7

IPERSPAZIO

«Per tutte le comete!» disse Norby.

«Dove siamo?» domandò Jeff osservando lo strano castello sulla collina davanti a loro. Il pendio era adorno di giardini terrazzati e il castello era elegante, tutto di marmo… e in miniatura.

«Quello che ho fatto» rispose in fretta Norby «è stato trasferire Fargo e Albany fuori dal palazzo. Questo dovrebbe dar loro un po’ di vantaggio, e con gli scudi personali, l’abilità di Albany per il judo e l’astuzia di Fargo… mi dici sempre quanto è sveglio… dovrebbero riuscire a organizzare un contrattacco.»

«Sì, sì» disse impaziente Jeff «ma noi invece? Dove siamo?»

«Be’» disse Norby, col coperchio che girava mentre si guardava intorno. «Speravo di arrivare al Comando Spaziale. Avevo memorizzato certe coordinate che mi aveva mostrato Mac molto tempo fa, ma forse erano sbagliate.»

«Sì, sì» disse Jeff sempre più impaziente. «Quindi dove siamo?»

«Ecco, questo è un dettaglio di cui non sono a conoscenza.»

«Non lo sai!» Jeff si guardò intorno disperato.

Il paesaggio era magnifico, l’alba era luminosa e calda e c’era un venticello rassicurante. Ma dove diavolo si trovavano? Sulla Terra? Altrove?

«Non ne combini mai una dritta, Norby… Sei davvero un robot scombinato.»

«Faccio del mio meglio, sai, ma non è sempre facile» si difese lui. «Quando ti ho visto la prima volta volevo che tu mi comprassi, ma ora capisco che è stato un errore… Cercherò di riportarti a casa, Jeff, e io resterò qui, così ti sarai liberato di me. Mi spiace.»

«No» disse Jeff, «non voglio sbarazzarmi di te, lo sai. Non mi interessa se sei scombinato: preferisco scombinarmi pure io insieme a te.» Si allungò verso Norby. «Vorrei solo che non fossi così duro. È difficile abbracciarti.»

«Non importa» rispose Norby. «Fallo lo stesso. Sono felice che tu voglia tenermi.»

«Comunque, vorrei proprio sapere dove siamo.»

In quel momento qualcosa uscì dal piccolo castello. Sembrava proprio un dinosauro, se non fosse stato per le dimensioni ridotte.

«Un allosauro in miniatura?» commentò Jeff incerto.

Fece un passo indietro. La creatura gli arrivava al ginocchio, era addirittura più piccola di Norby. Indossava quello che sembrava un collare d’oro e, ogni volta che muoveva la coda, emetteva dei suoni variegati.

«Sta parlando o sono solo dei versi?» domandò Jeff, sentendo l’urgente impulso di avvicinarsi al rettile e carezzargli la testa.

«Non lo capisci?» domandò Norby. «Continuo a dimenticare che non sei un linguista. Lui, o meglio, lei, dice che sei carino.»

«Penso che sia carina anche lei, ma cosa ci fa un dinosauro in miniatura sulla Terra? E come mai sa parlare?»

«Non credo che siamo sulla Terra» disse Norby.

«Ma tu capisci la sua lingua. Quindi dovresti sapere dove siamo, giusto?»

«Per dirti la verità, Jeff, non sapevo di avere questa lingua installata nella memoria finché non l’ho sentita. E non ricordo di essere mai stato qui… A meno che… A meno che questo non sia il posto che ho visto nei miei sogni.»

«Ma come hai fatto a portarci qui?»

La creatura gli strofinava il naso contro il palmo della mano. Senza quasi accorgersene, Jeff cominciò a carezzarla.

«Siamo passati attraverso l’iperspazio. Ecco perché è così difficile tornare indietro. Potremmo tornare a casa usando lo spazio normale, però…»

«Hai viaggiato nell’iperspazio senza un teletrasporto?» domandò Jeff, quasi gridando.

Norby fece un passo indietro. «È illegale?»

«È impossibile. Nessuno può farlo.»

«Io sì.»

«Ma questo sarebbe un vero viaggio iperspaziale. Come hai scoperto che potevi farlo?»

«Non so, pensavo fosse una cosa normale.»

«Va be’, ma tu come fai?»

Norby ci pensò un po’. Poi disse: «So farlo, ma non so come farlo».

«Non ha senso.»

Jeff si era seduto sull’erba e la creatura gli aveva messo le zampe in grembo, la testa appoggiata sulla spalla. Emetteva dei suoni che assomigliavano a un dolce: «Gruffle, gruffle, gruffle». Jeff le passò la mano sul lungo collo, che aveva delle protuberanze che arrivavano fino alla punta della coda.

«Sai alzare un braccio?» domandò Norby.

«Certo.»

«Ma sai anche come si fa? Potresti spiegarmi con precisione cosa fai per alzare un braccio? Cosa succede dentro al tuo braccio mentre lo alzi?»

«Decido solo di sollevarlo e quello si muove.»

«Esatto, e io ho solo deciso di saltare nell’iperspazio, poi l’ho fatto. Posso andare ovunque in un istante. Ma non so come ci riesco.»

«Norby, questo ti rende l’essere più prezioso in tutto il Sistema Solare…»

«Oh, lo so.»

«No, no, intendo dire: davvero. Nessuno ha mai scoperto come viaggiare nell’iperspazio senza teletrasporto. Sarebbe la più grande scoperta nella storia dell’umanità.» Jeff continuò a carezzare il dinosauro. «Era il mio sogno, di riuscire a fare questa scoperta un giorno. Ecco perché volevo frequentare l’Accademia e imparare tutto sulla teoria iperspaziale. Volevo inventare un modo di viaggiare nell’iperspazio. E adesso, con il tuo aiuto…»

«Ho detto solo che so farlo, nient’altro. È per questo che vuoi stare con me, Jeff? Perché so viaggiare nell’iperspazio?»

«No. Ti ho detto che ero felice di essere tuo amico prima di sapere questa storia. Ma ora sono ancora più contento.» Jeff stava abbracciando la creatura, anche se non se n’era accorto. «Comunque, tornando a noi, se ci hai portato fin qui, riesci a capire dove siamo?»

«Ma questo è l’altro problema Jeff: so farlo, ma non sono molto bravo a prendere la mira. Volevo arrivare al Comando Spaziale e ho sbagliato i calcoli. Anche se conosco la lingua di questa creatura, non so dove ci troviamo.»

Jeff guardò il dinosauro e solo allora si rese conto che lei gli stava leccando dolcemente l’orecchio con la lingua, che era calda e asciutta.

Si piegò all’indietro e la creatura capitombolò via dalle sue braccia. Poi quella si rialzò e spiegò le membrane di pelle che aveva su ciascun lato della schiena.

«Ali!» esclamò Jeff. «Ha delle ali! È uno pterodattilo o qualcosa del genere.»

«Che assurdità» disse Norby. «È così evidente che è un drago.»

«I draghi sono creature mitiche.»

«Non qui.»

«Cosa ti rende tanto sicuro? Non sai nemmeno dov’è, qui

«Forse una parte di me lo sa, ma non riesco a entrarci in contatto. Mi dispiace, Jeff. Sono così scombinato… forse dovrei essere rottamato e basta.»

«Non prima di riportarci indietro. E anche allora non lascerei che qualcuno ti faccia del male. Ma riportaci indietro, Norby. È importante.»

«Non arrabbiarti Jeff… non so bene come fare. Potremmo esserci allontanati parecchio dal Sistema Solare terrestre. Se solo riuscissi a ricordarmi dov’era! Ho la sensazione che parte di me sia già stata qui, altrimenti perché sognerei questo posto?»

«Sai, scommetto che è il meccanismo alieno che ti ha installato McGillicuddy. Qualsiasi cosa fosse quella roba aliena, una volta è stata qui, e tu ci sei ritornato senza pensarci.»

«In questo caso… Ehi!»

La minidraghessa all’improvviso cominciò a correre e rovesciò Norby per terra. Lo superò e si diresse di gran carriera verso il piccolo castello.

Jeff aiutò Norby a rialzarsi.

«I cuccioli di drago sono sempre maleducati» disse il robot. «Ricordo quando…» Fece una pausa, poi in tono scoraggiato aggiunse: «No, non ricordo. Per un minuto ero sicuro di aver ricordato qualcosa sui draghi, ma non è così».

«Ora mi confondi di nuovo.»

«Non posso farci niente. Forse resteremo bloccati qui e non riusciremo ad aiutare Fargo e Albany a sconfiggere Ing.»

«Ho fame, Norby. Forse io posso trovare qualche forma di vita da mangiare, ma tu? Non penso che da queste parti ci siano prese elettriche. Morirai di stenti. Forse questo ti ispirerà il modo di riportarci indietro.»

«In realtà non posso morire di fame: le prese della corrente per me sono solo uno spuntino. Per mangiare davvero mi basta tuffarmi nell’iperspazio e posso farlo in qualsiasi momento. Lì c’è energia infinita. Dovresti provarci.»

«Mi piacerebbe, se potessi» disse Jeff. «Com’è l’iperspazio?»

«Non è niente.»

«Molto utile…»

«Dico davvero. L’iperspazio è il nulla. È al di fuori dello spazio e del tempo, perciò non c’è un sopra o un sotto, e neanche un quando o un dove. Quando ci sono dentro, posso sentire una specie di… una specie… insomma, uno schema, che non è davvero lì ma potenzialmente potrebbe esserlo perché è quello di cui è fatto davvero l’universo…»

«Norby!»

«Be’, non ho detto che sarei riuscito a spiegartelo. Non posso. So solo che l’iperspazio è un potenziale, cioè, è potenzialmente qualcosa, una riserva d’energia che permette di creare l’universo, che ovviamente è parte di se stesso…»

«Mi sto perdendo di nuovo. Come si crea un universo?»

«Secondo me si crea quando un punto dell’iperspazio all’improvviso diventa un dove e un quando. Non ho idea di come funzioni o perché, va al di là della comprensione mia o di chiunque altro nel Sistema Solare: anche se sapessi spiegartelo tu non capiresti.»

«È bello sapere che mi consideri tanto sveglio. In realtà l’unica cosa che mi interessa sapere è come si torna nel nostro Sistema Solare. Lo puoi fare?»

«Certo. Devo solo sincronizzarmi con lo schema dell’iperspazio e capire dove andare.»

«Allora farai meglio a muoverti. C’è un drago più grosso in avvicinamento.»

«Forse» disse Norby, avvicinandosi di più a Jeff, «la mamma della draghetta vuole ringraziarci per essere stati carini con sua figlia.»

«Non contarci» rispose lui raccogliendo il robot.

Non aveva senso mettersi a correre: il drago aveva zampe lunghe e forti, e anche le ali. Arrivava solo al mento di Jeff ma aveva denti scintillanti e appuntiti in una doppia fila, in alto e in basso. Ed emetteva gli stessi suoni della cucciola, solo molto più forti.

«Che dice?» sussurrò Jeff.

«Dice che siamo alieni e dovrebbe portarci da Sua Dragonità, a meno che lei non riesca a insegnarci a parlare.»

«Be’, che aspetti, Norby? Dille che tu lo sai fare.»

Il robot lanciò una serie di suoni ticchettanti e la draghessa rispose allo stesso modo.

«Jeff, andiamocene subito. Questo stupido rettile mi ha insultato.»

«Che ha detto?»

«Che sono solo un barile e puzzo di chiodi.»

«Be’, ha ragione. Quel barile una volta…»

«Lascia perdere. Ce ne andiamo.»

«Invece no. Se scappiamo, ci perderemo ancora di più. Ascoltiamo cos’ha da dirci.»

Ma lei ora stava in silenzio. Poi si piegò verso di loro, prese Norby dalle mani di Jeff, quindi morse il ragazzo sul collo. Si leccò le labbra e soffiò col naso come se avesse sentito un gusto sgradevole. Poi appoggiò con attenzione Norby a terra e se ne ritornò al castello.

«Aiuto, Norby! Sono appena stato morso dalla draghessa. E potrebbe avere la rabbia! Sono stato morso da una draghessa vampira rabbiosa!»

«Non ti ha morso tanto» disse Norby esaminando il collo di Jeff. «È solo un graffietto, a malapena per farti uscire il sangue. Secondo me c’è un motivo…»

«Secondo me mi ha fatto male. E il suo motivo è che voleva assaggiarmi. La prossima volta verrà a divorarmi. Vuoi lasciarmi mangiare da un drago? Pensa, sciocco barile. Riportaci a casa. Portaci ovunque! Non mi interessa se ci perdiamo di più.»

Caro signore, non è il caso di agitarsi tanto. Chiunque lei sia, occorre poter comunicare perché le menti si incontrino.

La bocca di Jeff si spalancò. Inghiottì rumorosamente. «Norby, ho appena sentito una voce… nella testa!»

Per poter comunicare con lei dovevo assaggiare le sue reti, dato che lei non capisce il linguaggio vocale.

«Ti dico che qualcuno sta parlando, Norby!»

«È quell’orribile mamma draghessa maleducata. Non risponderle.»

Mi lasci solo il tempo di disinfettare me stessa e la piccola, dato che l’abbiamo toccata e in quanto alieno è probabile che lei sia pieno di germi.

«Non sono pieno di germi» protestò Jeff. «Lei lo è. Sono sicuro che il suo morso mi farà venire il tetano. Con tutti quei denti scommetto che non usa mai il dentifricio.»

Nessun gentiluomo direbbe mai una cosa simile. Uso il dentifricio e il collutorio, e così fa la mia cara piccola Zargl. Credo che lei farebbe meglio ad andarsene. Noi siamo jamyn rispettabili e non la vogliamo su questo mondo. Inserirò le coordinate iperspaziali del pianeta nella memoria della sua botte…

«Botte!» gridò Norby.

Poi la invito ad andarsene, grazie.

«Hai le coordinate, Norby?»

«Sì, ma non le userò. Non se me le ha date lei. Non…»

«Norby, usale subito oppure ti farò a pezzi con le mie mani e poi ti ricombinerò ancora più scombinato di come sei già!»

La mamma draghessa comparve sulla porta del castello reggendo la sua piccola fra le braccia. Iniziò ad agitare le ali per dir loro di andarsene.

Via! Via! Orribili mostri!

«Forza, Norby!»

«Va bene, ci provo. Ma penso che il mostro orribile sia proprio tu, dato che mi minacci così quando solo mezz’ora fa dicevi di volermi bene.»

«Io ti voglio bene, questo non c’entra. Andiamo!»

«Lasciami provare. Se continui a urlare e mettermi fretta mi scombinerò.»

«Lo sai che tu sei sempre scombinato, vero?»

«Okay, ho le coordinate e conosco quelle della Terra, e mi concentrerò su tuo fratello. Tre… Due… speriamo che funzioni… Uno…»

Stavano sorvolando l’isola di Manhattan e Central Park era una macchia di verde molto più in basso.

Jeff strinse forte Norby sotto il braccio e gridò: «Sei troppo in alto. Portaci giù… ma non troppo in fretta».

«Mi hai messo la mano sugli occhi. Cioè su due di loro, vedo solo nuvole e cielo azzurro… Okay, così va meglio. Scendiamo.»

«Nel parco c’è un mucchio di gente» osservò Jeff. «E stanno circondando la stazione di polizia di Central Park. Andiamo a vedere che succede.»

«E se arriviamo a portata dei disintegratori?» domandò Norby.

«Cerca di restare appena un po’ più in alto.»

«È facile parlare per te… Non sei tu quello che vola.»

«Dai Norby, vai giù!»

La folla si muoveva come se non avesse idea di che cosa fare. Si era sparpagliata sulla carreggiata dove non c’era più nessun’auto.

Un gruppo di uomini di Ing stava fuori dalla stazione con i disintegratori spianati. Il capo urlava: «Disperdetevi, ribelli, o riempiremo il parco con i vostri cadaveri».

«Credi che lo farebbe davvero?» domandò Norby.

«Non so» rispose Jeff. «Se Ing conquista il mondo spargendo troppo sangue, si farà odiare, e lui lo sa, perciò cercherà di prendere il controllo in modo pacifico. Ma se i suoi uomini perdono la calma…»

«Be’, è possibile che succeda, Jeff: laggiù c’è tuo fratello con la sua amica poliziotta, e indossano i loro scudi personali.»

Sentirono la voce di Fargo che gridava: «Avanti cittadini, salviamo la nostra amata isola dagli Ignobili di Ing! Seguitemi!».

Non lo seguirono, sembravano incerti.

Un uomo urlò: «La fai facile tu. “Seguitemi” dici… Ma tu hai uno scudo personale, noi no!».

«Va bene» ammise Fargo. «Allora intanto guardateci, e seguiteci più tardi. Forza, Albany, prendiamo i loro disintegratori!»

Il capo degli Ingrati urlò: «Catturateli! Li voglio vivi! Ing pagherà bene per questi due».

Si divisero. Fargo partì alla carica, bloccò un braccio che cercava di colpirlo con il calcio del disintegratore e mise a segno una gomitata contro il plesso solare dell’aggressore. L’Ingrato si piegò in due e per un po’ perse interesse per il combattimento.

Albany Jones girava intorno a un altro Ingrato, facendo con le mani piccoli gesti come per invitarlo a farsi avanti. Quello andò all’attacco, lei si girò e si piegò, fermò la sua avanzata con l’anca, gli afferrò il polso, e lo scaraventò contro un altro scagnozzo. Entrambi gli Ingrati finirono per terra.

Norby rise forte.

«Così si fa» gridò. «Metteteli tutti K.O.»

«Sono troppi» osservò invece Jeff. «Fargo e Albany verranno catturati se la gente non li aiuta. Norby, portami al parco. Forse gli ornitologi di prima sono ancora in giro.»

«E che te ne fai?»

«La loro guida, la signorina Higgins, mi è sembrata una donna forte e senza paura. Una persona così ci sarebbe utile. Forza, Norby: se non la troviamo dovremo aiutare Fargo noi due, e ho paura che non basteremo.»

Stavano volando a zigzag sopra Central Park, alla ricerca del gruppetto guidato dalla donna vestita di tweed.

«Ma cosa può fare una mezza pazza, Jeff?»

«Non ne sono sicuro, però sento che potrebbe aiutarci. E non è pazza. È solo piena di energia.»

«Per caso sono quelli là?»

«Forse. Abbassati, atterriamo dall’altro lato di quegli alberi. Non voglio spaventarli.»

Jeff e Norby si mossero con cautela attraverso gli alberi.

«È proprio lei» disse Jeff. «Signorina Higgins! Signorina Higgins!»

La donna si fermò e si guardò intorno. «Sì? Per caso qualcuno ha identificato un esemplare di gracchio bronzato?»

«Sono io, signorina Higgins.»

Lei fissò Jeff per un momento.

«Oh, guarda» disse. «Il giovanotto con il suo fratellino. Ci siamo visti all’alba, e volete già unirvi al nostro gruppo? Mi piace il vostro entusiasmo…»

«Non proprio, signorina Higgins» spiegò Jeff. «Siamo qui per via di Ing e gli Ingrati. Vogliono conquistare il parco.»

«Il nostro parco? È per questo che si sente tanto baccano? Hanno spaventato gli uccelli e rovinato la nostra spedizione pomeridiana.»

«Mi sa che il rumore è proprio colpa loro.»

«Be’, e come si permettono?»

«Forse lei potrebbe fermarli, signorina Higgins. Abbiamo già raccolto una folla di patrioti, ma hanno bisogno di un capo.»

«Dove sono?» strillò la signorina Higgins agitando l’ombrello. «Portami da loro. Ornitologi, aspettatemi qui, intanto prendete nota di tutte le ghiandaie blu che vedete. E anche dei cardinali rossi, se ce ne sono. Ricordate: i cardinali sono rossi, le ghiandaie, blu!»

«Forza, signorina Higgins» la incitò Jeff. «Le dispiace prendermi per mano?»

«Non sei un po’ troppo grande per queste cose, giovanotto?»

Jeff non rispose, le strinse la mano, poi si avvicinò e le circondò la vita con un braccio.

«Norby, decollo a tutta velocità. Ne devi portare due adesso.»

La signorina Higgins si lasciò sfuggire un gridolino. «Giovanotto…» e poi restò senza fiato mentre schizzavano in aria.

«Torniamo alla stazione di polizia» ordinò Jeff. «Stanno ancora combattendo, lì.»

«Che panorama meraviglioso» esclamò la signorina Higgins. «Dovremmo fare le nostre osservazioni sempre in questo modo. Potremmo seguire gli uccelli in volo.»

Intanto Fargo e Albany erano stati circondati e gli uomini di Ing si stavano avvicinando con cautela… Sembrava solo questione di tempo. Altri Ingrati affrontavano la folla tenendola a bada con i disintegratori.

«Giù, Norby» disse Jeff. «E lei, signorina Higgins, guidi l’attacco contro quegli Ingrati.»

«Ma certo che lo farò» rispose lei. «Barbari!»

«Arriviamo, Fargo!» gridò Jeff.

Atterrarono e la signorina Higgins partì alla carica. Norby invece rotolò contro l’Ingrato più vicino e lo scaraventò a terra. Un braccio si proiettò fuori dal robot e afferrò il disintegratore dell’uomo, lo lanciò verso Jeff che lo acchiappò al volo.

Nel frattempo la signorina Higgins stava correndo verso la folla, agitando l’ombrello e gridando con un tono di voce sorprendentemente acuto: «Avanti, fifoni. Volete starvene a guardare mentre conquistano il nostro parco? Central Park appartiene agli ornitologi e a tutte le brave persone, non certo ai cattivi. Salvate il parco se vi resta un po’ di fegato. O volete che ci pensi io da sola? Sono una signora fragile, quasi di mezz’età, eppure sono qui. Chi mi segue? Forza, esercito di Higgins, all’attacco!».

Si lanciò contro il nemico con l’ombrello levato al cielo, e Norby all’improvviso gridò: «Viva la signorina Higgins!».

La folla sembrò risvegliarsi, cominciò a ruggire: «Viva la signorina Higgins! Viva la signorina Higgins!».

Si mossero in avanti e gli Ingrati si voltarono all’istante per rifugiarsi nella stazione di polizia. La folla, furibonda, li seguì.

Jeff invece trattenne Norby per impedirgli di andare con loro. «No, no. Ora le cose si sistemeranno senza bisogno di noi. Invece dobbiamo raggiungere subito il Comando Spaziale. Se ti do le coordinate esatte, puoi portarci fin lì?»

«Certo, passando dall’iperspazio.»

«Hai abbastanza energia?»

«Mi sono riempito di carica iperspaziale quando siamo scappati dalla terra dei draghi.»

«Bene, e devo dire che passare per l’iperspazio è stato piacevole. Non ho sentito nulla, come sbattere gli occhi o avere il singhiozzo in tutto il corpo.»

«È perché ho uno scudo iperspaziale integrato» disse Norby. «Non ti ho detto che il vecchio Mac era un genio? Mi sa che è per questo che non mi serve un teletrasporto. Io sono un teletrasporto, e se mi stringi puoi venire con me.»

«Ma come lo sapevi che saresti riuscito a portare anche me?»

«L’ho immaginato.»

«E se avessi immaginato male?»

«Saresti andato incontro a una morte orribile, Jeff, ma sai che non sbaglio mai.»

«Veramente non mi risulta.»

«Be’, non ha senso parlare con te se sei così poco ragionevole. Dammi le coordinate del Comando Spaziale. Okay, si parte!»