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Nella camera buia, Sam scostò la tenda e scrutò la strada finché non vide passare una Mercedes nera. Fisk. Uno in meno, ne restano tre, pensò, lasciando ricadere la tenda, e tornando da Remi, che era seduta a origliare con il bicchiere contro la parete.
Un colpo alla porta li fece sussultare, poi lui guardò fuori e vide una cameriera con una bottiglia di champagne, omaggio ai novelli sposi. Prese la bottiglia, diede la mancia alla cameriera e richiuse la porta, grato che non avesse notato, almeno all’apparenza, che lui e Remi non erano la coppia che avrebbe dovuto occupare quella camera.
Posò il cestello del ghiaccio sulla cassettiera. «Sentito qualcosa?» chiese muovendo solo le labbra, senza lasciarsi scappare nessun suono.
Lei sollevò un dito per un istante, poi sussurrò: «Pare che stiano discutendo su chi deve attraversare la strada per andare a prendere la cena... Ci penseranno Alexandra e Jak. Ivan resta qui».
«Bene.»
«Solo che...» Remi restò un momento in ascolto, poi disse: «Stanno ordinando per telefono».
Significava che avrebbero avuto meno tempo di quanto Sam sperasse. Almeno, per il piano che aveva in mente. Certo, era ancora un piano in fase di sviluppo, e qualcosa poteva sempre andare storto. Pazienza. Avrebbero dovuto agire più rapidamente.
Remi imparava in fretta e, appena sentirono uscire Alexandra e Jak, le illustrò il suo piano. Avrebbero avuto bisogno di tanta fortuna. Sebbene Sam avesse la sua Smith & Wesson e sua moglie la SIG Sauer P938, nessuno dei due quella mattina aveva in programma altro se non la visita a uno o due castelli.
Salvare ostaggi non era stato previsto.
Inutile pensarci ormai, rifletté Sam, consegnando a Remi uno dei coltelli Buck Knives che teneva nello zaino. L’obiettivo era entrare e uscire senza che venisse sparato un solo colpo. Se tutto fosse andato secondo i piani, Sam avrebbe disarmato Ivan mentre Remi liberava Nigel.
Rivolse un cenno alla moglie, che prese il telefono e chiamò la reception. «Camera 103, per favore.» Lei gli mostrò i pollici rivolti in alto. Un attimo dopo, nel suo miglior accento britannico, disse: «È la reception. Il servizio in camera dovrebbe arrivare a momenti con il vostro champagne... No, signore. Credo sia stato ordinato dalla donna del vostro gruppo, mentre usciva. Ha detto di portarvelo prima di cena o qualcosa del genere... È offerto dalla casa, signore. Non deve berlo per forza». Riattaccò e fece spallucce. «Insisteva nel dire che non ne avevano bisogno.»
«Non abbiamo altre possibilità. Andiamo.»
Remi si raccolse i capelli in una coda stretta, immaginando così di assomigliare di più a una cameriera.
Sam prese lo zaino, aprì la porta e le sussurrò: «Ricorda che, non appena avrai liberato Nigel, dovrete uscire dalla finestra. Poi andate all’auto e aspettatemi davanti all’ingresso».
Mentre uscivano dalla camera, lei afferrò il cestello del ghiaccio con la bottiglia di champagne e si piazzò davanti alla porta della stanza accanto. Quando Sam fu in posizione, su un lato dello stipite, lei bussò, la testa china in modo che Ivan potesse scorgere solo la parte superiore della sua testa.
L’uomo aprì una fessura e sbirciò fuori. «Sì?»
«Champagne, signore.» Sollevò il cestello.
Lui aprì un po’ di più. «Vi avevo detto...»
Sam sfruttò lo zaino pesante a mo’ d’ariete contro la porta. Ivan barcollò all’indietro e lui lo bloccò saldamente. L’ingresso della camera era un corridoio di un metro e mezzo scarso. Remi si affrettò a superare Sam, mantenendosi a ridosso della parete, e corse dentro.
Ivan fece pressione contro la porta, nel tentativo di spingere fuori Sam. Lui puntò un piede contro lo stipite, ma l’altro, sfruttando il suo peso, riuscì a respingerlo. Sam scivolò, mentre la porta sbatteva, poi girò su se stesso e scalciò, facendo finire nuovamente Ivan nell’angolo.
L’uomo di Avery tentò di sollevare la pistola, ma Sam caricò il braccio che reggeva lo zaino e glielo sbatté sulla mano armata. La pistola schizzò via e lui aumentò la pressione su Ivan con tutta la forza che aveva. L’altro lo colpì al costato, togliendogli il respiro, ma Sam non si fece cogliere impreparato: si lanciò di schiena contro la parete e, nel contempo, sollevò lo zaino e glielo buttò in faccia.
Ivan provò a colpirlo di nuovo, però Sam si abbassò e il pugno finì per sfondare il cartongesso. Le nocche ne uscirono insanguinate, quindi Ivan bestemmiò, si girò leggermente e caricò il colpo, annunciando la sua prossima mossa.
Sam si lasciò cadere, poi schizzò di lato e schivò così la sua spallata, che colpì solo il muro. La manovra, però, intrappolò Sam nell’angolo accanto alla porta. Ivan si girò come un toro inferocito gli occhi ridotti a fessure e la bocca stretta in una smorfia. «Ti ammazzo.»
Prima che Sam potesse fare alcunché, Remi sbatté la bottiglia di champagne in testa all’uomo di Avery. Quello rimase immobile per un istante, stordito, e Sam ne approfittò per colpirlo con un pugno alla mascella, facendolo crollare a terra.
Remi, con la bottiglia di champagne ancora in mano, gli fece un sorrisino. «Mi sembrava che ti servisse una mano.»
«Dov’è Nigel?» chiese lui.
«Bella domanda.»
A parte Ivan, la stanza era vuota.
Remi notò il telefono di Sam sulla sedia e lo sollevò. «Questo spiega tutto. Sapevano che saremmo venuti.»
«Una ragione in più per andarcene subito.»
Ivan iniziò a muoversi. Sam recuperò lo zaino e prese la pistola di Ivan, poi aiutò Remi a uscire dalla finestra e saltò giù dopo di lei. Avanzarono verso il lato nord dell’edificio.
Sam udì un rumore di passi rapidi sul ghiaietto. Corsero verso l’ingresso della locanda mentre Ivan saltava a bordo dell’auto che lo attendeva. Il motore salì di giri e le gomme stridettero mentre Jak usciva in fretta dal parcheggio.
Videro quattro persone a bordo dell’auto che si allontanava: una di queste era Nigel.
Corsero alla loro macchina, ma, quando uscirono dal parcheggio, la BMW era già sparita.
«Va detto che è stata una buona operazione di salvataggio», commentò Remi.
«Peccato che Nigel non ci fosse.»
«Non avremmo dovuto cacciarlo in questa situazione. Al castello... con tutta quella gente: non avrei mai pensato che potessero rapirlo alla luce del giorno.»
«Quel che è stato è stato.»
Remi lo guardò. «C’entra la traduzione. Ne hanno parlato quand’è arrivato Fisk. Ha qualcosa a che fare con una lettera mancante.»
«Ti ricordi cos’hanno detto?»
Lei annuì. «Almeno, sappiamo dove stanno andando. O meglio, ci andranno appena l’avranno capito.»
«Dove?»
«Nottingham.»
Sam la guardò. «Come sei arrivata a questa conclusione?»
«Dalle parole che hanno chiesto a Nigel di tradurre. Tana di lupo e testa di lupo. O, più precisamente, testa di un lupo fuorilegge.»
«E come sei arrivata a Nottingham?»
«Perché testa di lupo è il soprannome di Robin Hood. Dunque, ha senso che le altre parole su cui chiedevano delucidazioni, la tana di lupo, siano la sua casa.»
«Immagino che ora si vada a Nottingham.»