Nota al testo

Questa raccolta ha preso il titolo Il nostro desiderio di diventare rondini da una lettera inviata da Attilio Bertolucci alla fidanzata Ninetta Giovanardi il 22 ottobre 1935. È un titolo perfetto per la storia intima e poetica dei due protagonisti e per l’armonia che fu cifra, caratterizzata da naturalezza e spontaneità, della loro unione. Le rondini si affacciano frequentemente allo sguardo di Attilio, ma nelle righe, che conducono a questa invocata metamorfosi, si coglie l’intensità del pensiero amoroso del poeta: «È vero che l’inverno è simpatico, ma in questo momento mi piacerebbe che noi due fossimo due rondini. Pensa che saremmo già ad Alessandria d’Egitto a quest’ora».

Il libro si suddivide in due parti: la prima presenta le poesie dedicate a Ninetta al tempo del fidanzamento e i versi di amore coniugale e familiare che furono composti durante la vita matrimoniale; la seconda parte raccoglie invece la corrispondenza intercorsa tra i due amanti, sia all’inizio del corteggiamento, negli anni Trenta, sia durante i periodi che li separarono, quando Ninetta si iscrisse nel 1934 alla facoltà di Lettere presso l’Università di Bologna, mentre Attilio, studente di Giurisprudenza a Parma, rimase a Baccanelli. Il carteggio non s’interruppe tuttavia dopo la laurea di lei, conseguita il 31 ottobre 1936, e il trasferimento, nello stesso anno accademico, di Attilio da Parma a Bologna: altre lettere – poche – testimoniano infatti brevi e sporadici allontanamenti da parte dei coniugi. Infine, una lettera del giugno 1966 ai figli Bernardo e Giuseppe ci è parsa degno coronamento di quest’opera.

Le poesie, fatta eccezione per la lirica che apre la sezione, non sono inedite, bensì tratte dai libri editi, puntualmente indicati nel commento. Descrivono il romanzo che l’amore, la passione e l’affetto familiare hanno unito in modo indissolubile.

Le lettere sono inedite, conservate con cura e spesso oggetto di compiacimento da parte di Attilio, che ne parlava ai suoi amici e critici ricordando «le lettere che nel ’33-34 scrivevo alla Ninetta: ne scrivevo una al giorno, per trecentosessantacinque giorni… Citati mi ha detto che dovrei pubblicarle» (BERTOLUCCI-LAGAZZI 1997). E ancora sottolineava che Ninetta le aveva conservate tutte, mostrando la scatola che le custodiva.

Attilio fu in realtà il più assiduo nella corrispondenza, inviando anche due lettere al giorno, come attestano le date, se si escludono i periodi in cui la fidanzata tornava a Parma o a Valera in vacanza. Ninetta, più presa di lui dalle lezioni e dagli studi bolognesi, rispondeva sì con regolarità, ma non proprio quotidianamente, spesso con brevi biglietti postali. Le lettere di Attilio a Ninetta constano di 146 scritti (118 lettere; 20 cartoline, 7 biglietti postali e 1 telegramma); quelle di Ninetta di 88 messaggi (64 lettere e 24 biglietti postali).

Tutte le lettere di Ninetta mancano delle buste, utili per la datazione, che lei raramente apponeva. In una delle sue prime missive Attilio confida infatti di portare i preziosi messaggi nel portafogli e di porli in seguito, aumentati di numero, all’interno di un cassetto con altre cose a lui care. Ninetta, al contrario, conservò diligentemente tutte le lettere di Attilio, il quale peraltro altrettanto diligentemente indicava, con poche eccezioni e con una scrittura assai nitida e regolare, luogo e data.

Tutte le comunicazioni epistolari sono manoscritte. Il poeta sceglie spesso un’elegante carta da lettere di colore bianco tendente al grigio o all’avorio, ma non mancano alcune buste commerciali in cui inserisce dei fogli ora di quaderno ora di bloc-notes; scrive a penna con inchiostro nero, in pochi casi usa la matita. La sua grafia è chiara, arrotondata. Ninetta, che ha una grafia alta e sottile, scrive a penna con inchiostro blu e in pochi casi a matita; usa fogli di carta da lettere bianchi, ma non disdegna fogli di quaderno a righe o addirittura qualche foglio strappato sul margine.

Attilio si rivolge a lei sempre con «Mia adorata», scendendo a capo a sinistra «proustianamente», come diceva, per il suo messaggio. Ninetta si rivolge a lui quasi sempre con «caro», in minuscolo – conservato nella trascrizione –, continuando poi di seguito. Nella trascrizione sono stati mantenuti anche il trattino al posto del punto fermo e la minuscola del termine che segue, se usata. Si ha l’impressione, anche da questo modo molto personale di comporre la pagina, che la giovane studentessa, impegnata tra lezioni e studio, scriva in modo frettoloso; il fidanzato invece, che studia poco e male e sembra avere molto tempo a disposizione, scrive a lungo, con indubbio piacere, offrendoci la sua assai ben costruita pagina.

Le missive sono numerate e riportate in ordine cronologico ed è stata ricostruita, là dove è assente (per lo più nelle lettere di Ninetta), la datazione, ricavata da particolari accadimenti, dei quali si dà conto nei messaggi, o dal timbro dei biglietti postali. Luogo e data sono stati collocati in alto a destra, fra parentesi quadre se ricostruiti, mentre in calce sono fornite le indicazioni postali e quelle relative al numero di pagine, alla stesura su fronte e recto, e sono stati riportati gli indirizzi. Nelle date ricavate dai timbri si troverà spesso specificato l’anno in corso espresso anche in numero romano, secondo il calendario fascista, nonché l’orario di partenza e di arrivo. Sono state utilizzate inoltre, per sintesi, le seguenti abbrevazioni: ms. (manoscritto/a), c./cc. (carta/e), r. (recto), v. (verso).

Nella trascrizione si sono conservate le caratteristiche ortografiche e formali degli originali, in uso al tempo («qui» e «qua» accentati; «di»/«dì» in luogo dell’imperativo «di’»; la minuscola dopo il punto interrogativo), e le parole, talvolta inglesi, trascritte a memoria e non sempre corrette, ma riviste in nota. Si sono inoltre conservate, evitando il corsivo, le sottolineature e tutte le consuetudini epistolari dei corrispondenti, le imprecisioni e le oscillazioni per i titoli di libri e periodici (ora tra virgolette ora senza alcuna sottolineatura), nonché il modo in cui vengono citati i nomi di autori stranieri, talvolta italianizzati secondo le direttive del regime.

I messaggi sono stati trascritti integralmente, con poche omissioni indicate con puntini tra parentesi quadre, dovute a cause di opportunità.

Nelle note ai testi sono state date tutte le informazioni utili per decifrare, quando possibile, nomi e notizie ormai lontani negli anni. Si è cercato inoltre, nel caso di persone rappresentate nelle opere, di restituirne l’immagine esistenziale e poetica, così altamente presente nei versi e nelle prose di Bertolucci.

Quest’opera si deve a Lucilla Albano Bertolucci, che la ideò, con il favore del cognato Bernardo, e ne avviò la realizzazione. A lei vanno il mio sincero apprezzamento e la mia gratitudine. Con lei ringrazio sentitamente Clare Peploe Bertolucci. Un grazie particolare va a Valeria Della Valle per i consigli linguistici e la disponibilità dimostratami, e a Giacomo Morbiato per aver condiviso le sue conoscenze metriche. Sono molto grata a Caterina Alpi e a Pietro Ricciardelli per l’amichevole aiuto a ritrovare fatti e persone del passato; a Marta Simonazzi, protagonista con la sorella Galeazzina, della Teleferica, e a Simone Cagozzi, fedeli custodi delle memorie di Casarola; ad Ambra Cascone, ricercatrice appassionata di critica d’arte e di archivi e annuari. Un grazie sincero è per Paolo Zaninoni, che ha sostenuto e guidato il progetto, e per Elena Villanova, che ha, con grande e sensibile attenzione, seguito l’edizione del libro. Grazie infine a mio marito Carlo, sempre presente accanto a me.

G.P.B.