Fu l’odore del mare a riempire i silenzi di Chiara.

I suoi occhi cercavano conforto tra le rocce che amava e che conosceva bene. Guardava San Vito in lontananza, e le sarebbe piaciuto salire su una barca e partire. Verso Nord, magari. Le avevano detto che Vasto era molto carina, o Termoli. Se avesse avuto coraggio sarebbe andata in Spagna, in Costa Brava, dove non era mai stata. Le case le stavano svendendo, e lei con la sua esperienza avrebbe aperto un’attività, dimostrando a tutti che aveva talento. Oppure sarebbe diventata una wedding planner: avrebbe organizzato matrimoni, magari quelli gay, il cui business era in ascesa e c’era solo da guadagnare. Con la sua esperienza avrebbe fatto faville, se solo Mariangela l’avesse aiutata, che anche lei era brava con la parlantina: già si vedeva a consigliare abiti gialli per le spose e blu elettrico per gli sposi. I gay per lei erano sempre a colori.

Si sarebbe arricchita e avrebbe continuato a vivere in quel mondo fatto di confetti e vestiti. Poi avrebbe comprato un attico a sua madre e mandato sua sorella a studiare gospel a New York. Nancy Casarano sarebbe diventata una stella.

In realtà, Chiara fantasticava perché le stava venendo paura che le sue nozze non riuscissero come aveva sognato. Quando cerchi la perfezione puoi solo sbagliare, aveva letto su matrimonio.it, e già i nomi dei tavoli erano un piccolo flop. Come se non bastasse, Damiano era ancora stordito dall’alcol e Vito Photographer la metteva vagamente in soggezione.

Cercò di concentrarsi sulle ultime riprese, mentre il suo futuro marito era andato a fare un riposino in vista delle prove in chiesa.

«Ora che sei sola, Chiara, mi devi dire che cos’hai. Non sei convinta delle scene che abbiamo girato?»

«No, sulle scene sono convinta.»

«Se vuoi ti metto qualche effetto speciale...»

«No, tranquillo, Vito. È solo che sto pensando a domani e mi sembra che siamo ancora così indietro su tutto. È quasi due anni che mi preparo e rischio di arrivare in ritardo.»

«Io ne ho viste tante di spose. E ti posso dire che l’unico modo per godersi la festa è farsela sotto il giorno prima.»

«Dici?»

«Hai presente quel mescolino che ti prende alla pancia?»

«Oddio, il virus delle cozze?»

«Ma no, parlo dell’emozione... ascolta la tua paura, dalle retta. E ricordati che un giorno ti mancherà.»

«Quindi è normale che ora creda di fare una cazzata?»

Si pentì subito di averlo detto, perché capiva le implicazioni delle sue parole. Si era talmente concentrata sulla festa che non aveva preso in considerazione il vero significato di quell’evento: una nuova vita a due.

Con quella frase, aveva eliminato l’ultima barriera che c’era tra lei e Vito: il feeling immediato tra loro era stato il vero motivo di una scelta tanto difficile. Altro che “poster con foto incorniciata per i genitori degli sposi”: la ragione per cui Chiara si era orientata su quel fotografo era pura, inconscia attrazione. La tranquillizzava solo il fatto che anche lui stesse per sposarsi, e la casa che gli aveva venduto tra Noci e Gioia del Colle sarebbe stato un nido perfetto. Questo pensiero la sollevò, ma lo sguardo di lui la fece tornare in mezzo al mare.

«Tutte le persone, prima di sposarsi, temono di fare una cazzata. Chi non lo pensa non è innamorato o si sposa per interesse. Ma non è il tuo caso, tranquilla. Le conosco io le spose.»

Per la prima volta Chiara non s’immaginò con lo strascico ma nuda, in balia dei suoi dubbi. L’operatore di Telenorba la riportò alla realtà. Guardando in camera, dovette dire la prima cosa che aveva pensato quando aveva visto Damiano, un po’ come se fosse nel confessionale del “Grande Fratello”. Avrebbe voluto ammettere: “È il classico sfigato che piace a me”, invece rispose: «Che bei capelli...».

Vito Photographer s’ingelosì. Lui che era pelato, si sentì sminuito, e per un po’ le piantò il muso. Si salutarono senza cerimonie, sapendo che si sarebbero sentiti di lì a poco.

L’unico a guardarli perplesso era l’operatore, ma la fretta di tornare a Conversano non gli lasciò neppure il tempo di porsi qualche domanda.

A tutt’altro, invece, pensava lo sposo. Appena rientrato a casa aveva ritrovato suo fratello nella “sala degli specchi” davanti al televisore.

Era vero.

Gliel’aveva giurato.

Si sarebbe presentato alle nozze con una donna. Un’amica di breve frequentazione, certo, ma pur sempre una donna. Daniela. Una donna vera. Nata a Copertino, vissuta a Lecce, conosciuta a Bari. Salentini, gente perbene.

Per una volta, però, i dettagli non erano importanti: si sarebbe presentata al fianco di Orlando, e questo bastava. Daniela, come la canzone di Julio Iglesias che piaceva tanto a sua madre.

Lo sposo avrebbe voluto mettersi a saltare per casa, ma si limitò a un whatsapp a suo cugino: “Orlando domani viene con una donna... miracolo!!!”.

Immaginò come si sarebbero sentiti i suoi genitori, suo padre in particolare, e così, con un po’ d’imbarazzo, abbracciò suo fratello.

Fisicamente erano molto diversi, nel senso che quanto Damiano era mediterraneo, Orlando sembrava normanno: occhi turchesi, capelli chiari, il fisico asciutto di chi fa addominali appena può. Durante quel gesto esagerato – e per lui interminabile – si mise a guardare il pavimento. “Ce la devo fare, andrà tutto bene, Daniela verrà, me l’ha promesso.” Chissà se avrebbe fatto in tempo a rivedere l’Innominato. L’uomo di cui non sapeva né poteva sapere il nome. Il monopolitano che poteva chiamare solo di pomeriggio e solo quando si trovava nei pressi di Polignano. Vietati i messaggi. Vietate le chiamate da numero anonimo. Vietate le chiamate per sapere come stai.

E mentre per la prima volta sentiva suo fratello vicino a sé – che balsamo usi? – Orlando pensava a quanto sarebbe stato bello fare sesso con l’Innominato in un letto.

«La casa al mare è già aperta?»

«Credo di sì.»

«Posso chiedere a papà se me la lascia?»

«Certo. Quelli di fuori li abbiamo sistemati tutti in albergo, perché se li mettevamo lì sai quante critiche?»

«Quante?»

«Dai, è un modo di dire, non sfottere. Quando t’interessa la villa?»

«Magari domani potevo andare a dormire là con Daniela.»

«Se volete vi potete fermare alla masseria dove facciamo il ricevimento. Noi abbiamo la suite nella torretta, ma abbiamo preso anche qualche stanza per Cosimo e gli altri cugini.»

«Preferisco starmene a casa nostra, sai, è da poco che ci frequentiamo.»

«Allora fai bene... sono proprio curioso di conoscere questa Daniela.»

Sapevano tutti e due che non poteva essere vero, ma entrambi facevano finta di crederlo. Anche se Damiano, nella sua ingenuità, un po’ ci sperava davvero.

«È una ragazza semplice, come noi. E all’università è una secchiona. Anche se è molto preoccupata di non essere all’altezza, domani, davanti a trecento persone.»

«Non me lo dire a me, che con questo vento Chiara sta già in crisi. Ma non ce l’hai una foto?»

Orlando si aspettava la domanda, e voilà: lui e Daniela abbracciati. Gay lui, lesbica lei, avevano appena deciso di “unirsi” nelle occasioni pubbliche per togliere le rispettive famiglie dall’imbarazzo. Peccato che quella fosse la prima volta, con tutte le incognite del caso. Avevano fatto qualche prova a Bari – si erano sbaciucchiati in pizzeria – ma erano sempre finiti a fare i cretini.

Damiano riguardò l’immagine sull’iPhone e la studiò come se fosse l’identikit di un ricercato: i capelli troppo spettinati e la maglia un po’ larga, ma se si fosse messa un bel vestito ce la poteva fare. «Mi raccomando l’eleganza» non riuscì a tenersi. Orlando lo rassicurò con un nuovo abbraccio che gli risultò ancora più forzato. Un po’ gli faceva pena, un po’ lo detestava. Lo trovava limitato in tutto, senza fantasia, e troppo vittima del cugino. Gli chiese dove fossero le chiavi della villa senza guardarlo negli occhi.

Damiano salì al piano di sopra, attraversò il “corridoio Thun” – la madre faceva la collezione di animaletti e ne cambiava periodicamente la disposizione – entrò nello studio, frugò con timore nei cassetti, e alla fine porse a Orlando che l’aveva seguito il mazzo di chiavi insieme al foglietto con le istruzioni per ogni casa di proprietà: luce, gas, acqua calda e cosa fare in caso di blocco caldaia. Don Mimì era un uomo passionale, ma organizzato. Sulla sua scrivania, perfettamente in ordine, campeggiava una foto con loro due da piccoli, che gli tenevano la mano, scattata sugli scogli di Ripagnola. Si fermarono a guardarla, ma non espressero nemmeno un commento.

Orlando mise le chiavi in tasca come se si trattasse del numero dell’Innominato. Suo fratello gli vide gli occhi brillare e questo gli diede sicurezza. “Che strano che Orlando sia così biondo.” Era la prima volta che se lo domandava.

Io che amo solo te - 2013
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