Capitolo 19
Dakota
Il torpore mi abbandona sollecitato da un insistente rumore di pistoni che picchiano contro la mia testa. Apro gli occhi, solo per ritrovarmi ancora sul sedile posteriore dell’auto che Lexion ha rubato per sfuggire alla cattura. Mi metto a sedere a fatica. Stiracchio le spalle per liberarle dall’insensibilità causata dall’essere stata per parecchio tempo nella stessa posizione. Immediatamente sento le ferite tornare a bruciare. Mi porto le mani alle tempie e sento del sangue rattrappito laddove lo strano marchingegno di Shentius ha forato per invadere la mia mente. Provo un moto di repulsione e un’ondata di nausea mi travolge lo stomaco, scivolando lentamente nelle viscere, stringendole in una morsa.
Devo constatare con profondo sgomento che… puzzo. Di budella di animale. Di vomito. È come se mi avessero tirato fuori le interiora. Lexion mi osserva dallo specchietto retrovisore, mentre sfreccia su una strada sterrata circondata sui due lati da estesi campi di grano. Di tanto in tanto, noto di sfuggita degli spaventapasseri che hanno forme e posizioni inquietanti. Mi chiedo che cosa ci faccio qui.
«Bentornata tra i vivi», mi dice il capitano.
«È davvero così? Perché sono più morta che viva». E in effetti mi sento come se una parte di me mi avesse del tutto abbandonato.
«È l’effetto del memocatcher», risponde.
«Quell’affare che mi hanno infilato nella testa? Che cos’era?»
«È uno strumento di tortura». Il tono di Lexion è naturale, come se avesse appena snocciolato il titolo di un videogame. Mi sporgo verso di lui.
«Hai davvero detto che è uno strumento di tortura?»
«Decidi tu».
Lexion parla per enigmi. Lo detesto perché mi mette nella posizione di leggere significati che potrebbero essere sbagliati.
«Mi vuoi dire che diavolo sta succedendo?». Stavolta il mio tono di voce cresce di un’ottava. Mi rendo conto che sto per perdere la pazienza e non mi conviene, non dopo quello che ho combinato, anche se in realtà non ne ho precisamente idea. So soltanto che tutto ruota intorno a Abby Allen, e il fatto che i due uomini più importanti della mia vita si stiano dando tanto da fare per salvarla da non so che cosa, la rende ancora più fastidiosa ai miei occhi.
«Il memocatcher cattura i ricordi. Si fissa sulle tue memorie: quella a breve termine e quella a lungo termine. Nel tuo caso, ha scovato quello che gli serviva dalla memoria a breve termine, catturandone le sinapsi e modificandole attraverso un sistema biotecnologico in grado di estrapolare i ricordi. In altre parole, è come se ti fosse entrata nella testa una sanguisuga».
«Ma io sono ancora in grado di ricordare tutto. L’episodio del ballo è ancora fisso nella mia memoria», gli faccio notare.
«Il memocacther non ti priva dei ricordi. Estrae solo le immagini. Le fotocopia, in pratica». Lexion mi lancia di nuovo uno sguardo dallo specchietto retrovisore, resta a fissarmi per tre lunghi secondi. Sì, li ho contati. Poi improvvisamente distoglie l’attenzione dal mio volto e preme un pulsante accanto al volante.