CAPITOLO NONO
Anzio
35 d.C. - 788 ab Urbe Condita
Caligola ha ventitré anni
23
«L'aria di queste terre mi inebria» disse Gaio accarezzando i piedi di Drusilla, che la sorella gli aveva messo in grembo dopo essersi stesa languidamente accanto a lui. «Ancor più di quella di Roma. A te non fa questo effetto?»
Drusilla allungò le braccia e stirò la schiena, mentre davanti a loro il sole scompariva in mare, come una immensa moneta dorata che un dio nascondeva per poi estrarla di nuovo l'indomani, facendola riapparire a est con un gioco di prestigio. Erano sdraiati su un leggero promontorio che si affacciava sul mare, a poche decine di passi dalla spiaggia su cui si erano fatti portare con una barca, e dove avevano consumato un rapido pasto, beandosi della brezza salmastra che spazzava quei litorali.
La grande villa di Anzio di proprietà di Silano, in cui quella notte si sarebbe svolto il matrimonio fra Gaio e Giunia Claudilla, non si scorgeva, nascosta da alcuni rilievi e da un bosco che lasciava scivolare nell'aria fragranze che a Gaio ricordavano la sua infanzia.
«Perché dici questo?» chiese Drusilla alzando un piede e passandoglielo sul viso. I suoi servi avevano lavorato a lungo per togliere ogni segno della lunga barba che si era fatto crescere negli anni trascorsi a Capri. «Sei nato ad Anzio, ma praticamente non ci hai mai vissuto. Perché sei così legato a questo posto?»
Gaio morse leggermente il piede della sorella, costringendola a spostarlo di scatto con un gridolino, e si beò del sapore della sua pelle, del suo odore, che insieme al salmastro del mare e al profumo del bosco riuscivano a infondergli una calma che non provava da molto tempo.
«Non importa» disse, tenendo gli occhi chiusi e risalendo con una mano fino al ginocchio di Drusilla, e poi su una coscia snella ma forte. «Dopo tanto tempo trascorso su quella maledetta isola... ascolta che pace!»
«Ricordati che sei qui per sposarti, non per una vacanza, anche se te la saresti meritata.»
Gaio si accigliò e la sua mano, che stava salendo piano ma decisa verso l'inguine della sorella, si fermò.
«Lo sai che è il nostro destino» disse, cercando forse di convincere più se stesso che Drusilla. «Per la grandezza della nostra famiglia dobbiamo piegarci a queste unioni di potere, proprio come hai fatto anche tu.»
«È difficile, però» protestò lei.
Gaio ripensò alla situazione che si era creata a Roma. Le più importanti famiglie aristocratiche si accusavano reciprocamente, il panico serpeggiava, le delazioni e i tradimenti portavano all'attenzione di Tiberio una situazione catastrofica, in cui tutti cercavano di prevalere sugli altri senza comprendere che era proprio quello l'astuto gioco dell'imperatore: lasciare che si scannassero fra di loro, senza trovare il tempo per organizzarsi e mettere insieme un piano per sbarazzarsi di lui.
Ormai, una congiura contro Tiberio sarebbe stata impossibile. Negli anni che Gaio aveva trascorso a Capri, osservando e ascoltando l'imperatore da vicino, aveva capito che quel clima di terrore, di continuo tradimento e di adulazione nei suoi confronti, si era diffuso inarrestabile.
Ci pensavano gli stessi aristocratici romani a combattersi l'uno con l'altro, a osteggiarsi e a tenersi sotto controllo, in un modo che doveva divertire molto Tiberio e che preoccupava Gaio. Per questo era sempre stato molto attento, quando si trattava di capire chi fossero gli uomini che godevano davvero della fiducia dell'imperatore, e non c'erano dubbi che Marco Giunio Silano, che presto sarebbe diventato suo suocero, si muoveva con una certa sicurezza nella cerchia dei fedeli di Tiberio. Così come Lucio Cassio Longino, l'uomo che aveva la fortuna di giacere ogni notte con sua sorella Drusilla, e che Gaio sentiva di odiare e di invidiare con tutto se stesso, anche se capiva che era il solo che potesse davvero tenere al sicuro Drusilla, in quei tempi malsani. La famiglia di Longino era di antica discendenza aristocratica, si era sempre tenuta fuori dalle contese per il potere innescate da Seiano e poteva godere della fiducia di Tiberio.
Gaio aveva assistito a un numero enorme di processi e di esecuzioni, a Capri, dove l'imperatore faceva condurre coloro che venivano arrestati dopo le indagini sommarie compiute da Macrone e dai suoi uomini. Aveva sempre cercato di mantenersi defilato, senza esprimere né orrore né divertimento per quello che vedeva, avvertendo costantemente gli occhi di Tiberio puntati su di sé, come se l'imperatore cercasse di decifrare il suo stato d'animo.
Drusilla si tirò su un gomito e lo guardò. «Che cos'hai, Gaio? Sei turbato.»
«Come sempre negli ultimi vent'anni» cercò di scherzarci sopra.
«Ti preoccupa quello che si dice sulla successione a Tiberio, vero?» insistette Drusilla, che in qualche modo riusciva sempre a leggere dentro di lui. «Ormai tutti sanno del testamento dell'imperatore. Ti ha nominato suo successore, dunque perché ti preoccupi?»
Gaio sospirò. «Non ha nominato solo me.»
Drusilla sbuffò. «Ma Tiberio Gemello non conta nulla! Ha dovuto inserire anche lui perché è stato costretto. È pur sempre suo nipote.»
«Allora perché non ha nominato anche mio zio Claudio? È pur sempre suo fratello.»
«Claudio?» fece Drusilla sorpresa. «Ma dai, lo sanno tutti che è un inetto. Non potrebbe mai regnare su Roma!»
«In ogni caso, Tiberio ha agito di testa sua anche questa volta» ribatté Gaio. «E come al solito l'ha fatto a suo favore.»
«Che cosa intendi dire?»
«Perché credi che ci abbia nominati entrambi? Per non decidere. È questa la verità. E per lasciare ancora aperta la questione della sua successione, quasi pensasse di poter vivere ancora per chissà quanto tempo.»
«Ma ormai è vecchissimo!» protestò Drusilla, con un movimento che fece scivolare ancora di più la leggera tunica che indossava sulle lunghe gambe, scoprendole fino ai fianchi. «E l'impero non è certo divisibile.»
Gaio non poté fare a meno di soffermarsi sul corpo della sorella, che incarnava la perfezione della dinastia Giulio-Claudia e la sua peggiore condanna, perché lui la desiderava e nel frattempo la temeva, con un contrasto che dentro di lui, ormai da anni, non riusciva a concretizzarsi in un sentimento genuino, definitivo. Più volte si era chiesto che cosa l'attraesse così tanto in Drusilla, e poi finalmente aveva creduto di capirlo: la sua purezza, il candore della sua anima, ben diverso dal drappo di tenebra che oscurava la sua, e che lui aveva dovuto tenere a bada per tanti anni, nella lotta per la sopravvivenza e per la supremazia.
Quando Drusilla lo guardava con quegli occhi screziati di pagliuzze dorate, Gaio capiva che dentro di lei poteva specchiarsi come in un bagno purificatore, senza la sporcizia morale che aveva accumulato nel tempo e che aveva formato una specie di scorza dentro e fuori il suo corpo.
Con gli altri Gaio doveva sempre fingere, o comunque controllare le sue emozioni, il suo comportamento, ciò che diceva e faceva. Persino con le donne o con gli uomini che si era portato a letto, tutto si era sempre ridotto a momenti di fervore, in cui i corpi inondati di sudore potevano andare a caccia del massimo piacere, ma non aveva mai permesso a nessuno di sondare l'interno della sua anima, o le stanze segrete dei suoi pensieri. Neppure a Ennia, per quanto lei fosse la sola di cui poteva fidarsi, a Capri.
Con Drusilla, invece, poteva abbassare la guardia, dimenticare gli intrighi di potere, i tradimenti, le delazioni; di lei si fidava ciecamente, e riusciva a leggere nei suoi occhi lo stesso amore che provava lui, un sentimento che si disinteressava di qualsiasi altra cosa che non fosse il loro comune benessere.
Era di questo che Gaio aveva patito a lungo la mancanza. Adesso che finalmente era lì con lei, in quella rischiosa ma magnifica pausa che si era preso dalle questioni pressanti che lo assillavano, non voleva più arrovellarsi intorno ai problemi di successione, di potere, di lotta per la supremazia che avevano scandito ogni singolo istante della sua vita.
Con un sospiro tornò ad appoggiarsi al tronco dell'albero caduto accanto a cui si erano fermati per guardare il tramonto, e chiuse gli occhi.
«Hai sentito cosa ho detto?» gli chiese Drusilla, sollevandosi e rannicchiandosi contro di lui.
«Non mi interessa quanto vivrà ancora Tiberio, né cosa succederà dell'impero alla sua morte» rispose Gaio convinto. «Non adesso, almeno.»
«E di cosa ti importa, allora? Di quella sgualdrinella che l'imperatore ti costringe a sposare?»
Gaio riaprì gli occhi e trattenne una risata. «Ma quante volte ne abbiamo già parlato? Intendi assillarmi ancora a lungo?»
Drusilla lo fissò negli occhi, poi allargò un sorriso con espressione malandrina. «No, non ti assillerò più. Farò di meglio.»
«Davvero? E cosa?»
Lei balzò in piedi, flessuosa e leggiadra come una dea, nella luce arancione del tramonto, e si guardò velocemente intorno. Non c'era nessuno, Gaio lo sapeva bene: aveva dato ordini precisi ai suoi servi e ai liberti perché nessuno sapesse dove lui e la sorella si erano rifugiati. Avevano poco tempo a disposizione, e Gaio sentiva di avere bisogno di quel momento di intimità con lei, prima del banchetto che quella notte avrebbe sancito il suo matrimonio.
Drusilla si sfilò la tunica con un unico gesto e la lanciò lontano. Poi, nuda, gli scivolò addosso e cominciò a darsi da fare per spogliarlo.
«Drusilla...» riuscì solo a mormorare Gaio, travolto dal desiderio.
«Taci» ordinò Drusilla afferrandogli il membro e guidandolo subito dentro di lei, in un antro delizioso che sembrava creato appositamente per la loro unione. «Pensa solo a farmi godere, fratello.»
Gaio non se lo fece ripetere e abbracciò il corpo caldo della sorella facendolo aderire al suo, mentre muoveva il bacino senza riuscire a controllarsi, dimentico di tutte le lezioni che aveva ricevuto su come procurare e ricevere il massimo piacere durante un amplesso.
«E non credere di cavartela con poco» ansimò Drusilla assecondando con furia i suoi movimenti, come se a sua volta non volesse altro che il contatto più profondo e intimo con lui. «Verserai il tuo seme dentro di me così tante volte che la tua dolce mogliettina resterà delusa, questa notte, quando la porterai nel talamo nuziale.»
Gaio non riuscì a trattenere una risata. «Dunque è per questo che lo fai? Per tramortirmi e non lasciare che mi conceda a lei?»
«Puoi dirlo forte, princeps» affermò Drusilla spingendo con il ventre al punto che Gaio ebbe l'impressione di essere risucchiato dentro di lei, e costringendolo a venire prima di quanto avesse mai fatto, anche quando era giovane e inesperto nelle arti amatorie.
E si rese conto che non gli importava nulla di quello che avrebbe voluto da lui Giunia Claudilla, quando dopo la sfarzosa cerimonia organizzata da Tiberio l'avrebbe accompagnata nelle loro stanze per consumare un matrimonio che avrebbe sancito, insieme al testamento redatto dall'imperatore, il suo ingresso fra gli uomini più influenti di Roma.
Adesso doveva pensare solo a restituire a Drusilla il piacere straordinario che lei gli stava concedendo. Il maggior numero di volte possibile, fino a quando non fossero crollati a terra esausti.