Passano tre mesi
Ecco, quelle cose succedevano a maggio, adesso siamo a fine luglio. Sono passati quasi tre mesi e le cose che vedevamo all’orizzonte sono arrivate qua.
L’esame di maturità per esempio. Che per Stefanino è stato un periodo di ansia ma per me no, visto che non mi hanno ammesso. Nessuna sorpresa, a scuola non mi vedevano mai, i voti erano sottozero e non sono nemmeno andato a controllare i quadri. Ho solo detto a Stefano di mandarmi un messaggio in caso di notizie clamorose. Non me l’ha mandato.
E lui, Stefanino, nel frattempo aveva deciso di smetterla con le foto del papa. I giornali cominciavano a pubblicarle sulle prime pagine, i souvenir si vendevano tantissimo, i tg dicevano che la popolarità del santo padre stava schizzando alle stelle e in Messico lo avvistavano a tutto spiano su macchie di umido e vecchi stracci scoloriti. Allora Stefanino si è sentito parte di quella macchina di falsità e ha detto basta, basta così, non ne voglio sapere più niente. E per un mese qua a Muglione si sono viste tutte le fasce del clero che arrivavano su auto extralusso con la missione di redimerlo. Pure il vescovo di Pisa gli voleva parlare, pure un cardinale straniero e altri signori con cognomi stranissimi. E alla fine l’hanno convinto, con una bella cifra ma soprattutto concedendogli un appuntamento incredibile che lui ha preteso come condizione necessaria, e così Stefanino passerà un giorno intero, il dieci settembre mi pare, faccia a faccia col papa. Esatto, Stefanino col papa. Non so cosa vuole dirgli ma glielo potrà dire. Pazzesco, lo so, ma nella vita succedono queste cose assurde che le può spiegare solo Dio, se esiste. Nemmeno il papa può, altrimenti Stefanino a settembre gliele potrebbe chiedere.
E per restare nel mondo delle cose assurde, la storia con Tiziana va avanti. Sono due mesi che stiamo insieme, se si può dire così. E anche adesso sono qua nel mio stanzino delle esche e mi guardo allo specchio e mi aggiusto i capelli perché tra poco usciamo. Tiziana dice che i capelli lunghi sono da tamarri, ma allora vuol dire che a lei piacciono i tamarri perché io sono così e col cazzo che me li taglio.
Il giorno che Mirko è stato dimesso dall’ospedale, Tiziana è venuta qui a trovarlo e poi siamo usciti io e lei a prendere un gelato. Abbiamo parlato di tante cose ma tutte generiche e non personali, però alla fine ci siamo baciati. Un bacio con la lingua, e quando ci siamo staccati le ho chiesto se allora ci aveva pensato a noi due, siccome aveva detto che doveva pensarci.
Sì, ci ho pensato, ma non ci capisco nulla. E allora ho pensato che non devo pensarci, almeno per ora.
Non ho afferrato bene, ma ci siamo ribaciati e allora chissenefrega. E alla fine le ho raccontato che mi stavo allenando coi preservativi, che li mettevo già meglio e stavo diventando bravo. Tiziana mi ha detto che era una bella notizia, ma che avevo ancora un po’ di tempo per esercitarmi: stavolta voleva fare le cose con calma, ha detto.
E vabbè, ok, la calma non è il mio hobby preferito, ma alla fine ha portato i suoi frutti perché una sera caldissima di fine giugno è arrivata l’azione. Di nuovo a casa sua, solo che stavolta è andata meglio, molto meglio. E devo essere sincero, il merito è quasi tutto di Tiziana. Mi ha fatto certe cose che fino a un secondo prima nemmeno sapevo che esistevano, però appena assaggiate ho realizzato che le stavo aspettando da tutta la vita. Poi mi sono mosso io e lei è stata bravissima a farmi capire quando facevo bene e quando indovinavo qualche punto giusto, solo con delle piccole mosse e dei versi di gola che le venivano, e se proprio non ci arrivavo allora me lo diceva direttamente con le parole. Sì, Fiorenzo, così, ecco, lì, perfetto, no, torna dov’eri, ecco perfetto così, non cambiare non ti fermare, perfetto così, oh sì, perfetto così, oh sì.
Insomma, Tiziana mi ha insegnato un sacco di cose, e io non sono un tifoso della scuola ma devo dire che queste lezioni mi sono piaciute tanto. Sarà per la materia, sarà merito dell’insegnante, ma ho fatto molti progressi. Pure nella durata sono migliorato, la prima volta è stata un minuto pieno e la volta dopo è andata ancora meglio. Alla terza stranamente c’è stato un peggioramento, trenta secondi scarsi, ma la colpa è di Tiziana che aveva un paio di mutandine mini che sembravano disegnate sul culo e già prima di cominciare avevo capito che andavo poco lontano.
E poco lontano è andato anche Mirko, che con la gamba acciaccata se ne resta quasi sempre nello stanzino o in negozio insieme a me. Lui è stato promosso però, il maledetto. Gli ho spiegato che se voleva tornare a correre (siccome non ce l’ho ancora fatta a dirgli tutta la verità) non poteva permettersi di bocciare. Ha detto Ok, quanto devo prendere allora? Io ho pensato che un 7 di media era perfetto per metterlo al sicuro e insieme evitare l’odio della classe, allora lui è andato a scuola e ha fatto tutti i compiti e le interrogazioni e ogni volta ha preso un solo e unico voto: 7.
Dopo l’esame orale sono andato a prenderlo con lo scooter, siamo passati a comprare cinque paste (due a testa più un rincalzino da smezzare) e siamo tornati qua a festeggiare.
Me l’ha chiesto lui di trasferirsi nello stanzino con me, dice che è stretto ma ci sta bene, e io ho pensato a questa cosa assurda che prima avevo una casa bella e comoda e poi è arrivato lui e mi ha mandato via, poi mi sono aggiustato in questo stanzino e lui è finito qua con me, e ora che sta messo male gli ho pure ceduto la branda e per terra ci dormo io. Ma la cosa più assurda di tutte è che sto bene così.
Sempre meglio che stare col babbo. Che non vive più sul fosso, è a casa, o in quello che ne resta: ha piazzato due mobili tra le macerie e amen. E ogni giorno fa il giro dei dottori per discutere sulle possibilità di recupero del Campioncino.
Perché un pomeriggio Mirko gli ha chiesto quando c’era la Coppa d’Oro di Borgo Valsugana, e se l’arrivo era un po’ in salita. Lui gli ha chiesto cosa gliene fregava e il bimbo ha risposto Mi piacerebbe staccare tutti un po’ prima, così vinco a braccia alzate. E allora il babbo è impazzito e urlava È guarito, è guarito, ha cominciato a tormentare tutti gli ospedali e le cliniche e addirittura telefona all’estero per dei consigli. Spesso fa chiamare me perché so l’inglese. Loro non capiscono come posso pretendere una diagnosi su un caso che non conoscono per niente, e intendersi oltretutto è difficile perché io l’inglese lo parlo abbastanza bene ma l’ho imparato coi dischi, quindi conosco soprattutto parole tipo tempesta, inferno, morte, violenza, assassinio, metallo, spada, battaglia, ribellione, e capitano momenti di incomprensione totale che certe volte sono quasi pericolosi. Fortuna che dopo un po’ mi attaccano in faccia.
Questa faccia, questa qui che adesso si guarda allo specchio e sorride. Sì, ho messo uno specchio perché in fondo un’occhiata a te stesso può fare comodo a volte. Ho messo anche un fornello da campo, così tutte le sere io e Mirko ci cuciniamo la carne e il giorno la pasta. Per comodità mangio quello che mangia lui, che segue una dieta rigorosa anche se tutti gli dicono ma che te ne frega, approfitta e mangia i gelati le torte le lasagne. Ma lui no, lui insiste a testa bassa, e ogni giorno il babbo o Tiziana passano in auto e lo portano a fare riabilitazione. I dottori dicono che dovrebbe farcela, ma intendono che non dovrebbe rimanere zoppo. Al discorso di tornare a correre non ci pensano proprio.
Mirko però ci pensa abbastanza per tutti, legge libri di ciclismo e ci siamo visti tutto il Tour de France insieme. Ho messo una tv sopra al banco e anche se non c’è tanto spazio seguiamo le tappe qui. Viene anche Mazinga, che per un po’ non si è fatto vedere, finché un giorno ha rimesso la testa dentro. Mirko l’ha salutato e gli ha detto che lo ringraziava molto perché quella notte era stata importantissima per lui. Mazinga gli ha detto: NON – TI – HO – BASTONATO – IO, e Mirko ha risposto Non importa, Signore, la ringrazio lo stesso.
Ma ora basta discorsi e basta guardarsi allo specchio. Mi metto i pantaloni corti e la maglietta dei Carcass e saluto Mirko che legge la “Gazzetta” con la maglia della squadra addosso. Tiziana mi aspetta fra dieci minuti davanti al suo ufficio, e credo proprio che mentre mi fiondo giù per lo stradone mi metterò a cantare.