capitolo 10

Logan si fermò in fondo alle scale.

Le voci provenienti dal salotto erano soffocate dalla porta chiusa, ma non era difficile capire che i genitori di Agnes stavano litigando, incolpandosi a vicenda per la fuga della figlia. Una diciottenne con una madre che era un’insopportabile ficcanaso, che non le permetteva di invitare a cena degli amici, e che controllava la sua stanza ogni volta che usciva. Non lo stupiva che se la fosse data a gambe alla prima occasione utile.

C’era un ripostiglio, sotto le scale, con la porta di un bianco marmoreo. Un chiavistello era stato montato all’esterno, chiuso da un lucchetto d’ottone. Di quelli con la combinazione, invece della chiave. Puntò lo sguardo sullo stipite della porta, notando, appena visibili, le parole stanza di agnes incise nel legno, e poi quasi cancellate da diversi strati di vernice lucida.

Provò a tirare il chiavistello. Piuttosto solido. Ma il problema, con quei lucchetti, soprattutto i più economici, era che si poteva facilmente scoprire la combinazione facendo leva sulle singole rondelle mentre si giravano, fino a sentire lo scatto… Ecco. Poi la successiva… Altre due, e il lucchetto si aprì.

La Chalmers lo fissò con gli occhi spalancati. «Come ha fatto

«Diventa più facile, quando sono molto usati. Si allentano parecchio». A quel punto, Logan tirò il chiavistello e aprì la porta.

All’interno, il piccolo sottoscala era stato trasformato in una minuscola stanza. Un materasso copriva completamente il pavimento; non c’erano lenzuola, soltanto un sacco a pelo e due animali di pezza: un orsacchiotto che probabilmente un altro lavaggio in lavatrice avrebbe mandato in pezzi, e un coniglietto che un tempo doveva essere stato bianco, ma che ormai era diventato una specie di mostro di Frankenstein, coperto com’era di toppe dai colori casuali e rammendi incerti.

C’era uno scaffale montato sul lato più alto dello sgabuzzino che si incuneava sotto le scale, con altri paperback e statuine di plastica: maghi, streghe e vampiri. Una mezza dozzina di rose grigie e nere, ormai morte da tempo, era infilata in un vaso e legata insieme da un nastro nero. Alquanto deprimente.

Logan fece cenno alla Chalmers di avvicinarsi. «Questa ti sembra di più la sua stanza?».

Lei entrò, inginocchiandosi sul pavimento e dando un’occhiata ai libri sullo scaffale. «Harry Potter ha molte colpe di cui rispondere».

«Quella ragazza ha diciotto anni».

«Sì…». La Chalmers recuperò un volume dalla copertina rigida e lo fissò accigliandosi. «Questo stesso libro è anche di sopra». La copertina mostrava una specie di drago avvinghiato intorno a una donna vestita come una zingara. Il sergente lo aprì. Poi inarcò un sopracciglio e si girò in modo che le pagine interne fossero visibili anche a Logan. «Interessante».

L’interno del libro era stato completamente scavato. La Chalmers ne trasse un taccuino con il bordo a spirale, e cominciò a sfogliarlo. «Oh, cielo…».

«Cosa?»

«“Rowan lo fissò con amore. ‘Sono davvero felice che tu mi abbia morso, Edward’, disse con entusiasmo. ‘In questo modo, staremo insieme per sempre, quando andremo alla scuola di magia!’. Lui le sorrise con sicurezza, e pensò a quanto la amasse, perché lei era perfetta. ‘Lo so’, disse, in tono romantico, con gli occhi che brillavano come un milione di soli che cadevano in un milione di buchi neri, ‘non posso pensare a nessun altro con cui vorrei affrontare il Nero Signore dei Lupi Mannari, tranne te! Tu sì che sei intelligente, altro che quella piccola secchiona di Ermione’. E lei seppe che diceva la verità, perché era l’unica in grado di far battere di nuovo il suo freddo e morto cuore…”». La Chalmers girò un altro paio di pagine e arricciò le labbra. «Oh, ma guarda un po’. Poi fanno sesso sul pavimento della carrozza mentre Harry li guarda e gioca con la sua bacchetta. E poi prende Edward e gliela mette…». Rabbrividì, ripose il taccuino dentro al libro e lo chiuse di scatto. «Dio, odio gli slash».

«Slash?»

«Immagini le peggiori fan fiction che abbia mai letto, solo che in questi racconti scritti dagli appassionati dei vari fenomeni di turno, tutti i personaggi fanno sesso tra loro. È come…». Lanciò un’occhiata oltre la spalla di Logan. «Mrs Garfield, Agnes passava molto tempo qui dentro?».

La madre di Agnes era immobile accanto alla porta aperta del soggiorno, con le braccia incrociate sul petto. «Di solito, quel sottoscala è chiuso a chiave».

«Quindi, ad Agnes non era permesso di…».

«Era ossessionata da quegli orribili libri di maghi, quando era più piccola. Lei… da bambina, si nascondeva lì dentro per giocare. So che non avremmo dovuto permetterglielo, ma l’abbiamo lasciata fare. Volevo ripulirlo da tempo, ma ogni volta che ci provavo, lei scoppiava a piangere fino a sentirsi male». Mrs Garfield strinse gli occhi, per poi spostare lo sguardo sul corridoio. «Che razza di donna adulta vorrebbe mai essere il maghetto di uno stupido libro?».

Logan forzò un sorriso. «Si potrebbe avere una tazza di tè? Il sergente Chalmers le darà una mano, non è vero, sergente?».

Lei lo guardò da dentro lo sgabuzzino. «Ma io…».

«Eccellente. Latte e due cucchiaini di zucchero per me, grazie». Si scostò in modo da farla uscire dal sottoscala. «Devo soltanto fare un paio di telefonate, per mandare avanti tutto, sa… e poi sarò subito da voi».

«Vuole del ?», sbottò Mrs Garfield, spalancando la bocca. «Ma non avete fatto ancora niente!».

«Come ho detto, devo fare qualche telefonata. E il sergente Chalmers deve farle qualche domanda riguardo agli amici di Agnes».

La Chalmers sbatté le palpebre. «Ah, sì?… Oh, certo, giusto. Domande. Ehm, possiamo cominciare?».

Non appena furono sparite in cucina, Logan richiuse la porta del soggiorno, per poi tornare nello sgabuzzino del sottoscala. C’era abbastanza spazio per inginocchiarsi, dal lato più alto, senza rischiare di sbattere la testa contro il soffitto digradante.

Aggrottò la fronte, osservandolo. Lassù c’era una cosa che non si vedeva certo tutti i giorni. Un pentacolo di inchiostro rosso copriva il cartongesso. Era inscritto in un paio di cerchi che presentavano dei ghirigori in diversi punti, e intorno alla circonferenza esterna c’era quella che sembrava una scritta in latino.

Perché gli adolescenti dovevano sempre essere così idioti?

Due viti a farfalla si trovavano sul lato interno della porta. Logan tornò a dare un’occhiata all’esterno. Il chiavistello era montato su un supporto di metallo tenuto fermo dalle viti. Quindi, se si aprivano il lucchetto e la porta, si svitavano le viti, si rimetteva il lucchetto al meccanismo staccato e poi si entrava all’interno, si sarebbe potuto richiudere la porta, avvitare nuovamente le viti a farfalla, e nessuno avrebbe saputo che c’era qualcuno nel sottoscala. Dall’esterno, lo sgabuzzino sarebbe sembrato comunque serrato.

Spostò le statuine su un lato dello scaffale e controllò i libri. Tre avevano la copertina rigida ed erano stati scavati all’interno, come quello in cui avevano trovato il racconto con la scena erotica tra Harry ed Edward. In uno era nascosto un quaderno con pagine arricciate e svolazzi incisi sulla copertina di cuoio rosso. All’interno era pieno di scritte nere e indecifrabili, inframmezzate da schizzi di cerchi magici e altri simboli occulti. Nell’altro c’era una bambolina di lana, non più grande del palmo della sua mano, con bottoni al posto degli occhi e una ciocca di capelli castani attaccata al petto con una spilla da balia; una zampa di gallina avvizzita avvolta in un nastro di tartan, come una spilla da kilt molto dozzinale; una spazzola e una provetta piena di una sostanza scura e vischiosa.

Il terzo libro era molto più interessante. Logan ne rovesciò il contenuto sul materasso. Un pacchetto di tabacco da pipa aromatizzato alla ciliegia. Una lunga pipa vecchio stile. Un blister pieno di piccole compresse arancioni. E una busta di plastica trasparente con la chiusura lampo con dentro quella che sembrava erba gatta. La aprì e la annusò: il sentore dolciastro e oleoso della marijuana gli riempì le narici.

Che razza di persona poteva fumarsi l’erba in una pipa, come un vecchietto?

E ce n’era anche parecchia. Abbastanza per sballare un autobus intero di studenti per una settimana. Abbastanza da potersi garantire un’accusa di detenzione di stupefacenti superiore all’uso personale.

Logan si sedette sui talloni. Perché andarsene abbandonando tutta quella roba? Forse Agnes aveva avuto dei problemi con il suo fornitore, o con un altro spacciatore, e aveva dovuto cambiare aria in tutta fretta?

Sempre che riuscisse a lasciare Aberdeen prima che la trovassero…

Be’, già che c’era, poteva pure fare un controllo più meticoloso.

Aprì il sacco a pelo e lo rivoltò: niente. Il materasso era vecchio e floscio, abbastanza morbido da consentirgli di sollevarne gli angoli e controllare il pavimento di legno al di sotto. Ancora niente. Lo lasciò ricadere, e uno sbuffo di polvere ammuffita si sollevò nell’aria.

Logan si girò e lottò per sollevare il materasso nel punto più basso del ripostiglio. Quel maledetto affare pesava come un cadavere…

Ecco: una cartellina di plastica era appoggiata sul pavimento. L’afferrò e lasciò ricadere il materasso, sollevando altra polvere.

All’interno trovò un mucchio di ritagli di giornali e riviste che parlavano delle riprese di Witchfire ad Aberdeen: gli attori che blateravano sulla bellezza della sceneggiatura; l’autore che non si sbilanciava a dire se il film sarebbe stato bello o brutto; qualche rospo dell’amministrazione locale che parlava entusiasticamente di nuovi posti di lavoro e ottime opportunità per il settore turistico; una foto degli attori che scodellavano zuppa per i senzatetto; un’altra con un gruppo di scolari in uniforme sul set, tutti sorridenti e con delle spade in mano. Ma la cosa più interessante era una copia della sceneggiatura, evidenziata in verde e in giallo:

Witchfire

Una produzione Golden Slater

Basato sul romanzo di William Hunter

Versione: 4.0.2

Il nome nichole fyfe era scritto in rosso nell’angolo in alto a destra… Nichole Fyfe… Nichole Fyfe… Non era la bionda di quell’orrenda commedia romantica della Disney sui becchini, uscita l’anno prima? Quella che ora aveva i capelli rossi, e che aveva visto giusto quella mattina in televisione?

Logan prese un sacchetto per le prove da una tasca, ci ficcò dentro l’erba e le pillole, lo sigillò e scrisse i dettagli sull’etichetta stampata sulla plastica.

«…voglio dire, non è giusto, no? Un ragazzo come quello che girava intorno alla nostra…». Mrs Garfield serrò di scatto le labbra quando Logan entrò nella stanza.

La cucina era calda, con i mobili color terracotta, le porte alla francese spalancate, come se fossero nel mezzo del Mediterraneo, e non in una villetta di Northfield che dava sul retro della Middlefield Primary School.

La Chalmers accennò a una tazza sul bancone. Gli angoli delle sue labbra si piegarono verso il basso. «Latte e due cucchiaini di zucchero».

E probabilmente anche uno sputo gratuito.

Logan posò il sacchetto delle prove accanto al tè. «Ho trovato questo, nella stanza di sua figlia sotto le scale».

La Chalmers fischiò sommessamente tra i denti. «È un sacco di marijuana».

La madre di Agnes raddrizzò le spalle, mentre la sua voce saliva di volume a ogni parola che pronunciava: «È stato lei a mettercela, vero? L’ha fatto per distogliere l’attenzione dalla vostra incompetenza nel ritrovare la mia povera figlia! Brutto…».

Una voce maschile riecheggiò nella cucina. «Santo cielo, Doreen!». Il padre di Agnes entrò nella stanza: pizzetto nero, lunghi capelli brizzolati tenuti lontani dalla fronte da una fascia nera, una T-shirt e un paio di jeans consumati addosso. Dava l’impressione di uno skater di mezza età. Aveva perfino un tatuaggio che gli serpeggiava lungo il braccio sinistro. «È sua, okay? Non sono stati loro a metterla lì».

La bocca di Doreen Garfield si spalancò. «E tu lo sapevi

«Secondo te, perché continuavo a comprare tutto quell’incenso? Copriva l’odore. L’erba la teneva… tranquilla. Non le servivano così tanto le pillole, quando fumava».

Doreen afferrò la tazza di Logan e la lanciò dall’altra parte della cucina, mentre il tè si versava intorno allargandosi come uno stendardo. «come hai potuto tenermi all’oscuro?». La tazza colpì la parete vicino alla testa del padre di Agnes ed esplose in mille pezzi.

«Non mi avresti mai ascoltato! Sei troppo impegnata a controllare tutto, al punto da non avere neanche il tempo di parlare con lei». Si batté una mano sul petto. «L’ho fatto io, okay? Mentre tu eri tutta presa a inventare regole e a cercare di controllare tutto e tutti, io mi sono seduto con lei e l’ho ascoltata».

«Come hai potuto?».

Lui alzò il mento. Fissò Logan dritto negli occhi. «Stava molto meglio: aveva un ragazzo, aveva ottenuto buoni voti agli esami; sarebbe andata alla Aberdeen University a settembre, si era iscritta alla facoltà di economia…».

Doreen si affondò le dita tra i capelli. «È tutta colpa di quel… Chung. Se l’avesse lasciata in pace, avremmo potuto…».

«Oh, piantala, lei lo adora. Non hai idea di quanto si sia depressa quando le hai proibito di vederlo, vero? Ma certo, che ne puoi sapere tu?»

«Aveva una cattiva influenza su…».

«Sei tu la maledetta cattiva influenza! Pensi che si sia tagliata le vene per divertimento?».

Silenzio.

«Ha tentato il suicidio?». Logan chiuse gli occhi e digrignò i denti. Poi contò fino a cinque. «E non avete mai pensato che sarebbe stato importante dircelo, quando avete denunciato la sua scomparsa?»

«È solo che… Non volevamo che la cosa venisse fuori sui giornali. Cosa avrebbe pensato se l’avesse letto? Che l’avevamo tradita?». L’uomo distolse lo sguardo. «Stava molto meglio».

«Quando è successo?»

«Poco dopo Natale. L’ho trovata in giardino con una bottiglia di tequila e una confezione di lamette…». Le sue spalle sussultarono leggermente.

Doreen prese un’altra tazza dalla lavastoviglie e la posò sul bancone. La porcellana tintinnò contro le piastrelle di terracotta, tremando come la sua mano. Ma la sua voce era fredda e controllata, quando prese una bustina di tè dalla confezione. «È per questo che leggiamo il suo diario ogni settimana. Dobbiamo assicurarci che lei non… non abbia più quel genere di pensieri. Dobbiamo essere pronti ad aiutarla».

Il bollitore tornò a sibilare e borbottare.

Logan tirò fuori il taccuino. «Agnes ha una macchina?».

Doreen scosse la testa. «Non le permettiamo di guidare. Non con i farmaci che prende… sarebbe pericoloso».

Il padre di Agnes si piegò a raccogliere i frammenti della tazza rotta dal pavimento. «E se si è fatta del male?».

Logan si fece scivolare in tasca il sacchetto delle prove. «Il fatto che anche Anthony Chung sia scomparso fa pensare che molto probabilmente sono scappati insieme. È inutile preoccuparsi senza un effettivo motivo». Si girò verso la porta. Poi si fermò. «Prima che ce ne andiamo, c’è altro che ci state nascondendo?».