Un genio


Penso che ci sia una storia che testimonia in modo più potente di qualsiasi esposizione teorica quanto la felicità dipenda dalle nostre relazioni umane. È la storia di William James Sidis, considerato l’uomo più intelligente mai apparso sulla faccia della terra. Qualcuno potrà non conoscerlo, non averlo, magari, neppure mai sentito nominare. E qualcuno potrà stupirsi di non avere neppure mai sentito nominare l’uomo che altri definiscono il più intelligente della storia. Com’è possibile? Vediamo.


William James Sidis è un bambino prodigio.

A sei mesi comincia a pronunciare in modo comprensibile le prime parole.

A un anno parla inglese, la sua lingua madre, correttamente.

A diciotto mesi, cioè a un anno e mezzo impara a leggere.

A tre anni sa già scrivere; con la macchina da scrivere appoggiata sul seggiolone.

A quattro anni impara a leggere… in latino.

A sei anni ha la padronanza orale e scritta di altre sei lingue, oltre all’inglese: francese, tedesco, russo, ebraico, turco e armeno.

A otto anni non gli basta più imparare lingue già esistenti. Ne inventa una nuova lui: il Vendergood, un misto di greco antico, latino e lingue romanze. Scrive un libro, The book of Vendergood, dove spiega tutto: grammatica, lessico, sintassi. Così uno, volendo, lo può studiare, il Vendergood. Si mette lì, di buzzo buono, e in due o tre anni lo impara. Poi parla da solo.

Lo stesso anno sostiene l’esame di ammissione ad Harvard. Supera l’esame, ma le regole dell’università vietano l’ingresso a matricole così giovani. Potrà essere ammesso solo tre anni dopo, ormai undicenne.

“Va be’, se mi volete far perdere tempo così, però…”

Si laurea, inutile dirlo, con il massimo dei voti nel minimo del tempo. E poi? Che fargli fare?

Viene assunto come insegnate dall’università. Sembra una buona idea. Per essere docenti ad Harvard bisogna essere persone molto intelligenti e molto colte. E Sidis è di gran lunga il più intelligente e il più colto di tutti.

Come gli va? Fa frutto? È qui il suo Valhalla? È questa la sua strada? È un buon insegnante?

No.

Non è un buon insegnante.

È un pessimo insegnante. È tanto più intelligente di una persona normale, che incontra difficoltà mostruose a comprenderla e a farsi comprendere da lei. Non riesce a capire cos’è che gli studenti non capiscano.

Un esempio per tutti. Un anno deve tenere un corso di geometria euclidea. Prepara lui stesso le dispense per gli studenti. Con il massimo impegno, con la massima cura. Consegna le dispense alla classe e le dispense… sono scritte in greco antico.

“Le ho scritte in greco antico, perché sono sulla geometria euclidea. Euclide era greco, allora ho pensato che era meglio scrivere in greco antico anche le dispense. È meglio, no? No? Ah, non conoscete il greco antico? Be’, comunque, tranquilli, non c’è problema: in due o tre giorni lo si impara. No?”

Gli studenti lo detestano. Si lamentano continuamente di lui. Nessuno vuole più frequentare le sue lezioni. La cosa ha proporzioni tali che diventa un problema per lo stesso istituto. Così anche i rapporti con il dipartimento precipitano: viene accusato di non avere i requisiti per insegnare. Viene, in pratica, costretto ad andarsene.


Da quel momento tenterà di fuggire alla notorietà facendo lavori anonimi: impiegato, operaio, magazziniere.

Morirà in solitudine, a quarantasei anni, per una emorragia cerebrale. Si stima che conoscesse, al momento della morte, oltre quaranta lingue.


Ecco perché è possibile non averlo mai sentito nominare. Non ha dato frutto. Non ha prodotto nulla di significativo. Non ha lasciato nessuna scoperta scientifica, nessun teorema matematico, nessuna raccolta di poesie. Ha scritto, per esempio, oltre al libro del Vendergood, un trattato mastodontico sulla classificazione dei trolley dei tram. Cioè sui bracci meccanici che collegano i tram ai cavi della tensione. Li ha classificati tutti. Perfettamente.

A cosa serve un libro del genere? Chi può pensare di leggerlo? Nessuno.

Lui, l’uomo più intelligente mai apparso sulla Terra, lui, che era in grado di capire ogni cosa, non è riuscito a capire come creare relazioni con gli altri. Lui che conosceva tutte e lingue, non è riuscito a parlare davvero con nessuno.