10.

"Anche quest'anno nevicherà

Nei miei pensieri si gela già

gli autunni belli tosti caldi non si usano più

ed io che faccio non mi piaccio in questo ghiaccio".

 

La grazia fu affare da galantuomini. Oggi tutto è finito. Non devo difendermi più da nessuno e i miei deliri di persecuzione e di morte fanno ormai parte del passato.

Per andare a comprare le sigarette non devo più essere accompagnato da almeno due testimoni e un avvocato per evitare di essere incastrato.

Mi limito ad avvertirli telefonicamente.

La notte non dormo mai solo. Vado a letto con una papera di peluche con Ray Ban. L'ho comprata per fare compagnia a Ram¢n quando viene a visitare i miei sogni.

Per occupare finalmente il mio tempo in qualcosa di socialmente utile, avevo intenzione di fondare l'associazione reduci latitanti per caso, A.R.L.P.C. e aprire un consultorio per i soci in difficoltà. I miei avvocati me l'hanno paternamente sconsigliato; sembra sia illegale.

Viviamo in uno strano Paese. Hanno fondato un'associazione i reduci di Gladio e nessuno li ha messi in galera. Non mi si verrà a dire che un latitante per caso è più birichino di un patriota svitato che teneva armi e tritolo nella tomba della nonna.

Sono alle prese con una dieta fetente e antipatica e i chili se ne vanno, forse per sempre.

Mi devo essere perso qualcosa in questi ultimi anni perché tutto è cambiato. Anche i confini non sono più gli stessi. L'estate scorsa, con il mio passaporto nuovo e soprattutto autentico, ho attraversato i confini di mezza Europa. Arrivavo alla dogana con il busto che sporgeva pericolosamente dal finestrino dell'automobile, agitando forsennatamente il documento per attirare l'attenzione. Nessuno lo ha guardato; addirittura in alcune frontiere non c'erano nemmeno i doganieri. Temo di dovermi rassegnare all'idea di aver latitato nel periodo più difficile del dopoguerra.

La gente mi dice che finalmente posso ricostruirmi una vita. Non ne sono molto convinto: mi guardo intorno e quello che vedo non mi piace, anzi mi dà una buona dose di angoscia che si trasforma inevitabilmente in una pigrizia cosmica.

Penso che attenderò il ritorno di Silvia Baraldini per dedicarmi al futuro.

A proposito di Silvia, dolce ribelle indomita, per aiutarla si fa quel che si può ma è sempre troppo poco. Cresce l'indignazione ma non basta. Forse si dovrebbe arrivare a chiudere i panifici fino a costringere il governo italiano a puntare i piedi e "pretendere" che torni a casa. Non riesco a non pensarci. Ogni giorno.

Forse è per questo che ogni tanto faccio un sogno strano. Mi trovo su un aereo diretto a Memphis con un gruppo di musicisti sardi miei amici, i Superpartes. Abbiamo un piano. Occupare la villa di Elvis Presley. In una sequenza successiva, l'occupazione è riuscita e mentre i Superpartes "profanano"il tempio del rock 'n' roll con ritmi afro- sardo-caraibici, il mio volto appare in televisione (rete C.N.N. ovviamente). Lo sguardo fisso, pronuncio la minaccia di distruggere, con un enorme martello, la chitarra preferita del mitico Elvis se il governo degli Stati Uniti non rilascerà immediatamente Silvia Baraldini. Nell'ultima parte del sogno siamo in volo diretti verso casa. I miei amici continuano a suonare. Il mio sguardo si sposta leggermente e incontra i suoi occhioni azzurri.

E' un bel sogno, ma al risveglio mi sento più depresso di prima. Non so cosa fare. Aspetto.

Nel frattempo potrei dedicarmi alle sedute spiritiche; è un pezzo che voglio convincere la buonanima di Edward Hopper a infilarmi nel suo "Nighthawks". E' il mio pittore preferito. "Entrare"nei suoi quadri ha salvato, in questi anni, la mia fantasia dall'estinzione.

Mi piacerebbe essere appoggiato al bancone di quel bar del '42 tra la macchina del caffè e la tizia con i capelli rossi.

In silenzio, sobrio come un giudice, ad aspettare che la notte finisca.