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Jensen non venne acciuffato la mattina seguente. O era riuscito a fuggire, grazie alla sua ottima conoscenza dei luoghi, oppure era precipitato in un burrone. Certo è che non ricomparve più.

Quanto ad Harold Carlson, Lydia Green, che non voleva denunciare un parente, si limitò a scacciarlo con la perentoria intimazione di non farsi mai più rivedere. Il signor Andrews, con un bell’articolo pronto per il suo giornale, tornò senza indugio a Los Angeles. Nel suo racconto chiarì come il fantasma verde fosse stato soltanto una mistificazione e aggiunse con dovizia di particolari tutto quanto era accaduto, compreso il furto delle perle e la loro imprevedibile fine sotto un macigno della miniera. Ebbe il buon senso di non dare troppa importanza alla parte avuta dai ragazzi nell’avventura, per risparmiare loro un’eccessiva pubblicità, e non fece parola del signor Won perché non riuscì a sapere nulla di lui. Evidentemente il vecchio cinese non si era vantato a torto del fatto che il resto del mondo fosse all’oscuro della sua esistenza.

Titus Jones telefonò a Jupiter per dirgli che il cantiere sarebbe rimasto chiuso un paio di giorni, cosicché i tre ragazzi poterono prolungare la visita a Chang. Ora che la paura del fantasma era svanita e i contadini tornavano al lavoro, la vendemmia poté essere ripresa e portata a termine in tempo utile.

I ragazzi si divertirono molto, insieme a Chang, esplorando tutta la valle e i dintorni. Bob dovette tuttavia concedere un po’ di riposo alla sua gamba, piuttosto stanca per l’intensa attività. Per passare il tempo si dedicò a stendere una relazione sul caso Green.

Jupiter volle visitare le gallerie della miniera, ma quando vide la gola e il disagevole passaggio percorso dagli amici, riconobbe che era stato un bene che non si trovasse con loro quel giorno, perché con la sua robusta corporatura sarebbe probabilmente rimasto intrappolato. Finalmente I Tre Investigatori fecero ritorno a Rocky Beach. Il capo della polizia, Reynolds, si premurò di andare a trovare i ragazzi e li lodò per aver scoperto che il Fantasma Verde era stato un’abile messa in scena. – Non so dirvi quanto sono contento di sapere che non ho sofferto di allucinazioni – confessò – e in qualunque momento potete contare su di me se avete bisogno di aiuto. Intanto, a dimostrazione di ciò che intendo dire, ecco qualcosa che potrebbe tornarvi utile. – Così dicendo porse a ciascuno un cartoncino verde sul quale si leggeva:

 

CERTIFICO che il portatore della presente è un giovane assistente volontario che coopera con le forze di polizia di Rocky Beach.

Sarò grato se vorrete dargli aiuto, in qualsiasi modo.

IL CAPO DELLA POLIZIA

Samuel Reynolds

 

– Perbacco! – esclamarono Bob e Pete, mentre Jupiter arrossiva di soddisfazione.

– Vi potrebbe tornare utile una volta o l’altra – disse Reynolds. – A buon conto dimostrerò ai miei uomini che non siete dei ragazzini ficcanaso, anche se farete qualcosa che li possa disturbare. – Dopo di che se ne andò, con l’eco dei calorosi ringraziamenti che gli rintronava ancora nelle orecchie.

Il giorno seguente, dopo che Bob ebbe completato la stesura delle sue note, i tre andarono a far visita ad Alfred Hitchcock, che s’interessava moltissimo ai loro racconti, dato che aveva promesso di darli alle stampe se li avesse ritenuti meritevoli. Nel grande ufficio i ragazzi sedevano in ansiosa attesa che il famoso regista televisivo finisse di esaminare i particolari del mistero. Di tanto in tanto Hitchcock approvava con cenni del capo e un paio di volte si lasciò andare a una risata. Infine depose il fascio di carte e:

– Bel lavoro, ragazzi! – esclamò. – Proprio una vera avventura! Gli aspetti generali della faccenda mi sembrano chiari – aggiunse. – Harold Carlson voleva impossessarsi della proprietà, quindi prese a prestito denaro dai suoi amici, avendo cura di creare le condizioni perché il debito non potesse essere pagato; e Jensen lo coadiuvò nell’attuazione del piano. Il signor Won, venuto a conoscere l’esistenza delle Perle Fantasma nella vecchia casa di Rocky Beach, rilevò le ipoteche e fece pressioni su Carlson per assicurarsi le famose perle.

Si piegò in avanti sullo scrittoio, tamburellando con le dita sui fogli.

– E che mi dite del signor Won? – riprese. – È un tipo che mi affascina, perché ha centosette anni, beve le perle per prolungarsi la vita e conduce un’esistenza misteriosa, come ai tempi antichi. Avete più sentito parlare di lui? I ragazzi dissero di poter aggiungere qualcosa al riguardo. Bob riferì che, un paio di giorni dopo la pubblicazione dell’articolo di suo padre, due piccoli cinesi erano giunti a Verdant Valley, inviati da Won, a chiedere il permesso di ricuperare quanto rimanesse delle perle sbriciolatesi sotto il macigno. In cambio il signor Won avrebbe concesso a Lydia tutto il tempo occorrentele a pagare le ipoteche sul vigneto.

La signora Green aveva acconsentito e i due si erano recati nella miniera con vari attrezzi. Ne erano poi usciti con un sacchetto di pelle pieno di polvere, ma nessuno era riuscito a sapere se fosse polvere di perle o di ossa, perché i piccoli cinesi se n’erano andati senza dir nulla. Hitchcock si mordicchiò un labbro.

– Ritengo – disse – che la polvere abbia la stessa efficacia delle perle intere, se i due cinesi sono veramente riusciti a ricuperarla. Molto bene, è una teoria interessante quella che dice che bevendo una soluzione di Perle Fantasma si può realmente prolungare la vita umana. Forse è soltanto una superstizione. Forse… non lo è, ma non lo sapremo mai. – Guardò fissamente Jupiter. – Giovane Jones, sebbene non sia stato insieme agli altri per la maggior parte del tempo, mi sembra che effettivamente tu abbia risolto il mistero. Ma vi sono due cose che mi lasciano perplesso.

– Quali, signore? – chiese gentilmente Jupiter.

– In queste pagine – disse Hitchcock, continuando a tamburellare sulle note di Bob – vedo che ci si riferisce a un cagnolino che un tale portava con sé a casa Green nella notte in cui apparve il fantasma. A quanto pare, questo cane ti ha aiutato a trovare la soluzione. Gradirei sapere… come ti ha aiutato? Che ha fatto il cagnolino per darti un indizio?

– Ecco, signore – rispose Jupe – quando pensai a quel cane, mi rammentai di un racconto di Sherlock Holmes; e ricordai che Holmes disse al dottor Watson di riflettere sul curioso comportamento del cane durante la notte.

– Benissimo! – il volto del regista s’illuminava mentre comprendeva dove Jupiter volesse arrivare. – Al che il dottor Watson rispose che il cane non aveva fatto proprio nulla quella notte. E Holmes di rimando spiegò che proprio quello era un particolare significativo.

– Proprio così, signore! – replicò Jupiter.

Il signor Hitchcock sfogliò le pagine e, trovata quella cui si riferiva, la estrasse per rileggerla.

– Ecco! – esclamò. – “Il cane che uno degli uomini aveva con sé non fece niente. Mugolò un poco, probabilmente perché non voleva essere tenuto in braccio.” Giovane Jones, faccio tanto di cappello all’acume che ti ha consentito di afferrare l’importanza di questo particolare.

Pete e Bob erano rimasti con gli occhi spalancati, non riuscendo a capire che significato potesse avere il comportamento del cane.

– Non ci arrivo – disse Pete. – Il cane non ha fatto nulla… Ebbene?

– Mio caro giovanotto – rispose il “maestro del brivido” – è ben noto che cani e gatti provano irritazione e paura di fronte al soprannaturale. I gatti rizzano il pelo e soffiano, i cani ululano e corrono… ad ogni modo creano molta confusione. Ora, se quel cane non si agitò affatto, fu perché non v’era nulla che lo impaurisse, quindi è logico dedurne che voi e gli uomini non stavate vedendo un vero fantasma o cosa simile, tanto che il cagnolino non gli prestò alcuna attenzione.

– Diavolo – esclamò Pete – ha ragione! E noi non l’avevamo notato!

– Non importa – replicò il regista – vi siete comportati magnificamente dimostrando coraggio e decisione. E tu, Bob, hai dimostrato molto buon senso nel seminare tracce affinché l’amico Jupiter vi potesse ritrovare. – Qui Hitchcock corrugò lievemente la fronte e soggiunse: – Tutto questo mi fa venire in mente che Won vi aveva addormentati ipnotizzandovi; eppure durante il viaggio tu, Bob, eri indaffarato a scrivere messaggi per chiedere aiuto e a farli scivolare dalla portiera della giardinetta. Come mai gli altri due erano addormentati e tu no?

– Ho ingannato il signor Won – disse con una risatina il ragazzo. – Quando vidi Chang e Pete vacillare e cadere addormentati, seppi che cosa dovevo fare e, non appena il signor Won cominciò con me, vacillai e caddi subito come se fossi immediatamente piombato nel sonno. Invece non lo ero affatto e sono rimasto sveglio; ecco perché ho potuto scrivere i biglietti. E pensare che sono volati via trascinati dal vento! Fu vera fortuna che uno si sia impigliato in un cumulo di erbacce e che Jupiter abbia potuto trovarlo.

– La fortuna – osservò il signor Hitchcock – dev’essere aiutata dall’astuzia. Tutti voi avete dimostrato grande abilità in questo caso, e sarò ben lieto di pubblicarlo. Jupiter ringraziò e i tre si alzarono per andarsene. Stavano uscendo dallo studio quando il regista li richiamò.

– Aspettate – disse. – Dimenticavo di chiedervi la cosa più importante… Dal momento che non c’era alcun fantasma, che avete visto? Qual era la cosa che fluttuava lungo i corridoi e spariva attraverso le pareti? Non ditemi che si trattava di una garza ricoperta di vernice luminescente perché quel sistema lo conosco bene.

– No, signore – rispose Jupiter. – Era un sistema molto più ingegnoso, e io non ho sospettato niente finché non mi sono reso conto che il cane non aveva fiutato né sentito nulla, e che quindi non poteva esserci effettivamente nulla, laggiù. Posso fare il buio nel vostro ufficio?

Il regista annuì. Jupiter chiuse le tapparelle e tirò i tendaggi delle finestre; così l’ufficio era quasi completamente al buio.

– Guardate quella parete! – disse Jupe. Hitchcock guardò e improvvisamente una macchia verdastra luminosa apparve sulla parete bianca; sembrava la figura di Jupiter Jones avvolta in un lenzuolo. Scivolò lentamente verso una porta chiusa, poi scomparve alla vista come se si fosse dileguata attraverso la porta.

– Stupefacente! – fu il commento di Hitchcock, mentre Pete e Bob riaprivano le tende. – Di certo, usato nel momento opportuno, sarebbe un fantasma convincente. Si aggiunga un urlo selvaggio e una casa stregata, ed è chiaro come il trucco sia riuscito.

Bob e Pete si dissero d’accordo, mentre Hitchcock esaminava l’oggetto portogli da Jupiter. Sembrava una lampada tascabile, un poco più grande del normale, ma aveva all’interno un tipo speciale di riflettore e di lenti.

– Si tratta in realtà di un proiettore in miniatura – spiegò Jupiter – adatto per diapositive. Ma se si mette fuori fuoco la diapositiva di una figura spettrale, contro uno sfondo scuro, quando la si proietta sul muro di una casa che si dice stregata si può ottenere un fantasma molto suggestivo.

– E un fascio di luce può farlo scivolare lentamente lungo la parete o su per le scale – aggiunse il regista. – Veramente molto ingegnoso! Sarà stato Won a darlo al signor Carlson?

– Sì, è così – rispose Jupiter. – Quando il signor Carlson, che sfoggiava un paio di baffi finti e aveva alterato il tono di voce per non farsi riconoscere, accompagnò quegli uomini alla casa Green, il fantasma lo teneva in mano. Naturalmente sembrava una comune torcia elettrica. Gli altri avevano delle vere lampade accese, e nella confusione non notarono che da quella di Carlson non proveniva luce come dalle altre. Carlson poi la usò per proiettare l’immagine del fantasma sulle pareti e sulla porta. Semplicemente girando un piccolo interruttore egli poteva farlo svanire come se fosse penetrato nel muro. Poi, quando a Verdant Valley accompagnò la signora Green, rimase sull’uscio mentre lei entrava e, dal di dietro, proiettò l’immagine fantastica nell’interno. Allorché la signora Lydia urlò e accese la luce, non fece che mettersi il proiettore in tasca e precipitarsi verso di lei per sorreggerla. Così, quando gli altri sopraggiunsero, egli stava già massaggiandole i polsi. Nonostante le apparizioni fossero molto credibili, mi resi conto che qualcuno doveva aver gridato a casa Green, che il cagnolino non aveva avvertito alcuna presenza soprannaturale e che il signor Carlson era solo con Lydia Green quando questa vide il fantasma; quindi lui solo poteva essere la causa di tutto ciò. – Jupe si rimise in tasca il proiettore. – Questo lo conserveremo come ricordo del caso – concluse. Salutò, si voltò e uscì con i due soci. Mentre li guardava uscire, un sorriso passò sulle labbra del regista. Lo stesso Sherlock Holmes non avrebbe saputo risolvere il mistero del Fantasma Verde in maniera migliore.