23
Ninella era seduta sullo scalone davanti alla porta di casa, e fumava.
Stava facendo i conti con se stessa e con la giornata. Fumava quasi sempre fuori, perché non voleva che la vedessero le sue ragazze, soprattutto Nancy. Come fai a dire a tua figlia che fumare fa male mentre sente che puzzi di tabacco? Così consumava quel rito di nascosto, come se i diciassette anni li avesse lei.
Chiara guardò sua madre con gli occhi persi nel fumo, e vide chi era veramente: una sconosciuta. Lo sguardo lucido, le gambe appena divaricate, una mano a sorreggere il mento, i capelli troppo arancioni che le stavano bene lo stesso.
«Mamma...»
«Finalmente sei tornata... ti stavo aspettando. Siediti qui vicino a me.»
Chiara si lasciò cadere sullo scalone senza nessuna eleganza. Era distrutta.
«Mi spiace, sai, che te ne vai?»
«Ma vedrai che starai meglio, avrai più tempo per Nancy e più spazio per te... e poi non andremo a vivere lontano. Vieni una volta tu a mangiare le rolatine da noi e una volta veniamo noi a mangiare le rolatine da te...»
«Non sarà la stessa cosa.»
«Sì, ma vuoi mettere quando diventerai nonna come sarai contenta? Damiano vuole almeno tre figli... e il primo subito! Me l’ha detto stasera. Dice che dobbiamo cominciare dal viaggio di nozze.»
E Ninella, anziché sorriderle o ricomporsi, cominciò a piangere. Erano lacrime stanche che non provava neanche a togliersi di dosso. «Mi dispiace» le diceva, «mi dispiace.» E il passato le crollò addosso come un macigno.
Pensò a suo marito, di cui non si era mai interessata. Certi amori sono così grandi che basterebbero a sfamare due persone, se solo l’altro se ne accorgesse. E Ninella se n’era accorta quando lui era morto lasciandola sola con quelle creature. Ora che la più grande stava per lasciare casa, se ne andava un’altra parte di lei. Solo un angolo della sua coscienza sapeva che, in realtà, piangeva perché non era stata una buona madre. Aveva fatto ogni cosa nel modo giusto, era stata severa e presente, ma non aveva dato tutto. Una madre deve sempre dare tutto. E ora non riusciva nemmeno a scusarsi e chiedere pietà. «Mi dispiace» le diceva, e i suoi colpi di sole affondarono tristemente sulla spalla di Chiara, che cominciò a consolarla. Di colpo era lei la madre. Come se in quella vigilia si passassero le consegne.
«Sai che cosa mi fa rabbia? Che io lo sapevo che stavo sbagliando. Ma era più forte di me.»
«Ma in cosa hai sbagliato?»
«Dai, lo sai benissimo cosa intendo. Ti sembro una buona madre?»
«...»
«Vedi? Manco mi rispondi... e hai ragione. Sono stata una pessima madre. La mamma non può essere invidiosa perché la figlia si sposa.»
«Ma tu non eri invidiosa, tu eri contenta!»
«No, non lo ero. Ma per fortuna tu sei buona e non te ne sei accorta... perché tu hai preso da tuo padre. E anche tua sorella ha preso da tuo padre, altrimenti non sareste così.»
Ninella si fece coraggio e le confessò che, negli ultimi mesi, avrebbe voluto essere lei al suo posto. Per questo non l’aveva mai accompagnata a Brindisi a scegliere il vestito. Perché le sarebbe piaciuto vedere don Mimì, all’altare, non Damiano. Ma le mancò la forza di pronunciare parole che rimbombavano solo nella sua mente, e restarono ancora lì, soffocate.
Chiara era immobile, attonita, e provava a decifrare occhi che non aveva mai visto così. Anche la signora Labbate, che stava spiando la scena, ebbe il pudore di chiudere le finestre e smettere di osservare. Ninella capì che era l’ultimo giorno per provare a riscattarsi. Aveva una seconda chance, e davanti a sé vide solo la verità.
«Sai, quando ho scoperto di essere incinta di te, non ero mica contenta. Non ti volevo. Non ero innamorata di tuo padre, e con un figlio in pancia mi sembrava ancora più difficile mollarlo.»
«E allora perché l’hai sposato?»
«Perché avevo bisogno di essere amata. E lui m’vegaiv assè. Più di quanto meritassi. E poi volevo dimenticare un uomo che non mi aveva più voluto... e mi ha tirato scema in questi anni. Ma ho fatto tutto da sola, mi sono impuntata... hai presente com’è tua madre quando s’impunta?»
«Ho presente.»
«E quest’uomo lo conosco, vero?»
«Perché me lo chiedi?»
«Tu prima dimmi se lo conosco.»
«Quindi tu u se’ ci è...»
«È mio suocero, certo. È don Mimì.»
Ninella riprese le sue lacrime con meno rabbia e più disperazione, annuendo col capo.
«Come hai fatto a capire che era lui?»
«Mi aveva detto Mariangela che girava questa cosa... ma io non ci ho fatto caso. Ne girano talmente tante... ma mamma, che problema c’è? Sei un essere umano.»
«No, ti sbagli, io sono una bestia. Perché quando tu mi dicevi che ti sposavi con Damiano io pensavo solo che avrei potuto rivedere Mimì. A me non m’importava di te, m’importava solo di me. E capeit ’u fatt?»
«Ma perché non me l’hai detto prima?»
«Non avrei mai voluto rovinarti la festa. Non te lo saresti meritato.»
«Allora lo vedi che sei una buona madre? Hai pensato prima al mio bene che alla tua coscienza. Ma non potevi farmi un regalo di nozze più bello di queste parole... mi spiace solo non averlo saputo prima, perché ti avrei potuto aiutare.»
«Non era il tuo compito.»
«Forse no, ma sarei stata meno arrabbiata con te. Se però posso darti un consiglio, mamma, non trascurare Nancy. Sembra grande ma è una ragazzina.»
«Hai ragione. Non posso aspettare che se ne vada di casa prima di parlarle. Sarei veramente vigliacca.»
Per un po’ non dissero più nulla. Chiara le aveva preso le mani in un gesto finalmente naturale. Non giudicava e non diceva, stava semplicemente lì. Per la prima volta, sentì di essere stata accettata da sua madre e questo le diede gioia. Anche Ninella, dopo le lacrime, stava meglio. Perché non si era fidata? Avrebbe vissuto con meno angoscia i suoi turbamenti, ma non sarebbe stato giusto condividere prima quel segreto.
Con una mano teneva la sigaretta, con l’altra accennò una carezza che non aveva dato per venticinque anni. Fu un momento impacciato, ma sincero. Nel pieno della notte, il rumore del maestrale le aiutò a ritrovarsi. Erano bellissime. Erano vere. Ed erano, per un istante, felici. Unite da quel dolore represso che le aveva accompagnate come un ronzio nell’orecchio. Ora che era cessato, tutto sembrava più semplice.
«Quindi è per questo che quando ti ho detto che avevo conosciuto Damiano ancora un po’ avevi un mancamento?»
«Sì, ero scioccata. Vent’anni a cercare di dimenticare un uomo e poi te lo ritrovi come suocero.»
«Sei ancora arrabbiata con lui?»
«No, figlia mia, no. Erano altri tempi. La sua famiglia era troppo importante. Non potevano accettare una come me, col fratello arrestato per contrabbando... o almeno, così mi dissero.»
«Quindi è per quello che è saltato tutto?»
«Sì, diciamo così... loro avevano un’immagine da rispettare e cacciando me si sono rifatti una reputazione. Un giorno ti racconterò meglio questa storia, quando ne avrò le forze e sarò più lucida.»
«Come vuoi tu, mamma.»
«Ma tanto domani pareggiamo i conti, stai tranquilla. Senza saperlo, mi hai fatto contenta due volte.»
Chiara non ebbe le forze per addentrarsi in altre domande, né in altre confidenze. Ormai sapeva che Ninella era fiera di lei, e sentiva già il peso di quella responsabilità. Si toccò il collo, a nascondere l’unico neo sul suo curriculum sentimentale. Nessuno avrebbe visto. Nessuno avrebbe saputo.
Il maestrale era sempre più incazzato ma a lei non importava più.
Alla vigilia del suo giorno più importante, aveva finalmente conosciuto sua madre.