capitolo 30
L’odore rancido della decomposizione filtrava dalla sala delle autopsie come fosse un frigorifero spento e pieno di carne cruda lasciato al sole. Al fetore si aggiunse un fischiettio monocorde, mentre Miss Dalrymple, in stivali di gomma e grembiule dello stesso materiale, ripuliva le piastrelle del pavimento, facendo scolare il sangue nel tombino di scarico.
Logan provò a dare un’occhiata nella sala di osservazione.
La dottoressa Graham era china su un altro teschio di resina, intenta a fare delle misurazioni e consultando una lunga lista di numeri. Alzò lo sguardo e Logan chiuse la porta. Lei gli rivolse un sorriso tutto denti. «Stavo finendo di lavorare sui marcatori di profondità dei tessuti».
«Che significa ais?»
«Ah, giusto». Saltò giù dallo sgabello e si mise a cercare qualcosa in un mucchio di documenti. «Analisi degli isotopi stabili. Ho avuto i risultati da Dundee, su quel segmento di femore che avevamo inviato. Quello dello scheletro trovato sul tetto…». Gli tese un mucchietto di carte con una striscia grigia su un lato, dove si trascinavano le viscere della stampante dell’obitorio.
Il rapporto cominciava con varie formalità: quanto era stato piacevole risentire la dottoressa Graham, e che magari sarebbero potuti andare a prendersi un drink, la prossima volta che fosse capitata in città. Poi proseguiva in un linguaggio tecnico quasi indecifrabile, con tanto di tremolanti grafici.
Logan osservò i fogli per qualche istante, aggrottando la fronte…
Niente. Non aveva idea di cosa stesse leggendo.
Li restituì alla Graham. «Potrebbe farmi un riassunto?»
«Be’, l’analisi del carbonio 14 ci dice che la morte deve essere avvenuta tra trenta e trentacinque anni fa. La sua vittima non è morta di recente».
Trentacinque anni prima? Agnes Garfield non era neanche nata.
«Poi l’analisi del carbonio 13 e la composizione isotopica stabile a un ottantesimo, insieme al rapporto isotopico di ottantasette barra ottantasei per cento e lo stronzio…».
«Avevo chiesto un riassunto, dottoressa».
Lei arrossì violentemente sulle guance. «Mi scusi. Per avere un livello di stronzio come quello e livelli di un ottantesimo, la sua vittima doveva vivere a nord di una linea tra Montrose ed Helensburgh. I dati del carbonio 13 fanno pensare a una dieta centro-europea, quindi non era originaria degli Stati Uniti».
La Graham prese un sorso da una bottiglietta d’acqua, sedendosi accanto alla sua collezione di occhi di vetro. «Le analisi fanno capire che probabilmente la sua vittima veniva dal Nord-Est della Scozia, praticamente da qualche parte in un’area che comprende Kintore, Torphins, Coldstone, Craik, Ardlair, Insch e Inverurie. Ha trascorso in questa zona la maggior parte della sua vita. A quanto sembra, l’unico altro luogo che andrebbe bene con i livelli di stronzio rinvenuti nelle ossa è l’entroterra di Sutherland, Ross e Cromartyshire».
La dottoressa passò all’ultima pagina. «Un’ultima cosa: c’è una discrepanza tra i dati del carbonio 13 e gli isotopi 15. Livelli elevati di questi ultimi fanno pensare che soffrisse di una malattia cronica. Il che spiegherebbe i segni sul cranio…». Raccolse il calco e fece passare un dito intorno a un’orbita vuota. «Vede?»
«Ed è certa che sia morta trentacinque anni fa?»
«L’analisi degli isotopi stabili non mente».
«Merda».
Lei strinse a sé il teschio. «Ma non era questo…?»
«Se sono trascorsi meno di cinquant’anni, dovremo considerarla comunque una morte sospetta. Se fossero passati più di cinquant’anni, l’avremmo archiviata come archeologia, perché chiunque l’abbia uccisa probabilmente ormai è morto anche lui. Quello scheletro allora non sarebbe più un mio problema, e io non avrei per le mani un altro dannato omicidio».
Logan tamburellò con le dita sul tavolo della sala.
Come diavolo aveva fatto Agnes Garfield a mettere le mani sulla vittima di un omicidio di trentacinque anni prima?
La dottoressa Graham si schiarì la voce. «Senta, non vorrei sembrarle avida, ma Miss Dalrymple mi ha detto che avete trovato un cadavere in avanzato stato di decomposizione che ha bisogno di essere identificato».
«Hmm?». Lui lanciò un nuovo sguardo verso la sala delle autopsie. «La Steel non mi lascerà autorizzare un’altra ricostruzione facciale. Gliel’ho già chiesto».
«Be’… potremmo almeno provare con le tecniche di base. Sa se hanno già provato a fare qualche lastra? Comunque, sono qui».
Valeva la pena di tentare. Specialmente perché tutto il resto sembrava non aver condotto a nulla.
Tornò due minuti dopo con una voluminosa busta di cartoncino marrone. «È fortunata, hanno fatto delle lastre alla testa e al torso prima di cominciare l’autopsia».
La dottoressa Graham infilò la mano nella busta e ne trasse una lastra frontale e una laterale del cranio. Le sollevò entrambe contro la finestra della stanza. La luce che veniva dall’esterno era sufficiente a far brillare le ossa. «Me le può tenere?».
Logan la assecondò e lei si chinò in avanti, aguzzando lo sguardo e osservando la lastra, sfiorandola in alcuni punti con un dito. Le mascelle erano una massa scomposta di fratture e denti rotti, con soltanto un paio di molari ancora al loro posto, e uno zigomo era spaccato in tre punti.
Poi la dottoressa annuì e arretrò di un passo. «Vede quanto è stretta l’apertura nasale? E gli zigomi larghi e sporgenti?».
Logan non sapeva di cosa stesse parlando.
Lei osservò nuovamente le lastre, indicando il punto in cui il naso fratturato si congiungeva alle ossa del cranio. «È un peccato che non possa osservare meglio il setto nasale… ma se si aggiunge la distanza tra gli occhi, la spina nasale corta e il palato arrotondato, è probabile che stiamo osservando il cranio di un maschio di etnia orientale. E considerando l’apertura delle suture e il fatto che abbia ancora tre denti del giudizio che non sono scesi, possiamo considerare che la sua età fosse tra i diciassette e i venticinque anni. Più o meno, ecco».
La dottoressa si strinse nelle spalle. «Se li convince a farmi scarnificare il cranio, sarebbe d’aiuto. Oppure, se trovasse i denti mancanti…».
Un maschio di origini orientali, sui vent’anni, torturato a morte al centro di un Nodo ad Anello tratto da Witchfire. Una persona che conosceva Agnes Garfield abbastanza bene da entrare in quella casa insieme a lei. Qualcuno che probabilmente era troppo ubriaco per difendersi. Forse qualcuno che l’aveva tradita?
Qualcuno come Anthony Chung.
L’agente Sim arricciò il labbro superiore. «Profanazione di tombe? Sul serio?».
Logan le porse i fogli dell’analisi degli isotopi stabili. «Deve pur aver trovato quei resti da qualche parte. O è inciampata in una sepoltura affiorata in superficie, oppure è andata a scavare nel cimitero locale».
«Urgh… profanazione di tombe».
«Fai una ricerca tra le donne del Nord-Est, tra i sessanta e i settant’anni, morte fino a quarant’anni fa. E devono aver avuto la sifilide».
La Sim controllò il rapporto. «Sa cosa, capo? Secondo me non ci saranno così tanti cadaveri mancanti da rendere poco chiaro il caso».
Lui indicò il corridoio che portava all’ufficio principale del cid. «Meno sarcasmo e più efficienza nella ricerca di anziane signore defunte, grazie».
Lei roteò gli occhi, per poi girarsi e avviarsi verso le doppie porte, con le braccia che ondeggiavano lungo i fianchi come quelle di un giocattolo a molla arrabbiato.
Non c’era più rispetto, era quello il problema con gli agenti, negli ultimi tempi.
Per lo meno, adesso sembrava che stessero arrivando a qualche conclusione. Quasi…
Fece girare la chiave nella serratura della porta del suo ufficio, la aprì e si bloccò di colpo.
Merda.
La Steel era seduta dietro alla scrivania, con i piedi appoggiati sul pianale e la finta sigaretta che scintillava tra i denti snudati. «Che sia una buona scusa».
Chiudi la porta. Chiudi subito la porta e scappa!
Logan si umettò le labbra. «Come sta andando la riunione?»
«e come cazzo credi che stia andando?». La sua saliva spruzzò nella luce grigiastra che entrava nell’ufficio. «Ti avevo detto…».
«Ero là fuori a cercare di prenderla, d’accordo? Non me ne stavo seduto in sala riunioni a giocare con lavagne e Post-it». Appese la giacca al gancio accanto alla porta. «Quindi, se vuole sgolarsi per un po’, faccia pure. Ma non si aspetti che me ne importi qualcosa».
La Steel strinse gli occhi. «Quel mucchio di puzzolenti sacchi di merda viene a dirmi come dovrei condurre un’indagine di omicidio…».
«Ho qualcosa che la farà stare meglio: credo che abbiamo identificato la nostra vittima di Kintore».
La Steel lo fissò. «Be’?»
«Secondo la dottoressa Graham, era un maschio orientale sui vent’anni. Riesce a pensare a qualcuno a cui Agnes Garfield avrebbe voluto fare del male?».
Ci fu una pausa, poi un sorriso si allargò sul volto rugoso della donna. «Anthony Chung. Si scopava qualcuna alle sue spalle, vero?»
«E, secondo i loro amici, non facevano che litigare. Si lasciavano, tornavano insieme, avevano altre liti furibonde…».
La Steel prese un profondo tiro della sua sigaretta elettronica. «Lui la tradisce una volta di troppo, lei non sta più prendendo i suoi psicofarmaci, e così inscena un processo per stregoneria ai danni del suo amichetto traditore, bugiardo, drogato e violento. Non dico che se lo meritasse, ma comunque…».
«Glielo avevo detto che l’avrebbe fatta sentire meglio».
«E io avevo detto a te di trovarla». La Steel si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia sul petto, sollevando i seni flaccidi. «Non credo proprio che ti meriti il tuo regalo, dopotutto».
Che peccato.
Il commissario accennò a una cartellina rossa sulla scrivania, accanto ai suoi piedi. «È il rapporto preliminare dell’autopsia. Leggi».
«Già è arrivato? Hanno fatto in fretta…». Aprì il fascicolo e diede un’occhiata al contenuto.
Secondo il rapporto, Anthony presentava trecentosessantacinque ferite da coltello su tutto il corpo, ma non erano più profonde di mezzo centimetro: la lama non era mai penetrata abbastanza a fondo da lesionare un organo interno, né vene o arterie. Era stato un procedimento lento, attento e metodico… La morte era probabilmente avvenuta per strangolamento con una corda. Quindi Agnes l’aveva sottoposto a un interrogatorio, proprio come aveva fatto con Roy Forman. Solo che questa volta aveva finito il lavoro.
Una fotografia a colori era stampata sul foglio: un primo piano delle ferite sul petto di Anthony Chung. Quattro sottili lacerazioni di un rosso violaceo, ciascuna al centro di un livido perfettamente circolare, grande all’incirca quanto una moneta da due sterline. Uno schizzo fatto a mano mostrava un coltello dalla sottile lama triangolare, con una guardia circolare. Doveva essere piuttosto caratteristico.
La Steel sospirò profondamente, poi aprì il cassetto più in alto della scrivania di Logan e cominciò a rovistare all’interno. Ne trasse infine una copia di Witchfire, arricciò le labbra e aguzzò la vista per leggere le scritte in quarta di copertina. «I nostri amici di Strathclyde hanno trovato “sorprendente quanto deludente” che ancora non abbiamo interrogato l’autore del romanzo».
«Pensano che sia stato lui a uccidere Anthony Chung?»
«Non lui, idiota, ma dei fan impazziti».
«Come Agnes Garfield».
«Come Agnes Garfield, ma un’altra persona». La Steel aprì il libro, tenendolo a una certa distanza e cercando di leggere qualcosa. «Ci sono scene di sesso?»
«Non ha una riunione da finire?»
«Siamo in pausa. Ancora un po’ e avrei strozzato la tua dannata ex. “Oh, sono una tale esperta nei crimini legati alle gang. Guardami, ho delle tette magnifiche. Sono così perfetta perché me ne sono andata da Grampian, e la Strathclyde Police è molto più speciale, intelligente e…”».
«Come se la sta cavando l’ispettore Bell?»
«Din-Don non saprebbe trovare una granata in una scatola di supposte». Un altro sbuffo infastidito. Poi lasciò cadere il libro sulla scrivania. «Visto che sei un grande fan del romanzo, potresti andare a parlare con l’autore come-si-chiama. E già che ci siamo: abbiamo bisogno di qualcuno che vada ad avvertire i genitori di Anthony Chung della sua morte».
Logan sbatté le palpebre. «Ma il caso è di Din-Don, e…».
«Ricordi cosa ho detto riguardo ai secchi di merda da rovesciare addosso a chi mi avesse fatto incazzare? Ecco, al momento tu sei il primo della lista. E visto che hai fatto un lavoro così spettacolare ad arrestare Agnes prima che lo ammazzasse…». Agitò le mani verso di lui. «Questo bel secchio di merda è per te».
Fantastico.
«Bene, andrò a dare la notizia ai genitori. Fatene venire uno a identificare il corpo».
Le spalle della Steel si incurvarono leggermente. «Non pensi che abbiano sofferto già abbastanza? Quattro giorni a decomporsi sul pavimento di una cucina a maggio; non è il caso che lo veda nessuno. E comunque, a questo punto un riconoscimento è impossibile. Dovremo pungolare il laboratorio finché non ci fornirà un’identificazione con il calco dentale».
Logan annuì, tornando a infilarsi la giacca. «Goulding ci preparerà un profilo dell’assassina. Gratis».
«Finché è gratis, può anche saltellare nudo su e giù per Holburn Street, per quello che me ne importa. E ora muoviti e vai a spiegare ai genitori di Anthony Chung perché il loro caro ragazzo non tornerà a casa per cena. E parla con quel dannato scrittore!».
«Okay… grazie». Logan chiuse la telefonata e ripose in tasca il cellulare.
L’agente Sim fece girare la volante intorno alla rotatoria di Haudagain, guidando come se l’auto fosse piena di uova o casse di dinamite instabile, con i tergicristalli che andavano avanti e indietro cigolando e ripulendo il parabrezza dalla sottile pioggia che continuava a cadere. «Come sta andando la riunione con quelli di Strathclyde?».
Logan alzò il finestrino. «Come farsi fare l’esame della prostata da un grizzly».
Lei si umettò le labbra. «Stiamo davvero andando a incontrare l’autore di Witchfire?»
«Pensavo avessi detto che il libro non ti piace».
«È solo che… be’, se lo avessi saputo, mi sarei portata dietro una copia per farmela firmare». Tornò a guardare la strada, serrando meglio il volante tra le dita. «Non per me, per mia nipote».
Sì, certo.
«Secondo Insch, l’autore sarà qui tutto il giorno a revisionare la sceneggiatura».
La Sim annuì. Poi sorrise e strinse più forte il volante. «È sicuro che non dovremmo prima andare a parlare con i genitori di Anthony Chung?».
Un sospiro svuotò i polmoni di Logan. «Il figlio è morto. Non appena glielo diremo, le loro vite cambieranno per sempre. Mezz’ora non fa differenza».
«Già, neanche io ho molta voglia di dare loro quella notizia».
Un’ammaccata Daihatsu 4Trak li superò sulla corsia di sorpasso, con uno sbuffo di fumo grigiastro dal tubo di scappamento.
La Sim indicò una busta da lettera sul cruscotto. «Ho controllato ogni denuncia fatta in tutto il Regno Unito negli ultimi due anni: c’è un solo cadavere che risulta ancora disperso: un uomo di mezza età rimasto ucciso in un incidente in moto nello Shropshire quindici anni fa. Hanno scavato in un angolo del cimitero per spostare una tubatura del gas e non ricordano più dove lo hanno messo». Ingranò fluidamente la quarta. «Quindi mi sono messa in contatto con ogni municipio in Scozia, chiedendo di controllare i cimiteri, nel caso ci sia una tomba aperta di cui non erano a conoscenza, e il cui occupante se ne sia andato a fare un giro».
«E…?»
«Non trattenga il respiro in attesa della risposta. Lo sa come sono le amministrazioni locali: ci vorranno dei mesi».
Ah, be’, era troppo sperare in una soluzione semplice.
La 4Trak cambiò corsia proprio davanti a loro. L’agente Sim frenò bruscamente, mancandola per pochi centimetri, mentre i suoi lineamenti si irrigidivano intorno alle narici dilatate. «Brutto… maledetto… faccia di pupù!».
«Come è possibile che nessuno si sia accorto della sparizione del cadavere di una settantenne?».
La Sim si attaccò al clacson, facendo risuonare un potente breeeeeeeeeeeeeeeeeep! nell’aria umida del pomeriggio piovoso. «scegliti una corsia!».
«Ora puoi calmarti, per favore?»
«Sono gli idioti indecisi come quello che causano gli incidenti d’auto…». L’agente sgranò gli occhi. «Mi ha davvero mostrato il medio?».
Il braccio del guidatore della 4Trak era in effetti comparso tra i due sedili anteriori. Il pugno era chiuso, e il dito medio sollevato.
Un freddo e malefico sorriso si allargò sul viso della Sim. Poi lei si allungò in avanti e abbassò la leva: le luci bianche e blu cominciarono a lampeggiare dietro alla griglia del radiatore della volante, con le sirene che cominciavano a mandare il loro ululato a due toni.
«Non puoi semplicemente lasciar perdere?»
«Mi scusi, capo, ma abbiamo il dovere di intervenire».
Nella 4Trak, il medio alzato fu affiancato dal resto delle dita. Ma quell’idiota rallentò e poi accostò alla fermata dell’autobus poco più avanti.
La Sim si fermò dietro alla 4×4, con le luci dei lampeggianti che si riflettevano sulla sua vernice schizzata di fango. «Bene, piccolo bastardo…». Prese il berretto dal cruscotto e uscì sotto la pioggia.
Meglio lasciarla fare a modo suo.
Logan tirò fuori il cellulare e si sistemò più comodamente sul sedile. Compose il numero della Chalmers. «Il professor Marks è crollato?»
«Capo, stavo giusto per chiamarla. Abbiamo un altro uomo orientale al pronto soccorso. Ha detto di essere “caduto dalle scale”. E si è distrutto entrambe le rotule. Secondo il chirurgo ortopedico, per procurarsi simili fratture deve essere caduto su dei martelli».
Quello sì che era un déjà-vu. «Martelli da carpentiere?»
«Non saprei. Il signore in questione si chiama Hong Gil-dong. Mr Hong è entrato legalmente nel paese, proveniente dalla Corea del Sud, con un visto da studente, dodici anni fa. E poi non è più tornato a casa».
Tipico.
Logan tamburellò con le dita sul cruscotto, per qualche minuto. «Cosa studiava?»
«Io…». Una pausa. «Mi spiace, capo, lo scoprirò».
«Scommetti che si trattava di agronomia?».