Capitolo trentacinque

Non riesco a vedere Max, ma posso percepire il suo sguardo su di me attraverso l’oscurità.

«Sei stata adottata?», mi domanda.

Non sembra convinto.

«Il test del DNA l’ha confermato», ribatto. «Avevo già i documenti, ma il test ha dimostrato che lei è mia madre. È stata una conferma tanto per me quanto per lei».

«Non capisco. Conosco Sarah da quando eravamo bambini. Quando sei nata?».

La vanga colpisce rumorosamente il suolo sotto i miei piedi. Chiudo gli occhi per un attimo, recito una preghiera silenziosa per la persona qui sepolta: mia sorella. Non potrò mai scusarmi abbastanza per aver rubato il suo nome, ma era la mia unica possibilità. Prima di arrivare, non avrei mai pensato che fosse stata uccisa da qualcuno del paese. Ho immaginato – credo come tutti – che fosse stata rapita, e che nessuno l’avrebbe più rivista.

«Devi sapere quando è il tuo compleanno…», incalza Max.

«Lo so, infatti».

«Quanti anni hai? È l’unica cosa che mi ha sempre confuso. Olivia avrebbe avuto diciotto anni e tu li dimostri».

«Olivia avrebbe avuto diciotto anni e sei mesi. Io ne ho venti e quattro mesi».

Gli ingranaggi della mente di Max devono essersi messi in movimento. Ho quasi due anni più di Olivia, il che significa…

«Tu sei mio padre».

Silenzio.

I rumori degli animali notturni e del sottobosco sono cessati: sembra che anche la natura si sia bloccata per ascoltare.

«Non è possibile…».

«Sì, invece. Non lo sapevo prima di arrivare a Stoneridge. Tu sei mio padre».

«Smettila». Le sue parole si spezzano e la luce schizza via da me, mentre Max si allontana, per poi fermarsi in un avvallamento tra gli alberi. La luna filtra tra le fronde, avvolgendolo in un alone luminoso. Per la prima volta, scorgo il suo viso. I suoi occhi grandi sembrano persi nell’oscurità. La torcia è rivolta verso il basso, il coltello tenuto mollemente nell’altra mano.

Lascio cadere il badile nella sepoltura di Olivia e cammino lungo la radura.

«Fermati».

Il fascio di luce raggiunge la mia faccia e poi si sposta sui miei piedi. Mi immobilizzo.

«Sarah era sparita per un anno», ricomincia Max. Parla con una dolcezza mai mostrata in precedenza. Sta soffrendo. «Sua madre non la lasciava uscire di casa».

«Me l’ha raccontato Georgie».

Max alza lo sguardo, ma non so se riesca a vedermi davvero. Sono immersa nel buio, a eccezione dei miei piedi. Lui è ancora illuminato dal chiaro di luna.

«Quella stronza mi ha sempre odiato», aggiunge.

«Georgie?».

Scuote la testa. «La madre di Sarah. Continuava a tramare contro di me, dicendole di cercarsi un dottore o un avvocato, cose del genere. Quando l’ha segregata in casa, ho immaginato che volesse tenerla lontana da me. Non ho certo pensato che fosse incinta».

«L’ha costretta a darmi in adozione».

«Come fai a saperlo?»

«La mamma me l’ha più o meno confessato. Non proprio – stava parlando di Olivia. Mi ha raccontato che sua madre voleva dare Olivia in adozione, ma lei ha scelto di non farlo. Ha detto che era stufa di sentirsi dire cosa fare. Probabilmente perché la madre l’aveva già costretta ad abbandonare un figlio e lei non voleva perderne un altro».

Max non discute. Sono solo congetture, ma i tempi coincidono. L’unica vera domanda è come la mamma sia riuscita a rimanere incinta due volte prima di avere diciotto anni. Immagino che non sia stata la prima né l’ultima – e il fatto che anche Georgie abbia avuto una figlia più o meno alla stessa età significa che l’educazione sessuale alla scuola locale non doveva essere molto efficace.

Non è comunque una domanda che farei, neanche se ne avessi l’occasione.

«Non posso credere che non abbia mai detto niente…».

Non rispondo, e non perché io non sia d’accordo. La mamma ha serbato questo segreto per vent’anni. Chissà se, in fondo, abbia avuto il sentore che quel test del DNA avrebbe svelato una cosa diversa da ciò che appare. Ashley non saprà mai quanto sia stato vicino alla verità quando ha detto a mio padre che il test non dimostrava la sua paternità.

Perché io lo considero tale.

Dan potrà non essere mio padre, ma era il padre di Olivia, e ora io sono lei. I genitori di Lily sono morti, e adesso è deceduta anche lei. Tutto ciò che rimane sono i soldi della vendita della casa – che trasferirò in un nuovo conto non appena avrò assunto l’identità di Olivia. Ho il suo certificato di nascita. Sostituirò anche tutto il resto. Dovrei persino rifare l’esame della patente con le sue nuove generalità. So cosa sto facendo.

Peccato che non succederà niente di tutto questo, perché sono bloccata in un bosco con il mio altro padre – il papà numero tre. Quello che vuole uccidermi.

«Non ho mai voluto figli», afferma Max. È calmo e riflessivo; si guarda i piedi. «Non ti avrei mai voluta così come non volevo Harry. Volevo solo lei».

È terribile, ma la sua brutale onestà lo rende degno di rispetto. Ama una donna così profondamente, ama mia madre così profondamente, da aver fatto tutto questo.

Quasi degno di rispetto.

È spaventoso. Se Max è riuscito a spezzare il collo a una bambina innocente e seppellirla senza pietà in mezzo al nulla, allora cosa potrebbe fare a suo figlio? Arriverà il giorno in cui quel povero bambino avrà un “incidente”. O scomparirà anche lui. Non c’è limite che Max non potrebbe oltrepassare.

Si allontana dalla luce lunare e torna nell’oscurità. Il fascio della torcia colpisce i miei occhi, il mio campo visivo viene invaso da pallini viola e verdi.

«Ne ho abbastanza», sentenzia. Ha il coltello stretto nella mano. «Ho già ucciso Olivia Adams una volta, è arrivato il momento di rifarlo».