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Luis de Coloma

 

 

 

 

 

 

 

 

Alonso Rodríguez era un uomo di mondo, era nato a Barcellona e aveva quarantacinque anni. Suo padre era un commerciante d’olio e, fin da piccolo, lo aveva portato con sé nei suoi viaggi attraverso il Mediterraneo, specialmente in Sardegna, in Sicilia e a Napoli, territori che facevano parte della Corona d’Aragona. Snodo fondamentale del commercio con tutti i porti del Mediterraneo era la città di Barcellona, punto di partenza e di arrivo della principale via commerciale, ma estranea, all’epoca, al commercio con le Indie, prerogativa del porto fluviale di Siviglia.

Il giovane ebbe modo di scoprire molto presto il suo particolare interesse per i libri. Suo padre gli acquistava letture di vario genere, più o meno conosciute, fino a quando, durante un viaggio a Siracusa, decise di prendergli un libro che avrebbe cambiato per sempre la vita del figlio: l’Iliade di Omero. Alonso de Coloma venne talmente rapito dalla lettura di quell’opera da far temere al padre per la sua salute mentale. Niente di più lontano dalla realtà. Grazie alla lettura dei versi di Omero, il giovane si trasformò, come se ogni passaggio gli alterasse l’animo e gli donasse una nuova visione della vita, più matura.

Da allora erano trascorsi molti anni, e Alonso avrebbe potuto scegliere di diventare un letterato, avere una propria libreria o commerciare olio, come suo padre, ma aveva scelto un altro tipo di vita, più emozionante e più pericolosa, quella del mercante di libri.

La nuova coppia di viaggiatori proseguì il cammino verso sud. Di giorno si fermavano a mangiare nelle locande e di notte preferivano trovare rifugio in qualche zona rocciosa, con buona visibilità e distante da città e strade principali. Dopo vari giorni di viaggio, arrivarono sulle sponde di un fiume circondato da una vegetazione rigogliosa, il più grande che Thomas avesse mai visto dal suo arrivo in Spagna. Il suo corso li portò fino alla città di Tudela, dove decisero di fermarsi.

«Siamo quasi arrivati alla nostra destinazione», commentò Alonso.

«E qual è? Si può sapere?»

«Saragozza. La merce che trasportiamo è per un uomo di quella città, un collezionista di libri. Oggi ci sono più collezionisti che mai, acquistano libri come fossero gioielli. Ti basti sapere questo, per ora». Alonso si fermò a pensare. «Parli sempre meglio il castigliano, ma ti manca ancora quella scioltezza necessaria per passare inosservato».

«Sono portato per le lingue. Ho vissuto vicino Milano e ad Anversa, e ho studiato il latino, che mi aiuta anche con lo spagnolo».

«Non è poco per un ragazzo così giovane, ma la vita è così, richiede tanto sforzo. Tutto si conquista con difficoltà, con il sudore della fronte, proprio come Ulisse nell’Iliade. Il pericolo principale per ogni uomo consiste nel dimenticare qual è il suo obiettivo», affermò il mercante di libri. «Staccarsi da se stesso e smettere di cercare il senso della vita. Non dimenticarlo mai».

«Ci proverò».

«Hai letto Omero?»

«L’Iliade e l’Odissea…». Thomas sorrise. «Solo qualche frammento, ma conosco bene l’Eneide di Virgilio e ho letto molti testi greci».

«Non vale la pena continuare a parlare. Se non hai letto Omero, non hai letto nulla. La lettura dell’Iliade e dell’Odissea, dalle quali si può apprendere tutto quello che c’è da sapere sugli uomini, dovrebbe essere obbligatoria».

«Su questo posso dirmi d’accordo, anche se si tratta di storie scritte duemila anni fa».

«E quindi?»

«Gli uomini sono cambiati molto da allora, il mondo intero è cambiato», rispose Thomas.

«Se credi che gli uomini siano cambiati è proprio perché non le hai lette e perché sei giovane».

«So che l’Iliade è il racconto della guerra di Troia, mentre l’Odissea narra il ritorno di Ulisse a Itaca, il suo regno. Il primo descrive la guerra, l’altro il ripristino dell’ordine».

«“Andiamo, urlando, con il cuore rivestito di audacia. Attaccò i Troiani, Ulisse; uccise Otrintide, il valoroso Ifitione, il primo”», declamò a memoria Alonso. «Si dice che i Greci abbiano civilizzato il mondo, ed è certo che dal disordine non si è mai costruito nulla di buono». Il mercante lo osservò con attenzione. «Che ci fai tu in Spagna? Sembri sempre perso, come un naufrago portato dalla corrente fino a queste terre, come un uomo senza destino. Qual è il tuo destino, ragazzo?»

«Voglio viaggiare, magari fino alle isole delle Spezie».

«Magari? Non sembri molto convinto. Devi avere più determinazione e sapere quello che vuoi, tienilo a mente quando te lo chiederà qualcun altro. Devi trovare la risposta nel profondo della tua anima, perché di certo in cuor tuo saprai ciò che vuoi. Quelle isole si trovano dall’altro capo del mondo, non è realistico pensare di arrivare fino a lì», e lo guardò, attonito.

«Sì, lo so».

«Quindi sei venuto in Spagna senza un piano ben preciso, senza sapere niente di questi luoghi…».

«Quando lavoravo nella tipografia di Anversa, un giorno si è presentato da noi uno spagnolo che sosteneva di essere Fernando, il figlio di Cristoforo Colombo. Non so se fosse vero, ma mi colpì molto. Avevo di fronte a me il figlio dello scopritore del Nuovo Mondo. Sembrava un uomo intelligente. Magari potrei chiedergli di assumermi, vive a Siviglia».

«Il figlio di Colombo… punti parecchio in alto». Alonso ci pensò. «Una domanda, che cosa ci faceva in una tipografia di Anversa? Cercava libri?»

«Sì, era interessato a un libro in particolare», rispose Thomas.

«E ti ricordi di quale libro si trattava?»

«So solo che era di Erasmo, che era appartenuto a suo padre, Cristoforo, e che presentava nelle prime pagine una dedica firmata dallo stesso Erasmo».

«Interessante, e sai perché lo cercava?»

«Per ragioni sentimentali, suppongo, e sottolineò che avrebbe offerto un’ottima ricompensa a chi lo avrebbe trovato», aggiunse Thomas.

«Certo, perché Cristoforo Colombo fu un mercante di libri prima ancora che ammiraglio».

«Questo non è possibile, un mercante? Come noi?»

«Come me, ragazzo, come me. Tu hai ancora molta strada da fare e ancora tanto da leggere. Colombo lavorava con i libri, te lo assicuro. Alcuni sostengono addirittura che fu proprio su un libro che trovò le informazioni necessarie per raggiungere il Nuovo Mondo, mentre altri raccontano che, una volta arrivato lì, acquistò un’ingente quantità di manoscritti antichi, pieni di mappe e argomenti di navigazione, così da poter dimostrare che la sua scoperta non era dovuta al caso ma ai suoi studi».

«Il libro di Erasmo dev’essere successivo alla sua scoperta», dedusse Thomas.

«Certo, Colombo è morto a Valladolid e quel libro potrebbe trovarsi proprio lì. Sarebbe il primo posto dove avrebbe dovuto cercarlo suo figlio».

«Tu potresti trovare quel libro?»

«Possibile», rispose con poco interesse, «ma i libri sono capricciosi».

«Che significa?»

«Che spesso sono loro a trovare noi».

Continuarono a viaggiare per diversi giorni, seguendo il letto del fiume e senza entrare nelle città. Mentre era su quel carro, a Thomas tornò in mente suo padre. Ricordò che era solito giocare a scacchi con lui quando era piccolo. Non riusciva mai a batterlo, cosa che lo faceva arrabbiare molto, ma alla fine suo padre gli diede un consiglio: doveva prendere l’abitudine di immaginare l’impossibile, così sarebbe sempre stato un passo avanti agli altri. Gli aveva spiegato che gli uomini sono semplici e ripetitivi, usano sempre le stesse parole ed espressioni, sono prevedibili. Lui doveva soltanto imparare a essere un attento osservatore, in modo da stare sempre un passo avanti.

Pensò a tutte le volte in cui lo aveva spinto a usare la testa; era quella l’arma migliore, non le spade, gli archibugi o le picche, ma la ragione. Gli aveva raccontato che nell’antichità gli uomini cercavano di dare una spiegazione a tutto ciò che li circondava, si ponevano domande, e lo facevano semplicemente perché era nella natura umana.

Qualche tempo dopo, aveva messo i consigli di suo padre in relazione alle riunioni degli umanisti di Anversa. Gli mancavano quei dibattiti e quegli scambi di idee. Ricordava bene quando i presenti alzavano la voce per insistere che non dovevano dare un valore secondario all’intelligenza, perché essa era in grado di avvicinare l’uomo al suo Creatore, per questo ci era stata concessa. Ricordava quando dicevano che non bisognava avere fede solo in Dio, ma anche in noi stessi. Per questo doveva combattere per realizzare le proprie imprese, trarre esempio dal passato, emulare gli eroi, apprendere dai loro errori. Alessandro Magno aveva esteso i propri domini fino alla Cina; i Greci erano riusciti nell’impresa di sconfiggere il più potente esercito mai esistito e l’Impero Romano aveva conquistato tutto il mondo all’epoca conosciuto.

Anche a suo padre sarebbe piaciuto visitare la Spagna, ma ancor più le famose isole dalle quali provenivano le straordinarie spezie che, come lui stesso era solito dire, trasformavano l’atto del mangiare in un vero piacere.

Un vento spietato soffiava su quell’immensa pianura e il carro di Alonso avanzava a rilento, oscillando da un lato all’altro della strada. Le cime dei mandorli e degli ulivi si inclinavano talmente tanto che i loro tronchi sembravano spezzarsi. La polvere che si alzava impediva di vedere la strada, ma giunsero nei pressi di una grande città. Thomas rimase colpito dalle innumerevoli torri che scorse in lontananza, in particolare da una che svettava su tutte le altre. Il fiume disegnava delle anse prima di girare intorno alla città, come abbracciandola. Erano giunti a Saragozza ed era il gennaio dell’anno 1523.

Entrarono in città da una delle sue porte e si addentrarono in un intricato labirinto di stradine. Thomas non era mai stato in una città con una struttura tanto complessa. Non capiva perché gli edifici fossero così attaccati tra loro, e alcune strade erano talmente strette che due persone affiancate ci passavano a stento. Inoltre, gli edifici erano privi di finestre; quella parte della città appariva soffocante e irreale. Proseguirono fino a raggiungere un muro di cinta costruito con imponenti conci di pietra, perfettamente tagliati e squadrati, che sembravano molto antichi. La città era cresciuta, e in quella zona gli edifici erano stati costruiti a ridosso delle mura. In alcuni punti, invece, i muraglioni erano scomparsi per lasciare il posto a lunghe file di palazzi signorili. Quella parte della città era totalmente diversa dalla precedente.

Si potevano osservare edifici di vari stili; alcuni archi e particolari dettagli mai visti prima lasciarono Thomas a bocca aperta. Raggiunsero un mercato affollato dove c’era di tutto: frutta, lana, calzature, vino, olio, fritti, attrezzature da lavoro e perfino un fabbro che vendeva daghe e spade.

I commercianti si spingevano e gridavano i prezzi a squarciagola per attirare i clienti. Uomini, donne e bambini si accalcavano attorno ai banchi.

Luis de Coloma guardava l’orologio della Torre Nuova; erano quasi le cinque.

Gli piaceva quella torre, ricordava quando era stata costruita, qualche decennio prima. Gran parte della città si era opposta, in particolare l’arcivescovo, poiché non vedeva di buon occhio il fatto che il campanile più alto della città non appartenesse alla chiesa. Ma il re Ferdinando, detto il Cattolico, insistette affinché venisse costruita e nessuno osò opporsi al monarca. Fu un successo; dal giorno della sua inaugurazione, l’orologio che la coronava scandiva le ore per tutti gli abitanti di Saragozza, che non avevano più alcuna scusa per fare tardi.

Ciò che Luis de Coloma non sopportava era il vento che soffiava tanto di frequente a Saragozza, ma anche quello era una caratteristica peculiare della città, come il fatto che fosse stata fondata dalle legioni romane in onore di Augusto e che i musulmani l’avessero tramutata nella capitale di un prospero e ricco regno. Non lo entusiasmavano neppure le visite degli stranieri; per l’appunto, quando il suo maggiordomo lo avvisò che qualcuno chiedeva di lui, ne fu infastidito, e sperò che fosse almeno una visita interessante.

Thomas e Alonso aspettavano ai piedi di una scalinata di marmo bianco, sotto un soffitto di legno a cassettoni decorato da figure geometriche.

«Ricorda, è un collezionista molto speciale. Parlerò solo io», lo avvertì Alonso. «Tu non dire neppure una parola».

«E se mi fa qualche domanda?»

«Non lo farà, ma tu stai zitto».

Si udirono dei passi, e Thomas alzò lo sguardo e vide scendere dalla scalinata un uomo alto, col mento squadrato e gli occhi scavati. Doveva avere più o meno la stessa età del mercante di libri, ma sembrava più vecchio, come se gli anni avessero intaccato più velocemente il suo corpo.

«Alonso Rodríguez, che gioia!».

«Don Luis, che piacere rivedervi».

«Che sorpresa, mi avete fatto spaventare. Pensavo di aver ricevuto una visita inopportuna», disse, schiarendosi la voce. «Avete portato i barili?»

«Certamente, don Luis». Alonso gli si rivolgeva con tono accondiscendente. «Pieni fino all’orlo di vino francese».

«È l’unico che valga qualcosa», commentò, e poi guardò Thomas. «E il vostro accompagnatore?»

«È un tipografo, di una delle più importanti tipografie di Anversa, e ora lavora per me».

«Sicuro che ci si possa fidare di lui? Sembra molto giovane».

«Sì, vi do la mia parola».

«Bene, saliamo. I miei domestici ci serviranno il vino».

Alonso guardò Thomas con la coda dell’occhio, come per avvertirlo di continuare a fare silenzio. Salirono la lussuosa scalinata e proseguirono in un ampio corridoio alle cui pareti erano appesi arazzi con scene di caccia. Raggiunsero una sala che dava su un giardino interno, dal quale entrava luce in abbondanza. Luis de Coloma li guidò lungo altri corridoi fino a un salone arredato con tonalità verdi. Lo attraversarono e superarono altri due saloni, il primo arredato con tonalità dorate, e il secondo in varianti del porpora.

A una estremità di quel salone era appeso un quadro dell’Annunciazione che presiedeva la stanza, e dall’altra parte c’era una porta a doppio battente.

Don Luis de Coloma tirò fuori una chiave, la infilò nella serratura, aprì la porta e li invitò a entrare in un ufficio nel quale facevano sfoggio di sé due meravigliosi ritratti a olio. Thomas immaginò che fossero antenati della famiglia de Coloma.

Ma ciò che richiamava fortemente l’attenzione era la biblioteca presente in quella stanza. Alti scaffali decorati con motivi allegorici, pieni di libri. I loro passi erano attutiti da un morbido tappeto con motivi floreali sotto un bellissimo soffitto decorato a cassettoni. Thomas rimase impressionato; quello era un vero e proprio tempio dedicato al sapere.

«Le biblioteche sono “luoghi di cura per l’anima”, o almeno così riportava un papiro della prima biblioteca creata circa mille anni fa, nel tempio del faraone Ramses, nell’antico Egitto».

Al centro della stanza poterono ammirare un lungo tavolo; i domestici apparvero con i barili portati dal mercante di Barcellona, li appoggiarono sul tavolo e li aprirono, aiutandosi con dei punteruoli piatti, per poi abbandonare la sala.

«Vediamo cosa abbiamo qui, Alonso».

Luis de Coloma prese il primo esemplare con mano esperta. Le sue dita controllarono rapidamente le condizioni, la struttura e la consistenza del libro. Con un sorriso soddisfatto, il padrone di casa cercò la pagina dell’edizione e controllò con cura tutti i dati di stampa e pubblicazione. Thomas e Alonso lo guardavano in silenzio, come se aspettassero il permesso per respirare.

«Non è l’edizione che vi ho chiesto».

«Che state dicendo?». Alonso si indignò. «Non è possibile, siete sicuro?»

«Non dovete neanche chiedermelo, per chi mi avete preso?»

«Be’, non so cosa sia potuto accadere, ho controllato tutti i libri personalmente e vostra grazia sa che è così…».

«Lasciamo stare, Alonso», lo interruppe, «vediamo gli altri».

Il procedimento di verifica fu identico per ogni singolo esemplare e duro per Alonso, che sudava copiosamente come se fosse sotto il sole di agosto. Tratteneva il respiro ogni volta che Luis de Coloma controllava un libro e sospirava a ogni approvazione. Thomas temeva che potesse svenire da un momento all’altro. Era chiaro che Alonso faceva il possibile per accontentare quel cliente, uno dei più importanti.

Tutti i libri furono esaminati con cura.

«Va bene, qualche testo si sarebbe potuto trovare in uno stato migliore, ma in generale avete tenuto fede al vostro impegno».

«Grazie, don Luis».

«Ma per il primo vi pagherò solo la metà».

«Come credete sia opportuno, mi sembra giusto».

«E non voglio che la cosa si ripeta, mai più», disse con un tono talmente freddo che perfino Thomas si sentì minacciato.

«Forte e chiaro».

«Ora venite, abbiamo altro di cui parlare».

Alonso fece di nuovo segno a Thomas di stare in silenzio.

«Come già sapete, la mia famiglia ebbe un ruolo chiave nella scoperta delle Indie: mio nonno fu segretario dei Re Cattolici e fu lui a firmare le convenzioni con Cristoforo Colombo».

«Una fantastica famiglia, quella di vostra grazia, un esempio per la Corona».

«Io preferisco parlare d’altro». L’uomo accarezzò il dorso di alcuni libri della sua biblioteca. «Le Indie sono molto lontane, non credete?»

«Certo, grande verità».

«Ora, questa biblioteca è il mio orgoglio e voglio che rappresenti anche la mia eredità».

«Lodevole lavoro, senza dubbio».

«Nella mia collezione ci sono libri di ogni disciplina e di tutte le epoche: trattati di legge, testi religiosi, di storia o di musica, manoscritti antichi con tipografie arcaiche», disse il nobile, «autentici gioielli! Sono il mio tesoro».

«Confermo».

Raggiunse la mensola centrale della libreria e prese un libro.

«Questo è l’almanacco perpetuo di Abraham Zacuto, che permette il calcolo delle latitudini, lo conoscete?»

«Certo che sì, fu uno degli scienziati più influenti di inizio secolo, migliorò l’astrolabio e pubblicò questo almanacco, molto utile per i navigatori».

«Facilitò i risultati degli studi di Cristoforo Colombo e gli offrì il suo personale aiuto per organizzare il primo viaggio. Quel viaggio ottenne l’appoggio del re Fernando d’Aragona e della sua cerchia di fiducia, e questo fu fondamentale per l’impresa».

«Scusate la nostra ignoranza».

«Colombo non riuscì a convincere i re quando si confrontò con loro, in particolare con Isabella di Castiglia, che all’epoca era presa da ben altre faccende, come la conquista di Granada. Pertanto, Colombo decise di chiedere l’appoggio del regno di Francia, come aveva già fatto con Portogallo e Inghilterra. Non pensino i signori che fummo la prima scelta del genovese».

«Questi dettagli non sono conosciuti».

«No, si conoscono, ma non vengono raccontati», puntualizzò Luis de Coloma, «che è ben diverso, capite. Mio nonno firmò le convenzioni di Santa Fe e mi disse cose che sono sconosciute ai più, o che piuttosto è meglio non sapere».

«Non siamo qui per fare domande, mio signore».

«Siete un uomo prudente, Alonso, per questo voglio affidarvi un incarico molto speciale». L’uomo fece una pausa inusuale e si accomodò su un divano dal rivestimento dorato. «Vi ho già detto che posseggo libri di ogni genere ed è questo che voglio, libri diversi, più sono speciali o rari e più mi interessano».

«Cercarli è il mio lavoro», lo interruppe Alonso.

«Certo, per questo voglio che troviate un libro particolare».

«Un libro proibito? Per caso un testo eretico, don Luis? Potete contare su di me per qualsiasi richiesta…».

«No, no», e sorrise. «Niente di tutto ciò, si tratta di un libro perduto».

«Un libro perduto».

«Sì, ne ho sentito parlare da vari librai. Si intitola Amori impossibili ed è stato scritto da un certo Jaime Moncín, uno scrittore di Siviglia».

«Non ho mai sentito parlare di questo Moncín».

«Immagino, non ebbe alcun successo. Da quanto ho potuto verificare, il libro è stato stampato a Siviglia agli inizi del secolo, ma non so esattamente in che tipografia», spiegò Luis de Coloma.

«E cos’ha di particolare?»

«Mi hanno assicurato che il tema amoroso è trattato in maniera innovativa, molto moderna, e soprattutto che è accompagnato da splendide stampe, molto sensuali».

«Che intendete per moderno e sensuale?»

«Be’, a quanto pare fu lo stesso scrittore a realizzare quelle stampe sublimi, che mostrano la sua amata in tutto il suo splendore. Potremmo dire che sono qualcosa di rivoluzionario, perché mostrano il piacere dal punto di vista femminile, tanto da risultare scandalose anche ai giorni nostri. Inoltre, il tema dell’amore è trattato con totale trasparenza e libertà, e la donna ne è protagonista. È una storia d’amore unica. Conoscete un qualsiasi libro a tema amoroso che vi abbia mai impressionato, Alonso?»

«Veramente no, don Luis».

«L’amore suole essere cosa di poeti romantici, ingenui e sciocchi, mentre questo libro offre una storia d’amore per persone intelligenti, per gli uomini, e addirittura per le donne. Immaginate!».

«Concordo con tutto ciò che dite, sembra un libro straordinario e singolare».

«Come vi ho già detto, voglio libri rari e questo lo è eccome. Per facilitarvi la ricerca, posso dirvi che è scritto in prosa e diviso in capitoli, altra cosa inusuale. A Saragozza non ne ho trovato neppure un esemplare e ogni mio tentativo altrove è stato vano».

«Be’». Alonso si grattò la testa. «Non sembra un’impresa facile».

«Per questo lo sto chiedendo a voi. Alonso, voglio quel libro».

«In base a ciò che dite… sarà una ricerca molto costosa. Dovrò andare a Siviglia, la città dell’autore. Moncín, avete detto».

«Senza dubbio, per questo e per la particolarità della missione vi pagherò cinquanta ducati».

«Cinquanta!». Alonso strinse i pugni per cercare di contenere l’eccitazione.

«Ma solo se avrete successo e mi porterete il Moncín, ovviamente».

«Don Luis, avrò anche delle spese e mi servirebbe l’anticipo di una metà del pattuito».

«No», disse l’uomo con tono pacato ma deciso, «vi anticiperò solo dieci ducati, il resto lo avrete a missione compiuta».

«D’accordo».

«Un’altra cosa, voglio discrezione assoluta. Nessuno deve sapere che sto cercando un libro sui piaceri dell’amore. Devo mantenere la mia reputazione di collezionista serio e di buon cristiano».

“A Siviglia!”, pensò Thomas. “Finalmente potrò visitare Siviglia, la capitale del Vecchio Mondo, ma più vicina che mai al Nuovo”.