20.

Vigilia delle None di Ottobre.

 

Al suo rientro il mattino dopo, Aurelio trovò Castore che lo aspettava, di pessimo umore.

Lui, invece, sereno e appagato, era deciso a non lasciarsi rovinare la giornata e l’apostrofò con allegra condiscendenza.

Quando il greco si degnò di rispondere la sua voce somigliava a un grugnito.

- Ave, domine! Se non sbaglio hai trovato un posto simpatico per passare la notte.

Bè, spero che ne valesse la pena, perché mentre tu ti sollazzavi al sicuro, qui ne sono successe di tutti i colori! – annunziò acido, con aria di rimprovero.

- Di là ci sono Servilio e Pomponia che ti aspettano da un pezzo con notizie piuttosto gravi.

Ma già, che importa anche se il mondo va in malora? Quello che conta è Mnesarete.

- Aurelio, Aurelio! – La rubiconda matrona entrò a colpo di vento seguita dal marito ansante e tutti e due cominciarono a parlare a raffica mentre Polissena agitatissima si precipitava dentro in lacrime.

Al caos generale contribuiva il brontolìo ininterrotto di Castore che non riusciva a chetarsi.

- Basta! – urlò il patrizio esasperato. – Volete spiegarmi cos’è successo?

- L’hanno sgozzato!

- Mi vogliono interrogare!

- Ah, che scandalo!

- Uno alla volta! – intimò Aurelio con autorità. – Chi hanno sgozzato?

- Flavio! – la matrona aveva preso la parola, fulminando con lo sguardo chiunque tentasse di intervenire. – Le guardie di Palazzo lo hanno sorpreso mentre cercava di penetrare nella camera dell’Augusta per violentarla! Era già arrivato fino al letto e la stava afferrando, quando….

Deficiente! Pensò Aurelio.

Come ha potuto essere tanto idiota da cadere in quel vecchio tranello? L’aveva già usato Livilla ai tempi di Tiberio, per sbarazzarsi di Postumo! Si dà un appuntamento all’amante segreto al Palatino.

Quello abbocca e, guarda caso, non trova nemmeno una guardia a sbarrargli il passo.

Entra nella camera della sua diletta, la prende fra le braccia. e lei comincia a urlare.

Arrivano i pretoriani e con due colpi di gladio mettono a posto tutto.

Neanche il tempo di dire bà e lo scomodo amante è sistemato: alto tradimento, attentato alla castità“ dell’imperatrice, eccetera eccetera.

- Quello stupido ha fatto la fine che meritava! – dichiarò Aurelio, per nulla sconvolto.

- Adesso è normale che vogliano interrogare chi lo conosceva: non devi preoccuparti, Polissena!

- Allora è stato lui a uccidere Dinah e Rubellio? – domandò Pomponia morbosamente curiosa.

- Ma perché? Non aveva nessun motivo!

- Un motivo doveva averlo. – tagliò corto Aurelio, ricordando il volto d’avorio dai lineamenti purissimi intravisto per un attimo dalla fessura del cubicolo.

Gli sembra di risentire il profumo d’ambra di Messalina, misto stavolta a un altro odore, dolciastro, nauseante. quello del sangue.

- Quell’assassino ha ucciso lentamente anche suo padre! Quando si è visto scoperto, ha perduto la testa e… – commentava Servilio.

No, non ha perduto la testa, riflettè Aurelio.

E“ andato a chiedere aiuto, fiducioso nell’alta amicizia che le sue prodezze amatorie gli avevano procurato, tanto ingenuo da credere che un’imperatrice fosse disposta a rischiare di persona, avallando i suoi delitti, per il solo fatto di essere andata a letto con lui! cieco, illuso, pazzo, Flavio! Aveva ucciso due volte per assicurarsi che i ragazzi non parlassero, per avere la certezza di continuare quella relazione che gli offriva prospettive abbaglianti dal letto imperiale al trono! A chi non sarebbe venuta la tentazione? Poteva forse permettere che la sua regale amante si spaventasse? Tutto doveva filare liscio, senza intoppi.

Sì, tra le braccia della Venere imperiale, Flavio aveva pensato di essere diventato invulnerabile. di godere di un’assoluta impunità.

Ma quando suo padre era morto e la parola tremenda veneficio era stata pronunciata, il trono sognato si era trasformato fulmineamente in un rogo.

Che c’era di più“ naturale, per un vigliacco terrorizzato, di correre dall’augusta protettrice a chiedere il suo aiuto in cambio delle passate prestazioni? E adesso il conto era stato saldato.

- Tutto è a posto, amici.

Non capisco perché vi agitiate tanto.

Un assassino è stato giustiziato: non ci vedo nulla di strano.

- Ma lei, la bellissima, non può essere del tutto estranea. insinuò Pomponia, maligna. – Doveva conoscerlo. questa storia della violenza carnale non convince nessuno!

- E allora? Forse era davvero il suo stallone e ha avuto il cattivo gusto di scegliere il momento sbagliato per un appuntamento galante! Sono indelicatezze che si pagano.

- Per nulla soddisfatti, i due grassi coniugi si rassegnarono a tornare a casa, ovviamente non in silenzio.

E i commenti piccanti di Pomponia, espressi con voce stentorea, echeggiarono nella domus fino al momento in cui Fabello, garbato ma deciso, riuscì a chiuderli fuori della porta.

- Accompagna la ragazza a testimoniare, Castore. – ordinò Aurelio per levarsi di torno Polissena che lo guardava lacrimosa e implorante con gli occhi di un cane bastonato.

Poi, finalmente solo, il giovane senatore si sdraiò sul triclinio imbottito.

Il suo corpo spossato godette del contatto con la frescura del bisso.

Afferrò alla cieca un cuscino orientale e strofinò la guancia non ancora rasata sulla stoffa morbida.

L’avrebbe vestita di seta, la Sua donna, basta con la ruvida lana! Immagina i lunghi capelli ramati che le ondeggiavano sulle spalle fiere sfiorando il tessuto frusciante.

Il posto di Mnesarete era Roma.

La sua grazia era degna di un palazzo di marmo, non di un sudicio ambulatorio.

Ci avrebbe pensato lui a farglielo capire! Aveva ancora una cosa da sistemare, e poi….