglio della strada e si ferma. Niki passa sopra Alessandro.

"Niki, aspetta che scendo."

"Dai, non fare l'anziano, spostati da dentro, facciamo prima."

E un confuso intrecciarsi, si azionano le frecce, Alessandro sbatte sul cruscotto, "Ahia", una gamba messa di traverso, Niki

che ride. "Ma quanto pesi..." E quei jeans troppo stretti... Ma finalmente ognuno è al nuovo posto. "Vado?" "Vai. E piano."

Niki preme la frizione. Mette la prima. "Come sto andando?"

"Eh, benissimo... Forse perché ancora non vai. Premi l'acceleratore e lascia andare piano la frizione." Niki esegue. L'auto parte lentamente.

"Bene, ora metti la seconda."

Niki spinge di nuovo la frizione. E cambia la marcia. "Ecco fatto, seconda..." "Hai grattato."

"E come la fai lunga, l'ho messa, no?" E via così, nel traffico della sera. Una marcia dopo l'altra. Una grattatina qua e là. Qualche sussulto. Una freccia messa in ritardo. Una frenata di troppo. Alessandro mette le mani contro il parabrezza. "Ahia, ma perché freni così?"

"Scusa..." Niki ride e riparte. E di nuovo così, una scuola guida divertita.

"Tieni il volante alle dieci e dieci." "Ma è tardi."

"In che senso, devi tornare a casa?"

"No, è tardi alle dieci e dieci, il volante lo devo tenere già |adesso, no? Sennò sbattiamo!"

I"Carina..."

I"Una di quelle battute che dici in ufficio e tutti ridono...

IComunque mi stanco a tenerlo così..."

|"E io ti boccio."

I"E io faccio ricorso." Niki sbuffa e accelera. E riparte in

|,seconda. "Bene." E l'auto si spegne.

l"Male. E ti riboccio."

\-E via così, migliorando pian piano, accelerando ogni tanto,

\guidando lentamente, senza troppi strappi al motore.

|"Ehi, Niki, ma hai preso il raccordo."

?"Sì, è più facile" e si mette a cantare. "E tornare a viaggiare.

E di notte con i fari illuminare chiaramente la strada per saper dove andare. Con coraggio gentilmente, gentilmente. Dolcemente viaggiare..." piccolo tonfo che fa sussultare l'auto, "... evitando le buche più dure. Senza per questo cadere nelle tue paure, gentilmente senza fumo con amore."

"Che fai, ti fermi?"

"Sì, tanto ho guidato benissimo. Sono stanca." Niki parcheggia in una piccola piazzola di sosta. "E poi se è vero quello che mi hai detto, voglio inaugurare io la macchina di tua madre." Accende la radio e spegne tutto il resto.

Buio. Improvvisi sospiri. Mani che s'intrecciano, divertite, leggere. Sbottonano, cercano, trovano. Una carezza, un bacio. E ancora un altro bacio e una camicia che si sfila. Una cintura che si apre. Una zip che lentamente scorre. Un tuffo. Nel buio dipinto di buio. Felici di stare laggiù... Buio fatto di desiderio, di voglia, di trasgressione leggera. La più bella, la più morbida, la più desiderabile. Macchine che sulla strada passano veloci. Fari che illuminano in un lampo e spariscono. Fasci di luce pennellano bocche aperte, desideri sospesi, sofferti, raggiunti, presi, occhi chiusi, poi aperti. E ancora, ancora. Come tra le nuvole. Capelli arruffati e scomodi sedili, mani che danno piacere, bocche in cerca di un morso. E auto che continuano a passare così veloci che nessuno fa in tempo a cogliere quell'amore, che va a tempo di musica a caso, che esce dalla radio. E due cuori accelerati che non frenano, che dolcemente vanno a sbattere.

Poco più tardi. Un finestrino ancora appannato d'amore si abbassa.

"Ehi, fa caldo qui dentro."

"Da morire."

Alessandro si sta chiudendo la cinta dei pantaloni, Niki si tira fino in fondo la maglietta. Una luce improvvisa li prende in pieno viso. Accecandoli quasi.

"Ehi, ma che succede?"

"Un ufo?"

L

La luce si sposta lateralmente. Compare una scritta. Carabinieri.

"Scendete, per favore."

"Non ci posso credere" sorride Niki chiudendosi i jeans. "Appena in tempo."

Dalla pantera scendono due carabinieri, mentre Alessandro e Niki aprono i rispettivi sportelli.

"Documenti, prego."

Poi all'improvviso tutti e quattro si riconoscono.

"Ancora voi!"

Niki si avvicina all'orecchio di Alessandro. "... Ma non dovevamo vederci più? Tanto per rimanere in tema!"

"Secondo me ci seguono" poi Alessandro rivolto a loro "Ma li volete lo stesso i documenti?"

"Li dovete consegnare lo stesso..."

Il carabiniere più giovane si avvicina all'auto. Illumina con la sua pila l'assicurazione sul parabrezza.

"Scusi, ma lei non aveva una Mercedes un po abbozzata?"

"Sì..."

"E questa macchina di chi è?"

"Mia madre."

"Ah, di sua madre... Scusi, ma lei quanti anni ha?"

"C'è scritto sulla patente che ha il suo collega."

L'altro legge a voce alta. "... Quindi trentasette."

"A giugno" precisa Niki.

Poi il carabiniere apre anche la carta d'identità di Niki.

"E la ragazza invece diciassette."

"Diciotto a maggio" precisa sempre Niki.

"E che facevate qui?"

Niki sbuffa e sta per scattare. Alessandro le stringe il braccio, fermandola.

"Avevamo sentito dei rumori strani."

"Alla macchina di sua madre..."

"Sì, come vede è vecchia... Ci siamo fermati per controllare. Poi abbiamo visto che era tutto a posto e stavamo per ripartire quando siete arrivati voi."

Idue carabinieri si guardano un attimo. Poi riconsegnano i documenti.

"Accompagni la signorina a casa. Domani credo abbia scuola."

Alessandro e Niki stanno per risalire in auto, quando uno dei due lo richiama.

"Ehi, signore."

"Sì?"

Ilcarabiniere indica in basso, i suoi pantaloni. Alessandro se ne accorge e si tira su veloce la zip.

"Grazie..."

"Niente. Dovere. Dovesse mai incontrare i genitori della ragazza, non faremmo in tempo a intervenire."

T!

Sessantanove

Alessandro posteggia poco lontano dal portone di Niki.

"L'abbiamo scampata bella, eh? Pensa se arrivavano dieci minuti prima..."

Niki alza le spalle. "Seee, figurati. Mica si scandalizzano quelli. Sono i classici tipi da strani giornaletti, da chat room con nickname tipo II Temerario o Yoghi e hanno l'armadio pieno di film porno nascosti..."

"E da cosa lo capisci?"

"Oh, non me lo chiedere... Una donna le sente queste cose... E poi, sai, anche da come portano la pistola. In realtà è una proiezione del coso..." Niki fa una faccia maliziosa.

Alessandro si sporge e le apre lo sportello. "Va be va, buonanotte!"

"Che c'è, ti stai eccitando di nuovo?"

"Macché, ho una partita di calciotto. Tu che fai?"

"No, stasera sto a casa. Devo ancora studiare un po. Forse dopo passa il mio ex che mi vuole parlare."

"Ah" Alessandro si tira su, leggermente irrigidito. Niki se ne accorge. "Ehi, ma che fai? Sei pazzo? Se io sto con una persona è solo perché ci voglio stare. Quindi stai sereno, non rompere e ritieniti fortunato!" e gli da velocemente un bacio. Scende dalla macchina. "Grazie ancora per la scuola guida!" Guarda veloce a destra e sinistra, poi corre verso il portone e ci sparisce dentro. Senza girarsi, come al solito. Alessandro riparte con la macchina scalcagnata della madre.

|

ì

"Ehi, c'è nessuno?" Niki si chiude la porta di casa alle spalle. "Mamma, papa?"

Matteo compare dal fondo del corridoio. "No, sono usciti. Ti salutano..."

"Che ci facevi in camera mia? T'ho visto."

"Dovevo vedere una cosa al computer."

Niki si toglie la giacca e la butta sul divano. "T'ho detto mille volte che non devi entrare in camera mia. Meno che mai quando non ci sono io. E, cosa assolutamente vietata, usare il mio computer!"

Matteo la guarda. "Ehi, ma che t'è morta la maestra?"

"Cretino."

"Ho capito. Peggio... Il pensionato t'ha mollato."

"Ah ah, fai ridere da morire, e chi sei, il Ceccherini dei poveri? ! "

"Senti Niki, forse ti sei scordata questo" e tira fuori il Nokia. "Il filmatino compromettente l'ho già scaricato e salvato, ben nascosto."

"E dove lo hai messo?"

"Sì, e te lo vengo a dire a te. Ma allora non hai mai capito nulla di tutte quelle fiction poliziesche che vediamo insieme? Cioè, se consegni l'oggetto del ricatto sei finito ! "

Suonano alla porta.

"E ora chi è? Io aspetto Fabio ma ha detto che passava alle dieci."

"No, sarà Vanni."

Matteo va ad aprire. "... Sì, è lui. Ehi, ciao... Entra."

Un ragazzino alto come lui, coi pantaloni calati alla stessa maniera, e solo i capelli un po più biondi, entra trascinando le sue grosse scarpe.

"Allora, che fa tua sorella?"

"Ancora non gliel'ho detto."

"Ok, come vuoi. Che c'è della Coca Cola?"

"Sì, vattela a prendere in cucina. Intanto che io le spiego..."

Niki guarda Vanni andarsene di là, sparato, senza alcun problema.

"Ma non ho capito, Matteo, questo gira così, libero per casa nostra?"

"E che è un cane che lo devo tene legato?"

"Lo sai benissimo che mamma non vorrebbe."

"E tu non andrai certo a raccontarglielo. Allora ecco qua..." Matteo tira fuori dalla tasca un foglio piegato in quattro parti. Lo apre.

"Ti ho stampato tutto qui."

"Ah, ecco che facevi in camera mia. Guarda il colore della stampante che hai consumato."

"E quanto rompi. E leggi."

Niki guarda meglio il foglio. "Cosa? E che è 'sta roba?"

"Non dirmi che non li conosci?"

"E certo che li conosco. Ma li evito. E invece secondo te cosa dovrei fare?"

"Trovamene almeno uno e portamelo."

"Ma non esiste proprio."

"Non mi dire che ti vergogni, dopo quello che ti ho visto fare..."

"A parte che non mi hai visto fare proprio niente anche perché non ho fatto niente. E che trovo immorale mettere in mano cose del genere a un ragazzino come te."

"Primo: non sono solo io ma c'è pure Vanni. Secondo: non siamo ragazzini. Terzo: qui è dove puoi trovarli. Quarto: se rompi sai cosa faccio... prima lo mando a mamma che potrebbe anche coprirti, ma subito dopo lo mando a papa che arriva qui più veloce di Superman, e in un attimo non è che ti ricopre di insulti, ti prende proprio a calci!"

Niki strappa il foglio di mano a Matteo ed esce come una ifuria di casa, urlando "Non aprite a nessuno e se chiama

{mamma di che mi sono dimenticata una cosa giù nel motorino

Ie avvisami, capito?" Niki scende veloce le scale, piega il foglio

|e se lo infila nella tasca dei jeans. Ma guarda te. Tutte mi capi

"tano.

Anche un fratello maniaco. In quel momento le squilla il

cellulare. Lo prende e guarda il display. Ecco, ci mancava solo questo. Apre il Nokia.

"Dimmi."

"Ciao, sto passando."

"Non sono a casa."

"E dove sei?"

"Che te ne frega, mica te ne devo rendere conto."

"Senti, Niki, non litighiamo."

"E chi vuole litigare, Fabio... Ma fai ancora come se stessimo insieme... cosa che non è più da quattro mesi."

"Tre."

"A parte quella mia ricaduta che non vuoi dire rimettersi insieme. Solo scopare un'altra volta per poi chiudere definitiva mente."

"Come sei dura."

"Perché invece la tua canzoncina di oggi era tenera, no?"

"Ok, hai ragione, ho telefonato anche per quello. Ma ci pos siamo vedere invece di stare al cellulare?"

"Ok. Tra mezz'ora a viale Parioli, . Da Prima Visione."

"Ok, grazie... Principessa."

Niki chiude il telefono. Principessa... toglie la catena e si mette il casco. Sì, sul pisello. Prima mi piaceva un casino sen tirmi chiamare così da lui. Ora mi da un fastidio... Basta. Ho deciso. Glielo dico. E parte veloce con il suo motorino.

Settanta

Enrico entra a casa di corsa.

"Amore, dove sei? Scusa, sono in ritardissimo!" Camilla compare sulla porta della camera, perfettamente truccata e vestita. Tailleur scuro, ombretto leggero, lucidalabbra rosato. E poi un sorriso. "Lo immaginavo. Ti ho già preparato la borsa del calciotto."

Enrico la guarda. È senza parole. "Ma dove stai andando?" "A prendere qualcosa con quella mia amica della palestra. Ti ricordi? Quella con cui stavo al telefono l'altra sera. Viene anche un'altra ragazza." "Ah, sì. E dove andate?" "Non so, dobbiamo decidere." "Sì, ma di cosa avete voglia, in quale posto andate..." Camilla s'infila la giacca. "Boh, non lo so... ci vediamo in centro." Prende la borsa, ci mette le chiavi di casa e la chiude. "Scusa, eh, ma che io quando tu vai a giocare ti chiedo con chi giochi? O su quale azione segnerete? O cosa vi andate a prendere dopo?"

"Ma che c'entra? E poi noi perdiamo quasi sempre." Camilla scuote la testa e apre la porta. "Con te a volte è impossibile parlare. Ci vediamo dopo" e chiude la porta.

Ci vediamo dopo. Ma dopo quando? Enrico si siede sullo schienale del divano, in mezzo al salotto. O meglio, crolla. Le vorrebbe chiedere un sacco di cose. Tipo: allora, a che ora torni? Tieni il telefonino acceso? Oppure: non mi dire che non

prende. O peggio non mi dire che è scarico. Insomma, per dirla con una frase sola: ma devi proprio uscire? Si accorge di essere ancora più in ritardo per la partita. Si alza, va in camera da letto, trova il borsone, se lo mette in spalla ed esce. Mentre aspetta l'ascensore, gli viene uno strano pensiero. Non so perché ma stasera mi vedrei bene come arbitro... L'ascensore si apre. Enrico entra e preme T. Poi si guarda nello specchio. Ma quanto ci vuole ancora per avere quella benedetta o maledetta risposta dall'investigatore? Eppure io i soldi glieli ho dati subito. E che cavolo. Esce correndo verso la sua auto. Sale, mette in moto. Non so se faremo una bella partita o perderemo come al solito. So solo che non vedo l'ora che sia finita per tornare a casa. E soprattutto per vedere se Camilla sarà già tornata.

Niki da la tessera al commesso, che la passa sotto la macchinetta, visualizzando il nome.

"Ma questa di chi è?"

"Di mio fratello."

"Che si chiama?"

"Matteo."

"Non mi risulta."

"Glielo assicuro."

"No, dico, non mi risulta dalla tessera."

"Ah, scusi." Niki ci pensa un attimo. "Forse le risulta Vanni."

Spinge un tasto e si sente un bip. "Sì, Vanni sì. Ok, perfetto. Dunque, cosa desidera?"

Niki gli passa il foglio piegato in quattro. "Uno di questi film."

Il commesso scorre la lista, li passa in rassegna uno per uno. "Alcuni non li teniamo proprio. Quelli che invece abbiamo sono tutti fuori."

"Che pizza!"

Il commesso guarda meglio la lista. Alza il sopracciglio. "Alcuni nemmeno li ho visti. Per esempio questo. Nirvana! di

Frank Simon, con Deborah Wells e Valentine Demy. M'hanno detto che è da sballo. Ha anche una trama piena di colpi di scena. Tu l'hai visto? È un porno cult."

"No, purtroppo me lo sono perso."

"Vorrei darti qualcosa."

Niki lo guarda sospettosa.

Il commesso le sorride.

"Ma in cassa abbiamo solo qualcosa di gay. Ho visto che hai scelto solo roba etero."

"Eh, sì."

Qualcuno si avvicina al bancone e riconsegna un dvd riportato nei tempi massimi, gustato appieno. "Tenga e grazie, un porno doc... Jessica Rizzo non delude mai."

Il commesso lo prende e lo controlla. Poi sorride, felice e lo passa a Niki. "Eccolo qua! Era proprio in cima alla tua lista."

Niki prende imbarazzata il dvd. La persona che lo ha appena riconsegnato fa per andarsene, ma poi si volta di nuovo.

"Ehi, ma sei proprio tu? Niki! Lì per lì non ti avevo riconosciuta! Sono Pietro, l'amico di Alex..."

Niki sorride imbarazzata. "Certo... come no... Mi ricordo benissimo."

"Ah... Allora abbiamo in comune un'ottima memoria e anche qualcos'altro, vedo..." e indica col mento il dvd.

Niki cerca di uscirne. "Eh... sì... no... figurati. È che ho perso... cioè, è una specie di scommessa..."

"Guarda che per me sei grandissima. Dopo questa cosa poi... impazzisco. Senti, toglimi solo una curiosità. Lo vedi con Alex?"

Niki è scoraggiata. Inutile, tanto non lo convincerà mai.

"Sì, ma non glielo dire. È una sorpresa."

"Vi adoro! Beati voi. Io con mia moglie c'ho sempre provato, ma non ha mai voluto. Poi si lamentano che finiscono i matrimoni. Be, ora scusami, devo proprio scappare." Pietro la saluta e si allontana verso le porte scorrevoli del negozio. Poi si volta e rientra al volo. "Scusa, Niki, un'ultima cosa... Non è che avresti una delle tue amiche, sì, insomma... Una che ama queste

cose... da presentarmi? Sì, cioè, un po fuori dalle righe. Come te, ecco."

L'immagine di Olly si forma subito nella mente di Niki.

"No, mi dispiace... Alex si è beccato l'unica... fuori dalle righe."

"Ok, come non detto... va be, scappo che sono già tutti al campo. Ciao!"

Niki lo guarda uscire. Prende il dvd e se lo infila in borsa. Saluta il commesso che le fa l'occhiolino. Niki scuote la testa. Finita la mia reputazione. Anni di fatica buttati al vento. E con quest'ultimo pensiero esce dal negozio. Proprio in quel momento arriva Fabio. Accosta malamente la sua Opel Corsa C'Mon color Magma Red e cerchi in lega a cinque razze doppie. Musica a palla esce dai finestrini aperti. Scende sbattendo lo sportello. La vede.

"Ehi, ti piace? Volevo farti una sorpresa."

"Bora come te e la tua canzone."

"E dai non fare così..."

Fabio prova a baciarla. Niki scosta la bocca e gira il volto verso destra. Fabio allora cerca di abbracciarla e, prima che gli sfugga, la stringe forte.

"Ho sbagliato, mi manchi tanto, Principessa. Senza di te tutto diventa più stupido..."

Niki chiude gli occhi. Perché proprio adesso? Perché così tardi... Così troppo tardi. E si lascia andare tra le sue braccia, sconfitta dal dolore di quell'amore ormai perduto. Proprio in quel momento passa Enrico che sta andando a giocare a caiciotto. Rosso. Si ferma al semaforo lì davanti e nell'attesa, guarda fuori dal finestrino. Guarda quei due. Che belli. Come si abbracciano. Che coppia. E che bella ragazza, lei.

Poi Niki si scosta da Fabio. Solo ora Enrico la vede perfettamente. E la riconosce.

Ma quella... quella... Quella è la giovane diciassettenne di Alex... Quella per cui lui va pazzo!

La macchina dietro di lui suona. "Ahò, te vuoi move? E verde."

Enrico è costretto a ripartire. Che schifo. Mentre Alessandro gioca a calciotto, poi. Tutte uguali. E stasera... due arbitri in campo! E pieno di rabbia accelera veloce verso il campo.

Niki indietreggia. "Senti, Fabio. Siamo stati bene, è vero. Magari col tempo, che ne so, riusciremo anche a essere amici." Poi lo guarda bene in faccia. "Ma ora no. Non me la sento." Abbassa lo sguardo. "Ho bisogno di stare da sola."

Fabio le si avvicina. Le tira su dolcemente il viso. "Da sola? Mi stai dicendo una bugia. So che esci con qualcuno."

"Chi te l'ha detto?"

"È importante?"

Niki s'irrigidisce. Ha ragione. Ho sbagliato. Dovevo dir glielo subito. A voler essere buoni spesso si sbaglia. Ci si fanno mille problemi e invece si fa solo casino. "Sì, mi vedo con una persona da un po. Spero che diventi una storia bellissima."

Fabio si mette davanti a lei. "Più bella della nostra?"

"Più bella di quella che tu hai voluto rovinare. È troppo tardi."

Niki fa per andarsene. "E no! Tu non fai come cazzo ti pare!" e la strattona forte per la borsa che si apre. Il dvd cade sul marciapiede.

"E questo che roba è?" Fabio lo prende in mano. "Jessica Rizzo? Ma è un porno! Cioè, io per farti fare qualcosa, per smuoverti un minimo, ho dovuto penare e mo arriva questo qui... E tu che fai? Vai a prendere un porno da vedere con lui... E chi è? Mister Miracolo? Ma che t'ha fatto?"

Niki gli sfila il dvd dalla mano. "Quello che non hai fatto tu... E pensa che gli è venuto facilissimo. Mi ama." Niki si mette al volo il casco e parte in motorino. Fabio raggiunge il centro Idella strada e le urla dietro con la mano alzata.

I"Certo, certo... Facile. Sei sempre stata brava con 'ste cazzo

di frasi. Intanto sei circondata da gente falsa... vedrai! E voglio Iproprio vederti con questo qui come va a finire, manco tra

>tanto, dico... tra tre mesi. 'Sta stronza!"

Settantuno

Alessandro è in mezzo al campo. Corre intorno, passando ogni tanto la palla a chi distrattamente o volutamente gliela tira. Poco più lontano Riccardo, il portiere, si riscalda in porta parando come può i tiri di alcuni giocatori. Finalmente entra in campo Pietro. Riccardo para un pallone bloccandolo contro il petto.

"E meno male! Ma come mai arrivi sempre in ritardo?"

Pietro entra facendo uno scatto. "Sono pronto, prontissimo!"

"Che, hai fatto una sveltina che sei così allegro?"

"Macché!" Si scalda lanciando i piedi all'indietro, correndo su se stesso e cercando di colpirsi il sedere.

"È che, Alex..."

Alessandro da lontano lo sente e si gira verso di lui. "È che, cosa? Mo è colpa mia se fai tardi?"

"Magari fosse colpa tua... no, è che c'hai un culo!"

Alessandro lo guarda ma non capisce.

"Dopo ti spiego..."

"Sì, sì..." fa Riccardo, il portiere, "intanto almeno lui arriva sempre puntuale. Tu invece, caro Pietro, ti sei già beccato diversi richiami. Un altro e ti sospendo per un mese."

"Esagerato!"

"Guarda che c'è un sacco di gente che vorrebbe giocare con noi e io non li chiamo per far posto a voi che arrivate sempre in ritardo, invece di essere felici e soprattutto puntuali! Sembra che mi state a fare un piacere."

Proprio in quel momento entra in campo anche Enrico. Ma non è allegro e solare come Pietro.

"Eccolo, è arrivato pure lui... e meno male, eh? Possiamo iniziare."

"Scusate, ho fatto tardi..."

Riccardo lancia il pallone a centrocampo. "Sì, sì... battete va..."

Enrico si avvicina ad Alessandro. Ha la faccia dispiaciuta. Lo fissa triste. Alessandro se ne accorge.

"Enrico... ma che hai? Oddio... non mi dire che ti dovevo passare a prendere e me ne sono scordato."

"No, no."

Ma il gioco è appena iniziato. Hanno appena battuto. Un avversario col pallone al piede passa in mezzo a loro, correndo diretto verso la porta. Subito dopo arriva Pietro che gli corre dietro.

"Ehi! Giocate! Ma che cazzo state a fa? I pali della porta? Dopo... di fica parlate dopo!"

Alessandro comincia a correre, mentre Enrico lo guarda ancora un attimo... Poi inizia a correre anche lui. Si allarga sulla fascia seguendo il gioco. Magari potessi parlare. Ma no, ci sta rebbe troppo male. Dev'essere lei a dirglielo, mica io. Poi si mette tranquillo ad aspettare il pallone a centrocampo sulla sinistra. E Pietro poi che dice ad Alessandro che c'ha culo... Sì, culo. Quant'è cretino Pietro. L'unica fortuna di Alessandro è che almeno non deve pagare un investigatore.

Settantadue

Stanza indaco. Lei.

"E allora capì con estrema lucidità quanto disperata fosse la sua situazione. Sentì di trovarsi al centro della Valle delle Tenebre e che tutta la vita stava svanendo. Si accorse di dormire molto e di avere sempre sonno... Guardò nella stanza. Il pensiero dei bagagli lo gettò nello sconforto. Decise di non farli fino all'ultimo momento."

Già. I bagagli. Anch'io dovrei uscire e comprare lo zaino. La partenza è vicina. Ma prima di riempire la sacca e lo zaino, dovrei decidermi a mettere via qualcos'altro. Qualcosa che forse non si vede, non si tocca ma si ricorda. Guarda fuori dalla finestra. C'è il sole e tra poco ha appuntamento in centro per comprare le ultime cose che servono.

"Dov'era? Gli sembrò di trovarsi in un faro. Invece era il suo cervello che emanava una luce bianca, accecante che roteava sempre più veloce... Questo solo capì... E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere. "

Sorride. Gioia e dolore. Non c'è niente da fare. L'amore che lo portò alle stelle è lo stesso che lo ha fatto cadere. Che bello. E che brutto. Ma io mi sono rialzata. Sto per ripartire. Ce l'ho fatta. E un giorno vorrei poter dire grazie a questo Stefano.

Settantatré

Altra casa. Altra stanza. Altro colore. Loro due.

Com'era? "Nessun rapporto umano da l'uno in possesso dell'altro. In ogni coppia d'anime i due sono assolutamente diversi. In amicizia come in amore, i due, a fianco a fianco, sollevano le mani insieme per trovare ciò che né l'uno né l'altro può raggiungere da solo." Diletta sfoglia il vecchio diario della prima liceo. Sì, era questa. L'ha ritrovata. Sulla scrivania lì accanto, un vassoio con due tazze grandi e colorate e un bricco fumante aspettano di essere riempite di tisana ai frutti di bosco. Ogni tazza ha stampata sopra un'iniziale. O. N. D. E. Diletta le ha trovate a Porta Portese. Si siede sul letto e legge a voce alta la citazione. Olly, seduta per terra a gambe incrociate, storce il naso.

"Senti, ma perché sempre con questi discorsi? Fatti uno e basta! È quella la risposta! Altro che codesto Kalil, Khilil insomma Gibran qualcosa o come cavolo si chiama! Stai sempre a filosofeggiare!"

"Olly! Non so com'è ma la tua acidità è direttamente proporzionale ai tuoi periodi d'astinenza!"

"No, carina, veramente io ho dato anche ieri sera! Con uno del Bbc! E devo dire che... guida proprio bene! Specie quando mette le marce!"

"Olly!"

"Sì, sì, Olly, Olly, intanto io mi diverto e invece tu sei sempre qui, con la faccia appesa perché ti obblighi a non battere

chiodo. Prendi esempio da Erica. Dov'è ora? Non c'è! Di sicuro è a farsi un giro e forse neanche con Giò Condom."

"Condoni?"

"Geniale, eh? Mister sicurezza... Proprio quella che secondo me sta stancando Erica, per me ce la giochiamo. E Niki? Si è imbarcata su una nave troppo grande per lei... Le Onde sono in un periodo di grande mareggiata... Tranne te. Potresti fare una serie tv sulle tue vicende da Onda, ho anche il titolo: Calma piatta..."

"Ma che vuoi? Io ti volevo solo leggere qual è la mia idea di rapporto, di amore. Quando appartieni a qualcuno già non va bene, ti limita, rischi di perdere te stessa. Io voglio un amore libero, grande, un paradiso naturale. E mica è facile trovare uno che la pensa così."

"Che pensa non lo so, ma che si farebbe volentieri un giretto con te sì che è facile!" Diletta scuote la testa.

"Va be, allora hai ragione tu... Ma poi che ne sai, Diletta, se non ti butti mai?" Olly si alza e inizia a riempire le tazze con l'acqua calda. Poi infila in ciascuna le bustine della tisana. Prende il vassoio e lo appoggia sul letto. Offre la tazza a Diletta stando bene attenta a scegliere la lettera giusta. Le sollevano al cielo, in un brindisi analcolico profumato di mora e mirtillo.

"Alla E e alla N che sono rimaste nella credenza in cucina e a chi ha il coraggio di buttarsi... e non di sotto!" Ridono. E Gibran le guarda dal diario lasciato aperto.

TI

Settantaquattro

Gli spogliatoi sono pieni di giacche e pantaloni appesi ai gancetti. Borsoni grandi e colorati, alcuni con vecchie scritte di società sportive improbabili, forse scheletri di un passato più attivo, sono appoggiati per terra o su qualche panca di legno. Odore di chiuso e di scarpe. Qualche giocatore è ancora sotto la doccia.

"Oh, comunque per me è la difesa che non funziona. Deve giocare ancora più alta."

"Ma di che, perché il centrocampo, scusa? La palla girava, secondo te?"

"Ma Antonio s'è mangiato una marea di gol davanti alla porta. C'ha un tiro a banana!"

Alessandro finisce di frizionarsi i capelli con l'asciugamano. Poi si siede sulla panca. "Ragazzi, però è l'ennesima sconfitta... Arriva un momento nella vita nel quale uno deve accettare la realtà. Questo è quel momento... Smettiamo."

Pietro gli si siede accanto. "Macché Alex. Siamo fortissimi. È che giochiamo troppo individualisti, tutti che fanno i fenomeni! Ci vuole più spirito di squadra. Cazzo, loro a livello di giocatori erano molto più deboli, ma hai visto che gioco di squadra? Noi eravamo sempre con uno in meno in difesa..."

"E ti credo, tu non tornavi mai..."

"Oh, non c'è niente da fare, è sempre colpa mia..."

Enrico si è già vestito. Mentre Flavio cammina nervosamente su e giù per lo spogliatoio. Alessandro se ne accorge.

"Ehi, Flavio, che hai?"

"Vi lamentate della difesa. Ma io ho corso una cifra. Ho il cuore a duemila. Senti..." Flavio si porta la mano alla gola. Allarga le dita per sentire le vene sul collo. "Senti, senti a quanto va..." Si avvicina ad Alessandro e prende la sua mano.

"Mi manca l'aria. Sto ancora sudando. È la seconda voltaJ

che mi asciugo la fronte..."J:

Enrico gli si avvicina e sente anche lui il suo battito. Poi levah

la mano dal collo. "Macché, è normale. Così deve battere dopoIji

una partita. Sei adrenalinico. Tutto qua."j,j

"Ma continuo a sudare."f

"Perché hai fatto la doccia troppo calda."|

"No, non recupero... mi manca l'aria" Flavio si avvicina al lavandino, apre l'acqua fredda e la fa scorrere. Poi si bagna la faccia lì sotto. Poi si asciuga. "Boh, vediamo se così starò un po meglio..."

Gli altri hanno quasi finito di vestirsi. "Che facciamo, pizza alla Soffitta?"

"Sì, mi va."

"Allora ci vediamo tutti lì davanti."

Flavio si toglie l'accappatoio e continua ad asciugarsi coi lembi. "No, io vado a casa. E tenete accesi i telefonini, che se ho bisogno... Non voglio svegliare Cristina, chiamo voi."

Alessandro chiude la sua sacca. "Vuoi che ti aspettiamo?"

"No, no, andate. Però non spegnere il telefonino, almeno tu, eh?"

"Ok. Comunque, qualunque cosa, se non prende, siamo alla Soffitta."

Flavio s'infila la camicia. Poi riprende l'asciugamano, se lo passa sulla fronte. Nulla da fare. Ancora suda. Ancora battiti accelerati. E se non mi passa? Chissà quando mi addormento. Poi domattina devo anche alzarmi presto.

Settantacinque

"Oh, certo che Flavio è veramente ipocondriaco cronico." Pietro raggiunge gli altri al tavolo in fondo al locale della Soffitta. "Ma se poi ti prende così, che giochi a fare... Ti rovini la vita e basta. Allora stattene a casa, rilassati, vediti un film... ma non di quelli che fanno paura, eh? Dovesse prenderti comunque un colpo ! "

"Dai, poraccio, dev'essere terribile..."

"Figurati per noi quando fa quella faccia appesa da moribondo."

Enrico apre il menu. Pietro glielo chiude. "E dai, lo sai già quello che danno qua. Pizza alla pala tre o quattro gusti."

Alessandro batte la mano sul tavolo, divertito. "Io voglio una D'Annunzio! C'ho una fame..."

"E ti mangi aglio, cipolle e peperoncino?" dice Pietro malizioso.

"Be, mica non li digerisco."

"No, però... visto l'incontro particolare che hai dopo..."

"Sì, col mio letto! Vado a casa, mica ho appuntamenti."

Pietro resta per un attimo in silenzio. "Uhm..." Poi apre il menu. "Vediamo un po..."

Alessandro glielo chiude. "Scusa, hai detto che lo conosci a memoria?"

"Sì, ma non mi ricordavo bene cosa c'è nella Centurione..."

"Tu non me la dai a bere. Perché svicoli con la scusa del menu? Prima hai fatto la faccia strana. Hai detto pure uhm."

"Ma di che."

"Sì, hai fatto una faccia strana. Tu non la fai mai a caso. Uhm. Tu non fai mai uhm per niente."

"Ma niente."

"Tu non fai mai niente per niente."

Pietro guarda Enrico. Poi di nuovo Alessandro. "Ok. Che vuoi sapere?"

"Cosa significava quell'uhm misto a faccia strana."

"Anche se questo può mettere a rischio la nostra amicizia?"

"Addirittura? Spara."

Pietro si allunga verso di lui. "Dai, dammi la mano. Prometti che qualunque cosa ti dirò, non avremo problemi."

"Ma problemi di che?"

"Tipo non essere più amici."

"Senti, Pietro, falla finita e parla."

"Dammi la mano."

Alessandro allunga la mano, Pietro gliela stringe e non la molla. "Se ti dico questo tu mi devi un favore, ok?"

"Pure? Così, al buio? Non ci sto."

"E allora non se ne fa nulla." Pietro ritrae la mano.

"Ok, ok. Restiamo amici e ti devo un favore, di quelli accettabili però... Forza, parla."

Pietro guarda Enrico. Poi Alessandro. Poi Enrico. Poi di nuovo Alessandro. Non sa proprio come dirglielo. Poi si butta.

"Ok. Niki ha preso un porno. Pensavo che stasera lo vedesse con te."

Sul tavolo scende il gelo.

"E tu che ne sai?"

"Gliel'ho dato io."

"Cosa?" Enrico strabuzza gli occhi. "Tu hai dato un porno a Niki?"

"Ma che hai capito. Sono entrato in videoteca per riconsegnarlo e Niki era alla cassa che lo aspettava."

"Quello?"

"Non so se proprio quello o uno qualsiasi, ma un porno sì.

Aveva una lista in mano. Ha preso quello di Jessica Rizzo. Bello, intenso. Lei prende certi..."

"Basta, mi stai dicendo una cretinata."

Pietro lo guarda male. "Ecco, lo sapevo. È a rischio la nostra amicizia?"

Silenzio.

Pietro insiste. "Rispondi!"

"Ma no, no, certo che no."

"E allora come puoi pensare che ti dico una cazzata di questo genere, che scherzo è?"

Alessandro fa un lungo respiro. "Bene, ok, Niki ha preso un porno. E non per vederlo con me. Magari lo guarderà con le sue amiche."

Pietro lo guarda improvvisamente sorridente. "Sul serio sono tipe così?"

"Be, da quello che mi ha raccontato... una è un po strana. Potrebbe essere... magari lo fanno per divertirsi un po, per farsi due risate, saranno curiose di capire che ci troviamo noi uomini in quei film."

Pietro, vedendo che sta diventando una specie di esperienza educativa, è fortemente deluso. Poi Alessandro guarda Enrico che tiene gli occhi bassi.

"No, Enrico? Può essere, vero? Tu che ne dici?"

Enrico alza la testa e lo guarda. "No. Io non la penso così." Poi si gira verso Pietro. "Il dvd l'hai riportato a Prima Visione, lì ai Parioli?"

"Sì, che ne sai?"

"Mentre venivo a giocare ho visto Niki."

"Si vede che stava entrando."

"No. Era appena uscita."

"Eh, si vede che stava andando via."

"No. Era con un ragazzo."

"Sarà stato un suo amico."

"Stavano abbracciati fuori dalla videoteca."

Alessandro sbianca di botto. Pietro se ne accorge, cerca subito di rimettere a posto la situazione.

"Ma magari non era lei, ti sei confuso."

"Nello stesso posto, alla stessa ora e dopo che ha preso quel dvd proprio da te? E poi quella ragazza è difficile confonderla..."

Proprio in quel momento arriva al tavolo una giovane cameriera bassa e cicciotta, con un grosso piercing al naso e qualche sbuffo arancione tra i capelli. Apre il blocchetto delle ordinazioni.

"Allora? Volete ordinare?"

Alessandro si alza di botto, sbatte la sedia ed esce dal locale.

"Eh, che ho detto di male?"

"Ma niente, niente, signorina. Sì, sì ordiniamo... Ci porti tantissima birra. Ah, e c'avete la pizza Disperata?"

Alessandro è sul marciapiede. Prende il Motorola, scorre la rubrica e compone il numero. Spinge il tasto verde. Uno, due, tre squilli. E dai, cazzo. Cazzo. Rispondi. Che stai facendo? Dove sei? Quattro. Cinque. Rispondi. Quel cazzo di cellulare ce l'hai sempre in tasca. E prendilo. Sei. Sette.

"Pronto."

"Niki? Dove cavolo sei? Dov'eri, dove stavi?"

"In bagno, mi stavo lavando i capelli. Ma che succede?"

"A me? Che succede a te."

"A me? A me niente, ho studiato un po e ora me ne vado a letto."

"E non hai fatto nient'altro?"

"No... Ah sì, come no, quel verme di mio fratello, sempre con la solita menata del ricatto col nostro video insieme, mi ha costretta ad andare a prendere un porno per lui e il suo amico depravato Vanni. Ho incontrato anche il tuo amico Pietro. Certo che è un tipo, eh? Stava riportando un porno con la Jessica qualche cosa. Te l'ha detto?"

Alessandro si ferma. Recupera un po di fiato. Si rilassa. E ricomincia a sorridere.

"Ehm, no, è scappato subito via dal campo. Doveva tornare presto."

"Ah, poi sono stata un po col mio ex per strada. Te l'ho detto che mi voleva parlare, no? Pensa che mi ha raggiunta lì a Prima Visione. M'ha fatto una scenata e ha provato pure a baciarmi. E poi... È stato terribile."

"Che cosa?"

"Quando ti accorgi che non te ne importa più nulla di qualcuno che hai tanto amato..."

"Già."

"Alex?"

"Sì?"

"Sarebbe bello stare per sempre così..."

"Cioè?"

"Che tu mi chiami improvvisamente nella notte quasi disperato... solo per sentire la mia voce."

Alessandro si sente colpevole.

"E già."

"Se tra me e te finisse adesso, ci ameremmo per tutta la vita."

"Preferisco rischiare."

"Così mi piaci. Ci sentiamo domani. Dormi bene."

"Anche tu... tesoro."

"Mi hai detto tesoro ! "

"Sì, ma non prenderlo alla lettera."

"Uffa. Ti chiamerò Uomo-Gambero. Un passo avanti e tre indietro. Eppure quando vuoi... sei un polipo!"

"Eh, spero presto! Buonanotte."

"Alex, aspetta..."

"Che c'è?"

"Non attacchiamo!"

Alessandro ride. "Ok."

"Com'è andata la partita?"

"Bene... abbiamo perso!"

"Ah, allora male!"

"No, no, bene. È che non amo sconvolgere le mie abitudini..."

"Allora ora siete a mangiare come sempre."

"Sì, sono tutti dentro al tavolo che mi aspettano per ordinare."

"E tu sei uscito solo per chiamare me?"

"Sì."

"No, sei troppo carino! Allora dai, vai, almeno ceni..."

Rimangono per un attimo in silenzio.

"Alex?"

"Si?"

"Quello che stai pensando lo penso anch'io..." e chiude.

Alessandro sorride, guarda il cellulare e se lo rimette in tasca. Poi rientra in pizzeria. Pietro ed Enrico smettono di bere la birra vedendolo arrivare. Sono preoccupati, poi sorpresi. Lo vedono sorridere. Alessandro si siede.

"Allora? Ordiniamo?"

"Ma come, non sei arrabbiato?"

"Ammazza, è proprio forte 'sta donna, qualunque cosa t'ha inventato, t'ha fatto bene."

"Ma arrabbiato per cosa?" Alessandro frega il boccale a Pietro e da un lungo sorso, pieno e di gusto.

Enrico scuote la testa. "Preferisci non crederci, eh? E poi dici che sono io il visionario."

Alessandro prende anche il boccale di Enrico e beve di nuovo. Poi si asciuga la bocca col tovagliolo.

"Ragazzi, grazie a voi ho capito una cosa. Il matrimonio fa male. Rende sospettosi. Ti fa vedere le cose distorte."

"Ecco perché resisti... Be, anche noi due abbiamo capito una cosa." Pietro si sfrega le mani. "Sappiamo qual è il favore da chiederti."

ti

Settantasei

Il giorno dopo. Viale Regina Margherita. Alessandro li guarda e scuote la testa.

"Tutto mi sarei aspettato, meno che questo tipo di favore."

Enrico e Pietro camminano divertiti vicino ad Alessandro, prendendolo sottobraccio. "Scusaci, eh? Tu ti diverti come un pazzo, sei tornato ragazzino, guarda..." Pietro gli mette una mano sulla pancia. "Avrai perso due chili, ti vedi addirittura i porno come facevamo quando eravamo ventenni. E noi? A noi niente? Ci vuoi tenere fuori dai giochi?"

Alessandro si libera dal braccio di Pietro.

"Allora, primo. Non ho visto nessun porno con Niki. Secondo. Mi avete incastrato chiedendomi un favore che..." Alessandro fa la voce di Marlon Brando, "... non posso rifiutare. Terzo. E forse è la cosa più importante" Alessandro li guarda entrambi. "E forse non ve la ricordate... ma tra me e voi c'è una piccola differenza. Voi siete sposati!"

Poi rivolgendosi soprattutto a Enrico.

"Il matrimonio è come un fiore. Va controllato ogni giorno, curato, annaffiato, va seguito con amore, va alimentato..."

"Ah, su questo sono proprio d'accordo." Enrico fa su e giù con la testa. "Anzi, vorrei proprio sapere quando avremo qualche risposta."

"Ho capito, ma tu non aspetti neanche di sapere la verità che già ti comporti così!"

"Ma che c'entra, questo è un gioco..."

Pietro che non sa niente, cerca di capirne un po di più. "Scusate, ma mi potete spiegare? Non sto capendo..."

Enrico guarda Alessandro. "Infatti non c'è proprio nulla da capire."

Alessandro cerca di mettere a tacere la cosa.

"Sì, proprio niente... Pietro, non ti preoccupare... è un discorso tra noi."

Pietro alza le spalle. "Be, come volete."

Alessandro si ferma davanti al ristorante. "Allora, vi ho spiegato le regole, eh..."

"Ma quali regole. Qui è come uno speed date. Come va va."

"Pietro, ma che ti sei rincoglionito? Che figura ci faccio io?"

"À la guerre comme à la guerre" e Pietro s'infila veloce nel ristorante. Un locale bianco, trasparente, completamente nuovo. Il Panda.

"Ma guarda che stronzo. Mannaggia a me e a quando non mi sono rimangiato la parola. Dai, Enrico, entriamo. Guarda che se almeno tu non mi aiuti, m'incazzo di brutto, sappilo..."

Enrico sorride. "Lo sai benissimo che io sono venuto per gioco. Vorrei stare da tutt'altra parte."

"Ok, dai, vediamo che combina quel deficiente."

Pietro è già al bancone. Ha aperto una bottiglia di champagne e la sta versando in alcuni calici.

"Ma guarda..." Alessandro cerca di raggiungerlo ma è troppo tardi. Pietro è già sparito in fondo alla sala.

"Eccomi qua, non potevo presentarmi a mani vuote."

Enrico e Alessandro in un attimo sono accanto a lui. Pietro si muove elegante intorno al tavolo.

"Tieni" e passa un calice, "ecco, prendi anche tu... E ora un brindisi! A Niki e le sue amiche!"

Niki alza il suo calice. "Allora, lei è Diletta."

"Ciao!"

"Lei è Erica."

"Piacere."

"E lei infine è Olly!"

n

Pietro passa il calice all'ultima. Poi si sofferma su Olly che lo saluta con un bel sorriso.

"Ciao..." |"Ciao a te."

Pietro si gira divertito, tutto euforico, immaginando quello che potrà accadere.

"Questi invece sono i miei amici. Lui è Enrico..." Enrico alza la mano, un po imbarazzato. "Salve." "Lui è Alex." Pietro sorride e poi guarda Niki. "Una di voi lo conosce già bene. Fin troppo bene. Me lo ha fatto pure dimagrire. Ora, non so le altre..."

Niki da una spinta a Pietro. "Le altre non lo conosceranno mai così bene."

"Giusto! Hai ragione..." Pietro solleva il bicchiere. "E allora brindiamo. All'amicizia, e che non vada mai tradita." Tutti sollevano i calici.

"E casomai a quegli altri tradimenti che rendono gli amici ancora più amici."

Le ragazze si guardano, non capendo bene. Olly alza le spalle. "Boh, comunque a me sembra una cosa fica" e urta divertita il bicchiere contro quello di Pietro. Anche gli altri brindano.

["Cin cin!"

rUn cameriere si avvicina a Pietro. "Signore, il tavolo è

Ìpronto come mi aveva chiesto lei."

'^"Benissimo."

ìPietro prende dalla tasca della giacca un biglietto da venti

|'"euro e glielo passa da dietro, con la mano chiusa, per nascon

i,derlo

agli altri. "Signori, prego, il nostro pranzo ci aspetta..."

'e lo seguono in una stanzetta separata proprio in fondo al

f.ristorante. Niki si avvicina ad Alessandro e lo prende sotto

braccio.

',"Ehi, mi piace un sacco quest'idea, è divertente! Sei stato

troppo carino."

lLui le sorride e appoggia la mano sulla sua. "Ti piace dav

!vero?

Pensavo ti saresti arrabbiata quando te l'ho chiesto..."

L

"Ma no, anzi. Vuoi dire che sei sereno, che stai bene con me e mi fai conoscere i tuoi amici..."

"Ah, certo."

"E poi sono contenta che conoscano anche le mie amiche, almeno quando faremo una cena a casa potremo invitare anche jw e ci sentiremo tutti a nostro agio."

"E certo... E saranno soprattutto felicissime le mogli dei miei mici!"

"E che problema c'è? Invitiamo anche loro, no?"

"Con le tue amiche? Sai che succederebbe? I soliti due cara- linieri verrebbero a cercarci tra le macerie del palazzo per non >arlare del vicino di casa che quando sente le urla ci spara diretamente dal suo terrazzo."

"Dici?"

"Speriamo che oggi finisca tutto prestissimo."

"Ok e ricordati che mi devi un favore."

"Me lo ricordo."

"Guarda che è un favore a scatola chiusa, eh?"

"E noi l'apriremo" dice Alessandro scuotendo la testa e indando verso il tavolo. La devo smettere di accettare di fare avori con questa facilità.

"Ehi, venite, mancate solo voi."

Pietro batte con la mano sulla spalliera di una sedia. Ha asciato i posti laterali a Niki e Alessandro.

"Allora, gente. Qui si mangia una cucina favolosa, mediter¦anea. Tocchetti di formaggio accompagnati con miele dagli iromi più diversi o frutta, che legano con piatti di affettati. ppure insalate d'arancia, pere e noci con pezzetti di chateau?riand. Insomma, tutto quello che può suggerire e spingere dl'erotico. Quindi è giusto che stasera offra chi lo ha fatto nei posti più strani ultimamente..." Pietro guarda Alessandro. "E io direi che tocca a te... Sei d'accordo, ragazzo dei gelsomini?"

Alessandro resta a bocca aperta. Niki si gira di botto verso Erica. "Non ci credo. Erica!"

"Olly aveva visto che parlavamo e mi ha chiesto cosa mi avevi detto... E così io..."

Olly apre subito le braccia. "Ma che c'è di male? Pietro mi ha solo chiesto se sapevo qualcosa di piccante su di voi! Mi sembrava divertente! E poi è un amico, no?"

Alessandro scuote la testa. Poi prende il bicchiere di champagne. "Sì, certo, l'amico del giaguaro!" e lo butta giù.

Diletta si guarda in giro, un po stralunata. "Ma che è questo ragazzo dei gelsomini?"

Alessandro prende il menu e lo apre. "Ok, ok, scegliete quello che volete e mangiate tantissimo. Sono felice di pagare io purché si parli di altro!" Poi sorride a Niki. "Care, dolci, fresche... Onde, silenziose!"

Continuano così, ordinando, ridendo, tornando indietro nel tempo Alessandro e i suoi amici, crescendo di botto Niki e le sue amiche. E poi tutti nel presente. Mondi ed età a confronto.

"Ma voi c'andate in discoteca?"

"Spessissimo!"

"Bugiardi!"

"Siamo stati al Goa per la festa di Giorgia."

"Sì, per i suoi quarant'anni."

"Una tristezza..."

"Sì, i suoi primi e ultimi quarant'anni."

Diletta interviene. "D'altronde una può essere già vecchia i diciotto."

"Ah, io sarò ragazzina anche a sessanta" ride Olly.

"E poi cosa c'entra l'età? L'età non conta proprio..."

"Verissimo. A questo tavolo abbiamo pure l'esempio... Um coppia perfetta: quella dei gelsomini, no?!"

"Avevo detto che pagavo io solo se non se ne parlava più!"

E ancora avanti. Champagne. Piatti sfiziosi, freddi, crudo d pesce, insalata calda di mare.

"Ma il mondo del lavoro è come quello della scuola?"

"C'è una sola differenza. Gli esami li fai comunque, però t pagano."

"Fico. Almeno rende."

"Oppure ti bocciano, forse non ricominci a settembre e noi ti pagano più."

"Drammatico..." "Eh già."

:Io vorrei essere grande solo per avere già un bambino."

Pietro sorride. "Cara Diletta, anch'io lo dicevo sempre, poi ne ho avuti due. E ora sto zitto. E parlano loro per tutti..."

Enrico sospira. "Io invece non ne ho ancora e rimane il mio sogno..."

Diletta lo guarda e sorride.

"Ecco, vedi, ci sono delle cose che rimangono bellissime a qualunque età..."

Niki sgranocchia un pezzo di pane. "Già, come l'amore."

Pietro finisce di bere.

"Come il sesso! Cioè, la voglia di farlo! Anzi migliora quando maturi. Come una bottiglia di vino... Più invecchia e più è buono."

"Sì, ma ti costa una cifra."

"La bottiglia di vino o il sesso?"

"Tutti e due, in certi casi."

Diletta addenta un pezzetto di pane e un altro lo intinge nel sughetto leggero di un'impepata di cozze. "Comunque, secondo me, un uomo te lo devi prendere maturo."

Pietro alza la mano. "Eccolo! Io sono maturissimo!"

"E sposatissimo..."

"Meglio, no? Mi puoi provare senza rischi. Non ti affliggo, non ti stresso, non ti telefono di continuo per sapere dove sei, non ti opprimo con la ossessività... E poi, dovesse andare benissimo tra noi, c'è sempre il divorzio. Insomma ti becchi solo i vantaggi. Sono l'uomo ideale."

"Già da come parli non sei maturo... Non vai bene per me, a prescindere se sei sposato o no. Non è che uno è maturo per l'età. È per come si comporta. Io ad esempio c'ho uno che mi viene dietro, ha vent'anni ma è più maturo di tutti voi."

"Poveraccio... quindi non si gusta la vita."

Niki la guarda. "Ma chi, Filippo?"

"Sì..."

"E perché non ti ci metti?"

"i

"Ora non ho voglia di pensarci, che fretta c'è..."

Olly si mangia una cozza. Poi si lecca le dita.

"Secondo me quel tipo... Filippo... non è male, ma mi sembra uno sempre un po uguale, per come è vestito, per quello che dice... Ecco... È un filo metodico."

Pietro guarda Enrico. "Alla Flavio."

"E chi è?"

"Un nostro amico metodico."

"A proposito... si è ripreso da ieri sera."

"Ah, bene."

"Ma non si riprende nella vita, uno messo sotto dalla moglie, passivo e succube."

"Poraccio..." Olly ride. "Perché non lo avete portato? Magari lo salvavo io!"

"No, Olly, non ha la libera uscita."

"Dal lavoro?"

"No, dal carcere."

"Ma è in prigione?"

"Sì, al Regina-CristinaCoeli."

"Poraccio sul serio allora."

"Poraccio sì. È uno che guadagna bene ma investe male."

"Bisogna saper investire nella propria felicità." Niki appoggia la testa sulla spalla di Alessandro. "Lo dice anche Ligabue... "E la vita che non spendi che interessi avrà?" Infatti il mio Alessandro non ha avuto dubbi. Appena mi ha vista, mi ha investita!"

Olly sbuffa e si versa ancora da bere. "Oddio, la famiglia Gelsomini è già sulla via del pieci-picei. Poveri noi. La nostra boss persa^in un mare di melassa. Viva lo champagne e la libertà-fatta di bollicine, alla Vasco Rossi! Coca, Casa e Chiesa!"

Pietro la guarda. "Bellissima quella canzone, l'ascoltavc anch'io alla tua età." Poi appoggia la mano sulla sua. Olly nor la ritrae. Enrico se ne accorge. Olly sorride a Pietro. "Ma perché, ora sei cresciuto?!"

"No" prende il calice e lo sbatte contro quello di Olly, "brin

diamo al trentanovenne più immaturo che tu possa mai incontrare..." Le sorride e le fa l'occhietto.

"A proposito" Erica li guarda tutti, "ho letto un articolo qualche giorno fa in Internet. Diceva che la vostra generazione è quella dei middlescent. Cioè, girate in scooter, mandate un sacco di sms, vestite trendy, parlate giovane. Ma secondo voi perché vi comportate così?"

Enrico ci pensa un po su. "Per l'inquietudine di fondo."

Diletta sorride. "Come quella di Pessoa!"

Enrico le sorride. "Sì, ma la nostra è più semplice. Abbiamo sognato l'amore, l'abbiamo rincorso, l'abbiamo trovato e poi l'abbiamo perso. Giorno dopo giorno, pensando che il bello dovesse ancora arrivare, aspettando... e così facendo ci siamo persi il presente."

Dilettao"gùarda dubbiosa. "Sul serio si diventa così?"

"Io non sono così."

Enrico guarda Alessandro. "Ah, non sei così? Forse perché non hai lo scooter, perché non fai tutto quello che diceva Erica. Ma ci sono milioni di persone come te..."

"Cioè?"

"Non affrontano la vita. Gente che non cresce. Il tempo passa, lavorano solo per distrarsi... e ti ritrovi a quarantanni che neanche sai come."

Niki si stringe ad Alessandro. "Io ho tappato la sua clessidra..."

Erica beve per la prima volta il suo champagne. "Sono astemia, ma oggi ho deciso di ubriacarmi."

"E perché?"

"Giorgio, il mio ragazzo. Ha vent'anni ma è già così."

"Mollalo, no?"

"Non ce la faccio. È un bravo ragazzo."

"Guarda che arriverà un momento che guarderai la tua vita, l'avrai vista scorrere e ti chiederai dove sei stata tutto quel tempo."

"A meno che Giorgio, capendo che ti stai svegliando, non ti metta incinta!" dice Pietro, momentaneamente risorto dopo essersi un po eclissato con Olly in fondo al tavolo.

TI

Enrico ride. "Già, proprio come ha fatto Cristina con Flavio. Che lo vediamo solo per il calciotto e non resta neanche per la cena."

"Be" Pietro si alza, "mi sembra una spietata e crudele analisi su anni che in realtà hanno avuto il loro fascino. Come la cultura, le esperienze, i viaggi che abbiamo fatto. E quindi... me ne vado! arrivederci."

Anche Olly si alza e si avvicina a Pietro. "Ciao ragazze, ci sentiamo più tardi."

Alessandro li guarda sbigottito uscire dal locale. "Ehi, ma dove andate?" Poi sorride leggermente preoccupato. "Pietro..."

"Tranquillo, facciamo solo un giro con il suo motorino. Sono vent'anni che non porto uno scooter, che non provo quel brivido del vento addosso. Vado in station ogni mattina perché devo accompagnare prima i figli a scuola, la sera perché se no a mia moglie in motorino le si rovinano i capelli, la sua acconciatura... E invece oggi me ne avete fatto venir voglia! Va bene? Mi posso regalare o no un semplice e innocente giro in motorino nella mia città? O ti sembra troppo? E poi Olly è già maggiorenne, saprà come regolarsi, no?"

E così dicendo la prende per mano e va verso l'uscita del ristorante. Girato l'angolo, si ferma al bancone. "Scusi, mi fa il conto per favore?" Poi sorride. "Mi hanno fatto questo regalo..." e guarda Olly intensamente, "è il minimo che io possa fare."

Olly smorfiosa si appoggia al bancone.

"Sai già come porto il motorino?"

"No, ma lo immagino. Come immagino tutto il resto."

"Non ci credo..." sorride Olly maliziosa. "Non puoi avere così tanta fantasia."

E per un attimo Pietro si ritrova giovane, spaesato, leggermente insicuro. Non sa bene che fare. Cosa dire. Non trova h solita risposta pronta, ironica, cinica. Ma è eccitato. Tanto Eccitato come non mai. Paga veloce con la carta. Poi prende le scontrino, si infila il portafogli in tasca e la conduce verso Tu

scita. Apre galante la porta del ristorante. La fa passare. Fuori per strada anche il traffico sembra silenzioso.

"Vado a prendere il motorino e torno." Olly si allontana sculettando divertita, ora più donna del solito. Pietro rimane così a fissarla. Poi un sospiro lungo. Tira fuori dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette. Ne prende una. Se la mette storta in bocca poggiandola sulla guancia. Poi l'aspira e al volo la sigaretta torna dritta. L'accende. Un tiro lungo, pieno, gustato fino in fondo, assaporando quel momento di improvvisa libertà. Senza tempo, senza meta, senza fretta. Ahhh. Perfino la sigaretta sembra più buona del solito. Olly arriva col motorino e si ferma davanti a lui. Ha un altro casco poggiato tra le gambe. Si piega per prenderlo. Ma lo fa lentamente. E poi un sorriso. Un gioco. Uno sguardo. E quella mano, e quel casco tra le gambe. E un altro sorriso, che diventa una promessa. Ma all'improvviso una voce.

"Pietro! Sei tu! M'era sembrato di vedere la tua macchina."

Susanna e i suoi due figli sono davanti a lui. Lorenzo sorride, già ometto per i suoi sei anni. "Ciao, papa!"

Anche Carolina lo saluta, un po più decisa. Ma è naturale, ha tredici anni. Pietro va subito incontro a Susanna e la bacia sulle labbra. "Ciao! Che sorpresa!" Scompiglia un po i capelli a Lorenzo. Poi bacia veloce Carolina, che però, giovane ribelle, non concede per troppo tempo quella guancia. Olly rimane in silenzio a guardare la scena. Pietro si rialza. Ha riacquistato la sua sicurezza.

"Ma che bella sorpresa... sul serio!" Poi si gira verso Olly. "Ah, sì, scusi..." Indica la strada. "Allora, le stavo dicendo sempre dritto, al prossimo semaforo gira a destra e di là va sempre dritta e arriva a via Veneto."

Olly accende il motorino e se ne va, senza dire grazie. Pietro la guarda allontanarsi. Poi scuote la testa. "È incredibile! Sembra che ti fanno un piacere. Dai un'indicazione e neanche ti ringraziano. Mah, i giovani d'oggi..."

Susanna sorride. "Anche tu eri così allora... Anzi no, eri peggio! Da giovani è quasi fuori moda essere educati. Ti ricordi

come facevi? Chiedevi un'informazione e quando capivi un po la strada partivi al volo senza aspettare che la persona finisse la spiegazione..."

"Ma stai parlando di una vita fa! Ma che fate qui?"

"Siamo andati a trovare la nonna. Mi ha accompagnato mia sorella ma è dovuta rientrare presto. Quindi stavamo passeggiando verso casa. Tu piuttosto?" e Susanna indica il ristorante.

"A pranzo con Enrico e Alex."

"Sul serio? È tanto che non vedo Alex. Ora entro, almeno lo saluto."

"Ma certo." Solo che poi Pietro pensa a tutta la tavolata. Soprattutto alle tre giovanissime ragazze, troppo simili a quella appena partita in motorino. "No, senti Susanna, è meglio di no... Siamo andati insieme a pranzo perché ci voleva parlare. Sai, sta male, gli manca Elena... E ora vedere te, noi, insomma una coppia e poi... soprattutto Lorenzo, Carolina, i nostri figli... una famiglia... tutto quello che lui avrebbe desiderato..."

"Hai ragione. Non ci avevo pensato." Susanna gli sorride. "Sei forte."

"Perché?"

"Perché sei sensibile..."

"Oh, lascia stare, dai. Andiamo, vi accompagno a casa! Su, su... Veloci. Così poi torno in ufficio."

Tutti salgono sull'auto. E Pietro parte.

Olly è ferma all'angolo. Ha seguito tutto da lontano. Torna indietro, chiude il motorino e rientra nel ristorante.

"Ehi, guardate chi c'è!"

"Che è successo? Avete già litigato?"

Alessandro preoccupato si rivolge a Enrico. "C'avrà provato subito."

"Sì, e vai con la denuncia..."

Niki si avvicina a Olly. "Allora? Si può sapere cos'è successo?"

"S'è ricordato che è sposato."

"Cioè? Cosa ti ha detto?"

"Niente... Mi ha indicato la strada per andare a via Veneto. A destra poi sempre dritto."

"Che cafone."

"Che fifone. Ha preferito dare un passaggio a casa a sua moglie e ai bambini."

"Cosa?!" Alessandro che ha sentito tutto quasi cade dalla sedia. "Susanna era qui fuori?"

Olly fa di sì con la testa. Anche Enrico sbianca. "Oddio, pensa se entrava e ci trovava così. A pranzo con tre diciasset tenni."

Diletta alza la mano.

"Io ne ho già diciotto."

"Io pure!"

"Anch'io. Solo Niki ha diciassette anni."

"Non credo che per Susanna avrebbe fatto molta differenza. E nemmeno per mia moglie. Se lo venisse a sapere."

Proprio in quel momento il Motorola di Alessandro squilla. Lo prende dalla giacca, lo apre. Guarda il display ma non rico nosce il numero.

"Pronto? Sì chi è? Ah, sì... certo." Alessandro ascolta al telefono. "Sì, benissimo, grazie." Poi chiude. Si rimette il telefo nino in tasca. E guarda Enrico. "È pronto quel servizio foto grafico che mi avevi chiesto. Lo posso ritirare domani."

Enrico si versa un po di champagne. Poi lo butta giù tutto d'un fiato. Appoggia il bicchiere sul tavolo e guarda Alessan dro. È un bene che Susanna non sia entrata nel ristorante. Susanna non ha scoperto nulla. Non sa ancora niente. Domani invece Enrico saprà tutto. Ma tutto cosa?

L

Settantasette

Un po più tardi. Pomeriggio. Un sole allegro entra dalla finestra dell'ufficio. Alessandro si siede sulla sua poltrona. Domani andrò da solo a ritirare quelle foto. Enrico mi ha dato i soldi. Non se la sente di venire con me. Non vuole affrontare lo sguardo di quell'investigatore. Già. Come lo avrebbe guardato Tony Costa? Avrebbe sorriso? Avrebbe fatto finta di niente? Lui ha visto tutto. Lui sa tutto. Lui non ha dubbi. E soprattutto, ha quelle foto.

"Alex, Leo ti vuole nel suo ufficio." La segretaria gli passa vicino di corsa, prendendo delle cartelline.

"Sai che vuole?"

"Te."

Alessandro si sistema meglio la giacca. Guarda l'orologio. .. Be, è stato un pranzo di lavoro. Sì, insomma, lavoro, ho dovuto pagare un debito. E ora ne ho un altro con Niki per aver portato le sue amiche. Magari tutto questo non glielo dico. Il guaio è che, come diceva Benjamin Franklin, i creditori hanno molta più memoria dei debitori. Alessandro bussa alla porta.

"Avanti!"

"Prego."

La peggiore sorpresa che gli potesse capitare è seduta comodamente sul divano del suo direttore. Ha pure un caffè in mano e sorride.

"Ciao, Alex."

"Ciao, Marcelle"

In un attimo Alessandro capisce tutto. I giapponesi. Hanno risposto. E non è piaciuto. Come a dire: Lugano.

"Vuoi un caffè anche tu?"

Alessandro sorride cercando di sembrare tranquillo. "Sì, grazie." Mai perdere il controllo. Fare appello a pensieri positivi. Non esistono insuccessi, solo occasioni per imparare qualcosa di nuovo.

"Signorina, mi porta un altro caffè? Con un po di latte freddo a parte." Leonardo sorride e chiude l'interfono. "Accomodati..." Alessandro si siede. Sta scomodo su quella poltrona. Almeno che voglio il latte se lo ricorda. Forse però si è dimenticato di colpo tutti i miei successi precedenti. Altrimenti perché rimettermi davanti questo copywriter irritante e finto?

Leonardo sprofonda nella poltrona. "Allora, vi ho chiamati perché purtroppo..."

Alessandro ha un leggero giramento di testa.

" la gara è di nuovo aperta. Alex, le tue splendide idee non sono passate."

Marcello lo guarda e sorride fintamente dispiaciuto. Ora ad Alessandro gira anche qualcos'altro.

Bussano alla porta. "Avanti!"

È la segretaria con il caffè. Lo appoggia sul tavolo ed esce. Alessandro prende il bicchierino e ci versa un po di latte. Ma prima di bere guarda sicuro Leonardo.

"Posso almeno sapere perché?"

"Certo." Leonardo si tira indietro e si appoggia sullo schienale. "Lo hanno trovato un ottimo lavoro. Ma lì da loro altri hanno già fatto dei prodotti su quel genere, legati alla fantasia. Lo sai, il Giappone è la patria dei manga e delle creature fantastiche distaccate dalla realtà. E quei prodotti purtroppo non sono andati bene. Non è tempo di sogni estremi, hanno detto. È tempo di sognare in modo naturale."

Alessandro finisce di bere il caffè e lo appoggia sul tavolo. "Sognare naturale..."

Leonardo si alza e inizia a camminare per la stanza. "Sì,

abbiamo bisogno di sogni. Ma sogni nei quali possiamo credere. Una ragazza che va su un'altalena attaccata alle nuvole o fa surf tra le stelle nell'onda blu del cielo è un sogno incredibile. Non possiamo crederci. Rifiutiamo quel tipo di sogno. E di conseguenza il prodotto." Leonardo torna a sedersi. "E poi che volete da me... so giapponesi... Inventategli un sogno che li faccia sognare credendoci." Leonardo diventa improvvisamente serio. "Un mese. Avete un mese per farlo. Sennò saremo definitivamente fuori."

Marcello si alza dal divano. "Be, allora non mi sembra proprio il caso di perdere tempo. Torno dal mio staff." Anche Alessandro si alza e lo segue.

Leonardo li accompagna alla porta. "Be, buon lavoro ragazzi. Sognate bene... e tanto!"

Marcello si ferma sulla porta. "Come diceva Pascoli in Alexandros, Poemi Conviviali, del , "il Sogno è l'infinita ombra del Vero"."

Leonardo lo guarda compiaciuto. Alessandro sfoglia i suoi libri mentali cercando qualcosa a effetto per segnare anche lui un punto. Veloce, Alex. Veloce, cavoli. Pascoli, Pascoli, cos'ha detto Pascoli? "Chi prega è santo ma è più santo chi fa." E che c'entra? "Il nuovo non s'inventa: si scopre." Mmmh, un po meglio. Ma poi che faccio, cito la stessa fonte sua? Ci vorrebbe un altro nome. Che so, Oscar Wilde di solito fa effetto. Ma ora mi viene in mente solo quella... "A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio". Non sto dicendo nulla... E Leonardo mi sta fissando. Ecco. Ci sono. Una scelta strana ma coraggiosa. Almeno credo.

"Ehm, sì, i sogni grandi, lo sai, in noi non muoiono mai, come le nuvole ritornano prima o poi, tu dimmi che porterai almeno un sogno negli occhi tuoi."

Leonardo gli sorride. "E chi è questo poeta? Non me lo

|ricordo..."

"È Laura Pausini..."

Leonardo ci pensa un po su. Poi sorride e gli da una pacca sulla spalla. "Ecco, bravo. Un sogno nazionalpopolare. Magari!

Questo ci vorrebbe..." e chiude la porta lasciandoli soli. Marcello lo guarda. "Sai, è strano, mi stavo abituando all'idea. Anche se avevo perso, be, in qualche modo mi sembrava di essere più vicino a te. Non so... Ecco, ho capito quella frase di Fitzgerald: "I vincitori appartengono ai vinti"." "Ah sì? Be, io ti lasciavo libero con piacere..." Marcello sorride. "Abbiamo tante cose in comune, Alex, te l'ho già detto. E ora dobbiamo ricominciare a sognare insieme..."

"Be, non insieme. Contro. E io... sarò il tuo incubo. Ah, non cercarla. È di Rambo."

Settantotto

Rione Monti. Alessandro guida tranquillo. Strade strette, palazzi alti di varie epoche, intonaci scrostati di vecchie botteghe artigiane. La Mercedes passa accanto al Colosseo, poi le terme e i mercati. L'antica Suburra. Niki ha i piedi sul cruscotto. Alessandro la guarda.

Niki sbuffa.

"Senti, non rompere, è il minimo. Sono delusa, amareggiata. Ma ti pare che a 'sti giapponesi non siano piaciute le mie idee? Cioè, uno si sente incompreso. Devo ancora fare la maturità in italiano e già mi bocciano in lingue orientali! È un controsenso, no?"

"A me sembra un controsenso che, con tutti i casini che ho, io sono qui con te."

Arrivati tra via Nazionale, via Cavour e i Fori, Niki abbassa i piedi.

"Fidati! È un posto fichissimo! Magari ci esce qualche altro spunto e ci rimettiamo al lavoro. Dai, parcheggia, qui c'è un posto."

"Ma non c'entro."

"Ma sì, sì."

Niki scende al volo e sposta un po un motorino. Lo fa oscillare sul cavalietto, tirando da una parte e dall'altra, fino a riuscire a spostarlo di lato.

"Dai che c'entri..."

Alessandro fa la manovra con difficoltà. Alla fine tocca dietro. Scende e guarda il paraurti.

"Dai, tanto quando la metti a posto, sistemi anche questo. Andiamo!" e lo trascina per mano lungo un'antica scalinata, nel buio di una piccola chiesa.

"Ma dove siamo?"

"Mai sentito parlare di t.a.z.? Di centri sociali? Ecco, questo è ancora più particolare. Contaminazione pura. È sempre sulla bocca di tutti, non l'hai sentito?" Attraversano la chiesa ed escono in un grande cortile. "Vieni" Niki lo trascina. Giovani ragazzi dai mille colori, vestiti diversi, dai cappellini messi storti, e giubbotti verde militare, felpe lunghe dalle maniche sbrindellate a penzoloni, e magliette a maniche corte su altre a maniche lunghe e golf a pelle e poi piercing e catene e strane spille. E ancora moda e invenzioni e fantasia. Un odore di carne alla brace arriva da lì vicino, qualche salsiccia rotola dentro grandi padelle. Una gratella è pronta per arrostire un po di pane. Un cartello improvvisato segna dei prezzi bassi. Un bicchiere di vino, una birra, una grappa fatta in casa.

"Che prendi?"

"Una Coca Cola."

"E dai, un po di fantasia. Qui hanno di tutto!"

Una folata leggera porta aromi d'erba e di qualche risata lontana. Alessandro annusa l'aria.

"Lo sento."

"Be, io mi prendo un pezzo di quella torta alla frutta e una grappa."

"Io una vodka."

"Vieni, stanno suonando. Lo sai che qui ogni tanto ci viene pure Vinicio Capossela?"

Vicino al piccolo bar improvvisato, un basso, una chitarra e una batteria, tutti strumenti consumati, stanno improvvisando un noise alla Sonic Youth. Un giovane cantante dalla voce roca canta a un microfono radio e si arrampica sulle note, imitando vagamente Thom Yorke dei Radiohead. Ma è troppo melodico e ricorda piuttosto Moby prima maniera. Il bassista, un rasta con un camicione a quadri, lo supporta con dei coretti. Due ragazze ballano davanti a loro, divertite. S'inca

strano, si sfiorano, si sfidano quasi a colpi di bacino. Niki tiene il tempo, mangiando la sua fetta di torta. Poi beve un sorso di grappa.

"Mamma mia, quant'è forte! Distillato puro!" e l'appoggia su un vecchio bidone lì accanto. "Forte qui, eh? Era una scuola... Questi sono tutti potenziali consumatori della tua LaLuna..." "Già..."

"Qui puoi raccogliere a man bassa sogni di ogni tipo, sogni che non muoiono nonostante tutto. Paure, speranze, illusioni, libertà. I sogni non costano nulla e nessuno li può far sgomberare..."

Alessandro sorride e beve la sua vodka. Poi guarda quelle due ragazze. Una ha dei jeans dipinti con dei fiori grandi, stile anni Settanta. Sembrano fatti a mano. L'altra, un top leggero, chiaro, annodato sotto il seno. Niki si pulisce le mani sui pantaloni, quando improvvisamente qualcuno la prende per un braccio e la fa girare di forza. "Ahia! Ma che è?" "Che ci fai qui?"

È Fabio. Ha un cappellino stile marinaio calato sulla fronte. Pantaloni comodi e neri, Karl Kani, oversize, e una maglietta sportiva Industriecologiche con sopra scritto "Fabio Fobia". E poi dei "boots". Perfetto Me a.k.a., master of ceremony. Dietro

•di lui, Cencio, il breaker del gruppo di Fabio, sta ballando fre

!"neticamente

in una gara di freestyle con un altro ragazzo, gri

!dando

"figli della controcultura, senza paura, senza paura...".

IFabio le stringe più forte il gomito e la tira a sé.

"Allora, mia cara Boo?"

J"Ma che vuoi! Lasciami! Mi fai male."

|("E chi è questo Bama accanto a te?" Fabio guarda Alessan

[dro

che si è appena accorto della scena e si avvicina, col bic

]chiere

di vodka in mano.

-"Ehi, ma che succede?"

ì."Che cazzo te ne frega, Bama, eh?"

'>"Bama? Ma che vuoi dire?"

SSjj

"Vuoi dire che non capisci un cazzo e che ti vesti pure male."

"Niki, tutto ok, stai bene?" Ma Alessandro non fa in tempo a finire la domanda. Fabio spinge forte Niki contro un muro. Poi carica il destro con tutto il suo peso e colpisce dritto dritto|

la mascella di Alessandro, che, abbattuto dalla rabbia di quel{

cazzotto, stramazza a terra.|

"Ecco fattela te ora 'sta domanda e datte pure una risposta...|

Marzullo de 'sta minchia!"

Cencio se ne accorge. "Bravo B, bang, bang, bang!" e, fregandosene di tutto e tutti, continua a ballare come un pazzo, totalmente preso dalla sua sfida di freestyle.

Fabio Fobia sputa per terra e se ne va. Poi scompare veloce in mezzo ad alcuni ragazzi che accorrono spaventati vedendo quel tipo a terra. Anche Niki lo raggiunge. Si inginocchia vicino a lui.

"Alex, Alex, stai bene? Prendete dell'acqua, presto!" Niki lo schiaffeggia un po, leggera, per farlo riprendere.

"Spostatevi, spostatevi, fatemi vedere." Un ragazzo giovane s'infila tra le gente e s'inginocchia di fronte a Niki. Apre col pollice uno dei due occhi di Alessandro. Tira su la palpebra. Poi guarda Niki con la faccia seria.

"Ha fumato troppo? Ha bevuto? Ha preso qualche pasticca?"

"Macché, ha preso una stecca in faccia da uno stronzo!"

Arriva qualcuno con un bicchiere d'acqua. Lo passa a Niki che c'infila la punta delle dita. Schizza così in faccia Alessandro, che piano piano si riprende.

"Ecco, sta meglio. Grazie."

Il giovane ragazzo sospira. "Meno male. Era il mio primo paziente."

Una delle due ragazze che stavano ballando si avvicina curiosa. "Ma perché, scusa, tu sei medico?"

"Be, ancora no. Sono al quarto anno."

"Ah no, perché io c'ho sempre un dolore qui al braccio, quando lo piego."

IL

"Fai vedere" e si allontanano, immersi in chissà quale futura diagnosi di un caso potenzialmente anche sentimentale.

Alessandro si appoggia sui gomiti e scuote la testa per riprendere lucidità. È ancora frastornato.

"Mamma mia che botta..." Poi si tocca la mascella. "Ahia. Fa un male cane."

Niki lo aiuta a rialzarsi. "Eh, sì. Quello stronzo picchia duro."

"Ma chi era?"

"Il mio ex ! "

"Ecco, ci mancava solo questo..."

Niki gli passa il braccio attorno alla vita. Lo sorregge mentre si allontanano tra centinaia di ragazzi ormai totalmente indifferenti all'accaduto.

"Ho fatto proprio bene a lasciarlo."

"Ah quello è sicuro. Io invece devo ancora capire se ho fatto bene a mettermi con te. Da quando ti conosco ho distrutto la macchina, m'hanno riempito di multe e ora ho preso anche un cazzotto."

"Guarda il lato positivo della questione..."

"In questo momento a essere sincero mi sfugge..."

"Eravamo venuti in cerca di sogni. E tu come al solito sei stato più fortunato... Hai visto le stelle..."

"Ah ah, bella battuta... Sai che ero riuscito ad arrivare ai trentasei anni senza mai fare a botte?"

"Pensa che noia. Ti mancava... È un'esperienza in più."

Alessandro la stringe e si mostra ancora dolorante. Forse troppo. "Di certo c'è che, dopo tutto quello che mi è successo, ti sentirai in colpa e mi troverai un'altra bellissima idea, un sogno naturale che mi farà vincere coi giapponesi."

"Ah, ne puoi stare certo."

Arrivano alla Mercedes. Niki gli sfila il braccio da sotto.

"Intanto ti porto a casa tua dove vorrei medicarti per bene."

"Estratti di gelsomino?"

"Anche. E dei nuovi ritrovati..." Niki gli sorride. "Guido io?"

"Sì, così andiamo direttamente all'ospedale. Dai qua!" Alessandro le riprende le chiavi dalle mani e si mette alla guida. Niki sale al suo fianco. Prima di mettere in moto, Ales sandro la guarda.

"Toglimi una curiosità. Ma quanto ci sei stata con quello?" Niki sorride. "Forse troppo. Ma se ti piaccio così tanto è pure colpa sua!..." e partono così, in una notte appena iniziata e tanti sogni ancora da consumare.

Settantanove

Un pomeriggio dopo pranzo. Uno di quei pomeriggi tranquilli, senza troppo traffico, senza troppi suoni. Senza i preparativi per qualche grossa partita. Anche se in realtà questo pomeriggio sarà tutto meno che tranquillo.

"Già ho preso un cazzotto dal tuo ex, dimmi perché devo rischiare ancora..."

"Ma qui non rischi, Alex... Almeno credo!" "Pure? Allora dimmi che ti cambia se lo faccio o no." Niki sbuffa. "Uffa, ma quanto la fai lunga! Hai detto che potevo chiederti qualunque cosa, no?"

"Sì, ma non credevo questa "qualunque cosa"" Niki si sporge verso di lui e lo bacia teneramente. Alessandro cerca di sfuggirle un po. "Guarda che non mi compri così."

"Io però il favore di portarti le mie amiche a pranzo te l'ho fatto. E poi chi ti vuole comprare? Io ti prendo in leasing. Se non vai, be, ti ricambio con un modello nuovo."

Alessandro si scosta e la guarda alzando un sopracciglio. "Carina... Sul serio... Insomma corro il rischio di essere rottamato?"

"Perché non lo sei stato?" "No..."

"E allora sì, corri il rischio, danno pure il contributo." "Ho capito. Vado, va..." Alessandro scende dall'auto. Fa il giro e si avvicina al suo finestrino.

"Ehi, piuttosto, ma la tua amica disegnatrice?"

"Olly?"

"Sì, sì, ci sta lavorando su?"

"Su... che? Ma scusa, se non ci viene nessuna idea, su che cosa disegna lei? Lei a disegnare è brava, ma di idee ne ha solo una e fissa."

"Ho capito. Praticamente il mio amico Pietro è l'unico che

l'ha scampata."

"E meno male. Mi sa che sarebbe stato un casino per tutti. Be, ora vai, dai." Niki guarda l'orologio. "Anche perché è tardi."

"Ok, mi sbrigo."

Alessandro cammina veloce, arriva in fondo alla strada e gira a destra. Niki lo guarda sparire dietro l'angolo. Poi mette un ed. Greatest Hits. Robbie Williams. Traccia otto. Non a caso. "I was her she was me, we were one we were free, and if theres somebody calling me on..." Cavoli, quanto vorrei essere lì. Non posso immaginare cosa accadrà. Alza un po il volume. Be, almeno non mi faranno più tutte quelle domande. Poi cerca un po di rilassarsi. E, naturalmente, appoggia tutti e due i piedi sul cruscotto.

Alessandro rallenta un po il passo. Non ci posso credere. Ma che sto facendo? Io ho veramente perso la testa. Cioè... Io ho un dramma in atto, una nuova scelta da parte dei giapponesi. Hanno già rifiutato i miei primi progetti. Ora ho solo una seconda e ultima possibilità. E in tutto questo io che faccio? Non passo ogni attimo della mia vita prima dello scadere del termine in ufficio a cercare idee? No. Io porto a pranzo lei, la ragazza dei gelsomini, una bellissima diciassettenne che frequento da più di un mese e le sue tre amiche. E ora in cambio di quel favore che cosa sto facendo? La cosa più assurda della mia vita. Cioè non ci credo. Non l'ho fatto neanche dopo due anni che stavo con Elena... Ma Niki me l'ha chiesto per piacere. Alessandro è quasi arrivato al portone. No. Io non ce la faccio. Torno indietro. Non posso. Solo a risentire quella frase mi sento male.

"Va bene Niki, conoscerò i tuoi."

"Grazie! Come sono felice... Mica per niente. Ma così mi lasceranno un po più libera di uscire con te."

Mah. Secondo me glielo vieteranno definitivamente. Alessandro legge il cognome sul citofono. Cavalli. Argh! Aiuto. No, io torno alla macchina. Sì, e poi? Che dirà Niki? Ecco, lo sapevo. E tu saresti l'uomo maturo? Tu sei più ragazzino di me. Ma che ci voleva a parlare coi miei. Io coi tuoi lo farei subito. Va be, posso sempre dire che non hanno risposto. Alessandro è sempre lì fermo di fronte al citofono, quando improvvisamente un uomo esce dal portone. Alto, muscoloso, ben vestito. Ha una valigetta tra le mani, una mela in bocca e in generale molta fretta.

"Le lascio aperto?"

"Sì, grazie."

Il signore tiene per un attimo il portone con il braccio per farlo entrare. Alessandro entra nell'androne. Silenzio. Sale le scale del primo piano. Poi legge su una porta lì vicino. "Interno . Cavalli." Ecco, è qui. Non posso più fuggire. Ce la devo fare. Si avvicina al campanello. Chiude gli occhi... E suona.

"Arrivo!" Una voce squillante arriva da dietro la porta. "Eccomi..." Una bella donna con una forcina in bocca e le mani tra i capelli apre la porta. Sorride. "Mi scusi, eh..." Toglie la forcina dalla bocca, prova ad allargarla tendendola con grande abilità tra le dita e se la infila tra i capelli. "Ecco fatto! Mi scusi ancora! Ma fa già caldo ed è meglio tenere i capelli su."

"Buongiorno..."

"Oh, mi scusi, prego, la faccio entrare. Purtroppo mio marito è dovuto scappare." Simona lo fa accomodare e chiude la porta dietro di lui. "Forse lo ha anche incrociato. Usciva di tutta fretta."

"Ah, sì..." Alessandro pensa all'uomo che ha incrociato al portone. Bell'uomo, alto, elegante e soprattutto... muscoloso. "Ci siamo visti ma non ho neanche fatto in tempo a salutarlo."

"Ma non c'è problema. Sono già stata avvisata di tutto. Vuole un caffè? L'ho appena fatto. Ma prego, si accomodi."

Alessandro si guarda un attimo intorno. Un bell'appartamento, arredato con colori caldi. Qualche quadro dai tratti essenziali, mobili chiari, sistemati in modo da non soffocare gli spazi. Si siede sul divano del tinello. "Sì, grazie, volentieri."

Sono stata avvisata... Come avvisata? Troppo forte, Niki! Allora gliel'ha già detto. Sarà tutto più semplice. In qualche modo loro devono avermi accettato. Vogliono solo capire meglio chi sono, sì insomma, chi è questo adulto che sta uscendo con la loro figlia. Simona torna con un vassoio dove ha sistemato le due tazzine di caffè e la zuccheriera. Ci sono anche due piccoli cioccolatini e un bricco di latte. Appoggia tutto sul tavolino basso di fronte ad Alessandro.

"Sembro distratta ma mi fa sempre piacere seguire ciò che accade nella nostra casa."

"Già" Alessandro prende la sua tazzina e beve.

"Ma lo prende amaro?"

"Sì, è il vero gusto, così."

"Lo dice anche mio marito... Ma lei è senza valigetta."

"Sì, sono praticamente scappato dall'ufficio. Non ho molto tempo. È che mi faceva piacere conoscervi. Non ci siamo ancora presentati come si deve." Si alza. "Piacere, AlessandroI

Belli."I

Simona fa un bellissimo sorriso. "Piacere" e gli da la mano. È bella. Come Niki. Due bellissime donne di età diverse. Ma Alessandro non ha dubbi su chi preferire.

Simona si siede davanti a lui. "Be, fa molto piacere anche a me conoscerla. Intanto vorrei dirle alcune cose. Magari potrebbero esserle utili. Ho trentanove anni. Ho avuto mia figlia molto giovane e sono felice che lei sia qui. Io ci tengo moltissimo a mia figlia."

Alessandro vorrebbe dire "anch'io", ma capisce che in questo momento non c'entrerebbe assolutamente nulla.

"Lo capisco." Sorride anche lui.

"E, siccome non si sa mai cosa può accadere nella vita, io vorrei sicurezza per mia figlia."

"Certo, la capisco."

"Niki è all'ultimo anno e non sa bene che fare dopo. Eppure ha le idee chiarissime."

"Be, è tipico di quell'età. Magari sono ribelli, fanno mille cose ma poi improvvisamente decidono senza più dubbi." Simona sorride. "Lei ha figli?" "No."

"Ah, peccato." Alessandro resta senza parole. Come peccato? Ma questa donna è fantastica. Viene a sapere che sua Ifiglia sta con un uomo che praticamente è suo coetaneo e si

dispiace che non ha figli. Incredibile! "Ma quanti anni ha lei?"

Ecco lo sapevo. Ora cominciano i dolori. Be, meglio dire tutta la verità, magari Niki glielo ha già detto. Questa è una specie di prova. "Io? Quasi trentasette..." Simona sorride. "La facevo più giovane." Alessandro non ci crede. È andata. Non solo, mi fa i complimenti! "Grazie."

"È vero... Ma lo sa, è proprio strano che non abbia figli perché lei, Alessandro, sembra conoscere perfettamente i giovani. Comunque, per quanto mi riguarda, io non ho dubbi. Mi fa davvero piacere che la scelta sia caduta su di lei." "Ah sì, le fa piacere?"

"Sì, mio marito mi ha raccontato tutto della vostra conversazione telefonica."

"Della nostra conversazione telefonica?" "Sì. E secondo me la sua proposta è giusta. Ne abbiamo parlato e siamo d'accordo. Vogliamo aprire quel fondo vita pensionistico per Niki." |"Ah..."

rt"Sa, mi dispiace molto che non abbia con sé i moduli, in

iquesto momento. Li avremmo compilati e firmati subito.

fComunque noi vorremmo farlo di cinquemila euro l'anno."

\"Capisco..."

Simona vede che Alessandro è molto deluso.

',"Che c'è? Le sembrano troppo pochi cinquemila?"

tAlessandro si riprende subito.

|

a-

"No, no, mi sembra giusto."

"No, perché sa, mia figlia Niki per adesso è ancora ragazzina. Sta un po per conto suo, con le sue amiche, non ha grandi spese, ma appena avrà una storia seria e importante, insomma, dopo l'università, ecco, magari si vestirà meglio, spenderà più soldi per gli abiti. E mi sembra un ottimo investimento, quindi."

"Certo... Bene, comunicherò subito la vostra decisione in ufficio."

Alessandro si alza e va verso la porta.

"Allora poi si sentirà con mio marito, no?"

"Certo..."

Simona sorride e gli stringe la mano. "Grazie, è stato genti

lissimo."

"Ma si figuri, per così poco" e Alessandro esce velocemente, chiudendosi la porta alle spalle. Scuote divertito la testa. Non è possibile. Non ci posso credere.

Simona sta togliendo il vassoio con le tazze dal tavolo, quando il suo cellulare inizia a squillare. Lo prende dal tavolo. È Roberto.

"Ciao, amore."

"Ciao Simo, senti, ti volevo dire che il promotore non passa più. Ha avuto un incidente."

"Ah" Simona rimane interdetta. E allora chi era quel simpatico ragazzo di quasi trentasette anni che mi è arrivato in casa? Ci pensa su un attimo. Le prova velocemente tutte. E un attimo dopo sgrana gli occhi. E capisce. E scuote la testa.

"Simona?"

"Sì, amore, sono qui..."

"Non ti sentivo più... Che succede?"

"Allora, amore, ti devo dare due notizie anch'io. Una buona e una cattiva."

"Dimmi prima quella cattiva."

"Allora... Tua figlia sta con uno di vent'anni più grande di lei."

"Ma che dici? Ma come cavolo è possibile? Cazzarola, no!" Roberto si guarda in giro. È in mezzo ai suoi colleghi e non si è

TI

accorto di aver quasi gridato. Torna a controllarsi. "Stasera mi sente. E quella buona?..." "Non è male, come tipo."

Alessandro sale in auto.

"Fiuuuu..." fa un lungo sospiro.

Niki, tutta eccitata, gli si fionda addosso. "Allora? Com'è andata? Che ha detto mamma? Dai raccontami! Già che sei tornato vuoi dire che è andata bene!"

Alessandro la guarda in faccia. Poi sorride. "C'era solo tua madre e voleva investire per te... su di me."

"Be, buono! Ha visto le tue potenzialità!"

"Più che altro ha visto in me un promotore finanziario."

"Non ci credo! Cioè?"

"Si vede che stavano aspettando uno per investire dei soldi e quando ho bussato ha creduto che quel tipo fossi io..."

"Troppo forte! Ma sei anche riuscito a farti dare qualche soldo? Stai pian piano rientrando dell'incidente avuto con la macchina! Recupera che ti recupera... va a posto da sola la tua Mercedes."

"Ah, ah..."

"No dai, a parte gli scherzi... Certo che glielo potevi dire che eri lì per me, ma come promotore sentimentale, scusa..."

"Non ce l'ho fatta... L'ho vista così fiduciosa su quel fondo pensionistico che voleva aprire... L'avrei delusa a prescindere."

"Cioè, ma veramente mia madre non ha capito proprio nulla? Cavolo, ma ti ha fatto entrare così, potevi anche essere uno che la rapinava."

"E che ne so io. Mi ha aperto la porta, mi ha fatto entrare, non ho fatto neanche in tempo a presentarmi che già mi parlava di te, dell'investimento, di tutte le cose che un giorno magari vorresti fare... Mi sembrava più educato ascoltare che interromperla."

"E certo, ogni pretesto è valido. Va be. Prima o poi tanto ci parlerò io. Lei ha sempre detto che dobbiamo raccontarci tutto, senza problemi."

"Ha detto così? Mi piace, tua mamma."

"Non ti azzardare neanche."

"Ma dai. Sembra che ti voglia davvero bene. Quando parlava di te, delle tue cose, del tuo modo di vestire, delle tue amiche, sì, insomma, le si illuminavano gli occhi."

"Già, voglio proprio vedere se quando invece io le parlerò di te si illuminerà ancora... chissà che faccia farà! Portami da Erica, please! Che oggi iniziamo a ripassare il programma di italiano per la maturità."

"Ok." Alessandro mette in moto e parte. Corso Italia, cinema Europa. Salaria. Poi Niki si mette a ridere. "Soprattutto vorrei vedere come s'illumineranno gli occhi di mio padre quando lo verrà a sapere!"

Alessandro si ricorda di quell'uomo elegante, alto, frettoloso e soprattutto... muscoloso. E per un attimo vorrebbe avere un rapporto diverso con quella famiglia. Ecco, magari aver fatto un altro tipo di incidente. Cioè di quello stesso tipo ma non con Niki. Insomma se gli toccasse mai oltrepassare di nuovo quella porta, vorrebbe essere sul serio quel promotore finanziario.

"Ecco, fermati qui! Ci sentiamo dopo?"

"Certo!"

"Mi penserai mentre lavori?"

"Certo."

"Sì, ma mi rispondi sempre certo. Vai in automatico! Non mi stai neanche a sentire, secondo me. E non mi rispondere certo!"

"Certo... che non rispondo certo. E dai, sto scherzando Niki! È che ho un po di pensieri."

Niki si avvicina e lo bacia morbida sulle labbra. Poi gli poggia le mani sulle tempie come a impedirgli di guardarsi intorno. "Ci sarà un giorno che verrò prima dei giapponesi e di tutti quegli altri?"

Alessandro le sorride. "Certissimo!"

"Ok. Allora cullandomi in questa vana speranza, ti lascio andare."

IL

Alessandro le sorride, riparte e la saluta prima di una curva con la mano fuori dal finestrino, allontanandosi. La vede farsi più piccola nello specchietto. Guarda l'orologio. Sono quasi le tre e mezza. Giusto in tempo per arrivare puntuali a quell'appuntamento. E finalmente capire. Sempre che ci sia sul serio qualcosa da capire.

Ottanta

Case, caseggiati, muri rovinati, un pezzo d'acquedotto crollato e poi una grande distesa di verde. Una grotta in alto tra quegli alberi del colle. E ancora muri, qualche manifesto staccato, una scritta imprecisa. E di nuovo verde, verde, verde. E una macchina scassata, un pezzo di discarica e nulla più. Nulla più. Mauro accelera come può col motorino e continua a correre senza occhiali. Senza casco. Senza nulla. Piccole lacrime al vento e occhi arrossati. E il gas a manetta cercando di lasciare alle spalle quella giornata. Quanti ragazzi c'erano a quel provino? Mille, duemila? Boh. Non finivano mai. Non finivano più. Un'intera giornata, dalla mattina alla sera, fino alle nove. Mauro guarda l'orologio. No, fino alle nove e un quarto. Solo una bottiglietta d'acqua e un tramezzino confezionato al prosciutto cotto e carciofi, di quelli in busta delle macchinette. C'era poca scelta d'altronde: o quello o quei dolci che fanno venire ancora più sete. Poi fermi. Tutti fermi su quelle panche dure ad aspettare il proprio numero. Un numero. Siamo solo un numero. Il grande Vasco diceva "Siamo solo noi". Ma noi chi? In quella sala c'era uno che girava con una camera digitale e riprendeva. M'hanno fatto entrare, poi una domanda e via. Ma che capisci da una domanda? "Grazie, va bene, le faremo sapere. La chiamiamo noi." Mi chiamano loro. E ora? Ora nulla, a casa, vicino al cellulare a controllarlo di continuo. Gli ho lasciato tutti e due i miei numeri. Almeno, se trovano occupato a casa, c'è l'altro. La scorsa settimana ho aspettato un

giorno intero a casa e poi? Poi niente. Sarà sempre così la mia vita? Posso diventare famoso. È un diritto di tutti. L'hanno detto anche l'altra sera in tv, a quel talk. Hanno fatto vedere un vecchio pezzo di film. "Ognuno di noi ha diritto al proprio quarto d'ora di celebrità..." Lo diceva quel tizio biondo finto, basso, americano, quello che dipingeva le facce tutte uguali, come a Marilyn. Come si chiamava, Andy qualcosa... Insomma quello lì. E io? Io ho fatto il provino del Grande Fratello e di tutti quegli altri reality che stanno partendo. Uno m'ha anche chiesto centocinquanta euro per girarmi uno showreel, scioril, così ha detto, un filmato che fa vedere le mie qualità. Così lui lo fa circolare e io mi risparmio un sacco di giri. Seee. Come no. Troppo ci credo.

Mauro fa una curva stretta e imbocca la strada per casa sua. Si piega troppo. Il motorino sbanda un po ma lui veloce porta il peso dall'altro lato e leva il piede sinistro, pronto a poggiarlo per terra, nell'eventualità di cadere. Ma il Kymco si stabilizza e vola via così. Verso casa sua. Tranquillo. Fa il salitone. Qualche cassonetto aperto. Un po d'immondizia per terra. Un vecchio scaldabagno. La sua marmitta echeggia in quella strada solitaria. Mauro guarda a destra. Quella piccola fuga laterale, quel campo abbandonato. Sorride. Quante volte abbiamo giocato con gli amici del quartiere in quel campetto. Qualche volta sono stato lì con la macchina di papa, una sosta dovuta, prima di riportare Paola a casa. Paola. Si ricorda qualche momento in quella macchina. La musica nello stereo. Il caldo della notte. I sedili scomodi che cigolano sempre. I piedi sul cruscotto. I vetri appan\nati. Il sapore del sesso. Unico. Splendido. Irripetibile. Più tardi

fquei finestrini abbassati per prendere un po d'aria. Un filo di

fumo che esce. Sorrisi nella penombra. E quel profumo ancora di lei, di tutta lei, addosso. Paola. Oggi non mi ha chiamato. E, quando ho provato io, era staccato. Forse non prendeva. Alza il sopracciglio non trovando risposta. Fa un'ultima curva. Ormai è arrivato. E, quando la vede, sorride. Ecco Paola. Anche lei sorride. Alza il mento da lontano. Mauro la guarda mentre si avvicina. Cerca ancora quel sorriso. Ma non c'è più. Non c'è già più.

Ottantuno

La Mercedes mi è ferma, posteggiata al lato della strada, sotto un vecchio lampione grigio, scrostato dal tempo, come molto di ciò che lo circonda. Alessandro attraversa la strada. Un cassonetto bruciato poggia, indeciso e traballante, su una delle due ruote rimaste. Un gatto beige chiaro, un po spelacchiato, rovista tra buste mezze aperte, improvvisamente esplose, piene di spazzatura sparsa, lasciate malamente per terra. Qualche condomino che si credeva un buon pivot deve averle lanciate dal terrazzo, cercando di far centro in quel cassonetto. Niente da fare. Lo ha mancato. Ma la sua partita era comunque già persa.

Alessandro prende l'ascensore. Terzo piano. Il vetro smerigliato con la scritta "Tony Costa" non è stato cambiato. È ancora rotto. Alessandro suona.

"Avanti."

Apre lentamente la porta che cigola. Come la prima volta, lo accoglie un ambiente caldo ma un po antico. Tappeti lisi, una pianta ingiallita. La segretaria stavolta è seduta alla scrivania. Alza gli occhi un istante. Poi riprende a limarsi le unghie. Tony Costa gli viene incontro.

"Buonasera, Belli. La stavo aspettando. Si accomodi. Vuole un caffè?"

"No, grazie. L'ho appena preso."

"Be, anch'io, ma me ne voglio concedere un altro. Adele, ci pensi tu?"

La segretaria sbuffa un po. Poi lascia cadere la Umetta sul

t

tavolo. Si alza, scompare dietro la porta e va a prepararlo. Alessandro si guarda in giro. Non è cambiato nulla. Forse solo quel quadro. Un grande olio, vivace. È celeste, e giallo e arancione. È una donna sulla spiaggia. I vestiti ballano al vento, mentre lei tiene con le mani un largo cappello bianco. Così colorato sembra anche fuori posto in quel grigiore.

"Allora, Belli, come sta?"

"Bene, tutto bene."

Tony Costa si appoggia allo schienale. "Mi fa piacere. È pronto?"

"Certo." Alessandro sorride. Poi si preoccupa. Senza volerlo sta usando quel "certo" anche per lui. Che ci sia un'attinenza logica? Poi preferisce smettere di pensarci. Prende dalla tasca dei soldi. "Ecco qua i rimanenti millecinquecento euro."

"Ma io non dicevo se è pronto a pagare. Dicevo se è pronto... se è ancora convinto di voler sapere."

"Sì, il mio amico è ancora di questa intenzione."

Tony Costa sorride. Poi appoggia tutt'e due le mani sul tavolo aiutandosi così ad alzarsi dalla poltrona. "Bene." Si gira e apre uno schedario. Tira fuori una cartelletta celeste. C'è scritto "Pratica Belli". La poggia davanti ad Alessandro. Si siede di nuovo. "Eccoci qua." Arriva la segretaria col caffè.

"Grazie, Adele."

"Prego" e torna alla sua Umetta per le unghie.

Tony Costa apre la cartelletta.

"Allora, ecco qua, su questo foglio ci sono tutte le uscite, i giorni di pedinamento, i tragitti... vede, per esempio. aprile. Via dei Parioli. Alimentari. Ore ,. Quando vicino c'è un bollino celeste vuoi dire che c'è anche una foto. E sono tutte contrassegnate da un numero. Questa per esempio è la numero..." Tony Costa allunga il collo per leggere meglio, "sedici. Quindi in quest'altra busta c'è la foto corrispondente che documenta quella via, in quel giorno e a quell'ora."

Alessandro guarda compiaciuto la precisione di quel lavoro. Perfetto. Chiaro. Impossibile sbagliarsi. Quello che uno vuole sapere, non lo può più non sapere.

"Tenga, questi sono i suoi soldi."

Tony Costa li prende in mano. Li guarda un attimo. Infine li mette in un cassetto.

"Non li conta?"

"Non ce n'è bisogno. Nel nostro lavoro la fiducia di chi decide di affidarci i suoi segreti va ricambiata. Ecco, allora, queste sono tutte le foto. Vede..." le apre e le sparpaglia sul tavolo. Alessandro non crede ai suoi occhi. Sembrano delle carte per una partita. Chissà, forse era meglio non sedersi a quel tavolo. Questa è una di quelle partite da non giocare. Quelle carte poi hanno un'unica figura. Camilla. Camilla che cammina. Camilla che fa la spesa. Camilla che entra dal parrucchiere. Camilla in auto. Camilla che entra nel portone di casa.

"Come vede, Belli, è un lavoro durato un mese. E questi sono i primi risultati."

Alessandro le guarda tutte. Camilla è sempre da sola o tutt'al più con qualche amica. In due o tre foto è perfino con Enrico. Ma non nulla di pericoloso, di compromettente o fuori dalla norma.

Fa un sospiro profondo, di sollievo. "Be, stando a queste, allora, non c'è nessun problema."

Tony Costa sorride, raccoglie tutte le foto e le rimette nella busta. "Questo era per farle vedere che ho lavorato seriamente. I soldi che mi ha dato non li ho rubati." Poi si alza. Apre nuovamente lo schedario. "Poi c'è questa qui." Tony Costa poggia un'altra cartella sul tavolo. È rossa. Alessandro la guarda. Sopra c'è scritto solo "Belli". Tony Costa si siede. Mette la mano sopra la cartella e lo guarda.

"Qui dentro ci sono altri fogli, altri giorni, altri tragitti. E magari ci sono altre foto, questa volta con un bollino rosso." Si appoggia allo schienale della poltrona. "O forse non c'è assolutamente nulla..."|

Poi lentamente spinge quella cartellina rossa verso Alessandro. "Prego, la prenda, deciderà lei... o meglio, il suo amico... cosa vuole sapere."

Alessandro prende tutte e due le cartelline, se le mette sotto il braccio e si alza.

"Grazie, signor Costa, è stato molto gentile."

"Prego, l'accompagno." Tony Costa lo precede. Gli apre la porta dell'ufficio e va verso l'ascensore. Spinge il pulsante chia mandolo.

"Mi scusi, Belli, se c'ho messo un po più tempo del previsto."

"Ma non c'è problema. Ce ne sarà stato bisogno, no?" e indica le cartelline.

"No, è che abbiamo avuto una piccola crisi..." indica Adele, all'interno dell'ufficio, seduta alla scrivania ancora appresso alle sue unghie. Tony Costa si tira dietro la porta del l'ufficio senza chiuderla, poi si avvicina ad Alessandro. "Dice che lavoro troppo, che non ci concediamo mai nulla. Allora siamo stati una settimana in Brasile. Ha visto che siamo un po abbronzati..."

Non troppo, in verità, pensa Alessandro. Certo però che andarsene in Brasile con la segretaria... non è male fare l'inve stigatore.

"Ha visto quel quadro nuovo in ufficio? L'abbiamo preso a Bahia del Sol!"

"Bello... Sono le baiane, giusto? Laggiù le donne si vestono in quel modo."

"Sì" Tony Costa sorride, "ci si è voluta vestire anche Adele. Ci siamo proprio divertiti. In fondo è un po quel viaggio di nozze che non ci siamo potuti permettere vent'anni fa."

Arriva l'ascensore e si aprono le porte. Tony Costa da la mano ad Alessandro.

"Siamo sposati da tanto e questa è la nostra prima crisi... Ma l'abbiamo superata."

"Bene. Mi fa piacere."

Tony Costa gli sorride.

"Sa, Belli, sono anni che faccio questo lavoro e ne ho viste tante... tantissime. E alla fine ho capito solo una cosa. Quando s'incontra una donna che vale... non vale più la pena di perdere altro tempo."

Lo guarda negli occhi e gli stringe forte la mano. Poi alza il mento indicando le cartelline. "Glielo dica al suo amico."

Ottantadue

Paola mastica la gomma. Seni grandi, senza bisogno d'essere gonfiati. Alta. Forse un po troppo trucco. Forse. Ma Mauro sembra non farci caso. È proprio bella. Ferma il motorino e scende.

"A Pà, che bella sorpresa!"

"Ti devo parlare."

E non c'è più neanche l'ombra di quel sorriso. È fuggito via, come uno di quei corvi fastidiosi e pesanti, quasi storditi per aver mangiato chissà cosa e a caso. Quei corvi che vedi spiccare improvvisamente un volo, fuggire via da qualche ramo di un albero senza neanche un perché.

Mauro la guarda. Paola abbassa gli occhi. E non c'è altro da capire. Quello sguardo abbassato dice tutto. Più di mille parole. Quel silenzio, poi. È come un grido. Mauro le mette una mano sotto il mento, lo solleva un po. "Dimmi, Paola, che c'è?"

Lei resta in silenzio. Gira la testa. Si libera da quella mano. Non ce la fa. Non ha il coraggio di incontrare di nuovo quegli occhi. Poi Paola decide di liberarsi da quel peso. E rialza lo sguardo. Incontra quello di Mauro e stavolta lo sostiene. Fino in fondo.

"È che ti volevo dire..."

Mauro socchiude gli occhi. Preso come da un raptus. Cerca di guardare più in là, oltre, in fondo a quelli di Paola, ancora più in fondo, in quegli occhi che sono stati la sua salvezza. Occhi d'amore, di risate, di passione. Quando li teneva chiusi,

la prima volta che la prese, quando li riapriva dopo ogni primo fresco bacio. Quegli occhi ora sono così diversi. Spenti. Cosa c'è dietro? Cosa c'è nascosto?

"Che mi volevi dì?"

"Ecco, ti sto spiegando..." Paola fa un sospiro lungo, troppo lungo. Mauro improvvisamente si tende come un gatto nervoso che ha sentito una minaccia. Pericolo. Paola se ne accorge... Allora fa un piccolo sorriso. Forse per rendere più accettabile quello che dirà. Come se non fosse poi una cosa così importante o comunque qualcosa di passeggero, di risolvibile.

"Forse è meglio se per un po non ci vediamo."

Mauro porta la mano davanti al viso. Come un ombrello. "Che vor dì, 'sta cosa?"

Paola si scosta, subito si spaventa. E Mauro se ne accorge. "Che è? Perché c'hai paura? Che, c'hai paura che te meno?" E rallenta il suo parlare. "Se c'hai paura che te metto le mani addosso... allora vuor dì anche che c'è un motivo per cui può accade..."

Paola abbassa lo sguardo. Non ce la fa più. Quante volte ha immaginato e provato questa scena? Praticamente ogni pomeriggio, ormai da almeno un mese. Da quel giorno. Da quel provino. Da quando l'ha conosciuto. Ha provato questa scena più di qualsiasi altro copione mai studiato prima. Ma stavolta non le sta venendo bene. Non è arrivata fino in fondo. Non come avrebbe voluto. Come aveva deciso. Paola crolla. Allora tanto vale che Mauro lo sappia. Come viene viene.

"No, niente Ma... è che ho conosciuto uno... e..." rialza il viso, lo guarda, cerca di sorridere, "cioè, ancora non è successo niente, eh?"

Mauro non ci crede, non può credere a quello che sente. "Ancora? Come ancora non è successo niente?"

"Eh sì, ti giuro, è vero... Non c'ho fatto niente."

"Ho capito, ma quell'"ancora" che vor dì? Che deve succede? Che succederà?"

Mauro cambia espressione. I suoi lineamenti si tirano.

Diventa quasi di pietra. "Ho capito. È quel regista che ti ha dato il biglietto quella volta che c'ero anch'io, vero?"

Paola sorride. "Macché, quello è gay." Poi torna seria, si ferma un attimo, "No, è il suo direttore di fotografia. Antonio." Paola sorride, felice, aperta, soddisfatta della sua sincerità.

"E certo... Antonio." Mauro per tutta risposta fa uno strano sorriso. Poi le parte con la mano aperta, grande, decisa, da destra verso sinistra. Pum. Uno schiaffo in piena faccia. Che la fa vacillare. La sposta, la scuote, la rintrona, la pettina tutta dall'altra parte. Paola si rialza, riemerge, stordita, tra i suoi capelli. Se li sistema alla meno peggio con tutt'e due le mani. Li raccoglie, per trovare di nuovo la luce. Per capire. Ed ecco apparire lì in mezzo i suoi occhi. Stupiti, sorpresi, spaventati. E improvvisamente si copre con quelle stesse mani. Perché capisce che su di lei sta per abbattersi... l'uragano Mauro.

"Mortacci tua, disgraziata, infame che non sei altro, bestia in calore. Ecco perché tutt'oggi ce l'avevi staccato" e la colpisce. E le sue mani sono come pale impazzite di un mulino a vento. Che scendono, e salgono, e picchiano. E gelosia e dolore. Come un trattore senza guida, che procede folle a zig zag. Ma che non miete frumento. Trita quelle bionde messi della povera Paola. E giù cazzotti, e manate, e schiaffi, e ancora e ancora. E Paola scivola e Mauro prende la rincorsa e sta per tirarle un calcio in piena pancia, quando viene di colpo risucchiato. Sparisce di botto, via, contro un muro vicino al cancello.

"Fermo. Sta fermo, Ma..." Paola riapre gli occhi già gonfi. Si riprende. Si rialza piano, dolorante, scioccata, rimbambita da tutte quelle botte.

"Ma io l'ammazzo, 'sta stronza, lasciarne!" Mauro cerca di liberarsi, scalcia, salta in alto, si lancia all'indietro. Ma il padre lo tiene fermo. Lo stringe a sé come se fosse una catena. Lo tiene immobile con le sue forti braccia da operaio di cantiere, con quella stessa facilità con cui lo faceva quand'era bambino.

"Fermo, Ma, sta fermo."

E Paola scappa via, quasi inciampando, scivola su se stessa, annaspa ancora un po, poi sparisce dietro l'angolo. Uno spor

tello si chiude. Un'auto si mette in moto. E quella Volvo scura passa sgommando davanti a loro. Si porta via Paola. Si porta via una storia e l'illusione che potesse durare per sempre. Padre e figlio rimangono così, soli, in una piccola piazzola desolata di una qualsiasi periferia.

Renato lo lascia andare, allarga le braccia liberandolo da quella morsa umana.

"Annamo va, Ma, saliamo che è pronto da mangia." Tira fuori le chiavi di tasca e apre il cancello. Poi si ferma un attimo sul portone. Si gira verso il figlio. "Allora, sali? Tua madre sta ad aspetta noi pé butta la pasta."

Mauro lo guarda con le lacrime agli occhi. Accende il moto rino, ci monta al volo. E parte sgommando, quasi scivolando sul brecciolino, con la gomma dietro fin troppo liscia per quelle strade.

"Ma dove vai, Ma? Ma! Non metterti nei casini! A quella nun gliene frega un cazzo de te!" gli urla il padre, cercando, a modo suo, di essere un buon padre. Urla Renato e corre dietro quel motorino che si perde in quell'ultimo tramonto. Dietro un'inutile rincorsa di felicità.

Ottantatré

Zi sono attimi nella vita che hanno una colonna sonora ancora la inventare. Per questo Alessandro, mentre guida, cerca a ungo tra i ed che ha nel caricatore quale sia il più adatto. Ne seleziona uno. Big Fish. Soundtrack del film. Edward Bloom e suo figlio William. Perché a volte quelle che possono sembrare delle stranezze, delle impurità, sono solo delle bellezze diverse, che non sappiamo accettare. Almeno non ancora. Poi lo vede. Sta scendendo dalla sua Golf nera. Si guarda intorno. Lo cerca. Si sono dati appuntamento a viale del Vignola. Lì, dove si vedevano per fare sega a scuola, per passarsi i compiti prima di entrare, per abbracciarsi felici subito dopo l'uscita dei quadri della maturità. Promossi. Mi è sembrato l'unico posto sicuro che potesse dare un po di ricordi, un po di radici... fa bene pensare al passato quando il futuro fa paura, pensare che tutto non possa essere spazzato via solo per un semplice e improvviso temporale. Alessandro lo guarda camminare. Enrico tiene le spalle basse e si avvicina alla Mercedes.

"Ehi, c'è vento stasera." Enrico entra in auto e sbatte forte lo sportello. In altre occasioni forse Alessandro, per quella portiera sbattuta in quel modo, avrebbe fatto la faccia storta. Ma non stasera.

"Senti, allora..."

"No, Alex, prima che tu dica qualunque cosa. Vorrei dirti grazie. Sul serio. Ci sono cose che non hanno prezzo. Difficili da chiedere, che possono allontanare le persone. Ecco, questa

poteva essere una di quelle e invece tu fai sembrare tutto più facile. Tieni..." gli passa una busta chiusa. "Lì dentro ci sono i soldi che hai anticipato e un piccolo pensiero per te."

Alessandro lo guarda leggermente imbarazzato. Poi apre la busta. Insieme all'assegno ci sono due biglietti.

"Cavolo! Ma sono per il concerto di George Michael. Sono introvabili!"

"Sì, ho un collega. Sua moglie lavora per il tour manager. Non è stato difficile. Ho pensato a te e Niki. George Michael è uno che può piacere a tutti e due. Oh, poi comunque vai con chi ti pare, eh?!"

Alessandro guarda un altro po i biglietti. Poi li rimette nella busta. "Non dovevi."

"L'ho fatto con piacere." Poi Enrico torna serio. "Allora dimmi tutto, com'è andata, cosa c'è da sapere?"

"Ho preferito non farmi dire niente."

Enrico improvvisamente lo guarda negli occhi come se cercasse disperatamente la traccia di qualche bugia. Poi si rilassa. No, Alessandro non sa davvero niente. Oppure è un grandissimo attore.

Alessandro si sporge dietro e prende una sola cartellina. Quella celeste. "Tieni, è tutto qua dentro."

Enrico la prende e la tocca, la sfiora accarezzandola. Vede quel piccolo fiocco blu che tiene intrappolati i suoi segreti.

Enrico guarda Alessandro. "Posso?"

"È tua, l'hai pagata."

Enrico sta per sciogliere il fiocco.

t

ì"Aspetta!"

"Che c'è, Alex?"

"Sei sicuro che non vuoi aprirla da solo? Sono cose tue, vostre. Sì, insomma... magari preferisci che io non ci sia."

"Non so cosa ci troverò. Quindi vorrei che tu fossi con me."

"Ok, allora, come vuoi." Alessandro lo lascia fare. Enrico apre lentamente la cartellina. Poi, come impazzito, avido di notizie, di verità, di bugie finalmente svelate, inizia a sfogliare quei documenti, a controllare tutto. Scorre date, appuntamenti,

giorni, orari, luoghi. E infine le foto. Apre la busta. Eccole. Camilla. Camilla da sola. Camilla con un'amica. Camilla con lui. Ancora con un'amica. Poi sola, sola, sola. Da sola e con lui. Finito. Tutto fino all'altro ieri. Enrico fa un sospiro. Chiude la cartellina. L'avvicina al viso. La stringe forte, quasi respirandola. Alessandro lo guarda.

"Ehi... Enrico... ti ricordi? Ci sono anch'io..."

Enrico torna normale. "Sì, sì, tutto ok."

"Allora come va?"

"Bene, tutto bene. In ogni foto c'era tanto di quello che ogni giorno mi manca e non c'era nulla di più di ciò che sono felice d'avere. È pulita."

"Se lo dici così, sembriamo quei personaggi dei film polizieschi americani... È pulita... Che vuoi dire? Non ha nessuno allora?"

"È onesta. È sincera. Di uomo ci sono solo io. Poi tutte sue amiche e tutto quello che fa durante il giorno."

"Allora sei soddisfatto? Tranquillo? Ma non ti senti un po sporco... non ti da fastidio averla fatta controllare, aver cercato questa conferma? Quando si ama qualcuno non ci si dovrebbe semplicemente fidare ciecamente? E se qualcuno tradisce la nostra fiducia venirlo semmai a sapere in modo naturale?"

Enrico lo guarda serio. "Tu non hai questo problema. Forse tu non sei davvero innamorato di Niki. Forse non lo sei stato neanche di Elena se chiudi con tanta facilità una storia com'è stata la vostra. La volevi sposare, no?"

"Sì."

"E ora invece stai con una ragazzina. E soprattutto non sembri neanche disperato per com'è finita con Elena. Così, bum, finito e via."

"Ti sbagli Enrico, io amo l'amore. La bellezza dell'amore. La libertà dell'amore. Amo l'idea che nulla è dovuto, che l'amore degli altri, il loro tempo, la loro attenzione siano regali da meritare e non da pretendere. Anche quando siamo una coppia. Si sta insieme per scelta non per dovere. Sì, avrei voluto Elena per sempre. Ma se n'è andata. Ha scelto di andarsene. E ora per

caso potrebbe avere un altro? Che ci posso fare io se non andare avanti? E continuare ad amarla comunque per quello che mi ha dato e mi ha fatto provare e che non è più?"

"Io credo che se tu avessi aspettato, invece di cominciare subito con Niki, forse lei sarebbe tornata."

"Enrico, ormai sono passati più di tre mesi. Non mi ha più cercato. Mai. In più di tre mesi."

"Rispetto il tuo modo di pensare, Alex, e non ho nulla contro Niki. Spero tu sia felice con lei. Ma allora non accusare me e le mie paure. Io amo Camilla. Ma ho anche bisogno di sentirmi sicuro." Enrico scende dalla Mercedes. "Ciao, Alex e grazie ancora di tutto, spero di non aver mai più bisogno di te per cose così..."

Alessandro sorride. "Anch'io! Ah, l'investigatore mi ha detto di dirti una cosa... Quando si incontra una donna che vale, non vale la pena di perdere tempo. Vai a casa, Enrico."

Enrico torna in auto e lo abbraccia. Poi esce senza dire altro. Raggiunge velocemente la Golf. Prima però si ferma al cassonetto vicino. Lo apre col piede. Prende la cartellina, la strappa diverse volte e la butta dentro. Poi sale in auto. Guarda Alessandro per un'ultima volta e si allontana.

Alessandro resta ancora un po lì, in silenzio. Riaccende il lettore ed. Si lascia cullare dal Sanar as Theme di Danny Elfman e ricorda la scena finale del film, l'uscita di scena, il tuffo nel fiume. Alessandro abbassa il finestrino. Un vento leggero parla già d'estate, ma sottovoce. Chiude gli occhi. Si lascia andare. I giapponesi. Elena. Il lavoro. L'amore. E poi l'imprevisto. La ragazza dei gelsomini. Niki. Quella mancanza assoluta di rete protettiva. Quel camminare eccitante sul filo, sospesi. Il rosso e il nero. Un tuffo dove l'acqua è più blu. Niente di più. Ma c'è sul serio l'acqua, lì sotto?

Alessandro apre il cassetto del cruscotto. La seconda cartella, quella rossa, è ancora lì, chiusa. Col fiocchetto laterale, ben stretto. La guarda per un attimo. Cosa ci sarà? Niente? Tutto? Alessandro scende e si avvicina al cassonetto. Gioca per un istante col fiocchetto rosso. Poi appoggia la cartellina,

prende dalla giacca un accendino e le da fuoco. I fogli iniziano velocemente a incurvarsi e bruciare. Piccole fiamme crepitano, mentre un fumo leggero si alza verso il cielo, lento, danzando nel vento, quasi divertito, portandosi via tutti quei segreti. Sapere o non sapere? Questo è il dilemma. Alessandro, improv visamente artefice della vita di un altro. Piccolo Dio di chissà quale inutile o grande verità. Avrei dovuto dargli o no quella seconda cartellina? Altre foto, altri segreti, magari dolore, magari tradimento... Chissà. E intanto brucia e brucia. E ancora brucia. E quella fiamma beffarda si agita al vento, quasi ride divertita, silenziosa. In qualche modo lei sta leggendo. Lei sa. E si porta via ogni possibile soluzione. Poi niente più. Cenere. Se non l'amore. E l'amore può dare veramente le rispo ste che servono.

Alessandro prende il telefonino. Preme un tasto. Lo scorre veloce. Lo trova. Chiama.

"Dove sei? Ah sì, so dov'è. Sto passando a prenderti."

&L

Ottantaquattro

Madi, una giovane filippina, sta pulendo rapidamente alcuni piccoli oggetti sul basso tavolo di fronte ai divani. La porta si apre all'improvviso. Alessandro entra baciando Niki. Avido, di baci avido. Di rabbia, di confusione, di voglia, di desiderio, di fame, di...

"Madi? Che ci fa ancora qui?"

"Signore, io il venerdì faccio fino alle , non ricordare? Lei e altra signora detto di venire tre volte a settimana. Lunedì, mercoledì e venerdì. Oggi venerdì." Madi guarda l'orologio. "Ora ,."

Alessandro si mette le mani in tasca, trova venti euro e li allunga a Madi. "Oggi vacanza. Ora vacanza, via... Passeggiata da un'amica, in giro per mercatini, qualunque cosa, ma via" e la scorta verso la porta di servizio, in cucina, quella che da sulle scale d'emergenza. Passando, Madi prende la borsa e la giacca sul muretto della cucina e poi viene gentilmente spinta fuori. Alessandro mette il blocco alla serratura, poi va in salotto e chiude anche l'ingresso principale.

"Ehi, ma dove sei?" Nel silenzio della casa Alessandro cerca divertito Niki. Sicuramente si è nascosta. Apre una camera. E un bagno. Guarda dietro un divano, in camera da letto, sotto il tavolo. Ma un grande armadio lasciato di poco aperto la tradisce. Alessandro sorridendo mette un ed. Confessions On A Dance Floor.

Poi ad alta voce. "Dov'è la ragazza dei gelsomini? Dove si

sarà nascosta?" e pian piano si avvicina all'armadio. Spogliandosi. Lascia cadere a terra la camicia, poi i pantaloni. "Dov'è? Sento il suo profumo, il suo respiro, il suo cuore, sento la sua voglia, il suo desiderio, il suo sorriso divertito..." Ora Alessandro è nudo. Spegne le ultime luci e accende una piccola candela. Poi si infila dentro l'armadio. "Dov'è il più bel vestito che io possa mai indossare?" E Niki ride, coprendosi la bocca con tutt'e due le mani. Impaurita, eccitata, sorpresa, incredula di essere stata scoperta. E in un attimo si lascia baciare, spogliare, con fame, con rabbia, con voglia, tra vestiti che cadono dalle stampelle, leggeri completi a tinta unita che l'accarezzano come lente foglie che a terra si compongono in un unico, grande manto variegato. Grigio, grigio chiaro, grigio scuro, blu gessato, e carta da zucchero poi, in quel momento così dolce. E quasi scivolano su quei vestiti. E Niki ne getta a terra altri. E camicie, e golf, e pantaloni, e una confusione eccitante. Alessandro la stringe a sé, rotola con lei, sente le sue gambe, le tocca, le stringe e si tuffa lì, sul suo collo, e lo bacia e ancora baci e piccoli morsi e gambe che non finiscono mai. E sapori, e odori, e sospiri, e umori, e fughe, e ritorni... E un mare in tempesta. "No, no. Ti prego, ti prego no..." E poi un sorriso. "E invece sì, sì. Ti prego, ti prego sì..."

E la sua bocca e le sue dita e ancora. E perdersi in ogni suo angolo, senza confini, senza pudori, guardando, spiando, resistendo... Abbandonandosi. Dopo la mareggiata. Sfiniti, distesi, sbattuti, morbidi, amati, consumati su quelle lenzuola, poco più in là.

"Ehi, ma che ti è successo?"

Alessandro riemerge tra le pieghe del lenzuolo, tra i colori di quella prima sera. Sorride. "Di che? Dove?"

"Capirai, ancora non sei tornato. Non sembravi tu... Amavi in un modo..."

"In un modo?"

"Selvaggio, affamato. Forse anche un po disperato. Bello, comunque. È stata la riunione di oggi pomeriggio?"

"Più o meno ! "

"Be, per una volta allora... evviva le riunioni! Ti voglio far vedere una cosa."

"Dopo tutto quello che ho visto?"

"Scemo!"

"Ci sono altre stelle?"

Niki si alza e accende il computer sul tavolino. "Oggi, mentre stavo studiando da Erica, stavamo cercando una cosa in Internet e guarda dove siamo finite..." La sua schiena nuda, da dietro, è bellissima. Alessandro le si avvicina. Dolcemente l'accarezza. Scorre giù, senza fretta, fino ai fianchi morbidi. Si ferma.

"Ehi, così non so cosa trovo... sto cliccando di tutto. Ecco, l'ho trovato! www.ilfarodellisolablu.it Guarda che bello questo posto!"

Alessandro si siede vicino a lei. Niki ride divertita, indica felice, viaggia sognante all'interno di quelle pagine che per un attimo non sono più virtuali.

"Vedi, qui puoi diventare un lighthouse keeper, un custode del faro! Pensa, cinquecento euro per una settimana e tu puoi stare lì. Solo tu a controllare tutto sull'Isola Blu."

E nel monitor del computer ecco una serie di immagini. Una piccola radura verde si tuffa in un mare azzurro poco più sotto. Poi alcuni scogli. Più in alto, tra le rocce, un grande faro bianco. Qualche onda s'infrange sugli scogli. Un cartello. Le indicazioni per una passeggiata. E un sentiero che porta su, verso il faro, costeggiato da piante grasse e bassi alberi marini, segnato dai tanti passi che nel tempo sono voluti arrivare fin lassù.

"Vedi, da lì controlli le navi, le loro rotte nelle correnti dipendono da te. Tu illumini il loro viaggio, tu sei il faro..." Niki si appoggia a lui. Completamente nuda, calda, morbida. Alessandro la respira tutta. "Come tu sei un faro per me." Allora Niki sorride. Poi si gira e lo bacia, con quella bocca che sa ancora d'amore, come una piccola bambina capricciosa che cerca un bacio e sa di trovarlo. Alessandro le prende il viso tra le mani e la guarda negli occhi. E mille parole scorrono in quel loro sguardo. Silenziose, allegre, romantiche, innamorate. Parole nascoste, parole che si

rincorrono, parole che spingono per uscire come un fiume sotterraneo, come l'eco lontana di una valle appena scoperta, come quello scalatore che con fatica è appena arrivato in cima alla vetta di una montagna e lì, da solo, urla al vento, alle nuvole che lo circondano, tutta la sua felicità. Niki abbassa gli occhi, poi torna a guardarlo. "A che pensi?" Alessandro le sorride. "Niente. Scusa, ma sono in mare aperto. Tu sei il mio faro. Non spegnerti."

Dopo una doccia. Dopo un aperitivo in accappatoio. Dopo una passeggiata in terrazza parlando del più e del meno. Dopo qualche altro bacio. Dopo qualche scherzo. E un urlo. E una piccola fuga per gioco. Dopo che il vicino di casa è uscito di nuovo sulla sua terrazza per controllare. Dopo che si sono nascosti. Dopo una risata. Dopo. Ecco, dopo tutto questo a Niki è venuta fame.

Alessandro sorride. "Anch'io. Ho un'idea. Andiamo..."

"E dove?"

"Non fino al faro all'Isola Blu ma in un posto troppo carino."

E veloci, senza prepararsi più di tanto, si infilano in macchina e arrivano davanti a quel locale. Orient Express. San Lorenzo.

"Ma non lo conoscevo!" Niki si guarda in giro. "Ma è una locomotiva vera! E si mangia dentro i vagoni. Troppo forte! Ma com'è che lo conosci tu, eh?" Lo guarda sospettosa. "Non è che frequenti qualche altra diciassettenne o magari una poco più grande e che quindi ha già fatto la maturità e non c'ha un cavolo da fare?"

"Macché. È Susanna, la moglie di Pietro, che si diverte a scoprire le novità, i posti, tutto quello che accade in città."

"Forte. Mi piace questa tipa. Anche Pietro mi è rimasto simpatico, l'altro giorno a pranzo."

Alessandro posteggia e scende. "Ecco... Pietro non l'hai mai conosciuto."

"Ma come non l'ho mai conosciuto? Ma che, sei fuori? Ma se c'ha offerto anche il pranzo!"

Alessandro le prende la mano e poi bussa leggero sulla sua fronte. "Toc toc, si può? C'è nessuno?"

TI

Niki sbuffa. "Sì, c'è un sacco di gente. Cene e feste in quan tità, allegria e pensieri divertenti. Chi cercavi?"

Alessandro sorride. "Cercavo quella che ora non dirà mai a Susanna, la moglie di Pietro, di averlo già conosciuto..."

"Ah..." Niki sorride. "Ora ho capito. Scusami, quella lì era uscita un attimo..."

"Be, ora entriamo, quindi attenta..."

"Ma perché, ci sono i tuoi amici?"

"E certo, se no perché ti dicevo tutto questo? Beati voi, sem pre in festa là dentro, eh? !" Alessandro indica di nuovo la testa di Niki.

"Tranne quando ci costringi a lavorare tutti per i giapponesi! Entriamo, va!"

Ottantacinque

Roberto è in salotto. Dallo stereo esce la musica che ha scelto. Versa del vino bianco in due bicchieri. Freddo, soave. Ha voglia di stare un po da solo con sua moglie, baciarla, essere romantico e poi, perché no, più tardi perdersi tra le lenzuola. È da diverso tempo che questo non accade. Far andare avanti una storia d'amore costa anche un po di fatica sentimentale. Serve. Aiuta. Fa da collante. Roberto socchiude gli occhi. Decidere a tavolino qualcosa in questo campo non piace neanche a lui. Se questo pensiero lo sentisse Simona sarebbero dolori sul serio. Per lei l'amore dev'essere amore e basta. Amore per caso, amore naturale, amore voglia di amare. Un po, come in quel film, The Family Man, quando Nicolas Cage entra in una dimensione che non aveva realmente vissuto, quella che Dio un giorno in una fuoriserie decide di fargli intravedere: come sarebbero andate le cose con quella donna se l'avesse sposata, se con lei avesse avuto dei figli, se avesse mantenuto una promessa fatta anni prima, se... tutti quei se che troppo spesso continuano a tormentarci per tutta la vita. Senza avere un buon Dio regista che dia prima o poi una risposta. Jack Campbell, ricchissimo finanziere, vive in un lussuoso attico, ha un sacco di donne e viaggia in Ferrari. Ma poi la mattina di Natale si sveglia nel New Jersey, accanto a Kate, la sua fidanzata ai tempi del liceo in quella che sarebbe potuta essere la sua vita. E pian piano capisce che forse non sarebbe diventato così ricco com'è oggi, forse, ma di certo sarebbe stato felice come non è mai

stato. Se non fosse andato a lavorare in un'altra città con la promessa di tornare. Promessa mai mantenuta. E allora Dio, che a volte lo fa, gli da la possibilità di tornare indietro o meglio di avere un'altra occasione per non deludere Kate, la sua Kate del liceo. Roberto si risistema il cuscino dietro la schiena, mentre pensa alle scene di quel film. È soddisfatto, tranquillo, chiude gli occhi e sospira. Raro momento di felicità. Ma lo capisce, è giusto. La felicità non dev'essere un punto d'arrivo, ma uno stile di vita. Chi lo diceva? Un giapponese. Ci prendono a volte f'sti giapponesi. Ecco, io aggiungerei anche che la felicità è la

capacità di sapere che tutto quello che stiamo vivendo, anche

quel solo vivere, non ci è dovuto. Così si può essere felici, semplicemente, senza troppa presunzione. Chiude gli occhi. Ma;

che pensieri sto facendo? La vita è semplice, più semplice: è una caramella, non troppo dolce, che dovremmo lasciar scio] gliere in bocca, senza fretta, senza masticarla, leccandola. Come farò io con mia moglie, tra poco. Io non sono Jack. Io la miai promessa l'ho mantenuta. E forse riesco anche ad averci unj buon guadagno. Cosa si può avere di più? Ci si può anche non accontentare... ma anche se è banale... chi s'accontenta, go... j La musica dello stereo improvvisamente si spegne. Roberto^ apre di colpo gli occhi. Simona è lì, accanto al lettore ed. Il suo] dito è ancora sopra il tasto power. È stata lei a spegnerlo. E poij ancora peggio, sorride. Tira fuori uno di quei sorrisi che sonai tutto un programma. Roberto non ha dubbi. Lo conosce que| sorriso. Dietro quel leggerissimo movimento di labbra, dietro) quell'apparire dei suoi dritti e piccoli denti, si nasconde quasi sempre una grande storia inimmaginabile... Dramma, abbanij dono, errore. Scusa ma ho conosciuto un altro. Scusa ma me n^ vado. Scusa ma ho fatto una cazzata. Scusa ma aspetto utì figlio... Scusa ma aspetto un figlio ma non da te. Scusa ma noij so proprio come dirtelo. Scusa ma... insomma, qualunque altrq possibile argomento, di qualunque genere, con qualunqu^ esito, ma con un'unica certezza... Quello che Simona gli dirà) comincerà con scusa ma...I

E Roberto non ce la fa più ad aspettare. Si tira più su con k

braccia, sposta il sedere indietro e si appoggia bene allo schienale del divano.

"Che c'è Simo, perché hai spento? Mi devi dire qualcosa?"

"Perdonami..."

Perdonami. Cavoli, pensa Roberto. Non è scusa ma... È perdonami! Cazzo! Questo non lo avevo considerato. Fin lì non c'ero ancora arrivato. Scusa ma è cosa da niente in confronto a perdonami. Perdonami è tutto. Cazzo, cazzo, cazzo. Che hai combinato, amore mio? Ho paura solo a pensarlo. Ok, ok, meglio restare calmi. Aperti. Fiduciosi. Ho letto il manuale. Braccia non conserte. Apertura. Generosità. Disposizione all'ascolto. Cos'è successo, amore mio? Gentilezza, gentilezza, gentilezza. Anche falsità, se serve. Tutto per arrivare alla verità.

"Dimmi tutto amore, non c'è problema, sul serio, è come se ti avessi già perdonato."

Roberto si costringe al sorriso. Simona si lascia andare giù i capelli e va lentamente verso la poltrona lì di fronte. Si siede ma lo fa lentamente. Troppo. "Ma no, dicevo perdonami, ti stavi rilassando con la musica e io invece ho spento lo stereo così, senza avvisarti."

"Ma figurati." Roberto appoggia le mani vicino alle ginocchia.

Di nuovo quel sorriso... Apertura. Gentilezza. Disponibilità. Accettazione. Tranquillità. Come da manuale.

"Dimmi, che c'è?"

"Ma niente." Simona sorride e chiude le mani, le mette tra le gambe, accavallate una sull'altra. Sembra quasi una piccola preghiera. Roberto la guarda preoccupato. Oddio. Mani tra le gambe, chiuse, vicine tra loro. Che diceva il manuale? Non me lo ricordo. Socchiude gli occhi cercando di visualizzare quella pagina. C'era anche la foto di un paio di mani. Ma com'erano? Poi c'era anche la foto di una persona. Sì. Oddio. Santa Maria Goretti. Mani giunte. Segno di estrema richiesta. Richiesta di qualcosa che è al di sopra di tutto. Inusuale. A volte impossibile da realizzare, per questo si tengono le mani a preghiera, perché solo un santo può dire sì. Attenzione, domanda in arrivo.

t

Roberto la guarda e sorride serafico, cercando di essere il più possibile santo, colui che senza alcun dubbio la esaudirà. O almeno questo cerca di trasmetterle con quel sorriso. "Ma dimmi, cara, che problema c'è?" "Ma no, guarda, io non credo che sia un problema." "Se me ne parli un po" gentilezza, calma, apertura, serenità, "ma proprio solo un po di più, potrò capire e giudicare anch'io" e sistema un libro sul tavolino, proprio come dice il manuale, "farsi vedere disinteressati, occuparsi d'altro durante la preghiera renderà più facile la confessione". Roberto al ricordo della parola "confessione" ha un cedimento. Il libro gli scivola di lato, quasi gli cade, ma lui fa finta di niente. Simona lo guarda. Stringe un pochino gli occhi, lo studia per capire meglio in che fase è. E davvero così rilassato e ben disposte come sembra? O è solo un atteggiamento?

"Allora?" Roberto si gira e le sorride nuovamente. Simona decide di giocare quell'ultima carta. "No, non h niente, magari ne parliamo con calma domani." Calma. Ma ic ci sto mettendo tutta la calma del mondo. "Ora è troppo tardi dai."

L'ha detto. E ora Simona sa bene che le possibilità sono due Se Roberto stava solo fingendo di essere rilassato, adesso d botto comincerà a urlare come un pazzo cose tipo "eh, ora m<

dici, hai capito, m'hai rotto le scatole con tutta 'sta premessa e pure cose peggiori, oppure è sul serio tranquillo e allora se ni uscirà con "come vuoi", "come preferisci" o ancora megli* "come fai tu, va sempre bene"

Roberto è sorprendente. Non è rilassato. Di più. "Vorre saperlo perché credo sia una cosa che riguarda tutti e due, il particolare te, perché ti vedo tesa... ma se preferisci rimandarl a domani, va bene lo stesso."

Ti vedo tesa. Bene. Mostrare di preoccuparsi di lei, qualun que sia la richiesta, viene dopo l'amore e l'importanza che si d all'altra persona. Questo capitolo nel manuale non c'ers Roberto ormai ha capito tutte le regole. Anzi, Roberto ormai

manuale.

Simona sorride, sposta le gambe e poi le accavalla di nuovo. Ma non come Sharon Stone, no. Da ragazzina. E continua a sorridere. Però ora si è rilassata, pensa Roberto. Meglio. Sbatte un po le mani una contro l'altra, ci gioca. Poi le poggia sulla pancia, serena e felice. Bene. Non ci sono problemi. Roberto ora è rilassato sul serio. Simona lo guarda e gli sorride. Posso dirglielo.

"Oggi sono uscita con Niki."

Roberto finge tranquillità per incoraggiarla ad andare avanti. "Ah, che bello... per un attimo ho pensato che..." ma si accorge dallo sguardo di sua moglie che si sta avventurando verso chissà quale spiaggia privata, "... ho pensato che Niki fosse fuori Roma, strano, chissà perché..."

Simona torna a rilassarsi. Roberto cerca di recuperare. Prende il libro ma non lo apre, per educazione. E per dare attenzione all'altra persona e a ciò che vuole dire. Pagina del inanuale. Vuoi farle capire che, qualunque cosa lei gli dirà, dopo lui leggerà il suo romanzo. Tranquillamente. Nessuna notizia potrà disturbarlo più di tanto. Le sorride.

"Ci siamo divertite... e abbiamo parlato."

"Ah" Roberto gioca col libro ma questa attesa lo sta sfinendo. Vorrebbe lanciare quel libro, anzi, prendere quel manuale che lo obbliga a queste fatiche psicologiche e farlo a pezzi. Ma si controlla, si obbliga a resistere. Simona, vedendo la sua tranquillità, gli concede ancora qualcos'altro. "Abbiamo parlato di lei, della sua storia d'amore."

"Ah." Fin qua nulla di male, pensa Roberto. Ma allora che c'è? Che può essere successo? C'è qualcosa sotto? Calma, calma. Ci vuole tatto. "Senti Simona, me lo hai detto tu. Tu sai quale sarebbe stato il mio modo di affrontare tutta la questione..." ì "E sei stato molto bravo."

"Anche se mi sembra assurdo che qualcuno sia venuto a casa nostra, che tu ci abbia parlato, che questo qualcuno non era il promotore che aspettavamo e soprattutto mi sembra assurdo che tutti e tre ora facciamo finta di niente, e non affrontiamo l'argomento..."

"Amore, troppe volte in famiglia ci si comporta così, sarà successo anche nella tua quando eri piccolo o nella mia... Si accettano delle cose in silenzio, si fa finta di niente solo per quieto vivere... Abbiamo deciso che non dovevamo osteggiarla se no, da ribelle qual è, sarebbe stata ancora più testarda nel combattere contro tutto e tutti per stare con questo ragazzo che ha vent'anni più di lei."

"Solo che me lo dici già non sai come sto... Credo che non dormirò stanotte. Non mi ci far pensare... Invece cosa è suc cesso? Si è rimessa con l'altro? Con quello di prima? Con il can tautore sfigato?"

"Roberto! Comunque no."

Ah, non è neanche questo.

"S'è messa con un altro ancora?" Roberto la guarda e allarga le braccia. "Dai, amore, è normale, sono cose che accadono alla sua età, si lasciano, si rimettono. Ti ricordi che facevi tu prima di conoscermi..."

"Sì, mi divertivo un sacco."

"Menti. Ti annoiavi. Poi hai conosciuto me e hai trovato l'a more vero. Ecco, vedi, magari anche Niki prima o poi cono scerà l'amore. Magari sarà proprio questo il ragazzo giusto per lei. Ricordati, amore, che ha solo diciassette anni."

"Oh, questo lo so."

"E allora non te ne dimenticare."

"No, è che non riesco a dimenticarmi che il suo nuovo ragazzo ha quasi trentasette anni."

"Be, quando siamo uscite mi ha detto che sta con un ragazzo un po più grande di lei, ma ha fatto finta di non sapere che io lo so, non ha avuto il coraggio di dirmi che è vent'anni più grande di lei!"

"Ma è normale... Tu sei sua madre e già è tanto che non neghi direttamente tutto..."

"Ah, la difendi pure... Allora sappi che ha sorvolato sull'età |ma mi ha detto che è l'uomo della sua vita, che ha intenzioni

|serie..."

p"Oddio... È incinta."

f

k

"No... È semplicemente innamorata..."

"Ma magari questi vent'anni di differenza a un certo punto peseranno, lui o lei se ne renderanno conto... e le passerà..."

"Sei cinico... Ma credo che la cosa sia più seria del previ sto..."

"Perché?"

"Siamo uscite per fare shopping, le avevo detto che poteva prendere qualunque cosa, massima apertura proprio per farla parlare..."

"E allora?"

"Non ha voluto comprare nulla."

"Oddio... Allora siamo veramente nei guai."

Ottantasei

Pietro e Susanna, Flavio e Cristina, Enrico e Camilla sono nell'ultimo vagone dell'Orient Express. Camilla sorride vedendo arrivare Alessandro da lontano.

"Ecco Alex... è arrivato!"

"Dove?"

"È laggiù in fondo..."

Susanna guarda meglio. "Ma che, si è rimesso con Elena?"

"Macché" Camilla le da una botta col gomito, "mica è Elena quella che sta insieme a lui..."

"E chi è?"

Cristina beve un sorso di vino.

"Ma che siete 'cecate, non vedete che quella ha vent'anni meno di Elena... e di noi."

Enrico sorride e mangia un pezzette di pane. Pietro deglutisce preoccupato per quello che può accadere. Alessandro e Niki si avvicinano al tavolo. "Ah, eccovi, non vi vedevamo. Lei è Niki."

"Piacere!"

Niki da la mano per prima a Camilla, poi a Susanna e Cristina. Poi agli uomini.

"Loro invece sono Enrico, Flavio..." Pietro è sempre più preoccupato. Cerca di evitare il suo sguardo. "E io sono Pietro, piacere." Niki fa finta di niente. "Ciao, piacere, Niki!"

Alessandro vede due posti liberi. "Ci sediamo qui?"

"Certo." Alessandro si siede accanto a Pietro e lascia il posto di capotavola a Niki.

"Vado un attimo in bagno a lavarmi le mani. Mi scusate?" Alessandro, che si era già seduto, si rialza, poi sorride a Niki che si allontana. Cristina la guarda un attimo.

"Carina, quella ragazza. Molto carina" e guarda Alessandro.

"Grazie."

"Ma come l'hai conosciuta?"

"Un incidente in macchina."

"Sul serio?" Camilla sorride. "Be, che strana combinazione. Io e Enrico ci siamo conosciuti perché io avevo finito la benzina in motorino e lui gentilmente mi ha aiutata."

"Sì, ma allora andavate tutti e due ancora a scuola" sorride Cristina, "diciamo invece che Niki quel giorno lo avrebbe potuto seguire in carrozzina..."

Alessandro apre il tovagliolo e sorride. "No, credo proprio che fosse ancora nei dolci sogni dei suoi genitori."

"Cosa?" Camilla apre la bocca. "Ma io ed Enrico ci siamo conosciuti vent'anni fa..."

"Appunto, lei è arrivata tre anni dopo."

Susanna fa un rapido calcolo sulle dita. "... Ne ha diciassette?"

Pietro interviene. "Vedete? Mia moglie sa tenere i conti, ma non quelli di casa."

Cristina guarda Alessandro, leggermente tesa. "E questo che cosa vuoi dire? Che qualche volta uscirai con lei e le sue amiche e che magari ti porterai dietro anche i tuoi amici, nonché e soprattutto nostri mariti?"

Alessandro cerca di non guardare Enrico e Pietro. "Ma no, che c'entra. Ci stiamo solo frequentando. Non so come andrà. Penso non ci sia da preoccuparsi..."

Camilla lo guarda dispiaciuta. "Vuoi dire che già sai che non durerà? Allora sei proprio uno stronzo. Lei mi sembra una tipa solare, aperta, magari ci crede. Ci starà male."

"Ma no, intendevo dire che non dovete preoccuparvi per i miei amici nonché vostri mariti."

Alessandro sente vibrare il telefonino nella tasca. Lo prende. Un messaggio. È Niki.

TI

'"Allora, come va la raffica di domande? Sei sopravvissuto?

;Torno, o ti aspetto in bagno e fuggiamo?"

¦Alessandro sorride e risponde più velocemente che può. "Il

[tuo faro li ha accecati. Torna, è tutto ok." Poi rimette il Moto

rola

in tasca.

"Allora, scusate, una cosa. Sentite, non so com'erano i vostri rapporti con Elena. Ora c'è Niki. Mi piacerebbe solo che voi la conosceste. Poi, siccome siamo amici, magari ne parleremo. Ci siamo sempre detti tutto, no?"

Proprio in quel momento dal fondo del corridoio ecco spuntare Niki. Cristina abbassa la testa in avanti per non farsi vedere. "Eccola, sta tornando."

Susanna sorride. "Mi fa piacere conoscerla. Ma sai cosa stavo pensando... che mia figlia ha tredici anni. Tra quattro mi potrebbe portare a casa uno come te..."

"E allora?"

"Niente, penso che questa è una cena ideale, almeno mi preparo psicologicamente per quando dovrò fare quella con mia figlia e uno come te!"

Tutti ridono proprio mentre Niki arriva al tavolo.

"Ehi, che succede? Di che parlavate?"

"Di te" dice Alessandro. "Ti facevamo i complimenti. Hanno deciso che se questi sono gli effetti, si torna tutti a scuola!"

Niki si siede. "Sì, gli effetti possono essere pure buoni, ma non sapete quant'è severo il prof di educazione fisica!"

E tutti continuano a ridere. Alessandro mette la mano sotto la tovaglia e le stringe la gamba, dandole sicurezza. Niki lo guarda e sorride.

"Signori, scusate, siete pronti, possiamo ordinare?" Un cameriere vestito da capotreno è apparso all'improvviso.

"Sì, certo... cosa sono i tonnarelli ciuff ciuff?"

"Allora, vi dico subito..." e il cameriere spiega diversi piatti. Poi qualcuno ordina acqua minerale. "Guardi, la porti sia naturale che frizzante."

"Può portare anche delle piadine calde per accompagnare gli antipasti."

"E un buon Shiraz per accompagnare tutto."

"Per me solo un'insalata verde."

Perché non c'è niente da fare, c'è sempre qualcuno a dieta. O almeno che ci prova di fronte agli altri. E poi c'è anche quello che vuole provare le cose insolite.

"Cosa sono i formaggi fantasia?"

"Formaggi nostrani accompagnati con miele diverso a seconda dei sapori."

"Perfetto, me li porti."

La serata scivola così, lenta, dolceamara, saporita. Primi piatti che si succedono con strani misti tra pesce e verdure.

"Questa broccoli e gamberi è buonissima. La volete assaggiare?"

E alla fine quella differenza d'età non pesa poi così tanto davanti a un buon piatto.

"Mentre aspettiamo i secondi, ci fumiamo una sigaretta, vi va?"

"Ok, allora prima usciamo noi, gli uomini."

"Cafoni!"

"Ma voi fumate solo in due!"

"Cafoni lo stesso!"

Pietro, Enrico, Alessandro e Flavio si ritrovano fuori dal ristorante. Qualcuno si siede su una panchina, qualcun altro si appoggia al muretto lì accanto.

"Che c'hai una sigaretta?" chiede Pietro a Flavio che gliene offre subito una. Pietro l'accende, da una boccata, poi attacca a parlare. "Che strizza quando vi ho visti entrare. Ho detto se ora mi saluta sono cavoli amari. E chi glielo spiegava a Susanna che l'ho conosciuta per caso..."

Enrico butta un po di cenere per terra. "Infatti non è andata così."

"Ho capito, ma avrei dovuto farglielo credere."

Flavio s'incuriosisce. "Ma perché, com'è andata?"

"Ma niente" interviene Alessandro, "siamo andati un giorno a pranzo con Niki e le sue amiche."

Pietro da una gomitata a Flavio. "Dai, quel giorno che ti abbiamo chiamato e come al solito non sei venuto!"

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"E meno male! Voi siete pazzi. Alex, mi meraviglio di te. Ma pensa se per caso lo vengono a sapere le nostre mogli, che vanno a pensare poi? Capisci che non ci sarebbe più fiducia... Non ci farebbero più uscire con te. Cioè, anche se non fosse accaduto nulla dico..."

"Eh" Alessandro fa su e giù con la testa, "pensa che Pietro stava per andare a fare un giro in motorino con Olly, un'amica di Niki, e ha incontrato Susanna!"

"No!"

"Sì!"

"E che ha detto?"

"Boh, non lo so, che era una che gli aveva chiesto un'informazione di una strada..."

Flavio li guarda tutti. "Sentite, io non voglio entrare nei vostri casini." Butta la sigaretta e rientra. Pietro gli urla dietro "Ma quali casini! Questa è la vita, Flavio, la vita!".

Ma ormai è già rientrato e non lo sente più. "Cioè, ma vi rendete conto? Ormai Flavio è finito, lobotomizzato. Ogni tanto uno può respirare anche senza la moglie, e che cavoli! Va be, io magari qualche volta esagero. Ma lui esagera al contrario!" Poi Pietro guarda Enrico. "Ecco, ci vorrebbe un equilibrio come il vostro, cazzo! Come te e Camilla! Siete felici con la vostra libertà, senza oppressioni, fobie o continui controlli, no?"

Enrico sorride. Alessandro alza il sopracciglio e lo guarda. "Eh, già... rientriamo, va! Non vorrei che Flavio, sentendosi libero almeno dalla nostra presenza, dicesse qualcosa di troppo."

Alessandro, Pietro ed Enrico rientrano proprio mentre stanno uscendo Camilla e Cristina, Susanna e Niki.

"Cambio..." Tutti si sorridono passandosi accanto. Gli unici a scambiarsi un bacio al volo sono Niki e Alessandro. Appena fuori dal ristorante, Susanna si accende una sigaretta. "Cavoli, avrei voluto essere una moschina per stare qui fuori e sentire quello che si dicevano."

Anche Cristina si accende la sua. "Macché! Avranno detto le

solite cose. Magari Flavio avrà apprezzato quella biondona all'ultimo tavolo... che poi è completamente rifatta!"

"Ma quale?" dice Niki.

"Quella dietro di te, forse non l'hai vista. Anche Pietro vedevo che ogni tanto ci buttava l'occhio."

Susanna sbuffa, facendo uscire un po di fumo. "Capirai... Lorenzo, mio figlio, quando vede la pubblicità della Vodafone s'illumina. E io gli ho detto "Ma perché ti piace tanto?". "Perché c'è quella con due poppe così! "" e Susanna mima una generosa quinta. "Avete capito, è tutto suo padre, malato fin da piccolo!" Ridono, scherzano e parlano ancora. Niki ascolta divertita, sorride, annuisce, cerca in qualche modo di partecipare. Ma ci sono problemi di bambini, di colf, di spesa, di parrucchieri, di qualcuna che si è separata, di qualcun'altra che aspetta il terzo figlio. E poi la strana storia dell'amica del cuore di quest'ultima che avendolo saputo ne vuole un altro pure lei. Ha avuto un bambino la prima? Un mese dopo era incinta anche l'altra. Due bambini la prima? Due mesi dopo aspettava un bambino anche la seconda. E ora... Sicuramente avrà costretto il marito a lavorare per un terzo figlio. E così via. E ridono. E Niki? Niki si chiede se sarà così anche la sua vita. Sarà questa la strada illuminata dal mio faro? Per adesso mi sento solo di dire una cosa. Una cosa fichissima. Vorrebbe urlarlo a tutte loro. Ehi ragazze, mogli degli amici di Alex, avete saputo? È tornato di moda il "longboard", la tavola lunga da surf e la sua danza spericolata sul mare! Ma immagina le loro facce a questa sorprendente notizia.

"Tu che ne dici, Niki?"

"Uhm?"

"Del fatto di avere quattro figli."

"Be, basta che poi li segui tu sul serio e non prendi una di quelle filippine, allora sì, sono d'accordissimo."

"Quindi Alessandro ha un futuro pieno di pargoli?"

"Be, intanto è il caso di chiedersi se vuole un futuro con me..."

Camilla sorride. "Giusto, meglio non correre..." Cristina

s'infila curiosa. "E i tuoi che dicono che stai con uno... sì, insomma, uno più grande di te?"

Niki la guarda. "Oh, dicono e non dicono. Sospettano, in realtà."

Cristina insiste. "Sì, ma l'hanno conosciuto?"

Niki ci pensa su. Forse non è il caso di raccontare l'equivoco del promotore finanziario. "Oh, be, mia mamma ci ha parlato e m'è sembrato che le sia piaciuto. Diciamo che Alex ha fatto una buona impressione."

Camilla sorride. "Eh sì, Alessandro è un ottimo ragazzo. A una madre uno così da sicurezza."

Niki si ricorda l'equivoco. "Sì, è vero. Credo proprio che mia madre investirebbe su uno come lui."

Cristina e Susanna si guardano curiose, non capendo bene quell'espressione. Niki se ne accorge. "Nel senso che rischie rebbe sulla differenza d'età pur di investire sulla felicità di sua figlia..."

"Ah, ecco."

Poi decidono tutte di rientrare. E la cena procede tranquilla e serena, fatta di assaggi di secondi piatti, e di contorni per tutti e un po di frutta per alcuni.

"C'è l'ananas? Allora ananas per me che almeno brucio un po di grassi."

E dolci e dessert, e uno strappo alla regola. E poi di nuovo il solito. "Per me un caffè."

"Quanti caffè?"

"C'è caffè d'orzo in tazza grande?"

"Io macchiato freddo."

"Io un deca, eh, mi raccomando che sennò non dormo."

Poi il solito regalo dei ristoranti. Il conto insieme alla domanda di rito "Volete un limoncello, una grappa, un dige stivo?".

Poco dopo. Fuori. Ultime chiacchiere, strette di mano, baci sulle guance. Tutti salgono sulle proprie auto con la promessa di rivedersi presto. E una nuova curiosità addosso.

Ottantasette

Stanza indaco. Lei.

È tardi. Dopodomani sarà il gran giorno. Che paura. Forse farebbe meglio ad andarsene a letto. Ma come sempre il computer chiuso sulla scrivania è come se la chiamasse. Ancora non l'ha aperta, quella cartellina. Ma il nome la incuriosisce troppo. "L'ultimo tramonto." Che sarà? La ragazza ci clicca sopra e la apre. Altri file Word. Altre parole.

"Quel sospeso di chiaro tra le persiane e il mare. Mare e terra. Terra d'inverno coperta di giallo. Mare, quel giallo caduto di foglie che ricopiano il sole. Mare e terra, due incerti e lontani che provano a dirsi ma non sanno parlare."

Ma non sanno parlare. Cavoli. È bella. È una specie di poesia? Un po diversa dagli altri pezzi che ha letto finora su quel computer che sembra lo scrigno del tesoro di una favola di pirati. O la lampada di un qualche Aladino che si diverte a stupirla ogni sera, prima di andare a dormire. Continua a leggere.

"Se ci sei e scegli di restare, allora ricorda le cose che non sai, tienile strette, non farle scappare, che il giorno verrà per poterle sapere.

Se ci sei e sai come amare, allora ricorda le cose che dai, tienile altrove, non farle tornare, che il giorno verrà per poterle riavere.

Se ci sei e pensi di partire, allora ricorda le cose che vuoi, tienile calde, non farle tacere, che il giorno verrà per poterle meritare."

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Ottantotto

Lo sportello dell'auto si apre all'improvviso. Lei si fionda dentro. Lui la guarda.

"Non credevo saresti venuta."

"Sono una curiosa, si sa."

"Sì, ma stamani a scuola non mi hai detto sì."

"Che c'entra, c'erano le altre appena dietro l'angolo, mi scocciava mi sentissero."

"E brava. Dai, andiamo."

Partono e subito sono nel flusso del traffico notturno. Dal lettore arriva una sfilza di mp.

"Il meglio di adesso, bimba. Bow Wow + Chris Brown, Jim Jones, Fat Joe..."

"Tutta roba hip hop."

"Certo. E perché non ti ho fatto sentire gli storici, Sangue Misto, Otierre e Colle der Fomento."

Lei ascolta e parla. Ma parla troppo, come quando si è a disagio. E pensa che forse sta sbagliando. Ma è curiosa, troppo curiosa. Lo è da mesi. Lui è forte, è bello. E poi ora è libero. Cazzo, non sto facendo nulla di male. È libero. E poi sto solo andando a fare un giro. Un giro, nulla di più. L'auto viaggia veloce a destra e sinistra, scansando le file come può. Semafori, deviazioni, stop.

"Eccoci."

"Andiamo subito?"

"E certo. Che stiamo a fare qui. Così ti faccio sentire..."

Scendono dall'auto ed entrano in un portone. L'ascensore scende a -. Percorrono un lungo corridoio buio, su cui si affacciano porte in lamiera di molti garage in fila. Lui si ferma davanti al penultimo.

"È qui." Infila la chiave nella serratura in basso e tira la maniglia. La porta si alza. Una luce si accende in automatico. Il garage è molto grande, ci sarebbe posto per due auto ma non ce n'è nessuna. È stato completamente riadattato a sala prove. C'è tutto. Strumenti, mixer, amplificatori, tre microfoni.

"È tutto insonorizzato. Da fuori e da sopra non si sente nulla. Nemmeno le vibrazioni. Invece di mettere della gomma piombo, che fa migliorare di pochi decibel, ho fatto costruire pareti fonoimpedenti e là fonodiffondenti per un campo sonoro più diffuso, poi ho rivestito solo il % col bugnato e messo i tappeti per terra. Ci sono pure le bass trap. Qui ho iniziato, qui provo, creo, mi diverto. E nessuno rompe i coglioni."

"Come sei tecnico. Forte, è una ficata! Posso provare il microfono?"

"No, devi prima provare me..." e l'afferra da dietro, facendola girare. Poi le da un bacio lungo sulle labbra.

E lei pensa che forse non è giusto, che non dovrebbe stare lì, che ha fatto male a salire su quell'auto, che a questa tentazione poteva anche resistere senza dare retta per una volta a Oscar Wilde. Ma poi le mani di lui la confondono, le fanno venire i ; brividi, la cercano e la trovano. E le bocche si rincorrono sempre : di più, i respiri si fanno ansiosi e il ritmo cresce, come una , canzone appena composta che avevi in testa da tempo ma non i avevi il coraggio di suonare.\

"Sei fantastica..."j

"Shhh. Non parlare."

E continuano ancora, si concedono un bis come artisti sul palco che non fanno i preziosi, che non si lasciano pregare. Ma una nota stonata risuona dentro di lei, una sensazione di colpa che nessuna parete potrà assorbire, nessuna cuffia saprà isolare. Ma Olly ci pensa un attimo. È solo un attimo. Poi si lascia andare così, come un'onda ribelle che si lascia portare da

quella corrente. E chiude gli occhi. E preferisce non pensarci. Perché a volte la curiosità non uccide il gatto, ma solo la coscienza.

" E vorrei una magia che si accende il mattino e non si spegne di sera. Qualcuno da guardare e a cui dire le cose che scrivo qui." Stop. Diletta rilegge il nuovo pezzo da portare sul suo blog. Lo aggiorna ogni sera. Un pensiero. Una foto delle Onde insieme. Il testo di qualche canzone. La citazione di un film. Il passaggio di un libro da ricordare per sempre. E soprattutto parole da regalare. Ecco fatto. Aggiornato. Parole ingabbiate nella rete, pronte a essere lette, magari catturate dagli occhi giusti, quelli che Diletta aspetta da sempre. Chissà. Diletta spegne il portatile e si butta sul letto. Certo che quel Filippo è proprio buffo. Sempre a quel benedetto distributore delle merendine. Però non è male. Ha un bel fisico. Secondo me fa sport. All'improvviso il suono di un messaggio in arrivo. Diletta si gira e prende il cellulare dal comodino. "Ci vediamo a mezzanotte da Alaska? Onde in riunione! Muoviti! E alzati da quel letto, almeno finché non lo userai come si deve! Olly." La solita. Diletta si tira su. E decide di fare un giro. Cerca nella stanza le scarpe da ginnastica. Se le infila ed esce così com'è, al solito senza un filo di trucco e i lunghi capelli sciolti che tra poco sventoleranno ribelli nel traffico di Roma. E per lei sarà una notte delle lunghe sorprese.

Poco dopo Diletta passa per piazza del Popolo, prende verso la Porta e arriva a piazzale Flaminio. Poi, davanti l'ingresso del parco di Villa Borghese. Illuminato anche di notte. Che strano. E, come se fosse giorno, il solito brulicare di persone che entrano o escono dopo il jogging, magari in attesa di una pizza che vanificherà gli sforzi appena fatti. Due ragazze ridono, correndo a tutta velocità sui loro rollerblade, mentre un ragazzino piroetta sul suo skate, su e giù dal marciapiede. Diletta sta per ripartire quando lo vede. Lì per lì non lo rico

nosce. Ma poi proseguendo si avvicina e distingue bene i lineamenti. Si sente improvvisamente felice, senza un motivo apparente.

"Ciao, faccia da cereale!" gli grida da dentro la minicar. Filippo si gira e si ferma, appoggiando le mani sulle ginocchia leggermente piegate. Respira profondamente ma non sembra in affanno. Diletta accosta.

"Ma chi sei?"

"Come chi sono" e Diletta apre di più il finestrino. Filippo si accende e diventa leggermente rosso, quel rosso con cui la corsa ancora non era riuscita a colorare le sue guance.

"Diletta!"

"In persona e senza cereali. Che fai? Domanda scema. Corri."

"Be, sì. Vengo qui ora che hanno aperto anche la notte. Mi piace. Sai, io gioco a pallacanestro e mi alleno anche così."

"Ma dai! Io faccio pallavolo! Insomma abbiamo a che fare tutti e due con le palle!" e ride divertita, cercando di sistemarsi un po i capelli con le mani.

"Sì! L'importante è non essere pallosi!" E ridono insieme. E vanno oltre. Anche se non lo sanno.

"Senti, ma allora, se anche tu fai sport, ti andrebbe di venire a correre con me questa domenica? Così magari veniamo di mattina che si sta bene ed è più fresco..." azzarda lui, cercando di mantenere il tono più distaccato che può, senza sapere se c'è riuscito o meno.

Diletta lo guarda e fa una piccola smorfia. "Mah, non so, comunque non credo."

Filippo perde di colpo il suo autocontrollo e la voce tradisce delusione. "... Preferiresti di pomeriggio? A me va bene lo stesso, dicevo così, per dire..."

"Ma no, dicevo, non credo che farà poi così fresco. Non senti che caldo fa in questi giorni? Dovremmo venirci come fai tu, anzi più tardi... alle cinque del mattino. Ma i miei non ci crederebbero..."

Il rosso si riaffaccia traditore sulle guance e ora anche le orec

chie avvampano. "Eh sì, sarebbe dura da crederci. Meglio alle sette

di sera."

Diletta riaccende la macchinetta.

"Allora... a domenica? Ci troviamo qui?"

Diletta da gas e fa un piccolo scatto in avanti. Poi si gira e lo

guarda.

"Ok! E porta una confezione di cereali per dopo!" e parte

veloce.

Filippo la guarda allontanarsi. Come a scuola. E quel rossore lo abbandona pian piano. Domenica. Io e lei. Qui al parco. E ancora non sa che davanti a quel cancello ad aspettarlo non tro verà nessuno.

Ottantanove

Notte. Traffico leggero, traffico lento, traffico che porta chissà dove. Verso nuove storie, verso una solitudine nascosta in un

|gruppo, verso il desiderio frenetico e pazzo di rivedere qual

cuno,

che forse ha ancora un po voglia di te.

Notte. Notte in un abitacolo. Flavio guida tranquillo. Cristina lo guarda.

"La conoscevi già la nuova ragazza di Alex?"

"No. Sapevo che usciva con una."

"E sapevi che era così... ragazzina?"

"No, non lo sapevo."

Silenzio.

"Certo che non riesco a capire cosa possa trovarci uno come lui in una così. A parte vent'anni di meno..."

Flavio continua a guidare tranquillo. Poi decide di parlare. "Non la conosco e non posso giudicare. Però... mi sembra simpatica."

"Anche tu lo eri a vent'anni. Eri allegro, spensierato, divertente."

Flavio la guarda un attimo, poi torna a fissare la strada.

"A vent'anni è più facile trovare motivi per essere allegri. Pensi d'avere ancora talmente tanto tempo a disposizione che potrai cambiare la tua vita mille volte. Poi cresci e capisci che quella è la tua vita..."

Cristina si gira verso di lui. Lo osserva.

"E che vuoi dire, che non sei felice di quello che sei o di come vivi?"

"Io sì. Ma quando tu non sei felice allora non lo sono neanch'io. Credevo che la nostra vita sarebbe dipesa dalla felicità di tutt'e due."

Cristina rimane in silenzio.

"Be, comunque sapevi già com'ero, quindi non capisco che cosa ti aspettavi da me. Pensavi forse che cambiassi?"

"No."

"E allora?"

"Pensavo che saresti stata felice. Volevi sposarti, poi un figlio... hai avuto tutto. Cos'altro ti manca?"

Cristina rimane per un po in silenzio. Poi riprende. "Sai cos'è che mi da davvero fastidio?"

"Tra le varie cose?"

Cristina lo guarda e si indurisce. Flavio se ne accorge e cerca di sdrammatizzare.

"Dai, scherzo."

"Che doveva venire Alex a cena con una ragazzina per farci rendere conto di dove siamo finiti."

Notte. Notte che avanza. Notte che scorre. Notte di stelle nascoste lassù.

Enrico guida tranquillo. Camilla lo guarda e sorride. "Senti, a me piace più di Elena. Oltretutto è matura, tranquilla, serena, cortese. Certo, a volte quando parla, è un po ragazzina ma è anche normale. Secondo me diventerà una bellissima donna. A te piace?"

Enrico sorride e le mette una mano sulla gamba. "Non come te a diciassette anni. E non come te adesso..."

"Dai, dimmi la verità. Hai tre anni in più di Alex. Ti piacerebbe avere una ragazza così giovane vicino?"

"È una bella ragazza e mi diverte. Magari però potrebbero scoprire di avere obiettivi diversi. Spero solo che non si stanchi di Alex."

"O Alex di lei..."

"Lui mi sembra così tranquillo..."

"Sì, sta bene però non sembra che gliene importi più di tanto... Cioè, forse sta pensando ancora a Elena..."

"No, io non credo. È che in una storia così anche lui, giustamente, ci va coi piedi di piombo. T'immagini? Avrà paura che succedano casini. Che lei impazzisca. Cioè lei va a scuola e subito dopo ha tutto il pomeriggio e la sera liberi... mentre lui ha tutti i suoi orari, il suo lavoro, le riunioni, i suoi impegni."

"E sono così più importanti dell'amore?" Camilla lo guarda. Lui le sorride. Poi prende la sua mano, la porta alla bocca e la bacia. "No. In effetti non c'è nulla di più importante dell'amore."

Notte di nuvole. Notte di vento. Notte leggera. Notte calda. Notte di foglie che ballano allegre. Notte diversa. Notte di luna.

Susanna continua a fissarlo.

"Allora, non mi hai risposto."

"Te l'ho già detto, non l'ho mai vista e comunque non mi piace."

"Sì, ho capito, ma l'altro giorno, quando ti ho incontrato fuori dal ristorante, hai detto che dovevi stare vicino ad Alex perché stava giù."

"Ed era vero!"

"Ma se ormai è più di un mese che stanno insieme."

"E che ne so, ne sai più tu, mi pare. Oh, quel giorno stava giù. Chiedilo a lui."

"L'ho chiesto a lei. E dice che vanno benissimo, d'amore e d'accordo."

"Ma certo, che vuoi che ti dica, scusa?"

"Sì, però guarda caso l'altro giorno siete andati a pranzo al Panda." I"Eh. Eravamo io, Enrico e Alex."

"Solo in tre?"

"Sì."

"E avete speso tutti quei soldi? Ho visto la ricevuta..."

"Abbiamo preso due bottiglie di champagne, era un buon

augurio per Alex... Amore, lavoro nel suo ufficio come legale e non gli avevo fatto neanche un regalo..."

Pietro prova ad abbracciarla, ma Susanna si sposta.

"Secondo me eravate con Niki e le sue amiche, che immagino coetanee... E avete costretto Alex. Non solo, ma lui non lo aveva detto a Niki se no lei non le avrebbe portate, se non altro per solidarietà... Lei non è certo una rovinafamiglie."

"Sì, è arrivata la psicoioga. Perché non ti fai prendere come consulente alla Digos? Vedi piani geniali e torbidi anche dietro un semplicissimo pranzo."

"Tanto prima o poi scoprirò qualcosa, ne sono sicura."

Pietro cerca di abbracciarla di nuovo. "Sì, ma intanto che cerchi di scoprire non so cosa... non potresti comunque essere più carina?"

E Pietro prova a baciarla. E lei, finta imbronciata, alla fine lo lascia fare.

Notte. Notte di squilli, di telefonate, di gelosia. Notte di lotte, di cuore, di fantasia. Notte d'incontri clandestini.

"Allora, sei pronto? Ti dico subito secondo me com'è andata."

Alessandro guarda Niki divertito. "Sì, dimmi, dai sono

curioso."|

"Alla moglie di Enrico, Camilla, sono piaciuta. Lei è una

donna serena, ho visto che rideva sulle cose che io raccontavo.!

Mi tratta un po come un'amica. Mi piace. Susanna invece... si|

chiama Susanna, la moglie di Pietro?"|

"Sì."

"Ecco, a Susanna secondo me io potrei anche piacere, ma',

non si fida troppo. Cioè, non è che non si fida di me, ha paurai

perché sa che Pietro è uno furbo, troppo... e io sono un'altrai

possibilità di rischio. Cristina invece è completamente contra|

ria. Proprio out. Cioè me ne accorgo proprio... Lo vedevoj

benissimo... anche quando siamo uscite fuori a fumare. Lei miijj

squadrava. Com'ero vestita, cosa dicevo, se ero d'accordo o no,j

mi studiava in tutto. Cioè io non le piaccio."

"E perché secondo te?"

"E che ne so. Però credo che la misura di quanto sappiamo accettare gli altri dipenda dalla propria felicità... pensaci, quando si è felici gli altri ci piacciono di più e siamo disposti a non considerare le differenze come difetti."

Alessandro la guarda. Alza il sopracciglio. "Tu cominci a preoccuparmi... Ma chi sei tu veramente?"

"Macché! Una che ha la maturità... Questo è Newton. Siamo nani sulle spalle di giganti, dai, tutta quella storia di Pia tone. Filosofia spicciola."

"Sì, però è fondamentale e non te la dovresti dimenticare. Che, non lo sai? Non si ricordano i massimi sistemi. Si ricor dano i minimi particolari."

Il telefonino di Niki inizia a squillare. Lo prende dalla borsa.

"È Olly!" e risponde. "Pronto? Non dirmi che ti sei messa come al solito nei casini. Ehi... Mica dovrai venire a dormire da me?"

Silenzio. E d'improvviso singhiozzi. "Niki, vieni subito. Diletta."

"Diletta che?"

"Ha avuto un incidente."

Novanta

Alessandro guida veloce nella notte. Accanto a lui Niki. E mille telefonate, mille domande al telefonino, mille interrogativi, mille perché. Disperato tentativo di capirci qualcosa. Non è possibile. Non è possibile. Ospedale San Pietro. Alessandro supera la sbarra e parcheggia. Niki scende al volo ed entra nel pronto soccorso. Corre lungo un corridoio quando vede Olly ed Erica. Le raggiunge e le abbraccia.

"Allora, non ho capito nulla, ma com'è successo? Che ha?"

"Niente, uno andava a duemila con una Porsche su corso Francia. Lei stava girando al semaforo, stava andando da Pains e niente, questo l'ha presa in pieno. La sua macchinetta si è cappottata, è arrivata fino in fondo al secondo semaforo. È distrutta. Non c'è più niente. Solo lei. Tutta ammaccata."

"Sì, ma come sta? È grave?"

"Gamba e braccio rotti. Poi ha sbattuto la testa. È lì il problema. Cercano di capire se c'è commozione. L'hanno già operata... guarda" le Onde si avvicinano a un vetro. Nella fredda stanza asettica tinteggiata di celeste pallido, Diletta è tutta bendata, ferma, immobile, persa in un piccolo letto, che sembra troppo stretto per contenerla tutta. Diversi fili si intrecciano e si perdono tra le sue braccia. Sedativi, vitamine e altri tipi di analgesici per controllare il suo stato di shock. Poco più in là, i genitori di Diletta la guardano silenziosi, incapaci di muoversi e di parlare, quasi sospesi, preoccupati perfino di respirare. I genitori si accorgono però dell'arrivo

I

di Niki. Un saluto, un semplice gesto della mano. Non certo un sorriso.

"Ma che dicono i medici?" chiede piano Niki a Erica.

"Niente, non si sbilanciano, non si vogliono pronunciare. Hanno detto comunque che è difficile..."

"Difficile che?"

"Che torni del tutto normale... cioè, che possa parlare di nuovo ad esempio."

Niki si sente come travolta, un uragano, un'onda di dolore immenso, che la butta giù, la ribalta, le toglie il respiro, le strappa dentro la sua voglia di essere allegra. Felice. E improvvisa rabbia, e stupore, incredulità. Sentirsi tradita dalla vita. Non è possibile. Non Diletta. Diletta. Lei forte. Lei sana. Lei sportiva. Lei sempre allegra. Lei che non ha mai avuto un ragazzo. E l'onda cresce di più, sempre di più. E quasi la soffoca, le toglie il fiato. Perché è come se fosse successo a lei, anzi, peggio. Non lo saprebbe. E invece lei è lì, la guarda e non può fare nulla. Non è possibile. Non ce la fa, non ci vuole pensare. Onde spezzate. Le loro onde. E poi Niki si avvicina ad Alessandro che è rimasto in disparte. Per timore di disturbare, di dire qualcosa di sbagliato. Perché ci si sente così di fronte alle tragedie degli altri. Eppure anche lui è dispiaciuto per Diletta. Sono quelle persone che non conosci direttamente, che forse non vedi, ma che senti tutti i giorni nei racconti della persona che frequenti e sai che le regalano sorrisi. E allora quelle persone diventano anche un po tue. E alla fine mancano un po anche a te. Niki gli si avvicina e gli stringe forte la giacca coi pugni, quasi gliela strappa, si aggrappa a quella stoffa, disperata come fosse l'unico scoglio sicuro in quel mare di assurdo dolore. Poi si appoggia al petto di Alessandro e comincia a piangere sommessa, silenziosa, quasi affogando il suo dolore in quella giacca. Per rispetto, per paura, per non far sentire la sua debolezza ai due genitori disperati di Diletta. Alessandro non sa che fare. Allora la stringe piano con le braccia, forte, a sé.

"Shhh... Buona Niki... Shhh" e basta questo, il suo abbraccio, per darle un po di tranquillità. Un respiro profondo, lento,

più lento. E poi un altro. E un altro ancora. E i singhiozzi che diminuiscono. Piano piano. Un po di calma in quella giacca. Come un'isola sicura. Una piccola insenatura. Una rada dove trovare riparo dalla tempesta. E poi aria. Un respiro più profondo. Niki riemerge dalle braccia di Alessandro. Si tira su. E torna composta. Si asciuga il naso, strusciandosi con la parte finale della sua maglietta a maniche lunghe. Si sistema un po i capelli con tutt'e due le mani, portandoseli dietro le orecchie. Loro, un po bagnati, obbediscono. Riprendono posto educata mente e silenziosi ridanno luce a quel viso.

"Sì. Sto bene." Cerca di convincersene da sola. E poi un pic colo sorriso ad Alessandro. "Andiamo a casa. Tornerò domani." Quasi meglio di un famoso film. E vanno via così, nel silenzio di una notte fatta di attesa, di paura, di impotenza, di speranza, di preghiera. Della certezza di un domani, quello sì, ma un domani che può non essere per tutti. Com'è la vita? Che strano quando non siamo distratti, quando non abbiamo così tanta fretta, quando ci sappiamo fermare. E sorridere. E capire. E chiudere gli occhi. E sentire perfino i secondi che scorrono su di noi. E saperli vivere tutti fino in fondo. E gustarli con un sorriso, con una preoccupazione, con una speranza, con una voglia, con chiarezza, con qualsiasi cosa. Ma gustarli. Gustarli con consape volezza. Questo pensa Niki mentre sale in silenzio sulla Merce des ML. E non pensa ad altro. Non ha la forza di immaginare che si possa perdere quell'Onda.

Novantuno

Nei giorni che seguono le Onde si danno il cambio. Turni in ospedale. Portare ogni tanto dei gelati, qualcosa per i genitori di Diletta. Un giornale, una rivista, quelle cose buone che fanno da Mondi o all'Euclide. Si alternano così, Onde di un mare che dovrà pure tornare calmo prima o poi. E comunque bisogna crederci. Una dopo l'altra, una mareggiata senza fine. Onde sorridenti, divertenti ma non troppo. Ottimiste. Fingere di non avere dubbi. Certezze. Tutto si risolverà. E non ammettere neanche per un attimo neppure a se stesse che così potrebbe non essere... Infaticabili. Una storia di amicizia che non prova stanchezza. E si passano il testimone con un sorriso. Niki. Olly. Erica. E a volte in due, altre volte in tre continuano a studiare per l'esame di maturità.

"Ah, da quello non si scappa."

"Ah no, certo."

"Eh, Diletta in qualche modo la sta sfangando!" e ridono speranzose, cercando di esorcizzare così quell'incidente. Dietro quel vetro, un ricordo di Diletta. Un aneddoto divertente. La sua forza smisurata. La sua bellezza potente, prepotente, strafottente, sana. La sua bravura a pallavolo. E quel ragazzo che non ha avuto mai.

"Sai chi le faceva il filo ultimamente?"

"No."

"Filippo, quello della quinta A."

"Ma dai giura! È bono da morire! E lei?"

"Lei nulla, come se non esistesse."

"Non ci credo, ma è pazza!" Olly scuote la testa. "Cazzo, io..."

"Olly, ci sono i suoi genitori. E poi tu non fai più testo."

"Ho capito, ma comunque sareste crollate anche voi con quello."

"Sì, ma non subito come te."

"Perché io sono più sincera, meno costruita." E giù risate e scherzi e battute, come se Diletta fosse lì, cercando di passare quelle ore che non passano mai.

Perfino a casa tutto sembra diverso. Quando succedono queste cose. È come se una lente che prima era appannata ti facesse vedere improvvisamente meglio la vita.

La sera dell'incidente. Pum. Niki. Uno schiaffo diretto, in pieno viso.

"Ahia, mamma, ma sei pazza!"

"Io, eh? E tu che rientri così tardi la sera?"

"Ma Diletta è in ospedale, è in coma!"

"Sì, pure questo t'inventi, Niki, ma non ti vergogni?"

"Ma mamma è vero, ha avuto un incidente terribile."

"Basta! Ora vai in camera tua!"

E qualche giorno dopo, quando Simona scopre che è tutto vero quello che le ha detto sua figlia, a vergognarsi da morire è lei.

"Mi spiace, amore, credevo fosse una bugia."

"Ma ti pare che m'invento una cosa così, ma per chi m'hai preso, mamma?"

"E come sta adesso?"

"Ancora niente. Nessun peggioramento almeno. Ma nemmeno miglioramenti. Sto malissimo."

"Mi dispiace..."

Simona abbraccia Niki e lei comincia a piangere tra le sue braccia. Si abbandona così, di nuovo improvvisamente bambina, più figlia di sempre, piccola come non mai. E Simona la stringe e vorrebbe regalarle un altro sorriso. Come sempre. Più

di sempre. Con un giocattolo. Con un dolce. Con una bambola. Con un vestito. Come uno di quei suoi tanti piccoli desideri che ha sempre saputo realizzare. Ma ora no. Ora non può. E allora non le resta che pregare. Per sua figlia. Per la sua amica. Per la vita che a volte ti gira le spalle e se ne frega di quello che tu desideri. E i giorni passano lenti e faticosi. Uno dopo l'altro, senza una minima traccia di sole in quel piccolo tunnel. Case buie e silenziose. Alzarsi. Sperare. Tornare a dormire. E di nuovo alzarsi. Sperare. Tornare a dormire. E ogni squillo di qualsiasi telefono è una preoccupazione, un tuffo al cuore, una speranza, un sogno, un desiderio... E invece niente. Nulla. In silenzio andare avanti.

Novantadue

Poi quel pomeriggio.

"Sapere aude!" Niki è seduta accanto al suo letto. Legge veloce a voce alta un testo di filosofia. Kant.

"Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza. Capito, Diletta?"

Niki poggia il libro sulle gambe. Guarda inutilmente quel viso tranquillo, disteso che sembra non poter sentire. Ma è la sua ultima speranza. Tenere accesa la sua attenzione. Un sospiro. E Niki si da forza.

"Dai, è inutile che fai la furba, devi ripassare Kant anche tu. Mica penserai di non fare la maturità, eh? Scusa, avevamo detto che avremmo fatto l'università tutte insieme. E le Onde non tradiscono mai le promesse!" Niki riprende a leggere. "Allora... Qui le cose si fanno più difficili. E per questo vorrei un po di più la tua attenzione. Passiamo alla gnosologia di Kant..."

"Gnoseologia."

Una voce improvvisa. Bassa. Leggera. Flebile. Ma la sua voce.

"Diletta!"

Diletta è girata verso Niki. Le sorride. "Devi dirlo con la e. Sbagli come al solito..."

Niki non ci crede. Comincia a piangere a dirotto. E un po piange e un po ride. "Gnoseologia, gnoseologia, lo ripeterò milioni di volte, cazzo, con la e, con la e! È la parola più bella del mondo" e si alza e l'abbraccia maldestra, cercando di non

!

travolgerla ma senza riuscire a trattenersi. Si perde col viso nel suo collo e piange ancora, come quella bambina che è stata, che è, che ama essere.

"E dicevano che la filosofia fa addormentare!"

E

'Quella bambina che è stata premiata. Che ha fatto i compiti

giorno dopo giorno e ha ricevuto il regalo più bello del mondo. La risposta alle sue preghiere. Ha di nuovo la sua amica. E una dopo l'altra entrano anche Olly, Erica, e i genitori, e qualche cugina di cui non ricordano mai il nome e infine anche la caposala.

"Fuori, fuori, lasciatela respirare, siete troppi, fuori!"

"E che modi!"

Per non dire quelli di Olly.

"E che cazzo! È la nostra amica!"

E ridono tutti, perfino i genitori, felici per un giorno di non dover sgridare nessuno. Finalmente leggere, Olly, Niki ed Erica escono dalla camera. Sono come impazzite.

"Stasera tutti da Alaska, ma che dico, mi butto nella fontana di Trevi. Dai, ci buttiamo?"

"Olly, ma l'hanno fatto tutti!"

"Eh, magari becchiamo pure uno fico come quello... Marcelle.. Marcello... Comehere!"

"Ecco perché lo vuoi fare... Stai sempre in fissa!"

E ridono ancora. Poi si abbracciano in cerchio, tipo giocatori di rugby, in mezzo al corridoio. Tengono la testa bassa.

"Per Diletta..."

"Hip hip hurrà!" ed esplodono in un salto altissimo, tutte insieme, ridendo, attirando l'attenzione delle infermiere che gridano "Silenzio!" e di chi magari ancora non può fare quel grido ma lo vorrebbe tanto.

Fuori dall'ospedale. Niki s'infila il casco.

"Ragazze, stasera io sto in casa a studiare. Oh, manca pochissimo."

"Abbiamo perso un sacco di tempo."

"Macché perso! L'abbiamo guadagnato. Siamo state noi a farla tornare! Se era per quei cazzo di medici."

Proprio in quel momento ne passa uno.

"Ehi, ma quello non era il tizio che aveva detto che Diletta non avrebbe più parlato?"

"Sì, mi sembra lui..."

"È lui!"

Olly apre il bauletto, prende qualcosa. Poi monta in motorino, lo fa saltare dal cavalietto e parte a razzo, puntando dritta verso di lui.

"Ma che fai? Olly!"

"Ehi, dottore..."

Sentendosi chiamare, il medico si volta. "Sì?" E Olly lo centra in pieno viso con un gavettone. "Beccati questa, porta sfiga che non sei altro!"

Il medico, completamente bagnato, si asciuga gli occhi con un lembo del camice bianco, mentre le ragazze con i loro motorini guadagnano veloci l'uscita.

Niki si accosta a Olly. "Ammazza, l'hai preso in pieno ! Che mira!"

Erica sbuca da dietro. "Ma come mai lo tenevi nel bauletto?"

"M'era avanzato dalla lotta dei cento giorni."

"Ma dai, è una vita! E non s'era sgonfiato?"

"L'ho ricaricato in questi giorni. C'ha pensato Giancarlo, quello che abita nel mio palazzo."

"Cioè?"

"Ogni mattina lo costringevo a pisciarci dentro!"

"Ma Olly! Che schifo!"

"È da quando quel dottore ha detto quella cosa che aspettavo questo momento. Voglio proprio vedere quando piscerà di nuovo altre stronze sentenze!"

E se ne vanno via così, ridendo a crepapelle, Onde ribelli, giovani Robin Hood dei sentimenti, Don Chisciotte in gonnella che per la prima volta, anche se con un palloncino, hanno fatto riflettere quello stupido mulino a vento.

Novantatré

"Mamma, mamma, non ci puoi credere!" Niki entra a casa urlando come una pazza. "Mamma! Stavo leggendo un pezzo di Kant a Diletta e lei s'è svegliata! Mamma, s'è ripresa, capisci?"

Simona si alza dal tavolo dove sta facendo studiare Matteo. La raggiunge. La guarda. Poi l'abbraccia. La stringe a sé. Alza gli occhi al cielo e li chiude, sospirando dentro di sé quella frase. "Signore benedetto." Poi la lascia di nuovo libera.

"Niki, sono proprio felice. Vieni, andiamo un attimo in camera tua... Matteo, tu continua a fare l'esercizio. Se no non ti porto al campo a giocare a pallone..."

"Ma mamma..."

"Stai zitto, che non sai niente. Sarai pure un calciatore perfetto ma se non studi non giochi... Chiaro? Esattamente il contrario di quello che fanno loro."

Matteo sbuffa. "Che pizza" e sfoglia velocemente indietro il libro cercando di capirci qualcosa.

Simona apre la porta della stanza di Niki e, dopo che lei è entrata, la richiude.

"Allora, Niki, sono davvero felice per la tua amica. Non sai quanto."

"Non sai, mamma, anch'io."

"Lo immagino. Guarda, non ti ho voluto disturbare fino a oggi perché rispetto a tutto quello che stava accadendo certe cose poi diventano irrilevanti... Insignificanti."

Niki stringe un po gli occhi. "Certo, mamma, è così infatti. Ma tranquilla, io ho continuato a studiare, nel frattempo."

Simona si mette a posto i capelli. "Non è di questo che intendevo parlare infatti... Lo studio non mi preoccupa."

"Ah. E di cosa, mamma?"

"Niki, dimmi la verità. Tu ti sei messa con un ragazzo?"

Niki resta per un attimo incerta. "Be... sì, te l'ho detto, mi sto vedendo con una persona."[f

"Sì, ti stai vedendo... Non si è mai capito bene cosa vuoi dire questo vedersi, ma credo indichi un panorama abbastanza generale."

"Comunque, mamma, ora non mi va di parlare di questo."

Simona resta per un attimo in silenzio. Niki la guarda e cerca di farle la domanda nel modo più educato possibile. "Abbiamo finito, mamma? Posso andare?"

"No. Ti ricordi che io e te ci siamo dette che potevamo dirci tutto, vero?"

Niki rimane per un attimo in silenzio.

"Sì, certo, ce lo siamo dette... E infatti io ti ho sempre raccontato tutto..."

Niki cerca di non pensare a quelle quindici, sedici cose che in qualche modo si è stranamente dimenticata di dirle.

"Vorrei sapere una cosa. Questo ragazzo con cui ti stai vedendo hai detto che è un po più grande di te?"

Niki la guarda e fa un piccolo sorriso. Non c'è nulla da fare, alle mamme non nascondi nulla. Soprattutto se fanno finta di non saperlo. "Sì, un po..."

"Quanto po?"

"Vuoi veramente saperlo?"

"Certo, te lo sto chiedendo."

Niki ci pensa un po su. Poi decide di buttarsi. "Be, tra poco fa trentasette anni."

Pum.

Simona non aspetta neanche un attimo. La prende in pieno viso con uno schiaffone.

"Ahia!" Niki rimane senza fiato e senza parole. Anzi, per un

>;

attimo le viene anche da ridere. Ma la guancia brucia. "Ahia..." Ci ripensa. Si massaggia la guancia, poi si guarda la mano stupita come se potesse riportare qualche traccia. "Mi hai fatto male!"

"E certo! Che ti dovevo fare bene?"

"Ma mamma, avevi detto che potevamo dirci tutto..."

"Sì, ma non proprio così tutto tutto! Dimmelo. Ti prego. Dimmi cosa racconto io ora a tuo padre. No, voglio sentire..."

"E non glielo raccontare!"

"E certo, perché secondo te non l'aveva già capito quando è successo tutto quel casino del promotore finanziario. Ma che voleva fare, eh? Che cosa era venuto a fare?"

"Niente, conoscervi."

Simona guarda Niki strabuzzando gli occhi. "Per dirmi cosa, Niki, eh? Per fare cosa? C'è qualche altra notizia che devi darmi..."

"Ma no, mamma... non diventi nonna per ora..." Poi Niki ci pensa un po su. "... Almeno credo!"

Simona si mette le mani nei capelli. "Niki!"

"Stavo scherzando mamma, dai, è tutto a posto. Non c'è pericolo."

"Che vuoi dire?" Simona la guarda, ora leggermente più serena. Leggermente.

"Senti, mamma, non mi va di parlarne ora. Era venuto solo per farsi conoscere, così voi eravate un po più tranquilli..."

"E certo! Dopo questa bella notizia saremo di un tranquillo che più tranquillo non si può... Trentasette anni... No dico, trentasette..."

"Tra poco..."

"Ah certo... Ecco, brava... Mi raccomando ricordami di fare gli auguri al finto promotore" e Simona esce dalla camera sbattendo la porta. Niki va allo specchio. Si guarda la guancia. Se la massaggia un po. Poi sorride. Be, in un modo o nell'altre gliel'ho detto. Ora lo sa. Poi prende il Nokia dalla tasca e scrive velocemente un messaggio.

"Amore, sono felicissima. La mia amica sta bene, s'è sve gliata! Poi ho parlato con mia mamma. GlieFho detto! Un bacio spaziale!"

Il cellulare di Alessandro fa un bip. È in ufficio alla ricerca disperata dell'idea per i giapponesi. Legge il messaggio. E risponde subito.

"Bene! Sono felice anch'io. Ma cosa hai detto a tua madre? Che la tua amica sta bene?"

Poi lo invia.

Niki sorride e risponde a velocità incredibile.

"No... Che noi stiamo bene! "

Alessandro lo legge. Si preoccupa.

"Ma le hai detto anche della nostra come dire piccola... 'dif ferenza?"

"Sì."

"E che ti ha detto?"

"Nulla. Ha fatto parlare uno schiaffone. Ah no. Aspetta... Ha detto che ti farà gli auguri per il tuo compleanno! "

Novantaquattro

Qualche giorno dopo. Diletta sta sempre meglio.j

"Cioè, ma ti rendi conto" Olly cammina come impazzi^ nella piccola stanza dell'ospedale. Diletta la guarda divertiti "Cioè, no. Secondo me tu non ti rendi conto... E voi? No, dico] almeno voi ve ne rendete conto o no? Questa è pazza!" j

Niki è seduta sulla sedia girata al contrario. Erica è appoi giata al muro.

"Ma di cosa?"

"Lo puoi dire e la facciamo finita?"

Olly improvvisamente si ferma. "Cioè, sul serio non sa di cosa sto parlando? Lei rischiava d'andarsene così, puff..,: Olly schiocca le dita, "per uno stronzo qualsiasi che gui veloce. E non aveva provato la cosa più bella del mondo, della pizza del Gianfornaio. Più del gelato d'Alaska, San Ci spino e Settimocielo messi insieme, più della neve e del mi della pioggia e del sole..."

Erica la guarda. "E che è, la droga?"

"No, molto meglio... Il sesso!"

Olly si avvicina a Diletta e le prende le mani. "Tu non pi correre questi rischi. Non più. Ti prego, fidati di me. Lasci andare, cogli quella deliziosa mela..."

Niki si mette a ridere. "E certo. La stessa di allora. Pensa che si sono giocati paradiso per quella mela..."

Olly allarga le braccia. "Appunto, Diletta, stai serena, m

suoi fare altri danni... E comunque ho sbagliato frutta. Intendevo la banana."

Diletta scalcia sotto il lenzuolo. "Olly! Ma perché sei sempre :osì bora?"

"Ma scusa, io allora non ho capito... Un boro è quello che mette le parole giuste al posto giusto? Chi dice la verità? Allora sì, sono una grandissima bora! E non me ne vergogno. Perché sono anche tua amica."

Olly si allontana dal letto di Diletta e va alla porta della camera. La apre. E si affaccia nel corridoio. "Vieni." Poi rientra con un grande sorriso. Tutte la guardano curiose.

"E ora? Chi avrà chiamato?"

Niki non sa proprio cosa pensare. Erica meno di lei.

Diletta la guarda incuriosita. Ma un sospetto ce l'ha.

"Ecco, ti ricordi di lui?"

Infatti. Proprio quello che sospettava.

Filippo, quel bellissimo ragazzo della quinta A, è sulla porta, con un mazzo di splendide rose rosse in mano. "Ciao, Diletta... Ho chiesto alle tue amiche come stavi, Olly mi ha detto che potevo passare a trovarti e così... eccomi qua."

Olly si avvicina a Diletta. "Be, ciao, noi usciamo, siamo qui fuori a studiare, qualunque cosa chiama."

Diletta arrossisce. Poi le dice piano "Ma non potevi avvisarmi, guarda come sto messa! Non ho neanche un filino di trucco, sono ancora abbozzata, con la fasciatura in testa...".

"Shhh." Olly le da un bacio. "Stai serena. Così lo ecciti ancora di più. E se vuoi iniziare quel "discorso" non ti preoccupare... noi siamo qui fuori a fare da palo. Quindi vai pure tranquilla."

Diletta prova a colpirla. "Ma che dici!" e per il movimento quasi si stacca dal braccio la flebo. Olly si scansa in tempo ed evita la botta ridendo. Poi prende Erica e Niki sottobraccio e le scorta verso l'uscita.

"Ciao, noi ce ne andiamo." Uscendo fa l'occhietto a Filippo. "Capito?"

Filippo sorride mentre Olly esce definitivamente. Poi vede

un vaso con delle margherite appassite vicino la finestra. "Posso?"

"Certo, certo..." Diletta si sistema un po meglio, si tira indietro alzando la schiena. Filippo toglie i fiori vecchi e li butta in un piccolo secchio sotto il tavolo. Poi sciacqua il vaso nel lavandino, lo riempie con dell'acqua fresca e ci mette dentro le sue splendide rose. Le sistema un po.

"Ecco, così prendono aria e si apriranno... saranno belle tra qualche giorno."

Diletta sorride. "A me ci vorrà un po di più..."

"Non è vero" Filippo la guarda, "sei bella come ogni giorno che ti ho vista a scuola. In realtà, l'altr'anno mi sono fatto bocciare solo per poterti vedere ancora..."

"Sì, e io ci credo..."

Filippo ride. "Diciamo che ormai era successo e ho detto: be, se non altro la vedo ancora..."

Poi la guarda fissa negli occhi. Diletta imbarazzata batte la mano sul lenzuolo, come per sistemarlo. "Uff, che caldo, eh?..."

"Sì." Filippo sorride e prende una sedia. "Posso?"

"Certo."

"Grazie" e si siede. "È l'estate che sta arrivando. Ma noi non abbiamo fretta."

Fuori dalla stanza, Olly è appoggiata alla porta con l'orecchio e cerca di ascoltare. Niki la tira per un braccio. "E mollala... lasciala stare... ma che ti frega!"I

"Ma come che mi frega, ma che scherzi, c'ho pensato io, l'ho j obbligato pure a portarle i fiori."]

Erica le da una spinta. "Va be, mica le hai scelte tu quelle | bellissime rose!"j

"No, quello no. Però almeno l'idea è mia. Diletta voleva] sempre partire... andare a vedere la Grande Mela... Ora, visto ] che per un po è bloccata qui, almeno si becca la Grande j Banana!"j

"Olly, non c'è niente da fare. Sei proprio bora inside." ;

Iniziano a spingersi e a ridere, a correre per il corridoio, sotto gli occhi infastiditi di qualche infermiere. Poi vedono passare una suora e allora se la passano.

"Tua!" comincia Olly per prima, toccando Niki.

"Tua!" Niki la passa al volo a Erica che veloce come un fulmine si gira e tocca di nuovo Olly. "Tua! Senza ritorno!"

"Eh no, non vale però..."

Erica guarda in fondo al corridoio. Si accorge che i genitori di Diletta stanno entrando nella sua stanza. "E no, ragazze! Dovevamo fare il palo."

"Nun te preoccupa!" Olly si mette la mano aperta vicino alla bocca, volutamente più bora del solito. "A quello c'ha pensato Filippo!"

Poi tocca la suora e fugge via dall'ospedale ridendo, inseguita dalle amiche.

E poi ancora altri giorni. Più tranquilli, ora.

"Ma state tutte a casa? Ma usciamo stasera, no? Dai, c'è pure una festa al Goa, una ficata, col dj Coko. Poi altri inglesi che si alternano alla consolle."

"Olly, ma tra un po c'è la maturità, dobbiamo studiare e anche te dovresti."

"Ma Niki, stiamo perdendo i migliori anni della nostra vita."

"Aspetta, di chi era questa?"

"Zero."

"Assoluto?"

"No. Renato..."

"Sì, vaglielo a cantare ai miei, e vediamo cosa ti rispondono..."

Novantacinque

Brainstorming. Riunione in ufficio. Intuizioni. Fantasie. Ipotesi. "No, questo non va. Già visto."\

"Troppo irreale!"j

"Vogliono qualcosa di naturale."\

"E una città dove tutti sono pusher e si passano la caramella;

come fosse droga?"'

Tutti guardano Andrea Soldini. "Ok, ok, c'ho provato." E una settimana vola via così, inconcludente. Poi quel giorno in ufficio. Alessandro si accorge che il suo

telefonino squilla. Lo prende e guarda il display. Sorride.

Niente. Non ha resistito. "Ciao, Niki."

"Ehi... Ciao anche a te. Ma non mi dici niente?" Alessandro fa finta di nulla al telefono. "Perché, che ti devo

dire? Ti dovevo ricordare qualcosa?"

"Tu ti dovevi ricordare qualcosa! Oggi è il maggio! Il mio

compleanno..."

Alessandro ride senza farsene accorgere poi, prima di parlare torna serio. "È vero, amore, scusami... scusami... passo

subito a prenderti."

"Sì, sì, ma questa io non te la perdono, eh... Ma che storia "

che non ti ricordi di questo giorno... Bruttissimo, il mio prime

compleanno con te, insieme, e soprattutto... sono i mie:

diciotto anni!"

"Hai ragione, perdonami. Tra un attimo sono da te."

"Non so se..." Niki guarda improvvisamente il telefonino. Cioè, mi ha chiuso. Alex mi ha chiuso. Cioè, si sono scambiati i ruoli... Ma questo qui è veramente impazzito. Dopo pochi minuti Alessandro le manda un messaggio.

"Scendi, tesoro... sono sotto casa."

Niki lo legge. E certo, è facile così. Ti dimentichi del mio compleanno e poi devi rimediare... Vediamo... se sei capace di rimediare.

Niki scende e sale in auto. È imbronciata, con le braccia conserte e mette subito apposta i piedi sul cruscotto.

"E voglio proprio vedere se ora hai qualcosa da dire."

"Tesoro, perdonami, perdonami..."

Cerca di baciarla e lei resiste.

"Non se ne parla proprio! Non mi avrai fatto neanche il regalo!"

"Ma te lo faccio nei prossimi giorni, magari una cosa bellissima."

Niki gli da un pugno sulla spalla.

"Ahia!"

"Ma non mi importa che sia una cosa bellissima, la cosa gravissima è che tu te ne sei dimenticato."

"Hai ragione, ma lo sai, il lavoro, questa pubblicità per i giapponesi..."

"Senti, io non ne posso più di questa storia. Ma mettiti direttamente con una giapponese!"

"Uhm... ci penserò, non mi dispiacciono, sai... una bella geisha."

Niki gli da un altro pugno.

"Ahia, scherzavo!"

"Io no!"

Alessandro accende l'auto e parte.

"Ho prenotato in un bel posto, ti va?"

Niki fa ancora un po la scocciata. "Non so, vai e vediamo se mi passa. Tutti oggi si sono ricordati del mio compleanno."

"Tutti chi?"

"Tutti tutti. E sono tanti. Per non dire i regali che ho ricevuto in questi giorni. Specie dagli SS..."

"E chi sono questi ultimi?" Alessandro la guarda preoccupato.

"Spasimanti Speranzosi. In questo momento hanno più possibilità di te. Almeno loro si ricordano."

Alessandro sorride. "Amore, cercherò di farmi perdonare, dammi almeno una possibilità. Una seconda chance si concede a tutti."

Niki si gira verso di lui. "Ok, ne hai una. Vediamo come la usi."

Alessandro sorride ancora. "Ce la metterò tutta." Poi guarda fuori dal finestrino e, vedendolo, accosta.

"Mi fai solo una cortesia?"

"Dimmi."

Indica il giornalaio lì davanti. "Mi prendi "II Messaggero", non ho fatto in tempo a leggerlo, oggi."

Niki sbuffa. "Stai lavorando troppo..." Poi scende. Subito. Alessandro fruga dentro la sua borsa. Niente. Ancora niente. Poi guarda fuori, preoccupato che Niki possa tornare prima e lo scopra. Niki ha appena pagato e sta per tornare alla macchina. Alessandro apre il finestrino. Mi prendi anche "Dove", per favore?"

"Uffa, ma non me lo potevi dire prima?!" "Hai ragione, scusa, mi dispiace!"

"Amore vuoi dire non dire mai mi dispiace... Me lo hai fatto vedere tu quel film e te lo dimentichi... Vuoi nient'altro?"

"No grazie."

"Sicuro?"

"Sì..."

Alessandro le sorride. Niki si gira di nuovo e torna dal giornalaio. ; Alessandro ricomincia subito la sua ricerca. Controlla* Niki e cerca. La controlla e cerca. Niki ha appena pagato,] prende i giornali e si gira per tornare alla macchina. Appena in.] tempo. Alessandro sorride. L'ho trovata. Eccola. È tutto aj posto. Perfetto. È perfetto! Niki risale in auto.j

"Scusa eh, ma poi ci ho ripensato... Ma ti servivano proprio idesso tutti questi giornali? Stiamo andando a cena... è il mio rompleanno... che bisogno hai di leggere?"

"Hai ragione. Sono per dopo. C'è un articolo che mi hanno segnalato."

Niki alza le spalle. Alessandro riparte. Mette un ed. Poi :erca in qualche modo di distrarla. "Allora, hai detto d'aver icevuto dei regali! Che ti hanno fatto di bello?"

"Non di bello... Bellissimi!"

"Dai, raccontamene qualcuno."

"Allora... i miei degli orecchini stupendi con delle perle e ritorno piccoli diamanti. Quel tirchio di mio fratello mi ha fatto .'abbonamento da Blockbusterà secondo me più per lui che aer me... Ma non sa che lì i porno non li affittano! Le zie e i :ugini me li daranno alla festa della prossima settimana. Mio padre vuole fare una cosa in grande, con tanto di valzer e tutto il resto, nell'albergo di un suo amico."

"Ah, bello! Così finalmente conoscerò tutta la famiglia..."

"E certo... come no! Guarda, dopo che ti sei dimenticato del mio compleanno, è già un miracolo se rivedi me..."

"Così però non mi stai dando una seconda opportunità."

"Ma tu mi stai chiedendo l'impossibile! Ti pare che ti faccio :onoscere tutta la mia famiglia?! E più facile che trovi l'idea per i giapponesi!"

"Non mi ci far pensare. Piuttosto, le tue amiche Onde che ti hanno fatto?"

"Mah, non so. Fanno le misteriose. Non so quando me lo daranno."

Alessandro sorride ma senza farsi vedere. "Ah, ho capito."

Niki guarda fuori dal finestrino. "Ma dove stiamo andando?"

"Mi hanno detto che c'è un posto dove si mangia benissimo, qui vicino. Da Renatone a Maccarese."

"Ah, boh, non lo conosco..."

Alessandro continua a guidare. Niki guarda la strada che improvvisamente si biforca. Alessandro tira dritto.

"Ma se volevi andare a Maccarese, guarda che dovevi girare a destra... Per Fregene."

"Hai ragione, allora ho sbagliato, vado ancora avanti, tanto la riprendo alla prossima uscita." Alessandro accelera un po, guardando l'orologio. Siamo ancora in perfetto orario. Niki ora è più tranquilla. Alza il volume del lettore ed. Poi guarda di nuovo fuori. Alessandro tira dritto anche alla seconda uscita.

"Ehi, ma hai sbagliato di nuovo!"

Alessandro sorride. "Ho ancora la mia piccolissima possibilità? Forse ho fatto bene a sbagliare..."

E imbocca a tutta velocità la curva a destra che porta sotto il grande edificio. Dove si trovano i parcheggi.

"Eccoci qua. Fiumicino. E questi..." prende qualcosa dalla rtasca, "sono due biglietti per Parigi. Buon compleanno!"

INiki gli salta addosso. "Allora non te n'eri dimenticato!" e

lo bacia, emozionata.

"No... i giornali erano una scusa per vedere se avevi con te la carta d'identità. E per fortuna ho visto che ce l'hai, altrimenti avrei dovuto confessare tutto il mio piano." Niki lo guarda estasiata. Proprio in quel momento il ed è sulla decima traccia. E parte la canzone. Oh Happy Day.

Alessandro guarda l'ora. Enrico e le sue compilation. Nor c'è niente da fare. È un orologio svizzero. E sulle note di quelli canzone, Niki lo bacia ancora. "Così non vale. Avevi solo uni possibilità. Non devi farmi anche innamorare!"

Alessandro si scosta da lei e la guarda sorpreso.

"Perché, non lo eri già? Ah, ma allora non si parte... I< porto a Parigi solo donne follemente innamorate..."

Niki lo picchia per finta. Poi si ferma. "Ehi, ma c'è un prò blema."

"È vero... Non ci ho pensato. Devi avvisare i tuoi. Be inventati una scusa, tanto torniamo domani sera."

"No, quello è il minimo..." sorride Niki. "Figurati... Tant bugia più, bugia meno! E poi ora ho diciotto anni e io e mi madre ci possiamo dire veramente tutto tutto."

Poi ripensa all'ultimo schiaffone. Forse sarebbe megli

inventare qualcosa. "Ma quello è il problema minore. È che non ho niente con me..."

Alessandro scende e va ad aprire il bagagliaio. Tira fuori due valigie identiche, una blu, una bordeaux.

"Questa è la mia" e indica quella blu, "e questa è la tua. Spero che ti piaccia tutto quello che ho scelto per te. Le misure devo averle azzeccate. Sul gusto, posso avere toppato qualcosa. Sai, io non faccio testo. Mi piaci sempre, come ti vesti ti vesti... se poi non ti vesti... Be, mi piaci ancora di più!"

Niki lo abbraccia. Poi scende dalla macchina. E tutti e due con quelle nuovissime valigie a rotelle, diverse solo nel colore, entrano all'aeroporto. Ridono, scherzano. Giovani viaggiatori senza particolari appuntamenti. Se non con quel sorriso.

"Comunque sei troppo forte! Non vedo l'ora di aprire la valigia, sono di un curioso... Chissà cosa mi hai preso!"

"Be..." Alessandro sorride. "Ho osato. Tanto era difficile che ti piacesse qualcosa e allora tanto valeva che piacesse a me, no?"

"Oddio... spero proprio di non dover andare vestita domani con una tuta colorata stile supereroe giapponese!"

"Be, lo vedrai... Comunque siamo lì, eh..."

Niki si ferma. "Fammi sistemare le cose a casa..." compone veloce un numero senza neanche cercarlo in rubrica. "Pronto, mamma, ciao, sono Niki."

"Lo vedo. Dove sei?"

"Allora, sei pronta? All'aeroporto. Ho appena ricevuto in regalo una borsa con dentro tanti vestiti nuovi tutti per me. Sto per partire in aereo..." si ferma e preme "trattieni", "a che ora partiamo, Alex?"

"Alle sette e quaranta, come la canzone di Battisti... Ma noi non ci lasciamo, partiamo insieme!..." E le racconta veloce le tappe del viaggio.

Niki sorride e scopre di nuovo la cornetta.

"Alle sette e quaranta per Parigi. Arrivo a Roissy-Charles de Gaulle. Poi noleggio auto e via all'albergo per cambiarsi. Poi andremo nei vari bistrot alla sinistra della Senna, cena a Mont

I

L

parnasse e domani giretto a Euro Disney, dopo un giro turistico in centro. Rientro in serata. Naturalmente sono sola con lui. Per lui intendo il finto promotore finanziario che hai già conosciuto."

Silenzio dall'altra parte. Niki aspetta un po poi ricomincia a parlare. "Ok, non ci sei cascata, eh, ma?"

"No."

"Lo sapevo. Sono con le mie amiche, mi festeggiano a modo loro e poi resto a dormire da Olly."

"Ok, così va meglio. Non fare tardi, non mangiare o bere in modo strano. Mandami un messaggio per confermare che resti da lei. Non spegnere il telefonino."

"Ok, mamma."

"Ah, un'altra cosa..."

"Dimmi..."

"Tanti auguri, amore."

"Grazie, mamma. Ah, senti, se fai così perdo l'aereo."

"Sciocca... divertiti."

Niki chiude la telefonata. "Oh, io gliel'ho detto!" Alessandro le sorride. "Lo stiamo perdendo sul serio l'aereo, corri!" E cominciano a correre così, trascinandosi dietro quelle valigie nuove, senza nient'altro. Leggeri. Senza paura. Senza fretta. Senza tempo. Con la mano persa in quella dell'altro. E nulla più. Non un appuntamento, non una preoccupazione, non un dovere. Niente. Più leggeri di una nuvola.

Novantasei

"Ecco, questa è la nostra camera."

"Bellissima!" Niki fa appena in tempo ad appoggiare la sua valigia sul letto che subito curiosa la apre.

"Ti giuro sto impazzendo... Voglio proprio vedere!"

E guarda divertita quei capi scelti al buio per lei. Un maglione di cotone leggero, color Ma. Dei pantaloni di poco più chiari. Un paio di scarpe Geox in corda con qualche strass lucido. Un giubbotto nero di pelle. Una camicia bianca dal collo grande, largo, a punta, e i polsini rigidi, alla Robespierre tanto per essere in tema. E il resto del tessuto è tutto trasparente, di seta leggera ed elegante. E poi, nascosto sotto a tutto il resto, un vestito lungo, nero. Niki lo prende. Lo apre. Se lo poggia addosso. È bellissimo. Una scollatura profonda, provocante. Una chiusura dietro la schiena. Le spalle restano libere, scoperte. E quel vestito cade giù, morbido, fino a coprire quelle splendide scarpe di raso nero, dal tacco alto, curate, con delle piccole cinghiette laterali. Moderne come lei quando le indossa. E ancora. Lei che cammina, lei che sfila per lui, lei che ride, danzando per quella camera.

E poi giù, per quella grande scalinata, sottobraccio a lui. Fino alla hall. Re e regina di una notte fantastica. Unica. Quasi impercettibile tanta è la sua bellezza. Prendono un taxi e mangiano sulla Senna. Crostacei, champagne, pane croccante, quella baguette spezzata ogni tanto per accompagnare il brodo di pesce. Così unico, così buono, così forte, così caldo. Come

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cuoco tira via la mano. E si illumina del tutto la torta che sta portando.

Panna, fragole e un semifreddo croccantino alla nocciola e zabaione. Il cuoco arriva al tavolo e la poggia lì al centro. Tutto il locale si prepara. Cantano insieme in uno strano francese o italiano che sia "Tanti auguri a te...". Niki aspetta il momento giusto e si butta, si tuffa e la spegne. Qualcuno scatta una foto, qualcuno accende una luce. Tutti battono felici le mani. Niki imbarazzata sorride. E ringrazia. E poi così, per uscirne, per farli ridere, intinge l'indice nella torta e, da brava bambina, se lo mette in bocca. Alessandro approfitta di quella sana, dolciaria distrazione. Mette la mano nella giacca e come abile ladro al contrario lo lascia lì, davanti al suo piatto.

"Tanti auguri, amore... grazie di avermi dato questa seconda possibilità." E Niki commossa, stordita, rapita dalla festa, sorride... E lo vede. Un piccolo astuccio quasi brilla di blu in quel piatto dai bordi decorati. "È per me?" Alessandro guarda Niki. Le sorride. Lei resta in silenzio. Non crede ai suoi occhi. Lo apre. E piano piano da quel pacchetto spunta come un'alba. E ogni luce del locale, ogni candela, ogni minimo riflesso lo raggiungono per sottolinearne la semplice bellezza. Eccola. Un bellissimo collier, raffinato, sottile, elegante, improvvisamente illumina il sorriso di Niki. Una piccola luna rossa, formata da polvere di tanti piccoli diamanti e al centro un unico diamante a forma di cuore. Niki la fissa. Mille riflessi ballano in quella pietra, più di un arcobaleno impazzito. Danzano il blu, il rosso, il celeste, l'arancione. E persino le guance di Niki si colorano imbarazzate.

"Ma è bellissimo..."

Alessandro le sorride. "Ti piace? L'ho disegnato io da Vivani, a via della Vite. Annusa la scatola..."

Niki la avvicina al naso. "Uhm, leggero, delicato. Cos'è?"

"Ci ho lasciato cadere due gocce di questa essenza..." Alessandro tira fuori dalla tasca una piccola boccetta. La apre. Ne versa pochissima sull'indice. "È per te. È una tua

IK l'

creazione." E le tocca leggero il collo sfiorandola quasi dietro le orecchie. Niki chiude gli occhi. Poi respira quella fresca fragranza.

"Buonissima!" "È essenza di gelsomini."

Alessandro si alza, prende il collier, va alle spalle di Niki. Passa un braccio intorno a lei. Posa quel diamante leggero sul suo petto. Poi recupera piano piano quei fili di oro bianco. Alza con le mani i suoi capelli, trova il gancetto e ferma quei fili in quella piccola chiusura. Poi lentamente lascia scivolare giù quella piccola goccia. Si ferma lì, in bilico, su quella fresca scollatura. Niki apre gli occhi e si vede riflessa nello specchio lì davanti. Posa subito la sua mano sinistra sul petto, poco sotto il diamante e si gira leggera e piega la testa e sorride. "È bellissimo..." "No. Tu sei bellissima."

Nel locale suonano ancora. Quell'uomo e quella donna che prima ballavano, ora ridono. Bevono al bancone un po di giovane Merlot. Un gruppo di ragazzi entra rumoroso e inciampa sulla sua stessa giovane allegria. Ma il tavolo di Niki e Alessandro è vuoto. Già sono lontani, in quella notte parigina, abbrac ciati sotto le stelle incastonate nella Torre Eiffel. La guardane da sotto. Alte nuvole, e luna, e ferri che si intrecciano, e fori, < ascensori, e turisti che si affacciano e si baciano e indicano coi la mano nel vuoto qualcosa di più, lontano, che si vede di lassù Nelle cartoline non è mai stata così grande. E poi un taxi pe girare un po. E gli Champs-Elysées e Pigalle e un saluto solo d fuori al Louvre con la promessa di tornare presto. Poi u ricordo degli ultimi mondiali, non dimenticare quella capoc ciata, e ricordarsi bene quella semplice battuta "Ridatece Gioconda!". E poi farsi mollare giù, scendere dal taxi, pagan e due passi persi nella notte. E così lungo la Senna, Montma tre, e nella chiesa di Sainte Chapelle. Ed entrano così, giovati inesperti turisti che si perdono nella bellezza di quelle vetrat di quelle mille e cento scene bibliche che i fedeli chiamar "l'ingresso del paradiso"... Ed essere così felici da non avere

coraggio di desiderare più niente, di non osare troppo, di vergognarsi perfino di pregare, se non per chiedere di non svegliarsi da quel sogno. Così, semplici egoisti di felicità, arrivare in albergo.|j

"Fiumi... sono stravolta!" Niki si lascia cadere di schiena sul letto. E lancia con un calcio preciso nel vuoto le sue scarpe nuove che atterrano lontano. Alessandro si leva la giacca, la posa su una stampella che infila nell'armadio.

"Ho una cosa per te..."

"Ancora?"

Niki si tira su e si appoggia sui gomiti. "Ma è troppo! Hai già fatto delle cose bellissime."

"Non è da parte mia..." Alessandro si avvicina al letto con un pacchetto. "È da parte delle Onde."

Niki lo prende in mano. Un pacchetto perfettamente incartato con al centro un bigliettino.

"Allora, il pacchetto lo ha incartato Erica, precisa com'è la riconosco. La scritta del biglietto invece è di Olly." Niki apre il biglietto e lo legge. "Ciao, giovane diciottenne in fuga! Vorremmo essere tutte lì con te in questo momento... ma anche con lui! ! ! Alex ci piace un casino! Dopo la sorpresa che ci ha detto che ti avrebbe fatto, sono crollate le nostre difese... può fare delle Onde quello che vuole! Insomma, una bella orgia non sarebbe male, no?"

Niki smette un attimo di leggere. Non c'è niente da fare, Olly è incorreggibile. Poi riprende. "E dai, scherzavo... comunque ti vogliamo bene e così ti vogliamo stare vicino a modo nostro... usala bene! Sì, insomma... fagli vedere le stelle parigine!"

Niki rimane un po interdetta. Ma che cos'è? Tocca il pacco, lo schiaccia. Niente. Non le viene in mente niente. Prova a tastarlo meglio, lo rigira tra le mani. Niente. Decide di aprirlo. Lo scarta veloce e improvvisamente capisce. Sorride divertita e se la poggia addosso. Una camicia da notte di seta blu scura piena di pizzi e trasparenze. Balla, tenendola tra le braccia sino a finire davanti a uno specchio. Niki piega la testa da una parte,

guardandosi. Alessandro è disteso sul letto, poggiato su un braccio, la vede riflessa. I loro sguardi si incrociano. Alessandro sorride.

"Può andare... provatela no..."

"Sì... però tu chiudi gli occhi..." Niki comincia a spogliarsi, poi vede che gli occhi di Alessandro traballano un po.

"Non mi fido." E Niki spegne la luce. E riflessi notturni e qualche lampione lontano e stelle nascoste sbirciano tra le tende socchiuse di quella stanza. Niki si avvicina al letto, si siede vicino ad Alessandro ma rimane poggiata sulle sue ginocchia. Sembra disegnata in quel controluce blu.

"Allora..." voce calda e sensuale, "come mi sta?" Alessandro apre gli occhi. La sfiora leggera con una mano, cercando il tessuto di seta. Le accarezza le gambe e poi su, più su, i fianchi, ma non trova nulla.

"Ehi, ma che sei una nuvola?" e Niki ride. "E certo... hai visto che camicia da notte leggera. Non si sente quasi" e un bacio e un'altra risata. E una notte che perde i suoi confini. E alla fine perfino quelle stelle francesi lo devono ammettere. Sì. È un'altra vittoria. Gli italiani lo fanno meglio.

Il giorno dopo una fantastica colazione a letto. Croissant e uova strapazzate e spremuta d'arancia e piccoli dolcetti. E i giornali italiani che però non vengono neanche aperti E via così, con un'auto presa a noleggio, direttamente dall'albergo. Salirci sopra appena arriva con una mappa piena di indicazioni segnate direttamente dal giovane portiere.

Alessandro guida, mentre Niki fa da navigatore. "Destra, sinistra, destra di nuovo, sempre dritto... in fondo poi vai a sinistra." E ride mentre da un piccolo morso alla baguette che si è portata dietro. Alessandro la guarda.

"Ehi, ma quanto mangi..." Niki finisce di masticare. Poi cambia espressione. "Sì... strano vero. Non vorrei che..." Alessandro la guarda preoccupato. "Niki?..."

Niki sorride. "È tutto a posto... sono venute l'altra setti mana. È che quando sono felice mi prende una fame..." I

vanno via così lungo la strada che abbandona Parigi, ma senza allontanarsi troppo.

"Ecco, ecco, è lì." Niki indica un cartello. "Euro Disney, tre chilometri. Siamo quasi arrivati." E parcheggiano poco dopo. E scendono.

E corrono mano nella mano. E fanno i biglietti, ed entrano, e si perdono subito in mezzo a tante persone che sorridono come loro, giovani bambini di ogni età in cerca di sogni.

"Guarda, guarda, c'è Topolino!" Niki gli stringe la mano. "Alex, fammi una foto!"

"Ma non ho la macchinetta!"

"Non ci credo... hai organizzato tutto in maniera perfetta e poi mi cadi sulla macchina fotografica, la cosa più semplice?"

"Ma rimediamo subito!" E comprano al volo una Kodak usa e getta. E quella stretta di mano con Topolino viene subito immortalata. E poi anche il bacio a Paperino e l'abbraccio di Pippo e il saluto di Cip e Ciop e un'altra foto con Cenerentola.

"Amore, adesso sì che sei bellissima con quella coroncina in testa!"

Niki lo guarda stupita. "Ma io non ho nessuna corona!" Poi Niki guarda Cenerentola, una bellissima ragazza accanto a lei, alta, bionda, eterea, con un sorriso veramente da favola. E una corona in testa. Niki guarda malissimo Alessandro che sorride.

"Ops, scusa... mi sono confuso." E Alessandro subito fugge via, con Niki che lo rincorre e quella Cenerentola che resta lì, senza parole, ferma davanti al suo castello, a guardarli. Poi alza Se spalle e torna a sorridere a nuovi visitatori. Certo, non può :apire che anche quella è una favola.

E Alessandro e Niki continuano il loro giro, salgono sulle nontagne rocciose e poi entrano nel mondo di Peter Pan, navicano con Capitan Uncino, approdano nel western, mangiano qualcosa in un saloon e poi improvvisamente eccoli lì finire nel uturo, a bordo di una macchina del tempo. Incontrano Leo- iardo da Vinci e attraversano le epoche più diverse. Dai caverni:oli al Rinascimento, dalla Rivoluzione francese agli anni Venti.

"Zitta zitta, posso dire a mia madre che ho perfino studiato

storia..." e poi ancora avanti, sempre più su. Salgono sulle ^ Space Mountain. Le montagne russe a velocità supersonica, al s buio, puntando verso la luna, raggiungendola e improvvisamente ] girare a destra, di botto, superandola e poi di nuovo j giù, coi capelli dritti e il cuore in gola a duemila. Le mani) strette strette intorno a quel corrimano in ferro, e urlare a] squarciagola, a occhi chiusi, la propria pazza, folle, illimitata j felicità.)

"Abbiamo provato di tutto..."\

"Sì, sì, non ci manca niente."\

"Oh Dio, sono stravolta, sono tutta sudata... senti, senti la] maglietta, è tutta appiccicata."i

Alessandro si avvicina e la tocca. "Ma è zuppa, appena arrij viamo alla macchina te la cambi."j

"Sì, mi metto la felpa che avevo ieri. Ma quelle che sono? Lei pannocchie!" Niki corre come una bambinai in mezzo alla pie- cola piazzetta in stile antico, francese, disneyano. Si avvicina ali venditore di pannocchie e dopo un po di indecisione ne indicai una, con il suo indice, magro, timido. Alessandro la raggiunge"! paga e le sorride. Giovane papa di quella bambina avuta tropi presto e che non gli somiglia neanche un po.

"Grazie..." e poi un morso alla pannocchia e un bacio a lui e un altro morso e un altro bacio. Lungo. Molto lunga Troppo lungo. E qualcuno sorride e scuote la testa. E pensieri quasi cinematografici. Mio padre, che eroe! O meglio. L'amore, non ha età.

"Ehi..." Alessandro guarda l'orologio. "Dobbiamo se pare... tra poco abbiamo l'aereo."

"Lo perderei volentieri. Ma domani ho l'ultima interro zione in storia." E corrono via, con una pannocchia tutta mo: lanciata al volo in un piccolo secchio al bordo della strada. T Niki si cambia la felpa dietro lo sportello dell'auto, in strano spogliarello parigino.

"Pensavo mi facessi almeno una spaccata... o che ne so... can can!"

"Sì, ma ringrazia che non ti mordo due volte!"

"Andiamo, va..." e Alessandro ride, monta in macchina e!

via nella notte. Quando stai così anche la battuta più stupida è(

un buon pretesto per essere allegri. Lasciano l'auto al parcheg'j

gio. Poi una breve fila, il documento, il posto assegnato, le pie',

cole valigie sul rullo. Alessandro si leva qualcosa dalla tasca.J

Passa il controllo. Quando tocca a Niki qualcosa suona. Unj

gendarme francese si avvicina. Prende un piccolo metal detecij

tor e lo passa su Niki cercando chissà cosa.' ì

"Niki" fa Alessandro dietro di lei, "ma che ti sei fregata?"W

"La Coppa del Mondo!" Niki felice comincia a cantare "Po po po po po po po"

"Buona, ferma, zitta... che così non ci fanno partire!" ma Niki continua a cantare.

"E poi quella mica l'abbiamo rubata, l'abbiamo vinta!" Anche Alessandro si mette a cantare. "Po po po po po po po..." E felice abbraccia Niki. E vanno via così, di schiena, ma insieme, non come in certe canzoni...

E nuvole leggere, e un tramonto lontano che lentamente sparisce lì dove è ancora possibile vedere. L'aereo balla un po. Niki si stringe forte ad Alessandro. Poi pian piano il volo torna tranquillo e lei si addormenta. Alessandro la guarda, così appoggiata a lui, le accarezza i capelli, leggero, con la mano sinistra. E ne sistema un po, li sposta, per vedere meglio la linea del suo volto, delicata, disegnata in maniera perfetta e naturale. Quelle ciglia che fuggono via, senza sbattere però, inseguendo chissà quale sogno. Niki dorme tranquilla, con un respiro lungo, sereno. Quello di una bambina che ha corso tutto il giorno dietro la sua felicità e che per una volta l'ha raggiunta.

L'aereo ha un piccolo sussulto, poi un altro un po più forte. I motori cominciano a rollare. Niki si sveglia all'improvviso e abbraccia Alessandro impaurita.

"Che succede? Aiuto!"

"Shhh... buona, buona, non è nulla" e la stringe a sé. "Siamo atterrati."

Niki fa un sospiro lungo, poi sorride. Si stropiccia gli occhi

e guarda fuori dal finestrino. "Siamo di nuovo a Roma." E niente fila, nessun bagaglio da aspettare, la macchina già pronta lì al parcheggio.

"Aspetta, chiamo casa."ì

Niki accende il telefonino. Ma appena compone il pin | subito le arrivano diversi messaggi. Li apre. Sono tutte chia- i mate da casa. E un attimo dopo tutto sparisce. Qualcuno sta jj chiamando. Niki guarda il display. Fa segno ad Alessandro, i portandosi l'indice davanti al naso, di stare zitto. Poi apre il j telefonino.i

"Pronto mamma, ciao!"

"Sì, ciao! Mi fai stare in pensiero. Era sempre spento. Sono ? |due ore che ti chiamo. Ma dov'eri?";

iNiki guarda Alessandro. Oh, io ci riprovo.

*"Mamma stavo a Euro Disney..."

Simona sbuffa.

"Ancora con questa storia! Sì certo... E io sono la regina Elisabetta. Allora si può sapere che stai combinando?"

Niki alza le spalle e sorride ad Alessandro. Vedi, mia mamma non mi crede.

"Ma niente, mamma... stavo in giro con degli amici in centro..."

"Sì, sempre in giro con gli amici tu, e sempre in posti dove ] non prende... che strano, fosse per te, tutte le compagnie telefo- j niche dovrebbero chiudere. Non si sa com'è ma il tuo telefo- j nino non prende mai da nessuna parte...",j

"Si vede che me ne avete regalato uno già rottamato."|

"Sì sì, fai la spiritosa che prima o poi ti rottamo io. Si può |sapere dov'eri, avevi detto che io e te ci saremmo raccontate

tutto."

"Sì, ma dopo lo schiaffo è cambiato qualcosa."j

"No! È stato solo un incidente di percorso, non si può] andare sempre d'accordo."j

Niki ci pensa un po. "Ok, come vuoi tu, te l'ho già detto ieri j mamma, oggi comunque ero a Euro Disney, sono corsa all'aeroporto di Parigi perché eravamo in ritardo, però alla fine ce

l'abbiamo fatta e ho preso l'aereo delle otto... per questo ero spenta... e ora sono arrivata a Fiumicino." Silenzio. "Mamma..."

"Sì, sono qui... beata te che hai sempre voglia di scherzare. Allora, tra quanto sei a casa?"

Niki guarda Alessandro poi l'orologio. Allarga le braccia come a dire io c'ho provato a dirglielo per la seconda volta. Lei non mi crede... Alessandro le fa segno che è pazza, poi le indica con un dito che saranno lì tra un'ora.

"Un'ora e mezza e sono lì..."

"Non più tardi!" E chiude.

Partono così, nel nuovo respiro romano, tra un morbido traffico. Raccordo. Qualcuno è nervoso. Un boro scala in continuazione provando a superare, prima a sinistra poi a destra.' Impaziente. Alla fine va per la sua strada. Si allontana così. Con dei vetri scuri e una Peugeot piena di spoiler, come se così fosse più veloce. Alessandro invece guida tranquillo. Ogni tanto la guarda. Niki sta mettendo a posto qualcosa dentro la borsa. Quando si torna da un viaggio tutto sembra avere più tempo. Si è più sereni. Un viaggio fuori a volte aiuta a vedere meglio la propria esistenza, a che punto si è. Quanta strada si è fatta, dove t si sta andando o dove ci si sta perdendo e soprattutto se si è | felici. E quanto.

Proprio in quel momento il suono del cellulare di Alessandro. Due bip. Un messaggio. Alessandro prende il Motorola dalla tasca. Lampeggia una bustina. Lo apre. È Pietro. È un po che non lo sente. Ma quello che legge è l'ultima cosa che avrebbe voluto sapere.

"Ciao. Siamo tutti da Flavio. È morto suo padre."

Alessandro non riesce a crederci.

"No."

Niki si gira spaventata verso di lui. "Che è successo?"

"È morto il padre d'un mio amico. Flavio. Flavio, tu l'hai conosciuto. Hai capito chi è? Il marito di Cristina... Quella che dici che non ti sopporta."

Niki si addolora. "Mi dispiace. Anche se non lo conosco bene..."

kt

Ormai sono arrivati sotto casa di Niki. "Non ci voleva. Mannaggia. Quanto mi dispiace. Meno male che sono già tornato. Vado a trovarlo."

Niki sorride. "Certo. Chiamami quando vuoi se ti va... Sul serio, quando ti pare. Lascio il telefonino acceso."

Alessandro le sorride. Niki gli da un bacio leggero. E fugge via. Poi si ferma un attimo e sorride. "Ehi, lì dietro hai la mia valigia! Te la lascio... Vengo a prenderla con calma..."

"Certo. Quando vuoi."

Alessandro aspetta che Niki entri nel portone. Un piccolo saluto da lontano e Alessandro si allontana nella notte.

Novantasette

Sono tutti lì. Gli amici più stretti, i più veri, quelli che conoscono tutte le verità di una famiglia, quelli che hanno assistito in silenzio a piccoli e grandi dolori, o che invece hanno festeggiato facendo baldoria, complimentandosi nelle grandi e piccole gioie della vita. Questa è l'amicizia. Saper dosare il rumore della propria presenza. Appena lo vede, Alessandro gli si avvicina e lo stringe in un abbraccio. Tutto. Molto. Tanto.

I momenti più diversi di una stessa vita ognuno li ricorda a modo suo.

"Cazzo, mi dispiace Flavio..."

Si guardano negli occhi e non sanno bene cos'altro dirsi. Quelle occasioni che inevitabilmente ti spingono al silenzio. Stare lì, essere presenti, voler dire tante altre cose in più ma non riuscirci. E così si liquida tutto con una piccola pacca sulle spalle, con un abbraccio sentito, con una frase che ti sembra sciocca ma non hai trovato altro che quella. E ti sembra la migliore, la più vera, la più sincera. E non lo è. O magari lo è anche. Chissà... è che hai un groppo in gola. Che se dici una cosa in più sai già che ti metteresti a piangere. Hai gli occhi lucidi. E vedi che alcuni sono più forti di te. E non piangono. Sembrano sereni, come se non fosse successo niente. Riescono a vivere bene il loro dolore. O forse, pensi, non gliene frega proprio niente. Ma che tipi sono? Come quei due per esempio, forse sono dei suoi cugini... stanno lì in fondo al salotto e parlano tutto il tempo e ridono e sono anche un po

rumorosi. Sembra che il fatto che sia morto qualcuno fosse la loro unica occasione per rivedersi. O forse il loro modo di fare è solo un'astuta copertura. Non potersi permettere il lusso di stare male, di soffrire apertamente, di poter piangere liberi, senza vergogna. Quella strana tassa che a volte il carattere ci obbliga a pagare, lasciandoci fuori dalla bellezza dei sentimenti.

Alessandro, Pietro ed Enrico fanno compagnia a Flavio tutta la notte e ognuno a modo suo rinuncia a qualcosa pur di stargli accanto. Tutti e tre ne sono felici e nessuno di loro rimpiange ciò che ha perso.

Notte di parole. Notte di ricordi. Notte di confidenze. Divertenti aneddoti lontani. Vecchie storie che solo il dolore a volte col suo soffio potente fa tornare alla luce. Episodi passati, nascosti, persi ma mai in fondo abbandonati.

"Sapete una cosa, ragazzi..." Flavio beve un po del suo whisky : e li guarda. Nessuno risponde. Non ce n'è bisogno. Flavio ; riprende a parlare. "Ti viene da pensare alle cose che non gli hai i detto. Alle volte che lo hai deluso. A quelle cose che avresti voluto dirgli quel giorno, a quello che vorresti dirgli ora. Cor- j rere lì sotto casa sua. Suonare il citofono. Farlo affacciare. Papa... mi sono dimenticato di dirti una cosa... ti ricordi quella volta che siamo andati lì... ecco."

Flavio guarda i suoi amici di nuovo. "Questo ti fa male. Magari è una stronzata... ma vorresti tanto potergliela dire."

ì

[¦Qualche giorno dopo. I funerali. Fiori. Frasi. Silenzio. Persone

rperse da tanto tempo improvvisamente riaffiorano. Come

?,alcuni ricordi. E poi saluti. Strette di mano. Commozione. Tutti,

"•vanno a salutare Flavio con affetto. Alcuni portano fiori. Altri

vengono da un passato lontano e spariranno di nuovo per sempre, ma non volevano mancare a quell'ultimo appuntamento. Poi la sepoltura. Un ultimo saluto. Un ultimo pensiero. Poi più niente. Fuuuu. Un palloncino pesante che però si allontana \ verso il cielo. Silenzio. Sempre più lontano. Poi faticosamente i

fe_

primi cigolii. È come se la grande macchina ripartisse. Rumori faticosi, catene non oliate, ingranaggi che stridono, raschiano. Ma riparte. Ecco... Ciuff, ciuff! Come quel treno lontano, lì all'orizzonte, che riprende la sua strada, la sua corsa, che aumenta il ritmo, sbuffa, di nuovo, sì, verso confini lontani, verso i giorni che saranno... Ciuff, ciuff... E sbuffa, sbuffa ancora. E non fermarsi. Non fermarsi. E tutti, tutti continuano ad andare avanti. E prima o poi forse riusciranno a dimenticare qualcosa. O forse no. E anche in questo dubbio c'è una grande bellezza.

Novantotto

La settimana seguente Alessandro si vuoi fare un regalo. È domenica mattina quando lo chiama.

"Chi era stamattina presto al telefono?"

"Alex."

La madre di Alessandro, Silvia, raggiunge suo marito Luigi in salotto e lo guarda preoccupato.

"Di domenica mattina a quell'ora? E cosa voleva, che ti ha detto..."

"Non lo so. Mi ha detto: papa vorrei uscire con te."

"Oddio, sarà successo qualcosa..."

"Ma niente, tesoro, mi vorrà raccontare qualcosa..."

"È questo che mi preoccupa."

Luigi le sorride e alza le spalle.

"Boh, non so... Mi ha detto: c'è qualcosa che vorresti fare con me, che non mi hai mai detto?"

Silvia guarda suo marito con aria sbigottita.

"E non dovrei essere preoccupata?"

Luigi si infila la giacca. Poi le sorride. "No. Non lo devi essere, quando torno ti racconto tutto." Poi sente suonare il citofono. Va in cucina e risponde. E Alessandro. "Scendo subito."

Silvia sistema meglio la giacca del marito. "Quanto vorrei essere lì con voi."

Luigi le sorride. "Ci sarai..." poi si danno un bacio. Luigi esce e chiude la porta alle sue spalle.

Poco dopo è in auto con Alessandro.

"Allora, papa... hai pensato cosa vorresti fare?"

Il padre gli sorride. "Sì. E sulla strada di Bracciano."

Poco più tardi la Mercedes di Alessandro è parcheggiata sotto il sole caldo di mezzogiorno.

"Allora, non spingete troppo sull'acceleratore. Seguite le curve e non frenate, che si perde facilmente il controllo. Mi raccomando, eh... Tenete il gas in curva."

Alessandro guarda suo padre. È accanto a lui, con un casco rosso. È buffo. Sorride divertito come il più felice dei bambini, su quel go-kart potente.

"Sei pronto, papa?"

"Prontissimo... chi ha la peggio su dieci giri paga, sei d'accordo?"

Alessandro sorride. "Va bene."

Partono così, improvvisati Schumacher di quella strana gara. Alessandro si fa subito superare, ma non lo molla mai. Accelera ogni tanto, guarda divertito quell'uomo di settant'anni che fa le curve con la testa piegata di lato, che si aiuta così secondo lui, con quello strano gioco di pesi.

Poi, più tardi.

"Ah... mi sono proprio divertito! Quanto hai pagato, Alex?"

"Ma che ti importa, papa... ho pagato quello che dovevo. Ho perso."

Salgono in auto. Alessandro guida tranquillo verso casa. Il padre ogni tanto lo guarda. Decide di recuperare un po del suo ruolo.

"Va tutto bene, Alex, vero?"

"Tutto bene, papa."

"Sicuro?"

"Sicuro."

Il padre si rilassa. "Bene. Sono contento..."

Alessandro guarda il padre. Poi di nuovo la strada. Poi torna a guardarlo. "Sai papa, sono proprio contento che abbiamo

passato questa giornata insieme... Certo pensavo che tu avresti voluto fare qualcosa di diverso..."

Il padre sorride.

"Forse perché un figlio da suo padre si aspetta sempre qualcosa di più..."

Rimangono per un po in silenzio. Poi Luigi attacca a parlare con un tono tranquillo.

"Sai, ho riflettuto a lungo su cosa mi potevo inventare. Poi mi sono detto: qualunque cosa io gli dirò non andrà bene per lui, cioè..." si gira e sorride ad Alessandro, "... non sarà mai una cosa all'altezza delle sue aspettative nei miei confronti... E così alla fine ho pensato che era meglio dirti la semplice verità. Ho pensato che mi avresti apprezzato proprio per questo e che non ti avrei deluso..."

Alessandro lo guarda e sorride a sua volta.

"E questa era una cosa che avevo sempre sognato... è da quando ero giovane che volevo correre con i go-kartà non lo avevo mai fatto..."

"E oggi ci sei riuscito..."

"Già..." Il padre lo guarda leggermente assorto. "Mi hai fatto vincere."

"No, papa. Andavi forte sul serio. Su una curva sei andato perfino in controsterzo."

"Sì, ma non ho tolto il piede dal gas, anzi, ho spinto sull'acceleratore, se no perdevo il controllo. È stata proprio una bella gara"

"Sì. Molto bella."

Arrivati sotto casa dei genitori, Alessandro si ferma.

"Eccoci qua..."

Il padre lo guarda.

"Quando sulla tela metto un verde non è detto che sia erba, quando metto del blu non è detto che sia un cielo..."

Alessandro lo guarda sorpreso. Non capisce.

"È di Henri Matisse. Lo so che non c'entra niente ma mi è piaciuta molto quando l'ho letta." Poi Luigi scende dalla macchina e si piega per salutarlo.

"Sai Alex, non so se un giorno mi ricorderai per questa frase

che non è mia o per quella curva in controsterzo... Non so cosa sia peggio..."

"Sarebbe peggio se non ti ricordassi."

"Ah, quello senz'altro... sarebbe peggio per me, vorrebbe dire che non ho fatto niente di buono..."

"Papa..."

"Hai ragione... Lasciamo stare. In fondo sono riuscito a bat tere mio figlio a settant'anni. Piuttosto, tua madre mi farà un sacco di domande. Già lo so, quello che vorrà sapere più di tutto è come va con Elena, se è tornata a casa."

Alessandro sorride. "Allora tu dille che hai vinto la gara di go-kartà E che io sono felice."

Novantanove

E passano i giorni. Giorni di studio. Giorni di lavoro. Giorni d'amore. Giorni importanti. Alessandro è in riunione con tutto il suo team.

"Allora, le vostre proposte sono buone, buonissime... ma manca ancora qualcosa. Non so cosa, ma manca..." Poi si guarda in giro. "Ma dov'è Andrea Soldini?"

"Ah, lui sicuramente manca!"

Dario allarga le braccia mentre Michela e Giorgia e altre persone dello staff ridono.

Proprio in quel momento, entra Andrea Soldini con il fiatone. "Ero sceso un attimo, scusate, dovevo far partire un pacco..." Alessandro lo guarda. "Ma perché, dovevamo mandare adesso delle eventuali nuove prove... no, vero?"

"No." Andrea Soldini si imbarazza un po. "Era una cosa privata." Alessandro sospira. "Vi prego, manca una settimana sola. Le prove che faremo, se le faremo, le manderemo via email solo per l'approvazione... Siate tutti sul pezzo fino a domenica prossima, quasi senza respirare, senza mangiare, senza dormire."

Dario alza la mano. "Scopare, pensando all'idea, si può?"

"Se poi ti viene in mente, sì!"

"Macché, quello non ci pensa due volte... Viene e basta..." Tutti ridono. Una delle ragazze arrossisce. Alessandro riporta |l'ordine nella riunione. "Per favore, basta! Forza, riprendiamo

Ia lavorare... allora, a che punto eravamo?"

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Proprio in quel momento suona il suo Motorola.

"Scusatemi un attimo." Alessandro si sposta verso la finestra. "Pronto."

"Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri ad Alex... Pensavi che me ne fossi dimenticata, eh?!"

Alex guarda l'orologio. È vero. Oggi è * giugno. E il mio compleanno. "Niki, non ci crederai. Me lo sono dimenticato io."

"Be, rimedierò per tutti e due. Ho prenotato in un posto fantastico e sei mio ospite, ce la fai a passare a prendermi alle

nove?"

Alessandro fa un sospiro. In realtà vorrebbe tanto lavorare. O meglio, dovrebbe. Improvvisamente vede Lugano sempre

più vicina.

"Ok. Però non ce la faccio prima delle nove e mezza."

"Preso... buon lavoro allora... e a più tardi."

Alessandro chiude il telefonino. Poi si gira. Tutti i ragazzi del suo staff hanno in testa dei cappellini colorati e sul tavolo c'è un grande vassoio pieno di ottimi pasticcini. Una busta di Mondi§

da poco scartata è lì vicino.fi

"Auguri, capo! Anche noi con questa cavolo di LaLuna ce lo stavamo per dimenticare!"

Andrea Soldini ha in mano una bottiglia. "Ero sceso per questo... avevo lasciato tutto qui fuori... prima o poi ti saresti

distratto!"

Alessandro sorride imbarazzato. "Grazie, ragazzi, grazie."

Dario, Giorgia e Michela si avvicinano con un pacchetto in mano. "Tanti auguri, boss..."

"Ma non dovevate..."

"Lo sappiamo, ma così speriamo in un piccolo aumento."

"È da parte di tutti noi..." Alessandro scarta il pacchetto. Tra le sue mani un bellissimo lettore mp e un ed, Moon, con sopra scritto "Auguri... tanto per rimanere in tema! Il tuo prezioso team!".

Andrea Soldini stappa la bottiglia e comincia a versare lo champagne nei bicchieri di plastica che Dario gli passa.

"Dai, prendete i bicchieri, passateveli..." Finalmente tutti ne

hanno uno. Così Alessandro alza il suo. Improvvisamente nella stanza scende il silenzio. Alessandro si schiarisce la voce.

"Allora, mi fa piacere che ve ne siate ricordati. Mi è piaciuto molto questo regalo, è molto divertente l'idea del ed... E, quando volete... vedo che siete creativi, ne trovate di idee! Quindi spero che ne troviate una che ci permetta presto di avere la nostra sospirata, sofferta e meritata vittoria!" Poi alza il calice. "A tutti noi, conquistatori de LaLuna!" Tutti lo seguono sorridendo, al suono di auguri capo, auguri Alex. Auguri... Alessandro sorride urtando il suo bicchiere di plastica un po contro tutti. Poi ne beve un sorso. Ma piccolo. Non vuole esa gerare. E soprattutto quanto gli piacerebbe se proprio per il suo compleanno si trovasse questa benedetta idea per i giapponesi.

Nel pomeriggio tutto lo staff lavora con impegno, sotto le note del ed. Ognuno porta qualche proposta, uno spunto, qual che vecchia idea. Andrea Soldini ha scovato una vecchia pub blicità uscita su un giornale, tanto tempo fa.

"Vedi Alex, questa non era male..." e posa la rivista sul tavolo davanti a lui. Alessandro si sporge in avanti per guar darla meglio. Andrea Soldini ne approfitta per infilargli qual cosa in tasca. Alessandro non si accorge di niente e continua a guardare quella vecchia pubblicità. Poi scuote la testa. "No... non va bene. È superata. È ferma."'

Andrea Soldini alza le spalle. "Peccato, be, io ci ho pro vato..." E si allontana. Poi senza farsi scoprire sorride. Forse per quanto riguarda la pubblicità, quella sua proposta non è andata bene. Ma per quanto riguarda il resto... ci è riuscito per fettamente.

Cento

Ore venti e trenta. Alessandro entra sfinito nell'ascensore di casa. Si guarda nello specchio. Vede perfettamente tutta la fatica di quella giornata. Soprattutto lo stress di non aver trovato ancora l'idea vincente. Le porte dell'ascensore si aprono. Alessandro infila la mano nella tasca della giacca. Prende le chiavi. Gli basta aprire di poco la porta d'ingresso per svegliarsi improvvisamente da quella stanchezza.

Ehi, ma che succede? Chi è entrato? In tutto il salotto ci sono sparse delle piccole candele profumate, accese. Le fiammelle ballano mosse da un leggero vento. Una musica bassa si diffonde per tutta la casa. Un profumo di cedro la rende particolarmente pulita e fresca. Al centro del salotto per terra due enormi e basse ciotole in cotto chiaro sono piene di petali di rosa. Ed emanano un profumo ancora più forte, inebriante. Alessandro non sa cosa pensare. Solo una persona ha le chiavi di casa. E non le ha mai restituite. Elena. Ma proprio in quel momento quel suo dubbio, quella paura, quella strana preoccupazione, viene improvvisamente cacciata via. Una dolce musica giapponese dai suoni antichi, ancestrali, quei ritmi secchi, impossibili da confondere. Dalla penombra della camera da letto arriva lei. Un kimono bianco, con dei piccoli disegni di argento leggero come la cinta che la stringe in vita. Piccole infradito ai piedi, e quel passo corto, ritmato, tipico delle vere donne giapponesi. Mani giunte davanti al petto. I capelli raccolti, solo una piccola ciocca castana chiara, leggera, è sfuggita a quella strana cattura.

"Eccomi, mio signore..." poi sorride. Alessandro ha davanti a sé la più bella geisha che sia mai esistita. Niki.

"Ma come hai fatto?"

"Non ti domandare, mio signore... ogni tuo desiderio è un dovere." E gli toglie la giacca, la piega attenta sulla poltrona del salotto. Poi lo fa sedere, gli sfila le scarpe, i calzini, i pantaloni, la camicia.

"No, voglio sapere come hai fatto..."

"Un tuo schiavo, signore, lo ha reso possibile..."

Niki fa indossare ad Alessandro un morbido kimono nero.

"E mi ha detto di darti questo..." Niki consegna ad Alessandro un biglietto. Alessandro lo apre. "Caro Alex, ti ho sfilato le chiavi dalla giacca e le ho date a Niki. Ne ha fatto un doppio e poi lei me le ha riportate. Come vedi, sono di nuovo nella tua giacca. Credo che a volte, una bella serata, valga un rischio. P. S. Lo champagne lo offro io. Tutto il resto... no. Spero che non mi licenzierai. Se invece non fosse così, be, forse ho rischiato troppo ma spero che almeno ne sia valsa la pena... Andrea Soldini."

Alessandro chiude il biglietto. Proprio in quel momento sente stappare alle sue spalle una bottiglia. Niki sta versando in due calici lo champagne. Ne passa uno ad Alessandro.

"All'amore che desideri, mio signore, e al tuo sorriso più bello che spero sia sempre per merito mio." Poi urtano i due bicchieri. Un leggero tintinnio si diffonde nel salotto, mentre Alessandro beve lo champagne freddo, gelato, ottimo, secco. Come la mano di Niki che poco dopo lo guida nel bagno. Gli sfila il kimono e lo aiuta a entrare nella vasca che ha preparato poco prima.

"Rilassati, amore..." e Alessandro si immerge nell'acqua calda, ma non troppo. Temperatura perfetta. Sul bordo della vasca sono state poggiate dentro delle piccole ciotole alcune candele di sandalo. Sul fondo, piccoli cristalli di sale azzurro minerale si stanno sciogliendo. E sboccia lentamente, profumando l'acqua, una schiuma leggera. Alessandro si lascia scivolare giù, immerge la testa, chiude gli occhi. In quel silenzio. La

tisica da lontano arriva morbida nell'acqua. Tutto ovattato, itto tranquillo. Sto sognando, pensa. E si rilassa totalmente. >rfino i suoi capelli ondeggiano lasciandosi cullare da quella lima acquatica. Poco dopo qualcosa di liscio sfiora le sue imbe Alessandro si tira su, riaffiora, sbuffa un po d acqua h oi la vede. Niki. Come una piccola pantera. Scivola su di lui ampiamente nuda. Poggia una gamba, poi l'altra, poi le iega Poi un braccio, poi l'altro e avanza così, ancora asciutta, i quell'acqua fatta di piccole bollicine profumate. Con la ,occa aperta, affamata d'amore, scivola su di lui, sul suo corpo. • poi ancora più giù, immergendosi. Ora solo le sue spalle e i uoi capelli bagnati che si aprono persi in quell'acqua, come un >olpo spaventato che apre improvvisamente i suoi tentacoli^ •ome un fuoco d'artificio che esplode nel cielo di una notte, E oi riaffiora, bagnata, con l'acqua che le scivola sul viso sul -olio, sul seno. E lo bacia. E un altro bacio. E ancora un altro. Di due bocche perse, che scivolano, che si trovano, che non tré-nano, che si amano. E poi di nuovo giù senza pudore, come una geisha perfetta che trova nel piacere del suo uomo la sua unica felicità. Fino in fondo. Fino a colorare quell'acqua azzurra e profumata di possibile vita.

Poco più tardi. Niki gli fa la doccia e lo asciuga con un grande telo. Poi lo fa stendere sul letto. Gli monta nuda sulla schiena e comincia a far scivolare da una boccetta un po di olio tiepido, tenuto immerso fino a quel momento in una pentola d'acqua

calda.

"Ah... è caldo."

"Ora si fredda..." e con le sue mani forti, da pallavolista, la campionessa Niki batte su quei muscoli, sciogliendoli, rilassandoli costringendoli all'abbandono. Poi si stende su di lui e scorre con il seno sulle sue spalle. E ancora più giù, sulla schiena, fino a massaggiargli i lombi, e le gambe e poi di nuovo su. Sciogliendo i suoi dorsali, il collo, il trapezio. E di nuovo giù. Come una saponetta soda, liscia, impazzita che corre su e giù... e non si ferma più.

"Si chiama body massage." Alessandro quasi non riesce a parlare. "Se-con-dome-tu non vai al Mamiani!"

Ridono e poi rifanno l'amore e Alessandro si addormenta. Poi si risveglia. E non ci crede.

"Niki, ma che combini?"

Niki è distesa vicino a lui. E sorride divertita. "Ho preparato la cena!" Ma su una tavola del tutto particolare. Ha disposto il miglior sushi e sashimi su quello strano, morbido piatto. La sua pancia. In fondo, c'è una piccola vaschetta.

"Ehi, lì c'è la soia... attento a non rovesciarla che deve bruciare da morire!" E ridono, mentre Niki gli passa le bacchette dentro una piccola bustina di carta. Alessandro non crede ai suoi occhi. "Tu sei pazza..."

"Di te!"

Alessandro le tira fuori e le separa.

"E tu non mangi?"

"Dopo, mio signore..."

Alessandro guarda il sushi e poi il sashimi. Non sa da dove cominciare. Tutto sembra buonissimo.

"Oh... Però muoviti Alex che io ho fame!"

Alessandro scuote la testa.

"Sei uno splendido esemplare di bora-geisha." E comincia a mangiare come un perfetto vero Alex-San. Assaggia tutto, ogni tanto imbocca Niki che sorride divertita. Morde maliziosa, strappando pezzi di sushi da quelle piccole bacchette. Poi Niki si tira su e versa dell'ottima birra Sapporo in due bicchieri.

"Mmmh... è buonissima. Hai fatto le cose veramente perfette, Niki! Non avrei desiderato di meglio, sul serio, è stato ìbellissimo."

ìNiki piega la testa di lato. "Sul serio?"

*"Sul serio."

"Lo perdoni quindi Andrea Soldini?"

"Lo promuovo."

Niki ride. Poi lo prende per mano. "Vieni." E finiscono così mezzi nudi in salotto. "Ecco, tieni." Niki gli passa un biglietto. Alessandro lo apre. "Vorrei che questo fosse il più bel com

pleanno della tua vita. Ma vorrei anche che fosse il meno bello di tutti quelli che ancora festeggeremo insieme. E vorrei non aver perso tutto questo tempo. E vorrei non perderne altro. E vorrei che ci festeggiassimo ogni giorno, come se fosse il nostro 'buon non compleanno, come quella favola. Anzi, ancora di più. Vorrei che noi fossimo una favola. Vorrei continuare a vivere questo sogno con te senza svegliarmi mai. Tanti auguri, amore."

Alessandro chiude il biglietto. Ha gli occhi lucidi. Bello. Bellissimo. Poi la guarda. "Dimmi che è vero, che non sto sognando. E soprattutto dimmi che non andrai mai a sbattere contro qualcun altro..."

Niki si mette a ridere, poi prende Alessandro per le spalle e lo guida dolcemente. "Vieni... È per te..."

Un pacco enorme, tutto incartato, è nascosto nell'angolo del salotto.

"Ma come hai fatto?"

"Non me lo chiedere. Ho la schiena a pezzi... Dai, scartalo!" Alessandro inizia a strappare la carta. "Be, sai una cosa... mi hanno aiutato i tuoi vicini!"

"Non ci posso credere! Se sei riuscita a farti aiutare da quello che di solito mi denuncia e che mi fa arrivare i carabinieri in casa, devi avere degli strani poteri..." Alessandro finisce di scartare il pacco e, quando vede il regalo, rimane senza parole.

"Il mare e lo scoglio... la scultura che stava a Fregene da

Mastino."

"Sì, ti piaceva tanto... te l'ho presa."^

"Amore, ma come hai fatto, è un regalo bellissimo! MaJ

troppo. Chissà quanto ti è costata..."|

"Ma non ti preoccupare, più che un creativo mi sembri un contabile! Ma che ti frega! È bello fare un regalo senza pensare a quanto costa... certo, questa estate dovrò lavorare da Mastino come bagnina, o come cameriera, o direttamente come sdraia... però vuoi mettere che soddisfazione vederlo ora nel tuo salotto?li

Non ha prezzo..."l' '

Alessandro guarda la scultura, perplesso. Niki se ne accorge. "Che c'è, non ti piace? La puoi mettere in bagno o in cucina o fuori in terrazza o buttarla... il regalo è tuo, eh... ci puoi fare quello che vuoi! Mica ti voglio arredare casa, io!"

"Buona, buona, stavo solo pensando. È la cosa più bella che io abbia mai ricevuto. Non sai, ci ho pensato spesso... ma credevo che Mastino non se ne sarebbe mai liberato."

"Anch'io, infatti nel dubbio che non me la dava, ti ho preso anche questo..." e Niki tira fuori un piccolo pacchetto. "Tieni... era comunque per oggi."

"Ma Niki è troppo! Me lo potevi dare per un'altra festa!"

"Ma dai... contabile dei sentimenti, per un'altra festa ci sarà un altro pensiero! Apri e non fare storie."

Alessandro lo scarta. "Una digitale! Ma è bellissima!"

"Così la prossima volta che andiamo a Euro Disney non avremo più problemi!" Niki sorride. "E poi, ma ti pare che tu, supercreativo che non sei altro... hai tutto e ti manca una macchina fotografica... ti può sempre servire. Magari vedi qualcosa, ti viene un'idea, e allora spingi un tasto, scatti... e tac, la fai tua."

Alessandro sorride. "Mettiti lì, vicino alla scultura. La voglio inaugurare subito." Niki si nasconde lì dietro e poi si affaccia un po timida, coprendo la sua nudità.

"Dai, lo faccio solo per te. Mi vergogno un sacco io... e dai, muoviti, se no ci ripenso."

Alessandro allora la inquadra. È bellissima in quella penombra del salotto, abbracciata a quella bianca scultura. "Ecco fatto. Guarda." Alessandro si avvicina a Niki e le mostra la foto. "Potrebbe essere un quadro. Ho già il nome. Il mare, lo scoglio. .. e l'amore." Poi si danno un bacio.

"A che ora devi tornare a casa?"

"Non devo tornare. Ho detto ai miei che studiavo da Olly e che rimanevo a dormire da lei." Alessandro le sorride. "Vedi... a volte serve studiare..."

Centouno

Più tardi. Notte. Notte fonda. Luci spente. Un vento leggero che viene da lontano, dal mare. La luna piena illumina il terrazzo. Le tende ballano leggere. Nella penombra della stanza Alessandro è sveglio. Guarda Niki dormire. Indossa la sua camicia celeste. Che strana la vita... sono qui, ho festeggiato i miei trentasette anni con una ragazza che ne ha appena fatti diciotto. Mi stavo per sposare. E improvvisamente, senza neanche un perché, sono rimasto solo. Oggi Elena non si è nemmeno ricordata di farmi gli auguri, non un messaggio, una telefonata. Oppure ha proprio scelto di non farmeli. Ma perché? Perché la voglio giustificare? Mi sembra di avere una vita così incerta, scombinata, con il rischio, anzi quasi la certezza, di toppare sul lavoro e finire a Lugano... eppure in questo momento sono felice.

Alessandro la guarda meglio. E la mia felicità dipende da lei. Da te... Ma chi sei tu? Possiamo veramente essere una favola? Ma non è più facile che tu ti scoccerai di tutto questo? Hai ancora tante cose da fare che io ho già fatto. Magari troverai qualcuno più divertente di me. Più ragazzino. Più semplicemente stupido. Qualcuno che possa farti sentire una della tua età, più te stessa, uno che abbia ancora voglia di andare in discoteca e starci fino alle quattro del mattino, parlando di cose inutili, sceme ma leggere, bellissime, cose che non hanno un fine, che non servono a niente, che non devono per forza significare qualcosa, ma che fanno così ridere... E fanno stare così bene. Quanto mi mancano le cose stupide.

Improvvisamente Niki si agita. Come se sentisse quei pensieri. Si gira a pancia in su e malgrado stia ancora dormendo tira su le gambe e le piega. Una posizione buffa, strana, imperfetta. E in quello stesso momento Alessandro la vede. Nitida. Chiara. Perfetta. Ecco l'idea. Scende subito dal letto, prende la digitale che gli ha regalato Niki. Poi alza piano le serrande. E, illuminata dalla luna, fa sua quell'immagine. Clic. E poi aspetta. E Niki dopo un po si gira. E di nuovo clic, un altro scatto. E poi ancora attesa. E silenzio. E notte. E ancora clic, e clic. E dopo un'altra mezz'ora di nuovo clic. Foto. Una dopo l'altra ruba quelle immagini. Le rapisce. Le fa sue. Le imprigiona in quella macchina fatata. Poi va al computer, le scarica, le salva. Poco dopo clicca su quelle icone appena uscite, ancora fresche di creatività. E ci lavora con Photoshop. E schiarisce, e colora, e modifica. Anche il cielo vero fuori dalla finestra comincia a schiarirsi. È l'alba. Alessandro continua a lavorare. Poi va in cucina e si fa un caffè. Poi torna al computer e continua a lavorare. Quando ha finito sono quasi le nove.

"Amore, svegliati..."

Niki si gira nel letto. Alessandro è lì vicino. Le sorride quando lei apre gli occhi. "Ma che ore sono?"

"Le nove. Ti ho portato la colazione."

Poggiato sul comodino lì accanto c'è un caffellatte ancora fumante, uno yogurt, del succo d'arancia e dei croissant.

"Pure i cornetti! Ma allora sei già uscito... Ma da quanto sei sveglio?"

"Non ho dormito!"

"Cosa?" Niki si tira su. "E come mai, sei stato poco bene? Era cattivo il sashimi?"

"No, era tutto buonissimo, e tu sei bellissima. E soprattutto

sei stata perfetta."

Niki addenta un cornetto. "Anche tu..."

"No, tu di più..."

"Be..." beve un po di succo d'arancia, "diciamo che la geisha in quel caso ha la situazione in mano... e ti assicuro che nor vuoi essere una volgarità..."

"Lo so. È che sei stata perfetta mentre dormivi." "Perché, che ho fatto?"

"Mi hai ispirato. Vieni..." Niki finisce di bere il succo e poi icende dal letto. Segue Alessandro in salotto. E quando arriva [ì non ci può credere. Attaccate al muro ci sono tre grandi foto di lei che dorme nelle posizioni più strane. "Ih... ma che è successo?"

Alessandro sorride. "Niente, sei tu che dormivi..." "Lo vedo, ma dovevo avere un incubo. Mi deve aver fatto male il sushi o il sashimi... guarda lì... mi contorco tutta, chissà cosa sognavo..."

"Non lo so. Ma tu mi hai fatto sognare. Mi è venuta l'idea." Alessandro si avvicina alla prima foto con Niki che ha le gambe rannicchiate.

"Ecco, c'è una ragazza che dorme in maniera strana, che sogna male..." Alessandro si sposta verso la seconda foto. Niki in questa è tutta storta, un braccio le cade giù dal letto e tocca per terra. "Ha degli incubi..." Alessandro passa alla terza foto. Niki è a pancia sotto col sedere tirato su che tira tutte le lenzuola. "Anzi ha degli incubi spaventosi..." "Mamma mia, ma qui stavo male sul serio!" Poi Alessandro si ferma alla quarta e ultima foto. E rivolta verso il muro. "Ed ecco l'idea!" La gira. Niki ora dorme tranquilla. Ha un'espressione serena, beata, con le mani intorno al cuscino e un sorriso leggero, quasi una piccola imbronciatura di soddisfazione. È bellissima. E sopra c'è il pacchetto delle caramelle con un'enorme scritta: "Con LaLuna... tu sogni!".

Alessandro la guarda felice. "Allora? Ti piace? Per me è bellissima, tu sei bellissima, anzi tu e LaLuna siete bellissime insieme!" Niki guarda di nuovo la successione di foto. "Sì... è forte! Bravo, amore mio!"

Alessandro non sta nei panni dalla gioia. Abbraccia Niki e la solleva, la riempie di baci.

"Come sono felice... ti prego, dimmi che sarai tu il mio testimonialà la ragazza dei gelsomini diventa la ragazza delle caramelle... ti prego, dimmi che ci sarai tu in quei cartelloni."

"Ma magari... non mi vorranno mai, Alex..."

"Che cosa? Tu sei perfetta, sei la nuova Venere delle cara melle, sei la Gioconda dolce! Sarai su tutti i cartelloni del mondo, ti vedranno tutti, sarai conosciuta nelle terre più lon tane, sarai famosa negli angoli più dispersi. Cioè, se torniamo a Euro Disney, saranno Topolino e gli altri che vorranno il tuo autografo!"

"Ma Alex..."

"Ti prego dimmi di sì."

"Sì."

"Ok, grazie." Alessandro corre verso le foto, le stacca una dopo l'altra, le raccoglie, le batte sul tavolo per metterle in ordine e poi le infila dentro una cartellina.

"Ok... Andiamo? Ti prepari? Dai, che così ti accompagno e poi vado subito in ufficio."

"Ma non ti preoccupare, io ho il motorino."

"Sei sicura? Allora posso andare?"

"Vai, va, io faccio le cose con calma e poi riesco..."

"Con calma? Tu qui puoi fare quello che vuoi, resta quanto ti pare, rimettiti pure a letto, finisci di fare colazione... fai un bagno, la doccia, vedi la tv... io scappo però, eh..." Alessandro prende la cartellina, s'infila la giacca e va verso la porta. Poi si ferma e torna indietro. Niki è rimasta ferma impalata in mezzo al salotto. Le da un bacio lunghissimo sulle labbra.

"Scusa amore mio, non ci sto più con la testa..." si stacca e fa un lungo respiro, "grazie, Niki... mi hai salvato una seconda volta." Ed esce correndo dal salotto.

Centodue

"C'è Leonardo?"

"È nel suo ufficio, sta al telefono..."

Alessandro non aspetta un secondo ed entra da Leonardo senza neanche bussare.

"Sei pronto? L'ho trovata. Ce l'ho, è qui dentro." Alessandro indica la cartellina. Leonardo guarda incredulo Alessandro e tutto il suo entusiasmo.

"Scusa, amore, ma è entrato un pazzo e ti devo salutare... ti chiamo dopo." Leonardo chiude il telefono. "Che succede?f :

Che hai lì dentro?"J§;

"Questo." Alessandro apre la cartella e poggia sul tavolo una dopo l'altra, in sequenza, le tre foto. Niki che dorme nei modi più strani. A pancia sotto ma rannicchiata, con un braccio per terra, con il sedere in su. Poi si ferma. Aspetta un secondo. Cattura così ancora di più l'attenzione di Leonardo che ora lo guarda incuriosito, attento, improvvisamente all'erta. Come un{

segugio che ha puntato la sua preda...' j

"Sei pronto? Ta-dà!" E poggia sul tavolo l'ultima foto. Niki'[

che dorme beata sotto le caramelle e sopra la scritta: "Con,t

LaLuna... tu sogni!".

Leonardo la guarda. Rimane in silenzio. Poi tocca la foto con,

delicatezza. Quasi preoccupato di poterla rovinare. Si alza, fa il>

giro del tavolo, va verso Alessandro. Lo abbraccia.L

"Lo sapevo, lo sapevo... solo tu potevi farcela. Sei il più;

grande, il grandissimo."j

j

Alessandro si libera subito dalla stretta. "Aspetta, Leonardo, aspetta a festeggiare. Quand'è l'ultima data per la consegna?" "Domani."

"Mandiamole subito. Proviamoci, dai, vediamo che dicono..." Leonardo ci pensa un po su, poi decide e sorride. "Ma sì hai ragione, è inutile aspettare. Forza, andiamo."

Corrono tutti e due verso la sala dove sono i computer per la grafica e passano subito una chiavetta Usb a un'assistente. "Giulia, salvi le foto che ci sono qui dentro!" La ragazza esegue subito il lavoro che le hanno chiesto. "Ecco, così. Ora carichi le quattro foto sulla e-mail del Giappone come allegato e poi si sposti per favore." Alessandro si siede al posto di Giulia e scrive velocemente in inglese. Poi la spedisce. Leonardo lo guarda perplesso.

"Alex, ma non sarà un po troppo scrivere una cosa del genere al loro direttore marketing?"

"Mi è sembrato un uomo spiritoso... e in fondo scrivere che in Italia abbiamo già cominciato a sognare, non è male. E comunque, Leo, l'unico vero problema è se gli piace o no..."

Rimangono così, davanti al computer, in attesa di risposta. Alessandro si alza e si mette vicino a Leo. "Ecco, me lo immagino." Alessandro chiude gli occhi. "Ha scaricato adesso la posta. Sta aprendo i file... Ecco, ora sta stampando le foto... Le Ifa asciugare." Alessandro apre gli occhi e guarda Leonardo.

|Poi guarda verso l'alto e immagina. "Ora le sta portando in

|sala riunione, le attacca a dei pannelli, ora prende il telefono,

Iconvoca tutta la commissione..." Leonardo guarda l'orologio.

|"Ecco, sono entrati. Qualcuno si siede. Le guarda. Uno si alza,

lle vuole vedere da vicino. Poi arriva il direttore. Le vuole

>vedere da molto vicino. Gira intorno al tavolo, va al pannello,

!guarda la prima, la seconda, la terza, si ferma sull'ultima. A

\lungo. Ancora un po. Poi si gira verso gli altri... ecco, questo

è il momento decisivo. Ora o sorride o scuote la testa... Ecco hanno deciso. Ora il direttore sta dando incarico a qualcuno di rrispondere alla nostra mailà Ecco, dovrebbe arrivarne una

iora..."

Alessandro e Leonardo si avvicinano di nuovo al computer. Tasto invia/ricevi. Ancora nessun messaggio. Niente.

"Il direttore è indeciso. Ci sta ancora pensando..."

Leonardo interviene.

"Oppure qualcuno ha detto qualcosa. Magari vogliono un titolo diverso..."

"Può essere. Ma troppa attesa non è un buon segno."

"Dipende. Nessuna nuova, buona nuova..." e proprio inH

quel momento appare la scritta.

"È arrivato un nuovo messaggio."

Alessandro si siede al computer. Ci clicca sopra facendo sparire l'avviso. In basso a destra il server sta scaricando. Alessandro aspetta. Poi la apre. In cima alla lista della posta in arrivo, ecco la mail giapponese. Alessandro si gira verso Leonardo. Lo"

guarda. Leonardo gli fa segno con la testa.-*

"Che aspetti... dai, apri."

Alessandro va col mouse sulla mail. La apre.

"Incredible. Were dreaming too..."

Alessandro non crede ai suoi occhi. Fa un urlo di gioia. Si alza dal computer, comincia a saltare dalla felicità, poi abbraccia Leonardo. Insieme continuano a ballare, trascinano anche Giulia che balla con loro, felice, se non altro per solidarietà e naturale dovere. E proprio in quel momento passano Giorgia, Michela, Dario e Andrea Soldini. Li vedono saltare come pazzi, che urlano di gioia, che ballano... Leonardo e Alessandro sembrano impazziti. Giulia, sfinita, si è lasciata cadere sulla sua poltrona. Entrano tutti nella stanza. Ma Andrea Soldini è il più veloce e corre verso Alessandro.

"È quello che penso? Dimmi che è quello che penso..."

Alessandro gli fa segno di sì con gli occhi, con la testa, con tutto. "Sì! Sì! Sì!"

"E vai! ! !" E tutti cominciano a ballare insieme. Andrea saltella su se stesso, fa una specie di strana danza messicana, uno sbiadito paragone del ballo finale di Bruce Willis nell'Ultimo boyscout. Poi va a ballare vicino ad Alessandro.

"Dimmi solo una cosa... non ti sei arrabbiato per quella bottiglia di champagne, vero?"

"Arrabbiato? È proprio il tuo regalo che c'ha fatto vincere!" E continuano a ballare così, allegri, confusionari, stanchi, sfrenati, finalmente rilassati, abbandonando tutta quella tensione accumulata in giorni e giorni di lavoro.

Marcello, Alessia, gli altri ragazzi dello staff avversario sono sulla porta. Hanno sentito urlare. Alessia sorride. Ha capito tutto. Alessandro la vede da lontano e le fa l'occhietto. Poi alza il braccio in alto chiudendo il pugno, in segno di vittoria. Alessia guarda Marcello, poi, senza neanche chiederglielo, entra nella stanza e si avvicina ad Alessandro: "Complimenti, dav|vero... sicuramente siete stati bravissimi... come sempre, del

Uresto"

\Alessandro smette di ballare, fa un lungo respiro, cercando

!di recuperare un po di fiato.

I"Ti assicuro che non credevo di farcela, questa volta."

I"È vero. Era una prova difficile."

I"No. Non c'eri tu."

|Si guardano per un attimo. Poi si abbracciano. Alessia si

Istacca e lo guarda. "Potrò sempre chiamarti capo?"

"No. Continua a chiamarmi Alex."

Marcello, vedendo quella scena, si allontana seguito dagli altri del suo staff.

Centotré

Alessandro spiega tutto a tutti. Fa vedere le foto. Da un po di indicazioni su tutti i prossimi passaggi. Poi va nel suo ufficio e telefona a Niki.

"Ciao! Siamo passati! Abbiamo vinto! Sei la modella ideale, naturale, perfetta! Sei la testimonial de LaLuna... Anzi no, tu seiLaLuna!"JS

Niki ride dall'altra parte del telefono. "Sul serio?"

"Sì... abbiamo ballato come pazzi quando è arrivata la risposta dal Giappone. E ho già parlato con il direttore, tu sarai la testimonialà in tutto il mondo." Poi si ferma un attimo. "Sempre che tu voglia..."

"Certo che lo voglio, amore."

Alessandro rimane per un attimo in silenzio. "Grazie, Niki. Senza di te non ce l'avrei fatta."

"Oh, sì. Ci avresti messo magari un po più di tempo ma ce l'avresti fatta."

Alessandro sorride. "E tu che stai facendo?"

"Niente, ho girato tutto il tempo nuda per casa, mi è piaciuto un sacco! Forse mi hanno visto pure i vicini... ma sai com'è, ormai siamo amici. Non hanno chiamato neanche i carabinieri. Poi mi sono rimessa nel letto, ho ascoltato la musica, mi sono addormentata, mi sono svegliata... ti ho cercato nel letto, poi mi sono ricordata che eri in ufficio. Allora ho fatto la doccia, mi sono fatta una macedonia, ho mangiato uno yogurt che ancora non era scaduto... e ho risposto al telefono."

"Ah bene..." Poi Alessandro ci ripensa. "E hai risposto al telefono?"

"Scherzavo... Ma solo perché non ha telefonato nessuno..."

"Sciocca... e non hai studiato nulla?"

"Uffa, mi sembri mia madre!"

"Da domani sarò peggio di tua madre... Ricordati che hai la maturità, ti starò incollato come la tua ombra, obbligandoti a studiare. Io sono stato promosso. Lo devi essere anche tu."

"Uffa! Speravo in qualche altro viaggetto!"

"Dopo la maturità..."

"Ma dopo la maturità parto con le Onde..."

"E quando torni?"

"Quando torno torno... Che, non mi aspetti? Ehi, non è che questa vittoria ti cambierà, ti monterai la testa con questo suc cesso internazionale?"

"Il successo non è niente se non si ha con chi dividerlo."

"Bravo, e tu dividilo con me... Ora però vado a casa."

"E non mi aspetti?"

"No, non posso. Hai detto una cosa così bella che me la voglio tenere con me tutta la notte..."

"Ma..."

"Non dire altro, che me la rovini!" e butta giù.

Alessandro rimane a guardare il telefonino. Niki e la sua magica follia. Niki e la sua giovane bellezza. Niki e la sua forza, Niki e la sua poesia. Niki e la sua libertà. Niki la ragazza dei gel somini. Niki e LaLuna. Poi si ricorda qualche altra indicazione da dare per la cartellonistica e tutta la campagna promozionale da avviare. Così inizia a fare un po di telefonate di lavoro. Ma non c'è niente da fare. Nulla accade per caso. E anche un suc cesso può diventare un problema.

Centoquattro

Più tardi. Alessandro guarda l'orologio. Sono le venti e trenta. Com'è volato il tempo... quando stai bene, quando sei felice, passa in un attimo. A volte invece sembra non volerne sapere. Be, basta. Ho lavorato troppo. E poi il più è fatto. Abbiamo vinto e soprattutto resto a Roma. Alessandro raccoglie un po diJ |

carte, le mette in una cartellina e le infila nella sua borsa. Poi esce dal suo ufficio, attraversa il corridoio. Saluta qualche collega che sta ancora lavorando.

"Ciao. Buona serata. Complimenti, Alex."

"Grazie!"

Chiama l'ascensore. Arriva, ci entra dentro, spinge il tasto T. Ma, prima che la porta si chiuda, una mano lo blocca.

"Sto andando via anch'io."

È Marcelle Entra nell'ascensore e si mette vicino a lui.

"Ciao." Alessandro spinge il tasto e le porte si chiudono.

"Allora, complimenti, Alex... ce l'hai fatta."

"Già. Non credevo."

"Oh, non lo so se è vero... mi sei sempre sembrato così sicuro... o era quello che volevi farmi credere?"

Alessandro lo guarda. Certo... essere sempre tranquilli, sereni, avere il controllo della situazione. Anche quando ti manca il terreno sotto i piedi. Gli sorride. "Decidi tu, Marcello..."

"Era la risposta che mi aspettavo. A volte il lavoro è come una partita di poker. O si ha il punto, o lo si fa credere. L'importante è saper bluffare."

"Già, oppure essere serviti fin dall'inizio e fingere di non avere niente in mano. Però questa volta avevo un poker."

"Sì, sei stato fortunato."

"No, mi dispiace, Marcelle La fortuna è il nome che si da al successo altrui. Io ho cambiato le carte e ho vinto la partita. Non sono stato fortunato, sono stato bravo."

"Sai, ho letto una frase molto bella di Simon Bolivar: "L'arte di vincere la si impara nelle sconfitte""

"E io ne ho letta una di Churchill: "II successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo" Mi sembri giovane e ancora abbastanza entusiasta."

Marcello rimane in silenzio. Poi lo guarda e sorride. "Hai ragione. Sei stato bravo e hai vinto questa partita, magari però

ne ho vinte altre. Andrò a Lugano. E poi Roma mi ha dato tutto quello che potevo avere. E quello che avevo stava ini ziando ad annoiarmi."

Arrivati al piano terra le porte dell'ascensore si aprono. Ales sandro mette la mano avanti, invitandolo a uscire per primo.

"Che strano, io quando perdo a calciotto penso sempre che sono gli altri che non corrono. Il problema è che lo pensano anche gli altri di me. Così alla fine la verità è un'altra. "A volte

vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mol lato." Jim Morrison. Ci vediamo, Marcello."

Alessandro se ne va. Sorridente, lasciandolo così, con quei suoi anni in meno e una sconfitta in più.

Centocinque

I giorni successivi sono pieni di allegria. Quella felicità che è data dall'equilibrio, dall'essere sereni, dal non cercare più niente oltre quello che si ha.

Alessandro e Niki studiano insieme, leggono libri, riposano, ripassano. Alessandro si ritrova improvvisamente tra quei banchi di scuola e si accorge di non ricordare nulla di quello che ha tanto studiato. Poi la interroga e rimane sorpreso.

"Ma allora studiavi sul serio quando dicevi che stavi a casa..."

"E certo! Voglio essere anch'io matura..."

"Come me?"

"Sì, che a momenti caschi dall'albero..."

E ridere e scherzare e perdersi nel sesso e ritrovarsi nell'amore.

E seduti sul divano, lui con il computer a lavorare, lei con l'evidenziatore a sottolineare...

E cene tranquille e musica. Alessandro va allo stereo e mette la ballata n. in sol minore op. di Frederic Chopin. Passa Niki che lo leva e mette Beyoncé. Alessandro ritorna dallo studio e mette di nuovo il suo pezzo classico. Ripassa Niki e rimette Beyoncé. Alla fine si ritrovano allo stereo a fare pace.

"Allora, Niki non litighiamo... Facciamo una cosa. Ascoltiamo questo." E mette Transfiguration di Henry Jackman.

"Ehi, forte questo, Alex... Sembra quello che senti sempre tu... Bach no?"

E poi un dvd, un film che si è perso, che si è già visto ma non insieme, che è comunque piaciuto tanto a tutti e due. Il gladia tore, Complice la notte, Notting UHI, Lost In Translation, Vi pre sento Joe Black, e ancora Taxi Driver, e poi Ultimo tango a Parigi e Closer e Pretty Woman. Dalle stelle alle stalle. E non necessa riamente nel verso giusto.

E poi un cocktail buffo, una macedonia pazza, un'insalata inventata... una belga, con mais, paté de fois gras, pinoli, noci, aceto balsamico. E un'altra ancora più pazza, con pezzetti di arance siciliane, uva passa, finocchio e la cappuccina. E un vino freddo vicino, un Sauvignon scelto a caso e messo in freezer un'ora prima, ora perfetto, come le ore dell'amore. E ogni secondo che rintocca è un bacio che segna il tempo, è una tacca a ricordare che quell'attimo non è andato perso. IStudiare di notte, ripassare di giorno con le amiche, mentre

Ilui è in ufficio a preparare la campagna. E poi a pranzo al

|Pantheon, come due giovani turisti curiosi di Roma ma che non

|hanno tempo di visitare musei, monumenti e chiese parlando

Iinglese. Ma non hanno più dubbi su quella domanda. "Scusi, lei

Imi ama o no?"

"Ora devo studiare..."

"E io devo lavorare..." e ridono... Come dire: non lo so... Però ci sto.

Centosei

Poi quel giorno.

Come un temporale estivo, come una tromba d'aria nella noia di Ostia. Come un allarme di domenica mattina presto, come quando dormi finalmente senza orari e qualcuno ti sveglia. Come quel giorno.

"Alex, ma dove sei?"

"A casa."

"Ma non ce la fai a passare in centro..."

"No... sono indietro, devo consegnare gli ultimi bozzetti dei cartelloni."

"Quindi comunque sei sempre lì con me..." Niki ride.

"Certo."

"Ehi... ti sento strano."

"È che sono indietro."

"Ok, allora io raggiungo le mie amiche. Stasera però devo stare a casa perché è il compleanno di mia madre."

"Ok, ci sentiamo dopo."

Alessandro chiude il telefonino. Poi fa un respiro lungo. Lunghissimo. Che vorrebbe non finisse mai, che lo portasse lontano. Come quel palloncino sfuggito di mano a un bambino davanti a una chiesa. Che si alza verso il cielo. Che procura tristezza. Poi si gira verso di lei.

"Perché sei passata?"

Elena è in piedi in mezzo al salotto. Ha le braccia abbassate. Ha una gonna celeste chiara, come la giacca. Tiene tra le mani

una bellissima borsa ultimo modello. Louis Vuitton. Bianca, con piccole lettere colorate. La tiene giù, verso il basso. E gioca con il manico passandoci le sue piccole unghie, colorate di un bianco pallido. È leggermente abbronzata. E un trucco leggero le fa risaltare il verde degli occhi e quei capelli, tagliati forse da poco, scalati, si adagiano sulle sue spalle.

"Non avevi voglia di vedermi?"

"Avevo voglia di ricevere almeno gli auguri per il mio compleanno."

Elena appoggia la borsa sul tavolo, va a sedersi sul divano di fronte a lui. "Chiamarti quel giorno mi sembrava una di quelle cose che si fanno per forza. Una di quelle cose che fanno le coppie che non hanno il coraggio di dimenticarsi."

Alessandro alza la testa. "E tu hai trovato quel coraggio?"

"No. Lo trovo ora. Mi sei mancato."

Alessandro non dice nulla.

"Mi manchi anche adesso."

"Ma se sono qui..."

"Sei lontano."

Elena si alza e va a sedersi vicino a lui. "E passato così poco tempo per andare già così lontano."

"Non sono lontano, sono qui."

"Sei lontano."

Alessandro si alza dal divano, si mette a camminare per il salotto. "Perché sei scomparsa?"

"Mi hai fatto paura."

Alessandro si gira verso di lei.

"Ti ho fatto paura? E come..."

"Mi hai chiesto di sposarti."

"E ti ho fatto paura? Ti avrebbe dovuto far piacere, farti felice. Ogni donna vorrebbe sentirselo dire dall'uomo che ama."

"Io non sono ogni donna." Elena si alza e gli va vicino. Alessandro si gira e le da le spalle.

Elena lo abbraccia da dietro. "Ma io non ti sono mancata?" e si appoggia con la testa sulla sua spalla. Alessandro chiude gli

occhi, sente il suo profumo. White Musk. Lento si insinua in lui, leggero lo avvolge. Poi come una serpe lo stringe, lo stordisce. Elena lo bacia sul collo.

"Come puoi avermi cancellata, i nostri momenti d'amore, le nostre risate, i nostri weekend, le nostre cene, le nostre feste... le mille cose che ci siamo confessati, promessi. Tutto quello che abbiamo sognato."

E Alessandro chiude gli occhi, li stringe, ancora più forte. E in un attimo rivede tutti quei momenti, così, come un film. Con la loro colonna sonora. Con il loro sorriso. Le loro uscite insieme, le vacanze al mare, il ritorno in macchina di notte quando lei si addormentava... E lui l'amava. Alessandro si ritrova a sorridere. Elena allora lo abbraccia più forte, gli cinge la vita con le mani, si infila sotto la sua giacca. Lo fa girare. Alessandro apre gli occhi. Sono lucidi. E la guarda.

"Perché te ne sei andata..."

"Non pensare a ieri. Sono tornata..." Elena sorride, "... e la mia risposta è sì."

mI

Centosette

Il giorno dopo. Il più difficile.

Alessandro è all'angolo della strada, sotto casa di Niki. Manda un messaggio col cellulare, poi aspetta la risposta. Dopo qualche secondo, veloce come sempre, arriva. E poco dopo la vede uscire di casa dallo specchietto. Si guarda in giro, destra, sinistra, poi Niki vede l'auto di Alessandro e corre verso di lui, allegra come sempre. Forse di più. Alessandro sente una stretta al cuore. Chiude gli occhi. E quando li riapre Niki è già lì. Apre lo sportello e si tuffa dentro la Mercedes.

"Ciao!" E si getta sopra di lui, lo travolge col suo entusiasmo, lo bacia. Alessandro sorride. Ma è un sorriso diverso dal solito. Calmo. Tranquillo. Per non perdere il controllo della situazione.

"Ma dove sei finito? Ieri ti ho cercato un sacco. Avevi sempre il telefonino spento."

Alessandro evita di guardarla. "Non sai quanto ho dovuto lavorare. Il cellulare era scarico, si è spento da solo e non me ne sono neanche accorto..." Poi la guarda. Cerca di sorridere di nuovo. Ma qualcosa non funziona. Niki se ne accorge. Si allontana da lui. Si siede meglio sul sedile. Improvvisamente seria.

"Cosa succede, Alex..."

"Niente, non succede niente. Ho solo pensato a tutta la nostra storia. Da quando ci siamo conosciuti fino a oggi..."

"E c'è stato qualcosa che non è andato bene? Non sei stato bene? Dimmi se ho sbagliato qualcosa..."

"Tu non hai sbagliato niente."

"E allora cosa..."

"E sbagliata la situazione."

"Ma è sempre per quel problema d'età, la differenza... tanto lo sapevo che prima o poi me lo avresti ritirato fuori. Allora mi sono preparata." Niki tira fuori un altro foglietto dalla tasca dei pantaloni.

"Allora... Siccome quello dove l'uomo è molto più grande non ti bastava, ti voglio dire un altro po di nomi che ho trovato di coppie in cui gli uomini sono molto più piccoli delle donne... Eccolo qua, eh... Melanie Griffith e Antonio Banderas, Joan Collins e Percy Gibson, Madonna e Guy Ritchie... Demi Moore e Ashton Kutcher, Gwyneth Paltrow e Chris Martin... e vanno bene per tutti, per tutto il mondo... E nessuno trova nulla di sbagliato in questo."

"No, forse sono io a essere sbagliato..."

"Ma sbagliato in cosa? Hai paura che non possa andare? Ma proviamoci no, anzi, ci stiamo già provando... Non portare sfiga! L'hai detto anche tu milioni di volte... lo scopriremo solo vivendo. Ora che fai, rinneghi il tuo Lucio?"

Alessandro sorride. "No, Niki, questo mai, ma è una canzone."

"E allora?"

"Questa invece è vita."

"Che può essere più bella di una canzone."

"Quando si hanno diciotto anni..."

"Come la fai pesante..."

"No, Niki, sul serio. Ci ho pensato tutta la notte, non può andare. Te l'ho già detto, non mi mettere in difficoltà."

Niki rimane in silenzio, lo guarda. "Ti ho dimostrato amore, mi sono messa in gioco, per tutto e contro tutti. Non puoi dirmi questo. Non sei corretto. Le cose finiscono quando hanno una ragione per finire, un motivo valido. Tu hai un motivo valido?"

Alessandro la guarda. Vorrebbe dirle qualcosa in più. Ma non ci riesce. "No. Non ho un motivo valido. Ma non ne ho neanche uno per rimanere con te."

m

Silenzio. Niki lo guarda. È come se improvvisamente le fosse crollato il mondo addosso. "Sul serio? Sul serio non ce l'hai..."

Alessandro resta in silenzio.

"Allora questo è il motivo più valido di tutti."

Niki scende dalla Mercedes, si allontana senza girarsi indietro e scompare improvvisamente così com'era apparsa. Silenzio. Un po di silenzio. E quella difficoltà. Il non averle detto. E allora quel silenzio è come un boato. Alessandro mette in moto e si allontana.

Niki continua a camminare. Ma si sente morire. Non riesce a fermare le lacrime che cominciano a scenderle veloci. Vorrebbe non singhiozzare, ma non ce la fa. Non ci riesce. E la strada sembra silenziosa. E tutto sembra silenzioso. Troppo silenzioso. Una parte del suo cuore si è spenta. Un vuoto enorme improvvisamente appare dentro di lei. Ed echi lontani della voce di lui, le sue risate, le sue parole allegre e momenti e passione e desiderio e sogno. Puff. Tutto svanito in un attimo. Più niente. Solo quell'unica frase: "Non ho un motivo valido per rimanere con te". Pum. Un'anatra all'alba e un colpo di fucile. Un vetro smerigliato e un'improvvisa sassata. Un bambino in bicicletta che cade con le mani avanti e se le sbuccia. Dolore. Ecco. Per colpa sua. Voler stare insieme al ragioniere dei sentimenti, il contabile dell'amore, l'abile commercialista che riesce a farti risparmiare un sorriso. Che tristezza. Era così l'uomo che amavo? Niki arriva al portone. Lo apre ed entra. Cammina lungo il corridoio come una giovane zombie senza vita.

Simona esce dalla cucina. Sta portando il piatto della pasta a tavola.

"Ah, eccoti, ma dov'eri finita? Vieni, forza che mangiamo, siamo tutti a tavola."

"No, mamma, scusami, ho mal di pancia..." ed entra in camera sua, chiude la porta e si stende sul letto. Abbraccia il cuscino. Piange. Per fortuna sua madre l'ha vista solo di schiena, altrimenti avrebbe capito subito qual era il suo vero

problema. Mal d'amore. E non si guarisce tanto facilmente. E ioti ci sono medicine. Né rimedi. Non si sa quando passa. Non d sa nemmeno quanto fa male. Fa bene solo il tempo. E tanto. Perché più è stata grande la bellezza di un amore, tanto più sarà unga la sofferenza quando questo finisce. Come in matematica: grandezze direttamente proporzionali. Matematica sentimentale. E Niki purtroppo in questa materia ora potrebbe prendere dieci.

m

Centootto

Onde riunite. Ma c'è burrasca.

"Ve l'avevo detto io... Era troppo perfetto! Romantic sognatore, generoso, divertente... Educato in tutto e per tutt Ma dai! Per forza che ci doveva essere sotto la fregatura..."

Olly si butta sul letto della madre, convinta delle sue aff< mazioni.

Erica e Diletta scuotono la testa. "Ma che dici! Ma pere pensi di sapere sempre tutto su questo argomento..."

"Perché lo so..."

"Cioè solo perché non ti piaceva, non è detto che i andava bene..."

"A parte che non era male... Ma non ci posso far nient me 'sto Alex non mi ha mai convinto..."

Niki, seduta sulla poltrona lì vicino, sta con il viso pogg tra le mani. È distrutta, segue sconsolata questa discuss delle sue amiche sulla sua storia d'amore. Guarda Olly a di poi Diletta ed Erica a sinistra e di nuovo Olly. Come se seg una di quelle appassionanti partite di tennis degli Intern nali... Solo che qui l'unica tennista già sconfitta è proprio

Olly si siede con le gambe incrociate sul letto.

"Ma che state dicendo... Prima era tutto innamor poi... Puff, improvvisamente scompare! Non è strano? ' una ragione, un perché, niente... Ve lo dico io perché... ( un'altra o peggio è tornata alla carica la sua ex! E non : quanto vorrei sbagliarmi..."

Diletta si alza in piedi.

"E infatti io sono sicura che ti sbagli!"

Olly ride. "Sì sì, certo, come no... Proprio tu che ancora non sei mai andata a letto con nessuno..."

"Ma perché scusa, se avevo già scopato ne capivo di più degli uomini?"

"Be, intanto iniziavi a orientarti un minimo... E facile così, no?... Te ne stai qui a sputare sentenze senza mai aver provato il prodotto. Per esempio... Niki, scusa se te lo chiedo, eh? Come andava a sesso tra di voi?"

Niki sorride sconsolata. "Mi dispiace... Perfetto, sublime, meraviglioso, surreale... Non so, non riesco a trovare parole migliori che rendano l'idea... Ci stavo da sogno."

"Visto... Ha un'altra."

"Ma che dici, porta sfiga che non sei altro..."

"Sentite, possiamo starci fino alla maturità a discutere di questo dilemma... Non ci sono soluzioni."

Niki fa segno di sì con la testa. "Ha ragione. Credo che l'u nica vera risposta ce la possa dare solo lui..."

Proprio in quel momento si apre la porta della stanza.

"Olly! Ma che state facendo?"

Olly si alza dal letto non mostrandosi per niente sorpresa. "Mamma, forse ti dimentichi che noi quest'anno abbiamo la maturità..." Poi sorride alle amiche. "Stavamo studiando..."

"Ma dovete studiare proprio nella mia camera da letto!"

"Ci porta bene studiare qui..." Poi sottovoce alle amiche "II nemico...". Ed escono tirandosi dietro Niki, spingendola, cer cando di farla ridere, salutando la mamma di Olly educate e sorridenti, pronte di nuovo a sfidare il mondo.

L

Centonove

Passano i minuti. Passano le ore. Passa qualche giorno. Ha letto di tutto. Ha fatto di tutto. Ma è così difficile sfuggire al proprio silenzio. Lo dice anche un saggio giapponese: puoi sfuggire il rumore del fiume e delle foglie al vento, ma il vero rumore è dentro di te. E poi a Niki non gliene frega niente di andare bene in quella materia. Anzi, vorrebbe tanto essere bocciata in matematica sentimentale. E così bussa alla porta.

"Avanti!"

"Ciao, Andrea."

"Niki! Ma che bella sorpresa! Solo che i cartelloni non sono ancora pronti... Sei diventata una modella strapagata! Sarai famosa in tutto il mondo!"

Niki lo guarda e scuote la testa. Già... ma non sono famosa per l'uomo che amo... Vorrebbe tanto dirlo ma sta zitta. Invece fa un sorriso.

"Stupido... sai dov'è Alex? La sua segretaria mi ha detto che non è nel suo ufficio."

"No. Credo che sia sceso. Forse è al bar qui di fronte. Non so."

"Ok, grazie... ci vediamo."

Andrea Soldini guarda Niki che prende l'ascensore. Poverina, sta sotto un treno, mentre Alessandro sta proprio al bar qui sotto. Ma sono molte altre le cose che Andrea sa. A volte però conviene essere ignoranti.

Niki esce dal portone, cammina lungo il marciapiede. Dal

l'altra parte della strada vede parcheggiata la Mercedes. Ecco, la macchina è lì. Forse sta sul serio al bar. Niki si avvicina alla vetrata e guarda dentro. All'ultimo tavolo in fondo, davanti alla sua spremuta, c'è Alessandro. Lo vede parlare divertito, chiacchierare e sorridere con quella ragazza seduta di fronte a lui. Ogni tanto le tocca la mano.

"Hai capito, mi vogliono dare subito un altro progetto e non posso rinunciare..."

"Ma avevamo detto ai Merini che facevamo un viaggio insieme a loro."

"Lo so, magari non la prima, ma l'ultima settimana di luglio. Oppure facciamo ad agosto!" Ma proprio in quel momento Alessandro la vede. Riflessa nello specchio del bancone. Niki è lì, davanti alla vetrata. Alessandro si scusa. "Perdonami, devo andare a controllare un attimo una cosa fuori..."

"Vai, vai, io intanto faccio una telefonata." Elena non si è accorta di niente. Alessandro si alza ed esce dal locale.

"Ciao..." Alessandro si sposta un po per essere fuori dalla vista del locale. "Che ci fai qui?"

"Ero venuta a cercarti in ufficio... poi ti ho visto qui. Mano nella mano con quella ragazza." Niki indica Elena dentro al bar che parla al telefonino. Poi guarda di nuovo Alessandro e sorride. "Pensa che stavo per sfondarti di nuovo la macchina."

Alessandro rimane in silenzio. Niki cerca timorosa i suoi occhi.

"È l'altra tua sorella, vero?"

"No."

"E chi è?"

Alessandro continua a rimanere in silenzio.

"È quella che voleva arredarti casa?"

"Sì."

Niki ride amara. "E mi dicevi che non c'era un valido motivo per rimanere con me... mi hai fatto sentire una nullità, mi hai fatto credere che io non ero stata all'altezza, che ero io a non andare bene. Mi hai fatto mettere in discussione tutta me stessa. Mi hai fatto sentire insicura come non mai... Sono stata giorni

I

interi a pensare, a sperare... Mi sono detta: magari alla fine accetterà quello che non andava di me, qualunque cosa io ho fatto o detto di sbagliato... Oppure ancora peggio, qualunque cosa io non ho fatto e che lui si aspettava da me... Mi sono sen tita sola come non mai. Senza un perché. Piena di tanti dubbi. E tu invece... sapevi tutto. Ma allora perché non mi hai detto subito che era tornata? Perché?... L'avrei capito, avrei accettato tutto più facilmente."

"Mi dispiace."

"No. Alex, me lo hai fatto vedere proprio tu quel film... amore è non dover mai dire mi dispiace. E vorrei aggiungerne una... è anche saper dire quanto sei stronzo."

Alessandro continua a rimanere in silenzio.

"Non dici niente. E certo, in certe situazioni è molto più facile stare zitti... be, allora te la dico io una cosa. Tra un po io avrò la maturità. Certo sto male, non sto riuscendo a studiare, ma forse la prenderò. Ce la voglio fare. Invece vorrei tanto sapere quando tu prenderai la tua maturità... Sai, Alex, in tutti questi mesi tu mi hai riempito di regali ma alla fine ti sei ripreso il più bello. La mia favola."

E si allontana così, sale sul suo motorino e alla fine scuote la testa e sorride pure. Perché questa è Niki.

Centodieci

E quando da Alaska arriva Niki, le amiche non hanno dubbi. Anche perché lei scoppia a piangere. Allora tutte l'abbracciano. E Olly guarda Diletta. Poi Erica. Ma non segna nessun punto. Chiude gli occhi. Si morde il labbro. E si dispiace da morire di aver avuto ragione. E tutte cercano di farla ridere e le offrono un gelato e parlano di altro e cercano di distrarla. Ma Niki si dispera. Non se lo sarebbe mai aspettato. Questo no. Sul serio.

"Cioè mi potevo immaginare tutto, vi giuro tutto... ma non questo. È tornato con quella con cui stava. Cioè... è finita."

E quel pomeriggio stesso Olly decide di fare una follia. In fondo le possibilità non le mancano.

"Niki, scendi!" Urlano tutte insieme. E poi proprio lei, Olly, la grande organizzatrice, si infila nella macchina e suona il clacson come impazzita. "Po po po..."

Niki si affaccia dalla finestra.

"Ma che succede? Che è questo casino?"

"Muoviti, ti stiamo aspettando!"

Niki vede la macchina. Poi le sue amiche. "Non mi va di scendere."

"Non hai capito... Saliamo su e ti smontiamo casa."

"Sì, e io mi faccio tuo padre!"

"Zitta Olly! ! Ok scendo. Piantatela di fare casino!" E in un attimo è giù. Corre curiosa verso quella Bentley ultimo modello.

"Ma che fate?"

"Abbiamo organizzato una giornata ad hoc per te... Per noi, per me... Insomma perché mi va, forza!"

Olly spinge Niki nella macchina. E partono così con l'autista, una ragazza di trent'anni di nome Samantha che sorride e mette la prima.

"Dove mi ha detto lei... Olly?"

"Sì, grazie..." poi rivolta a Niki, "allora ci ho pensato bene su... Noi Onde non dobbiamo permettere a nessun Alex o altro uomo che sia di farci versare una lacrima per lui! È chiaro?"

E alza la musica del ed che aveva appena infilato. Le Scissor Sisters inondano la macchina. Don't FeelLike Danari. E cantano anche loro e ballano e ridono e fanno casino. Trascinano Niki spingendola, tirandola, scapigliandola pur di farla ridere. E perfino Samantha sorride e si diverte con quelle quattro pazze così affamate di felicità.

"Arrivate."

"Bene, forza, ragazze, scendete... Prima tappa qui alla Spa dell'Hilton. Già tutto riservato, fissato e soprattutto pagato... Forza entrate, Onde!"

Olly le spinge all'interno della Spa, in quello strano tempio in stile romano. Poco dopo sono tutte e quattro con solo dei grossi asciugamani intorno alla vita. Olly fa da guida.

"Vedete qui... sono circa duemila metri quadrati di puro piacere, certo, non di quello che vorrei io... però ci si può stare."

E in un attimo tutte si lasciano andare. Abbandonate in quella piscina interna riscaldata, a guardare attraverso quella cupola di vetro delle nuvole che passano leggere. A ridere, a chiacchierare. Poi sotto una cascata svedese, e un idromassaggio e una passeggiata in vasche di pietre calde.

"E ora Chocolate Therapy!"

"Cioè?"

"È quella che va tanto di moda adesso..."

"Uhm, buono il cioccolato..."

"Ma mica te lo devi mangiare! È lui che si mangia il tuo stress..."

Erica si tocca il sedere, stringendosi un po la coscia.

"E qui? Qui ci pensa lui a mangiarsi qualcosa?"

"Ah no, per quello devi fare un trattamento ayurve

ico..."

"Cioè?"

"Già, che sono?"

Olly sorride.

"Sono dei trattamenti che risalgono all'arte indiana iniziata inquemila anni fa. E per quel problema che ti preoccupa anto... dovresti fare un garsha... Ma è ancora presto, non hai in filo di cellulite!"

"Secondo me tu hai qualche quota in questa Spa, ne sai

roppe..."

"Macché, ho mia madre che ha praticamente provato di utto e di più... ma con scarsi risultati, solo che me lo racconta jraticamente ogni giorno!"

E poi più tardi di nuovo in macchina con Samantha, verso jna nuova avventura.

La macchina posteggia all'entrata del Parco di Veio. Olly, Niki, Diletta ed Erica si incamminano per un piccolo sentiero nel verde di quel bosco. Tra siepi di bosso, pini, palme. E un prato all'inglese, perfettamente curato, con delle luci soffici, nascoste e una musica bassa che danza tra il leggero frusciare di quelle piante inchinate a quel tiepido vento estivo.

"E qui cosa c'è?"

"Si chiama tete à tete..."

"Cioè?"

"È un piccolo ristorante che ha un tavolo e una cucina esclusivissima solo per due persone..."

"Ma noi siamo in quattro!"

"Ho fatto fare uno strappo alla regola!"

Le Onde si siedono a tavola e vengono accolte e ricevute da uno staff di camerieri. E leggono subito il menu e parlano divertite di quegli straordinari piatti. Olly chiede un ottimo vino a un maitre discreto che è apparso all'improvviso vicino a quel tavolo. E poi ordinano e mangiano con piacere, navigano tra piatti ita

liani, e quelli francesi, e qualcosa di cinese e perfino un piatto arabo.

"No, vi prego... Questo proprio no. Con tutta la buona volontà ma non ce la faccio... Non ordiniamo niente di giapponese... Eh?!"

Niki ride. E tutte ridono. E un po di quel dolore è stato esorcizzato. "Pensate che se uno viene qui in compagnia... Be, dopo cena nel parco... ci si può anche fermare in un delizioso e romantico bungalow..."

"Ma dai... Wow!"

"Be, forte..."

"Io ci lascerei Olly..."

"Sì, che così te lo smonta..."

"Io invece lo prenderei in affitto e ci metterei dentro Diletta... Poi le mandiamo ogni giorno uno diverso all'ora della visita... e se non succede qualcosa non esce più..."

"Sì, una prigione erotica al contrario..."

Diletta le guarda altezzosa. "Io resisterei comunque..."

Poi arrivano uno dopo l'altro diversi camerieri, le invitano ad alzarsi e iniziano ad abbracciarle. Olly, Diletta, Erica e Niki si guardano sbigottite.

"Ma che succede? Che fanno?"

"Boh, non so proprio..."

"Oh, ma vuoi vedere che hanno sentito i nostri discorsi?"

"A Dilè, approfittane va..."

Si avvicina il maitre.

"Scusate, ma stiamo lanciando questa iniziativa, questi sono i "free hug", gli abbracci liberi... È la terapia contro la solitudine, la malinconia, la noia, la depressione e la tristezza..."

"Ma che, ci state prendendo in giro?"

"Assolutamente no. È stata lanciata a settembre in Australia e ripresa in molte altre città italiane, la prima è stata Genova con Rene Andreani. Noi siamo dei "freehugger", dei liberi abbracciatori... Ci farà molto piacere se anche voi porterete avanti questa iniziativa..."

Olly sorride.

"Io sono già dei vostri... Lo possono testimoniare anche le mie amiche... ma io sono assolutamente da sempre convinta della grande forza dei free hug, ecco, sì, insomma di questi abbracci liberi... Certo, magari mi sembra anche più utile a volte, come dire, non essere superficiale, andare un po più a fondo... E soprattutto scegliere come dire... l'abbraccio "giusto", ma alla fine questi sono solo dei piccoli dettagli..."

E poco dopo sono di nuovo nella Bentley per un ultimo divertente e incredibile appuntamento.

"Non ci credo..."

"E non ci credere..."

"Guarda un po..."

Entrano in quella piccola sala dell'ultimo piano del Grand Hotel Eden. E invece è vero. Vasco Rossi è proprio lì.

"Ora ci credi?"

"Ma non è possibile..."

"Questo è l'after show, uno spazio dove rilassarsi dopo il concerto. Per sole cinquanta persone e noi siamo tra queste..."

"Ma come hai fatto, Olly?"

"Conoscevo uno dei bodyguard... Un "abbraccio libero" molto significativo..."

"Olly!"

"Ma dai, ragazze, stavo scherzando... Voi avete una pessima opinione di me... Ma io ormai lo faccio apposta, sono entrata nel ruolo... Ma dove è la verità, dove la bugia? A saperlo..."

E si allontana così con le amiche allegre, divertite, che guardano il loro idolo passare tra i tavoli, cantare un pezzo di canzone, bere un bicchiere di qualcosa e ridere poi proprio con loro. Vasco. Vasco che manda un messaggio con il suo telefonino verso le stelle, chissà quali parole e per chi... Vasco con quella voce un po roca. Ma piena di racconti, di storie, di delusioni, di sogni e amore. Quella stessa voce che ti ha suggerito di non cercare un senso a questa vita. Anche perché questa vita un senso non ce l'ha.

L

E Olly le guarda da lontano. Vede le sue amiche chiacchierare curiose, chiedere informazioni, non smettere di parlare con lui. Niki sorride. Si sistema i capelli. E fa un'altra domanda. Ora è finalmente distratta, è curiosa, è tranquilla, pensa ad altro. Olly sorride. È felice che lei sia felice. Anche perché si sente un po meno in colpa per quello che lei ha fatto.

Centoundici

L'uomo si adatta a tutto. Supera dolori, chiude storie, ricomincia, dimentica, finisce perfino per annacquare grandi passioni. Ma a volte basta un niente per capire che quella porta non è mai stata chiusa a chiave. Alessandro rientra a casa, appoggia la borsa sul tavolo.

"Elena, ci sei?"

"Eccomi, Alex, sono qui!" Elena arriva frettolosa e gli da un bacio alla stessa velocità. Poi si dirige verso il bagno. "Scusami, ma sto mettendo a posto delle cose che ho comprato..."

Alessandro si leva la giacca e la posa sulla spalliera della sedia. Poi va verso la cucina, prende un bicchiere, la bottiglia del vino bianco in frigo e se ne versa un po. Elena ricompare poco dopo.

"Alex, non sai che mi è successo oggi. Stavo cercando di sistemare un po casa, no..."

"Sì..."

"Volevo fare un po di ordine. A proposito, sei sicuro che quella strana scultura, II palo e l'onda..."

" mare e lo scoglio. Be?"

"No, dicevo, sei sicuro che la vuoi ancora tenere?"

"Ma me l'hai fatta mettere in terrazza, ti da fastidio anche lì?"

"No, ma non è fastidio, è che non c'entra nulla con lo stile di tutte le altre cose."

"Ma è una scultura!"

i

"Oh, dimmi una cosa... Ma l'hai pagata tanto? Perché se no la teniamo, se l'hai pagata tanto..."

Alessandro non può certo dire che è un regalo. "Sì... ti dico solo che la sto ancora pagando..."

"Allora magari la rimettiamo in salotto. Comunque ti stavo raccontando... allora facevo un po d'ordine per casa, quando mi viene in mente che dovevano arrivare ancora un sacco di mobili per il salotto. Ho chiamato la fabbrica e ho parlato con Sergio, te lo ricordi quel commesso?"

E certo che me lo ricordo. Ma chi glielo dice. Elena lo vede vago e continua.

"Va be, non fa niente... Allora, ti dico... Ho fatto una litigata, ma una litigata... cioè, abbiamo urlato per più di un'ora. Ma ti pare che sono passati tutti questi mesi e ancora non ci hanno consegnato niente... e lo sai come si è giustificato il commesso? Pensa che bugiardo, ha detto che tu hai disdetto tutto."

Alessandro finisce di bere il vino e quasi si strozza. Elena continua combattiva. "Ma ti rendi conto... Ma a me non me n'è fregato nulla, mi è venuto il sangue alla testa. Allora sai che gli ho detto? Ah sì? Bene, allora li disdico sul serio."

Alessandro fa un respiro lungo, quasi di sollievo. Elena gli si avvicina. "Che c'è? Ti sei arrabbiato? Forse non dovevo farlo, prima ne dovevamo parlare magari... ma mi ha preso un nervoso, ma un nervoso... non mi va di essere presa in giro. Poi se proprio li volevi, li ordiniamo di nuovo tutti, ma da un'altra parte..."

Alessandro fa un sospiro, si lascia cadere sul divano e accende la tv.

"Come hai fatto tu, hai fatto benissimo..." Elena si mette davanti al televisore, con le gambe larghe e le mani sui fianchi. "Ma che fai?"

"Vedo se c'è un bel film."

"Ma che, stai scherzando? Ci stanno aspettando all'Osteria del Pesce... dai, ci sono Pietro e gli altri e anche due nuove coppie di amici. Siamo già in ritardo. Vatti a preparare!"

Alessandro spegne la tv, si alza e va in camera. Apre l'armadio. È indeciso. Camicia bianca o nera. Alla fine sorride. È così bello quando c'è la via di mezzo. E si infila senza problemi quella grigia.

^

Centododici

Più tardi al ristorante.

"Guardi, ci porti un po di antipasti misti freddi e caldi."

"Anche qualche crudo?"

"Sì, bravo, se ci sono i gamberi poi... e poi un po di carpaccio di pesce spada e di spigola..."

Il cameriere si allontana proprio quando arrivano Elena e Alessandro.

"Eccoci qua, ciao a tutti!"

"Allora, che ci raccontate di bello?"

Elena si siede subito in mezzo a Susanna e Cristina. "Allora, vi dico subito che ho comprato lo spolverino estivo da Scervino che è una favola..."

Camilla la guarda curiosa. "E quanto l'hai pagato?"

"Una sciocchezza... milleduecento euro, sembra tanto, ma ha offerto Alex, ha avuto la promozione, possiamo esagerare."

"Allora mi sembra pochissimo..." e tutti ridono, continuano a chiacchierare di nuovi locali, di amiche tradite, di un nuovo parrucchiere, di uno che ha chiuso, di una cameriera di Capo Verde che canta per casa, di un'altra, filippina, che si alza sempre troppo tardi, e di una peruviana invece che cucina in modo perfetto. "Ah, ma le cameriere italiane sono imbattibili. Solo che non si trovano più. Io per esempio avevo la mia tata... be, non sai come cucinava..."

E ricordi lontani. E piano piano Alessandro l'ascolta, segue quella strada. E poi si perde. Indietro nel tempo. Non molto.

Parigi. La vede correre per le strade, mangiare in qualche pic:olo ristorantino dalla lingua francese, tanta confusione in neno e una nota in più. Lei. Niki. Cosa starà facendo adesso. Messandro guarda l'ora. Starà studiando. Ha la maturità. Manderà qualche giorno. E la immagina a casa in camera sua, quella camera che ha visto solo di sfuggita quando è stato per un attimo un promotore finanziario. Alessandro ride tra sé. Ma Pietro se ne accorge.

"Avete visto? Alex sta sorridendo. Quindi è d'accordo con me..." Alessandro rientra subito nella realtà. Adesso. Lì. Come risucchiato. Purtroppo. "Eh, certo... certo."

Elena interviene guardandolo esterrefatta. "Ma certo cosa? Pietro stava dicendo che ogni tanto fa bene tradire perché migliora il rapporto sessuale della coppia sposata..."

"E io dicevo certo, certo... per voi che non avete più un buon rapporto... ma non mi hai fatto finire."

Elena si tranquillizza. "Ah, ecco..."

Enrico si alza. "Be, tocca a noi... si va a fumare." Anche gli altri uomini si alzano e riescono tutti fuori. Pietro si avvicina ad Alessandro. "Oh, non c'è niente da fare, eh, te la cavi sempre

tu..."

"Be, perché ormai sono preparato... tu tanto fai sempre soliti discorsi, cerchi di giustificare in qualche modo l'extra

sesso..."

"Macché, non dico quello... Chissà a cosa stavi pensando in

realtà..."

Interviene Enrico. "Te lo dico io a cosa stava pensando...

alla giovane ragazza, all'amica sua..."

"Ah... Quella non ha bisogno di essere tradita... Lei e le sue amiche ti riducono in polpette, ti stropicciano così tanto che non ce la fai proprio fisicamente a tradirle."

Alessandro rimane in silenzio. Pietro torna alla carica,

curioso.

"Piuttosto, l'hai più sentita, l'hai più vista? Quella secondo me accetta di vederti anche se sei nella tua situazione, con Elena, dai retta a me..."

Alessandro lo spinge. Poi sorride. "Ma chi? Non so proprio di chi parli..."

"Sì, non sai di chi parlo... La ragazza dei gelsomini."

Anche Enrico da una spinta a Pietro. "E dai, piantala! Guarda..." E poi indica con lo sguardo l'altra coppia di loro amici che sta un po più in là. Stanno chiacchierando allegramente. "Ma chi, quelli? Ma mica ci sentono... e anche se sentissero, non lo direbbero mai. Non gli converrebbe. Forse non l'avete capito. Qui il più pulito... c'ha la rogna."

Enrico butta la sigaretta. "Va be, dai, io rientro."

"Ok, anche noi... Che fate, venite?" Anche gli altri due amici un po più in là buttano la sigaretta e tutti rientrano nel ristorante. Le donne, vedendoli tornare, si alzano a loro volta.

"Cambio ! "

Poco dopo sono tutte fuori. Elena si avvicina alla nuova coppia di amiche. "Allora, c'eravate già state in questo ristorante? Avete visto come si mangia bene ! "

"Oh, sì, sul serio..." e cominciano a chiacchierare tra loro. Poco più in là Cristina si avvicina a Susanna, e guarda verso di loro. "Ecco, Elena mi sembra felice e contenta, quindi ho ragione io... lui non le ha detto assolutamente nulla."

"Ma magari lui gliel'ha detto, lei ci sta male ma non lo fa notare..."

Susanna scuote la testa. "Ma non sarebbe capace. Elena parla tanto, fa così, sembra una casinara, ma in realtà è molto sensibile..."

"Mi dispiace ma non avete capito niente." Camilla si avvicina e le guarda come se fossero delle sprovvedute. Sorride. "Abbiamo degli amici in comune, io ed Elena. Vi assicuro che è l'attrice più brava che io abbia mai incontrato." E così dicendo scuote la testa e butta in terra la sigaretta. "Be, io rientro, magari sono arrivati i secondi."

E dopo i secondi, arrivano i dessert. E poi la frutta e il caffè, e una grappa e un amaro. Tutto sembra prendere lo stesso passo di sempre. Tum. Lo stesso ritmo. Tum. Tum. Le stesse chiacchiere. Tum. Tum. Tum. E improvvisamente tutto rallenta. E

sembra tremendamente inutile. Alessandro li guarda, si guarda in giro. Vede tutti che parlano, gente che ride, camerieri che si muovono. Tanto rumore ma nessun vero rumore. Silenzio. E come se galleggiasse, come se gli mancasse qualcosa. Tutto. E Alessandro capisce. Non c'è più. Non c'è quel motore, quello vero, quello che fa andare avanti tutto, che ti fa vedere le caz zate della gente, la stupidità, la cattiveria, e tante altre cose e molto di più ma con il giusto distacco. Quel motore che ti da forza, rabbia, determinazione. Quel motore che ti da il motivo per tornare a casa, per cercare un altro grande successo, per lavorare, stancarti, faticare, per raggiungere il traguardo finale. Quel motore che poi decide di farti riposare proprio tra le sue braccia. Facile. Magico. Perfetto. Quel motore amore.

Centotredici

I giorni passano lenti, uno dopo l'altro, senza essere diversi. Quei giorni strani dei quali uno non si ricorda neanche la data. Quando per un attimo capisci che non stai più vivendo. Ti sta capitando la cosa peggiore. Stai sopravvivendo. E forse può ancora non essere tardi.

Poi una sera. Quella sera. Improvvisamente. Di nuovo vivere.

"Uffa, che caldo... ma non lo senti anche tu il caldo che fa, Alex?"

Elena si gira verso di lui. Alessandro sta guidando tranquillo ma ha il finestrino aperto a differenza di lei.

"No, fa caldo ma così entra un po d'aria..."

"Ecco... invece potresti chiudere che mi da fastidio. Sono andata oggi pomeriggio dal parrucchiere, così mi spettino... Hai l'aria condizionata, no, usala!"

Alessandro preferisce non discutere. Chiude il finestrino e accende l'aria. Regola il termostato su .

"Ma quanto manca per i Bettaroli?"

"Siamo quasi arrivati."

Elena guarda fuori dal finestrino e vede un fioraio. "Ecco, fermati là, così prendiamo un bouquet, qualcosa, non ci possiamo presentare a mani vuote."

Alessandro si ferma. Elena scende dalla Mercedes e inizia a parlare con un giovane marocchino. Indica dei fiori e chiede i prezzi. Poi, ancora indecisa, opta su un altro mazzo. Alessandro spegne l'aria. Apre il finestrino e accende la radio. E come per

magia finisce un pezzo. E ne inizia un altro. Quello. Shes The One... Alessandro resta lì, appoggiato allo schienale. E un sorriso nostalgico improvvisamente si impadronisce di lui. "When you said what you wanna say... And you know the way you wanna say ità YouU be so high youll be flying... " Continua a cantare Robbie Williams. Ma cosa voglio io... e si ricorda il primo incontro. O meglio, il primo scontro. Lei stesa per terra. Lui che scende preoccupato... Poi lei apre gli occhi. Lo guarda. Sorride. E la musica che continua... "I was her she was me... We were one... we were free." Quel momento. La magia di una notte di mezza estate. Caldo. Freddo. Lentamente il vetro si appanna. E in basso, sul vetro, ricompare un cuore... Quel cuore. E in un attimo è come se Niki lo stesse disegnando di nuovo. Con le sue mani, con il suo sorriso. Come quella volta. Come aveva fatto quel giorno dopo che avevano fatto l'amore. Dopo che aveva messo i piedi sul cruscotto. Dopo che aveva

sbuffato. Allora.

"E dai! Non disegnare sul vetro che poi mi rimane per sempre..."

"Uffa, ma che pesante che sei! E io lo faccio lo stesso...

Brutto."

E aveva riso di nuovo. Poi lo aveva coperto con la mano per non farglielo vedere. E aveva disegnato quel cuore sul vetro. E ci aveva scritto dentro. Eccola. Anche quella scritta riappare. "Alex e Niki... ever." Perché certe cose non si cancellano mai. E ritornano. Come l'alta marea.

Niki e il suo sorriso. Niki e la sua allegria. La sua felicità. La sua voglia di vivere. Niki donna, bambina. Niki. Solo Niki. La ragazza dei gelsomini. Niki motore amore.

Proprio in quel momento Elena rientra in auto.

"Allora ho preso questi... mi sembrano carini. Venivano più di tutti, però almeno facciamo la nostra figura." Alessandro la guarda ma sembra non vederla. Non più.

"Io non vengo alla festa."

"Cosa? Ma come non vieni? Che hai, stai male? E successo qualcosa? Ti sei dimenticato qualcosa a casa?"

"No. Non ti amo più."

Silenzio. Poi la voce. "Ma che significa, cioè che c'entra adesso che non mi ami più... cioè, ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?"

"Sì, me ne rendo perfettamente conto, purtroppo solo adesso. Avrei dovuto dirtelo subito."

Ed Elena comincia a parlare, a parlare, e ancora parlare. Ma Alessandro non sente. Accende il motore. Apre il finestrino. E sorride. Decide che vuoi essere felice fino in fondo. Perché non dovrebbe esserlo... chi glielo vieta? Si gira verso Elena e le sorride. Che problema c'è. È così facile. È così chiaro.

"Amo un'altra."

A quel punto Elena comincia a urlare, Alessandro pur di non sentirla alza la musica. Elena se ne accorge e la spegne di botto. Continua con le sue grida, le sue parole, i suoi insulti. Mentre Alessandro guida tranquillo, guarda avanti e finalmente vede la strada. E non sente ragioni e non sente parole. Non sente neanche le sue urla. Finalmente ascolta solo la musica del suo cuore. Poi si ferma improvvisamente. Elena lo guarda. Non capisce.

"Siamo arrivati a casa dei Bettaroli." Elena scende imbufalita. Sbatte forte lo sportello. Con rabbia. Con una violenza inaudita. Cattiva, quasi lo volesse staccare dalla Mercedes. E Alessandro riparte. Ha tante cose da fare ora. Arriva a casa, si versa un bicchiere di vino, mette un po di musica. Poi apre il computer. Voglio trovare un albergo qua vicino, per stare tranquillo nei prossimi giorni. Poi quando Elena avrà preso tutte le sue cose, tornerò qui. Poi gli prende la curiosità di vedere se qualcuno gli ha scritto. Magari lei. Controlla la posta elettronica. Tre mail. Due sono delle offerte di cialis e viagra e poi una normale. Da un indirizzo che però non conosce: amicovero@hotmail.com. Alessandro incuriosito la apre. Non è un'offerta. È una lettera vera. Di uno sconosciuto.

"Caro Alessandro, so che a volte uno non dovrebbe entrare nella vita degli altri, dovrebbe essere solo un semplice spettatore, soprattutto se non si è in confidenza... ma siccome mi pia

cerebbe essere un tuo amico, sul serio, un tuo 'amico vero, credo che tu sia fondamentalmente buono e che potresti essere condizionato dalla tua bontà nel non fare le scelte giuste. A volte pensiamo alla nostra vita come fosse la risposta che rassi cura gli altri. Facciamo scelte per compiacerli, per sedare i nostri sensi di colpa, per cercare l'approvazione di qualcuno. Senza capire che l'unico modo per fare felici gli altri è scegliere il meglio per noi." Alessandro continua a scorrere la mail, curioso e preoccupato di questa improvvisa incursione nella sua vita. "Quindi, prima che tu possa rinunciare a qualcosa per non ferire qualcuno, vorrei che leggessi questa lettera che ti ho mandato." Alessandro continua a leggere. Ed ecco un'altra let tera. E non è di un amico vero. È di una persona che conosce veramente. E bene. O almeno credeva di conoscere bene. Ma non avrebbe mai potuto sospettare tutto questo. E piano piano non crede ai suoi occhi. Ma parola dopo parola comincia a capire tutto, a spiegarsi finalmente il perché di tante piccole cose che prima gli sembravano assurde.

Centoquattordici

INotte. Notte fonda. Notte di sorprese. Notte assurda. Notte di

fdolce vendetta.

]\Alessandro è seduto in salotto. Sente il rumore delle chiavi

nella serratura. Toglie lo champagne dal secchiello col ghiaccio e se ne versa un po. Rimane seduto, vedendola entrare. Elena poggia la borsa sul tavolo. Alessandro accende la luce. Elena si spaventa.

"Ah, sei sveglio... pensavo te ne fossi andato... o che stessi dormendo."

Alessandro la lascia parlare. Elena poi si ferma e lo guarda negli occhi. Determinata.

"Hai qualcosa da dirmi?"

Alessandro continua tranquillo a sorseggiare lo champagne.

"Bene, allora visto che non hai nulla da dire, parlo io... sei proprio uno stronzo. Perché mi hai fatto..." ed Elena continua a rovesciare una serie di insulti, rabbia, assurdità e cattiverie. Alessandro sorride, lasciandola parlare. Poi all'improvviso prende dal tavolo lì vicino un foglio piegato. E lo apre. Elena si ferma.

"E quello che è?"

"Una mail. Mi è arrivata da qualche giorno. Ma l'ho vista solo stasera purtroppo..."

"E che me ne frega a me..."

"A te forse niente, perché già lo sai. A me molto invece, perché non lo sapevo. Anzi non lo potevo proprio immaginare. Nella mail c'è una tua lettera."

"Mia?"

Elena improvvisamente sbianca.

"Sì, tua. Te la leggo, eh? Se per caso non te la ricordassi... Allora. "Amore mio. Stamattina mi sono svegliata e ti ho sognato. Ero ancora tutta eccitata ripensando a quello che abbiamo fatto. Soprattutto mi eccita da morire pensare che sta rai in riunione con lui. Riesci a passare a mezzogiorno? Ho voglia di..."" Alessandro smette un attimo di leggere. E abbassa il foglio. "Queste le salto perché sono tutta una serie di tue por cate... ecco riprendo da qui. "Spero che tu riesca a vincere così rimarrai a Roma e potremo continuare a stare insieme... Perché come sto con te, Marcello..."" Alessandro poggia il foglio sul tavolo. "Ma Marcello, quel giovane deficiente che avrebbe dovuto prendere il mio posto... ha perso. È finito a Lugano e guarda caso nella mia vita improvvisamente... puff, che strano... dopo la sua partenza ricompari proprio tu... che addi rittura stranamente ci hai ripensato e dopo la sua sconfitta guarda caso hai deciso di sposarmi..."

Elena è come pietrificata. Alessandro sorride, beve un altro sorso di champagne.

"E io che mi stavo facendo problemi nel dirti che non ti amo più."

Si alza e la supera, poi apre la porta del bagno e prende due valigie già pronte. Apre la porta di casa e le mette sul pianerot tolo. "Ho preso tutto quello che c'era di tuo, perfino qualche regalo, qualunque altra cosa, libri, penne, profumo, saponette, tazze, che potessero in qualche modo farmi ricordare di te. Vor rei che tu fossi come quelle fatine dei film, anzi più brava di loro. Devi sparire per sempre." Alessandro chiude la porta. Poi da due mandate, mette il blocco e lascia le chiavi infilate den tro. Poi prende la bottiglia di champagne, mette la musica al massimo e se ne va in camera sua. Felice come non mai. Non devo neanche andarmi a cercare un albergo. Ora devo solo riu scire a capire chi è questo "amico vero" e soprattutto... se posso recuperare ancora i miei gelsomini.

Centoquindici

Davanti ad Alaska. Olly abbraccia Niki. "Cazzo! Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta! Sento che ce l'ho fatta! Ho superato la maturità!" "Ma guarda che i quadri usciranno tra un mese." "Sì, ma io ci credo e poi cerco di portare fortuna anche a

voi!"

"Ma tu sei pazza, guarda che così porti solo sfiga!"

"Ragazze... tra poco si parte..." Erica si avvicina a loro con una cartina. La apre. "Allora, vi faccio vedere. Partiamo presto con il treno da Roma."

"A che ora?"

"Alle sei."

"Ma non ce n'era uno dopo..."

"Tanto dormi in treno, quanto ti pare..."

"E poi c'hai tutta la vacanza per recuperare..."

"Be, io in vacanza vorrei fare altro..."

"Olly, piantala!"

"Volete dare un'occhiata... allora, poi da Patrasso prendiamo il pullman e facciamo la costa fino ad Atene. Ci sono un sacco di posti bellissimi. A Rodi, c'è la spiaggia di Lindos, dicono che sia bellissima, piena di angoli molto carini, un certo Socrates che va foltissimo... Poi Mykonos, spiagge e vita notturna. Santorini, col suo vulcano in cui si perdono i tramonti più famosi del mondo. Ios, definita l'isola dell'amore ma anche della notte sfrenata della Chora, alias "the village". E poi io voglio vedere assolutamente Amorgos, dove Lue Besson ha girato il film Le grand bleu."

Diletta guarda sognante il telefonino. Niki se ne accorge. "Che stai facendo?"

"Mi ha mandato un messaggio Filippo. Che romantico."

"Che ti scrive? Fai vedere..." Olly cerca di strapparle il telefonino dalle mani. Diletta è più veloce. E si gira dall'altra parte. Ma Olly le prende il braccio e insiste.

"E mollalo!"

Niki si mette in mezzo. "E dai lasciala! Abbiamo capito, abbiamo capito... ma almeno facci capire che tipo è! Scusa eh, noi ci preoccupiamo per te da una vita e ora sul più bello... tu ci escludi."

Diletta riprende il telefonino e lo legge di nuovo sognante.

"Vorrei essere io tutte le tue Onde e partire con te..."

"Che stronzo ! "

"Che paraculo!"

"Già... ma le Onde siamo noi e basta!"

Proprio in quel momento si sente una voce da dietro. "E certo! Le Onde sono perfette, uniche... soprattutto fedeli."

Sul bordo della strada, appoggiato a un palo mezzo storto, c'è Fabio. È insieme a uno dei suoi inutili soliti amici. Jeans strappati, giubbotto Industriecologiche strappato, scarpe di tela strappate, perfino la maglietta è strappata.

Erica lo vede. "Ecco, è arrivato."

Diletta la segue. "Sì, ha parlato lui... il Fabio Fobia, quello delle grandi verità. Il guru."

"Avete sentito, il mio disco adesso lo passano alla radio."

Niki interviene. "Come no... Ti sei fatto un disco da solo. Hai fatto spendere un sacco di soldi a tuo padre e hai costretto un tuo amico sfigato di Radio Azzurra a passartelo ogni tanto."

"Il mio amico non è sfigato..."

"Forse no... ma tutto il resto è vero."

"E be? Che c'è di male."

Niki sbuffa. "Niente... Lasciamo stare. Piuttosto si può sapere che sei venuto a fare? Non t'è bastato quello che hai fatto al mio amico? Hai dimostrato quello che ti ho sempre detto..."

"Che cosa?"

"Che avevo ragione, puoi scrivere quante canzoni vuoi ma certe cose le dovresti saper dire con il cuore. Alzare le mani per riconquistare una ragazza... pensa che grande poeta sei..." Niki gli si avvicina e gli si mette a brutto muso. "Con quella cazzata che hai fatto, ti sei giocato tutto. Tu non mi avrai mai più, neanche come amica."

Fabio si sposta. "E che mi frega. Figurati. Posso avere tutto dalla vita, io. Mica sono come quel vecchio... quello ha trovato te e non ti molla perché ha paura. Gli anni passano. Sa che non avrà più tante altre possibilità." Niki guarda le amiche. Loro la guardano. Tutte stanno in silenzio. Solo Olly sembra nervosa. Fabio continua. "Pensa che mi sono fatto pure un'Onda..."

Niki lo guarda stupita.

"Sì, ti sembrerà strano... ma ho "surfato" con una delle tue amiche fedeli." Niki le guarda tutte. Diletta. Erica. Olly. Su di lei si ferma un po più delle altre. Olly abbassa un po lo sguardo, sembra imbarazzata. Fabio se ne accorge. "Brava, Niki... hai capito, vedi... Quando vuoi, le cose le capisci da sola."

Olly guarda Niki. Uno sguardo triste. Dispiaciuto. Cerca aiuto dagli occhi dell'amica. "Non gli credere, Niki. È uno stronzo, ci vuole mettere una contro l'altra..."

Fabio sorride e si siede lì vicino. "Certo... certo. Sono cazzate. Vuoi che ti racconto i dettagli, Niki? Vuoi che ti racconto di tutti i suoi nei, ne ha uno particolare e in un posto strano... O vuoi che ti parlo del suo tatuaggio, ti dico com'è e anche dove ce l'ha?"

Olly continua. "Non gli credere, Niki, ti prego. È la sua parola contro la mia. Del mio tatuaggio può benissimo esserlo venuto a sapere da qualcun altro. Ora ci vuole solo fare del male."

Niki alza la mano. "Ok, ok... Ora basta, Fabio. Vattene. Qualunque cosa sia successa tu non mi interessi più. E se fosse ¦ successo, anche meglio. Conferma ancora di più quello che pensavo..."

Fabio si alza e la guarda. "E cioè?"

J

Niki sorride. "Che sei uno stronzo... sei cattivo, inutile, che sai fare solo del male, che sei un parassita, che vivi la vita pen sando che sia solo una guerra. Come quelli che dicono "molti nemici molto onore"... ma la sai una cosa? A farsi un nemico non ci vuole niente. Anzi è facile... Basta essere stronzi. Proprio come te. Il vero onore invece sta nel farsi un amico, ti devi far voler bene, essere stimato, impegnarti, essere leale, essere amato... è molto più difficile, più faticoso." Si avvicina a Olly. Le sorride. "... Ma anche più bello."

Fabio scuote la testa. Monta dietro il motorino del suo amico. "Annamosene, va, queste mi sembrano tutte sceme. È il festival dei buoni sentimenti e dell'ipocrisia."

Niki sorride. "Ma allora lo vedi che non capisci proprio nulla... Noi, non siamo sceme... siamo Onde."

Centosedici

Una settimana dopo. Tutto più chiaro e perfino il cielo sembra più azzurro. Alessandro è nel suo ufficio. Arriva la segretaria.

"C'è quel signore per lei."

"Grazie... lo faccia entrare." Alessandro si siede alla scrivania. Sorride quando lo vede entrare. Tony Costa. Sembra più magro dell'ultima volta che l'ha visto. "È dimagrito."

"Sì, mia moglie mi ha messo a dieta. Allora, ecco le notizie che mi aveva chiesto. Sono riuscito a procurarmi i voti, sono andate tutte abbastanza bene alla maturità. Ma nessuna di loro naturalmente sa ancora i risultati. Niki Cavalli ha preso

/"

Bene, pensa Alessandro. Sarà contenta, si aspettava di meno e in più l'ho proprio affossata io. "Il numero di telefonino però è cambiato, non ho ancora trovato quello nuovo. Parte tra due giorni con le sue amiche..." Tony Costa sfoglia un blocchetto che ha in mano. "Ecco qua, con le Onde... ecco, si chiamano così e vanno in Grecia. Santorini, Rodi, Mikonos e Ios." Tony Costa ripone il blocchetto. "Si deve preoccupare solo di quest'ultima, la chiamano l'isola dell'amore."

Alessandro sorride. "Grazie, quanto le devo?"

"Oh, niente... basta l'anticipo. Questo è stato un lavoro fin troppo facile."

Alessandro accompagna Tony Costa all'ascensore. "Spero un giorno di vederla anche per altre ragioni. Lei mi è simpatico."

"Grazie, anche lei."

Alessandro rimane lì, mentre le porte dell'ascensore si chiudono. Poi torna nel suo ufficio. Sta per chiudersi dentro quando arriva Andrea Soldini.

"Alex! Ma non dovevi..."

Alessandro raggiunge la sua poltrona, si siede e sorride.

"Ma figurati... È un pensiero."

"E lo chiami pensiero? Mi hai fatto un regalo bellissimo! Un Macintosh MacWrite Pro, è velocissimo poi! Ma perché lo hai fatto?"

"Volevo ringraziarti, Andrea... Tu mi hai aiutato moltissimo."

"Io? Ma le idee sono venute tutte a te, quelle foto, lo slogan, quella ragazza poi! Niki è perfetta! Hai visto i cartelloni? Stanno perfezionando i colori per l'Italia ma io sono sicuro che saranno bellissimi. È una pubblicità semplice e geniale!"

"Sì, all'estero è andata molto bene. Vediamo quando uscirà qui da noi."

"E dici molto bene all'estero? Sembra che la caramella sia già finita su tutto il mercato internazionale. Hanno sfondato dappertutto! Tu hai sfondato."

"Comunque non volevo ringraziarti per questo, o meglio, anche per questo..."

"E per cosa allora?"

"Ti ho regalato quel computer per sdebitarmi della mail che mi hai mandato... amico mio... O meglio: "amico vero"."

Andrea si sente morire. "Ma io..."

"Non è stato così difficile. Conoscevi Marcelle Lavoravi con Elena. Avevi accesso per lavoro al suo computer. E soprattutto ti era simpatica Niki... È stata spedita alle venti e quarantacinque da un computer della nostra azienda. L'altro giorno, in ufficio a quell'ora eravate rimasti solo tu e Leonardo. E lui non credo proprio che pensi alla mia felicità. Quindi... sei stato tu."

"Non dovevo?"

"Scherzi? Prima mi sentivo in colpa e ora mi sento felice...

Goditi il computer! Però ti prego, qualunque altra cosa accade, se vuoi essere un "mio amico vero" non mandarmi email!"

"Oh, capo. Allora c'è un'altra cosa che devo dirti." Alessandro lo guarda perplesso. "Devo preoccuparmi?"

"No. Non credo... O almeno spero. Ti ricordi la storia della scorciatoia? La persona che avevo nello staff avversario che ci informava delle loro idee?..."

"Sì, allora?"

"È giusto che tu lo sappia. Era Alessia. Preferiva vederti vincere anche se lei veniva spostata a Lugano e tu saresti rimasto a Roma."

"Non me l'aspettavo. E come sta?"

"Meglio..." Andrea Soldini è un po imbarazzato.

"Abbiamo iniziato a frequentarci..."

"Bravissimo!" Alessandro si alza dalla poltrona, va verso di lui e lo abbraccia. "Vedi che alla fine c'è chi ti sa apprezzare?!"

Centodiciassette

E ancora un'altra notte. Notte fonda. Notte di gente allegra. Notte di luci, suoni, clacson, festa. Notte che finisce troppo presto. Notte che non passa mai. Delusione. Amarezza. Tristezza. Disperazione. Troppe cose per metterle in una notte sola. Non conto un cazzo. Non conto proprio un cazzo. Per lei io non conto un cazzo, non ho mai contato un cazzo. Mauro corre col motorino. Senza casco. Senza occhiali. Senza niente. Lacrime. E non solo per il vento. Cazzo, cazzo, cazzo. L'unica poesia che è capace di comporre, l'unica rima, l'unica musica facile da suonare, semplice, di periferia. Musica di rabbia e di dolore. Musica di mal d'amore. Corre e non sa dove andare. E piange e singhiozza e non si vergogna. Corri, motorino, corri. Voglio farla finita. Continua così, sulla tangenziale, continua a perdersi in una città che non sente più sua, che non gli appartiene. Perché, cazzo? Perché? Ci sto troppo male. Troppo. Mortacci tua, Paola. Sei proprio una stronza. Una grandissima stronza. E nella disperazione il pensiero più sciocco, più basso, più ragazzine In quei giorni quel tipo non ha potuto toccarla. C'aveva le sue cose. E ride. Magra consolazione. E un po più sereno guida nella notte. Lascia la tangenziale. Poi rallenta un po. Fa ondeggiare il motorino sul bordo della strada, uscendo e rientrando dalla striscia bianca che sta a metà sullo scalino creato da un nuovo asfalto appena steso. Il motorino scende e cammina sui sampietrini. Tin tin tin. Il rumore della gomma su quei sassi rialzati e poi di nuovo su, perso nel silenzio del gri

gio di quell'asfalto e giù di nuovo. Tin tin tin. E così via, sciocco gioco metropolitano di chi non ha voglia di pensare. Non pensare. Non pensare. Mauro fa un respiro lungo e poi sbuffa dalla bocca tutta l'aria in alto. E un altro respiro ancora più lungo, più del primo e di nuovo fuori l'aria. Ecco. Sta meglio. Sì, si sente meglio. Continua a guidare così. Sale sul cavalcavia. Due mignotte sono ferme, in fondo alla strada. Gli vengono incontro. Una alza la gonna cortissima davanti e mostra il pube nudo. Radi peli scomposti sotto la luce del lampione. Stanchi, stufi di respirare smog. L'altra, con delle scarpe alte, laccate di rosso, si gira su se stessa e piegandosi in avanti, mostra il sedere nudo, bianco, sodo. Mauro fa una curva col motorino, le sfiora, cerca in qualche modo di colpirle con un calcio. Così, per scherzo. Ma le due polacche quel tipo di scherzo non lo capiscono. E gridano parolacce nella loro lingua. Una prende un sasso da terra e glielo tira dietro. Niente. Mira sbagliata. Finisce sul bordo della strada. Sicuramente, pensa Mauro, non hanno passato l'infanzia al tiro a segno del Luna Park. Lui sì. Si allenava coi soldi di suo padre a tirare una stupida pallina da ping pong in una vaschetta trasparente. Se tutto andava bene, tornava a casa con un bustone d'acqua e un pesce rosso. Che avrebbe fatto un tuffo nel cesso dopo neanche una settimana. Mauro sbanda un po col motorino, poi curva e scende dal cavalcavia, sparendo nella notte. Le due mignotte si ricompongono e restano nel freddo della notte, di fronte a un fuoco spento da tempo aspettando un cliente a cui vendere un po di sesso in attesa di un amore vero. Perché l'amore vero lo cercano tutti. Senza doverlo vendere o comprare. Ma forse da lì non passerà mai.

Mauro sorride tra sé mentre torna verso casa. Cazzo, quella bruna che m'ha mostrato il culo me la sarei fatta. M'ha eccitato. È che nun c'ho un euro, porca troia. E ripiomba in una disperazione assurda. Improvvise immagini confuse. Paola. Paola quando l'ha conosciuta. Paola a una festa. Paola che si spoglia. Paola che ride. Paola e la sua prima volta. Paola con lui sotto la doccia quel giorno che non c'era nessuno in casa. Paola quella

volta in montagna, l'unica vacanza che hanno fatto. Quella breve vacanza. Una piccola vacanza di un giorno in una camera d'albergo. Con quei due tipi ricconi che facevano snowboard, lui un sacco più grande di lei. Del vino bianco. E la cena sotto le stelle. Paola. Dove sarà ora? Dove sarà domani? Dove sarà nella mia vita? E improvvisamente torna disperato. Si perde. Pensa, ricorda, soffre. Ha finito le lacrime. E quasi la benzina. Cazzo, ma quando l'ho fatta? Avevo il pieno oggi. Di colpo s'accorge d'essere arrivato sotto casa sua. Ma non ha voglia di salire su. Non subito. Ha paura di trovare sveglio qualcuno. Di sentire domande, di dover dare risposte. Così, con un filo di gas continua a camminare. Si ferma poco dopo. Scende, mette la catena al motorino e fa per entrare in quel pub. L'unico che resta aperto fino a tardi da quelle parti. Ma che dico. Stasera è ancora presto. Mauro guarda l'orologio. Sono le undici. Pensavo di più. Le notti che fanno male non passano mai. Spinge la porta del pub. Una mano gli si poggia sulla spalla.

"A bello, che fai in giro?" Gino, il Civetta, compare davanti a lui.

"Ahò, mortacci tua, m'hai fatto prende una strizza..."

"Entriamo? Andiamo a bere una cosa, offro io quello che vuoi come ai vecchi tempi." Il Civetta prende sotto braccio Mauro senza aspettare la sua risposta. Lo trascina dentro e lo lancia quasi su uno sgabello nell'angolo in fondo. Poi cade anche lui, sull'altro sgabello, di fronte a Mauro e subito alza il braccio, facendosi vedere dalla ragazza dietro il bancone.

"Che vuoi tu?"

Mauro, timido. "Ma, non lo so. Una birra."

"Macché, facciamoci un whisky, qui ce n'hanno di pazzeschi, uno sballo" e rivolto di nuovo alla ragazza, "ehi, Mary, ce ne porti due di quello che ho preso ieri sera? Belli alti, però, eh? Nun fa la taccagna... e lisci." Poi si avvicina a Mauro, si stende quasi verso di lui con le braccia in avanti, poggiate su quel piccolo tavolino di legno. "Ahò, ieri sera me so sfondato una bottiglia intera." Poi si gira ancora verso Mary. "L'ho aspettata che finiva e l'ho accompagnata a casa con la mac

china di ieri..." Il Civetta si avvicina a Mauro e fa un gesto con le dita della mano, facendole ruotare su se stesse, come a dire l'ho fregata. "Ci siamo fermati sotto casa sua. Ahò, col fatto che c'avevo la strizza che la pula pizzicasse la macchina e pure pé la bottiglia che m'ero scolato, me stava a fa un brutto scherzo, l'amico Joe." Il Civetta si tocca in mezzo alle gambe. "Poi ho dato una piccola botticella... be, la più bella scopata degli ultimi due anni."

Proprio in quel momento arriva Mary coi due bicchieri e direttamente la bottiglia. "Ma non bevete troppo." Guarda Gino e gli sorride. "Fa male bere..." Il Civetta alza la testa sorridendole. "Ma alla fine fa anche bene, eh?" Mary sorride, scuote la testa e si allontana con la sua gonna stretta, un po sudata, con una fascia legata in vita e i capelli raccolti con piccoli sbuffi dietro le orecchie. Ma soprattutto camminando con la certezza di essere guardata.

"Ahò" il Civetta prende il suo whisky con la destra e poggia la sinistra sul braccio di Mauro, poi fa su e giù con la testa, "mi sa che stasera la punisco di nuovo." Poi beve un sorso a testa indietro. Ma si accorge che invece Mauro non ha ancora toccato il suo bicchiere. Nulla. Sta lì fermo. Tranquillo. Troppo tranquillo. Un po abbattuto.

"A bello, ma che c'hai?" Il Civetta gli mette una mano dietro la testa e gliela scuote. "Allora? Te sei ammutolito? Che c'hai, dillo a papa. Ammazza come sei moscio! Che, t'hanno ammazzato er gatto?"

Mauro rimane impassibile. Poi prende il bicchiere, se lo porta alle labbra, ci ripensa un attimo, poi da un lungo sorso. Quando abbassa la testa, stringe forte gli occhi. "Aaah, ma quant'è forte."

Il Civetta annuisce. "Nun è forte, è bono. Allora adesso poi parla? Che t'è successo?"

Mauro da un altro sorso al whisky. "Ma niente... Paola."

"Ah, la ragazza tua. Te l'avevo detto, quella vole sta comoda."

"M'hai portato sfiga."

"No. Te la sei portata da solo. Tutte le ragazze vogliono sta comode. Soprattutto..."

"Soprattutto?"

" se so belle. C'è sempre qualcuno che sta aspettando di falle sta comode."

Mauro resta in silenzio.

"E sai qual è il problema?"

"No, qual è?"

"Che quelle lo sanno benissimo." Il Civetta annuisce, scuote la testa poi da un lungo sorso. Mauro lo guarda e poi lo segue. Un sorso lungo, fino in fondo, senza fermarsi, senza staccare. Il Civetta lo guarda ammirato. "Ammazza, t'è piaciuto, eh?" Mauro scuote forte la testa, la agita, cercando di liberarsi da qualcosa che gli è rimasto in gola.

"Ce l'ho il rimedio per te, dammi retta..." Il Civetta prende i soldi dalla tasca davanti. Trova dieci euro e li butta sul tavolo.

"Cioè?" chiede Mauro.

"La scorciatoia per farla stare comoda. Vedrai che in due serate la ribecchi, l'amore tuo..."

Mauro è indeciso. Guarda dritto il Civetta. "Dici?"

"No dico, è matematico. Prima però devi venì con me." Il Civetta si alza, va verso il bagno. Mauro lo segue. Il Civetta chiude la porta alle sue spalle e ci si poggia sopra, sicuro che così non entra nessuno. "Tiè." Tira fuori una bustina trasparente dalla tasca dei jeans. È piena di polverina bianca. "Te ce vò 'na botta de coca. Come battesimo."

Il Civetta stacca lo specchio dal muro e lo appoggia sul lavandino. "T'ho trovato pure il nome, no? Falco Pellegrino. Er Civetta col Falco Pellegrino. Ti piace?"

"Sì. Ma che dobbiamo fa?"

Il Civetta si piega sullo specchio e con venti euro arrotolati spolvera una striscia bianca nella narice sinistra. "Facile." Tira ancora un po col naso. "Tiè, queste so le chiavi della mia moto. Io c'ho il doppio. Tu me devi solo accompagna a prendere una macchina da un'amica e poi te ne vai a casa tua con la mia moto. E io la passo a prendere domattina. Facile, no?"

il

Mauro sorride. "Facilissimo."

Gino, il Civetta, passa i venti euro arrotolati a Mauro. "Annamo, Falco, che prima famo, prima finimo." Mauro si piega e fa sparire anche lui una striscia bianca. Si rialza e ancora gli pizzica il naso quando sente il Civetta dire "E pensa che con 'sto passaggio te becchi cinquemila euro. Hai voglia a falla sta comoda, Paoletta tua".

Escono dal bagno, tutti e due stupendamente allegri. Il Civetta saluta la ragazza dietro il bancone con una piccola promessa negli occhi. "Ciao, Mari, se vederne Se finisco presto ripasso..." e le fa l'occhietto. Fuori dal locale, il Civetta abbraccia Mauro. "Sì, ripasso e te ripasso come ieri" e ride. "Annamo, Falco" e spariscono sulla grande moto, prendendo verso il centro.

Centodiciotto

E quella sera escono tutti e quattro. Enrico, Pietro, Alessandro e perfino Flavio, stranamente in libera uscita. Fanno una serata pazza come non succedeva da tempo. Vanno al F. I. S. H., un ristorante a via dei Serpenti, ordinano del pesce molto buono e bevono il miglior vino. Si raccontano di tutto. Si confessano piccole verità.

"E quindi è stato il tuo assistente che ti ha mandato quella mail con la lettera di Elena a quel ragazzino!" Pietro scuote la testa. "Te lo avevo detto io... le donne sono tutte troie! E voi che mi riprendete sempre... La mia è una missione educativa..."

"Sì, educativa del tuo piffero!" Alessandro si versa da bere. "Lo sai che per un attimo ho pensato che fossi tu l'amante di Elena..."

Pietro lo guarda esterrefatto. "Io? Ma come puoi pensarlo? ! Guarda, piuttosto che fare una cosa del genere a uno di voi... vi giuro, vi giuro che farei la cosa che mi è più difficile da immaginare... Ecco, piuttosto preferirei diventare frocio! E sapete bene quanto mi costerebbe, eh..." Poi Pietro si ferma. Diventa triste. Beve un sorso di vino tutto d'un fiato. Poi poggia il bicchiere sul tavolo, quasi sbattendolo. "Susanna ha scoperto che l'ho tradita, mi vuole lasciare. Sono distrutto."

Flavio lo guarda. "Ma lo dovevi mettere in conto che prima o poi lo scopriva. Hai fatto l'inimmaginabile in giro. Sei andato con tutte le donne che respirano."

Alessandro gli mette una mano sulla spalla.

"Ma come l'ha scoperto? Ha ricevuto per caso una mail anche lei?" chiede Alessandro.

"No, mi ha visto per strada. Stavo baciando una."

"Va be, ma allora tu sei pazzo."

"Sì, sono pazzo... E sono fiero della mia follia! Non solo ma mentre aspettiamo... mi vado pure a fumare una bella sigaretta! Chi viene con me?"

"Vengo io..." Anche Enrico si alza.

"Ok, noi vi aspettiamo dentro... ma non ci mettete troppo..."

"Tranquilli..."

Pietro ed Enrico escono dal ristorante. Pietro accende la sigaretta di Enrico, poi la sua e sorride all'amico.

"Allora..."

"Allora che?"

"Hai visto che avevo ragione io, abbiamo fatto bene a non dire ad Alex che avevamo visto Elena che si baciava con quel ragazzino in quel locale... Ci ha pensato il suo assistente..."

Enrico alza le spalle. "È stato un caso... Alex ed Elena potevano tornare insieme e arrivare di nuovo fino al matrimonio e questa volta magari si sposavano... E se poi non andava? Allora avevi la colpa di essertene lavato le mani..."

"Non era un mio dovere parlare e decidere per loro..."

"Per me invece è questione di responsabilità... E troppo facile far sempre prendere delle decisioni agli altri. Pensa come sarebbe stato diverso se allora anche quel tipo se ne fosse lavato le mani..."

"Sei eccessivo... Mo vai addirittura fin laggiù. Mi sembra che allora poi la responsabilità era un po diversa, o no? Io dicevo solo che noi non dovevamo avere tutta questa fretta, di aspettare... magari le cose si risolvevano senza che ci andasse di mezzo la nostra amicizia. E infatti è stato proprio così. Io penso che ad Alex non avrebbe fatto piacere che fossimo noi a dargli quella notizia. A rovinare il suo sogno. Gli amici sono come un'isola al riparo delle correnti..."

"Già... A proposito... fa freddo, io entro." Enrico butta la sigaretta per terra e la spegne. "Tra l'altro devo dare anche una notizia..."

"Bella?"

"Bellissima... Dai muoviti, ti aspetto dentro."

Pietro sorride. Da un ultimo tiro alla sigaretta. È tranquillo, sereno. Per lui quella è stata la scelta giusta. Non raccontare di quell'incontro con Elena e Marcello in quel ristorante. Poi butta la sigaretta per terra e la spegne. Poi entra e raggiunge gli amici. Ma anche Pietro non sa quanto quel giorno la scelta di Alessandro sia stata giusta. Dare o non dare un corso personale agli eventi.

Questo è il dilemma. Una cosa è sicura. Se quella cartellina rossa non fosse stata bruciata, oggi quella chiacchierata così allegra e civile tra Enrico e Pietro non sarebbe stata più possibile. Per un'unica ragione. Enrico non avrebbe mai potuto dividere sua moglie con qualcuno. Meno che mai con un amico. Anche se simpatico come Pietro.

All'interno del ristorante Enrico interrompe tutti. "Ragazzi, vi devo dire una cosa. Camilla aspetta un bambino!"

"No! Che bello!"

"Fantastico!" Alessandro prende in mano la situazione. "Cameriere... ci porti subito una bottiglia di champagne! E tu, Pietro, stai allegro, cazzo! Cerca di stare tranquillo e metti la testa a posto. Vedrai che Susanna la riconquisti..."

Enrico sorride, abbraccia Flavio. "E tu? Tu non ci devi dire niente?"

"Come no..." Beve un bel bicchiere di vino, mentre aspetta che arrivi lo champagne. "Ho cacciato Cristina di casa. Mi aveva veramente rotto i coglioni."

"Cosa? Ma che dici, non ci credo!"

Gli amici sono davvero senza parole, annichiliti. Flavio li guarda uno per uno e alla fine sorride.

"Poi è tornata. Si è data una calmata. E da quel momento le cose vanno meglio. Ora non mi dovrò sentire in colpa se gioco a calciotto, se non metto le mie cose in ordine, se voglio stare

mezz'ora spaparanzato sul divano a non fare nulla. Soprattutto, ora è più affettuosa con me. E uscirò soprattutto più spesso con voi... quindi state attenti, che vi controllerò."

Pietro gli da una pacca sulla schiena. "Sono proprio felice! Lo potevi fare prima però..."

Flavio lo guarda male.

"Be che vuoi... Meglio tardi che mai no?"

"Se tu ci sarai, mi controllerai. Susanna sarà più tranquilla e

potrò fare tutti i casini che voglio!"

"Ah no! Non se ne parla... guarda che io dico tutto!" Arriva la bottiglia di champagne. "Ragazzi, brindiamo..." Pietro la stappa e versa subito nei quattro bicchieri. Poi alza

suo.

"Allora, all'amicizia tra noi perché non finisca mai. Ad Alessandro che ha avuto il coraggio di dubitare di me, proprio lui che non ci da alcuna sicurezza sul fatto che non sia frocio..."

"Io frocio?"

"E certo! Uno che molla un sogno come Niki... se non sei frocio tu... chi lo è? ! Dai forza, Alex... È la sera buona per fare outing. Forza, apriti con noi... che poi ci pensiamo noi a ritapparti." E ridono tutti.

"Che bori che siete! A parte gli scherzi, un'idea ce l'avrei... e bisogna fare in tempo. Niki parte domani."

Continuano così a bere champagne, mentre Alessandro racconta la sua idea e si divertono un sacco. Ci vuole coraggio, però, a farla, a metterla in atto. Così ordinano anche una grappa e un rum. E perché no, anche un po di whisky. Insomma, alla fine sono tutti ubriachi.

In macchina. Atmosfera superetilica. "Piano, piano, vai piano..."

"Più piano di così... un altro po e torno indietro nel tempo."

Alessandro, più ubriaco di tutti, parcheggia la Mercedes sul ponte di corso Francia. Prima sono passati in ufficio a prenderla e anche lì hanno fatto un gran casino con il custode che così ubriachi non li voleva far salire. Ma Pietro in questo è bravissimo. Sa come bere una buona bottiglia ma anche come

"ungere" un mediocre custode. Insomma alla fine ce l'hanno fatta. Eccoli lì, per la grande idea di Alessandro.

Flavio è preoccupato.

"Ragazzi, abbiamo quasi quarantanni, andiamo via, vi prego..."

"Ma Flavio, è proprio questo il bello!"

Tutti scendono dall'auto e salgono sul ponte. Alessandro inciampa sul gradone, troppo alto per lui e soprattutto per il suo tasso alcolico. Cade ma poi si rialza. Raccoglie la bomboletta rossa e si guarda in giro.

"Shhh..."

Enrico lo aiuta. "Vieni, sali qui sopra a scrivere."

"Ma non è che cade dal ponte?"

"Macché! Mi reggo in piedi benissimo!"

Pietro gli si avvicina. "Ma hai deciso cosa scrivere? Cioè, ce l'hai una frase..."

"Certo!" Alessandro sorride ubriaco. "Da quando ti ho conosciuto, sono stato l'uomo più felice del mondo e poi..."

Flavio lo interrompe. "Ahò, ma guarda che sei con una bomboletta su un ponte... Devi scrivere una frase, mica un poema!"

"Ah certo, hai ragione..." Alessandro si regge a lui. "Dici una come quella lì..." e si guarda in giro, "ecco, quella che sta un po da tutte le parti, tre metri sopra il cielo..."

"Ma quella già l'hanno usata in tanti. Tu sei un creativo."

"Certo, da te ci si aspetta di più! Anche una cosa semplice, ma che colpisca."

Alessandro si illumina. "Ce l'ho! Vado."

"Sicuro?"

"Sì." Alessandro si arrampica, sale sul ponte, preme la bomboletta e comincia a scrivere. "Amami r..." ma proprio in quel momento un faro illumina Alessandro e tutti gli altri.

"Attenzione." Una voce metallica esce da un megafono. "State fermi. Mani bene in vista. Non vi muovete."

Alessandro prova a coprirsi gli occhi. Poi riesce a vederli. Non ci crede. Non è possibile. Sono loro ! I soliti due carabinieri. Serra e Carretti.

*M

"Forza, scendete da lì."

Alessandro, Enrico, Flavio e Pietro li raggiungono.

"Ci scusi, eh, stavamo solo facendo uno scherzo..."

"Certo, certo... come no, consegnatemi i documenti."

Poi Serra guarda Alessandro. "Sempre lei... eh."

"Ma veramente io... non pensi quello che pensa..."

"Ed è pure ubriaco. Senta qua, sta biascicando le parole..."

Flavio prova a giustificarsi. "Io però non ho bevuto molto..."

"Sì, sì, ora venite con noi al Comando."

E così salgono dietro, nell'auto dei carabinieri, uno sopra l'altro, lamentandosi.

"Ahia, e non spingere, mi fai male..."

"Oh, l'unica volta che esco con voi ci arrestano. Ora che gli dico a Cristina?"

"Che porti sfiga."

Serra si gira verso di loro. "Ma si può sapere che stavate scri vendo?"

Alessandro tutto fiero risponde: "Volevo scrivere: amami, ragazza dei gelsomini! Ecco, questo doveva essere... per lei che è... motore amore!".

Serra guarda il collega. "La ragazza dei gelsomini che è motore amore? Ma che sta dicendo?"

Carretti alza le spalle. "Ma lascia stare... Questi so tutti molto ubriachi..."

Alessandro gli batte sulla spalla.

"Guardi che io non sono ubriaco, cioè sono ubriaco ma anche lucido, è lei che non capisce... Volevo scrivere quella frase per farle capire quanto è importante, perché lei sta par tendo, domani va in Grecia, ha capito? Nell'isola dell'amore... e se si mette con uno, eh? Se si mette con uno? Magari si mette con uno in Grecia perché non sa quanto è importante per me, perché mi vuole dimenticare, eh... È stata colpa vostra se accade... lo sapete no... se succede io vi denuncio... stronzi che non siete altro!"

E non sa che questa frase, anche se da ubriaco, vorrà dire una denuncia per lui e fare l'alba al Comando centrale.

Centodiciannove

Notte. Notte di nubi. Notte scura. Notte malandrina.

Elena è appena uscita da teatro. Uno spettacolo divertente, pieno di giovani attori, alcuni hanno anche recitato in alcune pubblicità della sua azienda. Non potevano non invitarla. Ha dato più soldi lei a quella compagnia, che due stagioni consecutive del miglior teatro di Roma.

Elena arriva a casa. Scende dalla sua Bmw Individuai Serie Coupé, color Blue Onyx metallic, nuova fiammante. Va verso il portone. Fa appena in tempo a infilare le chiavi nella toppa e sfilarle, che si ritrova scaraventata all'interno, trascinata nell'androne. Finisce per terra, sulle scale, vicino all'ascensore. Inciampa sul tappetino della signora dell'interno , quella che cucina sempre il sugo alla cipolla. Ma stasera non ci sono odori, non ci sono rumori, solo silenzio. Troppo silenzio. Il Civetta e il Falco Pellegrino le sono subito addosso.

"Zitta, sta zitta, caccia subito fuori le chiavi della macchina."

Il Civetta le mette una mano sulla bocca, mentre Mauro improvvisamente la riconosce. Ma lei, lei è quella del mio provino, la signora che stava nella stanza a vetri, quella che aveva le mie foto tra le mani, quella che le ha strappate, quella che non mi ha voluto.

Elena lo guarda. Vede cattiveria nei suoi occhi. Stringe i suoi per cercare di capire qualcosa. Che gli ho fatto a questo tipo qua? Ma che ci conosciamo? Chi è? Perché continua a fissarmi?

Poi terrorizzata, non capendo più niente, morde forte la mano del Civetta e comincia a urlare.

"Aiuto, aiuto, aiutatemi!"

Urla anche il Civetta e muove veloce la mano nell'aria, cer cando di allontanare il dolore di quel morso. Poi di tutta rispo sta, come fredda vendetta, da un destro in pieno viso a Elena che cade all'indietro e sbatte forte la testa contro il gradino. Un attimo di silenzio. Tutto è come sospeso. Mauro rimane a bocca aperta. Paralizzato. Il Civetta gli da una spinta.

"A Falco Pellegrì, che stai a fa, dormi? Prendi la borsa, pre sto, usciamo."

Mauro raccoglie la borsa. Guarda un'altra volta Elena. È stesa giù, riversa sui gradini, immobile. Mauro la fissa, spaven tato. Qualche porta comincia ad aprirsi, si sentono dei chiavi stelli che scattano. Gente svegliata dai rumori, dalle urla di Elena. Mauro si allontana veloce nella notte, sale sulla grande moto, l'accende e si allontana sgasando. Il Civetta fruga in borsa, trova le chiavi, mette in moto la Bmw e sgommando si perde nella notte.

Centoventi

La mattina dopo, con indosso i nuovi Ray Ban che Diletta ha regalato a tutte, partono. Un taxi le porta alla stazione. È l'alba. Gli zaini appena fatti, le magliette numerate, uno, due, tre e quattro... con una piccola onda blu. Niki sorridendo le consegna a tutte. C'è disegnato anche un piccolo cuore rosso. Erica ha comprato un grande moleskine.

"Ehi, ragazze, questo sarà il diario di bordo delle Onde... intanto nella prima pagina ho già messo la mia grande news. Ho lasciato Giorgio."

"Nooo ! "

"Non ci credo!"

"Scherzi! Non è possibile."

Erica fa segno di sì con la testa. "Non solo, ma farò delle stragi. Recupererò tutto il tempo perduto. Farò casino. Ogni pagina avrà in fondo un nome diverso..."

Corrono lungo i binari, salgono sul treno e si mettono nel loro scompartimento. Si chiudono dentro. Hanno ancora delle cose da raccontarsi e da inventare, da sognare insieme. E ridono e scherzano. E il treno parte. E loro sono già partite.

"C'ho sonno. È l'alba, cioè così non si può. Arriverò con le occhiaie."

"Ma che vuoi? Guarda che il treno per Brindisi non lo potevamo prendere a mezzogiorno! C'è il traghetto, poi!"

"Ma esistono gli aerei! Così ci mettiamo una vita!"

";

:Seee, gli aerei! E noi c'abbiamo una vita! Chi ci rincorre, scusa? È il viaggio della maturità, capito?, ma-tu-ri-tà e va sentito, va annusato, va vissuto, va sofferto. E poi mica sei una principessina, tu..."

"Sul pisello, sì!"

"Olly! Che palle quando fai così..."

"Erica ha ragione. Noi siamo le Onde. Zaino e pochi soldi in tasca!"

"Con quale traghetto si va?"

"Hellenic Mediterranean Lines. Ho prenotato il posto ponte, eh? Meglio delle poltroncine che sono scomode, non ti stendi. Tanto abbiamo stuoie e sacco a pelo."

"Fico, Erica, brava!"

"E se piove?" chiede Diletta.

"Ti bagni!" le risponde Olly facendo un versaccio. "O c'è Filippuccio tuo a ripararti?"

"No, è a casa, lo sai e già mi manca..."

"Oooh, ora fa la faccia appesa tutto il tempo! Non te lo rubano, no, stai tranquilla. Filippuccio tuo è a casuccia che ti aspetta!"

"Scema!"

Niki si rimette le cuffiette dell'iPod. Non si è tolta gli occhiali nonostante sia presto e il sole non sia certo accecante dentro il vagone. Si è scaricata praticamente tutto Battisti da iTunes. Fanno male, quelle parole, ma non può farne a meno. A volte il dolore ti assorbe così tanto che viene quasi spontaneo alimentarlo. Il paesaggio scorre veloce dai finestrini. Così come i ricordi nel suo cuore. Erica le da una botta sulla gamba.

"Ehi, tipa, dormi? Oh, c'aspetta la Grecia! Per due neosingle come noi, festa grossa!"

;"

"Sì, sì, vi guido io all'arrembaggio!" Olly balza sul sedile. ,;Alé! Oh, ho detto ale, non Ale, eh, che si sappia!" e grida. Una coppia di signori anziani si gira e la guarda. Niki fa un mezzo sorriso tanto per non deludere le amiche. Ma poi torna a guardare fuori, cercando distrazioni che non arrivano. Il treno corre veloce, il sole si alza nel cielo. Profumo di vacanze,

!

libertà, leggerezza. Ma doveva essere diverso. Poteva essere diverso. Le mie amiche sono felici. Ognuna ha trovato la sua strada o ha lasciato quella sbagliata. Ognuna sa dove andare. Io invece mi sto facendo portare. Ma forse è così che funziona, quando stai male. "Avere nelle scarpe la voglia di andare. Avere negli occhi la voglia di guardare. E invece restare... prigionieri di un mondo che ci lascia soltanto sognare, solo sognare..."

E poi una notte in traghetto. Il mare, le onde, la corrente. E quella scia che si allontana dalla nave. E pensieri che non riescono a prendere il largo. Niki è appoggiata alla balaustra. Vicino ragazzi che passano. Qualcuno, su una vecchia sdraio di legno che è tanto intrisa di salsedine, legge un vecchio libro di Stephen King, qualcun altro uno nuovo di Jeffery Deaver. Thriller. Terrore. Paura. Niki sorride. Poi guarda di nuovo il mare. Non ha bisogno di un libro per avere paura. E si stringe forte da sola. E si sente sola. E vorrebbe tanto fermare quella lacrima. E vorrebbe non avere amato. E vorrebbe tanto non amare ancora. Ma non ci riesce. E quella lacrima cade giù, e si tuffa in quel mare blu, salato proprio come lei. E Niki ride da sola. E tira un po su con il naso. E cerca di non piangere. E un po alla fine ci riesce. Una vacanza sta per iniziare. E porca miseria... Questo dolore non ha proprio intenzione di passare.

Mezzogiorno. Olly ha appena rimesso via il sacco a pelo e sbadiglia a bocca aperta, fin dove la mascella può arrivare. Poi si alza e guarda il porto che si avvicina.

"Ehi, mi spieghi come hai fatto a dormire così fino adesso? C'avevi la gente che ti camminava praticamente addosso." Erica le batte una bottarella sulla spalla.

"E chi la sentiva? Te l'avevo detto che avevo sonno. Poi ci rubano pure il tempo. Non me l'avevi detto che qui erano avanti di un'ora. Ladri. Mi fai alzare all'alba, mi fai... Comunque ho agito."

"In che senso?"

"Che mentre ieri sera voi facevate tutte le freddolose e siete andate a dormire nel corridoio dentro, io ho conosciuto quello là..." e Olly indica un ragazzo poco più avanti, appoggiato sulla balaustra del ponte. Accanto, su una sdraio blu aperta, c'è il suo zaino, grandissimo. "È uno di Milano, studia al Politecnico. Un fico pazzesco. Sta raggiungendo i suoi amici che sono già qua perché ha appena fatto un esame! Gli ho detto che andiamo a Rodi e gli ho lasciato il celi. Così ci si ritrova."

"Borda."

"Borda?"

"Sì, mentre ieri sera noi facevamo le freddolose nel corridoio dentro, abbiamo conosciuto due di Firenze. Loro dicono così quando succede qualcosa. Borda."

"Ah. E com'erano?"

"Insomma. Uno un po meglio, ma l'altro sembrava la brutta copia di Danny De Vito nella versione antipatica."

"Un sogno..."

"Forza, dai, hanno già chiamato per scendere." Niki si sistema lo zaino in spalla, mentre Diletta sta facendo le acrobazie per togliersi il cellulare dalla tasca dei jeans. Eccolo. Finalmente. Lo apre e legge il messaggio che le è appena arrivato.

"Ciao, bellissima. Come stai? Lo sai che ti amo un casino e mi manchi? Sbrigati a tornare che partiamo per la Spagna..."

Diletta sorride e manda un bacio al display del telefonino. Olly la vede. "Andiamo bene! Forza, Onde, si va!" e corre via, passando accanto al ragazzo di Milano che le sorride e le fa cenno con l'indice della mano destra come a dire: ci sentiamo dopo. Erica, Diletta e Niki la seguono. Scendono dal traghetto. Una folla di teste, cappellini, maniche corte, zaini, borsoni colorati, voci e suoni si distende sul molo di Patrasso, prima di sparpagliarsi ovunque. Saluti, arrivederci, appuntamenti di gente che già si conosceva o si è trovata durante la notte in traghetto. Un labrador corre qua e là come impazzito, finché un ragazzino non lo recupera, trascinandolo via per il collare.

spiaggia? ! Quelli di Milano sono proprio una forza! Niki, te hai beccato il più fico di tutti! Emanuele è fichissimo!"

"Olly, io non ho beccato proprio nessuno! Sei tu che stai facendo una strage! Ma ti rendi conto che da quando siamo partite, senza contare quello di Milano sul traghetto, ne hai beccati già tre?! Quello biondo di Napoli, quell'altro di Ravenna che sembrava Clark di Smallville e poi pure lo straniero..."

"Sì! Il francese tutto perfettino che ti ha regalato la lavanda!"

"E be? Sennò a che serve la vacanza? E poi dai, ma che aspetti? Quello ti muore dietro! Tanto stasera ci ritroviamo in discoteca e voglio proprio vedere che fai! Certo dopo la buca che gli hai dato ieri sera... ma poverino..."

"Poverino che... non ce l'ho fatta, non mi andava di

baciarlo..."

I gelsomini. La terrazza. La notte. I sorrisi. Questo è ciò che Niki ha pensato mentre quel bel ragazzo, dopo mille complimenti, si è avvicinato alle sue labbra... E lei non ha potuto. Non ha voluto. Non ce l'ha fatta. Così gli ha sorriso e si è allontanata, carezzandolo appena sulla guancia.

"Che spreco!"

"Ma domani torniamo a Super Paradise Beach?" chiede Diletta finendo di scrivere un sms.

"No, mi piacerebbe andare a Elia Beach. C'è una caletta tranquilla e poi un passaggio tra gli scogli che in pochi minuti ti porta a Paranga Beach. Sai, Niki, lì fanno anche surf. Potresti

provare, no?"

"Non so, Erica, vedo domani. Comunque a me va bene."

"Oh, domani noleggiamo i motorini. Mi sono rotta degli orari degli autobus, almeno stiamo in spiaggia fino a quando ci pare."

Olly si avvicina a Diletta. "Certo, se quando torniamo a Roma becco quello stronzo di Alex, gli spacco la faccia, guarda come me l'ha ridotta. Neanche il Mocio Vileda" le dice sussurrando e ammiccando verso Niki.

"Già. Ma noi non molliamo."

"Andiamo a farci la doccia?" grida Olly alzandosi dalla sedia. "E a farci fichissime per la serata? Ho preparato tutto! Seguite la gran cerimoniera! Mi sono informata. Aperitivo da Agrari, un bar in pietra che non è tanto frequentato ma ha dei baristi fichissimi e ogni due consumazioni ti offrono la terza, se facciamo le ganze ci fanno pure preparare qualche cocktail!"

"Borda!"

"Poi a mangiare qualcosa verso il porto, a Little Venice. E pieno di bar! Si mangia meglio che nei ristorantini! Feta e insalata, pita gyros, la versione greca del kebab con la salsa tsatsiki e la paprika! E io mi riprendo la moussaka che mi piace un sacco! Tanto poi l'attività fisica per smaltire non mi manca!"

"Borda!" dicono in coro le Onde.

"Poi a ballare! Prima allo Scandinavian, poi ci sarà la festa a bordo piscina al Paradise! Ci risparmiamo quindici euro a testa perché quelli di Milano, che incontreremo lì, li conoscono. Dopo ci aspetta il Cavo Paradiso... Lì si va avanti fino a domattina... Musica house per esorcizzare quella fava del Fobia e poi il posto è una ficata. Discoteca all'aperto su una scogliera. Quando sorge il sole, ti giri intorno e vedi la gente distrutta che ancora balla illuminata dalle prime luci dell'alba! Allora, pronte?!"

"Sììì!" Le Onde alzano entrambe le braccia al cielo e gridano felici. Anche Niki ci prova. E via, in mezzo a quelle stradine piene di gente, verso il loro appartamento. E abbandona per un attimo i suoi pensieri. Quel ricordo continuo. Quella marea d'amore che troppo spesso senza nessuna ragione lunare la sommerge. E si lascia andare tra le sue amiche Onde. E le abbraccia e camminano tutte insieme sottobraccio, canticchiando e andando a tempo.

Un'altra settimana. Un sorriso improvviso, sincero, appare tra le rughe scure e assolate dei volti degli anziani che scendono dalla viuzza lastricata verso la piazzetta. Niki sorride a una signora che sta intrecciando un canestro, avvolta nel colore delle bouganville. C'è una luce accecante tutto intorno, che

rimbalza sul bianco dei muri. Il cielo è azzurro e terso. Le Onde sono appena scese dalla corriera, dopo aver percorso una strada tortuosa e panoramica, con Olly che si attaccava di continuo al braccio di Diletta, a ogni curva. Erica ha già stabilito la prima meta, il Monastero della Panayfa Hozoviotissa. Ci vuole un'oretta ad arrivare lassù ma ne vale la pena. Mille scalini scavati sulla scogliera a picco sul mare.

"Ma che, siete sceme?"

"Sì. Forza, andiamo."

Erica, Niki e Diletta salgono energiche e senza troppa fatica. Olly invece resta indietro e si ferma ogni due minuti con la scusa di guardare il paesaggio. Ogni tanto alcuni ulivi regalano un po d'ombra. Alla fine della salita, incastonato nella montagna a trecento metri di altezza, eccolo apparire. Bianco anche lui, come tutto il resto, il monastero sembra una fortezza. Alcuni monaci anacoreti accolgono i turisti, osservando come sono vestiti. Subito uno di loro offre alle ragazze alcuni gonnelloni a fiori, sorridendo.

"Oh, che è, l'ultima moda greca? Che ce l'ha anche un pareo? ! Tipo blu?"

"Olly! Un po di rispetto... servono per entrare. È un luogo di preghiera e noi siamo mezze nude."

Olly fa una smorfia e si mette la gonna. Poi entrano in silenzio. Alla fine una sorpresa. I monaci arrivano con alcuni bicchierini in mano.

"Che è?" dice Olly togliendosi la gonna. "Ci drogano?" ;

"No" dice Erica. "È il Loukoum, un dolcetto col miele. Te lo danno per tirarti su dopo la salita."

"È afrodisiaco?"

"Sì, nei denti."

"E ora?"

"Ora nulla. Goditi il paesaggio..."

Il mare tutto intorno è un vero spettacolo. Niki osserva ifi silenzio.

"A che pensi?" le chiede Diletta avvicinandosi.

"Alla canzone di Antonacci."

"Quale?"

" Certe volte guardo il mare, questo eterno movimento, ma due occhi sono pochi per questo immenso e capisco di essere solo. E passeggio dentro il mondo e mi accorgo che due gambe non bastano per girarlo e rigirarlo..."

Diletta rimane in silenzio. Poi un bip arriva dal suo cellulare. Guarda Niki un po imbarazzata. "Scusami un attimo..."

Niki l'osserva mentre prende il telefonino dalla tasca dei pantaloncini, lo apre e legge. Un leggero sorriso, quasi trattenuto, le illumina il viso.

"È Filippo?" chiede Niki.

"Sì... ma non è nulla, dice solo che sta per andare agli allenamenti..."

"Non mentire... guarda che sono felice per te. Non è che perché sto male non so essere contenta che le mie amiche siano innamorate..."

" Dice che mi ama e mi aspetta."

Niki le sorride. Poi all'improvviso si avvicina e l'abbraccia. "Ti voglio bene, campionessa."

Olly arriva e le vede.

"Mi aggiungo?!"

Niki e Diletta si girano. "Ma sì, va!"

"Anch'io!" anche Erica si avvicina e quell'abbraccio diventa più grande, simbolo di quell'amicizia che le lega da sempre. Le Onde unite di fronte al mare.

"E ora?"

"A soli quattro chilometri c'è Katapola."

"Soli? Guarda che io mi porto le bombole d'ossigeno!"

"Dai, andiamo, ci sono tutte le casette a strapiombo sul mare, i pescatori, magari facciamo anche un giro sui muli! Poi c'è la spiaggia di Ayios Pandeleimon. Dai, sarà un po di fatica ma la guida dice che sono posti bellissimi..."

"Andiamo ! "

E corrono giù per quella stradina. E arrivano fino al mare. E poggiano gli zaini sulla sabbia e comprano un cocomero da un venditore ambulante lì vicino. Lo tiene in fresco su quella sua

vecchia ape piena di ghiaccio. E si spogliano, e si buttano in acqua. E si schizzano. E poco dopo tagliano il cocomero a fette grandi. E le divorano e se le mettono in testa. E poi tornano in quell'acqua calda così, con quei piccoli elmetti dolci in testa, a chiacchierare fino al tramonto. Belle, semplici, felici, abbando nate. Stanche di una stanchezza sana, quella che arriva quando fai ciò che ti piace, quando stai bene, quando sei insieme a chi vuoi bene. E altri pochi giorni e qualche altra avventura da ricordare un giorno. Da mettere da parte per quando ce ne sarà bisogno... E poi, solo poi, casa. Roma.

Centoventuno

Quasi un mese dopo.

Igenitori di Niki sono fermi a un semaforo. In auto. Tutti e due con la bocca aperta. Tutti e due senza parole. Nella piazza ci sono una serie di cartelloni giganteschi. E in ognuno c'è Niki. Niki che dorme a pancia in giù, Niki che dorme con il sedere in alto, con il braccio per terra, e infine Niki che si è svegliata da poco, ha i capelli tutti arruffati e un piccolo pacchetto in mano. Sorride. "Vuoi sognare? Prendi LaLuna."

Roberto si gira ancora sbalordito verso Simona.

"Ma quando l'ha fatta Niki la pubblicità di quella caramella?"

Simona cerca di rassicurare Roberto. Deve comunque far vedere che in qualche modo lei e Niki si dicono sempre tutto.

"Sì, sì, me ne aveva parlato... ma non avevo capito che era così grande!"

Ilpadre di Niki riparte, ma sembra poco convinto. "Boh, sarà... Ma che strane foto poi... cioè non sembrano costruite, sembrano... ecco rubate, come se fossero state fatte a casa di qualcuno. Cioè, l'hanno studiata bene. Sembra proprio che dorma davvero, capito? E che poi si è appena svegliata. Cioè, è la stessa faccia che vedo io da diciotto anni, ogni domenica mattina..."

Simona sospira.

"Eh già... Sono proprio bravi."

Poi Roberto la guarda un po più convinto e felice.

"Ma secondo te Niki ha guadagnato bene con questa pubblicità?"C' >, "Sì, credo di sì...";i

"Come credo di sì... E di questo non avete parlato?"§

"Ma amore, non mi va di starle troppo addosso. Se no poi l non mi racconta più nulla."f

"Ah già... Hai ragione..."J,

Quando arrivano davanti casa c'è la sorpresa più grande. Alessandro è lì. Li sta aspettando. Simona lo riconosce e cerca in qualche modo di preparare suo marito.

"Amore..."

"Che c'è tesoro.., dobbiamo prendere il latte? Mi sono ||j dimenticato qualcosa?"||

"No... Lo vedi quel ragazzo..." e indica Alessandro.

"Sì. E allora?"

"È il finto promotore finanziario di cui ti avevo parlato. E jsoprattutto, è la cosa più importante in questo momento per

Niki."

I"Quello?!" Roberto parcheggia.

i"Sì, magari non lo ammetterai, ma ha un suo fascino..."

"Be, devo dire che lo nasconde molto bene."

"Spiritoso. Lascia parlare me, visto che già ci conosciamo. !Aspettami su."

fRoberto tira il freno a mano, spegne il motore. "Certo... ma

Inon è che finisce come nel Laureato ma al contrario?"

!"Cretino!"

Simona gli da una botta. Lo spinge giù dall'auto. Roberto scende, cammina con Simona e arrivano davanti ad Alessandro. Roberto lo ignora, lo supera e sale in casa. Simona invece si ferma davanti a lui. "Ho capito, ci ha ripensato e vuole farmi fare qualche strano investimento..."

Alessandro sorride. "No. Vorrei far sapere a Niki una cosa. ; So che torna domani. Le può dare questa?";

Alessandro le da una busta. Simona la prende, la guarda e ci ; pensa un po su. "Le farà male?"\

Alessandro rimane in silenzio. Poi sorride. "Spero proprio di no. Vorrei che la facesse sorridere..."

"Anch'io. Tanto. E ancora di più lo vorrebbe mio marito." Poi senza salutarlo lo supera. Alessandro risale nella Mercedes e si allontana. Simona entra in casa. Roberto subito la raggiunge.

"Allora, che voleva?"

"Mi ha dato questa..." posa la busta chiusa sul tavolo. Roberto la prende. Cerca di leggerla in controluce. "Ma non si legge niente." Poi guarda un attimo sua moglie. "Io la apro."

"Roberto, non ti azzardare."

"Allora, metti su dell'acqua."

Simona lo guarda sorpreso.

"Hai già fame? Vuoi cenare? Ma sono le sette e mezza."

"No, voglio aprire la busta con il vapore."

"Ma dove le leggi queste cose..."

"Su "Diabolik" una vita fa..."

"E allora chissà quante lettere mie avrai aperto."

"Forse una... ma non eravamo sposati."

"Ti odio! E che c'era scritto?"

"Oh, nulla. Era un conto da pagare."

"Spero almeno tu l'abbia pagato!"

"No, era il conto di un regalo per me..."

"Ti odio due volte!"

Roberto guarda di nuovo la busta. La gira tra le mani. "Senti, io la apro."

"Ma non esiste! Tua figlia non te lo perdonerebbe mai. Non avrebbe più fiducia in te."

"Sì, ma l'avrà in te che me lo avevi vietato. Io glielo dico che tu non volevi che io la aprissi, abbiamo litigato un sacco... e tu guadagni ancora più punti! Facciamo come i poliziotti americani agli interrogatori, tu sei quella buona e io faccio il cattivo. Così però sappiamo cosa le dice quello..."

Simona strappa di mano la busta a Roberto. "No, tua figlia ha fatto diciottenni, è maggiorenne. È uscita da quella porta e tornerà tutte le volte che ne avrà voglia. Ma la vita è sua. Con i

suoi sorrisi. I suoi dolori. I suoi sogni. Le sue illusioni. I suoi pianti. E i suoi momenti felici."

"Ho capito, ma io vorrei solo sapere se in quella lettera c'è qualche dolore per lei..."

Simona prende la lettera e la mette in un cassetto. "L'aprirà lei quando tornerà e sarà felice che l'abbiamo rispettata. E magari sarà felice anche per quello che leggerà. Almeno spero. Vado a preparare la cena ora..." Simona va in cucina.

Roberto si siede sul divano. Accende la tv. "Ecco" grida dal salotto. "È quel tuo "almeno spero" che mi preoccupa."

Centoventidue

Ehi, ma che fai?"

" Sono venuto a prendere un po di roba. Ho dei documenti che non voglio lasciare qui in ufficio."

Leonardo si appoggia alla scrivania e gli sorride. "Guarda, Alex, non sono mai stato così felice... In Giappone ci hanno riconfermato su tutta la linea. Ma lo sai che adesso ci hanno richiesti anche la Francia e la Germania?"

"Ah sì?"

Alessandro continua a togliere dei fogli dai cassetti. Li controlla. Inutili. Li butta nel cestino.

"Sì. Hanno già mandato tutti gli incartamenti. Dobbiamo fare una campagna su un nuovo prodotto che uscirà tra due mesi... Un detersivo al cioccolato... ma che sa di menta! Una cosa assurda secondo me... Ma sono sicuro che troverai l'idea giusta per farla accettare dal tuo grande amico: la gente."

Alessandro finisce di prendere le ultime carte e si tira su. Fa una lieve flessione all'indietro portandosi le mani sulla schiena. Leonardo se ne accorge. Sorride. "L'età, eh... Però quel ragazzino alla fine lo hai battuto. Tieni, questi sono alcuni dettagli, il resto della documentazione te l'ho lasciata sul tuo tavolo..."

"Credo che ti convenga richiamare il ragazzino da Lugano..."

"Cioè? Che vuoi dire?" Leonardo lo guarda sgranando gli

occhi.

"Che me ne vado."

"

"Cosa? Ti hanno offerto un nuovo lavoro, eh?! Un'altra azienda, vero? Dimmi chi è? Dimmi chi è stato? La Butch & Butch, vero? Dimmi chi è stato, forza, che lo distruggo!"

Alessandro lo guarda tranquillo. Leonardo si calma.

"Ok, ragioniamo." Respiro lungo. "Noi ti possiamo dare di più." Alessandro sorride e lo supera.

"Non credo."

"Come no, lo vuoi vedere? Dimmi la cifra."

Alessandro si ferma. :"Vuoi sapere la cifra?"

"Sì."

Alessandro sorride. "Bene, non c'è cifra. Sto andando in vacanza. La mia libertà non ha prezzo."

E va verso l'ascensore. Leonardo gli corre dietro.

"Ah, ma allora la cosa è diversa. Ne possiamo parlare. È inutile che richiamo quel ragazzino... Ma che, te la sei presa?"

"E perché mai? Ho vinto..."

"Ah sì, sì certo... Ecco, ho un'idea. Mentre sei fuori inizio a far impostare tutto ad Andrea Soldini, che ne dici?"

"Bene, mi fa piacere... E soprattutto ti devo dire che sono molto contento per una cosa..."

Leonardo lo guarda incuriosito. "Per cosa?"

"Che ti sei ricordato il suo nome."

Alessandro spinge il tasto T. Leonardo sorride. "Ma certo... Come posso dimenticarlo... È uno fortissimo." Poi all'ultimo Alessandro blocca le porte. "Ah, senti, penso che dovresti far restare anche Alessia qui a Roma. Non la spostare a Lugano. È preziosa qui, fidati."

"Ma certo, scherzi? E come se non fosse mai partita... Piuttosto... Ma tu, quando torni?"

"Non lo so..."

"Ma dove vai?"

"Non lo capiresti..."

"Ah, ho capito... È come quella pubblicità di quel tipo con la carta di credito che si ritrova nudo su quell'isola deserta..."

"Leonardo..."

L

"Sì?"

"Questa non è una pubblicità. È la mia vita." Poi Alessan dro gli sorride. "Ora mi lasci andare per favore?..."

"Certo, certo..." Leonardo libera le porte dell'ascensore che lentamente si chiudono.

"Io sarò qui ad aspettarti..." Poi si sporge di lato cercando quell'ultimo spiraglio. "Torna presto." Poi si piega e grida quasi dentro la fessura. "Tu lo sai... Sei insostituibile!"

Centoventitré

Niki infila le chiavi nella serratura di casa. Roberto e Simona sentono quel rumore familiare. Sono sorridenti e felici, curiosi e divertiti di tutti quei racconti, dei posti, degli aneddoti, delle avventure di quella giovane figlia appena maggiorenne. Bella, abbronzata, un po dimagrita... ma soprattutto incredibilmente cresciuta.

"Ma poi non sapete che cosa ha combinato Olly. Ha bevuto come una pazza a una festa in spiaggia, un rave party, durato fino al mattino. E doveva aver preso anche qualcosa. È stata male due giorni. Non si ricordava più niente. Neanche chi eravamo noi."

Roberto e Simona ascoltano quasi terrorizzati quelle parole, facendo finta di niente, perfino cercando di divertirsi.

"E poi Erica ha avuto una storia con un tedesco, una specie di Hulk biondo. Ha detto che vorrebbe andare a Monaco, sabato e domenica. Diletta invece si è fatta ricaricare dai suoi il telefonino non so quante volte per chiamare Filippo. E quando non prendeva o era senza credito faceva delle file smisurate per chiamare dal fisso. Una prima cotta da dipendenza assoluta. Vi giuro, ci ammorbava ogni giorno raccontandoci tutto quello che si erano detti, i messaggi ricevuti e quelli mandati! Una neverending story!"

Simona guarda. "E tu?"

"Oh, io... io mi sono divertita, sono stata bene, molto bene. Tranquilla. Mamma, guarda che mi sono comprata."

Niki raggiunge lo zaino e tira fuori una camicia bianca, tutta stropicciata, con uno scollo a V e delle pietre applicate alla scollatura. Se la poggia addosso. "Ti piace? Non l'ho pagata

tanto."

"Sì, carina!" Ma Simona non fa in tempo a dirlo che Niki è

corsa di nuovo allo zaino.

"Questi li ho portati per voi, un pareo per mamma... e per te, papa, questa busta celestina. Dei sandali di cuoio!"

' Roberto li prende in mano. "Ma sono bellissimi... grazie. Ma che misura sono?"

Niki lo guarda contrariata. "La tua papa, quarantatré!"

"Ah, mi sembravano piccoli."

Simona si alza e va verso il cassetto. "Anche noi abbiamo una cosa per te." Tira fuori la busta di Alessandro. Niki la prende in mano e riconosce subito la scrittura. "Scusatemi." Va in camera sua, chiude la porta e si siede sul letto. Rigira la busta tra le mani. Poi non ci pensa più e la apre.

"Ciao, dolce ragazza dei gelsomini..." e continua a leggerla così, sorridendo, commuovendosi a volte, facendosi una bella risata in altri punti. Legge, sorride. Ricorda fatti, posti, frasi. Ricorda baci e sapori. E molto altro. E alla fine della lettera non ha dubbi. Esce dalla camera, va in salotto dai suoi genitori. Roberto e Simona sono seduti sul divano, cercano in qualche modo di distrarsi. Simona sfoglia una rivista, Roberto guarda le cuciture dei sandali, studiandoseli con tanta attenzione da far pensare che a momenti voglia mettere su un'azienda per produrli. Simona la vede arrivare. Chiude la rivista e cerca di essere tattica, come se non gliene importasse più di tanto di quella lettera. Ma è curiosa da morire, sta morendo, pagherebbe oro per sapere cosa c'è scritto. Ma accenna un sorriso leggero, per non essere troppo invadente. "Tutto bene, Niki?"

"Sì, mamma." Niki si siede davanti a loro. "Papa, mamma, vi devo parlare..." e comincia. E non si ferma quasi più. I genitori rimangono in silenzio ad ascoltare quella specie di fiume in

i

piena, tutte le ragioni per le quali non possono assolutamente dirle di no.

"Ecco. Ho finito. Allora, cosa ne pensate?"

Roberto guarda Simona. "Te l'ho detto che dovevamo aprire quella lettera..."

Centoventiquattro

Sotto il lavandino bianco, piegato sulle ginocchia, con le mani sulle fredde mattonelle del bagno. Fa caldo. Si asciuga con la manica del giubbotto la fronte imperlata di sudore. Poi le vede. Un paio di Ali Stars sono ferme a pochi passi da lui. Il giovane idraulico si scosta da sotto il sifone. E Olly gli sorride.

"Vuoi dell'acqua? Coca Cola? Caffè? Té?" Vorrebbe fare un po come Tess Me Gill, la giovane e combattiva segretaria di Katharine Parker nel film Una donna in camera e dire anche... "me?" ma gli sembra fuori posto. Il giovane idraulico si siede per terra, si appoggia al lavandino e le sorride.

"Una Coca, grazie." La guarda uscire. Ha una gonna corta, una maglietta corta, dei calzettoni corti. Tutto corto meno le sue gambe. Lunghissime. E poi è gentile. Che gliene fregherebbe a una come lei di venire qui, da uno come me a chiedermi se ho voglia di qualcosa da bere.

Olly ritorna. "Tieni, ti ci ho messo dentro anche una fetta di limone. L'ho tagliata col mio coltellino..." Olly glielo fa vedere. "Ti piace? È un modello di arresoja, affilatissimo, lo fa un artigiano sardo di Fluminimaggiore. È una ficata rarissima." Il giovane idraulico lo prende e lo guarda. Olly continua la descrizione. "Vedi, ha la lama intarsiata con un'aquila e il manico in corno di cervo." Il giovane idraulico lo apre. "Bello." Poi beve un sorso di Coca. Ha sete sul serio. Fa un caldo assurdo lì sotto. Olly si siede sul bordo della vasca.

Accavalla le gambe, un ginocchio sull'altro, così non si possono vedere le mutandine. Il giovane idraulico la guarda. Per un attimo ci pensa e s'imbarazza. Ma proprio un attimo.

"Grazie."

"Oh, figurati. Senti, ma di solito a riparare le cose idrauliche qui da noi ci veniva un altro. Come mai ora ci sei tu? Cioè, non è che mi dispiace eh, chiedevo."

Il giovane idraulico continua ad allentare il tubo sotto il lavandino e sforzandosi parla. "Quello che veniva sempre è mio fratello. Ora lavoriamo insieme. Da poco però, eh... Comunque ho quasi fatto."

Olly sorride e accavalla le gambe. "Ma figurati, mica ti volevo mettere fretta!"

"Ecco." Il giovane idraulico stacca il tubo e lo rovescia nella piccola tinozza, insieme a un po d'acqua e tanti capelli. Tin. Un rumore sordo sulla plastica blu.

"Visto? Ci sono riuscito. Non è andato perso, il tuo anello."

Il giovane idraulico lo passa a Olly che se lo rigira tra le mani, sorridendo. Il giovane idraulico intanto rimonta il tubo e lo stringe forte con una chiave inglese.

"Ecco fatto" esce veloce e sudato da sotto. "Hai visto?" Il giovane idraulico guarda l'orologio. "Venti minuti, non ci ho messo molto..."

"Figurati. Sei stato un mago! Io ormai lo davo per perso..."

Il giovane idraulico la guarda. Poi si piega e gira sotto il lavandino la rotella per riaprire l'acqua. E decide di buttarsi. Tanto da lì sotto il lavandino lei non può vedere la sua faccia. Al massimo non mi risponde.

"Ci sarebbero stati problemi col tuo ragazzo, eh?"

"Macché, con mia madre semmai. Me l'ha regalato lei per la maturità... Oh, ho preso /, insperato... Soprattutto per lei. Ha deciso per una volta di premiarmi. Se lo perdevo erano guai. Già mi sembra di sentirla. Olimpia, non hai rispetto per niente e per nessuno, ti perdi tutto! Sai quanto c'ho messo a farti fare quell'anello su misura, a trovare una cosa che andasse bene per te?"

Il giovane idraulico sorride e guarda l'anello. "Be, in effetti è proprio bello."

"È identico a quello che portava Paris Hilton nell'ultima foto col suo ultimo fidanzato. Però secondo me mia madre l'ha fatto a risparmio, non credo che questi siano davvero diamanti come quelli dell'originale!"

"Però è stata carina a pensarci."

"Sì."

Il giovane idraulico si mette sulla spalla la sua cassetta degli attrezzi e va verso la porta. Olly lo accompagna.

"Be, grazie di tutto" gli dice mostrandogli ancora l'anello.

"Figurati, grazie a te della Coca Cola."

"Ma che scherzi? Piuttosto" Olly si ferma portandosi la mano sulla fronte. "Cavoli, non ci stavo pensando, ti giuro! Quanto ti devo?"

Il giovane idraulico ci pensa un attimo. Solo un attimo. Poi scuote la testa. "Ma dai, niente, va bene così. C'ho messo solo venti minuti."

"Ma che scherzi, non esiste proprio. Tuo fratello chiedeva cento euro solo per la chiamata. Guarda che sennò non ti chiamo più e mi rivolgo solo a lui."

Il giovane idraulico si mette le mani in tasca. "Ok, ma solo cinquanta euro" e poi tira fuori il suo biglietto da visita, "e prometti che poi chiami sempre e solo me, non mio fratello. Solo io ti faccio risparmiare. Promesso."

Olly guarda il bigliettino. Il cognome prima del nome. Sabatini Mauro. E poi c'è un idraulico disegnato come un cartone animato. Olly riesce a non ridere.

"Sei più simpatico di tuo fratello. Non glielo dire però, eh?"

Proprio in quel momento sulla porta compare la madre di Olly. Vedendola con quel ragazzo, vestito in tuta blu e con la cassetta degli attrezzi, la guarda preoccupata.

"Olly, che succede?"

"Ma niente, ma, perché sei sempre preoccupata? È passato un mio amico a salutarmi, non ci vedevamo da prima delle vacanze..." Olly fa l'occhietto a Mauro.

"Buongiorno, signora."

"Buongiorno, mi scusi, pensavo... no, niente, non pensavo a niente."

"Mamma, gli ho fatto vedere pure l'anello che mi hai regalato tu e gli è piaciuto moltissimo."

Mauro sorride. "Sì, ottimo gusto. Sembra un po quello della signorina Hilton."

La madre scuote la testa. "Ma è quello della Hilton" ed entra con altra spesa in casa.

"arrivederci, ciao..." fa Olly e si avvicina a lui, baciandolo sulla guancia. Mauro rimane per un attimo interdetto. "Sai, non sono sicura che mia madre non stia controllando." Si avvicina al suo orecchio e gli dice piano "Ci sentiamo qualche volta magari., se no capisce che mentivo".

Mauro le sorride. "Certo, per non farla sgamare..."

Olly va in cucina. La madre sta mettendo a posto la spesa.

"Tieni questi, mettili lì sotto..." La madre le passa alcuni detersivi. "Ti ho preso gli yogurt che volevi..."

"Grazie..."

La madre finisce di svuotare le buste.

"Ma non sai che buffo. L'amico tuo somiglia un sacco all'idraulico che viene sempre da noi. Per un attimo pensavo che si era rotto il bagno o chissà quale altro casino avevi combinato."

"Macché. Comunque è vero, ci somiglia, c'avevo pensato anch'io." Poi guarda di nuovo l'anello.

"Mamma, grazie. È davvero bellissimo!"

"Sono felice che ti piaccia." Si abbracciano. La madre la prende e la tiene per un attimo tra le sue braccia, guardandola. "Speriamo solo che non te lo perdi come fai con tutto il resto."

Olly si appoggia al suo seno come non faceva più da tantissimo tempo. "Mamma, ma no, stai tranquilla." Poi guarda l'anello ancora bagnato.

"Notiziario radio. Buon pomeriggio. Stamattina i carabinieri sono riusciti a smascherare un importante traffico di stupefacenti. Insospettiti dal continuo via vai nell'abitazione di una

coppia di anziani hanno fatto irruzione all'alba. I signori Manetti Aldo e sua moglie Maria sono stati trovati in possesso di oltre quindici chili di cocaina. I due coniugi sono stati arrestati. Rifornivano di droga ormai da diversi anni tutto il quartiere Trieste, il Nomentano e anche alcuni sobborghi del Salario. Calcio. Ancora un acquisto per la..."

Lei fuori dalla stanza color indaco. È arrivato il momento di restituirlo. È troppa la curiosità. E in fondo è anche una buona azione... La ragazza mette la freccia. La strada è poco illuminata ma riesce lo stesso a leggere il nome della via. Via Antonelli. Sì, dovrebbe andar bene di qua. Continua a guidare. Dal piccolo lettore ed della minicar escono parole buone, adatte al momento. "La specialità del giorno è il sorriso che mi fai. Dentro un mondo disadorno, si distingue più che mai. Mette in luce i lati oscuri delle troppe ipocrisie e s'arrampica sui muri come glicine..." Sorride e si guarda un attimo. Sì, le sta proprio bene quel vestito. Il grigio e il blu le hanno sempre donato. Uno stop. Poi gira a destra. "E per me, che ormai vivevo nel mio disincanto sai. Come un faro che si è acceso è il sorriso che mi fai." E bravo Eros. Dovrebbe mancare poco. Ma dove si sono infilati con gli uffici, questi? Speriamo che ci sia ancora qualcuno, sono le otto. Mannaggia a me e a quando faccio tardi. Entra in una strada piena di palazzine in stile Ottocento. Rallenta e guarda i numeri civici. Cinquanta. Cinquantadue. Cinquantaquattro. Eccolo. Cinquantasei. Si ferma e parcheggia un po storta. Tanto la minicar è piccola, è come avere una Smart. Prima di togliere la chiave, le ultime parole della canzone. "Ci volevi tu a stanarmi l'anima, ci volevi tu che stai aprendo sempre più... una nuova età." Una nuova età. Sì, è così che mi sento, Eros.

Scende, prende la ventiquattrore e chiude la minicar. Sale sul marciapiede e si avvicina ai citofoni. Legge i nomi. Giorgetti. Danili. Benatti... Eccolo. E suona il campanello. Mentre aspetta, le batte forte il cuore.

"Sì, chi è?" una voce gracchiante la sorprende. Lei si awi:cina al citofono, e mette la testa di lato.

\"Eh, sì, sono io. Cioè, io... cercavo il signor Stefano, se c'è."

|"Sì, è appena uscito dall'ufficio. Sta scendendo. Se aspetta vi

trovate giù" e chiude.

IAh. Bene. Non devo neanche salire. Cioè, adesso lui

!scende. E mi trova. E non sa neanche chi sono! Che gli dico?

ICome mi metto? Gambe dritte e mezze impalate? O mi

appoggio alla macchina un po in posa? Oppure tengo la borsa davanti con tutt'e due le mani, tipo "tieni il pacco"? No, meglio se sto... Non fa in tempo a finire. Un ragazzo non troppo alto con una giacca leggera in lino apre il portone e se lo richiude alle spalle. Poi alza la testa e vede una ragazza con un vestito corto molto carino grigio e blu che guarda verso il cielo. Sembra che parli da sola. Stefano fa una smorfia buffa e sorpresa. Poi fa per andarsene. Lei si volta all'improvviso. Lo vede. Silenzio. "Ehi, scusa!"

Stefano si gira. "Sì? Dici a me?" "Eh, ci sei solo tu! Per caso sei Stefano?" "Sì, perché?"

"Questo è tuo!" e gli allunga il computer nella sua custodia. "Mio? Cos'è?" Stefano si avvicina, prende la borsa e la apre, tenendola in equilibrio sul ginocchio piegato. Poi la sua faccia cambia di colpo. "No! Non ci credo! Ma è il mio portatile! Non hai idea! C'era tutto, un sacco di roba di cui non avevo fatto il back up! Ho dovuto faticare un sacco e alcune cose le ho pure riscritte. Cioè, l'ho perso tempo fa! Cioè, non è che l'ho perso, me l'hanno grattato!"

"E certo, se lo lasci sopra i cassonetti che speri? Che te lo riporti la nettezza o un gatto randagio?!"

Stefano la guarda. "Ma tu chi sei, cioè come hai fatto..." "Il gatto. Io sono il gatto che quella sera passò di lì e lo trovò. Poi l'ho acceso. Non avevi neanche messo la password d'accesso. È assurdo! Così tutti possono leggere quello che c'è. Rischiosissimo!"

"Non la metto mai perché distratto come sono me la scordo sempre!"

"Te ne do una io facile facile: Erica!"

"Erica?"

"Sì, piacere" e gli allunga la mano ridendo. "Non puoi scordartela! E il nome della tua angela custode!" Stefano è ancora sorpreso ma alla fine sorride.

"Senti" continua Erica, "che fai ora? Sono quasi le nove. Ammazza, certo che lavori tanto tu, eh?"

"Sì, la casa editrice ultimamente mi ha dato un sacco di roba da finire. Che faccio... vado a mangiare come tutti. C'ho una fame!"

"Anch'io!"

Silenzio.

"Be, certo, se sei sposato, fidanzato, blindato, bloccato, altolà e robe simili, dimmelo. Ti capirò... Oppure pensi che io sia una maniaca e ti violenterò appena arrivati all'angolo. Ti capirò anche in questo caso."

Ancora silenzio.

"Certo che non le mandi a dire, eh? Ma no. Che blindato. E chi mi vuole?!" e ride. Di un sorriso che Erica non ha mai visto. Un sorriso di luna lontana, di mare che va e viene, di tutte quelle parole che di lui ha letto nelle settimane precedenti. Un bel sorriso. "Dai, in effetti sono in debito. Hai ragione. Mangiamo insieme? Ti va una pizza? Di più non posso permettermi!"

"Sì! E se ti violento?"

"Be, io faccio ogni mattina i... lardominali! Dici che ce la faccio a difendermi?!"

Erica ride.

"Sei a piedi?"

"No, ho la minicar."

"Lasciala qui, tanto è una zona tranquilla. Camminiamo, ti va? È una bella serata e c'è una pizzeria buona proprio qui vicino."

"Ok" e si allontanano così.

"Ehi senti che bella, la stavo ascoltando prima mentre venivo da te..."

Erica gli passa la cuffia dell'iPod. Stefano se la mette con una certa fatica. Poi inizia ad andare a tempo con la musica.

"Ehi, niente male sul serio. Sai io ascolto sempre musica classica..."

"Ma dai, sul serio? Mi piacerebbe imparare a sentirla, mi sembra così..."

"Vecchia?"

"No, non vecchia, ecco che ne so, strana... Difficile! Cioè, forse... o almeno per me da capire..."

Stefano sorride. "Sono sicuro che te la caveresti benissimo... Ma questi che sto ascoltando chi sono?"

"I Dire Straits... Money For Nothing..."

"Ah, giusto... Li conosco..."

E lei sorride. E lui anche, mentre comincia Sultans Of Swing. E continuano così. Come ogni prima volta. E il mondo attorno sembra fermarsi per farli passare, per vederli andare via insieme, verso una semplice cena che però sa di tante cose nuove da raccontare.

"E ora una notizia di spettacolo. È uscito ieri in diversi cinema il nuovo film del regista Piero Caminetti. Nella sala principale del cinema Adriano dove erano presenti anche gli attori, alla fine della proiezione il pubblico ha fischiato a lungo la protagonista, la giovane attrice debuttante Paola Pelliccia. La sua interpretazione è stata ritenuta poco credibile e assolutamente fuori ruolo. Ben più riuscito il protagonista, il personaggio principale, interpretato dal noto attore..."

Stessa città. Poco più in là e un po più tardi. Fuori le auto passano veloci. Ma il rumore del traffico si sente appena. O almeno così sembra a lei. Dalle casse arriva al giusto volume una canzone. "... Know no fear * stili be here tomorrow, bend my ear l'm not gonna go away. You are lo ve so why do you shed a tear, know no fear you will see heaven from here..." Non la cono

sceva. Ma è bella. Sì, non avrò paura, perché tu sarai ancora qui domani. Non aver paura, tu vedrai il paradiso da qui... Lui la prende per mano.

"Ma i tuoi non ci sono?"

"No, la domenica sera vanno sempre a cena fuori e poi cinema."

"Fratelli o sorelle?"

"No."

"Usciti anche loro?"

"Figlio unico" e le stringe delicatamente la mano. "Vieni. Ti faccio vedere." Apre una porta color noce e una stanza grande, luminosa e piena di libri li accoglie. Non le da il tempo di chiedere "Leggi molto?" perché tanto le regala una risposta ancora più importante. Un bacio lungo, intenso, profondo la rapisce. E quella stanza sembra un mare che dondola d'estate, sembra un cielo che osserva due nuvole bianche che si rincorrono. Robbie Williams arriva in sottofondo dal salotto... e sembra il vento quando parla agli alberi e li scuote, raccontandogli di posti lontani, appena visitati... "We are love don't let it fall on deaf ears. Now it's clear, we have seen heaven from here..." Il paradiso è una semplice camera da letto di un ragazzo che gioca a pallacanestro e ha un pensiero carino ogni mattina per lei, un pensiero al sapore di cereali e frutti di bosco. Il paradiso è una coperta azzurra e leggera di un letto grande che la accoglie come un petalo che cade tra le onde. E lei si sente portare, morbida e un po impaurita, felice però di essere lì, di avere accettato quel viaggio insieme che stanno per fare. Senza partire. Senza bagagli. Senza mappe o cartine. Perché in amore le strade e il paesaggio sono sempre una scoperta continua. Perché nessuno te li insegna. O forse sì. E il suo respiro ti guida. Ti dice dove voltare. Dove rallentare. Dove fermarsi... E poi ripartire senza paura. Filippo la guarda così, sdraiata, bellissima. E gli sembra di non aver mai visto tanta luce arrivare da due occhi soltanto. Gli sembra che la vita di colpo abbia davvero senso e che tutto ciò che ha fatto fino a oggi sia servito proprio per arrivare fino a lì. In quel nuovo

paradiso, destinazione felicità. Quella stanza. Si avvicina piano e la carezza e sente il suo respiro farsi lento e profondo, impaurita, piccola onda persa in quel mare che stanno per prendere.

"Io... non l'ho mai fatto..." gli sussurra lei in un orecchio.

"Nemmeno io..."

"È la tua prima volta?"

"Sì... con te" e forse è vero, forse no. Ma è così bello credere nella felicità. E quella risposta vale cento, vale mille, vale tutto un passato che non importa più conoscere. Perché quando fai l'amore con chi ami è sempre la prima volta, è sempre una partenza. Diletta lo guarda e poi lo abbraccia fortissimo. Si sente protetta, si sente accolta e amata. E allora quel letto diventa una barca in mezzo a quelle onde. Onde calme, leggere, onde che cullano. Onde che non fanno paura. Onde verso una nuova isola, deserta, solo per loro.

"Cronaca. In uno scontro a fuoco è stato ferito gravemente il giovane Gino Bassani, più conosciuto con il soprannome de il Civetta. Il giovane era già stato arrestato per furti di macchine e spaccio di stupefacenti. Questa volta ha tentato un colpo più grande di lui introducendosi... "

Più tardi. La foto di una grande scogliera schiaffeggiata dal mare è appesa tra la porta e l'armadio. Diletta la guarda. Sorride. Filippo le accarezza i capelli, li sposta, libera il suo viso dandole più luce. E poi, un bacio leggero sulla guancia.

"Sei bellissima, dopo l'amore."

"Anche tu. Hai visto?"

"Cosa?"

"Gli scogli."

Filippo si gira. Guarda anche lui la foto.

"Sì, è una foto che ho fatto quando sono andato in Bretagna, l'estate scorsa. Sai, la chiamano il regno del vento. Puoi fare la strada dei fari, da Brest a Ouessant, partendo da quello di Tré-zien, a Plouarzel. Ma a me piacevano proprio le scogliere.

Solide, forti, sempre a respingere il mare e alla fine... ne diventano totalmente parte..."

Un altro bacio leggero su quelle belle labbra rosse, morbide, ancora trattate d'amore.

"C'hai mai pensato? Gli scogli resistono alle onde, al sale, al vento ma si lasciano modellare, cambiano forma, con il tempo diventano lisci, perdono spigoli, sembrano morbidi..."

Diletta si appoggia a lui.

"Le onde e gli scogli... come l'amore tra le persone. Ci si incontra, ci si sceglie, si va in mare aperto..."

Filippo le prende il viso tra le mani.

"E tu, piccola onda, ti sei fatta amare..."

Si abbracciano. Poi lei lo guarda, si stringe forte a lui. E sorride, nascosta tra le sue braccia.

"Ho aspettato tanto perché avevo paura... Vorrei tanto essere stata sciocca. Non mi far avere ragione."

"Sei stata intelligente ad aspettarmi... E ad aver paura. Ma ora saresti sciocca a non vivere la nostra felicità."

"Ancora riservata ma comunque stazionaria la prognosi del noto cantante Fabio Fobia. È rimasto coinvolto in una rissa avvenuta in un centro sociale sulla Tiburtina. Alla fine del suo concerto sembra che una ragazza del pubblico non abbia gradito le sue particolari e insistenti attenzioni. È così scoppiata una rissa tra il giovane cantante e l'accompagnatore della ragazza che ha avuto la meglio su di lui. Fabio Fobia è tutt'ora ricoverato. Trasmettiamo ora un pezzo del suo ultimo singolo arrivato finalista nel concorso delle giovani voci di Villa Santa Maria in Abruzzo: 'Perdonami forse ho sbagliato, mi sono ricordato tutto quello che mi hai regalato. Un sorriso. Un bacio. Un viaggio mai ini

ziato...'."

Il cameriere arriva con due marinare fumanti. Ha già portato due birre medie belle fresche. Erica lo guarda.

"Devo confessarti una cosa."

"Dimmi."

"Tu scrivi troppo bene. Mi hai fatto compagnia in queste settimane. Ho letto le tue cose sul computer."

"Ma dai! Davvero?"

"Ti scoccia?"

"Ma no. In fondo chi scrive lo fa per essere letto, prima o poi. E meglio se da un'estranea!"

"È una cosa buffa perché invece a me sembra di conoscerti da sempre. Proprio perché ti ho letto!"

"Cosa ti piace in particolare?"

"Mah... ad esempio molti passaggi che hai nella cartelletta, quella che si chiama "Martin". È il tuo nome d'arte, vero? Bello. Ecco, lì hai scritto delle cose davvero belle... me le sono anche ricopiate sul diario. C'è l'ultima frase, quella che dice "E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere". Cavoli, è bellissima!"

Stefano resta zitto. Mastica un po di pizza. Ma ha un'espressione un po buffa. Erica continua.

"Poi c'era anche l'altra cartelletta, quella "L'ultimo tramonto" Ecco, devo dire che lì hai dato il tuo meglio. Sono dei pezzi bellissimi! Ma quello non l'hai finito ancora, vero?"

Stefano smette di mangiare. Appoggia la forchetta sul piattone bianco. Prende la pinta e beve un sorso di birra. Poi si mette a ridere.

"Che c'è ora, che ho detto?"

"No, nulla... è che è buffo!"

"Che?"

"Allora. Martin non è il mio nome d'arte. Sta per Martin Eden. E quello che hai letto nella cartellina è la mia traduzione del romanzo di Jack London che porta quel titolo."

Silenzio.

" Ma è quello che ci davano a scuola..."

"Sì, proprio quello... Ne stanno facendo uscire una versione moderna e mi avevano scelto per tradurlo e tu... Be, per fortuna mi hai salvato, non ce l'avrei mai fatta se non mi restituivi il computer con tutto il lavoro che avevo già fatto."

"Ma sul serio è Jack London?"

"Sul super serio, dovrò fare anche il prossimo, II vagabondo delle stelle..."

"Uffa, mi sa che Martin Eden l'avevo pure letto... potevi anche scrivercelo... no?"

Silenzio.

"E allora anche quell'altro romanzo è di Jack London?"

"No."

"Di un tuo amico, allora."

"No."

"Di uno degli autori della casa editrice?"

"No. E mio."

Silenzio.

"Mi stai prendendo in giro?"

"No, sul serio, è mio. E sei la prima persona che lo ha letto..."

"Ma dai! Ma sei bravissimo!" e Erica batte le mani sul tavolo facendo voltare altri clienti della pizzeria. "Tu sei un mito! Ma scrivi troppo bene! Sei il mio scrittore preferito!" Prende la pinta e la spinge al cielo. Stefano sorride e fa altrettanto. I vetri si toccano e si respingono allegri. "All'uomo delle parole giuste per me!" E ancora non sa quanto quel brindisi sia vero.

Centoventicinque

Alessandro cammina sorridente sulla spiaggia.

"Buongiorno." Ma il signor Winspeare non ne vuole sapere. Ormai sono più di tre settimane che sono lì, si incontrano tutte le mattine durante le loro rispettive passeggiate ma quel signore non risponde mai al suo saluto. Alessandro non dispera. Continua così, come ha imparato a vivere. Non sono gli altri che devono cambiarci in quello che ci sembra giusto e che soprattutto ci fa piacere fare. Certo, è proprio bello questo posto. Aveva ragione lei, la ragazza dei gelsomini. Alessandro sorride fra sé, guardando il mare lontano. Qualche barca si vede passare lungo il filo sottile dell'orizzonte. Alessandro si copre con la mano gli occhi. Cerca di guardare ancora più lontano. Magari c'è un traghetto in arrivo, una scritta da leggere, qualunque cosa per cui sorridere. Poi desiste. No. Sono troppo al largo. Allora si guarda intorno. Le rocce, il prato verde che sale su dalla scogliera, quel faro... l'Isola Blu.

E ancora più bella di come l'aveva vista su Internet. Niki. Niki e il suo sogno. Fare una settimana il lighthouse keeper, il guardiano del faro. Alessandro sorride e torna verso casa. I sogni esistono per cercare di essere realizzati. E ogni giorno ci diciamo: sì, lo farò domani. Ma adesso? Di cosa viviamo adesso... e così prende la tavola che ha portato con sé e la butta in acqua. Ci si stende sopra e fa due bracciate. Dopo poco è al largo. Poggia i gomiti sulla tavola e guarda se arriva qualche onda. Ecco, quella potrebbe essere buona. Si gira su se stesso e prova a fare qualche

bracciata. Niente. L'onda gli passa sotto. L'ha persa. Niente. Rimette le gambe a mollo e si stende sulla tavola. Però ora che ci penso, una l'ho presa, un po di tempo fa. Quando è stato? Almeno dieci giorni fa. L'ho presa, pensa Alessandro, ci sono salito sopra e sono quasi riuscito a salire in piedi sulla tavola. Ma era un'onda troppo piccola e sono caduto. Alessandro guarda di nuovo verso il largo. Niente da fare. C'è poco mare oggi. Allora fa due bracciate veloci e torna a riva, rimette la tavola nel capanno, prende un grosso asciugamano blu e si asciuga velocemente. Si strofina forte cercando di togliersi di dosso il sale e il freddo del mare dell'isola del Giglio. Brrr. Ecco. Così va meglio. Mi sento pure più tonico. Alessandro si siede su una roccia lì vicino, apre lo zaino e lo prende. Sorride e sfoglia di nuovo il libro che si è comprato. Il manuale del surf. Come diventare surfisti in dieci lezioni. Contiene spiegazioni di come famosi surfisti si alzano in piedi sulla tavola al momento giusto per prendere onde di almeno quattro metri. Poi alcune foto. Già, ma queste onde qua non arrivano mai. Alessandro chiude il libro. Già non arrivano... Forse sono fortunato. Si rimette la felpa blu e scende in paese. Scendere poi... Non sono neanche duecento metri.

"Buongiorno, signora Brighel."

"Oh, buongiorno signor Belli, tutto bene?"

"Sì, grazie... E lei?"

"Molto bene, grazie. Le ho messo da parte una spigola fresca, patate e zucchine, come mi aveva chiesto. Mi sono permessa di tenerle da parte anche qualche riccio. La vuole la zuppa di ricci, signor Belli?"

"Perché no, signora Brighel? La provo volentieri." Alessandro si siede nella piccola locanda, come fa ormai da più di quindici giorni.

"Ecco il suo bicchiere di vino bianco californiano e un po della mia mousse di tonno con del pane tostato." La signora Brighel poi si pulisce le mani sul grembiule che indossa intorno alla vita e gli sorride. "Certo che le piace proprio molto questa mia mousse, eh? Da quando l'ha provata non la lascia più, la vuole ogni giorno..."

"Mi piace molto perché la fa lei con le sue mani, e con amore... E non vedo poi perché quando si trova qualcosa che ci piace tanto dobbiamo mai abbandonarla..."

"Sono proprio d'accordo con lei signor Belli."

,i)"Già." Poi Alessandro si versa un po di vino e sorride tra sé.

Si

iMa non me la potevo fare prima questa domanda? Va be...

Non devo disperare...

"Allora signor Belli, io torno di là... Vuole altro, intanto che cucino?"

"No, signora Brighel, ma faccia con comodo..."

Poco dopo ritorna al tavolo con una sorpresa.

"Tenga, le voglio far assaggiare anche questi gamberetti crudi. Me li ha portati ora mio marito, il signor Winspeare. L'ha salutata, oggi?"

Alessandro finisce di bere un po di vino. Poi si pulisce la bocca. "No, signora Brighel."

"Ah... ma sono sicura che capiterà."

"Lo spero. L'importante, come in ogni cosa, è non avere fretta."

La signora Brighel si ferma davanti al tavolo e si asciuga le mani nodose, ancora bagnate dai gamberetti appena sgusciati. "Oh, mi piace la sua filosofia. Sì, prima o poi capiterà. Non bisogna avere fretta... È giusto quello che dice." E torna in cucina. Alessandro spalma un po di mousse sul pane tostato. Già, non aver fretta... Poi assaggia un gamberetto. Buonissimo. Si lecca le dita e se le pulisce con il tovagliolo. Prende il bicchiere di vino freddo e da un lungo sorso. Già, che fretta c'è? Ho lasciato il lavoro per un po. Ho bisogno del mio tempo. Non avevo più la mia vita. Leonardo, quando gliel'ho detto, si è messo a ridere. Poi, quando ha capito che facevo sul serio, si è arrabbiato. Mi ha detto "Altre due grandi campagne pubblicitarie stanno per partire, Alex, e stanno solo aspettando te...". Ma c'è un piccolo particolare, caro Leonardo. Sono io che non sto aspettando loro. Io sto aspettando di ricominciare a vivere, di emozionarmi di nuovo, di ridere, scherzare, di correre, di assaporare ogni attimo del mio tempo, di respirarlo tutto, fino

in fondo, quel tempo che voglio vivere senza fretta. Sì. Sto aspettando quel motore amore, sto aspettando te, Niki. Poi ad Alessandro viene un dubbio. E se i suoi genitori l'avessero aperta quella busta? E se l'avessero strappata insieme al suo biglietto per venire fino a qua? E se non le avessero detto niente? Io sono qui, al largo, sull'isola del Giglio, a cinquanta minuti da porto Santo Stefano, a tre ore circa da Roma, lontano da tutto e tutti, senza più lavoro ma di nuovo con la mia vita. Solo che lei non c'è. Sono solo. Custode del faro. Con la signora Brighel che mi prepara ottimi pranzetti, il signor Winspeare che per ora non mi saluta e una tavola che non vuoi saperne di fare surf con me sopra. Senza fretta... Speriamo. Un altro giorno sta passando.

Alessandro guarda il sole che lentamente si colora di rosso. Quel gabbiano che passa lontano e una nuvola leggera, poco più in là, da sola, immobile.

Poi improvvisamente accade. Po po. Po po. Un clacson. E subito dopo, da dietro la curva, eccola. Una vecchia Volkswagen Cabriolet azzurra, traballante, viene su per la salita. Sembra tranquilla, sicura, come del resto quella giovane ragazza che la guida. Ha un cappello in testa, un basco, ma i capelli biondo castani, liberi e selvaggi, e quel sorriso divertito non permette di sbagliare. Niki.

Alessandro si alza e le corre incontro. Niki fa ancora qualche metro, poi frena bruscamente e fa spegnere la macchina.

"Ehi, ma hai preso o no la patente?"

"Sì, ma mi mancano le ultime lezioni. Sai, qualcuno se n'è andato."

Alessandro sorride. Poi guarda l'orologio. "Sono ventun giorni, otto ore, sedici minuti e ventiquattro secondi che ti sto aspettando."

"E allora? Io sono più di diciotto anni che ti aspetto e mica mi sono mai lamentata."

Poi scende dall'auto. Finiscono vicini, sul dosso della strada, con il sole rosso che ormai sta quasi sparendo, dietro quell'orizzonte lontano, fatto di mare.

Alessandro le sorride, le prende il viso tra le mani. Anche Niki sorride. "Volevo vedere quanto saresti stato capace di aspettarmi."

"Se un giorno comunque tu fossi arrivata, avrei aspettato anche tutta la vita."

Niki si scosta un po, s'infila nel maggiolone e spinge un tasto. Inizia la musica. Shes The One riempie l'aria. Niki sorride di più. "Ecco, ripartiamo da qui. Dov'eravamo rimasti?"

"A questo..." e le da un lungo bacio. Con passione, con amore, con sogno, con speranza, con divertimento, con paura. Paura che l'avesse persa. Paura che pur avendo letto la sua lettera, non sarebbe mai arrivata. Paura che qualcun altro l'avesse portata via. Paura che le fosse passato un capriccio. E continua a baciarla così. Con gli occhi chiusi. Felice. Senza più paura. E con amore.

La signora Brighel esce fuori dalla locanda con la zuppa calda dentro al piatto. Ma non trova nessuno seduto al tavolo.

"Ma signor Belli..." Poi li vede lì, sul ciglio della strada, persi in quel bacio. Allora sorride. Poi suo marito, il signor Winspeare, le compare vicino. Osserva anche lui la scena. E scuote la testa.

Alessandro si allontana un po da Niki, la prende per mano. "Vieni..." e corrono verso il faro. Passano davanti alla signora Brighel. "Torniamo tra un po, prepari per due..." Poi si ferma. "Ah, lei è Niki."

La signora sorride. "Piacere!"

Salutano anche lui. "Ecco, signor Winspeare, le presento Niki." E per la prima volta il signor Winspeare emette uno strano grugnito "Grunf...". Che può voler dire tutto e niente. Perché magari si stava solo strozzando. Ma che può essere anche un primo passo.

Niki e Alessandro continuano a correre e poi entrano nel faro.

"Ecco, questa è la cucina, questo il salotto, e questa..."

"Ehi... ma che cos'è?"

"Hai visto? Ho portato anche una tavola per te..."

"Come anche?"

"Sì, ne ho una anche per me."

"E sei riuscito ad andarci?"

"No. Ma ora che ci sei tu..."

"Allora tu finiscimi le lezioni di guida e io comincio a farti quelle di surf."

"Ok."

Salgono le scalette. "Questa è la camera da letto... con la finestra che da sul mare. Questo è un piccolo studio e qui, salendo l'ultima scala, c'è la lanterna..."

Salgono su veloci, escono fuori, si affacciano sul terrazzo. Sono in alto, più in alto di tutto. Un vento caldo, leggero, acca rezza i capelli di Niki. Alessandro la guarda mentre lei osserva più in là, verso il mare aperto. Quella nuvola, che prima era così lontana, ora sembra vicina. E poi quel gabbiano passa di nuovo. E fa un piccolo verso. E in qualche modo li saluta, non come il signor Winspeare. E continua a volare, planando un po più in là, cercando qualche facile corrente. Più lontano, sul filo dell'o rizzonte, c'è quell'ultimo spicchio di sole. Ancora caldo, rosso, acceso. Ma se ne sta andando. Allora Niki chiude gli occhi. Fa un respiro lungo. Lunghissimo. E sente il mare, il vento, il rumore delle onde e quel faro che aveva tanto sognato... Ales sandro se ne accorge. L'abbraccia piano da dietro. Niki si lascia andare. E appoggia la testa sulla sua spalla.

"Alex..."

"Sì."

"Prometti."

"Che cosa?"

"Quello che sto pensando."

Alessandro si sporge in avanti. Niki ha gli occhi chiusi. Ma sorride. Sa che lui la sta guardando.

Allora Alessandro la stringe un po più forte. E sorride anche lui.

"Sì, te lo prometto... Amore."

Un grazie particolare a Stefano, "el pazo", allegro e divertito, mi ha fatto compagnia quest'estate. Mi ha distratto nelle campagne toscane facendosi raccontare questo romanzo al quale ha creduto da subito... Folle com'è!

Un grazie a Michele, il viaggiatore. Mi ha accompagnato a cercare il faro. Insieme a lui l'ho trovato all'isola del Giglio. Poi mi ha fatto compagnia per trovare il resto.

Grazie a Matteo e al suo grande entusiasmo. La bellezza dei suoi tratti è stata molto al di sopra delle mie semplici parole. Mi sono sempre divertito al telefono con lui e non ho mai creduto che fosse sul serio a New York. Forse ci andrò solo per controllare che lavori davvero in quell'ufficio.

Grazie a Rosella e alla sua incredibile passione. Lei sogna così bene che alla fine a quei sogni ci credi pure tu !

Grazie a Silvia, Roberta e Paola, anche se le ho conosciute solo al telefono, ma sono state bravissime, e poi grazie a Gianluca che invece mi è venuto a trovare di persona per prendere le bozze e scappare via senza neanche darmi il tempo di offrirgli un caffè.

Grazie a Giulio e Paolo che mi hanno offerto a Milano una cena speciale, ma soprattutto piacevole, che poi è la cosa più difficile a volte.

Grazie a Ked che mi ha fatto conoscere tutte queste persone.

m

Grazie a Francesca che vuole cambiare il motorino ma non lo fa... Si diverte di più a seguire le mie avventure. E mi consiglia sempre con divertimento e saggezza.

Grazie a tutti i miei amici, quelli veri, quelli che ci sono sempre stati e che sono anche in questo romanzo. Mi hanno fatto compagnia anche nel dolore rendendomelo così più facile da accettare.

Grazie a Giulia che è stata molto paziente e mi è sempre stata accanto con il suo bellissimo sorriso. È stata lei il mio vero faro in questo periodo di burrasca, quando il mare è grosso e perdi di vista la terra.

Grazie a Luce, che come sempre mi fa ridere, e alle mie due sorelle Fabiana e Valentina, che vorrei ridessero sempre.

E poi un grazie molto speciale è per il mio amico Giuseppe. Be, che dire in questo caso... A volte le cose sono così belle che se dici qualcosa rischi di rovinare tutto. E allora preferisco stare zitto e dirti semplicemente grazie papa.