Nella casa del
Padre
La messa al bando
Era Pasqua e Hope aveva macinato i semi per preparare le tinture con cui i bambini si erano divertiti a picchiettare il manto di caprette bionde colorandole di rosso, di nero e di blu. Le caprette erano legate e raggruppate, belanti, all’esterno del tempio, e quando il Padre era venuto a vederle, i bambini avevano battuto le manine paffute. «I quattro agnelli dell’Apocalisse!» avevano gridato, ridacchiando gioiosi.
Un meraviglioso supplemento alla loro rappresentazione sacra, così l’aveva definita il Padre, sebbene non avesse permesso che le caprette entrassero nel tempio. Amaranth lo aveva guardato, era raggiante. Pasqua era il periodo più bello, con il bambino Gesù che tornava fra loro, reintegrato sulla croce, e suo marito ancora a casa. Finalmente, dopo un lungo e duro inverno era tornata la primavera, e Zachariah era guarito dalla malattia che aveva afflitto lui e l’intera comunità. Erano tutti guariti. Avevano perso dei bambini, nati prematuramente, e a causa del gelo anche una moglie, ma adesso erano tutti insieme a celebrare la rinascita. I brutti tempi sembravano lontani.
I bambini provavano le loro parti dentro il tempio. Sorrow, per la prima volta, cercò di starne fuori. «Sono troppo grande per le rappresentazioni» protestò, tentando di passare il costume di Signora dell’Apocalisse a Amity, più piccola di lei. Anche Adam e Justice, i suoi fratelli più grandi, dissero che non avrebbero partecipato, facendo infuriare il Padre che li rimproverò: «Lo deciderò io quando qualcuno è troppo grande!»
Sorrow mise il broncio, ma si lasciò abbigliare, indossando il lenzuolo drappeggiato che era stato bollito in un colorante dorato, così da apparire vestita di sole, come la donna nell’Apocalisse di suo padre. Si mise in testa la corona di cartone delle dodici stelle e prese posto su una traballante luna, anch’essa di cartone. Con le mani premute su un’enorme pancia in piuma d’oca, gemette imitando in modo così realistico le doglie del parto – che così spesso risuonavano nelle case – da strappare alle madri delle risatine nervose.
Fasciato in una tuta rossa chiusa fino al collo, Adam ruggiva alle sue spalle. «Ecco, il Grande Drago Rosso!» Aveva sei teste di stoffa cucite di fianco alla sua, e ognuna portava una minuscola corona. Justice, anche lui vestito di rosso, rappresentava la coda del Grande Drago Rosso, era la sorte del più giovane. La coda buttava giù a gran colpi le stelle dal cielo, facendo crollare i bambini come birilli sul pavimento del tempio. Le due metà del Drago Rosso inseguivano Sorrow. Correvano tutt’intorno al tempio, con lei che emetteva stridule grida, finché infine si rifugiava all’altare, accolta dalle braccia del Padre intese come le due ali che Dio le aveva dato per fuggire via. Zachariah la prese sotto le braccia e tentò di farla librare in aria, ma Amaranth vide che riusciva a malapena a sollevarla, adesso. Sorrow era troppo alta, troppo pesante e lui era improvvisamente invecchiato. Provò di nuovo, poi la lasciò cadere pesantemente con un tonfo.
Sorrow si immusonì ancora di più. «Lo avevo detto.»
La notte precedente, si era lamentata per tutto il tempo. «Sono troppo grande per interpretare queste parti. Sono una donna adesso.»
«Sarai anche una donna, ma sei prima di tutto una figlia e fai quello che ti si chiede di fare» le aveva risposto Amaranth. Sorrow indossava le gonne e la cuffietta di una donna, la prima delle bambine ad aver avuto il menarca, ma cuore e testa erano ancora giovani. Amaranth supponeva che sarebbe stata una bambina finché non fosse diventata una moglie.
«Non sono una bambina» aveva ribattuto lei. «E te lo dimostrerò.»
*
Sorrow tenne il muso per tutta la recita. Ripeteva le sue battute ma non mostrava alcun timore quando il Drago Rosso la inseguiva, né tremava al pensiero che divorasse il suo santo figlio. Amity, vestita con un lenzuolo, era la più grande dei sette angeli portatori delle sette piaghe. «Andate e vuotate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio!» intonò.
Sua sorella Gratitude rovesciò allora la prima coppa sugli uomini, le piaghe maligne, e il Grande Drago Rosso si contorse deliziato. Truth fece lo stesso con la seconda coppa, e si aprirono delle immense lenzuola rosse, in attesa che le mogli coprissero di sangue il pavimento del tempio. Joy e Harmony rovesciarono coppe di succo di bacca in quella dorata di Grace per oscurare il sole. Zachariah aveva acceso una candela sull’altare, accanto alla ciotola di porcellana blu e Sorrow, ancora in piedi sulla sua luna di cartone, incrociò le braccia sopra il falso ventre. «Questo è realtà» Amaranth la sentì dire. «Non capisco perché stiamo recitando.»
Zachariah – lui non poteva sfigurare – recitò la sua parte. Si tolse la vestaglia bianca rivelando il porpora e lo scarlatto che indossava sotto, ornato di fili di perle e pietre false che le donne avevano portato con sé negli anni. Da sotto i ricci bianchi gli pendevano orecchini a cerchi d’oro. «Sono io, Babilonia la Grande!» gridò. «La madre delle prostitute e degli abomini della terra!» Le donne nella stanza applaudirono e acclamarono. Una aveva osato emettere un fischio d’ammirazione e lui rispose esagerando un inchino, come a far mostra di un inesistente décolleté.
«La guerra in cielo è iniziata!» gridò Sorrow dall’altare. «Non è un gioco!»
Zachariah rispose con asprezza, ricordandole che toccava a lui, ma nel vederla concentrata sulla sua ciotola, si era improvvisamente fatto serio. «Dimmi cosa vedi.»
Sorrow levò un braccio in aria, mentre l’altro riposava sul ventre imbottito. «Una di noi porta in grembo l’Agnello, il seme di Dio.» Le mogli strepitarono e urlarono.
«Sorrow!» sibilò Amaranth. «Smetti di metterti in mostra!»
Zachariah posò le mani su sua figlia. «Quando arriverà?»
«L’Agnello farà sì che il rotolo sia aperto» rispose. «L’Agnello romperà i sigilli.»
«Chi porterà in grembo l’Agnello?» chiese poi lui alle mogli.
Sorrow le passò in rassegna con lo sguardo, una a una.
Amaranth aveva osservato Sorrow in preghiera, l’aveva guardata ruotare su se stessa tra le donne. Tutte loro attendevano il sangue adesso, e ognuna pregava che non le arrivasse. Amaranth aveva studiato il corpetto piatto di Sorrow, la pienezza delle sue gonne, il compiacimento sul suo volto. Aveva visto come le loro uniformi nascondessero i loro corpi. Le fasciature le rendevano tutte uguali, era quello il loro scopo, ma le fasciature e le gonne potevano anche nascondere una gravidanza per mesi.
Amaranth chiese a Hope la sua borsa delle erbe e Hope preparò un sacchetto di igname selvatico e agnocasto. Le mise in mano una bottiglietta color indaco dicendole che era mentuccia e aggiungendo che era per trattamento topico, giacché era tossica, ma efficace.
Sorrow non voleva prendere le erbe né che sua madre le preparasse un bagno con la tintura o gliela massaggiasse sulla pancia. «Sono troppo grande perché tu mi faccia il bagno» diceva. «Lasciami stare.»
Quanto ad Amaranth, aveva avuto degli spasmi e sanguinato copiosamente, grumi e fili di un nero rossastro. Contò i giorni all’indietro scoprendo che erano troppi. Poi si riempì di assorbenti e antispasmodici, intuendo dentro di sé che qualcosa la stava lasciando. Dopo così tante perdite, fu sorpresa dall’intensità della propria pena, come se avesse anche lei desiderato di portare in grembo l’Agnello.
Hope barattò delle uova con un test di gravidanza, ma Sorrow non voleva usarlo. Ogni volta che la Madre la sorprendeva nel gabinetto all’esterno, sosteneva di non dover fare pipì. «Smettila di seguirmi!» le urlava. Alla fine, in un momento in cui Zachariah era assorto in preghiera nella stanza sotto il tempio, Amaranth afferrò Sorrow, e Hope le accompagnò in paese con l’automobile. Durante il viaggio a Sorrow veniva la nausea, si sentiva male in macchina. Mentre lasciavano la loro terra, teneva gli occhi chiusi strizzandoli forte, piagnucolando per tutto il tragitto.
«Che cosa facciamo se trovano qualcosa?» sussurrò Amaranth.
«Sarà meglio che sia divino» fu tutto quello che rispose Hope. Aveva alzato il volume della radio e un uomo aveva annunciato che sette persone erano state fatte saltare in aria all’angolo di una strada in una terra lontana di cui Sorrow non aveva mai sentito parlare, una guerra che nessuna di loro comprendeva o sapeva che fosse scoppiata.
Una volta giunte in paese, Sorrow non capiva perché la Madre volesse che mostrasse le sue parti intime a un uomo sconosciuto. Quando i suoi piedi furono messi nelle staffe gridò. E inveì contro la Madre quando uno speculum lubrificato le fu inserito dentro aprendosi come una forbice. «Madre, fallo smettere!»
Amaranth pensò ai loro figli, a come stessero diventando adulti. Ricordava quando i primi ragazzi si erano accorti dell’esistenza di due sessi diversi, e del fatto che i maschi fossero in minoranza. «Quando potremo avere delle mogli?» aveva domandato Adam, le mani appoggiate ai fianchi, sulla sottana.
«Cosa ci faresti con le mogli, giovanotto?» Amaranth gli aveva dato un colpetto, chiedendosi cosa sua madre gli avesse detto che gli sarebbe successo una volta che la sua voce fosse mutata di tono, una volta che gli fossero spuntati i peli. Ogni donna lì dentro era sorella o madre. Come avrebbe fatto a procurarsi delle mogli?
«Quando avrò delle mogli» aveva risposto Adam, spostando il sedere per evitare altri schiaffi, «dirò a tutte che cosa devono fare, perché è questo che fa un uomo.»
Quando i ragazzi erano diventati più grandi, li aveva sentiti azzuffarsi nella stanza di sotto. Una volta aveva udito un suono di stoffa strappata e aveva aperto di scatto la botola, temendo che qualcuno fosse rimasto incastrato in un cardine. Era pronta a rimproverarli, a dire che non era il posto per giocare, quando aveva sentito la voce di un ragazzo affermare: «Sei solo una ragazza, non puoi fare Gesù.»
«Anche io posso fare Gesù. Guardami!» L’altra voce apparteneva a Sorrow.
Una volta tornate dal paese, Amaranth convocò la famiglia nel tempio. Era la prima volta che lo faceva mentre Zachariah era in casa, non esisteva un precedente. Se le mogli si chiedevano perché dovesse essere lei a dare inizio alla preghiera, evitavano di dirlo ad alta voce. Lei era la prima moglie. Le donne e i bambini furono riuniti prima che Zachariah li sentisse e sollevasse la botola per raggiungerli nel tempio sorgendo dal pavimento, sorpreso ma compiaciuto. Commentò che quel giro in paese doveva averla spronata all’azione, così come accadeva a lui a ogni viaggio, ogni estate. Se solo avessero conosciuto le terribili condizioni del mondo là fuori come le conosceva lui, se solo avessero saputo quanto la fine fosse prossima.
Amaranth era in piedi al centro della stanza. Si girò lentamente su se stessa, per guardare in faccia ogni singola moglie, ogni singolo figlio. «Qualcuno è stato con mia figlia.»
«Moglie» la riprese Zachariah. «Amy.»
Si girò verso di lui. «È stata violata. Non è vergine.»
«Chi te lo ha detto?»
«Lo dico io! Guarda il frutto che si ottiene da una fede come la nostra... guardaci!»
Zachariah prese Sorrow per il mento. «Che cos’hai fatto, piccola?»
Sorrow sussurrò: «Padre.»
Poi, dall’altare, lui ruggì: «È sacro il lavoro che facciamo! Questa è la mia bambina sacra! Chi è stato con la mia figlia sacra?» Si allontanò da Sorrow per girare intorno alla sua famiglia, padrone di tutti loro, spingendo Amaranth via dal centro della sala. Lei si avvicinò all’altare e afferrò la mano di Sorrow, e Sorrow la lasciò fare. Lui scrutò ogni membro della sua chiesa da capo a piedi per poi fermarsi di fronte alla sesta e alla settima moglie, madri di due adolescenti. Com’erano improvvisamente diventati alti quei ragazzi rispetto a lui. Giovani uomini. Non più bambini. Li guardò negli occhi. «Chi di voi è stato con mia figlia? Vostra sorella?»
«C’era la squadra dei mietitori» rispose pronta Dawn, la sesta moglie.
«E quei drogati che cercavano... potrebbe essere stato chiunque!» aggiunse la settima moglie.
Ognuna delle due fece un passo davanti al figlio, al suo bambino, e Amaranth ripensò al trionfo sul volto di ciascuna quando le era stato estratto il figlio dal grembo, al minuscolo bottone che li designava come primogenito e secondogenito. Quale uomo non desiderava un maschio?
Zachariah trascinò i due ragazzi all’altare, con le madri che li seguivano, strette forte a loro, e li fece piegare sopra al tavolo. Spogliò Adam delle brache di cotone – adesso erano troppo grandi per indossare gonne – e poi, accanto a lui, spinse giù anche Justice. Scostò le tuniche, agguantò la croce e picchiò forte sulle loro natiche, finché le madri lo tirarono via, gridando «Picchia me, invece!» alzando le braccia per afferrare la croce.
«Vi picchierò!» urlò Zachariah sollevando la croce sulle loro teste.
«Ti supplico, Padre» lo implorò Sorrow, aggrappata alla Madre.
Zachariah allora si fermò, respirando con fatica ma stringendo forte la croce. «Mi direte la verità» disse a entrambi i ragazzi.
Adam girò la testa verso di lui. «Davvero?»
Zachariah sollevò ancora di più la croce e Sorrow corse a bloccargli il braccio.
Adam si alzò in tutta la sua statura, adesso più alto di Zachariah. Più coraggioso. «La verità è che lei è mia sorella e tu sei un vecchio sporcaccione.»
«Vattene dal mio tempio!» Zachariah brandì la croce mentre le donne e i bambini si toglievano di mezzo. Sorrow indietreggiò barcollando. «Andatevene dalla mia chiesa!»
Adam non guardò né Sorrow né la Madre. Rivolse un breve cenno di assenso a Zachariah, raggiunse Justice e insieme uscirono a grandi passi dal tempio, seguiti dalle madri che inveivano e si accusavano l’una con l’altra.
«Marito» lo ammonì Amaranth. «Sono i tuoi figli.»
«Chi ha bisogno di figli?» Parlava con l’impudenza di un bambino. «Il primo non è mai stato mio figlio. Adam era un seme marcio piantato dentro di lei quando è arrivata.»
Amaranth ricordava la ragazza di allora, la giovane Dawn, con gli occhi neri e il ventre enorme con dentro il suo primo figlio, generato dal patrigno. «Hai detto che il sangue non conta. Hai detto che le famiglie sono create dall’amore, ed è vero. Guardaci.»
«Tu mi hai chiesto se vedevo il frutto di una fede come la nostra.»
Amaranth vedeva come Sorrow guardasse disperata le finestre alla ricerca di Adam. «Intendevo riferirmi a una fede con troppe donne.» E ragazzi che crescono, pensò.
«È incinta?» le chiese.
Amaranth guardò la figlia. «No» rispose.
Se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, mozzala. Tutte loro glielo avevano sentito dire.
I ragazzi furono condotti in paese, lasciati lì, e messi al bando. Le loro madri si erano aggrappate agli steccati costringendosi a fare a meno dei loro figli. Ma era stata solo una questione di tempo: durante la notte la sesta e la settima moglie raccolsero le loro poche cose e sgattaiolarono fuori per raggiungerli, per la libertà.
Amaranth aveva sorpreso Sorrow nel tempio a cercare nella ciotola un senso di quanto era successo. «Scusami per averti portata in paese» le disse. «Non sapevi cosa stavi facendo. Abbiamo reso il tuo mondo troppo piccolo ed è colpa nostra.»
Sorrow afferrò la ciotola. «È quello per cui sono fatti questi posti.»
«Cosa?»
Sorrow si portò una mano al petto, e l’altra all’inguine, spingendo all’indentro la gonna. «È quello per cui sono fatti questi posti.» Quando Amaranth rispose dicendo no, Sorrow, ti sbagli, lei la zittì. «Ho gli occhi, no? Credi che non sappia come vanno le cose?»
«Non con un fratello. Non è colpa tua ma... È sbagliato, Sorrow. Non pensavo che te lo dovessimo insegnare.»
«I miei fratelli» esclamò lei. «Stavano cercando di proteggermi!»
«Da cosa?»
«Da quello che succederà. Non riesci a vederlo.»
Amaranth provò a prenderle la mano, ma Sorrow le posò entrambe sulla ciotola. La figlia non era incinta, ma il ginecologo aveva confermato che era sessualmente attiva. Da un po’ di tempo, aveva aggiunto, proprio mentre chiedeva a Sorrow di dirgli la sua età. Amaranth si era chiesta cosa ne sarebbe stato della cartella che il medico aveva compilato.
Hope le raggiunse nel tempio. Portava con sé un fagotto avvolto in una trapunta. «Me ne vado, Amy» disse.
«Non te ne puoi andare. Ho troppo bisogno di te.»
Hope sorrise con i suoi denti storti, il viso coperto di lentiggini, le rughe del volto, adesso lunghe e profonde. Erano state amiche per più di venti anni.
«Non ti lascerà andare via» disse Amaranth pentendosene subito, con il desiderio di rimangiarsi ognuna di quelle parole. Voleva troppo bene a Hope per minacciarla.
«Non m’importa. Sono innamorata, Amy. Pazzamente.»
«Mio Dio!» esclamò Amaranth. «Non di lui.»
«No.» Hope scoppiò a ridere. Lei, di tutte loro, non aveva mai amato Zachariah, non come una moglie avrebbe dovuto. «È Dawn» rispose. La sesta moglie. «Non posso vivere senza di lei. Non posso vivere qui. Sta andando tutto a pezzi. Non lo vedi?» Hope abbassò la voce, guardando Sorrow.
«Le cose stanno migliorando. Lui sta migliorando.»
«È tutto cambiato, Amy. Abbiamo perso qualcosa qui. Abbiamo dimenticato quello che stavamo cercando di essere.»
Ma Amaranth scosse la testa, piena di amarezza. «Vattene, allora.» Quando le voltò la schiena, sentì la mano di Hope lasciarle cadere qualcosa nella tasca. Era rimasta in piedi più immobile e imbronciata che aveva potuto, poi si precipitò fuori dal tempio inseguendo l’automobile di Hope, gesticolando verso di lei lungo il sentiero e la strada, via dal quel mondo che li aveva aiutati a costruire. Hope si fermò sbandando. «Vuoi venire con me?» chiese in un rantolo. «Questa cosa con Sorrow non è giusta. Qualcuno dovrebbe fermare tutto questo.»
«Lo so» ammise Amaranth iniziando a piangere. Ma non sapeva. E non osava pensarlo. Guardò la più cara amica che aveva al mondo andare via.
Il tempio adesso era buio e vuoto. Amaranth si piazzò davanti all’altare, la testa china, pregando che le venisse detta la verità. Che il Signore arrivasse e gliela rivelasse, qualsiasi cosa fosse.
Ma fu Amity ad arrivare, per appoggiare le mani sopra il cuore della Madre, come per impedire che le due metà si squarciassero. «Io ho visto, Madre» sussurrò. «Stavo guardando.»
«Cosa stavi guardando?» Allontanò la figlia da sé per squadrarla in viso. «Chi ti ha detto di guardare?»
«Sorrow. Lui dice che se la figlia di un profeta profana se stessa, deve essere arsa sul rogo. Non voglio che Sorrow venga bruciata.»
«Che cosa hai visto, figlia?»
«Ho visto il Padre. Li ho visti che facevano Gesù. Ho sentito il Padre dire a Sorrow che lui era Dio.»
Amaranth guardò la figlia e l’altare, provando la forte sensazione che tutti loro fossero sull’orlo di un precipizio, che il pavimento potesse squarciarsi da un momento all’altro rivelando così le vere fondamenta della loro chiesa. Con ogni azione del marito, con ogni mutamento di quel loro culto, lei aveva spostato il limite di ciò che riteneva accettabile sempre più in là. Per amore.
Chi era suo marito per dire di essere Dio? Chi era sua figlia per crederlo? Chi era lei per aver permesso tutto questo quando era cominciato molto tempo prima, quando la loro fede era tutta carità e compassione al servizio del sogno di creare una famiglia per le donne che ne erano prive? Come aveva potuto l’amore condurli fin lì?
«Non dirlo a nessuno» disse a Amity. «È il segreto di Sorrow.» Le sue braccia non si erano strette intorno alla figlia più piccola, per confortarla o darle spiegazioni. Le sue mani non si erano posate sul cuore della sua bambina. Si erano dirette, invece, all’interno della tasca per cercare ciò che Hope vi aveva lasciato cadere.
Una chiave.