21
Fantasmi
I campi sono fango rosso, impasto umido. La pioggia ha riempito il bacino della terra arida, trasformato l’erba bassa sotto i pioppi nel letto di un lago dove uccelli trampolieri sono apparsi come per magia, chinandosi e incedendo sussiegosi. Bradley valuta il danno nel campo di semi di colza, dove la pioggia ha spogliato i baccelli dei loro fiori. Petali gialli pestati e dispersi sotto le scarpe, mentre Amaranth gli barcolla alle calcagna, con gli zoccoli che slittano sul fango sotto un cielo color borragine.
Lui preme con le unghie dei pollici i baccelli che stanno diventando marroni, ne controlla l’umidità, attende che si asciughino. «Sono troppo umidi» dice. «Se li mieto adesso, ammuffiranno nei covoni. E poi i semi non saranno buoni. Se aspetto troppo si frantumeranno, facendo cadere i semi.» Procede camminando a grandi passi. «Avrei dovuto continuare a coltivare grano. Sapevo cosa fare, con il grano. Ora non lo so.»
«Lo saprai» risponde Amaranth. Caracolla dietro di lui sulle suole di legno e scivola di sghembo in un solco del terreno, cascando pesante sulle sue sottane, in mezzo al fango.
Bradley allunga una mano per aiutarla ad alzarsi e Amaranth solleva la propria inguantata di terra rossa. Lui ride, e scoppia a ridere anche lei. Ridono insieme, l’uno rivolto all’altra, sporchi, in mezzo ai campi. Lei si pulisce i palmi nelle gonne e, con la sua ancora imbrattata di terra, afferra la mano callosa di Bradley e si alza in piedi. Senza abbandonare il contatto.
«Continui a farlo» le dice.
«A cadere?» Ha le sottane lerce di terra e inzuppate. Il fango fin sopra le braccia.
«Hai bisogno di un paio di stivali.»
«Ho bisogno di annaffiarmi con la pompa.»
«Vai e fatti un bagno a casa allora» le dice, «poi vieni in paese con me.»
Amaranth gli lascia andare la mano e si allontana, mentre accanto a lei un uccello atterra e trafigge un baccello con il becco. Bradley agita le braccia per scacciarlo, batte forte i piedi, spaventando sia Amaranth sia il pennuto, che vola via. Lei si avvia per tornare verso la casa. «Non credo proprio.»
«Non puoi nasconderti qui per sempre» le risponde, urlando. Una frase che la ferma. Si afferra alle gonne con le mani.
«Pensavo di andare in paese e chiedere in giro chi è che sta mietendo, noleggiare una mietitrebbia.»
Si gira verso di lui. «Mi sto nascondendo?»
«Così sembra. Dopotutto, forse non ti sta cercando.»
«Tu non lo conosci.»
«Un uomo può cambiare idea.»
A quelle sue parole, Amaranth scuote la testa. Non sa quello che ha fatto il marito, di cosa è capace. Gli ha appena accennato qualcosa di quello che è successo e non ha idea di come farà a raccontargli tutto, da dove cominciare. Non può permettersi né di sentirsi compiaciuta, né troppo a suo agio. Lui la sta cercando, lo sa. Non aspetta altro che lei si rilassi, e che abbassi la guardia.
«Resta, allora» dice, e la supera diretto verso casa.
«Resta tu» e gli corre dietro, raggiungendolo. Lo afferra per il dorso della camicia umida.
«Io non mi sto nascondendo» dice Bradley, liberandosi dalla sua presa. «Tuo marito non vuole me. Ancor meno vuole essere un marito.»
«Divertente.»
«Pensavo anche di comprare un giornale» aggiunge, senza girarsi, conficcando i pollici nei baccelli, a destra e a sinistra. pensieroso. «Per vedere se ci sono notizie di una chiesa incendiata.»
«Non farlo!» Amaranth saltella e scivola dietro di lui, sollevando le gonne dai solchi fangosi. «Non farlo!»
Lui si ferma. «Che cos’è che ti fa tanta paura?»
«Tutto!» risponde lei, ansimando. «Non ci lascerà andare! Non ci lascerà vivere senza di lui. Siamo una famiglia per sempre... oltre la morte.»
«È soltanto un voto. Non significa che sia vero.»
«Ci ammazzerà se ci trova qui.»
«Pensavo di uccidere mia moglie, quando se n’è andata, talmente ero furioso. Ma non si può andare avanti così. Alla fine... ti passa.»
«Davvero?» Lei allunga la mano verso la sua spalla. L’uomo gira la testa in direzione della casa, e Amaranth nota il tendine del suo collo, l’osso e il legamento, i peli scuri della mandibola, sul punto di imbiancarsi. Gli appoggia una mano sull’altra spalla per girarlo e lui la cinge con le braccia. «Non andare» dice lei e gli si stringe contro, fino a sentire i bottoni dei suoi jeans premerle contro la cintura. Spinge le ossa del bacino contro le cosce di lui.
Lui la guarda dall’alto, apre la bocca per dire qualcosa, forse per dirle di fermarsi, di lasciarlo in pace, e lei avvicina la bocca alla sua, per assaggiarne il sudore e il sale. Della sabbia scivola dalla sua lingua a quella di lei. Le mani di Bradley risalgono la schiena di Amaranth, sentono il corpetto e la fasciatura del busto. Lei vi è come imprigionata dentro. Non è facile la via per raggiungerla. Respirando, Amaranth spinge le costole contro la fasciatura, e verso il cerchio delle mani di lui. I colletti le mordono il collo. Bruscamente, gli sbottona i jeans.
«Ehi» esclama Bradley, allora lei gli si inginocchia di fronte, nel fango, e glielo prende in bocca, ma lui la solleva, in piedi contro di sé, e le viene sulle sottane. Dice: «Cristo! Cristo! Gesù!» E guarda la sua macchia spargersi su quelle di lei.
Amaranth raccoglie le sottane per nasconderla. «Non è niente» dice.
«Niente.» Lui lo rimette dentro riabbottonando la patta dei pantaloni, dandole le spalle.
«Voglio dire, va tutto bene... non ho bisogno...» Fa un passo e gli va accanto, lo guarda. «Non sono... volevo solo...»
Bradley si gratta la testa e si accorge che il cappello non c’è più. Lo raccoglie da terra e lo sbatte contro la gamba per pulirlo.
«È che ti sono grata» inizia a dire lei, «e volevo...»
«Grata?» Lui si ricalca bene il cappello sulla testa, e con passo pesante cammina lungo i filari per allontanarsi da lei.
«Aspetta!»
«È da tanto che aspetto!» Si ferma. «Mia moglie se n’è andata quattro anni fa. In quattro anni non l’ho neppure guardata, una donna. Non ho amato nient’altro che i campi. Tu da quanto tempo te ne sei andata? Ed eccoti qui, inginocchiata davanti a me!»
«Sono stata fedele.»
«Una tra cinquanta. Fedele!»
«Ci sono migliaia di poligami. Decine di migliaia, non ci sono solo io.»
«E questo lo rende accettabile?»
«Lo rende difficile, ma non siamo degli squilibrati.»
Bradley fa un passo verso di lei. «Allora, come funziona? Fate a turno? Avete cinquanta letti o condividete il suo?» Le osserva le gonne sporche, il corpetto, la cuffia e mentre la guarda scuote la testa. «È questo quello che fai in chiesa quando ti senti grata?»
Lei si copre il viso con le mani. Sì.
Il batter d’ali di un corvo alle sue spalle la spaventa. Un gracchiare che giunge come una risata, mentre colpisce l’aria con le sue ali seghettate. Amaranth osserva le minuscole zampe ripiegarsi, ripararsi sotto il suo corpo. Lo vede alzarsi e lasciarli lì, in piedi, in silenzio, mentre un altro corvo, in lontananza, gracchia la sua risata.
Il semenzaio è allagato. Più un lago che un giardino, adesso. I semi che Amaranth aveva piantato galleggiano alla deriva come minuscole zattere, e i solchi che aveva scavato si sono spianati. Non sa dire se vi siano rimasti dei semi, e se crescerà qualcosa. I barattoli di vetro che aveva lasciato lì si sono riempiti di acqua piovana, facendo traboccare i semi che vi erano rimasti. Ha rovinato tutto, tutto, eppure Amaranth scava con la mano a cucchiaio rimettendo il fango nel semenzaio, in attesa che Bradley ritorni.
Mette a letto le figlie, accende le lampade a cherosene per lui nel buio. Ma lui non torna, e Amaranth comincia a temere che non tornerà più. Sperimenta la stessa paura provata dal marito quando aveva temuto di perdere la loro terra. Se Bradley se ne fosse andato, sarebbero dovute andare via anche loro. Con che diritto sarebbero potute restare? E sopraggiunge la paura. Paura di andare via. Paura di restare. Deve fare qualcosa, escogitare un piano.
Afferra una lanterna a cherosene per il manico e si allontana dalla casa. La fiamma proietta ombre sulle cataste di rifiuti, i pezzi di auto. Metallo arrugginito su cui si rifrange la luce. La stazione di benzina è illuminata. Amaranth cerca all’interno dello spaccio l’interruttore o le chiavi. Se lui non tornasse più, chi si prenderà cura di questo posto? Chi si prenderà cura di suo padre?
Dietro la stazione scorge il furgoncino di Bradley e inizia a correre, con la lampada che traballa. Lo trova sul sedile anteriore bruciacchiato, la testa all’indietro, intento a russare. Una bottiglia fa capolino da un sacchetto di carta al suo fianco, insieme a un mucchio di giornali. Non li guarda. Lo osserva dormire: le linee del viso, morbide e in penombra, e gli occhi guizzanti sotto le palpebre chiuse.
Bradley si sveglia prima dell’alba, cammina sul terreno con passo malfermo. Punta la luce della lampada a cherosene sulla catasta di rifiuti dietro la casa, dove Amaranth non riesce a dormire. Punta la luce, fino al punto dove lei rimesta la sua terra. Le gambe di Bradley, piegate come quelle di un ragno, calciano un secchio di plastica. Ne calpesta il manico con lo stivale, che lo fa inciampare, e lo fa cadere mentre cerca di liberarsene, con lei che continua a dire: «Scusa, scusa.» Volteggiando, il giornale gli scivola da sotto il braccio, e Bradley atterra sul sedere, oscillando sui fianchi per salvare la bottiglia nel sacchetto che ha infilato nella tasca posteriore. La tira fuori e la tasta, controlla che non sia rotta. Accorgendosi che è ancora integra, svita il tappo e tracanna con un gran frusciare di carta. Ne butta giù un bel sorso, poi la porge a lei. «È tardi o è presto?» le chiede.
Amaranth lo guarda, guarda la bottiglia. «Hai mangiato in paese?» domanda.
«Certo» risponde lui. Si distende lungo sull’erba. Odora forte di alcol e sigarette e benzina. Amaranth vorrebbe baciarlo sulla bocca.
«Ho bevuto» biascica. «Il vecchio Mullaley è morto. Stava falciando il campo nella tempesta e un fulmine biforcuto ha colpito un silos di cereali. La stessa età di mio padre, e ancora in piedi a coltivare il campo, non inchiodato a letto sperando di morire.» In quel momento si accorge del giornale, che si sta inzuppando d’acqua. Striscia nel sentiero fangoso per raccoglierlo, sollevando le ginocchia ogni volta che toccano l’acqua. Bestemmia, cerca di scrollare l’acqua dal giornale perché nella luce fioca Amaranth possa solo vedere tutte le foto che vi compaiono: volti ingigantiti, esplosioni, uomini in tuta mimetica. Tutte le miserie del mondo di ritorno dal paese insieme a lui. «Fuori Dalhart stanno già mietendo. Credo che noleggerò una mietitrebbia, per iniziare.» Guarda di nuovo il giornale, quasi cercasse di ricordare come se l’è ritrovato in mano.
«Ci siamo noi?» domanda lei in un sussurro.
Bradley spinge il giornale verso di lei e lei ne sfoglia le pagine, avvicinandolo alla luce di una lampada. Vede fuoco e fiamme, ma osservando meglio si accorge che non si tratta del loro incendio. Il giornale riporta incendi da tutto il mondo. Forse nessuno si è accorto del loro.
Bradley beve un altro sorso dalla bottiglia e la appoggia per terra. «Hai mai visto un fantasma?»
Amaranth ripensa alla voce del marito, alle luci dietro di lei che la seguivano, in macchina.
«Sì» risponde. Forse lui non è altro che quello.
«Ho creduto di vederla stanotte. Ho davvero creduto di vederla, mi camminava davanti, e l’ho seguita dentro a un bar. Aspettavo che si voltasse e vedesse com’ero in forma adesso, come tutto andasse a gonfie vele, volevo davvero che lo vedesse. Così l’ho seguita all’interno, solo che quando ho raggiunto il bancone e ho fatto in modo che mi guardasse, non era per niente mia moglie, neanche le somigliava. Avevo dimenticato come fosse la mia stessa moglie. Io non so chi fosse. E la cosa mi ha fatto bere di più.»
«Certo» risponde Amaranth. «Capisco.»
«Tu non bevi» le dice lui.
«Non mi conosci. Una volta bevevo. Facevo un sacco di cose una volta.»
«Prima di trovare Dio.»
Amaranth mette la mano intorno al collo della bottiglia. «Dicono che Dio ti bussa sul cuore tutto il tempo, devi solo aprirlo per lui. Io non l’ho mai sentito. E all’improvviso, eccomi lì, tra cinquanta mogli.» Svita il tappo della bottiglia e guarda il giornale, che sventola le sue guerre e i suoi disastri, e sa che qualcuno li avrà denunciati. Qualcuno avrà visto e riferito, ai giornalisti, alle autorità. Devono fare notizia su altri giornali. Non c’è scampo. A meno che. A meno che non ci sia nessuno in grado di raccontare, nessuno che possa parlare, nessun sopravvissuto.
Il giornale cade a terra, agitando le pagine come ali. Chiude gli occhi e le pare di rivedere l’incendio. Allunga la bottiglia verso di lui. Bradley l’afferra, beve un lungo sorso. Gli sente addosso l’odore del liquore e gli si avvicina, per bruciarsi con il liquore della sua lingua. Lui la lascia fare. Lei potrebbe dissetarsi di lui. Potrebbe bere improvvisamente il mondo intero.
Si toglie la cuffia, libera le trecce. Oscillano giù e lui gliele afferra, come un neonato attaccato a una giostrina. Gli rovescia il liquore nella bocca e si porta la bottiglia alle labbra. Bacia quel fuoco familiare dentro di lui. Inutilmente, le mani di Bradley tirano il corpetto, i lacci. Non c’è modo di raggiungerla. Lei può solo slacciargli nuovamente i bottoni. Può solo tirarsi su le gonne, spingere la sottoveste di lato, afferrarlo e guidarlo dentro di lei. Gli si siede sopra. Sente il suo sapore di tabacco, di sudore, di liquore. Gli sente sulla lingua un gusto amaro, come di aspirina, come di rimorso, e preme il corpo su quello di lui. Sente quel luogo consacrato al marito per tutti quegli anni frantumarsi dentro di lei, lì su quella terra umida, sotto quel grande cielo scuro, su quel letto che lei ha seminato.
Che la fine del mondo giunga, infine.