Metal Devastation
Sì, insomma, mi manca una mano. La destra, e non sono mancino. Cioè, adesso sì, per forza, ma all’epoca no. All’epoca usavo la destra per fare tutto. Per mangiare e grattarmi e tenere il telecomando o la racchetta da ping-pong. E per tirare i raudi, purtroppo.
Qui a Muglione, che la gente è tanto carina, mi chiamano il Monco, o Monchetto, ma più spesso Manina. Come i pelati che li chiamano Capellone o Belli Capelli, e Maurino il bidello che siccome è muto la gente lo chiama Pavarotti.
È sempre così, quello che manca conta molto di più di quel che c’è, e una mano in meno sembra più importante del fatto che ho – per esempio – un’altra mano ancora perfetta, e tutte e due le gambe, i piedi, le papille gustative.
Ma va bene così: sono passati cinque anni e ora riesco a fare un sacco di cose importanti. Le cose che si fanno ogni giorno senza pensarci, tipo mettersi le scarpe, lavarsi e mangiare. Ho dovuto smontarle in piccoli pezzi e rimetterle insieme in un modo tutto diverso. C’è voluto un bel po’ di tempo, ma il tempo è passato e io ho imparato. In un certo senso mi sa che sono pure cresciuto.
La mano invece no, quella non ricresce. Giuro che ci ho pensato, subito dopo il botto è stato il mio primo vero pensiero. Per un secondo o due mi sono chiesto se la mano poteva ricrescere. Che non è un’idea così assurda, perché insomma, se i granchi perdono una chela quella gli ricresce uguale a prima, e se stacchi la coda a una lucertola succede la stessa cosa. E a me questa mi pare un’assurdità.
Dico, noi siamo l’animale superiore, giusto? E allora com’è che una cosa del genere la sanno fare i granchi e le lucertole e noi no? Pure gli astici, madonna, gli astici! Quelli hanno due pinze giganti, e se capita che ne perdono una in una lotta oppure perché gli resta impigliata in una rete, anche quella pinza enorme ricresce. E siccome gli richiede tantissima energia, l’astice smette di ingrandirsi. Non scherzo, quell’animaletto scemo in fondo al mare smette di crescere perché così tutta l’energia va lì alla pinza, e dopo un po’ rieccolo di nuovo tutto intero a fare casino nell’acqua. Cioè, un astice lo può fare, e noi che dovremmo essere i re della natura sappiamo solo farci ricrescere parti inutilissime come le unghie, i peli, i capelli... capirai che sforzo.
Strata-pum.
Giuliano picchia sul rullante e mi riporta con la testa nel garage. Lui si sistema sullo sgabello, gli altri due mi guardano con gli strumenti in braccio. Siamo pronti.
One, two...
E ci risiamo coi numeri, con questa cosa di mettersi a contare. Sono passati cinque anni ma ogni volta che conto mi viene ancora una specie di brivido. Però va bene, adesso un brivido ci vuole proprio, mi sveglia e mi carica, perché è il momento di dare tutto.
One, two, three, four... Come on!
La chitarra parte con un riff assassino, tutta sola per due battute, poi entra la batteria con una rullata bella grassa e il basso ci si butta in mezzo, io fisso il muro davanti a me e sbatto la testa nell’aria al ritmo del pezzo, coi capelli che schizzano da tutte le parti.
Ancora due battute strumentali e poi tocca a me, che canto. Be’, per forza, con una mano sola non è che potevo tanto scegliere. Sì, è vero, il batterista dei Def Leppard ha fatto dei dischi anche dopo che aveva perso un braccio, ma li avete sentiti quei dischi? Ecco, e allora sono fortunato che ho una voce della madonna.
E stasera è un momento storico, perché si canta in italiano. In un certo senso ho perso, io non ci stavo zero a cantare in italiano, ma il 1° maggio c’è questo festival dei licei a Pontedera che si chiama PontedeRock, lo organizza la sinistra giovanile e c’è questa regola scema delle canzoni in italiano. Allora l’abbiamo messo ai voti e abbiamo deciso di vendere il culo, abbiamo tradotto tre pezzi e stasera li proviamo così.
Stop. Altra rullata di batteria, e via che tocca a me.
L’orrore sorge dalla tomba E non ti potrai salvare
Il Non Morto che ti chiama
Sta affilando la sua lamaaaaaaaaa.
Tutte quelle A le sparo fuori col mio acuto speciale, altissimo e potente. La metrica è tutta rovinata dall’italiano, però devo dire che pensavo peggio, molto peggio.
Puoi scappare su un sentiero
Ma ti porta al cimitero E i cadaveri dannati
Di te sono affamatiiiiiiiii.
Poi il coro. Che se una canzone è fatta bene il coro deve aprirla, farla scoppiare, come un missile che sale e sale e poi esplode nel cielo.
L’orrore sorge dalla tomba L’orrore sorge dalla tomba Lui ti segue come un’ombra
L’orrore sorge dalla tombaaaaaaaaa.
Stefano al basso si guarda con Giuliano che pesta sui tamburi: stasera siamo incendiari, siamo splendidi, e ora cambio di tempo e poi parte la chitarra. Ecco, adesso... adesso...
«Stop, stop! Antonio cazzo ma non parti?»
«Ma... io? E mica c’era l’assolo adesso!»
«Sì che c’era.»
«Ma quando mai, l’assolo è dopo. C’è il secondo coro, poi parte l’assolo.»
«Sì ma ora c’era un mini assolo, l’hai voluto proprio te!»
Antonio guarda gli altri. Stefano, che negli ultimi cinque anni non è molto cambiato, abbassa gli occhi per non dargli torto, Giuliano invece lo fissa sudato e incazzato.
«Vabbè ragazzi, me lo sono scordato. Pace.»
«Pace un cazzo, stiamo registrando!»
«Ok ok ora la faccio bene. Promesso. Prima però sigarettina, ok?»
Posano gli strumenti e escono tutti e tre. Io non fumo perché mi sciupa la voce, e anche il fumo nella stanza può essere un problema per le tonalità più alte. Allora si mettono le giacche di pelle e vanno fuori e mi lasciano solo nel garage.
Però bisogna darci una mossa, entro domani dobbiamo avere tre pezzi da dare a quelli del festival che selezionano i gruppi. Sono andato io a parlarci, e su cinque che erano, tre avevano i capelli rasta. Gente che ascolta musica in levare, con uno che canta di stringersi la mano e raccogliere i fiori nei campi e che basta che c’è il sole e va tutto bene. Siamo praticamente spacciati, ma facciamo finta di no.
E facciamo pure finta che Antonio si è sbagliato per caso e non succederà più, anche se invece lo sappiamo tutti qual è il suo problema vero: Antonio è troppo bello. È alto quasi due metri e ha gli addominali e le spalle grosse e la combinazione killer di capelli neri e occhi verdi che le ragazze appena lo conoscono diventano sceme.
E poi, oltre al fatto che Antonio è molto bello, il problema è che noi altri siamo proprio brutti. Cioè, io se non fosse per la mano non sarei male, ma Giuliano e Stefano non si possono guardare. Gli voglio bene ma è così. Stefanino peserà cinquanta chili e ha i denti in fuori che si vedono anche a bocca chiusa, e Giuliano è un ciccione con un doppio mento che sembra un marsupio legato al collo.
L’altra sera, per esempio: venivamo alle prove tutti insieme e in piazza c’erano dei tipi più grandi che conosce solo Antonio, lo vedono con noi e gli urlano Antò, ma con chi cazzo giri, fai il volontariato per gli spastici?
Ecco, e allora poi è difficile credere nella band e suonare bene. E ti viene da chiederti dove vuoi andare, cosa speri di combinare, come fanno quattro sfigati in un paesino di merda a suonare una musica che non piace a nessuno, e...
Poi per fortuna le sigarette finiscono, gli altri tornano nel garage e ci guardiamo con gli occhi carichi e spietati. E i Metal Devastation ricominciano a spaccare il mondo.