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La tigre ruggì.
Nikolaj prima sussultò, perché si trovava in una città densamente popolata, non in una giungla remota. Poi si ricordò che Bay Vien aveva uno zoo privato nella sua grande villa ai confini di Cholon. Si bloccò un istante, poi riprese a costeggiare l'alto muro di pietra della fortezza urbana di Bay Vien.
Aveva passato le ore del crepuscolo nascosto negli angoli bui della pagoda di Quan Am, sulla via Lao Tu, nel centro di Cholon. I pochi fedeli che venivano di sera ad adorare il Buddha Amithaba si inchinavano e recitavano i loro "Namu Amida Butsu" senza accorgersi di lui. Quando il sole era calato e il quartiere era stato illuminato solo dai lampioni, si era arrischiato a uscire. Ma si era tenuto nei vicoli sul retro, evitando i dintorni del Grand Monde e del Parc Aux Buffes.
Non poteva ancora sapere chi aveva cercato di ucciderlo o di rapirlo. Poteva essere Bao Dai o Diamond o Haverford. L'aggressione era arrivata dieci minuti dopo che Haverford gli aveva dato appuntamento allo Sporting Bar e l'aveva lasciato. Non perdeva tempo, l'efficiente Ellis Haverford.
Ma Nikolaj non poteva esserne sicuro.
Forse era la Sûreté o il Deuxième Bureau. Potevano addirittura essere i Viet Minh, se si erano convinti che lui li aveva traditi.
Nikolaj aspettò il buio, poi si diresse verso la sontuosa residenza di Bay Vien. E se è stato Bay Vien a decidere di farmi uccidere? si chiese Nikolaj. In questo caso sono morto.
Da una cucina all'aperto aveva preso un pezzo di carbone caldo e se l'era messo in tasca. Adesso, accoccolato dietro al muro della villa di Bay Vien, tirò fuori il carbone, lo usò per annerirsi la faccia e le mani, poi lo gettò fra i cespugli.
Un doppio filo spinato sormontava il muro alto due metri e mezzo, che aveva in cima dei cocci di vetro - per lo più di bottigliette di Coca-Cola, notò Nikolaj. Una massiccia torre di guardia si levava accanto al cancello corrispondente all'ingresso principale e dei proiettori si muovevano avanti e indietro, come nel cortile di una prigione.
Non c'è altra possibilità, pensò Nikolaj, che scavalcare il muro.
Era un peccato sacrificare la giacca di sartoria, ma Nikolaj se la tolse, aspettò che il proiettore compisse il suo giro e la gettò sul filo spinato. Poi spiccò un salto, si aggrappò alla giacca, che le spine tenevano ferma, e si lanciò in cima al muro. Rimase lì in equilibrio precario finché il proiettore non finì un altro giro, poi si lasciò cadere a terra.
Qualcosa si mosse sotto di lui.
Nikolaj represse un grido mentre il boa constrictor gli scivolava sotto, con i muscoli potenti che strisciavano contro le sue costole. Il serpente era lungo quattro metri buoni e scintillava alla luce della luna. Girò la testa, guardò Nikolaj per un istante e poi tirò fuori la lingua per stabilire se quella creature era commestibile.
"No," mormorò Nikolaj.
Il serpente si allontanò, molto più lentamente di come Nikolaj avrebbe desiderato. Un sensei avrebbe definito il serpente un presagio, un sifu cinese gli avrebbe consigliato di emulare il serpente - uno dei cinque animali modello del kung-fu shaolin.
Così Nikolaj diventò serpentino mentre scivolava sul prato perfettamente rasato, sull'erba umida per la rugiada serale, inzuppandosi la camicia. Si tenne vicino al terreno, gelato, con la faccia premuta sull'erba quando il proiettore faceva il suo giro.
Poi vide la tigre.
Era in una gabbia, a circa cinque metri sulla sua sinistra.
Emise un ruggito basso e minaccioso e Nikolaj sentì un'ondata di terrore primordiale - un relitto atavico, pensò, dai tempi in cui la nostra specie viveva sugli alberi. Gli occhi della tigre erano bellissimi da guardare, incantevoli nel vero senso della parola, e Nikolaj si sentì attratto nell'orbita dell'animale.
E così che succede? si chiese. Appena prima di morire, sei immobilizzato dallo stupore sull'altare del sacrificio? Ti accorgi dello splendore del mondo appena prima di lasciarlo?
Incrociò lo sguardo della tigre.
Due predatori, pensò, che si incontrano di notte.
Poi si ricordò dell'adagio cinese: Quando due tigri lottano, una resta uccisa, l'altra mortalmente ferita.
Devo tenerlo a mente.
Annuì verso la tigre in gabbia e riprese a strisciare lentamente.
Si fermò a una trentina di metri dalla casa e osservò le guardie che pattugliavano il perimetro. Erano quattro e i loro percorsi si incrociavano davanti alla casa. Armate con fucili americani, camminavano silenziosamente e non si parlavano incrociandosi. Bastava un rapido cenno per indicare che era tutto in ordine.
La cosa bella delle guardie, pensò Nikolaj, è che ti indicano il bersaglio. Ciascuna di esse si metteva leggermente sull'attenti e impugnava il fucile pronta a sparare quando passava davanti a una certa finestra del secondo piano. Dalle tende filtrava la luce. La finestra stessa era aperta, ma protetta da una grata di ferro.
Bay Vien era in casa, in camera sua.
Con infinita pazienza - e grato ai suoi maestri giapponesi che gli avevano insegnato questa virtù - Nikolaj strisciò lentamente intorno alla villa, in cerca di un punto debole.
Lo trovò sul retro, vicino alla cucina.
Un cuoco in giacca bianca era seduto su uno sgabello accanto alla porta aperta. A testa bassa, i gomiti sulle cosce, fumava una sigaretta.
Nikolaj gli strisciò più vicino e sentì il tipico odore di nuoc mom, l'inconfondibile zuppa di pesce vietnamita che costituiva la base della dieta contadina. Nikolaj concentrò tutta la sua attenzione sul senso dell'udito e ascoltò. Il cuoco parlava con qualcuno all'interno. Per fortuna parlava in cinese e Nikolaj seppe che il ragazzo all'interno era un sottoposto, uno sguattero, che si chiamava Cho e che la zuppa era quasi pronta per cui Cho non doveva sparire a schiacciare un pisolino da qualche parte, se non voleva perdere le palle.
Nikolaj aspettò e osservò l'andirivieni delle guardie. C'era un buco di trenta secondi alla porta della cucina.
Nikolaj chiuse gli occhi e ordinò alla propria mente di concedergli cinque minuti di riposo. Sapeva di essere stanco per la lotta sostenuta in strada e la fuga a Cholon, sapeva di dover concentrare le proprie energie - il prossimo colpo doveva essere rapido e deciso.
Quando si svegliò, il cuoco aveva finito la sigaretta ed era tornato in cucina.
Nikolaj si alzò sui gomiti e aspettò che arrivasse la prossima guardia. La sentinella si avvicinò alla porta della cucina e…
… si fermò. Il cuoco uscì e gli diede quello che sembrava un pezzo di pesce. La guardia si mise il fucile in spalla, ringraziò il cuoco e rimase lì a mangiare.
Maledetto, pensò Nikolaj.
Si rimise a terra e attese.
La guardia mangiò rapidamente, ma turbò il ritmo dei giri e ci volle un'altra mezz'ora prima che le guardie lo riprendessero. Allora Nikolaj aspettò che una guardia passasse davanti alla cucina, si alzò in piedi e corse alla porta.
Il cuoco, intento a mescolare la sua zuppa, non si accorse di nulla. Nikolaj lo colpì con un pugno alla nuca e lo afferrò prima che cadesse in avanti sulla stufa, lo trascinò in un angolo e lo depose gentilmente a terra.
Sarebbe stato più semplice ucciderlo, ma l'uomo era innocente e Nikolaj sapeva che Bay Vien non avrebbe facilmente perdonato l'uccisione di uno dei suoi.
Nikolaj si mise dietro la porta che dava verso l'interno della casa e gridò in cinese: "Cho, stupido inutilaccio che non sei altro! La zuppa è pronta!"
Il giovane cameriere entrò di corsa, diretto contro lo shuto di Nikolaj, e cadde a terra.
Nikolaj si strinse alla parete mentre fuori passava un'altra guardia, poi trovò una giacca da cameriere un po' più lunga appesa a un gancio nella dispensa, si mise in testa il berretto rotondo nero del cameriere, mise due ciotole di zuppa su un vassoio e si diresse di sopra.
La guardia in fondo alle scale annuì bruscamente, poi si insospettì notando l'altezza del cameriere.
Era troppo tardi.
La mano a zampa di leopardo di Nikolaj scattò, con le dita piegate ma non chiuse a pugno. Le sue seconde falangi colpirono la guardia sul naso con forza sufficiente a far penetrare l'osso nel cervello, ma non a uccidere. Nikolaj sostenne l'uomo con un braccio e lo accompagnò a terra in modo che la pistola non facesse rumore. Gli tolse la calibro 45, si infilò l'arma nella manica e salì le scale.
Il suo senso di prossimità gli disse che c'era un'altra guardia davanti alla porta di Bay Vien.
In effetti la guardia sentì i suoi passi e gli diede la voce: "Cho?"
"Ho la cena del padrone."
"Era ora."
Come Nikolaj temeva, la porta si trovava in fondo a un corridoio, cosa che avrebbe lasciato alla guardia tutto il tempo di vedere che lui non era Cho. Maledicendo il suo fisico da occidentale, Nikolaj strinse il mento sul petto, sperando di guadagnare qualche istante prezioso.
Rialzò la testa, prese un cucchiaio dal vassoio e lo tirò come una stella ninja proprio mentre la guardia impugnava la pistola. Il cucchiaio rotante colse la guardia nell'occhio e gli spinse indietro la testa.
Il colpo finì alto.
Nikolaj scattò in avanti, afferrò il polso armato e lo tirò verso l'alto. Appena sentì che l'uomo spingeva verso il basso, seguì il suo movimento e spinse insieme a lui, facendo compiere al braccio un giro intero e slogandogli la spalla. Poi girò in senso opposto, face lo sgambetto alla guardia e quando l'uomo cadde lo colpì sulla gola.
Superò il corpo esanime, tirò fuori la pistola e aprì la porta con un calcio.