IX

Alle 15.30 il Bernasconi aveva terminato il giro delle tabaccherie. Di sabato erano tutte aperte, solo in una non c’era il titolare e aveva perso un po’ di tempo per cercarlo. Lo aveva poi trovato sul lungolago che pescava alborelle, ma nel suo cesto c’era solo un alburno.

Nessuno vendeva quelle sigarette; alcuni si erano offerti di ordinarle, altri addirittura neanche le conoscevano. Giorgio Foppa, della tabaccheria omonima, fu l’unico che fornì una notizia utile: qualche giorno addietro una donna le desiderava e lui l’aveva indirizzata dal Bosia, giù in centro. Di quella donna non si ricordava quasi nulla, a eccezione di un particolare accento straniero, forse tedesco.

Le considerazioni del delegato sembrano esatte, rifletteva il Bernasconi, una donna con un accento tedesco stava cercando le sigarette russe. Il fatto che le avesse trovate in un solo posto tornava a loro vantaggio: se la pista intuita dal Beretta fosse stata esatta, avrebbero potuto organizzare degli appostamenti a breve perché tre pacchetti di sigarette non durano granché.

Ora doveva pensare all’auto a tre ruote.

Pinin Farelli era sdraiato sotto un’Alfa Romeo Super Sport rossa del ’29, di lui si vedevano solo i piedi. Nell’officina non c’era nessun altro. Il silenzio feriale era rotto, di tanto in tanto, dal rumore provocato dal cozzare del metallo contro metallo. Nell’aria c’era odore di benzina, di grasso lubrificante e un pungente olezzo di stracci usati per pulire olio da motore e mani nere.

«Ehi Pinin!» fece il Bernasconi sollecitandolo con un colpetto sui piedi.

L’altro si fece scivolare con il carrello da sotto l’auto e con una certa agilità si alzò in piedi.

«Buongiorno, appuntato, che ci fa da queste parti? Non mi dica che avete già problemi con la 518 Ardita dell’anno scorso».

«Nessun problema, la Fiat funziona benissimo. Mi servono informazioni».

«L’ascolto».

«Vorrei sapere tutto sulle auto a tre ruote in commercio».

«Però! Volete fare nuovi acquisti giù al comando?».

«Nessun nuovo acquisto. Mi puoi aiutare?». L’appuntato rispondeva conciso, non comunicava oltre il necessario e manteneva un tono distaccato, professionale, nonostante conoscesse bene il Pinin.

«Lei è dalla persona giusta, mi segua» disse il meccanico avvicinandosi a un bidone di latta da dove estrasse una specie di pasta gelatinosa. Strofinò con energia le mani e le risciacquò con acqua corrente, tant’è che divennero linde dopo pochi passaggi.

Entrarono in uno stanzino usato come ufficio, pieno di carte e plichi di giornali accatastati dappertutto. Alle pareti vi erano delle scaffalature in metallo, fatte in casa, precise e verniciate di rosso amaranto. Negli spazi liberi, facevano bella mostra fotografie incorniciate di assi del volante: Guy Moll su Ferrari, Felice Nazzaro su Fiat, Tazio Nuvolari su Alfa Romeo, e altri ancora. Prospiciente l’ingresso, la scritta «Oggi non si fa credito, domani sì» chiariva con certezza le regole del garage. Il Farelli fece accomodare il gendarme e si sedette a sua volta dietro la scrivania, si girò e iniziò ad arrabattarsi tra i fogli appoggiati sui ripiani, che sembravano disordinati, ma in realtà erano disposti secondo un ordine ferreo.

«Ecco qua» fece il garagista appoggiando sulla scrivania un plico di pagine ritagliate con cura dalle riviste. «Questa documentazione dovrebbe essere esauriente».

«Recente e completa?» domandò Tranquillo.

«Non è che ci sia una grande scelta sul mercato. Di recente c’è questo bolide della Morgan Motor Company. Sono esperti in auto a tre ruote, hanno anche altri modelli».

Con la passione che gli affiorava da ogni poro, il Farelli sfogliava i suoi ritagli con minuziosa attenzione per non stropicciarli e, dopo averli fissati amorevolmente come fossero ritratti di famiglia, li commentava uno a uno mostrandoli al gendarme.

Nessuna di quelle auto, però, dava l’impressione di essere quadrata; anzi, l’assenza di una ruota posteriore le faceva sembrare piuttosto triangolari.

«Conosci un modello a tre ruote che ha la sagoma, diciamo così, quadrata?».

Il garagista fece una pausa, si concentrò: «Di quelle moderne non mi pare, forse quelle vecchie con le ruote di legno o a raggi fini, i tricicli della fine del secolo scorso».

«Hai delle fotografie?».

Pinin si girò di nuovo e dal fondo di uno dei plichi estrasse un paio di fotografie: una raffigurava una Patent Motorwagen del 1888, e l’altra una De Dion-Bouton 1887. Al Bernasconi, più che auto, parevano dei trattori.

«Deve capire che ci sono pochissimi modelli...» spiegò il Farelli davanti all’atteggiamento insoddisfatto del gendarme.

«Di’ un po’, da noi ce ne sono?».

«Magari. Io non ne ho mai viste».

Tranquillo, scoraggiato dall’infruttuosa ricerca, ringraziò il meccanico e, prima di lasciare il garage, chiese qualche fotografia. Il Farelli, riluttante a consegnare ad altri i pezzi della sua collezione, si fece giurare sull’arma che gliele avrebbe restituite senza neanche la più piccola sgualcitura.

Sotto la tettoia dell’ingresso, si fermò alcuni istanti, appuntò su un foglio certe note sulle sigarette russe e quanto saputo a proposito delle auto a tre ruote, concludendo il suo breve scritto con un “Nulla di utile”. Attraversò la strada e si diresse verso l’auto di servizio posteggiata dall’altra parte di via Balestra.

«Non ci posso credere» esclamò ad alta voce. «Non ci posso credere...».

Iniziò a correre con l’animo in subbuglio per l’inaspettata scoperta. «Ma certo, che imbecille! Ecco la soluzione. Per la miseria, come ho fatto a non arrivarci subito? Devo trovare subito il Beretta e informarlo».