PIANOFORTE VENDESI

«Addio, dolce paese…»

Battuta tratta da un film ispirato alla saga di Peppone e don Camillo, ideata da Giovannino Guareschi.

I personaggi descritti e le situazioni raccontate in questo romanzo sono frutto di fantasia. I luoghi, invece, sono reali.

C’è una sola stella in cielo, per il resto nuvolaglia. Presto sparirà anche quella sola.

Però non dà l’idea di voler piovere o nevicare.

Il Pianista scende dal treno che proviene da Sondrio. Una volta sul marciapiede guarda in su. Soltanto allora si rende conto che c’è una sola stella in cielo e per il resto nuvolaglia. Per lui fa lo stesso. L’importante è che ci sia in giro gente, bordello, confusione. È la sera del 5 gennaio 1966, festa dei Re Magi a Bellano. Fiere, feste di paese sono il suo pane. È lì per quello. Mica per la festa. Per il bordello, la confusione. La possibilità di rubare qualcosa, portafogli, orologi. Magari un motorino, vedrà.

Lo chiamano Pianista per via delle mani magre, dita affusolate. Il resto, la scoliosi, il naso a becco, i capelli neri lunghi e unti, non conta. Un ladro si misura dalle mani.

Con quelle si sistema le palle ed esce dalla stazione. Alle sue orecchie giungono note diffuse da un altoparlante, la festa sta cominciando. Esce dalla stazione riflettendo che per quella sera i caramba avranno ben altro da pensare che a lui. Quattro passi ed è in paese. L’aria è fredda, pregna di odori forti, vin brûlé e trippa. L’atmosfera è vibrante, finestre illuminate, voci. Si sente che la festa è imminente. Glielo avevano detto che per Bellano quella è una sera particolare, da favola, che attira un sacco di gente. Bene. Sono le sei, il cielo una nuvola unica, quell’unica stella sparita. Il Pianista decide di fare un giro di ispezione prima di tutto. Individuare i luoghi giusti, quelli dove la gente si accalca, si stringe. Dove le sue mani magre, le sue dita affusolate possono avere tutto il comodo di lavorare. Anche quelli isolati, dove si parcheggiano motorini, macchine. In qualche modo dovrà tornare a casa se non gli riuscirà di prendere l’ultimo treno, alle undici. Motorini e macchine non hanno segreti per le sue mani. Una volta fatta la ricognizione s’infilerà in un’osteria: un piatto o due di trippa, un mezzo di rosso, per prepararsi alla notte di lavoro.

Le vie strette del paese, le contrade, budelli, sono un invito per le sue mani. Il Pianista ne annota mentalmente i nomi, via Porta, via Balbiani, via Boldoni.

Via Manzoni, la più lunga. Taglia il vecchio nucleo in due fette. È una sfilata di negozi, antri, portoni. Lì la gente si pesterà i calli fra un po’ e il Pianista guadagnerà la giornata.

È a metà della via quando si imbatte nel cartello.