Aveva gli occhi spalancati, come persi nel nulla, la schiena curva e il passo lento e pigro.
In quei momenti, le persone intorno a lui e soprattutto i suoi collaboratori pensavano che si stesse concentrando. Niente di più falso. Maigret aveva un bel dire, ma nessuno gli credeva. In realtà, ciò che faceva era un po' ridicolo, addirittura infantile. Prendeva un briciolo d'idea, un pezzettino di frase e se lo ripeteva come uno scolaro che cerca di farsi entrare in testa la lezione. Gli capitava anche di muovere le labbra, di parlare a bassa voce, da solo nel bel mezzo dell'ufficio, sul marciapiede, dovunque.
E quello che diceva non sempre aveva senso. A volte sembrava una battuta.
«Ci sono stati casi di avvocati uccisi da un cliente, ma non ho mai sentito parlare di clienti uccisi dal loro avvocato...».
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Il commissario lascia Parigi per Saint-Fiacre, suo paese natale, dopo aver letto una nota dalla città di Moulins inviata alla polizia di Parigi: avvertiva che qualcuno aveva intenzione di commettere un crimine nella chiesa del paese, durante la prima messa del giorno di Ognissanti.<

... nel frattempo Maigret non fece che pensare a Little John. Lo aveva visto per pochi istanti, si erano scambiati solo qualche banalità, eppure a un tratto si rese conto con una sorta di stupore che quell’uomo gli aveva fatto una grande impressione. Se lo rivedeva davanti, piccolo e magro, vestito in modo fin troppo inappuntabile, con quella faccia quasi insignificante. Ma allora, che cosa poteva averlo colpito tanto? Incuriosito, si sforzò di ricordare ogni minimo gesto di quell’omino asciutto e nervoso. E improvvisamente ricordò i suoi occhi, e in particolare lo sguardo che Maura gli aveva rivolto all’inizio, quando, non sapendo ancora di essere osservato, aveva socchiuso la porta del salotto. Little John aveva gli occhi freddi! (Le inchieste di Maigret 26 di 75)

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Maigret procedeva con estrema cautela e aveva l’impressione di camminare sulle sabbie mobili. Non poteva andare troppo in fretta. Una parola sbagliata e il ragazzino si sarebbe irrigidito, e a quel punto non gli avrebbe più cavato fuori niente.«Soffri perché non sei come gli altri?».«E perché sarei diverso dagli altri? Chi gliel’ha detto?».«Immagina che io abbia un figlio che va a scuola, che gioca per le strade del quartiere. I suoi compagni direbbero:«“È il figlio del commissario!”.«E lo tratterebbero in modo diverso dagli altri. Mi capisci?«Tu sei il figlio del maestro».Il ragazzino lo guardò più a lungo, con maggiore insistenza. (Le inchieste di Maigret 41 di 75)

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Il commissario si accese la pipa e sfogliò il giornale in cerca della pagina dedicata alla cronaca locale. La vista di una sua foto su due colonne ... gli fece arricciare il naso. Accanto a lui si distingueva in parte la figura della moglie e dietro, più sfumate, due o tre facce anonime. MAIGRET INDAGA? «Per discrezione, avevamo sinora omesso di segnalare ai nostri lettori la presenza a Vichy di una celebrità, il commissario Maigret, il quale si trova qui non per dovere professionale ma per approfittare, come tanti altri illustri personaggi prima di lui, delle proprietà curative delle nostre acque». «Chissà, però, se il commissario saprà resistere alla tentazione di occuparsi del misterioso caso di rue du Bourbonnais ... Saranno le cure ad avere la meglio o...». (Le inchieste di Maigret 68 di 75)

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E' notte fonda a Pigalle, e l'insegna rossa del Paicratt's, dove approdano clienti che giocano lì la loro ultima carta, si riflette sul selciato come una chiazza di sangue. Poi anche quella si spegne. Una donna dal passo malfermo entra nel vicino commissariato di Rue de La Rochefoucauld. E' pesantemente truccata e sotto il finto visone indossa un abito di raso nero. Ha lo sguardo di una bambina ansiosa. E' una delle spogliarelliste del Picratt's. Dice di aver sentito due clienti che complottavano l'assassinio di una contessa piena di gioelli. Ma la mattina dopo ritratta. Poche ore dopo viene trovata strangolata nel suo appartamento. E quando anche una contessa morfinomane e decaduta viene assassinata, per Maigret è giunto il momento di indagare.

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«Dopo tanti anni nella polizia, certo non credeva più a Babbo Natale, né alla morale edificante dei libri di favole e alle illustrazioni di Épinal, con i ricchi da una parte e i poveri dall’altra, gli onesti e i mascalzoni, e le famiglie modello riunite, come dal fotografo, attorno al patriarca sorridente. «Eppure, senza rendersene conto, ritornava spesso con la memoria alla sua infanzia, e davanti a certe realtà rimaneva scosso come un ragazzino. «Raramente lo era stato altrettanto. In casa Lachaume si era davvero sentito mancare il terreno sotto i piedi e ancora adesso aveva in bocca un sapore amaro e provava il bisogno di riprendere possesso del suo ufficio, di installarsi pesantemente dietro la sua scrivania, di accarezzare le sue pipe – come per assicurarsi dell’esistenza di una realtà quotidiana». (Le inchieste di Maigret 52 di 75)

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È un fulgido maggio, che a Maigret ricorda la prima comunione e l'infanzia. Quasi una premonizione. Perché non appena comincia a indagare sull'assassinio del conte Armand de Saint-Hilaire, illustre ex ambasciatore ucciso con quattro colpi di revolver nel suo studio in rue Saint-Dominique, il commissario ha davvero l'impressione di regredire pericolosamente all'infanzia, quando a Saint-Fiacre la contessa appariva, a lui, figlio dell'intendente del castello, nobile, elegante e irraggiungibile come l'eroina di un romanzo popolare. Insigni diplomatici, funzionari beffardi e pieni di sicumera, quartieri eleganti, residenze squisitamente armoniose. Proprio l'ambiente in cui Maigret si sente più a suo agio, non c'è che dire. E la fase di impregnazione con cui s'inaugura ogni sua inchiesta è questa volta più che mai fatta di esitazione, impaccio, timidezza. E poi tutti sembrano irreali, sfocati, inconsistenti, quasi appartenessero a un mondo svanito: il conte, Isi - la principessa cui ha dovuto rinunciare ma che ha continuato ad amare, da lontano, con incrollabile tenacia, per cinquant'anni, come se fosse una creatura eterea e soprannaturale -, la devota governante Jaquette, che ha lo sguardo fisso di certi uccelli, il gelido nipote Alain. L'unico dato reale sono i quattro colpi di pistola che l'assassino ha sparato con ferocia. Un caso frustrante, un delitto privo di una spiegazione plausibile. Condurre a termine l'inchiesta, per Maigret, è come acchiappare una nuvola. O il passato.

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Di solito non si ammazzano i poveracci, Maigret lo sa. Eppure qualcuno ha massacrato di botte e poi scaraventato nella Senna un inoffensivo barbone che viveva sotto un'arcata del pont Marie. Per fortuna un battello fiammingo diretto a Rouen con un carico di ardesia era ormeggiato lungo il quai des Célestins, e l'imponente Jef van Houtte l'ha coraggiosamente ripescato, salvandogli la pelle. Certo, François Keller detto il "dottore" è uno strano barbone, l'eccezione che conferma la regola, insomma. La padrona del Petit Turin, il bistrot dove andava a rifornirsi di vino, sostiene che l'ha miracolosamente guarita. Ma c'è di più: ha una moglie che vive addirittura sull'Žle Saint-Louis e frequenta l'alta società, e una figlia, Jacqueline, che ha sposato un Rousselet, quelli dei prodotti farmaceutici. Cosa può averlo mai spinto ad abbandonare dall'oggi al domani la famiglia e una professione che amava, lasciandosi dietro solo una lettera? È nel suo oscuro passato che va cercata la chiave del tentato omicidio? Dai tempi del cavallante della Providence Maigret non si trovava di fronte a un così perturbante passage de la ligne, e questo caso lo appassiona come non mai. Nel suo letto d'ospedale, Keller lo scruta senza dire una parola. Eppure il commissario ha l'impressione di capirlo: appartiene alla gente perbene, ama l'ordine e il decoro, ma conosce l'altra faccia del mondo, gli emarginati, gli scarti, i nemici della società. E, incredibilmente, ne comprende il linguaggio segreto.

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«Una volta, circa due anni fa, sono tornato a casa all’improvviso e ho trovato mia figlia da sola in cucina... Mi sembra di rivederla... Era seduta per terra... Le ho chiesto:«“Dov’è la mamma?”. «Lei ha risposto, indicando la camera da letto:«“Di là!”. «Aveva solo cinque anni. Loro due non mi avevano sentito arrivare e li ho trovati mezzi nudi. Prou sembrava scocciato. Mia moglie, invece, mi ha guardato dritto negli occhi. «“Ecco! Finalmente lo sai!...” ha detto». (Le inchieste di Maigret 57 di 75)

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Fra il 1931 e il 1972 Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989) ha pubblicato 75 romanzi e 28 racconti dedicati alle inchieste di Maigret. Simenon lo ha spesso sottolineato: la stesura, fulminea e spossante, dei suoi romanzi comportava una vera e propria mobilitazione psichica e si accompagnava talora a somatizzazioni estreme. Succede, non a caso, anche al commissario, quando un’indagine lo coinvolge emotivamente: come in Maigret e il cliente del sabato, e come in questo Maigret e il produttore di vino, compiuto a Épalinges il 29 settembre 1969 e apparso in Francia l’anno successivo: dalle prime avvisaglie di un oscuro disagio («Gli doleva la testa... e si sentiva la fronte madida di sudore») sino all’esplodere liberatorio dei sintomi, e al materno intervento della signora Maigret: «Gli portò il termometro e lui lo tenne in bocca senza protestare per cinque minuti. “Trentotto”. “Domani, se hai ancora la febbre, telefono a Pardon, che tu lo voglia o no”».<

Al pomeriggio andava al cinema. Almeno, così diceva. Ogni tanto si faceva accompagnare dall'autista in un bar del quartiere degli Champs-Élysées dove beveva, da sola, appollaiata su uno sgabello. I barman, senza neanche aspettare che lei glielo chiedesse, le riempivano il bicchiere non appena lo vedevano vuoto. Non parlava con nessuno. Nessuno parlava con lei. Per gli altri, lei era «quella che beve». Aveva forse incontrato finalmente un uomo che si occupava di lei, che le aveva ridato fiducia in se stessa facendola sentire importante? (Le inchieste di Maigret 75 di 75)

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A tutta prima aveva creduto che fosse un po' svitata. Orasi chiedeva se quella esuberanza non fosse dovuta al fatto che lei recitava, non solo per ingannarlo, non solo per nascondergli qualcosa, ma per il puro piacere di interpretare un ruolo. «Si diverte molto, signorina Clément?». «Mi diverto sempre, Commissario». Questa volta lo guardò con tutto il suo ritrovato candore. Nelle scuole femminili c'è quasi sempre almeno una ragazzina di una spanna più alta delle altre e con quelle stesse forme prosperose. A tredici o quattordici anni assomigliano a enormi bambole di pezza, con gli occhi chiari che non vedono niente della vita e un sorriso trasognato sulle labbra. Ma era la prima volta che Maigret ne conosceva una di quarant'anni. (Le inchieste di Maigret 36 di 75)

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Alla vigilia dell'esecuzione Jean Lenoir, un famoso capobanda di Belleville ha voglia di confidarsi indicando a Maigret una "balera da due soldi" dove avrebbe trovato un uomo colpevole di un vecchio assassinio. Dopo un mese dall'esecuzione Maigret incontra per caso un uomo che parla della "balera da due soldi". Al commissario non resta che seguirlo. Sulla Senna, vicino a Morsang, trova questa balera e una festosa compagnia di benestanti parigini che ogni fine settimana si ritrova sul fiume per fare baldoria. Ma troverà anche un nuovo delitto e un'atmosfera angosciosa e assurda, in cui si cammina senza meta, "senza sforzo, senza gioia, senza tristezza, brancolando in una coltre di nebbia".
(fonte: hoepli)

L'osteria dei due soldi (titolo originale francese La guinguette à deux sous, pubblicato in traduzione italiana anche coi titoli Maigret e l'osteria dei due soldi e La balera da due soldi) è un romanzo poliziesco di Georges Simenon con protagonista il commissario Maigret.
È l'undicesimo romanzo dedicato al personaggio del celebre commissario.

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L'omicidio di Louis Thouret è un omicidio qualunque. Questo povero magazziniere, che una notte, inspiegabilmente, si trovava in un vicolo buio di boulevard Saint-Martin, viene accoltellato alla schiena. Ma Maigret non è convinto e scopre che in verità, oltre alla monotona vita di famiglia, Thouret nasconde una doppia vita. Da tempo infatti non lavorava più come magazziniere facendo il pendolare da Juvisy e all'insaputa della moglie Emilie, ma non faceva nulla eccetto sedere sulle panchine, spesso in compagnia dello stesso amico. Eppure, costantemente, riportava lo stipendio a casa. Come faceva? E chi è la donna con cui è stato visto pranzare e chiacchierare? E cosa ci faceva in quel vicolo? Tutte domande a cui Maigret tocca rispondere.

 

Maigret scopre che sua figlia Monique aveva un fidanzato, Albert Jorisse, che ora è scomparso e che lui stesso nella seconda vita segreta aveva una ragazza, Antoinette Machère, vedova di un poliziotto. L'amico delle panchine risulta essere Fred, un ex-clown con il quale, non riuscendo a trovare lavoro, facevano dei colpi qui e là. Sua figlia aveva scoperto tutto, o almeno che aveva perso il lavoro e che non aveva detto niente a casa e, sentendosi tradita, aveva convinto il proprio ragazzo a ricattarlo, sperando di farsi un gruzzolo e fuggire insieme.

 

Tuttavia l'assassino non è lui. Maigret scopre più tardi, durante un'altra inchiesta, che a ucciderlo è stato Marco, il ragazzo di Mariette Gibon, proprietaria della stanza che aveva affittato e che gli rubava sempre i soldi che lui lasciava in giro per la stanza con troppa leggerezza.

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Settimo volume della raccolta delle opere di Maigret.

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«L’atmosfera della città restava inquietante. La gente sbrigava le faccende di sempre, ma nello sguardo dei passanti si coglieva una certa angoscia: sembrava che camminassero più in fretta, come per paura di veder spuntare di colpo l’assassino. Maigret avrebbe giurato che di solito le casalinghe non stavano in gruppo sulle porte, come facevano adesso, a parlare sottovoce tra di loro.«Tutti lo seguivano con lo sguardo e a lui sembrava di leggere sui visi una domanda silenziosa. Avrebbe fatto qualcosa? O lo sconosciuto avrebbe potuto continuare a uccidere impunemente?«Alcuni gli rivolgevano un saluto timido, come per dirgli: «“Sappiamo chi è lei. Ha fama di condurre in porto le inchieste più difficili. E non si lascerà impressionare da certi personaggi, lei”». (Le inchieste di Maigret 43 di 75)

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Mentre si faceva la barba, Maigret si sentiva in colpa. Forse perché provava un astio personale nei confronti di Fumal? A un tratto si domandò se aveva compiuto fino in fondo il suo dovere. Il macellaio all’ingrosso si era presentato per chiedergli protezione. Certo, si era comportato in modo aggressivo, si era fatto raccomandare dal ministro e aveva rivolto al commissario minacce appena velate.Ciò nonostante lui era tenuto a fare il suo mestiere. Aveva davvero fatto tutto il possibile? Si era recato di persona in boulevard de Courcelles, ma non si era preso la briga di controllare ogni porta, ogni uscita, pensando di rimandare quel compito al giorno dopo, così come quello di interrogare i domestici uno per uno ...Avrebbe agito diversamente se l’uomo non gli fosse stato antipatico, se non avesse avuto un vecchio conto in sospeso con lui, se si fosse trattato di qualunque altro importante uomo d’affari di Parigi? (Le inchieste di Maigret 48 di 75)

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