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A Roma, durante gli ultimi anni della Repubblica, si respira un clima politico incerto e oscuro. Tra lotte sociali e guerre civili, alleanze e nuovi complotti, iniziano a brillare le figure dei due grandi generali Mario e Silla. Due uomini eccezionali, diversi per censo e personalità, ma accomunati da una divorante ambizione: conquistare il potere assoluto a Roma, mentre il mondo sta cedendo sotto i colpi delle sue legioni. Un romanzo entusiasmante su uno dei periodi più decisivi della storia romana, che riporta alla vita lo sfarzo, la dissolutezza, le virtù morali e le passioni politiche della Roma repubblicana.
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Sinossi
A Roma, durante gli ultimi anni della Repubblica, si respira un clima politico incerto e oscuro. Tra lotte sociali e guerre civili, alleanze e nuovi complotti, iniziano a brillare le figure dei due grandi generali Mario e Silla. Due uomini eccezionali, diversi per censo e personalità, ma accomunati da una divorante ambizione: conquistare il potere assoluto a Roma, mentre il mondo sta cedendo sotto i colpi delle sue legioni. Un romanzo entusiasmante su uno dei periodi più decisivi della storia romana, che riporta alla vita lo sfarzo, la dissolutezza, le virtù morali e le passioni politiche della Roma repubblicana.
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New York, 1916. Nathan Walker è un ragazzo nero di 19 anni, arrivato dalla Georgia in cerca di fortuna. Insieme a centinaia di altri operai lavora nei grandi cantieri per la costruzione della metropolitana che congiungerà Brooklyn a Manhattan. Con lui, a scavare sotto l'Hudson, in una delle gallerie più pericolose, ci sono altri tre uomini: l'italiano Robert Vannucci e gli irlandesi Con O'Leary e Sean Power. L'apertura improvvisa di una falla risucchia un giorno i quattro operai nelle acque gelide del fiume. Solo tre di loro sopravvivono, mentre il corpo di Con O'Leary non verrà mai ritrovato. Nathan comincia allora a frequentare casa O'Leary, affezionandosi alla figlia appena nata di Con. Se ne innamora teneramente e diciotto anni dopo la sposa. Ha così inizio la grande saga della famiglia Walker, coraggiosa storia di tre generazioni in lotta contro pregiudizi, ingiustizie e miseria, in una New York spietata che col trascorrere dei decenni cambia faccia e pelle, ma che continua a mostrare agli umili un unico volto: quello della sopraffazione.
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È un freddo giorno di gennaio quando J. Mendelssohn si sveglia nel suo appartamento dell'Upper East Side di Manhattan. Vecchio, fragile, affidato alle cure della badante caraibica, mentre aspetta che il riscaldamento entri in funzione, tra i clic e i ciac delle condutture, la sua mente divaga: torna all'infanzia trascorsa in Lituania e a Dublino, al lavoro di giudice della Corte Suprema, all'amata moglie Eileen. Qualche ora dopo, Mendelssohn esce di casa per un fatale pranzo con il figlio - intanto, la neve scende copiosa sulle strade, a immobilizzare e innervosire la città. Racconto che gioca con ricordi, allusioni, omissioni e indizi disseminati, "Tredici modi di guardare" è un flusso di coscienza magmatico cui fa da contrappunto il pragmatismo necessario per risolvere un delitto. In "Che ore sono adesso, lì da te?", vero e proprio viaggio dentro la mente dello scrittore, una soldatessa di stanza in Afghanistan fa una telefonata a casa la notte di Capodanno. Seguiamo poi la madre sola di "Sh'khol", costretta ad affrontare l'indicibile quando suo figlio scompare in mare dopo una nuotata vicino a casa. Infine, in "Trattato", il testo che chiude la raccolta, un'anziana suora sudamericana scopre per caso, una sera davanti alla tv, che l'uomo che decenni prima l'ha torturata è ancora vivo e fa il politico.
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Un uomo e un bambino, padre e figlio, senza nome. Spingono un carrello, pieno del poco che è rimasto, lungo una strada americana. La fine del viaggio è invisibile. Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un'apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni. Non c'è storia e non c'è futuro. Mentre i due cercano invano più calore spostandosi verso sud, il padre racconta la propria vita al figlio. Ricorda la moglie (che decise di suicidarsi piuttosto che cadere vittima degli orrori successivi all'olocausto nucleare) e la nascita del bambino, avvenuta proprio durante la guerra. Tutti i loro averi sono nel carrello, il cibo è poco e devono periodicamente avventurarsi tra le macerie a cercare qualcosa da mangiare. Visitano la casa d'infanzia del padre ed esplorano un supermarket abbandonato in cui il figlio beve per la prima volta un lattina di cola. Quando incrociano una carovana di predoni l'uomo è costretto a ucciderne uno che aveva attentato alla vita del bambino. Dopo molte tribolazioni arrivano al mare; ma è ormai una distesa d'acqua grigia, senza neppure l'odore salmastro, e la temperatura non è affatto più mite. Raccolgono qualche oggetto da una nave abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile... <
Si comincia con un viaggio per mare. C'è una nave militare che risale la costa dall'Albania a Trieste, sulla nave uno scrittore che lungo quell'Adriatico smagliante ripercorre la storia imperfetta e dilaniata di tutte le vite di frontiera. Nascosta in cabina trova una capricciosa compagna di viaggio, eccitante come una fantasia. Lui si è imbarcato quasi per caso, recalcitrante «ambasciatore di cultura » nei paesi della costa orientale. Lei scappa e ricompare, lo attira e lo intrappola. Vuole una storia, vuole la sua. Il tema dell'identità, triestino quant'altri mai, è il vero nucleo di questo libro. Declinato in una storia avvincente - anzi due - si manifesta in tutta la sua complessità. Da dove veniamo, che lingua parliamo, cosa mostriamo di noi, come ci raccontiamo a noi stessi e agli altri. Se alla fine quello che ci cattura è un vertiginoso gioco di specchi, è perché lo scrittore è un prestigiatore. Nasconde le mani mentre seguiamo il volo della colomba. Oppure mostra le mani per dire: guarda, questa è la mia magia. Non c'è scrittore in Italia oggi che più di Mauro Covacich abbia scelto questa seconda strada. Seguire le tracce del suo percorso letterario significa davvero fare un viaggio dentro la finzione, per osservare la scrittura nel suo farsi e in filigrana la vita che scorre fuori e dentro i margini del foglio.
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Chi si ferma è perduto, cosí si dice. Ma forse chi si ferma è perché ha visto un'altra strada. Per il padre di Gioia il talento non è un dono innato, ma una conquista. È questo il principio con cui ha condotto l'esperimento: ha istruito sua figlia secondo regole ferree, studi ed esercizi, rendendola imbattibile nel gioco degli scacchi. A un passo dal titolo di Grande Maestro, però, Gioia cade preda delle visioni: interferenze che la costringono a spiare un altro mondo. Un mondo in cui vivono un re triste vestito da rapper e la sua intrepida regina, che si muove con lo scooter su e giú per la città, tra uomini in grisaglia freschi di licenziamento, una curiosa declamatrice che recita poesie in mezzo al traffico e voraci consumatori di sesso. E cosí, mentre si avvicina il torneo decisivo e un giornalista - con la scusa di intervistarla - inizia a corteggiare Gioia facendola sentire per la prima volta viva, piano piano nelle esistenze di tutti l'immaginazione rischia di prendere il sopravvento sulla realtà. Mauro Covacich ha scritto un romanzo impetuoso e appassionante, che esplorando il funzionamento del corpo e della mente dimostra quanto essi siano indissolubilmente legati. Proprio come accade in questa storia, in cui non è possibile capire dove finisce la vita e dove comincia la letteratura.
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Arkady Renko torna al lavoro in una doppia indagine: deve fare luce su di un omicidio per il quale sono sospettati due ex-poliziotti: Nikolai Isakov e Marat Urman, membri in congedo del corpo d'elite dei Berretti Neri, famigerati per l'assalto alla scuola di Beslan. Inoltre, nei tunnel della metropolitana di Mosca, molti passeggeri hanno visto l'apparizione del fantasma di Stalin. Due casi molto diversi che però sembrano ricondurre ad un'unica vicenda, al cui centro sembra trovarsi proprio Isakov, oggi candidato politico per un partito ultraconservatore. Non appena Renko comincia a scavare in cerca della verità, alcuni ex-membri dei berretti neri vengono trovati uccisi, e lo stesso Arkady, presto, scoprirà di essere al centro del mirino. Il romanzo fa parte della serie di volumi scritti da Martin Cruz Smith attorno alla figura di Arkady Renko: da "Gorky Park" a "Lupo mangia cane".
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