11

 

Rachel seguì Hemey nell'impeccabile corridoio dell'Air Force One. Mentre scendevano la scaletta, si sentì schiarire la mente dalla fresca aria di marzo. Purtroppo, però, la lucidità le fece apparire ancora più assurda la posizione del presidente.

"La NASA ha fatto una scoperta scientifica di tale valore, di tale rilevanza da giustificare ogni singolo dollaro investito dagli americani nello spazio."

Poteva significare una sola cosa, il Santo Graal della NASA, il contatto con forme di vita extraterrestri. Purtroppo, sapeva abbastanza di quel particolare Santo Graal da ritenere l'evento del tutto improbabile.

Come analista di dati sensibili, Rachel doveva spesso difendersi dalle domande di conoscenti che volevano saperne di più su ipotetici contatti con alieni tenuti nascosti dal governo. Rimaneva regolarmente inorridita davanti alle teorie dei suoi amici "colti": dischi volanti schiantati al suolo e nascosti in bunker segreti, cadaveri di extraterrestri conservati nel ghiaccio o anche ignari cittadini rapiti e sottoposti a indagini di chirurgica meticolosità.

Tutte assurdità, naturalmente. Non esistevano gli alieni come non esistevano gli insabbiamenti governativi nei loro confronti.

Chiunque, negli ambienti dell'intelligence, sapeva che la grande maggioranza degli avvistamenti e dei rapimenti di alieni era solo il prodotto di una fervida immaginazione, se non una montatura a scopo di lucro. Se venivano esibite fotografie autentiche di UFO, per qualche strana ragione erano state regolarmente scattate nelle vicinanze di basi militari statunitensi, dove si sperimentavano prototipi segretissimi di aerei. Quando la Lockheed aveva cominciato il collaudo in volo di un jet molto avanzato chiamato Stealth Bomber, gli avvistamenti di UFO nei pressi della Edwards Air Force Base erano aumentati di quindici volte.

«Ha un'espressione scettica» osservò il presidente, vedendola perplessa.

Il suono della sua voce la fece sobbalzare. Rachel non sapeva bene che dire. «Be'... suppongo che non parliamo di astronavi aliene o di piccoli uomini verdi, vero?» chiese infine con una certa esitazione.

Il presidente parve divertito. «Rachel, credo proprio che troverà questa scoperta ai limiti della fantascienza.»

Rachel fu sollevata nell'apprendere che la NASA non era disperata al punto di vendere al presidente una storiella sui marziani. Ciononostante, quel commento le servì per esprimere una sua sensazione. «In ogni caso» osservò «bisogna ammettere che la scoperta della NASA, quale che sia, arriva con un tempismo eccezionale.»

Herney si fermò un momento. «Tempismo? In che senso?»

"In che senso?" Rachel lo fissò. «Signor presidente, attualmente la NASA è impegnata in una lotta all'ultimo sangue per giustificare la propria esistenza, e lei viene attaccato perché continua a finanziarla. Un importante passo in avanti costituirebbe la panacea sia per l'agenzia sia per la sua campagna elettorale. Mi pare chiaro che i suoi detrattori troveranno molto sospetta la coincidenza temporale.»

«Dunque... mi sta dando del bugiardo o dello stupido?»

Rachel sentì salire un nodo in gola. «Non intendo mancarle di rispetto, signore, solo che...»

«Si rilassi.» Un debole sorriso increspò le labbra di Herney, che riprese a scendere la scaletta. «Quando il direttore della NASA mi ha parlato per la prima volta di questa scoperta, io l'ho liquidata subito come assurda. L'ho accusato di fabbricare la più eclatante bufala della storia.»

Rachel sentì sciogliersi in parte il nodo in gola.

In fondo alla rampa, Herney si voltò a guardarla. «Una ragione per cui ho chiesto agli uomini della NASA di tenere la cosa sotto silenzio è per proteggerli. La sua portata, infatti, va ben oltre tutto quello che l'agenzia ha mai realizzato. Farà apparire insignificante lo sbarco degli uomini sulla Luna. Visto che tutti, io per primo, abbiamo tanto da guadagnare e anche tanto da perdere, ho ritenuto prudente che qualcuno ricontrollasse i dati prima di procedere a un annuncio ufficiale.»

Rachel era sbalordita. «Non intenderà affidare l'incarico a me, vero?»

Il presidente si mise a ridere. «No, questo non è il suo campo, e inoltre ho già ottenuto le conferme attraverso canali non governativi.»

Il momentaneo sollievo di Rachel cedette davanti a una nuova perplessità. «Non governativi, signore? Intende dire che si è affidato al settore privato? Per dati così riservati?»

Il presidente annuì con convinzione. «Ho costituito una squadra esterna di quattro scienziati civili di grande fama, estranei alla NASA, con una reputazione da difendere. Hanno usato i loro strumenti per le rilevazioni e sono arrivati autonomamente alle loro conclusioni. Nelle ultime quarantotto ore, essi hanno confermato senza ombra di dubbio la scoperta della NASA.»

Rachel ne fu molto colpita. Il presidente si era tutelato con il tipico aplomb alla Herney. Ingaggiando un gruppo dei più accaniti scettici - scienziati esterni che non avevano nulla da guadagnare confermando le tesi della NASA -, si era immunizzato dai sospetti che quello potesse essere l'estremo tentativo dell'agenzia spaziale per difendere il suo budget, far rieleggere un presidente amico e parare gli attacchi del senatore Sexton.

«Stasera alle venti» disse Herney «convocherò una conferenza stampa alla Casa Bianca per annunciare al mondo questa scoperta.»

Rachel si sentì frustrata. Herney, in fin dei conti, non le aveva rivelato nulla. «Di cosa si tratta, esattamente?»

Il presidente sorrise. «Oggi constaterà che la pazienza è una virtù. Lei deve vedere con i suoi occhi, capire bene la situazione prima di procedere. Il direttore della NASA la sta aspettando per darle tutte le informazioni del caso. Le dirà tutto ciò che le serve sapere. Dopodiché io e lei riparleremo del suo ruolo.»

Rachel lesse una tensione latente negli occhi del presidente e ricordò il sospetto di Pickering che la Casa Bianca avesse un asso nella manica. A quanto pareva aveva visto giusto, come al solito.

Herney indicò il vicino hangar. «Mi segua» la esortò, incamminandosi.

Rachel si accodò a lui, confusa. La costruzione davanti a loro era priva di finestre e le enormi porte erano sigillate. L'unico accesso si apriva su un lato. Il presidente guidò Rachel e si fermò a pochi metri da una porta socchiusa.

«Io mi fermo qui. Lei proceda» le disse, indicandole l'ingresso.

Rachel esitava. «Non viene con me?»

«Devo tornare alla Casa Bianca, ma la contatterò presto. Ha un cellulare?»

«Certo, signore.»

«Me lo dia.»

Rachel tirò fuori il telefonino e glielo porse, convinta che lui intendesse programmarvi un numero riservato. Invece, se lo infilò in tasca.

«Ora lei è tagliata fuori da ogni contatto» disse il presidente. «Il suo posto di lavoro è stato coperto da altri. D'ora in poi, non parli con nessuno senza chiedere prima il permesso a me o al direttore della NASA.»

Rachel rimase a bocca aperta. "Il presidente mi ha sequestrato il cellulare?"

«Dopo che le avrà dato tutte le informazioni, il direttore la metterà in comunicazione con me attraverso canali sicuri. Ci sentiamo presto. Buona fortuna.»

Rachel osservò la porta dell'hangar con crescente disagio.

Il presidente Herney le appoggiò una mano rassicurante sulla spalla e accennò con il capo verso la soglia. «Le prometto, Rachel, che non rimpiangerà di avermi assistito in questa faccenda.»

Non aggiunse altro e si avviò di buon passo verso il Pave Hawk che aveva condotto Rachel lì. Senza mai voltarsi indietro, salì a bordo.

 

La Verità Del Ghiaccio
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