CAPITOLO 41
Dopo aver incontrato Wilding a Buness, Pérez era tornato alla stazione di polizia, aveva telefonato all’anatomopatologo di Aberdeen per informarsi in merito all’identificazione del frammento di osso, e poi aveva chiamato i Thomson. A casa non rispondeva nessuno. Sapeva che Kenny doveva aver iniziato a farsi domande e quando finalmente era riuscito a contattarlo sul cellulare si era reso conto di quanto quell’uomo avesse bisogno di risposte.
«Mi dispiace, speravo di poter far tutto più velocemente». Pérez si sentiva impotente perché il test era assolutamente fuori dal suo controllo, ma non aveva smesso di pensare un solo istante che non era importante: sentiva che le cose si stavano muovendo molto più velocemente di quanto lui potesse sperare, ed era sicuro che le indagini avrebbero raggiunto una fase decisiva ancor prima di avere i risultati delle analisi del DNA mitocondriale.
Trovò Taylor nella sala operativa, seduto alla scrivania che si era scelto. Aveva appena riattaccato il telefono e si stava curvando sul blocco note zeppo di scarabocchi e annotazioni che aveva davanti.
«Ho parlato con la detective Jebson del West Yorkshire per vedere se avevano per caso scoperto qualcosa sulle email di Jeremy Booth. E anche sulla posta. Hanno mandato una squadra a casa sua per farla perquisire. Il secchio della spazzatura non era stato svuotato dal giorno in cui Booth era partito e pensavano che avrebbero potuto magari trovare una lettera».
«Qualcosa di interessante?»
«Nessuna email. La Jebson però ha trovato un contatto interessante: una donna di nome Rita Murphy che gestisce un’agenzia teatrale. Le ho appena parlato. Booth era nel suo archivio da anni. È di Liverpool, come me: ce la siamo intesa subito ed è stata utilissima».
Taylor bevve un sorso di coca cola da una lattina. Pérez immaginò che dovesse essere esausto se continuava a riempirsi di tutta quella caffeina per andare avanti. «A quanto sembra, Booth non ha lavorato molto con lei negli ultimi anni. Passava la maggior parte del tempo a gestire la sua compagnia. Rita però dice che non gli dispiaceva ogni tanto accettare qualche particina in teatro. E comunque si tenevano sempre in contatto. A detta sua erano diventati buoni amici».
«Lo rappresentava lei quando aveva preso il lavoro con la The Motley Crew quindici anni fa?»
«Sì. A quel tempo lei aveva appena iniziato. Lo aveva visto recitare in una commedia amatoriale e pensava che fosse bravo per cui si era offerta per fargli da agente».
Pérez ricordò la performance di Booth alla Herring House, le lacrime: era proprio bravo, non c’è dubbio, pensò.
«Come era riuscita a trovargli il lavoro sulla nave?»
«Rita aveva studiato con il tizio che aveva avuto l’idea del teatro galleggiante e lui le aveva chiesto di trovargli un paio di attori. Fu il primo vero ingaggio di Booth come professionista. Ecco perché se lo ricordava».
«Gliene ha parlato in seguito? Si ricorda forse cosa le disse?»
«Niente di niente. La chiamò solo per vederla al rientro. Le disse che gli era piaciuto lavorarci e andare in giro per la costa, ma senza troppo entusiasmo. Rita si aspettava un resoconto dettagliato della stagione, ma lui non aveva voluto parlarne più di tanto. Lei aveva pensato che potesse essere a causa della recente separazione dalla moglie e dalla figlia, ma se Bella l’aveva cacciato in malo modo, forse quello spiegava tutto».
«Le ha per caso detto che aveva intenzione di tornare nelle Shetland?»
«Tornò a Liverpool per un po’. È in quel periodo che la figlia l’ha contattato. Forse era curioso di vedere la ragazza prima di prendere l’impegno di incontrarla. Me lo immagino che si aggirava dalle parti della scuola aspettando di vederla».
Cosa avrebbe fatto se non le fosse piaciuta? si chiese Pérez. Se ne sarebbe forse uscito con qualche scusa? Si sarebbe dato di nuovo alla fuga?
Taylor stava ancora facendo un abbozzo del possibile scenario.
«Mentre era a Merseyside andò a trovare la signora Murphy. Probabilmente non sapremo mai se era lì per quello, ma a ogni modo si incontrarono per pranzo in un locale. Rita dice che Booth era veramente euforico. Credo che abbiano bevuto parecchio quel giorno. Lui le disse che avrebbe iniziato un lavoretto nelle Shetland. “Non ti preoccupare tesoro: avrai il tuo dieci per cento. Ma si tratta di una faccenda privata”».
«Ha detto che tipo di lavoro era?»
«“Teatro promozionale di strada”». Pérez avvertì la citazione nella risposta di Taylor e pensò che potesse riferirsi alla pantomima davanti alla nave da crociera a Lerwick. Ma non era sicuro che fosse inclusa anche la scena alla Herring House.
«Rita pensò che fosse strano che avesse accettato un lavoro di quel genere. Dice che solitamente era abbastanza schizzinoso. Gli piaceva il teatro vero, non quella roba da dilettanti. Pensò anche che poteva trattarsi di un qualche tipo di teatro concettuale, qualsiasi cosa significhi, perché Booth le disse che aveva a che fare con una galleria d’arte. Quando le ho raccontato di cosa si era effettivamente trattato, lei ha risposto che era sorpresa che non avesse mollato tutto ritornandosene dritto a casa. Quello non era recitare: qualsiasi ragazzino fresco di diploma sarebbe stato in grado di mettersi una maschera e distribuire volantini, e quando si trattava di lavoro Booth sapeva essere un gran rompipalle».
«Per cui pensò che fosse stato ingaggiato dalla galleria stessa per quel lavoro?»
«Questa almeno è stata l’impressione che ha dato all’inizio. Poi ha detto che era una grossa opportunità, l’occasione di arrivare molto vicino alla celebrità. “Potrebbe essere la mia grande occasione, tesoro, la volta che sbanco tutto. La mia piccola fetta di fortuna. Se non avessi guardato la televisione l’altra sera, non ne avrei mai saputo niente”. E poi aveva fatto il misterioso. Lei comunque non ci aveva fatto molto caso: le diceva spesso che stava per fare tombola. Lo fanno tutti gli attori».
Pérez rimase un istante seduto in silenzio a riflettere su come queste informazioni potessero incastrarsi con le sue ipotesi sul caso.
«Hai idea di quale programma televisivo parlasse?»
«Non poteva forse essere il documentario su Roddy Sinclair?».
Pérez non guardava molta televisione ma tutte le teorie incerte che aveva in mente sulla morte di Booth all’improvviso sparirono e cominciò a farsi tutto più chiaro.
«Che documentario era?»
«Faceva parte di una serie, una specie di reality show sulla vita degli artisti contemporanei. Le telecamere seguirono Roddy per una settimana intera».
«Credo di averne letto sullo “Shetland Times”», disse Pérez. «La BBC inviò una troupe qui per filmarlo durante il festival di musica dello scorso anno». Poi ricordò che anche Kenny gliene aveva parlato dicendo che ci era finito dentro anche lui.
«Una parte era stata girata a Glasgow: Roddy che suonava in un club folk, che si vedeva con amici, che parlava di musica. Poi un paio di scene a Londra e un bel pezzo nelle Shetland. Hanno fatto riprese anche alla Herring House, penso, con un’intervista a Bella. Mi ricordo di una scena in cui seguono Roddy nel negozio di Biddista. Due chiacchiere con i clienti e poi un’altra di lui che suona alla scuola che aveva frequentato».
«Il liceo?»
«Macché, erano tutti bambini. Dovevano essere le elementari».
«A Lerwick?»
«Da qualche parte, ma non so esattamente dove».
«Riusciamo a trovare una copia del documentario?», chiese Pérez.
«Se pensi che sia importante».
Pérez non rispose ma era quasi sicuro che gli avrebbe rivelato chi aveva ucciso tre persone. Dimostrarlo, però, sarebbe stata tutta un’altra questione.
Pérez arrivò alla scuola di Middleton proprio mentre i bambini stavano uscendo. Aveva chiesto a Taylor se volesse fargli compagnia, pensando che una boccata d’aria fresca fuori della sala operativa, per disintossicarsi dalla caffeina, gli avrebbe fatto bene. E se avesse guidato lui, Taylor avrebbe anche potuto recuperare un po’ di sonno in macchina. La conversazione con l’agente di Booth però sembrava aver avuto effetti strani su di lui. Era seduto alla scrivania, serio e indifferente all’attività che gli ferveva attorno. Immobile. L’agitazione sembrava finalmente sotto controllo. Non chiese neanche a Pérez per quale motivo volesse andare a Middleton. Sembrava tormentato da pensieri suoi.
«Stai bene?».
Taylor allora si voltò e fece un sorriso fulmineo che sparì immediatamente.
«Sì, sto bene. Pensieri, lo sai. Niente che abbia a che fare con il caso. Roba del lavoro che ho lasciato a Inverness».
Pérez pensò che non era il caso di insistere: avevano ristabilito un buon equilibrio nel loro rapporto di amicizia e voleva che le cose rimanessero così.
Il tempo era quello tipico delle Shetland, ventoso con sprazzi di sole luminoso, e quando Pérez scese dalla macchina alcuni bambini si precipitarono fuori in gruppo con le braccia aperte, correndo contro il vento, urlando e ridendo. Invidiava quella loro energia. Aspettò che il piccolo parco giochi si fosse svuotato ed entrò nella scuola. Dawn Williamson era in biblioteca, seduta su una piccola sedia davanti a un computer. Pérez rimase un istante in piedi a guardarla, ma il corpo della donna gli ostruiva la visuale impedendogli di vedere cosa ci fosse sullo schermo.
«Non ha un computer a casa?». Ce l’avevano tutti adesso: quasi tutti gli isolani facevano acquisti on line. Un tempo, quando qualcuno andava a sud, veniva riempito di liste di cose da comprare introvabili sulle isole. Adesso invece la gente comprava su internet CD, libri, abiti e persino elettrodomestici.
Dawn si voltò spaventata dalla voce di Pérez, poi, una volta che l’ebbe riconosciuto, sorrise rassicurata.
«L’hard disk si è bruciato», rispose. «E quel maledetto coso ce l’avevo da sei mesi appena! È una vera scocciatura. Martin lo usava per lavoro. Anche Aggie si era convertita: si era appassionata di genealogia e in rete si possono fare milioni di cose. L’ho rispedito al produttore. Era ancora in garanzia e non sono riuscita a far venire nessuno ad aggiustarlo».
«Mi spiace», disse Pérez, «ma ho altre domande da farle».
Dawn si alzò e si appoggiò al tavolo trovandosi faccia a faccia con lui. C’era qualcosa nell’espressione di Pérez che la spaventava.
«Qualcosa non va, ispettore? Cos’è successo adesso?»
«Nulla di nuovo», rispose Pérez. «Solo qualche domanda».
«Siamo tutti così nervosi. Ho sentito che avete trovato un altro corpo in fondo alla Fossa. È orribile, roba da non crederci. Cosa dirò adesso ad Alice? Spero proprio che sia sicuro farla crescere qui».
Pérez ripensò alle prepotenze che aveva subito quando si era trasferito dalla scuola di Fair Isle all’ostello di Lerwick. I bambini sanno essere crudeli ovunque vivano, e lui non era dell’opinione che la gente fosse diversa solo perché viveva nelle Shetland. Né i bambini, né gli adulti.
«Si tratta del documentario su Roddy Sinclair. Se lo ricorda?»
«Come potrei dimenticarlo», rispose Dawn. «Lei non crederebbe mai a tutta l’euforia che ha scatenato sapere che la BBC sarebbe venuta alla scuola per le riprese. Sono rimasti qui per tre giorni e alla fine la scena è durata appena cinque minuti. I bambini si sono divertiti moltissimo».
«Roddy, però, non ha frequentato questa scuola, vero? Quando era alle elementari viveva a Lerwick».
«Licenza artistica, credo. La scuola di Middleton è un po’ più carina e caratteristica. E penso che sia venuto qui per qualche settimana quando era molto piccolo. Fu quando a suo padre diagnosticarono per la prima volta la malattia e dovette essere ricoverato in un ospedale di Aberdeen. Sua madre lo accompagnò e Roddy rimase con Bella. Da quando ha iniziato a incidere dischi, è venuto più di una volta a suonare per i bambini. A loro è piaciuto molto, naturalmente. Aveva un aspetto da canaglia che piaceva ai piccoli».
«Quanto tempo rimase la BBC a Biddista per le riprese?»
«Molto più a lungo. Oltre una settimana. Alla fine il documentario parlava di Roddy ma anche della gente del posto».
«Come la prese la gente di Biddista?»
«Oh, volevano tutti fare i disinvolti, ma facevano in modo di essere sempre in giro quando la troupe della BBC faceva le riprese».
«Tutti?»
«Be’, Aggie è sempre stata un po’ timida. Quando arrivarono al negozio, chiese a Martin di sostituirla. La convincemmo a fare la cliente e così furono ripresi tutti gli abitanti».
«Willy viveva ancora a Biddista?»
«Sì, c’è anche lui nel documentario. L’hanno girato la scorsa primavera anche se poi è stato mandato in onda solo di recente».
«Quindi è successo prima che Peter Wilding si trasferisse nella sua casa?»
«Sì, prima. Willy se la cavava ancora abbastanza bene da solo a quel tempo». Dawn guardò Pérez dritto negli occhi. «Cosa vuole dirmi? Pensa forse che l’assassino sia uno di noi?».
Pérez non rispose. Si stiracchiò e sentì la tensione dei muscoli della schiena. Ho bisogno di un bagno, pensò. Un lungo bagno in acqua calda. E del vero cibo. Perché penso che fare questo lavoro mi piaccia?
«Mi spiace veramente averla disturbata ancora sul lavoro», disse.
«Tutto qui?», chiese Dawn. Pérez si accorse che la donna aveva i nervi a pezzi perché incapace di capire cosa stesse succedendo. «Nessuna spiegazione per tutte queste domande?»
«Mi spiace», ripeté lui.
Pérez capì che Dawn voleva che se ne andasse, ma lui esitò, chiedendosi se potesse arrischiarsi a fare un’ultima domanda, la domanda che gli era rimasta in testa dal momento in cui era arrivato alla scuola. «Dawn, ha idea di chi possa essere l’assassino?».
Lei lo fissò. «Non posso credere che lo stia chiedendo lei a me». Pérez si rese conto di aver osato troppo, ma non era riuscito a fermarsi.
«Potrebbe aver sentito qualcosa. Chiacchiere, magari. Lo so che lei non era coinvolta e che non viveva nelle Shetland quando tutto questo ebbe inizio, ma qualcuno a Biddista sa».
«Adesso non posso parlare. Voglio tornare a casa da mia figlia. Se ha altre domande, venga da me a Biddista quando lei sarà a letto. E poi vorrei che ci fosse anche Martin con me. So che è patetico, ma non posso farlo da sola».
Pérez pensò alla Dawn che aveva conosciuto la prima volta: una donna forte e sicura di sé. Questo è ciò che fa la violenza, pensò. Ci rende tutti vittime.