21 DICEMBRE, 13.30, ORA STANDARD DELLE HAWAII-ALEUTINE

Diramazione di un disperato editto

Postato da Madisonspencer@oltretomba.inferno

Gentili Tweeter,

dagli oblò della mia cabina privata a bordo del Pangaea Crusader, la vista in tutte le direzioni mostra solo pioggia trasparente che percuote un bianco lucido. Tutto è fragore di fulmini azzurri simili a intermittenze di colore distorto, come torreggianti insegne al neon che pubblicizzino l’ira di Dio. Questi lampi illuminano le colline e le pianure di polistirolo che si estendono a perdita d’occhio, sferzate da venti senza freno.

La porta della cabina privata è ancora chiusa a chiave, ma una luminosa e lenta figura blu riesce ugualmente a entrare. All’inizio quel blu è un pallido bagliore che si forma al centro della porta, come colando attraverso il legno; poi è una specie di stomaco blu su cui scorre in verticale una fila di bottoni di camicia. A seguire, molto più in alto sulla porta, compaiono le punte di un mento e di un naso blu insieme a una più ampia sagoma ormai familiare. L’ultima cosa che trapassa la porta chiusa è il non attraente codino di lurido blu intrecciato. E con ciò il fantasma del signor Crescent City è interamente tra noi.

Congedatosi per l’ennesima volta dal suo corpo in overdose, sbatte le palpebre e guarda perplesso le mie scimmie di peluche Gund e i miei orsacchiotti Steiff. Infine, gli occhi cisposi si posano su Festus.

Secondo l’angelo Festus, Dio, a intervalli di alcuni secoli, sceglie un messaggero che fornisca regole del gioco aggiornate ai viventi più retti. Che si tratti di Mosè, di Gesù o di Maometto, questa persona diffonde l’ultima versione della Parola di Dio 2.0. Che si tratti di Noè, di Buddha o di Giovanna d’Arco, il messaggero aggiorna il nostro software morale, toglie i bug alla nostra etica, adeguando i nostri valori alle esigenze spirituali moderne. Se c’è da credere all’angelo Festus, io non sarei altro che l’ultimo modello del megafono terreno di Dio.

«Quando avrai prevenuto il cataclisma di quest’oggi» dichiara il raggiante Festus, «dovrai bloccare qualsiasi incursione umana nel campo malvagio della ricerca sulle cellule staminali.»

«Come, prego?» domando.

Festus alza la voce: «In quanto voce di Dio, dovrai dare un taglio ai diritti civili a ruota libera per le donne».

Per quanto lusingata di essere stata scelta in questo modo, non sono entusiasta delle novità che mi si incarica di diffondere.

Levando in aria i braccini e agitando le mani a mo’ di predicatore, il mio fidanzato del Nord dello Stato proclama: «È volere di Dio che a tutte le donne sia precluso il voto alle elezioni, il controllo delle nascite e la guida di automezzi».

Mentre il mio tascabile bambino ariano modello snocciola il resto delle richieste di Dio – basta con i matrimoni interrazziali… no ai matrimoni omosessuali… circoncisione assolutamente obbligatoria per tutti, uomini e donne… veli, tanti veli, e burqa –, mi volto verso Mr K e faccio le presentazioni. Neanche la morte ha cancellato i miei anni di dignitoso studio dell’etichetta e del protocollo svizzeri. «Signor Crescent City, questo è l’angelo Festus.» Con un’appropriata inclinazione della testa dico cortesemente: «Angelo Festus, ti presento Mr K, “adescatore di figlie psichico”».

«L’angelo Madison intende “cacciatore di taglie”» precisa Mr K. Osserva Festus, quel suo fulgore dorato, come se il mio moroso del Nord dello Stato avesse nelle vene il sole dell’estate. Con un profondo sospiro azzurro, Mr K dice: «Ah, come vorrei essere un angelo».

Ed è a questo punto, gentili Tweeter, che l’idea mi coglie come un lampo azzurro. Dico rivolta a Mr K: «Vuoi proprio diventare un angelo, eh?».

«Voglio solo morire» dice Mr K, «e che tutto sia felice e senza dolore. Per sempre.»

«Se cerchi Dio» dice Festus, «troverai la pace.»

Al che rispondo: «Sta’ zitto, angelo Festus». E aggiungo, non volendo arrecare offesa: «Solo un attimo, okay?». Già vedo che il blu di Mr K vira al ceruleo e poi al turchese, all’azzurro e poi all’ultramarino. Il tempo sta scadendo: il suo fegato poco sano sta filtrando la ketamina dal suo sangue. Mentre sfuma dal carta da zucchero all’azzurro pastello, gli propongo un affare. «Se porterai un messaggio ai miei genitori, prometto che farò di te un angelo.»

«Un messaggio?» domanda lui.

«Di’ loro di fermare tutta questa storia del cataclisma, okay?» dico.

Mr K ricambia il mio sguardo con un’aria perplessa da sballato. «E io diventerò un angelo?»

«Di’ loro» aggiungo «che sono degli stupidi ipocriti e che non avrebbero dovuto nascondermi il fatto che Tigrotta aveva un’atroce malattia ai reni.»

Mr K comincia ad annuire, gli occhi chiusi, come se comprendesse a fondo le mie parole. A occhi chiusi, sorride.

«E digli anche» faccio «che sono stata io a uccidere accidentalmente il nonno Ben staccandogli quasi completamente il pipino perché credevo fosse un’odiosa pupù di cane in rapida espansione.» Domando: «Mi sono spiegata?».

A occhi chiusi, Mr K annuisce con aria da saggio. Il suo codino sobbalza in segno di assenso.

«E digli anche» aggiungo «che il Gesù con cui parlavo al telefonino me l’ero inventato, anche se poi ho scoperto che Gesù esiste davvero…» Mi volto verso Festus per una conferma e domando: «Giusto?».

«Giustissimo» dice Festus.

A Mr K dico: «La cosa più importante è che tu dica a mia madre e a mio padre che gli voglio davvero tanto bene». Avvicinandomi al mio confidente azzurrognolo, bisbiglio: «E ti prego anche di dir loro che non ho mai succhiato il pisello alle scimmie ragno né ho mai fatto le Cose Zozze con un bisonte d’acqua, okay?».

A giudicare dall’espressione intontita di Mr K, devo aver sovraccaricato il mio messaggero. Mentre la sua anima svanisce, scivolando poco a poco all’indietro verso il luogo in cui ha lasciato il suo corpo fisico, l’azzurro pallido sfuma nel grigio. E il grigio diventa bianco.

Le pareti della cabina di lusso cominciano a vibrare, e un non sgradevole ronzio avvolge il mio letto. I motori da megayacht del Pangaea Crusader sono stati avviati. Fuori, venti sempre più forti sferzano i ponti e scuotono le attrezzature.

«Soprattutto, ti prego» dico al mio quasi invisibile intermediario, le mie mani carnose giunte in gesto di supplica, «di’ loro di morire con tutte le barrette di cioccolato che riescono a portarsi dietro.»

Sventura
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