I. Incubo in grigio
Si svegliò sentendosi magnificamente. Il sole in alto era splendente e caldo, e la primavera era nell’aria. Si accorse di essersi appisolato per meno di mezz’ora perché l’angolo delle ombre del sole benefico era cambiato di poco. Mentre lui aveva dormito, seduto su una panchina del parco, la sua testa si era inclinata e poi era cascata in avanti.
Il parco era bello nel verde della primavera, un verde più morbido di quello dell’estate, la giornata era magnifica e lui era giovane e innamorato, meravigliosamente innamorato, tanto da averne il capogiro. Felicemente innamorato perché solo la sera prima, sabato sera, aveva fatto la sua dichiarazione a Susanna, e lei aveva accettato, più o meno. Era andata così: non gli aveva risposto di sì definitivamente, ma lo aveva invitato quel pomeriggio per fargli conoscere la famiglia e sperava che lui avesse voluto bene a loro e che loro avessero voluto bene a lui, tanto quanto lei gliene voleva. E se questo non era un buon passo verso il matrimonio, che cos’era? Era stato un colpo di fulmine o quasi, ecco perché doveva ancora conoscere la famiglia.
Dolce Susanna dai soffici capelli castani, dal grazioso piccolo naso alla pechinese, dalle chiare, tenere lentiggini, dai grandi soavi occhi castani.
Era la cosa più bella che gli fosse mai capitata e che potesse capitare ad un uomo. Bene, era ormai pomeriggio inoltrato ed era all’incirca a quest’ora che Susanna gli aveva detto di andare. Si alzò dalla panchina e, poiché aveva i muscoli un po’ indolenziti dal pisolino, si stirò voluttuosamente. Poi s’incamminò per quei pochi isolati che separavano il parco dove aveva bighellonato dalla casa dove l’aveva accompagnata l’altra sera: quattro passi nel sole splendente di un giorno di primavera. Salì le scale e bussò alla porta. Gli aprì una ragazza, e per un momento pensò fosse la stessa Susanna; ma poi si accorse che le somigliava soltanto. Sua sorella, probabilmente, gli aveva parlato di una sorella solo un anno più vecchia di lei. Si inchinò, si presentò e chiese di Susanna. Notò che la ragazza, per un momento, lo aveva guardato in modo strano. — Entrate, prego — disse lei. — Non è in casa al momento, ma se volete attendere di là in salotto...
Aspettò nel salotto. Strano che fosse uscita, anche solo per poco.
Poi sentì la voce della ragazza che lo aveva lasciato, parlare nell’atrio. Con comprensibile curiosità si alzò, si avvicinò alla porta che dava nell’ingresso per ascoltare. Sembrava che stesse parlando al telefono.
— Harry per favore, vieni a casa immediatamente, e porta il dottore con te. Sì, il nonno. No, non si tratta di un attacco di cuore! Ha avuto un’amnesia come l’altra volta e pensa che la nonna sia ancora... No, non si tratta di demenza senile, solo amnesia, Harry, ma questa volta è peggio. Ha perso cinquant’anni della sua memoria, è rimasto a prima di sposarsi con la nonna...
Improvvisamente vecchio, invecchiato di cinquant’anni in cinquanta secondi, pianse in silenzio, appoggiandosi contro la porta.