Capitolo II

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- Ti avevo avvertito - disse Dan, mentre le gocce di sangue cadevano fitte sul ponte scuro e unto. - Mio padre non è collerico, ma tu te la sei cercata. Bah, ora non ha senso tornarci sopra.

Le spalle di Harvey erano scosse da singhiozzi senza lacrime.
- So cosa si prova - continuò Dan. - La prima volta che mi toccò fu anche l’ultima, ed ero al mio primo viaggio. Stai male e ti senti solo come un cane. Lo so.
- Già - si lamentò Harvey. - Quell’uomo è pazzo o ubriaco, e io non posso farci niente.
- Non ti far sentire - bisbigliò Dan. - Lui è contro l’alcol, e poi mi ha detto che il matto sei tu. Come ti è saltato in mente di dargli del ladro? È mio padre.
Harvey si tirò su e tamponandosi il naso raccontò la storia delle banconote perdute.
- ...Non sono scemo - concluse. - Solo che tuo padre non ha mai visto biglietti più grossi di cinque dollari, e mio padre invece potrebbe comprarsi una barca come questa una volta alla settimana.
- Tu non sai cosa vale la We’re Here. Certo tuo padre deve avere un mucchio di soldi. Come li ha fatti? Spiegati. Altrimenti devo dar ragione a mio padre quando dice che i matti non sanno fare discorsi coerenti.
- Mio padre ha fatto fortuna con le miniere e altre cose nel West.
- Ho letto di queste cose, di questi affari. Là nel West, vero? Tuo padre va in giro con una pistola su un cavallo, come nei circhi. Lo chiamano il Selvaggio West. Ho letto che hanno speroni e briglie d’argento.
- Che sciocco, sei! - disse Harvey, divertito malgrado tutto. - Mio padre non sa che farsene dei cavallini da circo. Quando vuole correre prende il suo vagone.
- Cosa? Un carro per aragoste?
- Ma no. Il suo vagone privato. Ne hai mai visto uno?
- Slatin Beeman ne ha uno - disse Dan con prudenza. - L’ho visto alla stazione della Union, a Boston. C’erano tre negri che lo lustravano. - Dan intendeva dire che pulivano i vetri. - Ma Slatin Beeman possiede quasi tutte le ferrovie di Long Island, dicono; e dicono anche che ha comprato metà del New Hampshire, e ha innalzato una rete tutto attorno, e poi ci ha messo dentro leoni, tigri e bisonti, coccodrilli e roba del genere. Slatin Beeman è un milionario. E io ho visto il suo vagone.
- Bene. Mio padre è quello che chiamano un multimilionario e ha due vagoni privati. Uno porta il mio nome Harvey, e uno quello di mia madre, Constance.
- Aspetta - disse Dan. - Pap non mi lascia mai giurare, ma credo che tu possa farlo, ora. Prima che andiamo avanti devi dire: possa morire se dico bugie!
- Ch’io possa morire - disse Harvey.
- Non basta. Di’: possa morire se non dico la verità.
- Possa morire all’istante - disse Harvey - se quel che dico non è la pura verità.
- Anche per i centotrentaquattro dollari e tutto il resto? -disse Dan. - Ho sentito quel che hai detto a Pap e quasi quasi pensavo che ti avesse sputato fuori una balena, come Giona.
Harvey protestò, paonazzo. Dan era un ragazzo sveglio e dieci minuti di domande l’avevano convinto che Harvey non mentiva, almeno non molto. D’altra parte s’era legato ad un giuramento terribile per un ragazzo mentre se ne stava lì lungo gli ombrinali, col naso arrossato, raccontando meraviglie.
- Accidenti! - disse Dan dal fondo dell’anima, quando Harvey ebbe finito la descrizione del vagone che portava il suo nome. Un malizioso sorriso illuminò la sua larga faccia. -Ti credo, Harvey. Pap una volta tanto si è sbagliato.
- Certo - disse l’altro che pensava già ad una pronta vendetta.
- Impazzirà di rabbia, odia ammettere di sbagliarsi nei giudizi. - Poi Dan si abbandonò all’indietro e battendosi una coscia, disse, - Oh, Harvey, non sprecare il vantaggio che hai continuando a comportarti allo stesso modo.
- Non ho nessuna voglia di prenderle di nuovo. Ma gliela farò pagare.
- Non ho mai saputo di qualcuno che gliel’abbia fatta pagare. Certo che più si sbaglia più te le dà. Ma, miniere d’oro e pistole...
- Non ho mai detto nulla sulle pistole - tagliò corto Harvey, ricordandosi del giuramento.
- Già, non l’hai detto. Due vagoni privati, allora, uno col tuo nome e uno con quello di tua madre; e duecento dollari al mese di spillatico, il tutto mandato a gambe levate sugli ombrinali per non voler lavorare a dieci dollari e mezzo al mese! È veramente una stagione straordinaria, questa. - E scoppiò in una risata silenziosa.
- Così avevo ragione? - domandò Harvey credendo di aver trovato un simpatizzante.
- Avevi torto, torto marcio. Fila dritto e stammi vicino, altrimenti le prenderai e io con te per averti sostenuto. Pap mi fa lavorare il doppio degli altri perché sono suo figlio, non ama i favoritismi. Forse ce l’hai a morte con Pap, è capitato anche a me. Ma è un uomo giusto. Lo dicono tutti i pescatori.
- Ti sembra giustizia questa? - disse Harvey indicando il proprio naso pesto.
- Ma non è niente. Fa uscire un po’ di sangue. Pap l’ha fatto per il tuo bene. Stammi a sentire, non posso stare con chi pensa che io o Pap o qualcun altro della We’re Here sia un ladro. Non siamo di quelli che bighellonano sui moli. Siamo pescatori e abbiamo navigato insieme per anni. Non ti sbagliare su ciò! Ti ho detto che Pap non vuole che io giuri: dice che i giuramenti sono inutili e me le dà. Ma se potessi dire ciò che tu hai detto a proposito di tuo padre e del suo mondo, direi le stesse cose riguardo ai tuoi dollari. Non so cosa ci fosse nelle tasche dei tuoi pantaloni quando li ho messi ad asciugare, perché non ci ho messo il naso; ma usando il tuo stesso linguaggio voglio dirti che io e Pap siamo i soli ad averti avvicinato da quando sei a bordo e nessuno dei due sa nulla del tuo denaro. Questo è tutto. Va bene?
L’emorragia aveva schiarito la mente di Harvey, e forse anche la solitudine del mare vi aveva contribuito.
- Va bene - disse. Poi, confuso, abbassò lo sguardo. - Credo di non esser stato molto riconoscente, per uno appena salvato, Dan.
- Sì, eri scosso ed intontito - rispose Dan. - Comunque, a bordo ti abbiamo visto soltanto io e Pap. Il cuoco non conta.
- Avrei potuto pensare di aver perso quei soldi - disse Harvey quasi a se stesso - invece di dar del ladro alla prima persona che ho visto. Dov’è tuo padre?
- In cabina. Cosa vuoi ancora?
- Ora vedrai - disse Harvey e, ancora barcollando per il ronzio in testa, si mosse verso la scala che portava alla cabina, dove l’orologio del piccolo battello stava appeso bene in vista del timone.
Nella cabina gialla e marrone Troop era alle prese con un taccuino ed una grande matita nera, che di tanto in tanto succhiava energicamente.
- Mi sono comportato male - disse Harvey, sorpreso della propria umiltà.
- Cosa c’è ora? - domandò il capitano. - Ti sei scontrato con Dan, vero?
- No; è qualcosa che la riguarda.
- Ti ascolto.
- Io... io sono venuto per chiarire quello che è successo -disse rapidamente. - Quando si viene salvati da un annegamento... - s’interruppe e deglutì.
- Ehi! Diventerai un uomo se vai avanti così.
- Ehm, non si dovrebbe insultare la gente.
- Giusto, giusto - fece Troop, abbozzando un sorriso.
- Sono venuto a dire che mi dispiace - deglutì di nuovo. Troop si alzò lentamente dalla cassa sulla quale era seduto e tese una mano smisurata.
- Sapevo di non essermi sbagliato; questa è la prova che non mi ero ingannato nel giudicarti.
Sul ponte si udì una risata soffocata.
- Sbaglio raramente, io - disse Troop. La grossa mano strinse quella di Harvey intorpidendogli il braccio. -Metteremo su un po’ di muscoli prima che tu vada via, giovanotto. Non c’è niente di male per quel che è accaduto. Non eri del tutto in te in quel momento. Fa’ bene ciò che ti si chiede e non avrai fastidi.
- Sei pallido - disse Dan, quando Harvey tornò sul ponte.
- Non mi sembra - rispose l’altro, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
- Non intendevo questo. Ho sentito quel che Pap ha detto. Quando Pap dice di non pensare niente di male, tradisce se stesso. Odia sbagliarsi. Oh! Oh! Una volta che ha espresso un giudizio, farebbe carte false piuttosto che ricredersi. Sono contento che la cosa si sia sistemata. Pap ha ragione quando dice che non può riportarti indietro. Noi dobbiamo pescare per vivere. Gli uomini torneranno tra una mezz’ora, eccitati come squali dietro ad una balena morta.
- Perché? - domandò Harvey.
- Per la cena, no? Il tuo stomaco non reclama? Hai molto da imparare.
- Credo di sì - disse Harvey sconsolato, osservando l’intrico di sartie e carrucole sopra di lui.
- È fantastica! - disse Dan entusiasta, fraintendendo quello sguardo. - Aspetta che sia tesa la vela maestra, e la barca filerà verso casa con il suo carico di sale e di umido. Comunque, abbiamo del lavoro da fare, prima. - Dan indicò giù nel buio del boccaporto tra i due alberi.
- A cosa serve? È vuoto - osservò Harvey.
- Noi due e qualcun altro dobbiamo riempirlo - spiegò Dan. - Lì mettiamo il pesce.
- Vivo? - domandò Harvey.
- No. Quando è morto lo schiacciamo e lo saliamo. Ci sono circa cento barilotti nella stiva; e non abbiamo coperto neppure il pagliolo finora.
- Ma dov’è il pesce?
- Nel mare, si dice; nelle barche, si spera - disse Dan citando un detto dei pescatori. - La scorsa notte sei arrivato con una quarantina di pesci.
Dan indicò una specie di recinto di legno davanti al cassero.
- Dovremo risciacquarlo quando non ci saranno più pesci. Auguriamoci però di avere tutti i recinti pieni questa sera! A volte ho visto la barca andar giù di una quindicina di centimetri per il peso e siamo rimasti su fino a che, per il sonno, abbiamo corso il rischio di fare a pezzi anche noi stessi insieme al pesce. Stanno per tornare!
Dan guardava al di là del parapetto una mezza dozzina di dories che vogavano verso di loro su un mare scintillante come seta.
- Non ho mai visto il mare così - disse Harvey. - È proprio bello.
Il tramonto dava alla superficie dell’acqua un colore purpureo con bagliori dorati sulle creste delle onde e sfumature turchesi negli avvallamenti. Sembrava che ogni goletta stesse tirando a sé i dories con invisibili fili e le piccole figure nere nelle barche remassero come giocattoli caricati a mano.
- Devono aver fatto un bel colpo - disse Dan socchiudendo gli occhi. - Manuel non ha più posto per il pesce. Sta giù acquattato come una ninfea in uno stagno.
- Qual è Manuel? Non capisco come puoi individuarlo così da lontano.
- L’ultima barca verso sud. Ti ha trovato lui ieri notte disse Dan indicando la direzione. - Manuel rema alla portoghese; non puoi confonderlo. Ad est della sua barca c’è Pennsylvania, un tipo più in gamba di quel che sembra osservandolo remare. A vedere il suo dory, sembrerebbe che sia carico di bicarbonato di sodio. Guarda come sono ben allineati! Ad est di Pennsylvania c’è Long Tack, quello con le spalle ricurve. Long Jack è di Galway, ed abita a South Boston, dove vivono quasi tutti quelli che vengono da Galway e la maggior parte di loro ci sa fare con le barche. A nord, laggiù, c’è Tom Platt, lo sentirai cantare tra poco. È stato in servizio su una nave da guerra, la vecchia Ohio, la prima della nostra flotta che abbia doppiato Capo Horn, dice lui. Non parla mai d’altro, a parte quando canta, ma ha una discreta fortuna nella pesca. Guarda! Cosa ti dicevo?
Un canto melodioso si allargò sull’acqua dal dory più a nord. Harvey afferrò qualcosa a proposito di qualcuno che aveva mani e piedi freddi:

Mostrate la carta, la triste carta,
Vediamo dove le montagne s’incontrano!
Le cime sono avvolte da nubi
Con la nebbia attorno ai loro piedi.

- Barca carica - disse Dan, ridacchiando. - Se ci canta “O Capitano” vuol dire che il suo dory è stracarico.
Il canto proseguì:

Ed ora, o Capitano,
Ti prego con ardore,
Che mai io sia seppellito
In chiesa o in grigio cimitero.

- Colpo doppio per Tom Platt! Domani ti racconterà tutto della vecchia Ohio. Vedi quel dory blu più indietro? È mio zio, il fratello di Pap, e se la sfortuna si trova sui Banchi, sicuramente colpisce zio Salters. Guarda come rema lentamente. Scommetterei la mia paga che oggi è stato l’unico ad essere punto, e punto come si deve.
- Da cosa? - domandò Harvey, preso dall’interesse.
- Dalle fragole, dalle zucche e a volte dai limoni e dai cetrioli. Sì, l’hanno punto fino ai gomiti. Che jella! Ora noi andiamo ai paranchi e li issiamo a bordo. È vero quello che mi dicevi prima, che non hai mai lavorato in vita tua? Deve essere una cosa terribile; vero?
- Comunque ho intenzione di provarci - replicò Harvey risoluto. - Solo che qui mi è tutto nuovo.
- Allora prendi quel paranco. Dietro di te!
Harvey afferrò un cavo ed un lungo gancio di ferro che penzolava da uno dei sostegni dell’albero maestro, mentre Dan ne calava un altro facendolo scorrere da qualcosa che chiamava una “maniglia di pennone” proprio quando Manuel si accostava con il dory carico. Il portoghese rivolse ai due un bel sorriso, che poi Harvey imparò a conoscere bene, e con un corto forcone cominciò a gettare il pesce nel recinto sul ponte.
- Duecentotrentuno - gridò.
- Passagli il gancio - disse Dan, ed Harvey fece scorrere l’attrezzo nelle mani di Manuel. Questi lo fece scivolare in un doppio cappio a prua del dory, afferrò il paranco di Dan, lo agganciò all’anello di poppa e si arrampicò sulla goletta.
- Tira! - gridò Dan; ed Harvey tirò, sorpreso della facilità con cui il dory si alzava.
- Fermati, non c’è bisogno di alzarlo fino alle crocette! -rise Dan ed Harvey si fermò, perché la barca gli stava sopra la testa. - Abbassala! - gridò ancora Dan.
Mentre Harvey calava la barca, Dan la tenne inclinata con una mano fino a che non andò a posarsi dolcemente proprio dietro all’albero maestro.
- Non pesano quando sono vuote, queste barche. Sei bravo per essere un passeggero. Per farla andare sull’acqua ci vuole abilità.
- Ah, ah! - fece Manuel porgendo una mano cotta dal sole. - Stai meglio, ora? Ieri notte a quest’ora i pesci ti davano la caccia. Adesso sei tu che li peschi. Eh, cosa?
- Io... le sono infinitamente grato - farfugliò Harvey infilando ancora una volta la sua mano in tasca. Si ricordò poi di non aver denaro da offrire. Quando con il passare del tempo imparò a conoscere Manuel più a fondo, Harvey arrossiva di imbarazzo nella sua cuccetta al solo pensiero dell’errore che avrebbe potuto commettere quel giorno.
- Non devi essermi grato! - disse Manuel. - Come potevo lasciarti andare alla deriva, intorno ai Banchi? Ora tu sei un pescatore... eh, cosa? Uh! Uh! - Manuel cominciò a flettersi avanti e indietro sul busto per sciogliersi i muscoli. - Non ho pulito la barca oggi. Sono stato troppo occupato con la pesca. Abboccavano subito. Danny, ragazzo mio, pensaci tu.
Harvey si fece subito avanti. Qualcosa poteva fare per l’uomo che gli aveva salvato la vita. Dan gli gettò uno strofinaccio ed egli si chinò sul dory pulendolo dalla fanghiglia con movimenti goffi, ma pieno di buona volontà.
- Tira fuori le pedagne dal fondo; stanno in quelle scanalature - indicò Dan. - Puliscile e posale di nuovo giù. Fai attenzione che non si incrostino. Potresti averne bisogno un giorno. Ecco Long Jack.
Un’ondata di pesce lucente si rovesciò nel recinto da un dory che si era accostato.
- Manuel, prendi il paranco. Io devo fissare le tavole. Harvey sgombra la barca di Manuel. Quella di Long Jack va messa sopra.
Guardando in alto Harvey vide il fondo di un altro dory proprio sopra la sua testa.
- Come le scatole cinesi, vero? - disse Dan, mentre una barca entrava nell’altra.
- Vi si adatta come un’anatra all’acqua - disse Long Jack, uno di Galway dal mento brizzolato, le labbra lunghe, piegandosi avanti e indietro come Manuel poco prima.
In cabina Disko brontolò qualcosa su per il boccaporto; e lo si sentiva mordicchiare e succhiare la matita.
- Centoquarantanove e mezzo, accidenti a te, Discobulus! - disse Long Jack. - Mi ammazzo per riempirti le tasche. Gridami pure che la pesca non è andata bene. Il portoghese mi ha battuto.
Giunse di colpo un altro dory che si era accostato, ed altro pesce venne scaricato nel recinto.
- Duecentotre. Vediamo un po’ il passeggero! - L’uomo che parlava era ancora più grosso del pescatore di Galway. Il suo viso era segnato da una cicatrice violacea che dall’occhio sinistro andava obliqua fino all’angolo destro della bocca, dandogli un aspetto singolare.
Non sapendo cos’altro fare, Harvey continuò a pulire i piccoli dories man mano che questi venivano calati sul ponte, sfilandone le pedagne e gettandole sul fondo delle barche.
- Ha già imparato - disse Tom Platt, l’uomo dalla cicatrice, guardando Harvey con aria critica. - Ci sono due modi di fare le cose. Uno è quello dei pescatori: si comincia dalla parte che si vuole e si finisce con un nodo sopra; e l’altro...
- E l’altro è come si faceva noi sulla vecchia Ohio - interruppe Dan, sbattendo in mezzo agli uomini una tavola dalle gambe pieghevoli. - Levati di qui, Tom Platt, e lasciami montare la tavola.
Bloccò un’estremità della tavola in due tacche del parapetto, scalciò fuori le gambe pieghevoli e si accucciò appena in tempo per schivare uno scappellotto dell’uomo che era stato sulla nave da guerra.
- Si faceva così anche sull’Orzo, Danny, vedi? - disse Tom Platt ridendo.
- Erano strabici allora perché non mi hai preso, ed io so chi troverà i suoi stivali in cima alla coffa se non ci lasci in pace. Fatti in là! Ho da fare, non vedi?
- Danny, stai tutto il giorno a dormire steso sul rotolo di gomena! - disse Long Jack. - Hai una bella faccia tosta, e sono convinto che in una settimana riuscirai a rovinare anche il nostro sopraccarico.
- Si chiama Harvey - disse Dan agitando due coltelli dalla strana forma - e fra non molto varrà cinque volte un qualsiasi impiastro di South Boston.
Posò con attenzione i coltelli sulla tavola, inclinò la testa da una parte e ne ammirò l’effetto.
- Dovrebbero essere quarantadue - disse una voce sottile da fuoribordo; e ci fu uno scoppio di risa quando si udì replicare un’altra voce:
- Allora la mia fortuna è cambiata, per una volta, perché io ne ho quarantacinque, anche se sono tutto una puntura.
- Quarantadue o quarantacinque. Ho perso il conto - disse la voce sottile.
- Sono Penn e zio Salters che contano il pesce. Ogni giorno danno spettacolo - disse Dan. - Vieni a vederli!
- Salite, salite! - urlò Long Jack. - È umido laggiù di sotto, ragazzi.
- Quarantadue, hai detto - ripeteva zio Salters.
- Li riconto allora - replicò la voce con calma.
I due dories dondolavano vicini ed andavano ad urtare contro il fianco del battello.
- Santa pazienza! - scattò zio Salters remando all’indietro con un tonfo. - Non riesco a capire che cosa può aver spinto un contadino come te a mettere piede in una barca. Stavi quasi per affondarmi.
- Mi dispiace, mister Salters. Sono venuto a lavorare in mare a causa di una dispepsia nervosa. Proprio lei mi ha consigliato, credo.
- Tu e la tua dispepsia nervosa possiate affogare nella Bocca della Balena - esplose zio Salters, un uomo grasso e tondo come un barile. - Mi stai venendo di nuovo addosso. Hai detto quarantadue o quarantacinque?
- Non mi ricordo più, mister Salters. Mi lasci contare.
- Non vedo come potrebbero essere quarantacinque. I miei, sono quarantacinque, - disse zio Salters. - Conta bene, Penn.
Disko Troop uscì dalla cabina.
- Salters, scarica immediatamente il tuo pesce - disse con tono autoritario.
- Non ci rovinare lo spettacolo, Pap - mormorò Dan. -Hanno appena cominciato.
- Madre santa! Li inforca uno per uno - gridò Long Jack, quando zio Salters prese a lavorare con scrupolosa attenzione; nel frattempo il piccolo uomo nell’altro dory contava una fila di tacche sull’orlo superiore dello scafo.
- Questa era la pesca della scorsa settimana - disse, con lo sguardo desolato e l’indice puntato sull’ultima tacca.
Manuel diede una gomitata a Dan che si lanciò al paranco di poppa e, sporgendosi fuori bordo, incocciò il gancio nel golfare di poppa mentre Manuel teneva ferma la barca davanti. Gli altri tirarono con forza ed issarono a bordo la barca con l’uomo, il pesce e il resto.
- Uno, due, quattro... nove - disse Tom Platt contando con occhio esperto. - Quarantasette. Ecco fatto, Penn!
Dan lasciò filare il paranco, facendo scivolare l’uomo sul ponte in mezzo al torrente di pesce.
- Aspetta! - tuonò zio Salters, piegandosi avanti e indietro. - Aspetta! Ho fatto un po’ di confusione nel contare.
Non ebbe il tempo di protestare che venne issato a bordo e trattato come Pennsylvania.
- Quarantuno - disse Tom Platt. - Battuto da un contadino, Salters. Un marinaio come te!
- Il conto non è giusto - replicò l’altro, inciampando nel recinto. - E poi sono pieno di punture.
Le sue grosse mani erano gonfie e coperte di chiazze violacee.
- Credo che certe persone troverebbero fondi di fragole -disse Dan, rivolgendosi alla luna che da poco era apparsa in cielo, - anche se si tuffassero.
- Ed altre - ribatté zio Salters - mangiano lussuosamente senza far niente, e prendono in giro i loro consanguinei.
- A tavola! A tavola! - gridò dal castello di prua una voce che Harvey non conosceva.
Disko Troop, Tom Platt, Long Jack e Salters si mossero a quel comando. Il piccolo Penn si piegò sul suo mulinello d’alto mare e sulle lenze aggrovigliate. Manuel si distese completamente sul ponte e Dan entrò nella stiva, dove Harvey lo udì battere violentemente le botti con un martello.
- Sale - disse, appena risalito. - Subito dopo cena ci sarà da pulire il pesce. Tu lo getterai a mio padre. Tom Platt e Pap insieme lo metteranno nella stiva, e sentirai come litigano. Noi siamo nel secondo turno, tu ed io e Manuel e Penn, la gioventù e la bellezza della barca.
- Qual è il vantaggio? - domandò Harvey. - Ho fame.
- Finiranno subito. Senti che profumino stasera! Mio padre imbarca sempre un buon cuoco anche se ciò lo fa discutere con suo fratello. Abbiamo fatto una buona pesca oggi, vero? - Indicò i recinti stipati di merluzzi. - Qual era la profondità, Manuel?
- Venticinque braccia - rispose con aria assonnata il portoghese. - Abboccano bene ed in fretta. Un giorno ti farò vedere, Harvey.
La luna aveva cominciato il suo cammino sul mare calmo quando gli uomini più vecchi uscirono. Il cuoco non ebbe bisogno di gridare “Secondo turno!”. Dan e Manuel, scesi dal boccaporto, erano già seduti al tavolo prima che Tom Platt, l’ultimo ed il più calmo dei vecchi marinai, avesse finito di asciugarsi la bocca col dorso della mano. Harvey seguì Penn e si sedette davanti ad una ciotola di latta piena di lingue e vesciche di merluzzo, insieme a pezzi di maiale e patate fritte, una pagnotta calda, e del caffè nero e forte. Nonostante fossero affamati, attesero che Pennsylvania invocasse solennemente la benedizione. Poi inghiottirono in silenzio fino a che Dan, ripreso fiato al disopra della sua ciotola, domandò ad Harvey come si sentisse.
- Piuttosto pieno, ma c’è ancora posto per qualcos’altro.
Il cuoco era un grosso negro con la pelle lucida che, diversamente da tutti i negri che Harvey aveva incontrato, non parlava, contentandosi di sorridere e di invitare col gesto a servirsi ancora.
- Vedi, Harvey - disse Dan, battendo sul tavolo con la forchetta - come ti avevo detto, i giovani e i belli, come me e Penny e te e Manuel, sono nel secondo turno e mangiano quando hanno finito quelli del primo. Loro sono i pesci vecchi; sono avari e depressi e devono rallegrare il proprio stomaco, così hanno il primo posto, che non meritano. Non è vero, dottore?
Il cuoco annuì.
- Non parla? - domandò Harvey sottovoce.
- Si fa capire. Non parla molto di ciò che noi conosciamo. La sua lingua materna è strana. Viene dall’interno di Cap Breton, dove i contadini parlano scozzese puro. Cap Breton è pieno di negri le cui famiglie si sono rifugiate là durante la guerra civile, ed essi parlano come i contadini, tutto chuffy chuffy.
- Non è scozzese - intervenne Pennsylvania. - È gaelico. L’ho letto in un libro.
- Penn legge molto. Molte cose che dice sono vere, a parte quando si conta il pesce... eh!
- Come mai tuo padre lascia che siano loro a dire quanta roba hanno pescato senza controllarli? - domandò Harvey.
- Che senso avrebbe imbrogliare per un po’ di merluzzo?
- Una volta c’è stato un uomo che imbrogliava - s’intromise Manuel. - Barava continuamente. Diceva di avere cinque, dieci, venti volte più di quello che aveva preso in realtà.
- Da dove veniva? - domandò Dan. - Non era certo dei nostri.
- Un francese di Anguille.
- Ah! Quei francesi del West Shore non contano. E c’è un motivo. Se ti capiterà tra le mani qualcuno dei loro fragili ami, Harvey, capirai il perché - disse Dan con disprezzo.
- Sempre più, mai di meno Tutti i giorni ne puliremo! - gridò Long Jack giù dal boccaporto, e il “secondo turno” si arrampicò subito sul ponte.
L’ombra degli alberi e del sartiame, con la vela d’ancoraggio spiegata, oscillava avanti e indietro al chiaro di luna; a poppa il mucchio di pesci brillava come argento fuso. Nella stiva, dove Disko Troop e Tom Platt si muovevano tra barili di sale, si sentiva camminare e borbottare. Dan passò ad Harvey un forcone e lo spinse verso l’estremità interna della ruvida tavola su cui zio Salters tamburellava impaziente con manico di un coltello. Ai suoi piedi stava una tinozza d’acqua salata.
- Tu, getta il pesce a mio padre e a Tom Platt per il boccaporto, e sta’ attento che zio Salters non ti cavi un occhio -disse Dan, calandosi nella stiva. - Io vado giù a salare.
Penn e Manuel stavano immersi nel recinto coi merluzzi fino alle ginocchia, roteando dei coltelli affilati. Long Jack, con un cesto e i mezzi guanti, era piantato al tavolo di fronte a zio Salters, mentre Harvey non perdeva d’occhio il forcone e la tinozza.
- Ehi! - gridò Manuel, abbassandosi sul pesce e tirando su un merluzzo con le dita a presa tra branchia e occhio. Stese il merluzzo sull’orlo del recinto; la lama del coltello luccicò con rumor di strappo, ed il pesce, squarciato dalla gola alla coda, con un’incisione su entrambi i lati della testa, cadde ai piedi di Long Jack.
- Ehi! - ripeté Long Jack, usando la mano guantata a paletta. Il fegato del merluzzo piombò nel cesto. Con un altro strappo testa ed interiora saltarono via e la preda svuotata scivolò tra le mani di zio Salters che sbuffò furiosamente. Si sentì un altro strappo, la spina dorsale volò dal parapetto ed il pesce, senza testa, senza interiora e aperto, cadde con un tonfo nella tinozza, schizzando il salso nella bocca dello stupefatto Harvey. Dopo le grida di avvio, gli uomini rimasero in silenzio. Il merluzzo continuò a muoversi come se fosse vivo, e ancor prima che Harvey avesse finito di ammirare la miracolosa destrezza dell’insieme, la tinozza era piena.
- Buttali giù! - grugnì zio Salters senza girare la testa, ed Harvey prese a gettare i pesci a due, tre per volta.
- Ehi! Buttali giù a grappoli - gridò Dan. - Non sparpagliarli! zio Salters è il miglior squartatore della flottiglia. Guarda come sfoglia il suo libro!
Sembrava proprio che il rotondo zio di Dan stesse sfogliando le pagine di una rivista per passare il tempo. Manuel, bloccato ai fianchi, stava immobile come una statua, ma le sue lunghe braccia afferravano il pesce senza tregua. Il piccolo Penn lavorava duramente, era facile però accorgersi della sua debolezza. Una volta o due Manuel riuscì ad aiutarlo senza interrompere la catena del lavoro, ed un’altra volta Manuel gridò perché si era preso un dito in un amo francese. Erano ami di metallo dolce e potevano essere curvati nuovamente dopo l’uso; ma il merluzzo spesso sfugge con l’amo in corpo e viene nuovamente pescato altrove; ed è questo uno dei motivi per cui i pescatori di Gloucester disprezzano i francesi.
Dal fondo della stiva il suono stridente della salatura sulle carni fresche sembrava il raschiare di una mola in movimento, un continuo accompagnamento allo scatto secco e ritmico dei coltelli nel recinto, al rumore di squarcio delle teste strappate, a quello dei fegati che cadevano e delle interiora che schizzavano via, al suono lacerante del coltello dello zio Salters che svuotava il pesce della spina dorsale e al tonfo dei pesci aperti che cadevano nella tinozza.
Dopo un’ora Harvey avrebbe dato il mondo intero per riposarsi; il merluzzo fresco e bagnato pesa più di quanto s’immagini e la schiena gli doleva per il continuo piegarsi. Ma, per la prima volta in vita sua, sentiva di far parte di un gruppo di uomini che lavorava, ne era orgoglioso, e non mollava.
- Coltello, oh! - gridò finalmente zio Salters.
Penn si piegò avanti e indietro per riacquistare scioltezza nei movimenti e Long Jack si appoggiò al parapetto. Apparve il cuoco, silenzioso come un’ombra nera, raccolse un mucchio di lische e di teste, e scomparve.
- Per colazione, interiora e zuppa di teste - disse Long Jack, schioccando le labbra.
- Coltello, oh! - ripete zio Salters, agitando il coltello piatto e ricurvo dello squartatore.
- Guarda ai tuoi piedi, Harvey - urlò Dan dalla stiva. Harvey vide parecchi coltelli conficcati nella cornice del
boccaporto. Li distribuì intorno, ritirando quelli che andavano affilati.
- Acqua! - disse Disko Troop.
- Il barile è a prua, anche il mestolo è lì vicino. Sbrigati Harvey - disse Dan.
Il ragazzo tornò poco dopo con un grosso mestolo colmo d’acqua scura e stantia che sembrò nettare a Disko e a Tom Platt, e ne sciolse le lingue.
- Questi sono merluzzi - fece Disko. - Non sono fichi di Damasco, né lingotti d’argento. Te lo ripeto da quando navighiamo insieme.
- Sono sette stagioni - replicò con calma Tom Platt. - Una buona stivatura è comunque una buona stivatura, c’è un modo per stivare bene o male anche la zavorra. Se avessi visto quattrocento tonnellate di ferro stivate dentro...
- Ehi!
Spronati da Manuel, tutti ripresero il lavoro che non venne abbandonato fino a che il recinto fu vuoto. Nel preciso momento in cui l’ultimo pesce fu calato nella stiva, Disko Troop si allontanò barcollando verso la cabina a poppa insieme a suo fratello; Manuel e Long Jack si diressero a prua; solo Tom Platt si fermò il tempo necessario a chiudere il boccaporto e poi scomparve anche lui. Dopo mezzo minuto Harvey udì un profondo russare nella cabina e guardò senza espressione Dan e Penn.
- Questa volta ho fatto meglio del solito - disse Penn con le palpebre pesanti per il sonno. - Credo però sia mio dovere aiutare a pulire.
- Non vorrei avere la tua coscienza per mille quintali di pesce - disse Dan. - Fila via, Penn. Non ti riguarda il lavoro del mozzo. Tira un secchio d’acqua, Harvey. Ah, Penn sbatti questa roba nella botte prima di andare a dormire. Ce la fai a star ancora sveglio?
Penn sollevò il pesante cesto pieno di fegati di pesce, lo vuotò in una botte dal coperchio a cerniera, fissata nel castello di prua e poi scomparve nella cabina.
- Sulla We’re Here i mozzi lavano il ponte dopo la pulitura del pesce, e montano il primo quarto di guardia quando il tempo è buono.
Dan risciacquò il recinto, smontò la tavola che pose poi ad asciugare al chiaro di luna, pulì le lame insanguinate dei coltelli con un batuffolo di stoppa, e cominciò ad affilarle su una piccola mola mentre Harvey gettava in mare le interiora e le lische dei pesci seguendo le indicazioni dello stesso Dan.
Al primo tonfo uno spettro bianco-argenteo si alzò dritto come un dardo sull’acqua ferma emettendo uno strano soffio. Harvey si ritrasse con un grido, mentre Dan rideva.
- È un grampo - disse. - Vuole teste di pesce. Quando sono affamati si alzano sull’acqua. Puzzano come carogne, senti?
Un tremendo fetore di pesce riempì l’aria, mentre la colonna bianca s’inabissava e l’acqua ribolliva oleosa.
- Non avevi mai visto un grampo in acqua? - continuò Dan. - Ne vedrai a centinaia prima che tu abbia finito. Ti dirò, è bene avere un nuovo mozzo a bordo. Otto era troppo vecchio, un olandese per di più. Ci azzuffavamo continuamente. Non mi sarebbe importato se avesse parlato una lingua cristiana. Ma tu hai sonno?
- Sto morendo - disse Harvey, ciondolando il capo.
- Non si deve dormire quando si è di guardia. Alzati e vai a vedere se la nostra luce d’ancoraggio è accesa e fa abbastanza luce. Sei di guardia ora, Harvey.
- Uffa! Cosa può succederci? È chiaro come di giorno. Aaah!
- È proprio in questi momenti che accadono le cose, dice mio padre. Il tempo buono permette di dormire e, prima che tu possa capire come, ti trovi tagliato in due da una nave di linea e diciassette ufficiali gallonati, tutti gentiluomini, giurano che la tua luce era spenta e che c’era nebbia spessa. Harvey, mi sei simpatico, ma se pieghi il capo un’altra volta prendo la frusta.
La luna, testimone delle molte strane cose che avvengono sui Banchi, abbassò lo sguardo su un giovane snello in calzoncini alla zuava e giaccone rosso che barcollava sul ponte ingombro di uno schooner da settanta tonnellate, mentre dietro, agitando una cima intrecciata, camminava coi modi di un aguzzino un ragazzo che sbadigliava e chinava la testa tra un colpo e l’altro.
La ruota del timone, che era stata legata, gemeva dando leggeri strappi, la vela d’ancoraggio sbatteva un po’, colpita dal vento leggero, l’argano scricchiolava e la penosa processione continuava. Harvey si lamentò, minacciò, piagnucolò, ed infine scoppiò in lacrime mentre Dan con la lingua impastata parlava delle attrattive del turno di guardia e menava colpi con la frusta, colpendo anche i dories ogni volta che sfiorava Harvey. Finalmente l’orologio della cabina batté le dieci, e al decimo rintocco il piccolo Penn si arrampicò sul ponte. Trovò i due ragazzi accovacciati uno accanto all’altro sul boccaporto principale, così profondamente addormentati che dovette farli rotolare giù fino alle loro cuccette.