Non nominiamo mai zia Nora

di Frederik Pohl

 

 

Titolo originale: We Never Mention Aunt Nora (1958)3  

Traduzione di Delio Zinoni 

 

 

 

Mary Lynne Edkin lo condusse a casa per presentarlo a suo fratello.

Fu una cosa che mise tutti quanti in imbarazzo. Alden, il fratello di Mary Lynne, seduto nella sua poltrona, alzò lo sguardo. Fece schioccare le dita e il suono dello schermo tridimensionale scese obbedientemente a un livello fastidioso ma sopportabile. 

Stese la mano. — Piacere di conoscerla — disse, ma era palesemente una bugia. Mary Lynne assunse la sua solita espressione corrucciata. 

— Al — disse con tono di rimprovero. Suo fratello si strinse nelle spalle e schioccò ancora due volte le dita. Lo schermo si spense. 

L’espressione di Mary Lynne si rasserenò. Non era una bella ragazza ma aveva un aspetto gradevole. La moda di non portare il corpetto le si addiceva; aveva proprio una bella figura. 

— Al — disse, ma questa volta sorridendo. — Al, indovina un po’! Jimmy e io vogliamo sposarci! 

— Oh-oh — disse suo fratello alzandosi in piedi per essere più presentabile. 

Anche in piedi doveva alzare lo sguardo per guardare in faccia quell’uomo, James Croy. Era grande, Croy. Almeno due metri e diciotto, due metri e venti di altezza, e i suoi capelli erano bianchi come la neve. Tuttavia, pensò Alden Edkin, il viso dell’uomo non sembrava vecchio. Forse aveva i capelli ossigenati. Al sbuffò perché non approvava gli uomini che si tingevano i capelli, sebbene fosse un’abitudine diffusa. 

— Come mai non l’ho mai vista prima d’ora? — domandò con tono accusatore. 

— A dire il vero Al... 

— Come mai? 

Mary Lynne arrossì. — Be’, Al, tu non hai avuto molte occasioni di incontrarlo. 

— Oh-oh — disse di nuovo suo fratello. — L’hai conosciuto da sola. 

— Ma io lo amo, Al — disse piangendo Mary Lynne, aggrappandosi al braccio di quel gigante. — Lui è... è... oh, non posso spiegarlo, ma lo amo! 

— Certo — disse suo fratello. — Tu lo ami. Ma cosa sai di lui? 

— Ne so abbastanza! 

 

— La famiglia, Mary Lynne! — disse Alden con severità. — Il matrimonio non è solo una cosa che riguarda due persone. Veniamo da una buona famiglia e non possiamo sposare una persona qualunque. Pensa ai figli che potresti avere! La nostra famiglia... 

— La nostra famiglia! — fece eco sua sorella. — Cosa ha di così speciale la nostra famiglia? Quante volte hai detto che Zia Nora... 

— Mary Lynne! — la ammonì Alden. Mary Lynne esitò. — Senza offesa, signor Croy — disse Al — ma cosa ne sappiamo noi? Potreste mirare solo al suo denaro, per quello che ne possiamo sapere noi. 

L’uomo si schiarì la voce e si aggiustò la piega dei pantaloni bermuda. — Vi assicuro, signor Edkin — disse con atteggiamento dimesso — che non sono interessato al denaro. 

— Ma direste la stessa cosa anche se lo foste. Non è così? Non si può certo dire che possediamo molto denaro, ma c’è questa grande casa... che appartiene a Mary Lynne e a me. E, Mary, devi pensare a quello che avrebbero voluto Mamma e Papà. Non ti hanno lasciato questa grande casa... sarà tua quando me ne sarò andato... perché un avventuriero qualsiasi arrivasse qui e... 

— Alden! — Mary Lynne era furiosa. Si volse verso l’uomo che amava cercando di scusarsi, ma Croy dimostrava solo un’aria di cortese preoccupazione. Girò rapidamente intorno a suo fratello. 

— Chiedi scusa a Jimmy! 

Ci fu un lungo silenzio. 

— Dunque — disse finalmente suo fratello, parlando rivolto al muro — c’è una cosa di positivo in tutto ciò. Essendo Mary Lynne minorenne, non può... 

Si fermò e rimase in attesa.

Tutti rimasero in attesa. Si dà il caso che la grande casa che Mamma e Papà avevano lasciato loro in eredità sorgesse al margine delle buche di decollo del razzo diretto sulla luna. L’ululato stridente provocato dal decollo del razzo notturno fece tintinnare i vetri delle finestre e risuonare fortemente per le vibrazioni lo schermo tridimensionale. 

Ma durò solo pochi secondi.

— ... non può sposarsi senza il mio consenso — concluse Alden Edkin. 

— Alden! — esclamò di nuovo piangendo sua sorella, ma era più un singhiozzo che una protesta. 

Alden Edkin era un uomo semplicemente caparbio: era la sua specialità.

 

James Croy si schiarì la voce. — Signore — disse — so che quello che lei dice è vero. Non possiamo sposarci senza il suo consenso. Spero che lei ce lo darà. 

— Non si faccia troppe illusioni. — Edkin si sedette e lanciò uno sguardo voglioso verso lo schermo tridimensionale. — Come ho detto, noi non sappiamo niente di lei. 

— A questo si può rimediare facilmente, signor Edkin — disse Croy sorridendo. — Sono orfano. Non ho legami, non ho famiglia. Fino a poco tempo fa ero un disegnatore progettista per le Compagnie Lunari Riunite nel settore dei motori a razzo. 

— Fino a poco tempo fa? Non ha nemmeno un lavoro? 

— Non esattamente, signore. Ma ho avuto abbastanza fortuna da progettare una discreta camera a scoppio. L’hanno utilizzata per il razzo che va su Marte. 

 

Edkin annuì pensoso. — Avete venduto loro il progetto? 

Croy scosse il capo. — Non in blocco. Ma i diritti provenienti dal brevetto raggiungono una somma... ebbene, piuttosto elevata. Le assicuro che posso garantire a Mary Lynne un tenore di vita adeguato. E devo anche aggiungere che la durata dei diritti è di trent’anni, con incrementi legati all’aumento del costo della vita. 

— Mmmh — Alden Edkin sentì che stava cominciando lentamente a rilassarsi. Questo Croy non era, a suo modo, privo di un certo fascino. 

— Bene — disse in tono più accomodante Edkin — il denaro non è l’unico elemento di valutazione. Tuttavia... cosa ne diresti di fare un caffè, Mary Lynne? Sono sicuro che il nostro ospite lo gradirebbe. 

Lo guardò un po’ sorpresa, si strinse nelle spalle, batté affettuosamente il braccio del suo promesso sposo e uscì dalla stanza. 

— Spero che non farete caso a quello che Mary Lynne ha detto a proposito di Zia Nora — disse Edkin. 

— Naturalmente no — disse Croy sorridendo. Aveva un bellissimo sorriso. I suoi occhi erano profondi, scuri e seri e il suo sorriso era come la luce del sole che appare improvvisamente da dietro una nuvola. 

— Edkin ne fu momentaneamente abbagliato. Scosse la testa per riprendersi; per un momento aveva perfino pensato di poter vedere attraverso di lui. Ma era un’assurdità. 

— Non bevo caffè, signor Edkin — stava dicendo Croy — ma sono contento che Mary Lynne non sia presente. Spero che potremo fare meglio conoscenza. 

— Certo — disse stizzosamente Edkin. — Allora si sieda e mi racconti qualche cosa di lei. Dove abitava la sua famiglia quando ne aveva una? 

— Siamo originari di Portland, signor Edkin. 

— Portland, nel Maine? Pensi, ero di stanza vicino a Présq’Ile quando ero nell’esercito. 

— No — disse con rincrescimento Croy. — Portland nell’Oregon. Dopo che i miei genitori morirono. Ho frequentato parecchie scuole, laureandomi poi all’Università della California. 

— Oh, conosciamo un sacco di gente laggiù! — esclamò Edkin. 

— I nostri cugini da parte di madre hanno degli amici che insegnano a Berkley. Forse li conosce... Harold Sizeland e... 

— Mi dispiace — si scusò Croy. — Ero all’università di Los Angeles. Ma non parliamo di me; signor Edkin. Mary Lynne mi ha detto che lei lavora nel settore finanziario. 

— È vero. — Non era andato molto lontano; in effetti si occupava di mutui e prestiti. 

Croy si avvicinò con fare confidenziale. — Lei può aiutarmi, signor Edkin. Sto preparando una specie di sorpresa per Mary Lynne. 

— Sorpresa? 

— Ecco qua — disse Croy infilando una mano in tasca. Ne estrasse alcuni fogli di carta bollata raccolti in una cartella blu. 

— Dato che lei è nel ramo finanziario — disse — mi saprà dire se è tutto a posto. Si tratta di una specie di contratto a favore di Mary Lynne. 

Edkin aggrottò le sopracciglia. — Lei corre troppo, Croy. Non ho ancora dato il mio consenso. 

— Naturalmente no. Ma non vorrebbe dare un’occhiata a questo? Vede, intesta a favore di sua sorella tutte le percentuali sugli utili derivanti dallo sfruttamento della mia camera a scoppio. Irrevocabilmente. In tal modo se mi succedesse qualcosa, o se accadesse, ebbene, qualcosa di grave... — non pronunciò la parola “divorzio”, ma la lasciò intuire stringendosi nelle spalle — ... avrà tutto quello che le occorre per vivere. Gradirei una sua opinione a proposito del contratto. 

Edkin diede un’occhiata sospettosa alle carte. 

Era pronto ad alzarsi e sbatter fuori di casa questo temerario giovanotto che aveva interrotto i suoi programmi tele-tridimensionali e chiesto di sposare sua sorella. Ma qualcosa lo aveva colpito. Si dava il caso che quel qualcosa fosse una breve frase scritta a macchina che indicava il reddito minimo annuo garantito dal contratto.

Trentacinquemila dollari all’anno. 

Edkin deglutì.

Allegato all’atto vi era una copia autenticata del contratto di pagamento degli utili da parte delle Compagnie Lunari Riunite. A meno che non si trattasse di una truffa, la cifra era proprio di trentacinquemila dollari. 

Mary Lynne rientrò nella stanza e quasi fece cadere il vassoio del caffè.

— Heilà Mary Lynne! — la salutò suo fratello, guardandola, e battendo affettuosamente sulla spalla di Croy. — Un po’ di caffè? Eh? È buono! 

Sua sorella lo guardò sgranando gli occhi incredula.

Edkin ammiccò con la testa e strizzò l’occhio a Croy con fare da cospiratore, si ficcò le carte in tasca e si alzò. 

— Un po’ di caffè? Eh? — Ripeté mentre avvicinava le sedie al tavolo. — Il tuo giovanotto non ne vuole, Mary Lynne. Ma sicuramente vorrà un po’ di torta, eh? O qualche cosa da bere? Un po’ di tè? Forse un bicchiere di latte al cioccolato?... Mary Lynne sarà felice di riscaldarglielo. No? 

Si strinse nelle spalle e si sedette, sorridendo. — Non importa — osservò. — Ora ditemi: quando voi due piccioncini vorreste che si celebrasse il matrimonio? 

 

Il matrimonio ebbe luogo tre giorni dopo. Era il tempo minimo prescritto dalla legge. 

Alden Edkin, tipico scapolo, era convinto che tutti gli uomini che guardavano sua sorella fossero dei probabili violentatori... e che quelli che facevano proposte di matrimonio, per di più, corressero dietro al suo denaro. Tuttavia non era uno stupido. 

Aveva preso alcune precauzioni.

Prima di tutto, portò una copia del contratto al signor Senutovitch dell’ufficio legale della sua Compagnia. Il signor Senutovitch ne prese visione con vero piacere. 

— Ah, una cosa magnifica, Edkin — disse con aria rapita. Si lasciò andare all’indietro e restò in contemplazione del soffitto, mentre i braccioli della poltrona reclinabile cigolavano debolmente adattandosi alla sua nuova posizione. — È un piacere leggere l’opera di un maestro. 

— Pensa che sia tutto legale, signor Senutovitch? 

— Legale? — Il signor Senutovitch tossì leggermente. — Hai notato il linguaggio aulico della disposizione di attuazione? Intendo dire il paragrafo tre: «Pertanto e in virtù di quanto stabilito, si dispone, si trasmette, si assegna, si accorda e si trasferisce, senza clausole o restrizioni, pienamente e a tutti gli effetti». Oh, è un vero capolavoro. 

— Ed è irrevocabile? 

Il signor Senutovitch sorrise. — Assolutamente irrevocabile. 

— È sicuro, signor Senutovitch? 

— Edkin — disse pacatamente l’avvocato — ho redatto io la Convenzione di garanzia per i beni mobili di questa Compagnia. Sono sicuro. 

Un’altra precauzione che Edkin prese fu di fare una visita all’archivio clienti del Credito Riunito e chiedere un rapporto personale sul conto di Croy James T. 

Ci sarebbero voluti alcuni giorni per averlo e nel frattempo la cerimonia avrebbe avuto luogo e la coppia sarebbe partita per la luna di miele. Ma almeno, si consolò Edkin, quando lo avesse ottenuto, sarebbe stato in possesso di una documentazione esauriente. La Compagnia aveva una concezione piuttosto estesa di che cosa un rapporto personale dovesse comprendere. 

Inoltre la Compagnia non si lasciava certo trarre in errore da meschini espedienti come il cambiamento di nome... o, in quel caso, di impronte digitali, di colore degli occhi, o di gruppo sanguigno. Se un uomo era in grado di cambiare i suoi caratteri genetici di base, poteva truffare la Compagnia, ma non altrimenti; l’archivio del Credito Riunito era collegato in linea diretta con l’ufficio dell’F.B.I. di Washington... nell’interesse dell’F.B.I., non della Compagnia. Non ci sarebbero più stati segreti sul conto del signor Croy, di conseguenza non ci sarebbero più state preoccupazioni nascoste per Alden Edkin. 

Poi Edking assistette alla cerimonia, lottando contro una irrefrenabile voglia di piangere, mentre la sua dolce sorellina si univa nel vincolo matrimoniale con quel gigante dai capelli bianchi e dallo sguardo profondo e penetrante. Il matrimonio fu celebrato da Padre Hanover nella chiesa Episcopale della Trinità. C’erano pochi invitati. Il signor Senutovitch fece la sua comparsa, strinse calorosamente la mano della sposa e se ne andò senza dire una parola. 

 

Nella casa vuota Alden Edkin inspirò profondamente, espirò e si apprestò a telefonare all’unica parente che avessero ancora. Era il minimo che potesse fare. 

Sul videotelefono fece capolino una faccia paffuta emergente dal collo di pelliccia di una veste da camera.

— Zia Nora? — disse Edkin tastando il terreno. — Caspita, sembri in forma. 

— Menti — disse con voce stridula. — Sembro vecchia. Cosa vuoi? Se vuoi dei soldi, non ti darò un... 

— No, niente di tutto questo, Zia Nora. 

— Allora cosa? Ti dispiace di avermi sbattuto fuori di casa vent’anni fa? Hai telefonato per dirmi questo? 

— Zia Nora — disse coraggiosamente Edkin — dimentichiamo il passato. Ti ho telefonato per darti notizie di Mary Lynne... mia sorella... tua nipote. 

— Allora, allora? Cosa mi dici di lei? 

— Si è appena sposata, zia Nora — disse Edkin raggiante. 

— E con ciò? La gente usa sposarsi, sai. Non c’è niente di strano. 

Edkin era scandalizzato. Una simile mancanza di senso della famiglia! E da parte sua, che, oltre a tutto, avrebbe dovuto considerarsi fortunata al solo pensiero che qualcuno della famiglia le telefonasse. Era abbastanza arrabbiato per dire quello che aveva solennemente giurato di non dire.

— Almeno — disse freddamente — lei si è sposata. 

Ci fu una pausa.

— Cosa vuoi dire con ciò? — rispose Zia Nora con un fil di voce. 

— Lo sai benissimo, Zia Nora. 

Nel piccolo schermo, il suo viso sembrava quello di una bambola, una bambola arrabbiata; arrossì. Doveva aver urtato il videotelefono, pensò Edkin turbato; anelli di luce circondarono di un’aureola il margine dello schermo. 

— Sei un sepolcro imbiancato, Alden Edkin! — disse piangendo. — Mi hai impedito di frequentare tua sorella... mia nipote!... Per non traviarla... quando aveva tre mesi e il buon Dio in persona non avrebbe potuto traviarla, dato che non poteva capire nulla di quello che accadeva intorno a lei! E ora, solo perché si è sposata, mi telefoni, sperando, senza dubbio, che, dato che sto diventando vecchia e svampita, mandi un piccolo assegno di diecimila dollari, o giù di lì, come regalo di nozze. Bene, ti sbagli! Se Mary Lynne vuole telefonarmi, parlerò con lei... ma non con te! Capito? 

Il piccolo schermo si tinse di rosso e arancio quando Zia Nora interruppe la comunicazione. 

Edkin premette il pulsante per spegnere il video e alzò le spalle. Zia Nora! Chi poteva spiegare i suoi stati d’animo? Un risultato del suo sordido passato, naturalmente, ma... Era stato un errore telefonarle, questo era evidente. 

Alden Edkin se ne andò a dormire con la coscienza tranquilla.

La mattina seguente, ricevette il rapporto dell’archivio Crediti. Aveva avuto una precedenza speciale. Sul foglio dattiloscritto spiccavano sottolineature rosse di avvertimento. 

 

Alden Edkin aspettava all’aeroporto il ritorno degli sposi dal loro lungo viaggio di nozze. 

Aveva morso il freno per sei settimane... sei lunghe settimane senza notizie da parte loro, sei settimane in cui erano stati tagliati fuori dal mondo, perché così avevano voluto gli sposi. 

Alden Edkin era convinto di sapere perché James Croy aveva voluto così. Se ne stava lì vicino all’uscita della dogana, contraendo rabbiosamente la mascella; era visibilmente fuori di sé e la sua faccia stava rapidamente diventando paonazza. 

Li vide scendere dalla scaletta dell’aereo e si mise a urlare: — Mary Lynne! Mary Lynne, vieni subito qui! Allontanati da quel mostro di Croy. 

Mary Lynne, sottobraccio a suo marito, in atteggiamento adorante, rabbrividì. — Oh-oh — mormorò. — Nubi di tempesta all’orizzonte. Chiudere i boccaporti. 

— Tsk, tsk, pover’uomo — disse premurosamente Croy — è sconvolto, non trovi? Ma non devi preoccuparti. 

— Non sono preoccupata, caro. 

— Certo, certo. Abbi fiducia in me. — Annuì col capo in segno di approvazione. — Devo assentarmi un momento. Una piccola commissione... Ma sarò presto di ritorno e sono certo che potremo risolvere qualsiasi problema tormenti tuo fratello. — Le baciò delicatamente l’orecchio. 

— Amore mio — le sussurrò dolce come il miele. 

E poi quel perfetto gentiluomo di James Croy si inchinò in direzione del cognato che, impotente, stava dando in escandescenze al di là dell’uscita della dogana, girò sui tacchi e sparì nella toilette degli uomini. 

La toilette degli uomini aveva un’entrata Nord, un’entrata Sud, un’entrata all’ammezzato e un’entrata di servizio al piano inferiore. Non ha molta importanza stabilire di quale porta si servì James Croy per uscire, ma è certo che non fu quella da cui era entrato. 

Il poliziotto alla fine se ne andò. — Spiacente — disse il sergente in tono sbrigativo e un po’ annoiato... aveva prestato servizio per molti anni nella sezione Persone Scomparse. — Probabilmente si farà vivo. 

Ma non era vero e sia il sergente che Alden Edkin lo sapevano. Quando se ne andò, Alden Edkin disse a sua sorella quello che aveva rivelato il rapporto pieno di sottolineature rosse dell’archivio Crediti. 

In alto di traverso stava scritto in neretto Nessun Credito. Valutazione negativa. 

Non si può ingannare il Credito Riunito — sbottò Edkin. — Sanno tutto. E questo individuo, Croy... diamine, è un mostro. Mary Lynne! Vive alle spalle delle donne. 

— Oh, no — disse piangendo sua sorella. Ma nel suo intimo non era già più tanto sicura. 

— Oh sì! È così! Senti qua! Quattro anni fa, a Miami, sposò una ragazza di nome Doris L. Cockingham. Non c’è nessuna registrazione di divorzio! L’ha sposata appunto... le ha intestato l’usufrutto relativo ai diritti di un motore elettrico subacqueo, l’ha messa incinta ed è scomparso! 

— Non ti credo — singhiozzò sua sorella. 

— Allora ascolta questo! Undici mesi più tardi, a Troy, New York, ha sposato Marsha Gutkenecht. Disgustoso! Ti rendi conto che razza di uomo è? Immorale, bigamo... insomma, con un simile curriculum non avrebbe mai potuto ottenere la fiducia di un istituto di credito. 

— Deve esserci assolutamente una qualche spiegazione — piagnucolò Mary Lynne. — Quando Jim ritorna... 

— Non ritornerà! — disse brutalmente suo fratello. — Abìtuati a questa idea, Mary Lynne! La signora Gutkenecht non l’ha mai più visto, ed era incinta, oltre a tutto. Voleva proprio scappare. Usava falsi nomi e a ognuna di loro raccontava storie diverse. Ma non ha potuto ingannare il Credito Riunito. Ha intestato una rendita di quattrocentomila dollari a questa donna e si è volatilizzato senza pensarci su due volte. Cosa ne pensi di tutto questo, Mary Lynne? 

— Jim non avrebbe mai... 

— Jim lo ha fatto! E di nuovo l’anno seguente: Whitefish Bay, Wisconsin... una ragazza di nome Deloris Bennyhoff. Poi a Jim Thorpe, Pennsylvania... — Accartocciò il foglio in un impeto di rabbia. — Ma a che scopo ha fatto tutto questo? Cinque donne! Le sposa, scappa e le lascia incinte. Cosa hai da dire in proposito, Mary Lynne? 

Mary Lynne guardò suo fratello con sguardo confuso.

— Almeno — rispose con voce fioca — è abbastanza bravo da dare alla verità un aspetto piacevole, Alden. 

 

Oh, lo cercarono. Ma non riuscirono a trovarlo. La polizia non riuscì a trovarlo, gli investigatori privati non riuscirono a trovarlo, il Credito Riunito non riuscì a trovarlo. Jim Croy se ne era andato, probabilmente per sempre, almeno sotto quel nome. E mentre lo stavano cercando, gli eventi seguirono il loro corso naturale; Mary Lynne prenotò il posto all’ospedale e cominciò a preparare la sua valigetta. 

E Zia Nora telefonò.

La sua faccia paffuta apparve tristemente sullo schermo telefonico. — Verrò all’est — annunciò. 

— Non venire! — gracchiò Alden sobbalzando. — Voglio dire... 

— Mercoledì — disse — con il volo delle sei. 

— Ma, Zia Nora... — era l’ultima cosa che desiderasse! Dopo averla esclusa per tanti anni dalla sua cerchia familiare a causa del suo errore di gioventù, ora... 

— Vieni a prendermi — disse e riattaccò. 

Non ci fu niente da fare. Zia Nora fece la sua comparsa nella casa che sua sorella aveva lasciato ai figli proprio quando Mary Lynne respirò affannosamente, guardò il suo orologio da polso, ansimò di nuovo e si diresse verso la sua valigetta già pronta.

— Ciao, Zia Nora — disse Alden sconvolto. — Mary Lynne, non sei ancora pronta? Arrivederci Zia Nora, fa’ come se fossi a casa tua. 

— Aspetta! — urlò Zia Nora, ma la porta era già chiusa. 

Sospirò, scosse la testa con irritazione e si tolse il cappotto. Gli uomini erano così ridicoli quando si trattava di bambini! Ci sarebbe voluto ancora un sacco di tempo; avrebbe disfatto la valigia, si sarebbe sistemata e poi, con tutto comodo, si sarebbe recata all’ospedale. Era pronta a scommettere che sarebbe arrivata all’ospedale molto tempo prima che nascesse il bambino. 

Aveva ragione... ma quello che trovò nel cassetto superiore dello scrittoio della sua stanza la fece correre all’ospedale prima di quanto avesse programmato. 

— Alden! — disse affannosamente. — La foto! Ho visto la foto! 

— Salve, Zia Nora — disse cupo Alden — Dio mio, ma ci vuole un sacco di tempo! 

— È solo un’impressione — tagliò corto Zia Nora agitando una foto sotto il suo naso. Sopra vi era scritto in inchiostro bianco: A Mary Lynne, con amore, da Jimmy. — Chi è questo? 

— Il... ehm... marito di Mary Lynne — disse Edkin con aria colpevole. — In questo momento non c’è. 

— Puoi star sicuro che non c’è! Questo non è affatto Jimmy! Questo è Sam! 

— Sam? 

— Il mio Sam. Quello che mi ha messo incinta anni fa! E la sola differenza è che ora le sposa! 

Alden, che a malapena l’ascoltava, disse con dolcezza: — È stato tanto tempo fa, Zia Nora. Non ha più importanza adesso. Inoltre hai dato il bambino in adozione, non è vero? Non l’ho mai visto... o vista? Che cosa era, un maschio? 

— No — rispose seccamente. 

— Allora una femmina. 

— Prova di nuovo a indovinare — disse Zia Nora con un particolare tono di voce. — E non si trattò proprio di un’adozione. 

Il tono che usò fu abbastanza particolare da attirare l’attenzione di Alden. La guardò in modo strano, ma non gli parve che stesse scherzando. Buffo. Non aveva la più pallida idea di che cosa intendesse dire... 

Fino a venti interminabili minuti dopo.

Fino a quando un’infermiera dalla faccia pallida uscì dalla sala parto spingendo una culla; fino a quando, senza dire una parola, l’infermiera indicò una specie di dito che si muoveva e Edkin vide ciò che sua sorella, con il contributo di quello che si faceva chiamare James Croy... aveva dato alla luce in un mondo del tutto ignaro.