Alla fine degli anni Novanta, New York è tappezzata di manifesti che raffigurano i quadri di Frida Kahlo. Un suo autoritratto viene venduto da Sotheby’s per oltre un milione e mezzo di dollari. A Hollywood si girano film sulla sua vita e i giornali di tutto il mondo la chiamano «la grande Frida» o «la regina di New York». Come se non bastasse, anche il mondo del glamour ne va pazzo: vengono stampate magliette, cartoline, poster con la sua immagine, abiti e gioielli che ne ricalcano lo stile. Ma chi era veramente Frida Kahlo e perché si parla ancora così tanto di lei? Nata nel 1910 a Coyoacan, in Messico, Frida sembra un personaggio uscito dalla penna di Gabriel García Márquez: piccola, fiera, sopravvissuta alla poliomielite a sei anni e a un brutto incidente stradale a diciotto che la lascerà invalida, con tremendi dolori alla schiena che la perseguiteranno fino alla morte. Nella vita privata e nella produzione artistica, Frida è combattuta tra due anime: il candore, da un lato, e la ferocia, dall’altro; la poeticità della natura contro la morte del corpo. La vita di Frida è un viaggio che affonda nella pittura tradizionale dell’800, nei retablos messicani, in Bosch e Bruegel, ma che subisce prepotentemente il fascino degli uomini più potenti del suo secolo: come il muralista Diego Rivera (marito fedifrago che le rimarrà accanto fino alla fine) o Trockij (di cui diverrà l’amante) o Pablo Picasso (che un giorno, al cospetto del marito, disse: «né tu né io sappiamo dipingere una testa come Frida Kahlo»). La biografia di Hayden Herrera – la massima esperta vivente di Frida – non è soltanto un’indagine poetica su una delle più grandi pittrici del Novecento. È soprattutto un libro di passione politica, d’amore, di sofferta ricerca artistica. Quella stessa sofferenza che porterà Frida a dipingere ossessivamente autoritratti spietati e nature morte sensuali, quasi volesse, mettendole sulla tela, strapparsi di dosso le proprie cicatrici e vivere finalmente una vita libera dal passato e felice.<

I raggi della luna che filtrano nel capannone, passando dalle finestre rotte, si riflettono sul nero metallico della canna del revolver. Ad impugnarlo un uomo sulla quarantina. Snello ed alto. Capelli a spazzola color cenere. Abito scuro, camicia bianca con cravatta blu elettrico e scarpe in pelle marrone. Le sue intenzioni non sembrano essere affatto buone, soprattutto visto che quella canna lucente è puntata verso di me. Qualcosa di liquido mi scivola sulle labbra ed il sapore amarognolo ed inconfondibile del sangue mi lascia supporre che il pugno che ho appena preso probabilmente mi ha rotto il naso. Bastardi! Pochi metri distanti da me, accanto ad una vecchia cisterna consumata dalla ruggine, Sara è sdraiata a terra in uno stato di incoscienza. Probabilmente è stata narcotizzata visto che non da segni di ripresa nemmeno quando il bastardo fa partire dal revolver una pallottola che mi trapassa la gamba sul quadricipite rovinandomi il paio di Winchester neri che avevo comprato la settimana scorsa pagandoli 130 Euro. Doppiamente bastardi. Il senso di bruciore e di bagnato che sento provenire dalla mia gamba sinistra fa scorrere via rapidamente l’immagine di tuttiquei contanti usciti dal portafoglio e mi riporta al presente. Come se nulla fosse accaduto mi guarda dritto negli occhi. (incipit)<

Nel Medioevo leggendario del cattolicesimo monastico si snoda la storia dell'amicizia fra il dotto e ascetico Narciso, destinato a una brillante carriera religiosa al riparo dalle insidie del mondo e della storia, e Boccadoro, l'artista geniale e vagabondo, tentato dall'infinita ricchezza della vita e segretamente innamorato anche della sua caducità. Ripercorrendo una delle epoche storiche che più gli sono congeniali, Hermann Hesse riflette sul tema, centrale nella sua poetica, del contrasto fra natura e spirito, fra eros e logos, fra arte e ascesi, alla ricerca di una loro possibile integrazione. "Narciso e Boccadoro" pone così al lettore - in un'accattivante, limpida fusione di favola simbolica e romanzo picaresco - i grandi, inquietanti interrogativi sulla condizione dell'uomo contemporaneo.<

Come sta cambiando la mappa della geopolitica in questo primo scorcio del xxi secolo?
Chi sono gli attori della nuova competizione globale?
Innanzitutto gli Stati Uniti d’America, ma anche la Russia, che nell’energia trova un formidabile strumento di affermazione; la Cina, campione di una crescita economica senza freni e di un dinamismo “geo-demografico” senza precedenti; l’India, la più popolosa democrazia del mondo, laboratorio della nuova middle class globale e dell’alta tecnologia e il Brasile prossimo gigante energetico ed economico. Siamo al termine del momento unipolare del sistema delle relazioni internazionali, dal quale emergerà un nuovo ordine mondiale, auspicabilmente improntato alla collaborazione tra poli geopolitici. Gli imperi del XXI secolo, assetati di energia, voraci di consumo e di ambizioni territoriali, riportano al centro le dinamiche della storia e della geografia, che molti volevano relegare al passato, invocando la panacea di una globalizzazione che oggi mostra però tutti i suoi rischi.<

Il lupo della steppa (1927), l'opera più audace di Hesse, è un atto di accusa contro il suo tempo, una critica della decadenza della civiltà occidentale e svolge, come nota Mittner, "con un procedimento quasi espressionistico il tema della lotta fra la bestialità e la santità di un'anima d'eccezione", fra l'istinto e la ragione, la sensualità e lo spirito. Hesse esemplifica questo contrasto nel destino del protagonista, Harry Haller, un intellettuale sulla cinquantina che riconosce nella sua individualità due modi di essere: da un lato l'uomo, cioè un mondo di pensieri, di sentimenti, di cultura, dall'altra il "lupo", cioè un mondo di istinti selvaggi. Ma non è vero che sui due versanti opposti si collochi tutto il bene e tutto il male, giacché le due anime racchiudono un'infinità di varianti nelle quali l'uomo nasconde in sé anche la meschinità piccolo-borghese e il lupo la forza autoliberatrice degli impulsi primordiali. Il rifiuto di Hesse della civiltà industriale e la riscoperta dei valori dello spirito hanno consacrato il rinnovato successo fra i giovani del Lupo della steppa, riletto in una chiave nuova più che mai attuale.

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Max e Harry, gemelli nati negli Stati Uniti da madre tedesca e padre americano, vengono separati giovanissimi, ma nel corso degli anni cercano di mantener vivo il loro legame. Purtroppo, lo scoppio della seconda guerra mondiale li vede schierati su fronti nemici: Max è un impavido pilota della Luftwaffe, mentre Harry è un asso della RAF. Così, per un caso beffardo della sorte, i due fratelli vengono trascinati a un incontro dagli esiti imprevedibili, in cui saranno costretti a mettere in gioco quanto hanno di più caro e prezioso.<

Basta poco per cambiare il mondo, passo dopo passo. E basta poco a chi vuole vivere bene, felice e senza sprechi. Dopo Non sprecare, Antonio Galdo ritorna sul necessario (e possibile) cambiamento del nostro modello di consumo e di sviluppo, raccontando le grandi idee che potrebbero salvare il pianeta, ma anche i comportamenti quotidiani che migliorano il mondo intorno a noi. Se la crisi globale rischia di rendere tutti più poveri, forse vale la pena di riscoprire la sobrietà; se l'inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali sta minacciando il nostro futuro, forse bisogna capire che si può vivere meglio con meno; se le nostre giornate sono assediate dal lavoro, dal traffico, dallo stress, forse si può tornare a un rapporto più equilibrato con il tempo e lo spazio che ci circonda. Come possiamo liberarci dalla dipendenza del petrolio? Come possiamo utilizzare meglio gli strumenti tecnologici che abbiamo, senza farcene dominare? Come tornare al piacere della normalità, senza finire nell'ossessione della decrescita? Un libro di storie da tutto il mondo, alla frontiera dell'innovazione, ma anche della dimensione individuale delle nostre scelte quotidiane.

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Verso la fine del 1943 Hitler, entusiasmato dall'avventurosa liberazione di Mussolini prigioniero sul Gran Sasso, affida all'ammiraglio Canaris il compito di studiare un piano per rapire Churchill. Dell'operazione si occupa il colonnello Radl, che per condurla a termine ha a sua disposizione un eroico colonnello dei paracadutisti, Karl Steiner, un gruppetto dei suoi più valorosi subordinati e un irredentista irlandese, Liam Devlin, insegnante di inglese a Berlino. Paracadutatisi in un villaggio di Northfolk, dove Churchill si recherà a trascorrere segretamente il «week-end», Steiner e i suoi compagni vengono ben presto smascherati, grazie a un loro atto di generosità, e attaccati da un reparto di soldati americani, che li decimano. Si salvano soltanto Liam, che abbandona la zona; il più stretto collaboratore di Steiner, che torna in Germania con una motosilurante; e il colonnello, che riesce a sfuggire alla sorveglianza degli americani e a concludere vittoriosamente, pur pagandola con la propria vita, l'impresa che lo aveva condotto in Inghilterra. Né lui né il mondo sapranno, però, che l'uomo da lui ucciso non è Churchill, occupato in quelle stesse ore in un incontro a Teheran con Roosevelt e Stalin, ma un attore coraggiosamente prestatosi a impersonarlo. Radl, colpevole soltanto d'aver preso sul serio il folle proposito di Hitler, viene condannato alla fucilazione.<

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