Povero Piero, perì a Pavia .
«Vado a Pavia, signore» mi disse a bassa voce il viaggiatore taciturno, mentre il treno filava nella notte attraverso la campagna addormentata.
Sotto la luce livida della lampada blu, che faceva un poco spettrali i loro visi inclinati su un omero o volti verso l'alto, i compagni di scompartimento dormivano, con le bocche aperte nel sonno, taluno come se non respirasse.
«Per affari?» bisbigliai.
«Per completare le mie ricerche sul povero Piero.»
«Un suo parente?»
«No.»
«Amico?»
«Nemmeno.'»
«Conoscente?»
«Neanche.»
«Ho capito. Un personaggio storico.»
«Ohibò.»
«E chi è?»
«Non so dirglielo. Non so quasi nulla di lui. Appunto per questo vado a Pavia.»
La cosa si presentava sotto i segni della stranezza. Fuori continuava a piovere sulla campagna allagata.
«Volentieri,» dissi «udrei qualche particolare su questa storia, che mi pare piuttosto curiosa.»
«Molto,» disse il viaggiatore taciturno «molto.»
Si guardò intorno e, visto che gli altri continuavano a dormire, cominciò il racconto, abbassando ancora la voce.
«La prima notizia» disse «che ebbi del povero Piero fu ch'egli perì a Pavia. Quanto stentai a decifrare questa notizia!
La trovai molti anni fa nel mio primo libro di lettura, un sillabario, dove, nella pagina della "p", era detto testualmente: "Povero Piero, perì a Pavia". Nella pagina seguente, ancor essa destinata alla "p", si leggeva che Piero potava i pomi. C'era anche una vignetta raffigurante un uomo, evidentemente Piero in persona, che, in abito di contadino, in cima a una scala, tagliava i rami d'un albero che ritengo fosse una pianta di pomi.»
Il viaggiatore taciturno riprese fiato. Il suo racconto m'interessava enormemente. Per qualche minuto s'udì, nel fragor del convoglio, il ticchettìo della pioggia sui vetri del finestrino.
«Per parecchio tempo» riprese quegli «non seppi altro di Piero. Comunque, ritengo che potasse i pomi prima di perire.
Nei testi delle classi successive ebbi molte notizie relative a un Pierino non meglio indicato. Non so dirle se egli fosse lo stesso Piero quand'era ragazzo. Mi pare poco probabile, perché Pierino disubbidiva, è vero, ma faceva anche profitto degli studi e non è possibile che un giovinetto di città si sia poi ridotto a potare i pomi in veste di rozzo contadino. Potrebbe benissimo essere perito a Pavia. Ma occorre sapere se si tratta d'una sola persona o di due; e, in questo caso, quale dei due è quello perito a Pavia. Questo è il punto.»
«È chiaro.»
«In conclusione, la storia di Piero si può così ricostruire: nulla si sa circa il suo luogo di nascita e il casato; potò pomi, perì a Pavia.»
«Che bella epigrafe sarebbe! "Potò, perì", però...»
«No, "però" non c'entra.»
«Volevo dire: però è poco, per ricostruire la storia del povero Piero.»
«Per questo vado sui luoghi.»
Il treno era arrivato a Pavia. Il viaggiatore salutò, discese.
«Mi tenga informato!» gli gridai dal finestrino.
«Le scriverò, non dubiti» strillò di lontano.
Lo vidi scomparire tra la folla.
Fu soltanto dopo molto tempo che m'arrivò un plico sigillato proveniente da Pavia. Lo aprii nervosamente. Non conteneva che una lettera e alcuni documenti. La lettera era del viaggiatore taciturno e diceva testualmente: «Egregio signore, memore del suo interessamento per le mie indagini intorno al povero Piero, mi faccio premura di spedirle tutto quello che son riuscito a trovare sull'argomento, scavando negli archivi di Pavia. Come vedrà, si tratta di due fotografie e d'un bigliettino ingiallito dal tempo. La prima fotografia rappresenta un poppante e reca la scritta: "// piccolo Piero poppa"; nella seconda fotografia si vedono tre uomini e una signora a tavola, con l'indicazione: "Piero, Pippo e Peppe pappano con Peppa"; il bigliettino, documento prezioso, reca questa semplice frase in una scrittura quasi cancellata dagli anni: "Povero Piero, pappava poco". Ritengo che, per l'appunto in conseguenza di questo pappare poco, il povero Piero sia perito a Pavia. Nulla sono riuscito a sapere circa quei Pippo e Peppe che pappavano con Piero e con Peppa. Distinti saluti.
«Post scriptum. Riapro la lettera per dirle che proprio in questo momento m'arriva un documento d'importanza eccezionale.
Si tratta della fotografia di due uomini a bordo d'una nave. La fotografia reca la scritta: "Pippo e Peppe a poppa pappano". Ecco come ho potuto ricostruire il dramma: i due hanno voluto estromettere il Piero, per restare soli a poppa.
Molto probabilmente fu in conseguenza di questa estromissione che il povero Piero perì a Pavia, di dolore e, ritengo, di rabbia.
«.Post post scriptum. Riapro nuovamente la lettera, per accludervi un quinto documento caduto nelle mie mani, mercé la potenza dell'oro. Come vede, si tratta anche questa volta d'una fotografia. Essa reca l'effigie di Piero adulto, impegnato in un duello alla sciabola; il paesaggio è tipicamente peruviano; il nostro Piero è stato colto dall'obiettivo mentre para felicemente un colpo dell'avversario. E, se anche questo non si capisse dal documento fotografico, risulterebbe chiaro dalla dicitura che è sotto l'effigie.»
Con l'aiuto d'una lente, potei infatti decifrare sull'ingiallito cartoncino la seguente scritta in versi: «Non pomi sol, pur peri Pier potò, (patì, perì, però al Perù parò)»
Nello sfondo del paesaggio, la fotografia mostrava chiaramente alcuni alberi di pero.
Ritengo che l'incidente che die origine allo scontro cavalleresco sia nato appunto dal fatto che, oltre i pomi, Piero volle potare anche dei peri, forse abusivamente.
Quanto a me, mi ricordavo anch'io di quel famoso sillabario.
Anch'io l'avevo avuto da ragazzo. Anzi, ne avevo avuto varie copie successivamente, perché lo riducevo sempre in condizioni pietose. Chiamavo addirittura l'aureo libretto: «Povero Piero perì a Pavia». Chi m'avesse detto che un giorno, eh?
Com'è strana la vita!
Dimenticavo. Nella lettera c'era anche un «Post post post scriptum. Riapro per la terza volta la presente per dirle di non tenere il minimo conto dei documenti acclusi e delle deduzioni da essi tratte, in quanto, come ho potuto assodare in questo momento, documenti e fotografie sono tutti falsificati da abili contraffattori.»
Rimasi male. Ormai non mi restava che mettermi in cerca io stesso di notizie sul povero Piero. Fu appunto in conseguenza di tutti questi fatti, che mi decisi a condurre indagini in merito.
Ebbene, debbo dire che non trovai niente, assolutamente niente. Finché un giorno, quando meno me l'aspettavo, quando anzi non ci pensavo più, ebbi notizie del povero Piero in modo da poter ricostruire vari episodi della sua vita, nonché le circostanze che seguirono alla sua morte, le disgrazie del povero Piero non essendosi esaurite con la sua dipartita da questo mondo. Come potrà vedere chiunque voglia leggere il mio romanzo Povero Piero.
E per prima cosa posso dire d'aver appurato che il povero Piero non perì affatto a Pavia e non è affatto la persona a cui alludeva il mio compagno di viaggio, ma un altro con cui questa persona non aveva nulla a che fare. Come si vedrà appunto nel libro suddetto.