5.

Nervosa come un genitore che manda il primogenito a scuola, Cilla sorvegliava i suoi elettrodomestici d'epoca mentre venivano caricati sul furgone. Una volta riparati, sarebbero stati i gioielli della sua cucina. O almeno, quello era il progetto.

Nell'immediato futuro, si sarebbe arrangiata col frigorifero sotto il piano di lavoro, il fornello a piastra e il forno a microonde, tutti più adatti a un dormitorio universitario che a una vera casa.

«Prenditi degli elettrodomestici nuovi giù da Sears» le disse Buddy.

«Dammi pure della pazza» disse Cilla, sospettando che l'avesse già fatto.

«Adesso parliamo del water da mettere in soffitta.»

Trascorse l'ora seguente con lui, l'elettricista e uno dei falegnami nella soffitta stantia, delineando la sua visione, e adeguandola quando i loro consigli le parevano sensati.

Con la musica di martelli, trapani, seghe che stridevano, Cilla affrontò l'arduo compito di selezionare e trasportare il contenuto della soffitta fuori nella vecchia stalla. Lì, dove i profumi spettrali di fieno e cavalli infestavano l'aria, mise da parte sia le cianfrusaglie che i tesori. Mentre la primavera prorompeva intorno a lei, Cilla osservò le vecchie finestre sostituite dalle nuove, e le vecchie piastrelle di ceramica trasportate nel cassone. Inspirò i profumi di segatura e intonaco, di colla per legno e sudore.

Di notte curava le vesciche e i graffi, e spesso rileggeva le lettere scritte a sua nonna.

Una sera, troppo irrequieta per rilassarsi dopo che le varie squadre di operai se n'erano andate, andò a osservare e riflettere sui cancelli di ferro. O li usò come scusa, ammise Cilla, poiché aveva visto Ford seduto fuori sulla veranda. Il cenno di saluto disinvolto del ragazzo mentre lei si trovava dal suo lato della strada, e la coda striminzita di Spock che si agitava simile a una frusta, resero perfino naturale attraversare.

«Ho visto che stai ricostruendo la veranda» commentò lui. «Dove hai imparato a usare gli utensili elettrici?»

«Col tempo.» Dopo aver salutato il cane, Cilla si girò, guardò la fattoria. «La mia veranda non sembra così male vista dalla tua, considerando che non è finita né verniciata. Anche le nuove finestre sono belle. Le metterò più grandi nella soffitta, e aggiungerò dei lucernari.»

«Lucernari in una soffitta.»

«Non sarà una soffitta quando avrò finito. Sarà il mio ufficio. È colpa tua.»

Lui sorrise pigro. «Davvero?»

«Mi hai ispirata.»

«Pan per focaccia, come si dice.» Ford sollevò la sua Corona. «Vuoi una birra?»

«Volentieri.»

«Siediti.»

Cilla scivolò su una delle sue larghe Adirondack, grattò la grossa testa di Spock tra le minuscole orecchie a punta mentre Ford entrava a prendere la birra.

C'era una bella prospettiva di casa sua da lì, pensò. Riusciva a vedere dove erano necessari alberi nuovi, arbusti; dove sarebbe stato di buon gusto aggiungere un graticcio nel lato sud della casa; la necessità di collegare la vecchia stalla con un viottolo di pietre. O di mattonelle, pensò. Forse ardesia.

«Immagino che il rumore si senta fino a qui» disse Cilla, quando lui tornò fuori. «Tutto quel fracasso deve essere fastidioso.»

«Non sento molto mentre sto lavorando.» Ford le porse la birra, si sedette. «A meno che non voglia.»

«Poteri superiori di concentrazione?»

«Un modo nobile di dire che ignoro semplicemente le cose. Come va laggiù?»

«Abbastanza bene. Si modifica e si mette in moto come tutti i progetti.» Cilla bevve un sorso di birra, chiuse gli occhi. «Dio, birra fresca dopo una lunga giornata. Dovrebbe essere sempre così.»

«Sembra che io abbia l'abitudine di offrirti alcolici.»

Cilla gli lanciò uno sguardo. «E io non ho contraccambiato.»

Ford allungò le gambe, sorrise. «L'ho notato.»

«Al momento casa mia non è pronta neanche per un ricevimento informale. E

nemmeno io. Vedi il cancello di ferro?»

«Difficile non notarlo.»

«Devo farlo riparare o devo sostituirlo?»

«Perché ti serve? Mi pare una grossa seccatura fermare la macchina, scendere, aprire i cancelli, portare dentro la macchina, scendere, richiuderli. Anche se ne installassi uno automatico, sarebbe una seccatura.»

«Me lo sono detto anch'io all'inizio. Ma ho cambiato idea.» Spock sbatté più volte la testa contro la sua mano, e lei interpretò il segnale riprendendo a grattarlo. «Sono lì per un motivo.»

«Capisco perché ne avesse bisogno, tua nonna. Ma non ti ho vista usarli da quando ti sei trasferita.»

«No, non l'ho fatto.» Cilla sorrise leggermente mentre sorseggiava la birra.

«Perché sono una vera seccatura. Non si addicono all'atmosfera del posto, vero?

La fattoria irregolare, la grande vecchia stalla. Ma lei ne aveva bisogno. Sono solo un'illusione, davvero.» Dio solo sapeva quanto Janet avesse avuto bisogno delle sue illusioni. «Non è molto difficile scavalcarli o scavalcare le mura. Ma lei aveva bisogno dell'illusione della sicurezza, della privacy. Ho trovato delle vecchie lettere.»

«Scritte da lei?»

Cilla non aveva intenzione di dire niente in proposito.

Erano stati due sorsi di birra a scioglierle la lingua, si chiese, o solo la compagnia di Ford? Non era certa di aver mai incontrato una persona così naturalmente rilassata. «No, scritte per lei. Parecchie sono state spedite nel suo ultimo anno e mezzo di vita. Da un uomo del posto, direi, poiché la maggior parte dei timbri postali sono di qui.»

«Lettere d'amore.»

«Sono cominciate così. Appassionate, romantiche, intime.» Cilla inclinò la testa, lo osservò da sopra un altro sorso di birra. «Perché te lo sto raccontando?»

«Perché no?»

«Non l'ho ancora detto a nessun altro. Ho cercato di capirci qualcosa, di capire lui, credo. Ho intenzione di parlarne con mio padre, prima o poi, visto che era amico del figlio di Janet, mio zio. E la relazione pare sia cominciata l'inverno prima che lui rimanesse ucciso, e abbia iniziato ad andare a rotoli qualche mese dopo.»

«Vuoi sapere chi le ha scritte.» Ford strofinò pigramente il cane col piede, quando Spock si spostò per sbattere contro di lui. «Come si firmava?»

«Tuo per sempre'... finché non ha cominciato a firmarle con varie sfumature del tipo 'sparisci per sempre'. Non finì bene. Lui era sposato» continuò Cilla, mentre Spock, evidentemente strofinato abbastanza, si raggomitolò sotto la sedia di Ford e cominciò a russare. «Non è un segreto che avesse storie con uomini sposati. Da avventure a relazioni serie. Si innamorava allo stesso ritmo con cui le altre donne cambiano pettinatura. Perché sembrava una buona idea in quel momento.»

«Viveva in un mondo diverso di quello della maggior parte delle donne.»

«L'ho sempre considerata una scusa o una giustificazione comoda per essere sconsiderata, per essere egoista.»

«Forse.» Ford scrollò le spalle. «E vero anche questo.»

«Lei desiderava ardentemente l'amore, fisico ed emotivo. Ne era dipendente come dalle pillole che sua madre cominciò a darle quando aveva quattro anni. Ma credo che questo fosse reale, per lei.»

«Perché l'ha tenuto segreto.»

Cilla tornò a girarsi verso di lui. Ford aveva dei begli occhi, pensò. Non solo per come apparivano, con quel bordo dorato intorno al verde, le macchioline sparse. Ma per come vedevano le cose.

«Sì, esatto. L'ha tenuto per sé perché era importante. E forse la morte di Johnnie l'ha reso ancora più intenso e disperato. Non so cosa gli abbia scritto Janet, ma da queste lettere sento la sua disperazione, e quel tremendo bisogno, così come riesco facilmente a percepire l'interesse calante di lui, le sue preoccupazioni di venire scoperto e la sua avversione finale. Ma lei non voleva mollare. L'ultima lettera del mazzo è stata spedita da qui dieci giorni prima che mia nonna morisse.»

Cilla si spostò, e il suo sguardo si concentrò sulla fattoria. «Che morisse in quella casa dall'altra parte della strada. Lui le disse, con parole molto chiare e dure, che era finita, di lasciarlo in pace. Janet deve essere salita su un aereo subito dopo aver ricevuto la lettera. Abbandonò il set del suo ultimo film incompiuto, sostenendo di essere esausta, e volò qui. Non era da lei. Janet lavorava, amava il lavoro, rispettava il lavoro, ma quella volta lo mise da parte. Solo quella volta. Forse sperava di riconquistarlo. Non credi?»

«Non so. Secondo te sì.»

«Secondo me sì.» Era doloroso, si rese conto Cilla. Una piccola fitta al cuore.

«E quando capì che non c'erano speranze, si uccise. Colpa sua. Sua» disse, prima che Ford potesse parlare. «Che si sia trattato di overdose accidentale, come la giudicò il medico legale, o di suicidio, che pare molto più realistico. Ma quest'uomo deve sapere che ha avuto un ruolo in ciò che lei decise di fare quella notte.»

«Vuoi il pezzo del puzzle per poter vedere tutto il quadro.»

Le ombre erano lunghe, adesso, pensò Cilla. Lunghe, e lo diventavano sempre di più. Presto le luci avrebbero scintillato tra le colline, e le montagne alle loro spalle si sarebbero ripiegate nell'oscurità.

«Io sono cresciuta come se lei fosse un'altra persona in casa, o dovunque andassi, qualsiasi cosa facessi. La sua vita, il suo lavoro, il suo talento, i suoi difetti, la sua morte. Inevitabili. E ora, guarda cos'ho fatto.» Gesticolò con la bottiglia verso la fattoria. «Una mia scelta. Ho avuto opportunità che non mi sarebbero mai capitate se Janet Hardy non fosse stata mia nonna. E negli anni ho affrontato molti colpi bassi perché Janet Hardy era mia nonna. Sì, vorrei tanto vedere tutto il quadro. O il più possibile. Non deve piacermi, ma vorrei, forse ho addirittura bisogno di capire.»

«Mi pare ragionevole.»

«Davvero? Anche a me, tranne quando mi sembra il contrario e ho l'impressione di essere ossessiva.»

«Janet è parte della tua eredità, e una parente di primo grado. Potrei raccontarti tutti i generi di storie sui miei nonni, su tutti e quattro.

Ovviamente, tre sono ancora vivi, e due di quei tre vivono ancora da queste parti. E ti fanno la testa come un pallone se gliene dai appena l'opportunità.»

«A quanto pare anch'io. Devo tornare a casa.» Cilla si alzò. «Grazie per la birra.»

«Stavo pensando di mettere qualcosa sulla griglia fra poco.» Si alzò anche Ford, spostandosi involontariamente in modo da bloccarla tra il parapetto della veranda e il suo corpo. «Quella e il microonde sono i miei campi culinari.

Perché non bevi un'altra birra, mentre io cucino qualcosa di veloce?»

Poteva cucinare qualcosa di veloce, pensò Cilla, non aveva dubbi. Alto, mechato e affascinante, con una vena di goffaggine. Troppo attraente per il suo bene.

«Sono in piedi dalle sei, e domani ho una giornata piena.»

«Non ti prendi mai un giorno libero?» Ford le sfiorò il braccio con la punta delle dita, solo la punta delle dita. «E adesso ci sto ufficialmente provando con te.»

«Lo sospettavo. A dire il vero non ho in programma nessun momento libero in questo periodo.»

«In tal caso sarà meglio che approfitti dell'occasione.»

Cilla aspettò calma, una bella crociera tranquilla, da come la testa di Ford si abbassò verso la sua, dall'interesse pigro in quegli occhi dai bordi dorati. Più tardi, quando poté pensarci lucidamente, concluse di non aver fatto poi così male. Fu calmo, come è calmo un bel sorso di ottimo whisky liscio.

Ma invece di una bella crociera tranquilla, ebbe una scossa forte e intensa quando la bocca di Ford si chiuse sulla sua. Di quel genere che arrivava allo stomaco dritta come un proiettile. Le mani che afferrarono le sue braccia diedero uno strattone rapido e deciso, premendola contro di lui. Con un altro di quei movimenti impercettibili, Ford la fece indietreggiare con la schiena contro il pilastro, e avvinse completamente la sua bocca.

Da zero a sessanta, pensò lei. E aveva dimenticato di allacciare prima la cintura di sicurezza.

Cilla serrò le mani sui fianchi di Ford e si lasciò prendere dalla velocità.

Tutto ciò che lui aveva immaginato, e la sua immaginazione era illimitata, perse d'importanza. Il sapore di Cilla era più forte, le sue labbra più generose, il suo corpo più flessuoso. Era come se Ford avesse dipinto quel primo bacio coi colori più vivaci e carichi della sua tavolozza.

E non erano comunque abbastanza intensi.

Cilla era una cavalcata su un drago, un volo nello spazio, un tuffo nelle acque profonde di un mare incantato.

Le mani di Ford salirono rapide dalle spalle al viso, poi nei capelli, per togliere l'elastico che li teneva legati. Si spostò leggermente per vederla coi capelli scompigliati, per vedere i suoi occhi, il suo viso, prima di tirarla di nuovo vicina.

Ma Cilla gli premette una mano sul petto. «Meglio di no.» Espirò cauta. «Ho già raggiunto la mia quota di errori per questo decennio.»

«Questo non mi sembrava un errore.»

«Forse, forse no. Devo pensarci.»

Ford fece scorrere le mani fino ai gomiti di Cilla, per poi riportarle verso l'alto mentre la osservava. «E davvero un gran peccato.»

«Sì.» Cilla inspirò di nuovo. «Assolutamente sì. Ma...»

Alla sua leggera spintarella, Ford indietreggiò. «C'è una cosa che devo sapere.

C'è chi persevera, chi se la prende con calma, e ci sono i seccatori. Mi chiedo in quale categoria mi metteresti se facessi un giro da te ogni tanto o ti invitassi qui, con la chiara intenzione di cercare di farti spogliare.»

Il cane fece uno strano gorgoglio da sotto la sedia, e Cilla guardò uno dei suoi occhi sporgenti aperto. Come se anche lui aspettasse la risposta.

«Non sei ancora vicino alla terza categoria, ma ti farò sapere se capiterà.»

Cilla si spostò di lato. «Ma mi riservo di accettare in un altro momento l'offerta di cibo e nudità. Ho un portico... una veranda... da finire, domani.»

«Oh, quella scusa trita e ritrita.»

Cilla rise, scese i gradini prima di cambiare idea. «Apprezzo davvero la Corona, che tu mi abbia ascoltata e che ci provi con me.»

«Torna quando vuoi per una o tutte e tre le cose.»

Ford si appoggiò al parapetto mentre lei attraversava la strada, rispose al cenno di saluto che gli fece quando raggiunse i cancelli aperti. E si chinò a raccogliere il piccolo elastico blu che le aveva tolto dai capelli.

Ford meditò se darle un po' di tempo, un po' di spazio. Poi decise di infischiarsene. Il suo ultimo romanzo era sulla scrivania del redattore, e prima di immergersi troppo profondamente in Brid, voleva alcuni aiuti visivi. Inoltre, visto che Cilla non sembrava infastidita dal genere perseverante, intendeva comportarsi proprio così.

Dopo essersi alzato dal letto a quella che considerava un'ora civile, ovvero le dieci, controllò il giardino sul retro per vedere Spock già sveglio che rincorreva i suoi gatti fantasma, prese il caffè fuori e osservò Cilla lavorare sulla veranda d'entrata.

Si disse che avrebbe potuto ottenere delle foto molto buone della ragazza, in azione, col suo teleobiettivo. Ma concluse che questo sconfinava ambiguamente nel viscido. Invece, si versò una scodella di Cheerios e li mangiò in piedi, osservandola.

Il corpo era fantastico. Lungo, asciutto, magro, e più atletico che flessuoso ed esile. Cass sarebbe stata in forma, decise Ford, ma avrebbe nascosto istintivamente i suoi... attributi. Brid, be', era proprio lì fuori.

I capelli, di un biondo intenso come luce solare all'ombra, decise. Anche qui una facile trasformazione. Cass li teneva abitualmente legati; quelli di Brid sarebbero stati svolazzanti e fluenti. Poi il viso. Avrebbe desiderato vedere quello di Cilla ora, ma era coperto dalla tesa del berretto che indossava durante il lavoro. Non aveva problemi a evocarlo: la forma, gli angoli, le tonalità. Un viso che Cass avrebbe minimizzato, reso sobrio e intellettuale dagli occhiali, dal trucco assente.

Una bellezza repressa, proprio come i capelli.

Ma Brid, la bellezza di Brid sarebbe stata sfrontata, luminosa. Non soltanto libera, ma anche selvaggia.

Era ora di cominciare.

In casa, Ford preparò di nuovo la cartella, si mise al collo la macchina fotografica con la cinghia. Prese in considerazione di portarle un altro regalo, e infilò una mela in borsa.

La sparachiodi di Cilla diffondeva nell'aria rumori simili a colpi di pistola attutiti. E a Ford vennero in mente i combattimenti. Brid non avrebbe mai usato una pistola: troppo grossolana, troppo banale. Ma come si sarebbe difesa? Con spada e martello, deviando le pallottole come i braccialetti magici di Wonder Woman? Forse.

Mentre si avvicinava, Ford sentì echeggiare una forte musica country da una radio degli operai. Perché era sempre country?, si chiese. Era una specie di regola edilizia?

La musica country (compresi alcuni artisti crossover) veniva probabilmente ascoltata sulle radio portatili di tutti i cantieri.

Ford colse il ronzio di una sega, un sibilo che avrebbe potuto essere di trapano, e vari colpi provenienti dall'interno. Tutto insieme, sommato all'arredamento di cassone, toilette portatili e pickup, lo fece sentire grato di aver comprato casa sua già pronta.

Inoltre, dubitava che qualunque operaio avesse assunto avrebbe avuto un sedere come quello attualmente coperto da Levi's polverosi e felicemente rivolto nella sua direzione.

Ford avrebbe potuto resistere, ma perché? Quindi sollevò la macchina fotografica, la regolò e scattò la foto mentre il soggetto camminava.

«Sai perché fanno quei calendari con donne in abiti succinti che tengono in mano trapani elettrici e roba del genere nelle officine meccaniche?» gridò.

Cilla girò la testa per guardare, scrutò Ford da dietro gli occhiali di protezione. «Così gli uomini possono immaginare i loro piselli come trapani elettrici?»

«No, così possiamo immaginare le donne che lo immaginano.»

«Hai ragione.» Cilla sparò gli ultimi due chiodi, quindi si girò e si sedette.

«Dov'è il tuo fedele compagno?»

«Spock? Ha da fare, ma ti manda i suoi migliori saluti. Dove hai imparato a sparare con quella pistola?»

«Addestramento sul lavoro. Ho altre assi da tagliare e inchiodare: vuoi aiutarmi?»

«Succedono cose tragiche e orribili quando prendo in mano gli attrezzi. Quindi non lo faccio, e risparmio delle vite.» Ford infilò una mano nella borsa. «Ti ho portato un regalo.»

«Mi hai portato una mela?»

«Ti aiuterà a mantenere le forze.» Gliela lanciò, drizzando un sopracciglio quando Cilla la prese abilmente, e con una mano sola. «Me l'aspettavo.»

Cilla osservò la mela, poi le diede un morso. «Cosa?»

«Che avresti preso al volo e rilanciato quello che ti fosse arrivato. Ti dispiace se scatto delle foto mentre lavori? Voglio iniziare a fare degli schizzi più dettagliati.»

«Allora stai procedendo con l'idea della dea guerriera.»

«Brid. Sì, già. Posso aspettare finché fai una pausa, se la macchina fotografica ti infastidisce mentre lavori.»

«Ho passato più di metà della mia vita davanti alle macchine fotografiche.» Si alzò. «Non mi infastidiscono.»

Cilla lanciò il torsolo della mela nel cassone prima di avvicinarsi alla catasta di legna. Ford scattò mentre lei sceglieva, misurava, metteva il pezzo sulla sega elettrica. Osservò i suoi occhi mentre la lama sibilava tagliando il legno.

Dubitava che la macchina fotografica riuscisse a catturarne la concentrazione.

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Ma catturò il taglio dei bicipiti, l'increspatura del muscolo tonico mentre Cilla sollevava le tavole e le portava sul pavimento finito.

«Dato che vivevi in California, immagino che tu vada regolarmente in palestra.»

Cilla posò la tavola sui segni, la puntellò coi distanziatori. «Mi piace andare in una buona palestra.»

«Lasciami dire che allenarti ti è servito.»

«Altrimenti ho la tendenza a essere magra. Il lavoro di ristrutturazione aiuta a mantenere il tono» continuò lei, piantando il primo chiodo. «Ma mi manca la disciplina di una buona palestra. Ne conosci qualcuna da queste parti?»

«Per puro caso, sì. Sai cosa ti dico? Vieni da me quando hai finito di lavorare.

Ti porto a vedere la palestra, e poi ceniamo insieme.»

«Forse.»

«Tu non sei una evasiva. Cosa significa 'forse'...?»

«Dipende da quando finisco.»

«La palestra è aperta ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni alla settimana.»

«Davvero?» Cilla gli diede una rapida occhiata, poi avanzò lungo l'asse con la sparachiodi. «Comodo. Rettifico il forse in un probabilmente.»

«D'accordo. A proposito della cena, sei vegetariana o fruttariana o qualche altra 'riana' che necessita di limitazioni al menu?»

Ridendo, Cilla si appoggiò sui talloni. «Sono una mangiariana. Mangio quasi tutto quello che mi metti davanti.»

«Buono a sapersi. Ti dispiace se do un'occhiata dentro, per vedere da dove vengono i colpi e il rumore della sega? Così avrò anche l'occasione di prendere in giro Matt su quello che mi verrà in mente.»

«Vai pure. Ti accompagnerei a fare il giro, ma la mia capa è un'arpia e si lamenta delle pause fuori programma.»

«Il mio è un babbeo.» Ford salì, poi si chinò, la annusò. «È la prima volta che mi accorgo di quanto sia sexy l'odore di segatura.»

Entrò e disse: «Per la miseria!»

Si aspettava una certa baraonda, attività e confusione. Non si aspettava quella che gli sembrò una specie di distruzione maniacale. Doveva esserci uno scopo dietro a tutto quello, pensò, poiché Cilla gli pareva decisamente sana di mente, ma lui non riusciva a capirlo.

Attrezzi sparsi sul pavimento che riempirono di sgomento la sua anima organizzata. Come facevano a trovare le cose? Cavi serpeggianti e attorcigliati.

Lampadine nude penzolanti. Tratti di muro aperti dove, per ragioni che gli sfuggivano, qualcuno li aveva tagliati o abbattuti. Le doghe larghe del pavimento erano ricoperte di stracci macchiati e cartone.

Sconcertato, e leggermente atterrito, Ford andò in giro, osservando lo stesso genere di bombardamento folle in ogni stanza.

Trovò Matt in una di esse: ricci biondi sotto un berretto rosso, cintura degli attrezzi allacciata, metro a nastro pronto per l'uso. Sorrise tranquillo a Ford e disse: «Ciao.»

«Hai fatto tu questo casino?»

«In parte. Le idee sono della capa. E buone. E una donna che sa il fatto suo.»

«Se lo dici tu. Come sta Josie?»

«Bene. Abbiamo una foto della Bestia.»

Ford sapeva che la Bestia era il bambino che aspettava Josie. Il loro figlio di due anni era stato la Bella.

Prese l'ecografia che Matt tirò fuori di tasca, la osservò, la girò e alla fine riconobbe la forma. Gambe, braccia, corpo, testa. «Somiglia all'altro. Un alieno in miniatura dal Pianeta Utero.»

«Un'aliena. L'abbiamo appena saputo. È una bambina.»

«Sì?» Ford sollevò lo sguardo sull'enorme sorriso dell'amico, e anche il suo si allargò. «Uno per tipo. Ben fatto.»

«Non uscirà coi ragazzi fino a trent'anni.» Matt riprese l'ecografia, la guardò con amore, poi la rinfilò in tasca. «Allora, ci sei alla serata poker da Bri?»

Ford pensò che avrebbe preferito affrontare una devitalizzazione piuttosto che una serata poker. Ma lui, Matt e Brian erano amici da quasi tutta la vita. «Se non c'è proprio scampo.»

«Bene. Ho bisogno di soldi. Tieni un minuto quel capo del metro.»

«Sai come stanno le cose.»

«Giusto.» Matt sistemò il metro da solo. «Se lo tocchi, probabilmente mi esploderà in mano. Potrei perdere un dito. Hai già fatto un giro per la casa?»

«Ho appena iniziato.»

«Guardati intorno. Sarà pazzesco.»

«Sembra già pazzesco.»

Incapace di resistere, Ford tornò sui propri passi, salì al piano di sopra. La cosa non migliorò per niente. Quello che era stato un bagno, adesso era un buco spoglio con pareti smantellate e tubi scheletrici, fori aperti nel pavimento e sul soffitto. A due camere da letto mancava la porta, sulle finestre c'erano ancora le etichette del produttore, i pavimenti erano rivestiti di moquette logora.

Ma quando Ford aprì la porta della camera successiva, lo stupore si trasformò improvvisamente in collera. Cosa diavolo aveva in mente Cilla? Un materassino gonfiabile e un sacco a pelo, scatole di cartone e un vecchio tavolino da gioco?

«Ritiro il 'sana di mente'» mormorò, e tornò di sotto.

Trovò Cilla, in piedi davanti alla veranda appena tavolata, che tracannava acqua da una bottiglia. La combinazione di temperatura calda e fatica aveva fatto comparire una linea scura di sudore al centro della maglietta bianca che portava coi jeans. Il fatto di trovare una donna sudata e forse instabile così maledettamente attraente non fece che aumentare l'irritazione di Ford.

«Sei matta o solo stupida?» le chiese.

Lentamente, Cilla abbassò la bottiglia. E lentamente inclinò la testa in avanti, finché i suoi glaciali occhi azzurri non incrociarono quelli di Ford. «Cosa?»

«Chi vive così?» Agitò il pollice verso la casa mentre le si avvicinava a grandi passi. «La casa è a pezzi, in cucina sei ridotta a un fornello a piastra, dormi per terra e vivi del contenuto di una scatola di cartone. Cosa diavolo hai che non va?»

«Una cosa per volta. Vivo così perché sono nel mezzo di un grande progetto, ed è per questo che stiamo demolendo, ma la casa non è certo a pezzi. Sono ridotta a un fornello a piastra perché sto facendo riparare gli elettrodomestici. Dormo su un materassino gonfiabile, non per terra, perché non ho deciso che tipo di letto voglio. E non ho niente che non va.»

«Sali di sopra e prendi quello che ti serve. Starai nella mia stanza degli ospiti.»

«Ho smesso di prendere ordini molto tempo fa. Da mia madre, da agenti, manager, registi, produttori e ogni altro genere di persona convinta di sapere cosa fosse meglio per me, cosa volessi, cosa dovessi fare. Mi dispiace, sei arrivato tardi.»

«Vivi come un'occupante abusiva.»

«Vivo come mi pare.»

Ford colse la vampa di calore nell'azzurro ghiaccio dei suoi occhi, ma insistette comunque. «Lassù c'è una camera con un ottimo letto, e con le lenzuola.»

«Oh, se ci sono delle vere lenzuola... no. Vattene via, Ford. La mia pausa è finita.»

«La tua capa arpia dovrà darri un altro paio di minuti. Puoi vedere questa maledetta casa dalla mia, e puoi venire a piedi ogni mattina in circa novanta secondi... dopo aver dormito decentemente la notte in un vero letto, e usato un bagno che non ha il colore di un livido psichedelico, e che non è ridotto a circa un quarto delle sue dimensioni.»

Per qualche ragione, la sua furia genuina coprì le braci di quella di Cilla.

Divertita, lei rise sinceramente. «Il bagno è orribile, lo ammetto. Ma questo non mi convince a trasferirmi. Ho l'impressione che tu sia molto più sofistico di me.»

«Non sono sofistico.» La collera si trasformò di colpo in offesa. «I vecchi col cardigan sono sofistici. Voler dormire in un letto e pisciare in un water fabbricato nell'ultimo mezzo secolo non mi rende sofistico. E la tua mano sta sanguinando.»

Cilla abbassò lo sguardo. «Devo essermi graffiata.» Asciugò con noncuranza il taglio superficiale sui jeans.

Ford la fissò. «Cosa diavolo ho io che non va?» le chiese, e l'afferrò.

La tirò in punta di piedi. Voleva che quegli occhi azzurro ghiaccio fossero allo stesso livello dei suoi, voleva che quella fantastica bocca squisita fosse allineata con la sua. Non pensò ad altro prima di avventarsi e saccheggiare.

Cilla era sudata, coperta di segatura e forse aveva parecchie rotelle fuori posto. E lui non aveva mai, mai voluto così tanto qualcuno in vita sua.

Ford ignorò il sobbalzo scioccato della ragazza. Lo scatto di brama che lo travolse cancellò qualsiasi pensiero di delicatezza. Voleva, e prese. Così elementare.

La bottiglia d'acqua le scivolò di mano e rimbalzò per terra. Per la prima volta da troppo tempo perché potesse ricordarlo, Cilla era stata colta completamente di sorpresa. Non aveva visto arrivare il movimento, e perfino la potenza del bacio che si erano scambiati la sera precedente non l'aveva preparata alla forza di questo.

Fu rude, lussurioso, e le attraversò tutto il corpo, lasciandole i muscoli frementi e le terminazioni nervose tremanti. Cilla desiderò, per un folle momento, di venire ingoiata in un boccone avido, desiderò che lui se la caricasse in spalla e la trascinasse in qualche caverna buia.

Quando Ford l'allontanò da sé, la sua testa girava davvero.

«Sofistico, col cavolo!»

Mentre fissava Ford, udì Buddy l'idraulico che la chiamava alle sue spalle. «Non voglio interrompere,» continuò «ma dovresti dare un'occhiata a quello che sto preparando in questo bagno. Quando hai un minuto.»

Cilla sollevò una mano, l'agitò vagamente in aria senza guardare in giro. «Sei un uomo pericoloso, Ford.»

«Grazie.»

«Non so come abbia fatto a non capirlo. Di solito sono brava a riconoscere gli uomini pericolosi.»

«Credo di nasconderlo bene, perché neanch'io l'ho mai capito in vita mia. C'è una serratura nella stanza degli ospiti. Posso darti la mia parola che non butterò giù a calci la porta, a meno che la casa non vada a fuoco. E anche in quel caso, visto che non ne ho mai buttata giù una a calci, probabilmente avrai parecchi segnali d'avvertimento.»

«Se e quando dormirò a casa tua, non sarà nella stanza degli ospiti. Ma per ora resterò dove sono. Sei un uomo pericoloso, Ford» ripete, prima che lui potesse parlare. «Io sono una donna determinata. Non solo mi piace vivere qui, ne ho bisogno. Altrimenti starei nel motel più vicino. Adesso devo entrare. Sto installando un lavabo da appoggio con tubi a vista e accessori sospesi. Come te, Buddy non capisce la mia linea di pensiero.»

Ford guardò la casa da sopra la spalla di Cilla, scuotendo la testa. «In questo momento, non sono certo che qualcuno capisca la tua linea tranne te.»

«Ci sono abituata.»

«Vieni da me quando hai finito, andremo a vedere la palestra.» Ford raccolse la cartella e la macchina fotografica. Poi la bottiglia d'acqua. «Hai le scarpe bagnate» le disse, quindi si diresse verso casa.

Cilla si guardò i piedi. Accidenti se lo erano. Entrò in casa facendo eie ciac per parlare con Buddy.