2. ALLA RICERCA DI UN'AUTONOMIA CULTURALE.

Nonostante queste trasformazioni, sul piano formale la posizione della famiglia imperiale non fu messa in discussione, né l'ascesa della élite guerriera privò immediatamente l'aristocrazia civile (i "kuge") del suo potere e della sua ricchezza. In un clima di relativa pace, distante dai luoghi in cui si ebbero alcune sporadiche rivolte, l'esistenza della nobiltà di Heian continuò a essere caratterizzata dal benessere e dalla raffinatezza, visibili nello stile di vita aristocratico e nella produzione letteraria e artistica del periodo. Dopo secoli di intensi e proficui rapporti con il continente, il Giappone ridusse i contatti con l'esterno e si concentrò piuttosto sulla rielaborazione delle concezioni e delle idee sino ad allora giunte da oltremare, dando vita, a partire da circa il nono secolo, a modelli autoctoni in ambito politico ed economico e maturando forme artistiche e letterarie autonome e originali. L'allontanamento dalle concezioni cinesi che stavano alla base delle istituzioni giuridiche e amministrative dello Stato antico e la sospensione dell'invio di missioni ufficiali alla Corte dei Tang (l'ultima risale all'838)33 non privarono comunque la Cina dell'alto credito che essa godeva tra l'élite dominante. La conoscenza della cultura classica cinese continuò a costituire un requisito indispensabile e un tratto distintivo per i maschi dell'aristocrazia, e la filosofia confuciana continuò a dettare i princìpi di governo. Ma la ricerca di nuove modalità di espressione più genuinamente autoctone spinse la cultura giapponese ad assumere una più coerente dimensione 'nazionale'. In questo periodo, infatti, si registra un profondo mutamento che interessò l'ambito linguistico, così come la scrittura, dove l'invenzione del sillabario fonetico ("kana") testimonia il processo di emancipazione dal predominio che la scrittura in cinese ("kanbun") aveva sino ad allora mantenuto34. Così, accanto a opere che continuarono a essere scritte in cinese, fiorì una produzione letteraria in kana (ovvero in giapponese) nella quale figurano pregevoli diari ("nikki"), racconti ("monogatari") e raccolte di poesie. L'abilità letteraria, specie nelle composizioni poetiche in trentuno sillabe ("waka" o «poesia giapponese»), divenne un elegante passatempo negli ambienti di Corte e un tratto distintivo dello status di un aristocratico, per il quale l'imperizia in quest'arte poteva persino condurre alla squalifica sociale.

Il processo di nipponizzazione della cultura di provenienza continentale interessò anche la coscienza estetica, che andò sviluppandosi attorno a valori e canoni autoctoni, dal culto della bellezza all'acuta percezione dei fenomeni e delle espressioni della natura, dall'amore contemplativo ed empatico a un'intensa sensibilità verso lo scorrere del tempo. Il rispetto delle regole del buon gusto e della raffinatezza estetica fu assunto come un requisito indispensabile per confermare lo status e la reputazione dei membri dell'aristocrazia, per i quali ciò rappresentava una sorta di virtù morale e una manifestazione della personalità e dello spirito dell'individuo. Le donne, ormai escluse dall'esercizio del potere politico, mantennero di fatto un ruolo influente svolto dietro le quinte (o, meglio, dietro i paraventi) e, grazie anche alla relativa libertà sessuale di cui godevano, si servirono della frequentazione di diversi e autorevoli personaggi per partecipare agli intrighi di Corte e alle decisioni politiche. In effetti, nella cultura aristocratica del periodo Heian si riscontrano alcune originali concezioni relative a valori e a costumi le quali differiscono in modo profondo da quelle che prevalsero in seguito. Esse riguardano la visione della sessualità così come i canoni di bellezza, dove la virilità non si opponeva alla femminilità, non essendo poi così diversi i requisiti richiesti a un uomo o a una donna per essere reputati avvenenti. Interessanti risultano essere pure la divisione dei ruoli basata sulla differenza di genere (dove raffinati e femminei uomini erano assorbiti dagli impegni politici, mentre l'ingegno femminile era rivolto alla scrittura e dominava il mondo letterario) o la supremazia, rispetto alle norme civili o morali, delle regole del buon gusto, la cui inosservanza poteva compromettere la posizione sociale o la carriera politica di un personaggio.

Ma la letteratura Heian presenta anche un aspetto più cupo e oscuro, pervaso dal senso di ansietà che scaturisce dalla percezione del mondo e dell'esistenza umana in termini di transitorietà e di precarietà. Questa visione, che prese ad affermarsi nella produzione letteraria attorno alla metà del periodo tingendola di note di tristezza e di malinconia, è esemplificata dalla ricorrente metafora della fioritura dei ciliegi, adatta a esprimere come il culmine della vitalità e della bellezza di un'esistenza coincida con l'inizio del suo decadimento e del suo declino. Il senso di evanescenza della vita ("mujokan"), che divenne predominante nella fase conclusiva del periodo Heian e soprattutto nel successivo periodo Kamakura, era di chiara matrice buddhista. D'altra parte, il Buddhismo costituisce lo sfondo filosofico di molte opere letterarie, prima fra tutte il celebre "Genji monogatari" (Il racconto del Principe Genji - scritto agli inizi dell'undicesimo secolo dalla nobile Murasaki Shikibu), dove esso appare sotto un duplice aspetto: l'uno più terreno, finalizzato ad allontanare il male attraverso il ricorso a preghiere, pratiche magiche o esorcismi rituali; l'altro proiettato verso il mondo dell'aldilà, dove risiede la prospettiva della salvezza dell'individuo. Ciò mostra che questa religione si era ormai affermata nella vita quotidiana dell'aristocrazia, mescolandosi a elementi indigeni.

L'evoluzione del Buddhismo aveva continuato a trarre stimoli dal continente, da cui giunsero nuove scuole di pensiero. In primo luogo, la scuola Tendai, introdotta in Giappone agli inizi del nono secolo a opera del bonzo Saicho, il quale promosse la costruzione del famoso complesso monastico dell'Enryakuji sul Monte Hiei, situato a nord-est di Heian, cioè nella strategica direzione da cui si riteneva che gli spiriti del male potessero raggiungere la capitale35. Da qui, egli diffuse la dottrina che aveva appreso in Cina, la quale si fondava sull'idea secondo cui tutti gli esseri viventi potessero diventare «buddha», giungere cioè a uno stato di illuminazione, attraverso una serie di mezzi: lo studio dei testi sacri, la tecnica spirituale meditativa, l'invocazione del Buddha e la pratica di esorcismi. Questa dottrina assimilò una serie di elementi appartenenti ad altre scuole e culti, le cui divinità venivano reputate come espressioni del Buddha, e ciò le consentì di acquisire un crescente credito e, anche, un potere politico, economico e militare.

In quegli stessi anni, un altro celebre bonzo, Kukai (744-835, altrimenti noto come Kobo Daishi), tornò dalla Cina portando con sé gli insegnamenti del Buddhismo tantrico e fondando il tempio Kongobuji sul Monte Koya (nell'attuale provincia di Wakayama), che divenne il quartier generale della scuola Shingon, o della «vera parola». La personalità di Kukai fu essenziale alla diffusione della scuola da lui fondata, che ben presto guadagnò un grande favore. Si trattava di una dottrina essenzialmente esoterica, la quale tuttavia presentava anche un aspetto popolare, caratterizzato dall'uso di formule magiche e mistiche che dovevano essere recitate mantenendo una concentrazione spirituale e una determinata posizione del corpo. Essa concepiva l'universo come una manifestazione del Buddha Dainichi (il Grande Sole) e ne proponeva una rappresentazione con un diagramma cosmico (detto "mandala"). L'enfasi che gli insegnamenti di questa scuola ponevano sulla ritualità magica e sulla raffigurazione della cosmologia buddhista fece sì che essa ottenesse una grande popolarità negli ambienti di Corte, fungendo da conforto per l'individuo e da stimolo alla creazione artistica.

L'edificazione dei complessi monastici di queste scuole all'esterno di Heian rispecchiava la volontà di garantire una libertà del governo imperiale dall'influenza del clero e delle istituzioni religiose; tuttavia, nel corso del periodo numerosi templi privati furono costruiti all'interno della città, con l'effetto di riportare i monaci nella capitale. Nel frattempo, i complessi buddhisti avevano preso a rifornirsi di armi e a disporre di monaci guerrieri (detti "sohei") al fine di dirimere contrasti dottrinali o politici interni a una scuola o tra dottrine diverse oppure per assicurarsi il controllo delle terre agricole, e non esitarono a fare uso di misure violente e persino feroci. Per garantire un esito positivo alle loro richieste, inoltre, ricorrevano al potere magico-religioso intimidendo o minacciando il governo imperiale. Così, anche se nel periodo Heian non si verificarono pericolose interferenze religiose nella sfera politica paragonabili a quelle che si erano avute nel periodo Nara, le istituzioni religiose entrarono a pieno titolo nella competizione per il possesso delle terre.

La diffusione della fede buddhista presso le masse sarebbe avvenuta solo dopo la fine del periodo Heian, ma attorno al decimo secolo essa cominciò a essere popolarizzata grazie a nuove dottrine di più facile fruizione, come quella della Terra Pura ("Jodo"). Introdotta dalla Cina, essa fu diffusa in primo luogo dal monaco Kuya (903-972), che predicò nelle strade della capitale, e dal monaco Genshin (942-1017), che preferì affidare al suo pennello la descrizione degli orrori dell'Inferno e le delizie celestiali del Paradiso Occidentale (la Terra Pura, appunto). Ciò che garantì un grande credito a questa dottrina fu la fede nel potere salvifico di Amida, il Buddha del Paradiso d'Occidente, che poteva essere ottenuto recitando l'invocazione del suo nome ("nenbutsu"). Altrettanto efficace risultava essere la concezione del "mappo" (fase finale della Legge), secondo cui esistevano tre fasi successive alla morte del Buddha storico: un periodo di cinquecento anni di prosperità, una seconda fase di declino di durata millenaria e, infine, l'ultimo periodo di degenerazione e di decadenza della «legge» buddhista. Ritenendo che il mondo si stesse avvicinando a quest'ultima fase, tale dottrina lasciava aperta un'unica via di salvezza, rappresentata appunto dall'invocazione di Amida per ottenere la grazia di entrare nella Terra Pura. Concezioni, queste, che avrebbero trovato un credito ben più ampio nell'epoca di inquietudine e di incertezza che accompagnò la transizione verso la prima età feudale, caratterizzata da sanguinose lotte civili. Ma la diffusione del Buddhismo beneficiò pure dalla sua capacità di assimilare i culti shintoisti, sia grazie al controllo che riuscì a istituire su un crescente numero di santuari locali, sia attraverso l'idea che i kami fossero una manifestazione delle divinità buddhiste; così, ad esempio, si ritenne che la divinità solare Amaterasu fosse in realtà il Buddha Dainichi. D'altra parte, gli stessi credenti mostravano una grande capacità di sincretismo tra diversi culti e scuole, ed era piuttosto comune per le famiglie aristocratiche far costruire edifici religiosi in cui si mescolavano vari riti e culti, o recarsi in pellegrinaggio presso luoghi sacri di ispirazioni religiose diverse. In fondo, ciò che contava per loro era trovare il modo di allontanare il male dalla vita terrena e di garantirsi la salvezza dopo la morte.

Il Buddhismo continuò a ispirare opere artistiche che testimoniano in primo luogo la popolarità raggiunta dal culto di Amida, di cui la scultura conservata nel Byodoin a Uji (nei pressi di Kyoto) è una tra le più splendide testimonianze. Ma lo stile e le forme tendevano ad allontanarsi dal modello continentale, dato che anche in ambito artistico la sospensione dei rapporti ufficiali con la Cina segnò una fase di passaggio verso la creazione di una tradizione libera dai rigidi condizionamenti cinesi. La vera innovazione riguardò lo sviluppo di un'arte pittorica profana, nota come "Yamatoe" (pittura Yamato, cioè giapponese) e distinta dallo stile del "Karae" (pittura cinese). Paesaggi naturali e scene della vita di Corte dipinti con uno stile autoctono presero ad apparire su paraventi ("byobu") e su porte di carta scorrevoli, mentre nell'undicesimo e dodicesimo secolo si diffuse l'uso di rotoli orizzontali ("emakimono") sui quali si svolgeva la narrazione di scene che traevano spunto da eventi storici, da episodi di vita locale o dai racconti più in voga. Le corti di ricchi templi e di importanti residenze private cominciarono a essere riempite di giardini e boschetti, di stagni e laghetti sormontati da piccoli ponti, di padiglioni e di altri elementi tipicamente giapponesi. L'introduzione di nuove forme artistiche dalla Cina (come la pittura a inchiostro) non interruppe la ricerca di soluzioni autonome e indipendenti, che continuò a produrre opere d'arte originali e raffinate.

Sono dunque le espressioni culturali a rappresentare l'aspetto più vitale e creativo del periodo Heian, che ci viene tramandato dalla ricca e pregevole produzione letteraria e artistica giunta sino a noi. Ma occorre considerare che essa ruota, in modo pressoché esclusivo, attorno all'aristocrazia la quale, all'epoca, rappresentava circa l'1 per cento della popolazione giapponese e poco meno del 10 per cento degli abitanti della capitale. Non sono molte le notizie di cui disponiamo per ricostruire la vita che si svolgeva fuori dal mondo aristocratico, ma di certo essa era ben diversa dall'ambiente sinora descritto36. Sul modo di vivere nelle province, popolate per lo più da contadini, e comunque caratterizzato sul piano sociale da una marcata distinzione gerarchica e dalla trasmissione dei diritti per via ereditaria, influirono senza dubbio sia l'allentamento del controllo centrale sulle aree coltivabili e sulla mano d'opera locale e la conseguente diffusione dei possedimenti privati, sia lo sviluppo di gruppi di guerrieri professionisti, che andavano assumendo una fisionomia distinta dal resto della società e che sarebbero entrati nella competizione politica dettando regole inedite.

Storia del Giappone
coverpage.xhtml
content0001.xhtml
content0002.xhtml
content0003.xhtml
content0004.xhtml
content0005.xhtml
content0006.xhtml
content0007.xhtml
content0008.xhtml
content0009.xhtml
content0010.xhtml
content0011.xhtml
content0012.xhtml
content0013.xhtml
content0014.xhtml
content0015.xhtml
content0016.xhtml
content0017.xhtml
content0018.xhtml
content0019.xhtml
content0020.xhtml
content0021.xhtml
content0022.xhtml
content0023.xhtml
content0024.xhtml
content0025.xhtml
content0026.xhtml
content0027.xhtml
content0028.xhtml
content0029.xhtml
content0030.xhtml
content0031.xhtml
content0032.xhtml
content0033.xhtml
content0034.xhtml
content0035.xhtml
content0036.xhtml
content0037.xhtml
content0038.xhtml
content0039.xhtml
content0040.xhtml
content0041.xhtml
content0042.xhtml
content0043.xhtml
content0044.xhtml
content0045.xhtml
content0046.xhtml
content0047.xhtml
content0048.xhtml
content0049.xhtml
content0050.xhtml
content0051.xhtml
content0052.xhtml
content0053.xhtml
content0054.xhtml
content0055.xhtml
content0056.xhtml
content0057.xhtml
content0058.xhtml
content0059.xhtml
content0060.xhtml
content0061.xhtml
content0062.xhtml
content0063.xhtml
content0064.xhtml
content0065.xhtml
content0066.xhtml
content0067.xhtml
content0068.xhtml
content0069.xhtml
content0070.xhtml
content0071.xhtml
content0072.xhtml
content0073.xhtml
content0074.xhtml
content0075.xhtml
content0076.xhtml
content0077.xhtml
content0078.xhtml
content0079.xhtml
content0080.xhtml
content0081.xhtml
content0082.xhtml
content0083.xhtml
content0084.xhtml
content0085.xhtml
content0086.xhtml
content0087.xhtml
content0088.xhtml
content0089.xhtml
footnotes.xhtml
w2e.xhtml