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– Aiuto! – urlò Pete. – Gli gnomi mi hanno preso!

– Hanno preso anche me – disse Jupiter cercando di scrollarsi di torno quei piccoli esseri che gli si arrampicavano addosso. – Ci hanno messo in trappola.

Aprì le braccia. La fune era ancora legata al suo polso e Pete teneva ancora in mano l’altra estremità. La corda si tese e colpì uno gnomo che volò emettendo un grido acuto. Ora Jupiter si era liberato, ma sicuramente gli gnomi sarebbero ritornati all’attacco. Sentiva che Pete si dibatteva nelle vicinanze. Jupiter riuscì ad afferrare una giacca di pelle e tirò. L’omino venne gettato in aria e ricadde poi pesantemente al suolo con un tonfo ed un grido. Aiutato da Jupiter anche Pete riuscì a liberarsi dei suoi attaccanti e si ritrovarono, ansimanti, vicini nel buio. Jupiter si slegò la corda e se la mise in tasca.

– Cosa facciamo ora? – disse Pete senza fiato.

– Cerchiamo di trovare la porta dalla quale siamo entrati e tentiamo di uscire – disse Jupiter. – Deve essere dietro di noi, da quella parte, credo.

Indietreggiarono fino a che andarono a sbattere contro una parete. Jupiter a tentoni trovò la maniglia della porta di ferro. La girò, ma la porta non si mosse. Erano bloccati dentro.

– Siamo intrappolati – disse Jupiter con voce roca. – Perché sei entrato così di corsa, Pete? Avresti dovuto immaginare che questo era ciò che volevano.

– Pensavo di averli presi – confessò Pete. – Involontariamente ti ho trascinato!

– Sì – rispose Jupiter. – È proprio quello che volevano: farci entrare. Ascolta!

Nell’oscurità sentirono degli acuti fischi alla loro destra e alla loro sinistra.

– Si preparano per un nuovo attacco – esclamò Pete.

– Dobbiamo andarcene di qui – disse Jupiter. – Forse riusciremo a forzare la porta principale.

– E come faremo al buio?

– Abbiamo le torce elettriche. Ce n’eravamo dimenticati. Ecco una conseguenza della paura: ottenebra i processi mentali.

Pete stizzito si diede una pacca sulla gamba. La sua torcia elettrica era ancora agganciata alla cintura; l’accese ed un fascio di luce tagliò l’oscurità. Un secondo dopo anche Jupiter aveva acceso la sua.

Piccole figure cercarono riparo dalla luce che le aveva investite e si udirono delle vocine che parlavano in una strana lingua piena di stridii. Evidentemente gli gnomi erano

diventati più cauti. Si erano resi conto che Pete e Jupiter non erano una facile preda.

I due ragazzi si trovavano nella zona alle spalle del palcoscenico. Qui erano accatastati vecchi fondali e delle quinte in tela. Vi erano anche un divano polveroso e squinternato, un vecchio arcolaio ed una decrepita scala a pioli. Si udivano anche battiti di ali. Qualcosa di scuro sorvolò le loro teste.

– I pipistrelli! – Pete urlò.

– Lascia perdere i pipistrelli. Stiamo per essere nuovamente attaccati – disse Jupiter.

Gli omini stavano avanzando verso di loro. Erano armati di bastoni di legno.

– Da che parte andiamo? – chiese Jupiter.

– Da questa parte. Seguimi.

Pete si mise a correre. Era un esperto nel trovare le scappatoie anche nelle più strane circostanze. Si trattava di un sesto senso, come se avesse avuto una bussola in testa. Pete corse lungo due file di quinte. Jupiter lo seguì dando un calcio alla scala che si mise di traverso. Dagli strilli acuti, Jupiter capì che uno gnomo vi era incespicato. Un attimo dopo Pete si fermò così bruscamente che Jupiter gli andò a sbattere contro. Dalla parte opposta, due gnomi armati di bastone stavano avanzando verso di loro.

– Siamo imbottigliati – mormorò deglutendo Pete. – Li abbiamo davanti e alle spalle.

– Dobbiamo tentare di fuggire o a sinistra o a destra – disse Jupiter. – Rompi la tela!

Pete diede un calcio e la vecchia tela della quinta si ruppe come fosse carta. Jupiter e Pete si infilarono nello squarcio. Sulla loro strada trovarono delle altre quinte e fondali. Vi si buttarono contro a capofitto come dei tori infuriati, lasciandosi dietro brandelli di tela sventolanti. Ben presto i loro inseguitori si smarrirono tra gli scenari. Jupiter e Pete ancora correndo si trovarono sul palcoscenico del teatro. Diressero la luce delle loro torce verso la platea. Là, in distanza, dietro centinaia di sedie vuote e polverose, vi erano le porte che potevano significare la libertà. Ricordavano che erano inchiodate dall’esterno, ma decisero di tentare. Mentre decidevano sul da farsi, dei piccoli passi risuonarono alle loro spalle. Pete girò la torcia. Gli gnomi stavano avanzando verso di loro. – Corriamo! – urlò Pete. – Nella corsia centrale! Scesero i gradini che portavano alla platea. In quel momento si accese la luce sopra le loro teste. Qualcuno aveva fatto scattare l’interruttore principale. Il grosso lampadario rosso e verde si era illuminato fiocamente. Mentre Jupiter seguiva Pete lungo le scale, vide un omino che, come un acrobata, si afferrava ad una fune che pendeva dal soffitto. Volando nell’aria, gli piombò addosso. Jupiter cadde, perse la torcia e cercò di scrollarsi di dosso quella piccola creatura.

Pete corse in suo aiuto e, afferrando l’omino alla vita, lo strappò di dosso all’Investigatore Capo. Lo sollevò e lo buttò a capo in giù tra le due prime file di poltrone, dove rimase incastrato. Alle sue grida d’aiuto accorse un altro gnomo, che lo liberò. Jupiter e Pete approfittarono di questa pausa per correre lungo la corsia centrale e raggiungere l’ingresso del teatro.

Con tutta la loro forza tentarono di aprire la porta a spallate, ma questa resistette.

– È stata inchiodata bene – disse Pete. – Dobbiamo cercare una finestra o qualche altra uscita. Vieni, Jupiter. Corsero lungo un corridoio laterale e salirono una buia rampa di scale. Con l’aiuto dell’unica torcia rimasta, salirono una seconda rampa. Poi ancora una. Si fermarono per riposare, spensero la torcia e spiarono attraverso delle vecchie tende di velluto. Dovevano essere saliti fino al loggione. In basso potevano vedere quattro piccole figure che parlottavano.

In quel momento videro un’altra figura che, attraversato il palcoscenico, scese in platea. Era un uomo normale, piuttosto tarchiato. Nonostante che la luce fosse fioca, lo riconobbero.

– Rawley! – disse Pete. – Lavora con loro.

– Sì – disse Jupiter tristemente. – Ho fatto un grave errore. Però adesso non è il momento di parlarne. Ascolta.

– Ehi, Piccolo Giovedì! – Rawley urlò verso i quattro nani. – Dividetevi e trovate quei ragazzi. Dobbiamo prenderli, capito? Non possono andare lontano, ogni porta è inchiodata.

I quattro omini ubbidientemente andarono in direzioni diverse.

– Hanno perso le nostre tracce, per il momento – disse Jupiter. – Se riusciamo a trovare un posto dove nasconderci, presto o tardi la signorina Agatha si sveglierà ed allora…

Già, non ci troverà e chiamerà la polizia. La polizia ci cercherà e sicuramente darà un’occhiata anche qui – disse Pete, con il morale alquanto sollevato. Troveranno la mia macchina fotografica tra i cespugli proseguì Jupiter. – Tireranno fuori la pellicola e capiranno che è successo qualche cosa di strano. Se riuscissimo a nasconderci fino a quando la signorina denuncerà la nostra scomparsa, sarebbe la nostra salvezza. – Cerchiamo dunque un nascondiglio! – disse Pete. – In fretta! Sento delle voci venire dalle scale.