10.
Dodicesimo giorno prima delle Calende di Ottobre.
- É singolare, affascinante, diversa da tutte! – diceva Aurelio.
- Non esagerare, adesso- l’interruppe Servilio- anche tra le romane abbiamo avuto donne considerevoli: Fulvia, tanto per dirne una, ha guidato le legioni in aiuto di Marcantonio e Livia Augusta ha retto l’impero per quasi quarant’anni! E che dire della vedova di Germanico? Sostenne da sola l’opposizione a Tiberio.
- Non lo metto in dubbio: in politica le donne romane sono sempre state eccezionali- convenne Aurelio. – Ma erano tutte figlie, mogli o amanti di qualcuno.
Questa è una donna autonoma, che basta a se stessa.
Castore si aggirava attorno all’emiciclo della mensa come una belva in gabbia: gli apprezzamenti del padrone su Mnesarete gli rendevano indigesto persino l’ottimo Falerno che peraltro continuava a scolare.
- Certo che, con quello che succede a Palazzo, verrebbe voglia…
Aurelio fece tanto d’occhi: una frase simile in bocca alla mondanissima matrona era perlomeno sbalorditiva.
- Che succede di tanto grave al Palatino?
- Ormai tutto è in mano a lei e a Pallante.
Qualcuno sostiene addirittura che se l’intendano e….
Lei, ovviamente, era l’imperatrice, la bellissima, giovanissima Valeria Messalina Augusta, bersaglio elettivo di tutti i pettegolezzi di Roma.
Sposata per forza a quindici anni con l’anziano Claudio, gli aveva già dato due figli e aveva saputo conquistarne completamente la fiducia, al punto di conservare in sua vece il sigillo con cui si firmavano i decreti imperiali.
Per giunta il vecchio principe pur manifestando, a parole, una grande deferenza per i senatori, lasciava tutta l’amministrazione dello stato nelle mani della giovane moglie e dei suoi fidi liberti, Pallante, Narciso e Pobilio, assurti ormai al rango di ministri plenipotenziari.
- Pallante ha appena avuto in dono una proprietà sull’Esquilino degna di un monarca orientale.
E pensare che ha ancora la guancia rossa per lo schiaffo di affrancamento! – sbuffò Servilio.
Era vero: fino a sette anni prima il ministro imperiale era ancora uno schiavo.
- Di questi tempi si fa carriera rapidamente! – sorrise Aurelio. – Ma vedo che tu, Pomponia, non hai smesso di dubitare della nostra Augusta! Si parla ancora dei suoi incontri notturni con dei giovani amanti?
- Su Messalina è sceso un velo fittissimo di mistero, – gli comunicò Pomponia con rammarico. – Nemmeno io, con tutte le spie che ho tra gli schiavi e le cameriere, riesco più“ a sapere niente! Aurelio scoppiò a ridere: capiva che la carestia d’informazioni per la pettegola matrona era un autentico dramma.
- Raccontami piuttosto della tua indagine, Aurelio- interven ne Servilio, cercando di distogliere la moglie dalla sua fissa per le scappatelle dell’imperatrice.
- Ho parlato con Decimo e non mi è piaciuto per niente.
Comunque adesso sono certo che il ragazzo faceva sul serio! – rispose il patrizio e gli riferì il colloquio.
- A proposito, carissimo, ho fatto il giro dei medici, – squittì Pomponia tornando in lizza. – Ma purtroppo tutti hanno negato di aver avuto a che fare con Dinah.
In compenso ho imparato un mucchio di cose di cui farò tesoro!
Aurelio nutriva serie perplessità sul fatto che la matrona non più“ di primo pelo avesse bisogno di consigli per evitare gravidanze indesiderate, ma si guardò bene dal tradurre in parole il suo pensiero.
- La maggior parte di loro, – proseguiva intanto l’irreprensibile dama, – ricorre all’intervento solo dopo aver fallito con gli impacchi e le pozioni.
Questi medici!
- I medici, puah! – sbottò Servilio. – L’ultimo che è riuscito a visitarmi, due anni fa, mi ha prescritto dei bagni freddi!
- Ma è proprio così che il famoso Musa guarì Augusto dal suo deperimento! – protestò Pomponia.
- Ecco perché aveva sempre la goccia al naso! – ribattè acido suo marito.
- Devi ammettere, però, che le continue influenze hanno risparmiato un bel po’“di fastidi al divo Augusto, – rise Aurelio.
- Ad esempio, nella battaglia di Azio, quando aveva di fronte Antonio e Cleopatra, se l’esimio fondatore dell’impero non fosse stato raffreddato, avrebbe dovuto combattere personalmente, invece di mandare avanti i suoi generali.
Forse sarebbe stato ucciso, non era granchè come soldato, e noi oggi non avremmo la Pax Romana, il mondo intero ai nostri piedi e tutti quei tributi che ci permettono di vivere così comodamente.
Vedi bene che i medici hanno un ruolo importante nella storia.
- Smettetela di interrompermi, non vi ho ancora detto la cosa più“ sensazionale. – E dopo la tipica pausa a effetto, Pomponia proseguì. – La tua Mnesarete non è troppo ben vista dai colleghi per via delle tariffe stracciate, ma in quanto a reputazione professionale, ne ha da vendere! Sembra che abbia eseguito un intervento quasi miracoloso! La popputa matrona si guardò attorno soddisfatta di essere riu scita finalmente a catturare l’attenzione dei due uomini. – Una donna, di cui non posso fare il nome perché si tratta di una persona in vista, portava un bambino morto e non riusciva a partorirlo.
Mnesarete le è penetrata nell’utero con un bisturi e ha fatto a pezzi il feto dentro il ventre materno, estraendolo poi brano a brano.
La paziente, ormai condannata a morte, non solo è sopravvissuta, ma è anche guarita perfettamente! Pare che i chirurghi in grado di eseguire una simile operazione siano ben pochi!
- L’ha fatto a pezzi…. – borbottò Servilio debolmente, mentre i bocconi fragranti di pasticcio d’oca che stava gustando diventavano cenere in bocca.
- Magnifico! – esclamò Aurelio.
In quella Castore entrò annunciando tetro l’attesissima ospite.
La greca apparve nel riquadro della porta, in tutto il fulgore della sua lineare eleganza: anche in quell’occasione i capelli erano arricchiti soltanto dalla fascia che li tratteneva sulla nuca passandole dalla fronte.
Un peplo antico, di una foggia che a Roma non si vedeva da un pezzo, le scendeva dalle spalle erette in morbide pieghe, fermate sotto il seno da una cintura identica al nastro che le cingeva la testa.
Era l’immagine della semplicità“ e dell’armonia.
Aurelio, alzandosi, la presentò.
Servilio ne rimase incantato al primo sguardo mentre la sua diffidente metà scrutava con attenzione la nuova venuta come per trovare in lei qualche difetto abilmente occultato: un’occhiata invidiosa le bastò per mettere al confronto la sua elaborata parrucca di capelli indiani con la chioma serica di Mnesarete, che non aveva bisogno di artifici per richiamare la mano carezzevole di un uomo.
- Però ha le rughe! – si consolò maligna tra sé – e, anche se pare una ragazzina, deve aver passato i quaranta!
La straripante dama, che la fatidica età l’aveva doppiata da un pezzo, e abbastanza ingloriosamente, non riusciva a perdonare le rivali capaci di mantenere la loro freschezza col passare degli anni.
Fu perciò“ con animo ostile che coprì l’ospite di elaborati complimenti e di squisite blandizie.
- La mia amica – spiegava intanto Aurelio a Mnesarete- mi sta aiutando a investigare sul caso di cui ti ho parlato, e ha appreso da vari medici una grande quantità di prescrizioni abortive.
Ci terrei ad avere il tuo parere: sono convinto che potrebbe servirci a trovare il responsabile della morte di Dinah.
La greca ascoltò le prolisse spiegazioni di Pomponia con olimpica condiscendenza.
La trovo odiosa, rifletteva intanto la matrona, e pensare che il mio Aurelio ne sembra incantato! Suo marito invece, davanti alla graziosa scienziata, stava rivalutando l’intera classe medica e aspettava solo il momento in cui la loquace consorte si sarebbe zittita, per snocciolare tutta una serie di malanni che sembravano averlo colto all’improvviso.
- Sì, in effetti, la felce femmina e il vino di Cerinia possono avere una certa efficacia- precisava intanto Mnesarete. – Quel vino è prodotto da piante che crescono in stretta simbiosi con l’elleboro, le cui virtù terapeutiche sono ben note.
Le consigliava già Aspasia di Mileto, secoli fa.
- Chi, Aspasia l’amante di Pericle? – interruppe Servilio, desideroso di far sfoggio di cultura.
- No, un’omonima. – lo deluse la greca, sorridendo.
Il bravo cavaliere, scarlatto in volto, non osò più“ aprir bocca e cercò di consolarsi con l’anguilla in salsa.
- E“ evidente che la ragazza dev’essere caduta nelle mani di una di quelle guaritrici in odore di stregoneria che curano le malattie con amuleti e formule magiche.
Il guaio è che a volte prendono anche in mano un bisturi! – Sapete che Musonio Rufo esorta le donne a non abortire? domandò Servilio a tutti e a nessuno, citando un filosofo che anche Aurelio aveva avuto occasione di conoscere.
- Sì, gli stoici non vedono di buon occhio l’interruzione della gravidanza, ma mi sembra strano: tutti sanno che il feto diventa umano solo all’atto della nascita! Non è forse vero che l’anima, il soffio vitale, è l’aria che penetra nei polmoni del bambino al momento del distacco dal corpo materno? – gli rispose Mnesarete. – Ma Servilio! Sarebbe veramente assurdo considerare l’embrione alla stregua di un essere umano vero e proprio! – rincarò Pomponia scandalizzata. – Di questo passo, persino le precauzioni per non concepire dovrebbero essere evitate!
- E“ proprio quello che sostengono certi ebrei, infatti.
Pensa che nei loro testi sacri si narra di come Dio abbia colpito un certo Onan perché spargeva inutilmente il seme! – precisò Aurelio.
- Inaudito! – esclamò la matrona. – Ma se guardi a quello che proibiscono gli ebrei… è incredibile come si divertano a complicarsi la vita.
Tutti quei cibi impuri, il riposo settimanale….
- E smettetela di parlare di ebrei! – intervenne Servilio.
- Abbiamo qui una signora che viene da una delle più“ belle città del mondo! Ci racconti un po’”di Pergamo, invece!
- Pergamo! – sospirò Mnesarete. – Come descriverla? L’ara di Zeus e di Atena, il santuario di Demetra, le terrazze del ginnasio. e soprattutto il tempio di Asclepio, il vostro Esculapio, dio della medicina! Il viale che vi dà accesso è largo ottanta cubiti, tanti sono i pellegrini che vi si affollano ogni giorno dell’anno! Là, nel sacrario di Igea, protettrice della salute, i fedeli si abbandonano al sonno sacro e spesso ne escono guariti.
- Possibile? – domandò lo scettico Aurelio, incapace di credere ai miracoli.
- Ti assicuro che è vero. – affermò seria Mnesarete. – Anche perché molti di coloro che soffrono non sono colpiti da una vera e propria infermità fisica, ma da quelli che noi chiamiamo mali della psiche.
Ci sono uomini angosciati, a esempio, che avvertono crampi alla bocca dello stomaco, bambini paurosi colpiti da febbri inspiegabili, persino paralitici a cui la mente e non le gambe impedisce di camminare.
Per tutti costoro, la fede è una grande guaritrice: vengono al santuario, pregano, credono, e alcuni, anche se non tutti, migliorano davvero!
- Inverosìmile! – commentò Aurelio ancora incredulo.
- Non è un miracolo, senatore, almeno non nel senso che comunemente si crede.
I fedeli si rivolgono agli dèi pieni di speranza e operano loro stessi la propria guarigione, rimuovendo i motivi che avevano causato l’insorgere dei sintomi più“ strani.
- Ma allora, per la stessa ragione, qualcuno persuaso di aver commesso un atto che i Numi possono punire con la malattia e la morte potrebbe ammalarsi davvero!
Aurelio pensava a Dinah, ai millenni di tradizione ebraica in cui dio era sceso dal cielo per castigare di persona i peccatori.
- In teoria sì. – convenne Mnesarete, meditabonda.
- In effetti ho visto qualche caso in cui la convinzione fortissima di essersi macchiato di una colpa portava il paziente a punirsi con dolori inspiegabili.
- E i malati veri, quelli colpiti da epidemie e da infezioni?
- Per quelli ci siamo noi, i medici.
Pergamo ha una delle migliori scuole del mondo, famosa quasi come il Museo di Alessandria.
Ed è lì che voglio andare un giorno, ad Alessandria. – confessò.
Il patrizio l’ascoltava perplesso: una donna al Museo di Alessandria! Non che fosse impossibile, qualcuna c’era stata. ma era difficile, terribilmente difficile, soprattutto per una testarda che si ostinava a soccorrere schiavi e spiantati, anzichè coltivare personaggi influenti.
Solo alleviando i futili disturbi delle ricche matrone avrebbe potuto far carriera, non certo gestendo un ambulatorio modesto in un quartiere malfamato.
Aurelio sorrise condiscendente.
Il museo era solo un sogno: il futuro di Mnesarete era l’Urbe, non certo l’oriente coi suoi pregiudizi misogini.
Con un po’“di aiuto, da parte di un personaggio in vista…
Tutto ha un prezzo, pensava il senatore, e lui l’avrebbe convinta.
Quando gli ospiti se ne andarono, insistè per trattenerla.
Era ricco, nobile, influente e di aspetto non malvagio, tra l’altro: cosa avrebbe potuto volere di più“ quella bizzarra greca? Castore, dal suo punto di osservazione tra le colonne del peristilio, vide la donna sottrarsi con destrezza alle avances del suo ospite.
- Conosci qualcuno che abbia bisogno di un abile segretario greco, Paride? – domandò fosco all’amministratore che si era fermato a spiare la scena al suo fianco.
I due vecchi nemici, uniti nella disgrazia, contemplarono, col cuore gonfio di funesti presagi, il padrone scornato che accompagnava Mnesarete alla porta, strappandole a fatica la promessa di un nuovo incontro.