9

Anversa

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno seguente, Massimiliano era in gran forma; non aveva neppure i postumi della sbornia. Thomas pensò che avesse di nuovo bevuto l’intruglio che aveva dato anche a lui quando erano a Bellagio. Inoltre, il napoletano era giunto con buone nuove. Avrebbero lasciato la casa di Clara per proseguire in direzione nord, fino ad Anversa. E non sarebbero partiti da soli, perché a loro si sarebbe unita anche Clementine, la donna con la quale aveva passato la notte. Clementine era piuttosto bassa, con fianchi, seno e viso rotondi e una voce stridula. I suoi capelli, neri e crespi, formavano grossi ricci che le ricadevano sopra le spalle.

Thomas ci mise un po’ prima di reagire alla notizia, continuava a chiedersi cosa potesse essere cambiato durante la notte. Ma non si poteva opporre: in fondo Massimiliano l’aveva aiutato nel momento del bisogno, gli aveva salvato la vita dandogli un passaggio e, soprattutto, non lo aveva denunciato quando erano a Milano. Ma, proprio quando aveva deciso di rinegoziare i termini del loro accordo, era saltato fuori quell’inconveniente inaspettato, e come se non bastasse, Thomas non si fidava di quella donna, che non faceva altro che ridere ed era riuscita ad abbindolare il napoletano in una sola notte.

Clara e i suoi figli furono rattristati dalla notizia della loro partenza. Sapevano che i due erano solo di passaggio ma, in un certo qual modo, avevano sperato che la coppia di forestieri sarebbe rimasta con loro. Durante il periodo trascorso lì, Thomas si era affezionato ai bambini e alla loro madre, molto più affascinante e dolce di Clementine. Clara aveva una bella casa e in cucina ci sapeva davvero fare, per questo Thomas non riusciva davvero a capire perché Massimiliano non avesse corteggiato lei invece di cadere tra le braccia di Clementine. I bambini salutarono Luna con le lacrime agli occhi. Si erano abituati a giocare con lei e a darle da mangiare. Thomas regalò loro il vecchio cappotto che gli era stato dato da Massimiliano, a lui stava troppo stretto mentre ai bambini avrebbe fatto comodo.

Il nuovo trio viaggiò fino a Gembloux; ora era Clementine a stare in cassetta assieme a Massimiliano, mentre Thomas si vide relegato nella parte posteriore insieme a Luna. L’uomo si mise a canticchiare e, per la sfortuna di Thomas, Clementine non smise un attimo di ridere.

A Gembloux trovarono alloggio in una locanda. Quella fu la prima volta che Thomas dormì separato dall’uomo. Il giovane condivise una camera con altri viaggiatori, mentre Massimiliano e Clementine beneficiarono di una stanza tutta loro. E ne goderono a pieno; i gemiti e le grida di entrambi tennero svegli gli ospiti della locanda, che non chiusero occhio per tutta la notte. Thomas sentì commenti di ogni genere sulle doti amatoriali della coppia e, al mattino seguente, i due apparvero felici e come ringiovaniti di almeno dieci anni.

L’arrivo di Clementine aumentò anche le spese, non solo quelle per il vitto e l’alloggio, ma anche per i vestiti, i profumi e altri capricci della donna, quindi dovevano guadagnare di più con i loro spettacoli.

Quando la coppia era intenta a scambiarsi effusioni, Thomas si occupava di Luna, ormai sempre più anziana e debole, e cercava di apprendere la lingua di quella zona delle Fiandre.

Clementine non parlava molto con lui e Thomas era certo di non piacerle. La donna lo metteva in chiaro lamentandosi sempre del suo aspetto e, in particolare, dei suoi capelli lunghi e dei suoi vestiti trasandati. A Thomas non importava, ovviamente avrebbe voluto indossare vestiti migliori, ma non poteva permetterseli in quanto Massimiliano lo pagava una miseria.

Dopo Gembloux, si esibirono con successo in un paio di cittadine prima di giungere ad Anversa, uno dei centri commerciali più prestigiosi del nord Europa. Bastava guardare come vestiva la gente del posto per capire che era una città molto ricca. Per le strade di Anversa c’era tanto rumore, cosa che Thomas non amava affatto. C’era gente che gridava a ogni angolo, nel mercato, nei negozi, al porto, mentre lui preferiva il silenzio, in particolare quando leggeva il suo libro e voleva mantenere la concentrazione.

La prima cosa che fece Massimiliano fu cercare una casa; andò a chiedere informazioni al mercato fino a quando non incontrò un uomo dall’aspetto sinistro che gli assicurò di potergli offrire un’ampia scelta di case in tutta la città. All’inizio i due si intesero a meraviglia, perché in un certo senso si somigliavano, parlavano tanto e gesticolavano ancora di più, ma le cose cambiarono quando si iniziò a negoziare sul prezzo.

«Ma è un patrimonio! Neanche fossimo a corte», sbottò il napoletano.

«Siamo ad Anversa, tutti vogliono venire a vivere e ad arricchirsi qui. La città offre molto lavoro, tramite il porto si fanno affari e si commercia con tutta Europa, e poi qua ci sono le migliori tipografie», disse, «e siccome arrivano molti forestieri, i prezzi salgono».

«Ma sono esagerati».

«Oggi ti ho detto dieci, magari domani varrà dodici e dopodomani quattordici», l’uomo si strinse nelle spalle, «non troverai niente di più economico».

«C’è qualche problema, tesoro?», chiese Clementine, prendendolo sottobraccio.

«No», bofonchiò Massimiliano.

Thomas vide che l’amico aveva stretto i pugni e gli si stavano gonfiando le vene sulla fronte.

«Chi è questo signore tanto elegante?». Clementine, invece, sembrava molto tranquilla.

«Pieter Tillemans, bella signora».

«Signora, ha detto… che gentile. Massimiliano, mi piace il tuo amico, si vede che è un gran signore», disse, con la sua risata fastidiosa.

«Stavo dicendo a vostro marito…».

«Mio marito? No, no, non siamo ancora sposati».

«Non so cosa stia aspettando! Una donna come voi non si incontra tutti i giorni».

«Ma cosa dite…».

«Basta», intervenne Massimiliano.

«Scusatemi, signora. Stavo dicendo al vostro… compagno che ho la casa perfetta per una dama come voi».

«Bene, stavamo negoziando», disse Massimiliano.

«Com’è questa casa? Ditemi, signor Tillemans».

«Per favore, chiamatemi Pieter. È una casa situata nel centro di Anversa, ha un’unica stanza ma parecchio grande, la cucina è molto ampia e dispone di una cantina al piano terra».

«È perfetta», aggiunse la donna.

«E Thomas, dove dormirà?»

«Nella cantina. Caro, sei troppo accondiscendente con quel giovane, gli dai da mangiare e un tetto sopra la testa, in molti vorrebbero avere la sua stessa fortuna».

«Ma se neppure lo pago!».

«E fai bene», disse Clementine.

«Perdonate, avete deciso di prendere o no la casa?», li interruppe Tillemans. «Non posso stare qui tutto il giorno e ci sono altri clienti interessati».

«D’accordo», cedette Massimiliano, «ma a un prezzo migliore».

«Impossibile».

«Ti pagherò in anticipo se abbassi il prezzo di un quarto».

«In anticipo? Affare fatto», e gli strinse la mano.

Thomas assistette attonito alla scena. Dov’erano finite le doti da imbonitore di Massimiliano? Con quell’uomo si era comportato come un agnellino, non sembrava più lui. Clementine aveva il potere di annebbiare il cervello di quello che una volta era uno scaltro esploratore e si prospettavano tempi difficili. Thomas non poté far altro che adattarsi alla nuova situazione, ma almeno aveva un posto dove dormire.

Massimiliano conosceva bene Anversa e Thomas ebbe modo di constatarlo mentre si dirigevano al molo, dove il napoletano fece affari con uno spagnolo, un tale Rodrigo De la Fuente. Era un uomo dal viso malvagio e le braccia piene di cicatrici, che li guardava con supponenza.

«È lui a procurarmi il tabacco», gli sussurrò Massimiliano, come se fosse un segreto. «Arriva dalla Spagna nascosto tra la lana».

«Perché lo nascondono?»

«La sua vendita non è vista di buon occhio dalle autorità religiose, ma ho un amico a Siviglia in grado di procurarmelo. Da lì lo invia al nord della Spagna nascondendone una piccola quantità nelle balle di lana, e De la Fuente me la conserva fino a quando io non vengo ad Anversa a recuperarla».

«E se ti scoprono?»

«Ma che dici. Non ti rendi conto che qui nessuno sa cos’è il tabacco? Se qualcuno dovesse trovarlo, penserebbe che sia erba secca», affermò, «non c’è alcun rischio».

Da quando si erano stabiliti in città, Massimiliano passava la maggior parte del suo tempo con Clementine, tra effusioni e sussurri. Thomas non sopportava quella situazione e cercava di distrarsi leggendo il suo libro o uscendo spesso a passeggiare per le strade di Anversa. Si rese conto che quella non era poi una cattiva idea, perché così poteva guardarsi attorno e conoscere cose che non aveva mai visto né ad Augusta né viaggiando in compagnia di Massimiliano. A poco a poco iniziò a sopportare il rumore che lo circondava. In città c’erano negozi di ogni genere, il commercio era l’attività più prolifica e le corporazioni erano raggruppate per strade, cosa che a Thomas sembrò un’idea pratica e brillante.

Si fermò davanti a un negozio che vendeva spezie in piccoli barattoli. Ce n’erano di ogni tipo e tante neppure le conosceva.

«Desiderate qualcosa?», chiese il commesso, che uscì fuori vedendolo curiosare.

«No, ma… avete la noce moscata?»

«Certo, però è la più cara tra le spezie».

Quando gli disse il prezzo per un’oncia, Thomas cambiò espressione.

«Non posso pagarla», confessò.

«Peccato. Vi dedicate al commercio della lana?»

«No, perché lo chiedete?»

«Siete straniero e, tra tutte le attività che prolificano qui ad Anversa, la maggior parte di esse è legata al commercio della lana». Resosi conto che non gli avrebbe venduto nulla, il commesso tornò all’interno del negozio.

Thomas si fece pensieroso e si diresse verso il porto. In effetti, ebbe modo di comprovare che il commercio della lana monopolizzava l’attività della città. Camminò tra le banchine del molo piene di stranieri. Sentì una coppia di marinai che parlavano in francese e si incamminò verso di loro.

«Buonasera», disse nella loro lingua, «siete commercianti di lana?»

«Esatto», rispose il più anziano dei due.

Era un uomo enorme, sembrava avesse due teste e aveva braccia grosse quanto gambe. Non era grasso, ma tutto muscoli, e portava uno strano cappello di colore rosso.

«Ho sentito dire che è la cosa che si commercia di più in città».

«Vero».

«Potrei lavorare con voi?», chiese Thomas.

«Di dove sei?»

«Sono tedesco».

«Ti sei mai imbarcato?»

«Magari, purtroppo no», rispose.

«Allora cercati un altro lavoro, quest’anno il prezzo della lana si è abbassato. C’è troppa gente che lavora nel settore, ti diranno tutti la stessa cosa».

«Capisco…», disse a testa bassa. «Una domanda, per quale ragione la lana è così importante da queste parti?»

«La lana viene usata per la creazione di tessuti pregiati. Sotto il regno di Carlo di Spagna tutte le zone di produzione della lana sono state riunite nel regno di Castiglia, mentre quelle di lavorazione si trovano nelle Fiandre. “Oro bianco”, la chiamano. Navi piene di grossi sacchi di lana partono dalla Castiglia, precisamente da una città chiamata Burgos, e passano dal porto di Bilbao».

«Ma voi siete francesi».

«Assolutamente no, siamo baschi. Siamo stati in molti porti, soprattutto in Francia, per questo conosciamo la lingua».

I baschi gli dissero che Anversa era il principale porto di ricezione della lana e che era stata creata un’istituzione chiamata Borsa, dove gente proveniente da tutti i regni cristiani andava a vendere i propri prodotti, e tra loro c’erano tanti mercanti di lana castigliani.

Thomas non aveva mai mostrato alcun interesse per la lana e lo sorprendeva che avesse tutta quell’importanza. Il marinaio basco gli spiegò anche che, con la nascita dell’industria tessile, Anversa si era trasformata in un immenso e prospero deposito per la lana. Durante l’anno si celebravano quattro fiere e la città era divenuta il referente di tutto il commercio europeo. Ad Anversa vivevano e lavoravano commercianti di lana inglesi, tedeschi, portoghesi, italiani e castigliani… Si raggruppavano per nazione, ciascuna delle quali aveva la propria casa consolare, i propri magazzini e le zone assegnate allo scarico delle navi.

La via più centrale e trafficata di Anversa era proprio quella della Lana, che faceva angolo con via Waag. Lì vivevano i due baschi, nei pressi del palazzo della Borsa, della lega anseatica, delle case consolari di alcune città della Germania del nord e di quella inglese.

In passato, i commercianti non vivevano in città ma in zone limitrofe, dove risultava più facile concludere gli affari, ma ora che Anversa si era ingrandita di molto, nelle città vicine l’attività commerciale era diminuita. Ne erano un esempio Bergas, che restava solo una città di passaggio nonostante la sua famosa fiera; o la cittadina di Brujas, che aveva perso il predominio a seguito del prosciugamento del letto del fiume Zwin, che l’aveva tagliata fuori dal commercio marittimo; o Damme, l’antico porto di Brujas, dove una volta attraccavano le grosse navi d’oltreoceano, prima che la sabbia ricoprisse la costa. Dove prima venivano scaricate le balle di lana, ora c’erano soltanto vacche al pascolo. Fu così che Anversa ottenne il predominio e la centralizzazione del commercio della lana.

Thomas festeggiò l’arrivo del nuovo anno, il primo gennaio del 1519, cenando con Massimiliano e Clementine. La donna si mostrò stranamente gentile con lui, come non era mai stata. Il cambiamento fu talmente evidente che la cosa lo insospettì.

Qualche tempo dopo giunse la notizia che, dopo la morte di Massimiliano i di Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, suo nipote, Carlo i di Spagna, era stato eletto come suo successore e nuovo imperatore. Col nuovo anno arrivò anche un’ondata di freddo gelido, che paralizzò tutte le attività via mare fino alla primavera successiva. Per Massimiliano fu un contrattempo inatteso, che non gli fece giungere la quantità annuale di tabacco della quale era in attesa, mettendo a rischio i suoi affari. Inoltre, Clementine aveva aumentato in modo considerevole le spese, perciò Massimiliano dovette cercarsi una forma di guadagno alternativa.

Una sera di marzo, durante la quale nevicava come se fossero sulle Alpi, Thomas lo accompagnò al molo. Per sua sorpresa, entrarono in un vicolo buio e stretto, dove c’era un odore nauseante, un miscuglio di urina e pesce putrido che gli fece venire la nausea.

«Mi sembri ancora un bambino», disse Massimiliano, tirando fuori un fazzoletto e pulendogli il vomito dalla faccia. «Non sarò sempre al tuo fianco per prendermi cura di te, quindi è ora che tu ti svegli, Thomas».

Mise via il fazzoletto e proseguirono fino a raggiungere una porta sgangherata. Dall’altro lato sembrava esserci un cortile. Thomas si guardò attorno, non capiva cosa ci facessero lì, Massimiliano doveva essersi sbagliato.

Fu allora che la porta si aprì e apparve Rodrigo De la Fuente, che indicò a entrambi di entrare, e subito dopo chiuse la porta e la bloccò con un’asse di legno.

«Eccoci qua, ce l’hai?», chiese Massimiliano, fregandosi le mani.

«Sì», e Rodrigo De la Fuente prese una borsa, la aprì e ne estrasse il contenuto.

Era tabacco. Thomas lo riconobbe dall’odore e dall’aspetto, ed era minuziosamente separato e impacchettato in porzioni tutte uguali.

«Facciamo a metà», disse lo spagnolo, alzando un dito.

«Non se ne parla, due parti a me e una a te. Sono io che lo piazzo, che ci metto la faccia e convinco la gente a comprarlo».

«Ma senza di me l’affare non esisterebbe neanche. Sono io che lo devo trasportare sulle navi, nascosto nelle balle di lana», replicò l’uomo.

«Posso trovare qualcun altro che me lo procuri, ma solo io sono in grado di farlo provare e di venderlo, lo sai bene». Stavolta fu Massimiliano ad alzare l’indice.

«Maledetta canaglia, prima o poi quella tua lingua lunga non ti servirà più a nulla».

«Se lo dici tu». Sorrise e strizzò un occhio a Thomas prima di riaprire la porta e ritrovarsi in quel vicolo nauseabondo.

Thomas trattenne il respiro fino al molo, dove l’aria fresca gli parve una benedizione.

«Venderai tutto quel tabacco? Perché?»

«Devo pur guadagnarmi da vivere, e se voglio restare qui ad Anversa avrò bisogno di entrate stabili, e i miei spettacoli non avrebbero più senso, non se ripetuti nella stessa città. La gente si stanca di sentire sempre le stesse cose».

«Allora andiamocene, prendiamo il carro e partiamo con Lancero e Luna verso la Francia o verso nord».

«No, Thomas, non è più possibile», gli rispose il napoletano, con tono pacato.

«Perché? Non capisco».

«Lo capirai, arriverà un giorno in cui ti ricorderai di quello che ti sto dicendo, un giorno in cui sentirai di voler appartenere a un luogo, mettere radici come un albero e dare i tuoi frutti».

Era la prima volta che il giovane lo sentiva parlare in quel modo, sembrava un’altra persona.

Thomas continuò a leggere il suo libro; non avrebbe mai immaginato di restarne tanto entusiasmato. Il protagonista della storia si chiamava Abelardo, un giovane di nobili origini che dedicava la sua vita allo studio della filosofia e della teologia. Il ragazzo fu scelto per dare lezioni alla nipote di un canonico di Parigi, ma la ragazza era talmente bella che il casto Abelardo non riuscì a trattenersi dallo scambiare con lei più baci che nozioni, dimenticandosi dei libri e concentrandosi solo sul suo corpo. Alla fine, Eloisa rimase incinta, e i due innamorati furono costretti a fuggire e a nascondersi in Bretagna, dove nacque il loro bambino, che morì poco dopo.

Con le lacrime agli occhi per la morte del piccolo, Thomas fu costretto a interrompere la lettura.

Lancero e Luna, costretti a vivere in quello spazio recintato e a non potersi muovere in libertà, erano nervosi. Thomas si occupava di loro, li puliva e li nutriva ogni giorno, ma era chiaro che i due animali non erano felici.

E neppure Thomas.

Massimiliano spariva per la maggior parte del tempo, preso dalle sue nuove attività, e quando poi tornava a casa, trascorreva il resto della giornata con Clementine.

Alla fine di maggio, Thomas stava strigliando Lancero come faceva ogni mattina, quando all’improvviso apparve il napoletano.

«Abbiamo avuto un’idea. Thomas, vieni con me».

Al ragazzo non piacque quel tono e neppure il fatto che Clementine fosse coinvolta in un progetto che riguardava anche lui. Seguì Massimiliano in una delle zone più ricche di Anversa, quella dei tipografi. A quei tempi la stampa era un’altra attività molto remunerativa, anche se non ai livelli della lana.

La domanda dei libri era in aumento, se ne pubblicavano grosse quantità e la concorrenza tra i vari laboratori specializzati era spietata. Arrivarono a metà via e Massimiliano si fermò davanti a una tipografia, che disponeva di una vetrina nella quale erano esposti alcuni dei suoi lavori, in modo che gli abitanti di Anversa potessero ammirarli e acquistarli.

Thomas pensò che l’uomo volesse comprargli un altro libro per farsi perdonare, visto il modo in cui si era comportato con lui negli ultimi tempi. Il solo pensiero lo fece sorridere.

Una volta entrati nel laboratorio, Thomas rimase sorpreso dall’odore. Non sapeva descriverlo, ma era particolare, diverso rispetto a quello che aveva sentito nella libreria. Quello era un profumo davvero particolare. Si chiese se provenisse dai libri appena stampati, dagli inchiostri o dalla carta.

Da dietro una porta apparve un uomo, con un paio di occhiali sopra il naso e un piccolo cappello sui capelli ingrigiti.

«Signori, come posso aiutarvi?»

«Voi siete Jan Thys?»

«Sì, per servirvi», rispose in modo compiacente.

«Mi è giunta voce che state cercando un aiutante per il vostro laboratorio».

«È vero», rispose, osservando i due visitatori, «ma qui siamo molto esigenti, il lavoro che realizziamo è estremamente difficile».

«Ne sono consapevole, per questo vi ho portato Thomas», e lo spinse leggermente per fargli fare un passo in avanti.

«Ha esperienza?».

Thomas era confuso.

«Parla varie lingue: tedesco, italiano, francese e un po’ di vallone, e sta anche imparando il fiammingo», rispose Massimiliano, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi, «e lavora duro, ve lo posso assicurare, l’ho tenuto al mio servizio per molto tempo. Inoltre, sa leggere velocemente e molto bene. Digli che libro stai leggendo».

Thomas tardò nel reagire.

«Lettere di Abelardo ed Eloisa», disse con un filo di voce.

«Che romantico!».

«Non si separa mai da quel libro, ve lo assicuro. E poi, è un ottimo ascoltatore. Ora lo vedete qui in silenzio, ma non gli sfugge niente di quello che sente, è straordinario! Credetemi».

«E se è tanto in gamba, perché volete che lavori qui?»

«Mi dispiace dovermi separare da lui, ma sto per sposarmi». Thomas lo guardò senza osare dire nulla. «Comincerò a occuparmi delle attività a cui è dedita la famiglia di mia moglie e non ho più bisogno di lui. Il ragazzo mi fa pena, sono fatto così, non voglio lasciarlo solo e senza alcun sostentamento».

«Siete un brav’uomo», disse l’altro, guardando nuovamente il giovane, «ma…».

«Impara in fretta, ve lo assicuro».

«Non lo so», affermò l’uomo, grattandosi il mento. «Ragazzo, ora ti farò una domanda. Pensa bene alla risposta, perché in base a quella deciderò se assumerti o meno».

Thomas guardò Massimiliano con rabbia e poi annuì, interessato, alla volta di Thys.

«Molto bene». Il proprietario della tipografia gli si avvicinò. «Dimmi qual è il tuo più grande difetto e la tua migliore qualità. Sii sincero, perché me ne accorgerò se stai mentendo».

Thomas fu sorpreso da quella domanda, non si era mai chiesto nulla del genere.

«Non hai alcun difetto?», insistette Jan Thys, notando la sua titubanza.

«Sì, il mio difetto più grande sono i numeri e i conti, non li so fare».

«E la tua virtù? Ne avrai qualcuna, e non mi dire lavorare duro, che quello lo facciamo tutti e me lo ha già fatto presente il tuo accompagnatore».

«È una domanda difficile».

«Se non sei in grado di rispondere, non posso assumerti», lo avvertì, con tono fermo.

«Le parole!», rispose, finalmente.

«Come dici?», chiese Jan Thys, piuttosto confuso.

«Sono bravo con le parole».

«Thomas, che stai dicendo?», intervenne Massimiliano, adirato. «Non fateci caso, è solo che…».

«Un momento, lasciatelo parlare», lo interruppe l’altro, spingendo da parte l’uomo con il braccio. «Che intendi dire esattamente?»

«Sono stato istruito fin da piccolo, ho studiato il latino e i testi antichi. Ho ricevuto un’ottima istruzione assieme ai figli di un ricco banchiere, so leggere molto velocemente e credo nel potere delle parole».

Calò un silenzio teso e pesante. Il tipografo lo guardò a bocca aperta, mentre Massimiliano strinse i pugni, certo di aver perso l’incredibile opportunità di trovare lavoro a Thomas, cosa di cui avrebbe potuto approfittare.

«Le parole sono potenti, sono capaci di esprimere idee contrapposte, di ingannarci o convincerci a fare cose che non vorremmo; possono essere belle o tristi, possono toccarci l’anima o essere sprezzanti e aride», disse il giovane con fervore. «Cosa c’è di meglio per una tipografia che un apprendista con il dono della parola?».

Per Massimiliano fu una sorpresa che Thomas ricorresse a frasi che lui stesso gli aveva sempre ripetuto: aveva imparato tanto da lui ed era stato un buon allievo. Peccato che non avrebbero più viaggiato insieme.

Thys guardava il ragazzo con molto interesse e annuiva con la testa.

«Allora, lo assumerete?», chiese prontamente Massimiliano.

«Voglio fargli un’ultima domanda. Pensa bene alla risposta, ragazzo». Il tipografo si sistemò il cappello sulla testa. «Qui vendiamo libri. Se qualcuno dovesse entrare in questo preciso istante da quella porta, cosa diresti per convincerlo a comprarne uno?»

«Signore, gli direi che ogni grande avventura comincia con un libro».

Massimiliano rimase a bocca aperta e subito dopo, notando l’espressione impassibile del tipografo, che era rimasto in silenzio, cominciò a temere il peggio e a sudare freddo. Aveva dovuto promettere a Clementine che Thomas non sarebbe tornato a casa con lui quella sera e, nonostante lo addolorasse molto, non poteva fallire e perdere quell’occasione.

Dopo un paio di minuti di silenzio, il tipografo annuì, per il sollievo di Massimiliano e lo stupore di Thomas.

«Può cominciare anche subito, abbiamo molto lavoro arretrato», disse, stringendo la mano al napoletano, che ricambiò la stretta con decisione, per concludere l’affare.

«Magnifico! Davvero magnifico». Massimiliano cercò di abbracciare Thomas.

«Non mi toccare», disse il giovane, allontanandolo.

«Che ti prende?»

«Non mi avevi detto niente del tuo matrimonio, né di tutto questo. Immagino sia stata un’idea di Clementine. Ora capisco perché a Capodanno è stata tanto accondiscendente con me, vero?»

«Era una sorpresa, questa è una delle migliori tipografie di Anversa, te ne rendi conto?», bisbigliò. «Ho fatto di tutto per trovarti un lavoro. Preferisci che io ti abbandoni, preferisci essere buttato per strada? Dimmelo!».

«Potevi dirmi la verità».

«Sei un ingrato, ti ho salvato dalla galera o dalla morte sul lago di Como, non te lo ricordi più? E ti ho mantenuto per tutti questi mesi».

«Credo di averti ripagato più che a sufficienza lavorando per te».

«E poi ti piacciono i libri, dovresti ringraziarmi per averti portato qui!».

«Qualche problema?», li interruppe Thys.

«No, nessun problema, può cominciare oggi stesso».

«Dormirà in un fienile nel cortile, assieme ad altri due aiutanti».

«Non posso neppure venire a riprendere le mie cose?»

«Ti verranno consegnate, è meglio così», gli rispose Massimiliano con voce rotta. «Qui starai bene, credimi. Mancherai tanto sia a me che a Luna, ma questa è la vita, deve andare avanti. Buona fortuna, ragazzo».

E si voltò in direzione della porta senza più guardarsi indietro.