La mano bendata
di Basil Copper
Titolo originale: Cry Wolf
Il villaggio è molto tranquillo. Ma è quanto ci si può aspettare in questo periodo dell’anno. Sorge in una gola tra aspre montagne, lontano dalla città. Questa è la ragione principale per cui abbiamo comprato la casa.
In estate i prati sono tappezzati di fiori rossi e gialli, mentre in inverno la maestosità della neve e la bellezza soprannaturale delle montagne che si stagliano contro il cielo mutevole compensano abbondantemente il freddo e la mancanza di attrazioni moderne.
Il lupo arrivò all’inizio di novembre. La cosa in se stessa era strana perché fino ad allora il tempo era stato mite. Per primo ne diede notizia Jaeckel, la guardia di frontiera. Aveva visto le tracce del lupo giù vicino al ruscello alla luce della luna, disse. Sono generazioni che non si vedono lupi su queste montagne, dissero i vecchi del villaggio. D’accordo se si fosse a maggiori altitudini o sul versante italiano o se fosse gennaio o magari uno degli inverni più rigidi che si ricordino... ma in novembre e per di più in un novembre abbastanza mite! I vecchi alzarono le mani ridendo e continuarono a fumare la pipa.
Jaeckel si limitò a sorridere e disse che lui sapeva bene quello che diceva, e che credeva ai propri occhi. Forse un grosso cane, disse Jean Piotr, che possiede il più grande emporio del villaggio. Jaeckel scartò ironicamente questa idea. Impossibile, affermò sicuro di sé. Era l’impronta di un lupo e scendeva da un sentiero che dal villaggio porta al ruscello. Anzi, aveva visto l’animale, o meglio la sua sagoma, muoversi sulla neve, pochi secondi prima. E anche ammettendo che la luce della luna ne allungasse l’ombra, era decisamente troppo grosso per essere un cane. E le orme erano enormi.
Jaeckel disse che per risolvere la questione era meglio che andassimo tutti a dare un’occhiata alle impronte. Eravamo riuniti alla locanda, l’atmosfera era calda e cordiale e il vino nuovo era eccezionalmente buono quell’anno. Così solo pochi degli spiriti meno attaccati alle comodità accettarono di andare con lui. Anch’io ci andai, insieme a mio figlio Andrew che era impaziente di vedere le impronte di questo animale leggendario.
Fu un pomeriggio deludente. I bambini del villaggio stavano usando il sentiero come una pista per i toboga dopo l’ultima nevicata e ormai non si vedeva più niente.
— Proviamo vicino al ruscello — disse Jean Le Coutre che oltre a possedere una compagnia di trasporto di legnami era anche il sindaco del villaggio. Perciò, a parte la sua naturale autorità unita a quella conferitagli dalla sua carica, era anche suo dovere approfondire la questione. Non approdammo a niente neppure lì. Jaeckel era confuso e umiliato. Guardò disgustato la neve smossa e si grattò la testa. Sputò con aria pensierosa. Le Coutre rimase un attimo in ginocchio, fissando il suolo.
— Siete sicuro che sia questo il posto? — chiese alla guardia di frontiera.
La guardia si voltò e osservò il tratto lungo il ruscello. — Come potete vedere, il tratto rimanente di riva è coperto di neve intatta — disse semplicemente.
Il sindaco si rialzò e si spazzolò i pantaloni. — Si direbbe che qualcuno abbia nascosto le tracce con una scopa — commentò in tono incredulo.
Ci fu una risata generale tra gli uomini che ci avevano accompagnato, ma io notai che tornammo tutti al villaggio in uno stato d’animo tutt’altro che tranquillo!
Questo fu solo l’inizio e nient’altro accadde per oltre due settimane.
Poi, una sera, un bambino terrorizzato arrivò di corsa al villaggio dicendo di essere stato inseguito da un grosso cane. Il bambino era chiaramente terrorizzato, e aveva i vestiti stracciati da qualcosa di affilato e frastagliato, così la sua famiglia fu costretta a prendere la cosa sul serio. Mandarono a chiamare il sindaco e il medico e in mezz’ora venne organizzata una squadra di ricerca. Mi unii anch’io, naturalmente, e sebbene Andrew fosse ansioso di venire con noi, gli dissi di rimanere al villaggio. Aveva solo quindici anni, e io sapevo che, eccitato com’era, poteva fare qualche sciocchezza.
Ci munimmo tutti di lanterne e di potenti torce elettriche e battemmo interamente il percorso fatto dal bambino. Era più che evidente che subito dietro le mezze impronte dei piedi in corsa del bambino c’erano grosse tracce di zampe. Non ci furono più battute ironiche quella sera, anzi, si notava un certo tremore nelle voci di quelli che facevano congetture.
Le Coutre mandò qualcuno al villaggio a prendere il suo fucile e a convocare i migliori tiratori. Lasciammo due uomini a fare loro da guida. Dopo l’attacco al bambino, le tracce di zampe giravano in tondo senza scopo e poi si dirigevano verso valle. Seguivano il sentiero che i bambini del villaggio usavano come pista, poi entravano nel ruscello e sparivano. La cosa era strana poiché i lupi evitano l’acqua se non per bere. Stavamo girando in cerchio su e giù quando ci fu un colpo di fucile.
— L’altra riva — gridò Jaeckel con gli occhi che gli brillavano per l’eccitazione. Un sottile filo di fumo usciva dalla canna del suo fucile. Indicava la boscaglia sulla riva opposta. Tutti sentimmo distintamente un rumore secco dopo lo sparo.
— Adesso forse mi crederete — disse Jaeckel con tranquillo tono trionfante.
— Se vi può far piacere, la faccenda è seria — disse il sindaco.
Intanto erano arrivati i tiratori del villaggio, allarmati dallo sparo e delusi di essere stati privati della possibilità di colpire l’animale.
Il sindaco guidò il ritorno, avendo deciso che era troppo buio e pericoloso guadare il ruscello e stanare l’animale quella notte. Parlò con il medico che aveva in cura il bambino e seppe che i graffi riportati erano di nessuna importanza e poi telefonò alle autorità civili per metterle in guardia. La locanda era affollatissima quella sera ed eravamo tutti presi dagli avvenimenti del giorno.
Quando ritornai a casa, trovai la porta chiusa a chiave. All’interno sentii la voce di Andrew, tremante e soffocata. Quando lo chiamai, aprì.
— Ero spaventato, papà — disse. — Penso che il lupo fosse qui intorno circa mezz’ora fa. Ho sentito qualcosa muoversi intorno alla casa e un ringhio di cane, così ho chiuso in fretta la porta a chiave.
— Hai fatto bene, figliolo — dissi.
— Andiamo fuori a cercarlo?
Allora mi arrabbiai. Dopo tutto, Andrew era l’unica cosa che mi rimanesse al mondo, adesso che sua madre ci aveva lasciato. — È proprio quello che non faremo — dissi. — Se hai già cenato, vai a letto. Ci penseranno le autorità a occuparsi della faccenda.
Telefonai al sindaco e poco dopo arrivò un’altra squadra. Perlustrammo accuratamente il terreno intorno. Trovammo le impronte del lupo sotto le finestre del balcone principale della casa. Le Coutre aveva un’espressione preoccupata.
— Dobbiamo tenere i ragazzi in casa dopo il tramonto finché tutta questa storia non sarà finita — disse. — Vedrò se possiamo ottenere altri fucili dalla guardia nazionale finché non ci saremo liberati di quell’animale.
Seguimmo le tracce senza troppa convinzione per qualche centinaio di metri. Prima di tornare indietro ci rendemmo conto che si dirigevano genericamente verso il sentiero che porta al villaggio.
Una squadra di uomini si fermò a casa mia dove bevemmo cognac fino alle ore piccole discutendo della faccenda.
Non accadde niente per una settimana. Poi ci furono altri spaventi. Due bambine una sera avevano guardato fuori della finestra e aveva visto il lupo... grosso come una mucca, dissero, anche se tutti tenemmo conto della loro fantasia infantile... che correva attraverso il campo vicino alla loro casa. Quando era arrivata la madre, allarmata dalle grida, tutto quello che aveva visto era un uomo magro correre attraverso il campo, probabilmente all’inseguimento del lupo.
Poi due capre che venivano tenute al riparo a casa di Papà Gremillon, una delle ultime fattorie alla periferia del villaggio, vennero trovate mezze mangiate e con la gola squarciata. Un’altra ondata di panico investì il distretto. Uno degli aspetti più allarmanti della faccenda era che la stalla in cui venivano tenute le capre era stata chiusa con il lucchetto e la chiave lasciata nella serratura.
Chiunque avesse ucciso le capre, e le impronte e la lotta feroce tra gli animali indicavano inequivocabilmente un lupo, aveva prima aperto il chiavistello e poi aveva richiuso a chiave prima di andarsene. Quando questi fatti diventarono di dominio pubblico, il disagio generale si permeò di terrore. Le Coutre, io e alcuni dei membri più intrepidi della comunità discutemmo a lungo della faccenda alla locanda. Fu mentre ci trovavamo lì in un freddo pomeriggio poco dopo Natale che per la prima volta si sentì parlare del lupo mannaro.
— Sciocche superstizioni che circolano tra la gente delle colline — scattò Le Coutre. — La leggenda di un uomo-lupo è vecchia come queste montagne — aggiunse, rivolgendosi a me.
— Ci potrebbe essere qualcosa di vero — disse qualcuno in fondo alla tavola. — La storia di un uomo che può trasformarsi in lupo per uccidere la preda e poi tornare uomo risale al periodo classico.
— Come molte altre cose — disse Le Coutre con la faccia congestionata per l’indignazione. — Ma questo non significa che dobbiamo credere che ci sono ancora in circolazione i minotauri.
— Ma come spiegate la scaltrezza di quell’animale? — chiese Jaeckel con tono disarmante. — E il chiavistello di Papà Gremillon?
Il sindaco si grattò il mento prima di tracannare il suo bicchiere di vino. — Non metto in dubbio che abbiamo per le mani qualcosa di molto serio e di diabolicamente scaltro — disse. — Ma escludo che ci sia qualcosa di soprannaturale. Abbiamo abbastanza a cui pensare per il momento.
Non c’era uno solo tra noi che, al momento di separarci, non fosse d’accordo con lui, ma in seguito la situazione peggiorò. Per un certo periodo si fermarono in paese i soldati che erano in montagna per le manovre invernali, aumentando la clientela dei bar e accompagnando i bambini nei loro vari giri. Non accadde niente degno di nota. Alcuni dei soldati più giovani scaricarono i loro fucili contro le ombre, allarmando tutta la zona. E quando il tempo cominciò a peggiorare, bloccando il passo, i soldati della guardia nazionale furono, naturalmente, trasferiti. E noi fummo lasciati soli con le nostre risorse.
Le prime morti si verificarono a marzo, con il tempo più caldo. Ci fu il piccolo René Fosse, uno scolaro di dodici anni, che fu trovato una sera con la gola squarciata a pochi metri dalla porta sul retro di casa sua. Stava andando alla stalla per controllare che il bestiame fosse a posto. La morte di due sorelline alla fine di quella settimana diede inizio al regno del terrore. In entrambe le occasioni si trovarono le impronte del lupo, ma l’animale era diabolicamente scaltro, come aveva già fatto notare il sindaco. Nonostante che numerosissime squadre di ricerca, assistite dalla guardia nazionale, avessero setacciato le colline pedemontane, ogni volta le tracce si perdevano al ruscello.
E le ricerche condotte lungo le rive non erano mai riuscite a stabilire il punto in cui l’animale aveva rimesso piede a terra. Durante tutto quel tempo, nessuno era riuscito a scorgere l’animale, il che alimentava la leggenda del licantropo: una leggenda di cui si impadronì prima la stampa regionale e poi quella nazionale. Calarono al villaggio orde di giornalisti con i loro fotografi, tutti vennero intervistati, vecchi dolori furono dissotterrati e qualsiasi indizio potesse esserci sui luoghi in cui si nascondeva l’animale venne ben presto cancellato dalle centinaia di curiosi.
Poi, alla fine di marzo o all’inizio di aprile, poco prima che la neve si sciogliesse, ci fu riferito che questa volta era stato attaccato un adulto. Era un uomo di nome Charles Badoit, meccanico presso l’unica autorimessa del villaggio, che viveva in una delle case più piccole all’estremità dell’abitato. L’animale gli era balzato addosso alle spalle da un terrapieno, mentre lui tornava a piedi dal lavoro, e gli aveva dilaniato una parte del collo. Badoit aveva lottato con grande coraggio. Fortunatamente per lui aveva con sé la cassetta degli arnesi, e dal momento che era un uomo grande e grosso doveva aver fatto un’impressione terribile mentre roteava la cassetta sopra la testa con la forza della disperazione, tanto che il lupo aveva rinunciato all’attacco e se l’era svignata.
Fasciato e fortificato da un cognac, Badoit si distese su un divano a casa del medico e raccontò la sua storia. In gran fretta Le Coutre organizzò una delle più numerose squadre di ricerca e questa volta permisi ad Andrew di venire con noi a patto che mi stesse sempre vicino e non toccasse le armi. Due robusti gendarmi della polizia stradale furono lasciati al paese e questo aggiunse utili rinforzi alla nostra squadra. Il lupo aveva strappato un pezzo di carne dal collo di Badoit e si era apparentemente fermato a mangiarlo solo a pochi metri di distanza dal luogo dell’attacco. Infatti, in un vicino boschetto, trovammo macchie di sangue e una zona di neve smossa.
— È davvero una bestia audace — disse cupamente Le Coutre, mentre proseguivamo seguendo le impronte, chiarissime sulla neve. Ma dopo aver seguito la solita direzione, le tracce si allontanavano dal percorso normale e si dirigevano su per una collina vicina. — Può darsi che l’appetito del lupo sia stato stimolato e che l’animale sia in cerca di un’altra vittima all’altra estremità del villaggio — suggerii io.
Le Coutre annuì.
Ci inerpicammo su per la collina per venti minuti, in mezzo alla neve alta, seguendo le tracce molto nitide. Udimmo tutti contemporaneamente il rumore di un ramo spezzato. Andrew lanciò un grido eccitato e il lupo balzò fuori da un gruppo di abeti a circa cinquanta metri.
Parecchi fucili fecero fuoco a ventaglio e sollevarono schizzi di neve che provocarono come una nuvola di piume nell’aria intorno all’enorme animale grigio. Uno dei colpi aveva evidentemente fatto centro perché il lupo emise un ululato lamentoso e sparì zoppicando tra gli alberi. Incoraggiati, ci lanciammo al suo inseguimento. Dissi a Le Coutre e ai gendarmi che probabilmente uno di noi l’aveva colpito alla zampa anteriore destra e loro si dichiararono d’accordo. Ma mezz’ora più tardi, con le macchie di sangue che si facevano sempre più indistinte fino a sparire del tutto prima che le tracce si perdessero al ruscello, fummo ancora una volta costretti a darci per vinti.
Il mattino dopo Andrew era pallido e scosso. Io ero uscito per fare un giro in paese, e al mio ritorno lo trovai a letto, immobilizzato dal dolore. Aveva la mano destra fasciata.
— Non arrabbiarti, papà — disse. — Mi sono tagliato spaccando la legna. Non è una cosa seria.
— Sei stato dal dottor Lemaire? — chiesi, allarmato.
— Sì — mi rassicurò Andrew. — Dice che non è niente di preoccupante. Fa solamente un po’ male.
— Sono contento che non ci sia da preoccuparsi, ragazzo mio. Ma devi stare più attento.
A dire il vero, ero più preoccupato di quanto non volessi ammettere, ma all’ora di cena il colore era tornato sulle guance di Andrew che stava mangiando con l’appetito di sempre. La cosa mi sfuggì dalla mente poiché lo stato d’animo agitato e irritabile degli abitanti del villaggio stava arrivando a un punto critico. Non che voglia biasimarli; infatti, quando si faceva buio, ero anch’io nervoso come gli altri, nonostante la pesante Mauser che tenevo accanto al letto. Il sindaco aveva distribuito scorte di munizioni a ogni adulto responsabile. Come lui, io non volevo neppur sentir parlare delle teorie sul licantropo che molti degli abitanti del villaggio sostenevano ormai apertamente, ma dovevo ammettere che in questa mostruosa serie di avvenimenti c’erano moltissime cose terribili e inspiegabili.
Il collo del povero Badoit impiegava parecchio tempo a rimarginarsi e l’uomo dovette essere trasportato nell’ospedale di una grande città a cinquanta chilometri di distanza. Ma c’era mancato poco che anche lui avesse il suo corteo verso il cimitero locale, l’ultimo di quella lunga serie di strazianti funerali delle vittime precedenti. Noi speravamo che il lupo fosse stato messo fuori combattimento dalla ferita procuratagli dai nostri colpi e che si fosse ritirato sulle montagne più alte. Ma le cose non stavano così. Passarono solo due giorni e l’animale colpì di nuovo. In qualche modo noto solamente a lui stesso, il lupo si era nascosto in un deposito per la legna chiuso a chiave, quasi nel cuore del villaggio. La sua audacia arrivava a tal punto che, a quanto sembrava, il lupo vi era rimasto tutto il giorno. All’inizio della serata la sfortunata vecchia che possedeva la casa vicina era rimasta senza legna per la stufa. Aprendo la porta nella semioscurità del cortile, la poveretta aveva avuto la gola squarciata dal primo assalto del lupo ed era morta all’istante. L’animale, affatto infastidito dalla ferita di tre sere prima, l’aveva trascinata in un cortile vicino e aveva dato inizio al suo pasto.
Questo ritardo aveva permesso alla squadra di tiratori raccolta in tutta fretta di arrivare mentre l’animale era ancora nelle vicinanze. Le Coutre stava discutendo animatamente con alcuni degli abitanti più superstiziosi quando arrivammo io e Andrew.
— Vi chiedo, un animale avrebbe potuto fare una cosa del genere? — disse con calma un anziano con i baffi spioventi, dopo che era stato risolto il problema della porta chiusa a chiave. — C’est le loup-garou!
— Al diavolo i licantropi! — esclamò Le Coutre, sul punto di soffocare per la rabbia. — I proiettili faranno il loro dovere, come con qualunque altro lupo.
Avevo appena fatto notare che la donna dispersa poteva essere ancora viva e che avremmo dovuto seguire le tracce, quando un ringhio terrificante uscì dalle tenebre. Seguì un suono allarmante mescolato a un rumore di ossa frantumate che fece venire la nausea a molti di noi.
Ci sparpagliammo tutti per il labirinto di cortili. Qualcuno portò sul posto una moto con le luci accese.
Un’ombra grigia saltò oltre un muro mentre un fucile faceva fuoco, lasciandosi alle spalle una scena di orrore che sembrava tipica di un quadro di Goya. Mentre alcuni componenti della squadra si fermavano sul posto per occuparsi dei resti maciullati e coprirli con un telone, una dozzina di noi si lanciarono in avanti per vendicarsi di quella bestia diabolica. Le Coutre e io guidavamo il gruppo, seguiti dai gendarmi. Avevo portato Andrew con noi per risparmiargli la scena che ci eravamo lasciati alle spalle, e anche lui teneva bene il passo mio e del sindaco. Udimmo un ringhio provenire dal boschetto che ci stava davanti e Andrew si lanciò in avanti con una torcia e un pesante bastone, nonostante le mie grida. Gli urlai di tornare indietro, ma la squadra si era ormai disposta a ventaglio. La mia preoccupazione maggiore riguardava i proiettili vaganti che potevano partire da qualche tiratore particolarmente eccitabile, dal momento che non pensavo che il lupo si sarebbe fermato.
Di colpo riapparve, con gli occhi fiammeggianti, e furono sparati diversi colpi, ma la bestia fuggi. Quando arrivammo sul posto non c’erano macchie di sangue. Poi alle mie spalle apparve Jaeckel, gli occhi scintillanti per l’eccitazione. Il suo petto si alzava e si abbassava per lo sforzo.
— Là! — gridò eccitato. — Là!
Seguii il suo dito puntato e vidi i rami del boschetto muoversi e ondeggiare.
— Eccolo là — urlò Jaeckel. — L’uomo-lupo!
Alzò il fucile prima che potessi fermarlo. L’esplosione si abbatté come una pesante ferita sul mio cuore. Un corpo di notevoli dimensioni uscì barcollando dal boschetto e rotolò quasi ai nostri piedi. Mi lanciai in avanti, pieno di orrore. Andrew era steso a terra, il sangue gli fluiva dalla bocca inzuppando la neve.
Gli sollevai la testa, rendendomi a malapena conto di quello che stavo facendo. La mano bendata gli ricadde sul petto. Alle mie spalle, i componenti della squadra trattennero il fiato.
Andrew aprì gli occhi. — Mi sono tagliato spaccando la legna, papà — disse. — È la verità.
Poi morì.
— Ti credo, ragazzo mio — dissi, cullandogli dolcemente la testa.
Il gruppo che ci circondava si aprì per lasciar passare il dottor Lemaire. Potenti torce elettriche illuminavano la scena.
Jaeckel, la guardia di frontiera. mi stava farfugliando qualcosa all’orecchio.
— Pardon, monsieur, una tragedia terribile, ma avevo ragione. Le loup-garou! La benda sulla mano destra.
Lo udii a malapena. C’era una strana espressione di trionfo negli occhi di Jaeckel, e allora capii molte cose.
Quando si voltò per andarsene, vidi che anche lui aveva la mano destra bendata.