Trentasette

Gli piaceva discutere con Laura e con Ricky. In quel tempo passato insieme, relativamente breve ma intenso di avvenimenti e di cose fatte insieme, di idee scambiate, di progetti, avevano creato una vera squadra. A loro tre si era aggiunta da qualche mese una segretaria: Francesca, ventidue anni, ragioniera. Max Gilardi dava del tu ai tre giovani, ma non aveva ottenuto la stessa cosa da loro. Ricky aveva superato brillantemente l’esame di Stato, ora era avvocato a tutti gli effetti. Dopo aver festeggiato l’evento Max Gilardi aveva supposto che si sarebbe dimesso, invece Ricky era rimasto. Spesso frequentava il tribunale come avvocato d’ufficio. Laura invece procedeva con i suoi studi per il concorso in magistratura, ma senza eccessiva fretta. Il lavoro che svolgeva per Max Gilardi le piaceva; soprattutto le piaceva lui, così diverso da qualsiasi altro avesse avvicinato ai corsi o in tribunale. Le piaceva soprattutto che non si riferisse sempre e soltanto al codice, ma che li stimolasse a ragionare e a esporre le loro idee, senza la pretesa che fossero sempre esatte. Si può sbagliare, diceva spesso: mai per stupidità, per fretta eccessiva o per inerzia. Lo sbaglio intelligente è uno stimolo a capire meglio qualsiasi situazione.

Max Gilardi pensava a questo, infatti, mentre li ascoltava discutere sulla situazione Notarnicola. Dove avevano sbagliato? Che cosa non avevano capito di quella intricata situazione in cui ogni attore sembrava isolato, ma allo stesso tempo parte di un coro che agiva intricandosi?

Chi li manovrava?

Una possibile risposta a questa domanda gli arrivò inaspettata da Giacomo Cataldo, un paio di settimane dopo.

Al telefono gli sembrò agitato, questa fu la prima impressione. Che poi corresse: gli sembrò affannato. «Che cosa succede?» gli domandò.

«Vieni qui, nel mio studio. Puoi venire?»

«D’accordo, dammi il tempo di arrivare».

 

Lo studio di Giacomo somigliava a lui. La scrivania era scura e massiccia, come il corpo di una donna disponibile al lavoro: sul ripiano di legno scuro si poteva trovare di tutto, dalla foto di un pregiudicato a una puntina. La prima impressione era, e restava, di assoluto disordine. Dalla scrivania, dalle sedie lasciate dove capitava, dagli scaffali stracolmi di faldoni, cartellette, libri e pacchi di fotografie, dalle centinaia di foglietti sparsi ovunque dove ognuno avrebbe potuto trovare di tutto. In quel disordine Giacomo si muoveva inciampando, rovesciando, imprecando. Risolvendo anche i casi più difficili. Sembrava rozzo, per modi e toni; aveva al contrario un cervello raffinatissimo.

Si salutarono soltanto con un ciao. «Vuoi una birra? Chiamo…»

«No, lascia perdere. Che cosa c’è?»

«L’hanno incastrato». Gilardi fece una smorfia che poteva significare: chi? «Il Galasso».

«Vuoi dire Salvatore, il figlio di Marietto?»

«Lui». Era visibilmente soddisfatto.

«Contrabbando?» Giacomo fece di sì con la testa. «Droga?»

«Da un po’ lo tenevano d’occhio per questo traffico al porto, ti ricordi che te l’avevo detto? Fonti della polizia informano che si tratta di traffico di droga. Bollettino scarno, ma fa supporre che la faccenda sia invece più grossa».

«Tanto per parlare, due notti fa hanno messo una bomba davanti alla questura, che è scoppiata come un petardo. Pensi che venga da quella parte?»

«Potrebbe. Un avvertimento…»

«A chi, con una bombetta?»

«A lui, a Salvatore. Tempismo perfetto, ti rendi conto? L’hanno incastrato, portato in questura, e fanno scoppiare una bombetta…»

«Genere: se parli sei morto?»

«Questo è genere telefilm. Non ci scherzare. Quelli dell’organizzazione al porto lo hanno avvertito e lui si è spaventato. E ora sta vuotando il sacco sperando di uscirne vivo».

«Sappiamo chi sono?»

Giacomo gli gettò un’occhiata di traverso. «Nome e cognome, vuoi? Oppure ti basta sapere che questo traffico non l’ha gestito certo da solo. Si pensa che dietro ci siano i pugliesi, hanno mani in molti traffici portuali. Naturalmente segreto istruttorio, almeno per ora. Il giovanotto si è spaventato e ha cominciato a vuotare il sacco».

«Ci riguarda?»

«C’è una connessione. È gravato da un ordine di arresto provvisorio, stavano interrogandolo sul traffico al porto, e lui si è spaventato. Ha giocato sulla moneta di scambio: io vi dico una cosa e voi mi proteggete…»

«In chiaro?»

«Ora lo sta interrogando il PM Morandini».

«Per la bomba al Jolly? Che cosa c’entra Galasso con la bomba al Jolly? Gli hanno ammazzato il padre».

«Se si scomoda Morandini, titolare delle indagini preliminari per la faccenda Notarnicola, io penso che c’entri. Galasso sta vomitando parole… ha paura e cerca protezione».

«E a te chi te l’ha dette ’ste cose?»

«Il suo avvocato, te lo ricordi Livio Potenza? È lui».

«Sì, ’no stinco…» Fece una smorfia. «Galasso ora dov’è?»

«È in carcere, custodia cautelare. Ora vedrai che la notizia del suo arresto scoppierà sui giornali».

«E perché Potenza è venuto a raccontarlo a te?»

«Poiché i giornali metteranno i megafoni a questa storia, e ci faranno entrare anche la bomba al Jolly X. Credo che abbia voluto dirmi che il suo assistito non c’entra, di lasciarlo tranquillo. Insomma, di non pesare».

«C’entra o no?»

«Lui ha fatto nomi e cognomi, orari, mosse. È stato lui a far entrare la bomba in cantiere con l’impresa di pulizia. Ed eccoti spiegati i sistemi d’allarme… te li ricordi? Tutti presi. Ed è stato ancora lui a organizzare di far uscire Alessandro e suo padre dal cantiere…»

«Siamo sicuri?»

«Potenza dice cose che non potrebbe sapere. Quindi queste cose le sa da Galasso».

«Perché s’è lasciato trascinare?»

«Gliel’hanno ordinato: lì è come in guerra, non puoi tirarti indietro. Potenza dice che sulla bomba Galasso ha detto tutto quello che sapeva, è pulito».

«Fammelo capire, perché non ci arrivo».

«La bomba… poi ti dirò che tipo era, tecnicherie, roba da specialisti… insomma, questa bomba doveva scoppiare alle sei di quella mattina, mentre Alessandro e Marietto non erano in cantiere… Rumore, danni, la barca distrutta… ma nessun morto. Infatti Rosina ci ha detto che Alessandro era da lei e la Galasso ci ha confermato che Marietto aveva dormito a casa: vedi che tutto combacia?»

«E questo l’avrebbe organizzato Galasso? Si sarebbero tutti fidati di lui?»

«Conosceva il cantiere, gli orari, il Notarnicola… Marietto era suo padre».

Max Gilardi si alzò e rimise a posto la sedia, come se giudicasse che il discorso era terminato. «Uno come lui? E quanti anni aveva all’epoca? Ventitré…» Cataldo annuì. «E tutti ubbidiscono a uno come lui. Notarnicola vuole restare in cantiere, invece chiude e va da Rosina, Marietto resta a casa… Ma ti pare possibile che a nessuno venga uno straccio di dubbio?»

«Rosina complice».

«L’ha detto Galasso?» Giacomo fece una smorfia. «Rosina complice della faccenda, ma ti rendi conto? Rosina complice per fare ammazzare l’amore della sua vita? E restarsene cinque anni a piangere? È questo che ci vuol fare intendere il tuo amico avvocato? Vedrai che Morandini non ci casca».

«Aspetta… ma se anche Rosina sa che è soltanto un avvertimento? Rosina e Salvatore non hanno la stessa idea, ma quella bomba serve a tutti e due. Magari Salvatore dice a Rosina che un po’ di spavento può convincere Alessandro a rimanere e forse sull’onda dell’emozione o della paura finalmente la sposa. Che ne sappiamo?»

«Fantasie… Allora perché è scoppiata sei ore dopo, questa bomba fenomeno? Come me lo spieghi?»

«Questo è il punto. Lui, il Galasso, giura che gli avevano assicurato che doveva essere un avvertimento. Lo fanno, lo sai anche tu. C’era un timer, tutto chiaro. Lui ha soltanto organizzato la cosa».

«E c’era bisogno di una bomba?»

«Ora la stai menando, Max. Convinciti che sono due cose separate. Galasso con la bomba non c’entra. Lo incaricano di organizzare la faccenda, questo è il suo compito. E lui accetta perché vuole darsi importanza con i suoi capi e anche con Rosina…»

«Perché con Rosina?»

«Lui fa capire che con Rosina qualcosa c’è stato… Insomma, gli piace la ragazza, vuole farle vedere che lui sta crescendo di grado nell’organizzazione, che ha potere, che ora gli affidano azioni importanti… vuole arrivare alla ragazza. Magari lei gli ha detto l’intenzione di Alessandro di andarsene e lui ci spera… È una storia di letto e di corna e noi l’abbiamo vista come faccenda di camorra. Piazzano una bomba a bordo, che deve esplodere alle sei di mattina. E lui fa le cose in modo che in cantiere non ci sia nessuno…»

«Invece esplode sei ore dopo. Proprio quando la barca è in mare con due persone a bordo… Fantastico».

«Non ci credi».

«No, Giacomo. Non ci credo. Il tuo amico Potenza gioca sul delitto preterintenzionale. Mi ci scommetto la laurea che neppure Morandini, che non è fesso, ci crede. Lo terrà al fresco finché non verrà fuori la verità».

«Che non è questa?»

«No, che non è questa, Giacomo».

«E qual è?»

«Non ho la risposta, naturalmente. Ritornando alla bomba: è esplosa sei ore dopo, esattamente a mezzogiorno, quando il motore ha accelerato, questo ci hanno detto sia Rosina che Elena. Perché questo hanno sentito. Ma l’ingegner Semini, ti ricordi? Ha parlato di abbrivio, quindi motore spento. La bomba è esplosa quando Alessandro ha acceso il motore. Secondo te?»

«Secondo me… ci vogliono fare fessi» ammise.

«Bene, vedo che stai tornando a galla. Galasso avrebbe dovuto essere d’accordo con Rosina: perché? Per farle chiamare Alessandro e tenerlo lontano dal cantiere… scusami, il tuo amico Potenza vuole tirar fuori dai guai il suo cliente, ma io a tutta questa storia d’innocenza non ci credo».

«E allora a che cosa credi?»

«Non lo so di sicuro, ma qui ci vuole qualcosa di più grosso. Qualcuno più importante di Galasso e di Rosina, che li ha manovrati. Non so chi, ma dev’essere importante assai, non un fregnetto di ventitré anni».

«Punto. Comunque stiamo a vedere che cosa ne esce. Lasciamo che i giornali si sfoghino. Quando avranno finito di rimescolare questa pappa, Morandini si pronuncerà, e allora capiremo».

Erano usciti dallo studio e si erano incamminati verso il deposito dei treni.

«Ho fame» disse Giacomo, guardando l’ora.

«Andiamo qui, vieni».

Max Gilardi spinse la porta del Baretto e salutò Sandrino. «Stanno giocando alla non intenzionalità a uccidere. Difficile ma non impossibile… Vuoi un panino?» Ordinò due panini e due caffè e scelse un tavolino un po’ defilato rispetto al banco, intorno al quale erano in attesa alcuni clienti notturni.

Addentò il panino e chiese una birra. «Mi vuoi far strozzare, accidenti. Hai visto come Sandrino ha sistemato questo posto, te lo ricordi? Insieme ci siamo venuti… sì, gli ultimi anni che sei stato qui, andavi ancora all’università. Come passano, accidenti. Qualcuno ogni tanto mi chiede se mi sposo… A me sembra ieri che ho smesso i calzoni corti e sono già vecchio». Un sorso di birra, il dorso della mano ad asciugare la bocca. «Allora, secondo te, chi c’è dietro? Chi ha voluto mettere quella bomba nella barca?»

«Tanto per parlare. Io un’idea ce l’ho».

«Allora?»

«L’onorevole Spada, per esempio. Perché nessuno si occupa di questo emerito farabutto?»

«Questo lo pensi tu».

«Bene, ci spero. Non c’è lui dietro a quelle costruzioni? Mi dicono che tutta quella parte di costa e anche all’interno… pensa a volte come è comica la tragedia: suo figlio è stato ammazzato, o comunque trovato ammazzato, proprio al limite di terreni suoi, dove ha costruito quello che ha voluto: case, ville, palazzi, alberghi, persino un campo da golf, bucando la montagna come una gruviera, ma mai una galleria, proprio in quel punto. A volte credo davvero che Dio esista. E se ci fosse Spada?»

«Domani ne parlo con Morandini… sempre che Salvatore sappia chi c’è dietro. Certo è possibile… Andrò a riguardare le mappe di quei terreni. Potrebbe, certo… Lui chiede il suo pizzo, quello gli dice di no e lui gli dà una lezione: una bomba nella sua bella barca nuova. Lo ammazza per errore? Oppure vuole punire il padre e gli ammazza il figlio, la classica vendetta trasversale? O forse vuole che la lezione serva a tutti, chi sgarra paga. Salvatore è il suo uomo al porto e l’incarico capita a lui, un onore. Il ragazzo è ambizioso, gli piacciono i soldi, sta salendo, bisogna metterlo alla prova e premiarlo. Forse Salvatore chiede di non ammazzare suo padre e allora si inventano la storia della bomba solo d’avvertimento…» Giacomo scolò la birra e cercò di ridere. «Ma ti rendi conto, alle cinque del mattino qui noi due fessi che stiamo scrivendo un romanzo giallo. Niente è vero, di quello che abbiamo detto; domani ce lo smonteranno come un teatrino di cartone, ma intanto ci abbiamo provato. Domani…» Alzò il boccale. «Alla salute».