Capitolo ottavo
«È un bel po’ che se ne sono andati,» disse Dallow. «Che staranno facendo?»
«Chi se ne preoccupa?» chiese Giuditta. «Vorranno essere» premette le sue labbra gonfie e prensili contro la guancia di Dallow «soli;» gli restarono in bocca i capelli rossi di lei, dal sapore acre. «Sai com’è l’amore,» ella disse.
«Non le vuole bene.» Egli era inquieto – gli tornavano in mente delle frasi. Disse: «Non la può vedere.» Cinse Giuditta con un braccio, senza entusiasmo, – non serviva a nulla di guastare una festa, ma avrebbe voluto sapere che cosa aveva in mente il Rossetto.
Bevve un lungo sorso dal bicchiere di Giuditta, e una sirena fischiò in direzione di Worthing. Attraverso la finestra egli poteva vedere una coppia in pieno idillio all’estremità del molo, e un vecchio che prendeva il biglietto della fortuna dalla strega dietro il vetro.
«Perché allora non se ne libera?» domandò Giuditta. La sua bocca andava cercando lungo la mandibola quella dell’uomo. Si rizzò indignata e disse: «Chi è quel tipo di donna laggiù? Che cosa vuole mai, continuando a fissarci tutto il tempo? Questo è un paese libero.»
Dallow si voltò a guardare. Il suo cervello funzionò molto lentamente; prima l’affermazione «non l’ho mai vista,» poi il ricordo. «Perbacco,» disse, «È quella maledetta puttana che sta dando noia al Rossetto.» Si alzò pesantemente in piedi e camminò incespicando fra i tavolini. «Chi sei?» chiese. «Chi sei?»
«Ida Arnold,» disse, «per servirti. I miei amici mi chiamano Ida.»
«Non sono un tuo amico.»
«Faresti meglio ad esserlo,» ella rispose gentilmente. «Bevi qualcosa. Dove sono andati il Rossetto e Rosa? Avresti dovuto portare qui anche loro. Questo è Fil. Presentaci la tua amica.»
Continuò con voce dolce: «È ora che ci riuniamo tutti quanti. Come ti chiami?»
«Non sai che cosa succede alla gente che ficca il naso...»
«Oh, lo so!,» ella disse, «lo so benissimo. Ero con Fred il giorno in cui l’avete fatto fuori.»
«Parli in modo sensato,» disse Dallow. «Chi diavolo sei mai?»
«Dovresti saperlo. Ci hai seguito per tutto il lungomare quel giorno, in quella vostra vecchia Morris.» Gli sorrise veramente amabile. Non era un tipo da tenerle testa. «Sembra che sia passato un secolo, no?»
Era proprio vero – sembrava un secolo.
«Bevi qualcosa,» disse Ida, «lo puoi ben fare. E dove è il Rossetto? Si sarebbe detto che non gli piacesse la mia presenza stasera. Che cosa stavate festeggiando? Non quello che è successo al signor Prewitt? Non l’avrete saputo.»
«Che cosa vuoi dire?» domandò Dallow. Il vento soffiò contro le finestre e le cameriere incominciarono a sbadigliare.
«Lo vedrai nei giornali del mattino. Non voglio sciupare il vostro divertimento. E naturalmente lo saprete anche prima, se quello parlerà.»
«È andato all’estero.»
«È all’ufficio di polizia adesso,» ella disse con perfetta sicurezza. «Lo hanno ricondotto indietro,» continuò con precisione. «Dovreste scegliere meglio i vostri legali, degli uomini che possano concedersi delle vacanze. Lo hanno messo dentro per truffa. Arrestato sulla banchina.»
Egli la fissò inquieto. Non le credeva – tuttavia... «Sai una quantità di cose,» disse. «Sogni o dormi la notte?»
«E tu?»
Il faccione dal naso rotto aveva una certa aria di innocenza. «Io?» disse. «Non so nulla.»
«È stato proprio sprecato tutto questo denaro che gli avete dato. Sarebbe scappato ad ogni modo – e non è sembrata una cosa chiara. Quando sul molo mi sono presa Johnnie...»
Egli la guardò con uno stupore disperato: «Ti sei presa Johnnie? Come diavolo mai?...»
Ella disse semplicemente: «La gente mi vuol bene.» Bevve un poco, poi continuò: «La sua mamma l’ha trattato in modo vergognoso, quando era bambino.»
«La mamma di chi?»
«Di Johnnie.»
Dallow si fece impaziente, sconcertato, spaurito.
«Cosa diavolo,» disse, «sai della mamma di Johnnie?»
«Quello che mi ha detto lui,» ella disse. Se ne stava lì seduta, perfettamente a suo agio, il suo petto abbondante pronto ad accogliere qualsiasi segreto. Aveva addosso un’aria di compassione e di comprensione, come fosse un profumo cattivo da poco prezzo.
Disse gentilmente: «Non ho nulla contro di te. A me piace andare d’accordo. Portami qui la tua amica.»
Egli gettò un rapido sguardo al disopra della sua spalla e poi di nuovo dinanzi a sé. «Meglio di no,» disse. Abbassò la voce. Incominciò anche lui automaticamente a confidarsi. «A dire la verità, è una femmina gelosa.»
«Ma davvero. E quel suo vecchio marito...»
«Oh, quel suo vecchio marito,» egli disse, «quello è a posto. Frank non si preoccupa di quello che non vede.» Abbassò ancora di più la voce: «E non può vedere molto – è cieco.»
«Questo, non lo sapevo,» ella osservò.
«Non lo diresti,» egli disse «tanto stira bene. Ha una mano meravigliosa per stirare,» poi s’interruppe di colpo. «Che diavolo hai detto,» chiese – «che non sapevi questo? Che cosa sai?»
«Non c’è molto» ella disse «che non sia riuscita a cavar fuori qua e là. I vicini parlano sempre.» Era piena di detti della saggezza popolare.
«Chi parla?» Adesso era Giuditta, che si era avvicinata a loro. «E di che cosa parlano? Perbacco, se volessi fare lavorare la mia lingua su alcune delle cose che fanno loro. Ma non lo vorrei fare,» disse Giuditta, «non lo vorrei fare.» Si guardò vagamente attorno. «Che cosa è successo a quei due?»
«Forse li ho spaventati io,» disse Ida Arnold.
«Tu, spaventare loro?» disse Dallow. «Questa è buona. Il Rossetto non si spaventa tanto facilmente.»
«Quello che voglio sapere» disse Giuditta «È quali vicini hanno parlato e di che cosa?»
Qualcuno stava sparando al tiro a segno: quando la porta si aprì per lasciare entrare una coppia, si poté sentire i colpi – uno, due, tre. «Dev’essere il Rossetto,» disse Dallow: «È sempre stato abile alla pistola.»
«Sarebbe meglio che tu andassi a vedere,» osservò dolcemente Ida, «che non faccia qualche gesto disperato – con la sua pistola – quando verrà a sapere.»
Dallow disse: «Come fai in fretta a tirare le conclusioni. Non abbiamo nessuna ragione di avere paura del signor Prewitt.»
«Suppongo che gli abbiate dato del denaro per qualcosa.»
«Ah,» egli disse, «Johnnie ha voluto scherzare.»
«Il tuo amico Cubitt pareva pensare...»
«Cubitt non sa niente.»
«Naturalmente,» ella ammise, «non c’era, vero? Quella volta, voglio dire. Ma tu...» ella disse. «Venti dollari non ti farebbero comodo? Dopo tutto tu non vorrai avere delle noie... Che il Rossetto risponda da solo dei suoi delitti.»
«Mi fai nausea,» disse Dallow. «Credi di sapere una quantità di cose e non sai niente.» Disse a Giuditta: «Vado a fare acqua. Tu tieni la bocca chiusa, altrimenti questo tipo...» E fece un gesto disperato – non poteva esprimere che cosa non avrebbe cavato fuori da uno. Uscì a fatica, e il vento lo sferzò, tanto che dovette afferrare il suo vecchio cappello unto e tenerlo stretto. Scendere la scala che portava alle ritirate era come scendere nel reparto macchine di una nave durante una tempesta. Tutto il suolo gli tremava sotto i piedi, quando l’ondata si buttava contro i pilastri e continuava la sua corsa per frangersi sulla spiaggia. Pensò: «Dovrei avvertire il Rossetto della faccenda di Prewitt, se è vera...» Aveva altre cose in mente, altre cose oltre il vecchio Spicer. Risalì la scala e guardò per tutta la spianata. Nessun Rossetto in vista. Proseguì oltre gli apparecchi stereoscopici – nulla in vista. Era un’altra persona che stava tirando al baraccone.
Chiese all’uomo: «Mica visto il Rossetto?»
«A che gioco giochiamo?» disse l’uomo. «Lo sai che l’ho visto. Ed è andato a fare una corsa in campagna, con la sua ragazza – a prendere una boccata d’aria fresca, verso Hastings. Suppongo che vorrai anche sapere l’ora. Ebbene,» disse l’uomo, «io non dico un bel niente. E puoi pescare qualcun altro per il tuo maledetto alibi.»
«Sei un bugiardo,» disse Dallow. Si allontanò: al disopra del fragore del mare si udì il rintocco delle ore nelle chiese di Brighton: contò uno, due, tre, quattro, e s’interruppe. Aveva paura – se fosse proprio tutto vero, se il Rossetto lo avesse saputo e quel suo pazzo progetto... perché diavolo mai portare qualcuno a fare una gita in campagna a quell’ora, se non per finire in un’osteria, e il Rossetto non andava nelle osterie. Disse sottovoce: «Non lo permetterò,» lo ripeté a voce alta: era confuso, avrebbe voluto non avere bevuto tutta quella birra: era una buona ragazzina, quella, la ricordava in cucina, mentre voleva accendere il fornello. E perché no? si chiese, fissando tristemente il mare: fu preso da un subitaneo desiderio sentimentale, che Giuditta non poteva soddisfare, desiderio della prima colazione con il giornale e di un fuoco ben acceso. Incominciò a camminare rapidamente lungo il molo verso gli arganelli. C’erano delle cose che egli non avrebbe permesso. Sapeva che non avrebbe trovato la Morris al parcheggio, ma dovette andare lo stesso a vedere con i suoi occhi. La sua assenza era come una voce che gli dicesse chiaramente all’orecchio: “E se si ammazzasse... un patto può essere un’uccisione, ma per questo non vi impiccano.” Rimase lì disperato, senza sapere cosa doveva fare. La birra gli offuscava il cervello: si passò una mano sul volto in un gesto tormentato. Domandò al guardiano: «Hai visto andare via quella Morris?»
«L’hanno presa il tuo amico e la sua ragazza,» disse l’uomo zoppicando fra una Talbot e una Austin. Aveva una gamba artificiale e la muoveva mediante un meccanismo che funzionava dalla sua tasca, mentre con un’aria di immensa fatica sorvegliava per intascare le mance e dire “che bella serata”: sembrava logorato dalla fatica terribile dell’atto abitudinario. Disse: «Sono andati a bere a Peacehaven. Non chiedermi perché.» Con la mano in tasca tirò il filo nascosto e si diresse camminando incerto in linea diagonale verso una Ford. «La pioggia non tarderà a venire,» giunse ancora la sua voce, e «Grazie, signore,» poi di nuovo la fatica della manovra, di dover tirare il filo, mentre una Morris Oxford si metteva rinculando nella fila.
Dallow rimase lì disperato senza sapere che fare. C’erano degli autobus... ma tutto sarebbe finito assai prima che un autobus ci arrivasse. Meglio lavarsi le mani di tutta quanta la faccenda... Dopo tutto egli non sapeva nulla: poteva darsi che fra una mezz’ora si vedesse la vecchia macchina tornarsene passando dinanzi all’Acquario, con il Rossetto che guidava e la ragazza accanto a lui, ma sapeva pur benissimo in fondo al cuore che essa non sarebbe mai apparsa, non con tutti e due, da quella parte. Il Ragazzo aveva lasciato troppe tracce dietro di sé – ciò che aveva detto al tiro a segno, al parcheggio: voleva che gli tenessero dietro ma al momento opportuno, al momento che voleva lui, che si accordava con la sua storia. L’uomo ritornò sbandando, disse: «Il tuo amico sembrava strano questa sera. Sembrava eccitato.» Era come se parlasse già dal banco dei testimoni, facendo la deposizione che ci si aspettava da lui.
Dallow si allontanò senza speranza... prendere Giuditta, andare a casa, aspettare... ed ecco che la donna era lì a pochi passi da lui. Lo aveva seguito e aveva sentito. Egli disse: «Per amor di Dio, è colpa tua. Sei tu che l’hai fatto sposare, che lo hai fatto...»
«Prendi una macchina,» ella disse, «svelto.»
«Non ho denaro per prendere una macchina.»
«Ce l’ho io. Meglio che ti spicci.»
«Non c’è nessuna ragione di spicciarsi,» egli ribatté debolmente. «Sono andati soltanto a bere.»
«Tu sai che cosa sono andati a fare,» ella disse, «io non lo so. Ma se tu vuoi rimanere fuori da tutto questo, meglio che tu prenda una macchina.»
La prima pioggia incominciò a spazzare il viale mentre egli debolmente ribatteva: «Non so nulla.»
«Benissimo,» ella disse. «Mi porti semplicemente a fare una passeggiata, ecco tutto.» Di botto esplose: «Non fare lo sciocco, è meglio che tu mi tenga buona...» Disse: «Lo vedi quello che è successo al Rossetto.»
Ma lo stesso egli non si affrettò. A che serviva? Il Rossetto aveva preparato questo inseguimento. Il Rossetto aveva pensato a tutto, essi avrebbero dovuto venire dopo al momento debito, e trovare... Non poteva immaginare che cosa avrebbero trovato.