Capitolo XXI
Perché Puck, il pony, fu frustato
Mark Robarts tornò a casa notevolmente sollevato il giorno dopo la scena all’Albany. Sentiva di poter accettare lo stallo senza screditarsi come ecclesiastico. A dire il vero, dopo ciò che il signor Sowerby aveva detto e dopo l’assenso di Lord Lufton, pensò che sarebbe stata una pazzia rifiutarlo. Inoltre la promessa del signor Sowerby circa le cambiali gli era di gran conforto. In fin dei conti, non era possibile che riuscisse a liberarsi di tutti i problemi senza altro inconveniente che il dover pagare centotrenta sterline per un cavallo che le valeva tutte?
Il giorno che seguì il suo ritorno, ricevé le debite notizie ufficiali della nomina alla prebenda. In effetti era già prebendario, o lo sarebbe stato non appena il decano e il capitolo avessero concluso la formalità dell’insediamento. La rendita era già sua e anche la casa gli sarebbe stata assegnata nel giro di una settimana – una parte dell’accordo di cui avrebbe volentieri fatto a meno, fosse stato possibile. La moglie si congratulò amabilmente con manifesto affetto e apparente soddisfazione per la sistemazione. Il godimento della propria felicità per simili beni inaspettati dipende così tanto dal piacere degli altri, espresso liberamente e senza riserve! Le felicitazioni di Lady Lufton lo avevano quasi spinto a mandare all’aria tutto, ma i sorrisi della moglie lo rincuorarono e la gioia calorosa e sincera di Lucy lo fece sentire entusiasta del signor Sowerby e del Duca di Omnium. Poi quello splendido animale, Dandy, arrivò alla stalla della canonica, con gran delizia dello stalliere e del giardiniere nonché del garzone di stalla a cui si era permesso di infiltrarsi nel personale, inconsapevolmente per così dire, da che il “padrone” aveva preso tanto gusto alla caccia. Ma la soddisfazione non fu condivisa in salotto. Il cavallo fu visto mentre faceva il primo viaggio verso il cancello della stalla e subito vennero fatte delle domande. Era un cavallo, disse Mark, che aveva comprato dal signor Sowerby un po’ di tempo prima allo scopo di fargli un piacere. Egli – Mark – intendeva rivenderlo, non appena avesse potuto farlo con profitto. La spiegazione, come ho già detto, non risultò soddisfacente. Nessuna delle due signore della Canonica di Framley sapeva granché di cavalli o di come un gentiluomo potesse ritenere opportuno favorirne un altro acquistando l’eccedenza della sua stalla. Entrambe però ritenevano che ci fossero già cavalli a sufficienza nella stalla della canonica senza bisogno di Dandy, e che acquistare un cavallo da caccia con lo scopo di rivenderlo immediatamente fosse, a dire il meno, un’operazione non molto congeniale ai gusti e alle occupazioni consuete di un ecclesiastico.
«Spero che tu non l’abbia pagato molto, Mark» disse Fanny.
«Non più di quanto ricaverò» disse Mark, e Fanny capì dal suo atteggiamento che al momento era meglio non continuare a discuterne.
«Penso che dovrò recarmi in sede quasi immediatamente» disse Mark, ricorrendo all’argomento più piacevole della prebenda.
«E dovremo andare tutti a vivere a Barchester subito?» chiese Lucy.
«La casa non sarà ammobiliata, vero, Mark? Non so come faremo» disse la moglie.
«Non spaventatevi. Prenderò in affitto a Barchester un appartamento ammobiliato».
«E così non ti vedremo mai» disse la signora Robarts allarmata. Ma il prebendario spiegò che avrebbe fatto avanti e indietro da Framley ogni settimana, e che con tutta probabilità avrebbe dormito a Barchester solo di sabato e domenica e forse nemmeno sempre.
«Non sembra un lavoro molto faticoso, quello del prebendario» disse Lucy.
«Ma è molto dignitoso. I prebendari sono dignitari della Chiesa… non è vero, Mark?» disse Fanny.
«Decisamente, e anche le loro mogli, per una speciale legge canonica. Il peggio è che entrambi sono obbligati a portare la parrucca» disse lui.
«Avrai un cappello, Mark, con delle cose arricciate a lato e cordoncini per sorreggerle?».
«Temo che ciò non rientri tra le mie prerogative».
«Neanche una rosetta? In tal caso non crederò mai che tu sia un dignitario. Intendi dire che porterai un cappello come un comune pastore… come il signor Crawley, per esempio?».
«Beh… credo che potrò girare un po’ la falda, ma non ne sarò assolutamente sicuro finché non avrò consultato il decano in capitolo».
Così alla canonica discussero delle gioie che sarebbero loro toccate e si sforzarono di dimenticare il nuovo cavallo e gli stivali da caccia che erano stati usati così spesso durante lo scorso inverno e il mutato atteggiamento di Lady Lufton. Forse i mali sarebbero scomparsi e sarebbero rimaste loro solo le cose buone.
Si era ormai nel mese di aprile e i campi cominciavano a inverdire, il vento aveva abbandonato l’est ed era gentile e mite, i primi fiori della stagione facevano mostra dei loro colori brillanti nel giardino della canonica e tutto era dolce e piacevole. Quel periodo dell’anno di solito era caro alla signora Robarts. Quando arrivavano i mesi caldi il marito era sempre un pastore migliore di quanto non lo fosse stato durante l’inverno. I lontani amici della contea, che lei non conosceva e che non approvava, andavano via quando giungeva la primavera, lasciando innocenti e vuote le proprie case. I doveri della parrocchia erano curati meglio e forse anche i doveri domestici. In quel periodo il signor Robarts era un parroco modello e un marito modello che con il presente zelo faceva ammenda con la propria coscienza per le passate manchevolezze. Inoltre, sebbene la signora Robarts non lo avesse mai riconosciuto con se stessa, l’assenza della sua cara amica Lady Lufton forse non era in sé per sé sgradevole. La signora Robarts voleva davvero molto bene a Lady Lufton ma si deve riconoscere che sua signoria, pur con tutte le buone qualità, tendeva a essere dispotica. Le piaceva comandare e lo faceva sentire alla gente. La signora Robarts non avrebbe mai ammesso di soffrire di un senso di oppressione, ma forse era abbastanza topo da godersi la temporanea assenza del suo gatto dall’animo gentile. Quando Lady Lufton era via, la stessa signora Robarts aveva più libertà d’azione nella parrocchia.
Anche Mark non era scontento, sebbene non fosse possibile trasformare immediatamente Dandy in denaro. A dire il vero, proprio in quel periodo, quando trascorreva un bel po’ di tempo a Barchester, affrontando i profondi misteri e i rigidi esami ecclesiastici che sono necessari prima che un religioso possa entrare nel capitolo, Dandy era piuttosto una spina nel fianco. Quelle disgraziate cambiali sarebbero scadute all’inizio di maggio e prima della fine di aprile Sowerby gli scrisse che stava facendo del suo meglio per provvedere al giorno funesto, ma se fosse stato possibile inviargli subito il pagamento di Dandy, ciò avrebbe grandemente facilitato il raggiungimento dello scopo. Nulla poteva essere più diverso, in momenti diversi, del tono con cui Sowerby parlava di denaro. Quando voleva procurarsi con urgenza dei soldi, ogni cosa diventava della massima importanza; soltanto velocità, sforzi sovrumani e uomini che corressero avanti e indietro con in mano accettazioni in bianco potevano scongiurare il giorno del giudizio. Altre volte invece, quando a sua volta riceveva delle richieste, poteva dimostrare con la voce più pacata e col modo di fare più disinvolto che tutto andava bene. In quel periodo, si trovava nell’umore degli sforzi sovrumani e reclamava a gran voce le centrotrenta sterline per Dandy. Dopo quanto era successo, Mark non se la sentiva di rispondere che non avrebbe pagato nulla finché le cambiali non fossero state al sicuro, quindi con l’aiuto del signor Forrest della banca inviò il prezzo di Dandy all’amico Sowerby a Londra.
E Lucy Robarts… dobbiamo ora parlare un po’ di lei. Si è visto come, quando il mondo era ai suoi piedi, ella avesse mandato via il nobile corteggiatore, non solo respingendolo ma respingendolo così da insegnargli a non offrirle mai più il dolce incenso dei suoi voti. Gli aveva detto apertamente di non amarlo, gettando così via non solo ricchezze, onori e una alta posizione sociale ma ancor più – e molto peggio – gettando via l’amore dell’uomo a cui il suo cuore appassionato si stringeva. Che il suo amore si aggrappasse a lui, Lucy lo sapeva anche allora e lo ammise senza riserve non appena egli se ne fu andato. Tanto aveva potuto l’orgoglio di Lucy e la ferma decisione che Lady Lufton non la guardasse torva e l’accusasse di aver intrappolato il figlio.
So quello che si dirà di Lord Lufton, che messi da parte il titolo, le proprietà terriere e la bella faccia florida non valeva gli affanni e l’amore di un ragazza. Si dirà così perché la gente pensa che gli eroi dei libri debbano essere di molto superiori agli eroi preparati per l’ordinario consumo del mondo. Tanto vale che confessi che di assoluto, puro eroismo nella composizione di Lord Lufton ce ne era solo una quantità moderata, ma che ne sarebbe del mondo se solo i veri eroi fossero considerati degni dell’amore delle donne? Che farebbero gli uomini? E che… oh, che accadrebbe delle donne? Lucy Robarts in cuor suo non attribuiva all’innamorato respinto molto più eroismo di quando in realtà gli spettasse… forse non gli riconosceva pienamente quel tanto di eroismo che in realtà egli possedeva, ma tuttavia sarebbe stata ben felice di sposarlo se avesse potuto farlo senza ferire il proprio orgoglio.
Che le ragazze non debbano sposarsi per denaro, siamo tutti d’accordo. Una signora che può vendersi per un titolo o una tenuta, per una rendita o una parure di diamanti di famiglia, tratta se stessa come un allevatore tratta le pecore e i buoi; non ha maggiore considerazione di sé, del suo io interiore in cui sono compresi anima e intelletto, della povera infelice del suo sesso che si guadagna da vivere al livello più basso della degradazione. Ma un titolo, una proprietà e una rendita sono cose che pesano nel bilancio per tutte le figlie di Eva, così come per tutti i figli di Adamo. L’orgoglio di rango e il poter vivere bene agli occhi del mondo sono cari a tutti noi. Solo, nel riconoscerlo, ricordiamoci che possono esserci prezzi troppo alti per quei beni. Pertanto, volendo anche dire la verità in questa storia, devo confessare che Lucy pensava con un certo rimpianto a quel che avrebbe significato essere Lady Lufton. Essere la moglie di un simile uomo, la padrona di un tale cuore, la signora di un siffatto destino – il mondo non avrebbe potuto far di più o di meglio per lei! Ed ella aveva gettato via tutto ciò per non dover sopportare che Lady Lufton la definisse una ragazza intrigante e scaltra. Mossa da quel timore lo aveva respinto con una bugia quando, in un simile frangente, sarebbe stato estremamente vantaggioso per lei dire la verità.
Tuttavia era allegra con il fratello e la cognata. Era quando si trovava da sola, di notte nella sua stanza o durante le passeggiate solitarie, che un’unica lacrima silenziosa si formava all’angolo degli occhi e pian piano le bagnava le ciglia. “Mai svelò il suo amore” né permise alla dissimulazione di “consumarle le rose del bel viso”.15 In tutte le occupazioni, nelle abitudini domestiche e nella consueta, tranquilla allegria, era quella di sempre. Ma non di meno si struggeva sinceramente per il perduto amore e le ambizioni distrutte.
«Andremo fino a Hogglestock stamattina» disse Fanny un giorno a colazione. «Presumo, Mark, che non verrai con noi…».
«Beh, no; credo di no. Il calessino da pony è una disgrazia per tre persone».
«Oh, quanto a questo pensavo che il nuovo cavallo avrebbe potuto portarti fin là. Ti avevo sentito dire che volevi vedere il signor Crawley».
«Infatti, e il nuovo cavallo, come lo chiami, mi porterà là domani. Puoi dire che arriverò verso le dodici».
«Farai meglio a dire prima, visto che è sempre fuori per la parrocchia».
«Molto bene, di’ alle undici. Vado per questioni della parrocchia, quindi il rimanere in casa per me non deve urtargli la coscienza».
«Bene, Lucy, dovremo andare da sole, questo è quanto. Tu sarai cocchiere all’andata e poi cambieremo al ritorno». Lucy fu d’accordo su tutto e non appena ebbero finito il lavoro a scuola, partirono.
Non avevano detto una parola su Lord Lufton dalla sera in cui avevano passeggiato insieme in giardino ed era ormai passato più di un mese. Lucy in quell’occasione si era comportata in modo da convincere la cognata che fino a quel momento non c’erano state scene d’amore e da allora non era successo nulla che destasse sospetti nella mente della signora Robarts. Si era subito accorta che la profonda amicizia tra i due era finita e credeva che tutto andasse bene.
«Sai, ho idea che Lord Lufton sposerà Griselda Grantly» disse quel giorno in carrozza.
Lucy non poté impedirsi di dare una tiratina alle redini che reggeva e sentì che il sangue le correva veloce al cuore. Ma non si tradì. «Forse sì» disse e poi toccò leggermente il pony con la frusta.
«Oh, Lucy, non voglio che Puck sia battuto. Stava andando molto bene».
«Chiedo scusa a Puck. Ma sai che quando ci si ritrova con una frusta tra le mani, si prova un forte desiderio di usarla».
«Oh, ma tu dovrai tenerla ferma. Sono quasi sicura che Lady Lufton sarebbe contenta del matrimonio».
«Direi di sì. Credo che la signorina Grantly avrà un notevole patrimonio».
«Non si tratta solo di questo, è il genere di signorina che piace a Lady Lufton. È elegante e molto bella…».
«Andiamo, Fanny!».
«Penso davvero che lo sia, non la definirei gradevole, capisci, ma molto bella. E poi è calma e riservata, non è smaniosa e sono sicura che è coscienziosa nello svolgimento dei suoi doveri».
«Molto coscienziosa, non ho dubbi», disse Lucy con una punta di scherno nel tono di voce «il problema è se piaccia a Lord Lufton, suppongo».
«Penso di sì… in un certo senso. Non parlava con lei quanto con te…».
«Ah, quella era tutta colpa di Lady Lufton, perché non lo aveva fatto etichettare a dovere».
«Non sembra che ci siano stati molti danni…».
«Oh, grazie a Dio pochissimi. Quanto a me, non dubito che supererò la cosa in tre o quattro anni… cioè, se potrò avere del latte d’asina e cambiare aria».
«Ti porteremo a Barchester per quello. Ma come stavo dicendo penso davvero che a Lord Lufton piaccia Griselda Grantly».
«In tal caso penso proprio che abbia un cattivo gusto non comune» disse Lucy con una serietà che differiva molto dal tono scherzoso usato fino allora.
«Ma come, Lucy!» le disse la cognata guardandola. «Allora ho paura che ci vorrà davvero il latte d’asina».
«Forse, considerata la mia posizione, non dovrei sapere nulla di Lord Lufton, visto che sostieni sia molto pericoloso per le signorine conoscere i giovanotti. Ma io invece lo conosco abbastanza da sapere che non dovrebbe piacergli una ragazza come Griselda Grantly. Dovrebbe sapere che è solo un automa, fredda, priva di vita, d’anima e pure priva di spirito. Credo che non ci sia nulla in lei mentalmente parlando, qualsiasi possano essere le sue alte virtù morali. Per me è molto più vicina a una statua di qualsiasi altro essere umano che abbia visto. Sedere immobile e farsi ammirare è tutto quel che desidera e se non può avere questo, sedere immobile e non essere ammirata quasi le basterebbe. Io non venero Lady Lufton come te, ma ho di lei un’opinione sufficientemente buona da meravigliarmi per la scelta di una simile ragazza come moglie di suo figlio. Che desideri questo matrimonio, non ho dubbi. Ma sarei davvero molto sorpresa se anche lui lo desiderasse» e mentre terminava di parlare Lucy frustò di nuovo il pony. Lo fece per irritazione perché sentiva che un rossore rivelatore le aveva soffuso il viso.
«Beh, Lucy, se fosse tuo fratello non potresti essere più preoccupata».
«No, non potrei. È l’unica amicizia maschile che abbia mai avuto e non sopporto il pensiero che lui si getti via. È tremendamente disdicevole preoccuparsi di una cosa simile, non c’è dubbio».
«Credo si debba riconoscere che se lui e la madre sono contenti, anche noi possiamo esserlo».
«Io non ne sarò contenta. Non serve che mi guardi Fanny. Me ne farai parlare e non dirò bugie sull’argomento. Sì, mi piace molto Lord Lufton e quasi altrettanto mi dispiace Griselda Grantly. Perciò non sarò contenta se diventeranno marito e moglie. Comunque penso che nessuno dei due chiederà il mio consenso né è probabile che lo faccia Lady Lufton». Detto ciò procedettero forse per un quarto di miglio senza parlare.
«Povero Puck!» disse alla fine Lucy. «Non sarà più frustato, vero, solo perché la signorina Grantly sembra una statua? E Fanny, non dire a Mark di mettermi in un manicomio. Anche io so distinguere un falco da un airone ed è per questo che non mi va di vedere un matrimonio così inopportuno». Non venne detto altro sull’argomento e in due minuti giunsero alla casa dell’ecclesiastico di Hogglestock.
La signora Crawley aveva portato con sé due bambini quando era giunta a Hogglestock dalla curazia in Cornovaglia e da allora altri due si erano aggiunti alle sue cure. Una di loro era adesso malata di laringite difterica ed era con lo scopo di offrire un po’ d’aiuto e conforto che veniva fatta l’attuale visita. Le due signore scesero dalla carrozza dopo aver ottenuto i servigi di un ragazzo per tenere Puck e subito si trovarono nell’unico soggiorno della signora Crawley. La signora sedeva là facendo dondolare col piede una culla mentre teneva in grembo un bebè di circa tre mesi, poiché la maggiore, a causa della malattia, aveva usurpato il posto dell’ultimo nato. Nella stanza c’erano anche altri due bambini, molto più grandi. La primogenita era una bambina di forse nove anni, e l’altro un bambino di tre anni più piccolo. Stavano a fianco del padre il quale si sforzava diligentemente di iniziarli ai primi misteri della grammatica. A dire il vero la signora Robarts avrebbe preferito che il signor Crawley non fosse lì, perché aveva portato con sé alcuni articoli di contrabbando: regali per i bambini, come dovevano essere chiamati, ma in realtà aiuti per quella povera madre tanto provata, aiuti che sapevano sarebbe stato impossibile introdurre alla presenza del signor Crawley.
La signora Crawley, come abbiamo detto, non era così macilenta, né così completamente disfatta come nell’ultimo tremendo periodo in Cornovaglia. Gli sforzi combinati di Lady Lufton e della signora Arabin e il povero conforto delle migliori entrate, per quanto ancora miserevoli, erano in parte serviti a riportarla nel mondo in cui aveva vissuto i giorni felici della sua infanzia. Ma anche il generoso stipendio di centotrenta sterline l’anno – generoso secondo la scala in base a cui sono distribuite le rendite degli ecclesiastici in alcuni dei nostri nuovi distretti – non consentiva a un gentiluomo con moglie e quattro figli di vivere con le ordinarie comodità della famiglia di un artigiano. Per quel che riguardava il semplice mangiare e bere, la quantità di carne, tè e burro consumata era tale che qualunque artigiano l’avrebbe considerata compatibile solo con una dieta al limite della fame. Erano necessari indumenti migliori per i bambini e abiti migliori per lui. Quanto a quelli di lei, le mogli di ben pochi artigiani avrebbero tollerato il suo miglior vestito. La stoffa con cui era fatto l’aveva pagata la madre di lei quando con gran difficoltà aveva dato alla figlia il modesto trousseau di nozze.
Lucy non aveva mai visto la signora Crawley. Le visite a Hogglestock non erano frequenti e generalmente venivano fatte insieme da Lady Lufton e la signora Robarts. Si sapeva che risultavano sgradite al signor Crawley, il quale provava una selvaggia soddisfazione nel venir lasciato a se stesso. Si può quasi dire che fosse in collera con coloro che lo aiutavano e certamente non aveva mai perdonato al decano di Barchester di aver pagato i suoi debiti. Il decano inoltre gli aveva dato l’attuale beneficio e di conseguenza il vecchio amico non gli era ora così caro come nei tempi andati, quando arrivava a quella fattoria squattrinato quasi quanto lo stesso curato. Allora camminavano insieme per ore lungo la spiaggia circondata da rocce, ascoltando le onde, discutendo di profondi misteri teologici, talvolta con furia ardente, poi di nuovo con tenera, amorevole carità, ma sempre riconoscendo la reciproca sincerità. Ora vivevano relativamente vicini ma non sorgevano opportunità per tali discussioni. A ogni modo ogni tre mesi il signor Crawley veniva pressantemente invitato al decanato dal vecchio amico e il Dottor Arabin aveva promesso che non ci sarebbe stato nessun altro se al signor Crawley non andava di vedere gente. Ma non era quello che il signor Crawley voleva. L’eleganza e lo splendore del decanato e la comodità di quella calda, accogliente biblioteca, lo riducevano subito al silenzio. Perché il Dottor Arabin non veniva a Hogglestock e vagava con lui per i vicoli sporchi come solevano fare? Allora sì che sarebbe stato bene, allora sì che avrebbe potuto parlare e i vecchi tempi sarebbero tornati per loro. Ma ora!… «Ora Arabin cavalca sempre un bel cavallo dal manto lucido» aveva una volta detto alla moglie con un sogghigno. La sua povertà era stata tanto terribile che non gli riusciva di amare un amico ricco.
15 Shakespeare.