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I primi
Nelle terre delle Indie Occidentali non c’erano né monasteri né università. Non c’erano mura di pietra né castelli. Lì non si erano combattute cruente battaglie tra regni in grado di lasciare cicatrici vecchie di secoli, cicatrici che neppure tutto il tempo del mondo poteva curare. Non c’erano vestigia del grande Impero Romano, né pellegrini in cammino verso luoghi sacri. Da lì non erano passati né Greci né Fenici, né tantomeno i barbari.
Non c’erano tracce di infedeli, né di ebrei.
Era come il rigoglioso giardino di don Fernando Colombo, dove le piante più favolose crescevano in totale libertà.
C’era solo un problema: gli uomini arrivati nel Nuovo Mondo avevano grandissime ambizioni. Thomas si rese subito conto che non c’era chi non menzionasse una città d’oro, o una miniera d’argento, o terreni talmente fertili che bastava gettare dei semi al vento perché germinassero. Parlavano di ogni tipo di ricchezza e di regni fantastici.
Lázaro gli aveva detto che l’uomo che conosceva tutte le barche che entravano e uscivano dal porto era un basco, Mendieta. Un uomo senza ombra di capelli in testa, alto due palmi più di lui. Era accompagnato da una coppia di tizi rachitici dall’aria torva che bevevano da uno strano orciolo color ocra.
«Sei tu Mendieta?»
«E tu sei lo straniero che è arrivato due giorni fa», mormorò l’altro. «Quello che custodisce una cassa chiusa nel magazzino di Lázaro».
«Vedo che sei ben informato».
«Sull’Hispaniola è difficile passare inosservati».
«Volevo parlarti proprio di questo. Sapresti dirmi quali sono le ultime navi arrivate sull’isola?»
«Ora capisco perché sei venuto a cercarmi», e lanciò uno sguardo ai suoi accompagnatori. «Senti, se vuoi qualcosa, devi darmi qualcos’altro in cambio. Funziona così».
Thomas, però, non si lasciò intimidire. Per quanto fosse feroce Mendieta, lui era stato a Triana con Sebas e sapeva come trattare con quelli come lui.
«Quindi non sai nulla…».
«Nulla di cosa?». Aveva stuzzicato l’attenzione del basco.
«Perché sono venuto qui, secondo te? L’imperatore ha abolito il divieto a noi stranieri di viaggiare verso il Nuovo Mondo. Presto questo posto si riempirà di genovesi, portoghesi, fiamminghi…».
«Non può essere vero. Io non ho visto arrivare nessuno».
«Eppure eccomi qua, davanti ai tuoi occhi».
«Ma tu sei un’eccezione», disse Mendieta.
«No, sono soltanto il primo, tutto qua».
«Se ciò che dici è vero…».
«È così», ribadì Thomas con decisione. «Ti sto dando un’informazione preziosa. Ora tocca a te rispondere».
«Sarà meglio per te che sia la verità».
«Ascoltami, dev’essere arrivata una barca carica di stranieri», disse senza scomporsi, «e tu devi sapere qual è».
«Lo saprei se fossero sbarcati, ma ti ho appena detto che sei il primo straniero che mette piede su quest’isola. Qua non è arrivato nessun altro».
«Sicuro?»
«Sicurissimo! Per chi mi hai preso?»
«D’accordo». Thomas fece un passo indietro. «Se scopri qualcosa, avvisami. Troverò qualcos’altro con cui ripagarti».
Poi se ne andò piuttosto abbattuto. Non aveva scovato l’informazione che stava cercando. Tuttavia, era abbastanza convinto che stesse succedendo qualcosa sull’Hispaniola. Se uno come Mendieta non ne sapeva nulla, era solo perché lo stavano nascondendo bene. Era sicuro che il sovrintendente che gli aveva fornito quella pista stava dicendo la verità. Doveva essere una questione imperiale, perciò solo un funzionario della Corona poteva sapere qualcosa a riguardo.
La Santa Lucía, che aveva risentito in modo importante dei danni causati dalla tempesta, doveva essere riparata. Sarebbe dovuta restare almeno un mese al porto. Risalire a bordo gli provocò una sensazione strana. Ci aveva vissuto per quattro mesi, ma gli erano sembrati quattro anni. La nave era tranquilla e a prua non c’erano membri dell’equipaggio. Raggiunta la cabina del capitano, bussò due volte.
«Avanti, chiunque sia».
Entrò, e il capitano gli lanciò un’occhiata sorpresa.
«Perdonate l’intromissione».
«Che cosa ci fate qui?». Il capitano accantonò i documenti che stava controllando. «Credevo che foste andato a cercare un’altra nave per raggiungere la Nuova Spagna».
«Partirò tra un paio di giorni».
«Me ne rallegro per voi. Allora, a cosa devo la vostra visita?»
«Ho bisogno del vostro aiuto». Thomas si avvicinò allo scrittoio del capitano. «So che ci sono degli stranieri sull’Hispaniola e che stanno nascondendo la loro presenza. Sapete niente a tal proposito?»
«Dovreste pensare ai fatti vostri, Thomas».
«Ho sentito dire che sono tedeschi».
«Sapete anche troppo». Sospirò. «Questa informazione è un segreto della Corona».
«Perché?»
«Se ve lo dicessi, potrebbero degradarmi», rispose il capitano mentre prendeva una lente di ingrandimento e la riappoggiava sul tavolo. «Per quale motivo lo volete sapere?»
«Pensavo che sarei stato il primo tedesco a mettere piede nel Nuovo Mondo, invece non è così».
«Non sempre è così importante essere i primi».
«In questo caso e voi lo sapete bene», lo contraddisse Thomas.
«Lo so. Queste terre non hanno bisogno solo di uomini d’arme, ma anche di gente colta e di libri, come avete detto voi». Si alzò e raccolse un tomo appoggiato su un baule.
«Allora potete capirmi quando dico», e Thomas gli si avvicinò ancora di più, «che gli uomini hanno l’obbligo di perseguire i loro sogni».
«Ma il vostro è aprire un laboratorio di stampa, il primo del Nuovo Mondo, non raccogliere informazioni confidenziali».
«Essere il primo straniero nelle Indie sarà un punto a mio favore quando dovrò negoziare con il vescovo della Nuova Spagna per ricevere il permesso di pubblicare. Come potrete immaginare, non sarà facile…».
«Spero per voi che ci riusciate». Il capitano sospirò. «Come già saprete, il nostro re è stato incoronato imperatore, e questo ci è costato parecchio. La Castiglia ha dovuto finanziare il trono imperiale, e cos’ha ricevuto in cambio? Niente».
«Non approvate la sua incoronazione?»
«Come imperatore? No. Il futuro è qui. Ci sono terre a sufficienza da conquistare. I nostri sforzi, tutti i nostri sforzi», sottolineò, «devono concentrarsi nelle Indie, non nelle Fiandre o in Borgogna».
«E cosa c’entra tutto questo con la volontà di nascondere l’identità degli stranieri arrivati su quest’isola?»
«Per battere il re di Francia nella guerra per il trono dell’impero non è bastata la ricchezza della Castiglia, così il nostro monarca ha dovuto ricorrere ai prestiti dei banchieri, che hanno messo a disposizione della casata d’Austria il capitale necessario».
«Ma questo è del tutto normale. Conosco alcune di queste famiglie di banchieri».
«Allora saprete anche che le loro attività non si limitano al movimento creditizio. Hanno anche altri interessi commerciali nei nostri territori, come ad esempio nel settore minerario, nel commercio delle stoffe e persino in quello delle armi».
«Vedo che non li apprezzate molto».
«La scelta del nuovo imperatore era a carico di sette elettori e, al momento della sua candidatura, Carlo di Spagna ha trasferito nelle casse dei principi una tale quantità di fiorini da usare come strumento di corruzione da assicurarsi il voto di quattro elettori. Solo i Fugger hanno contribuito con quasi due terzi della somma totale».
«Che cosa avete detto?»
«I Fugger, una delle più potenti famiglie di banchieri dell’Impero Germanico».
«Sì, li conosco». Thomas ebbe un tuffo al cuore al solo sentirli nominare di nuovo.
Era da tanti anni che non pensava a loro, e tutto sommato non gli era andata affatto male.
«In questo modo, l’imperatore si è indebitato con i Fugger», continuò a raccontare il capitano. «Questi hanno cominciato a riscuotere i loro crediti dopo l’incontro di Worms, dove è stata sancita la cessione delle miniere spagnole di rame, sale e oro, e hanno anche ottenuto una percentuale sulle rendite degli ordini dei cavalieri di Santiago, Calatrava e Alcántara».
«Li stanno ripagando con gli interessi per l’appoggio dato all’imperatore».
«E non solo loro. In misura minore ne stanno beneficiando anche i Welser».
Per Thomas fu come ricevere un’altra coltellata al petto, tanto che a quel punto non riuscì più a parlare e continuò ad ascoltare il capitano, dedicandogli tutta la sua attenzione.
«I Welser sono uguali a loro, se non addirittura peggio», proseguì il capitano. «Come parte del risarcimento di uno dei tanti crediti maturati, hanno ottenuto dall’imperatore l’esclusiva sulla conquista e la colonizzazione del territorio compreso tra Cabo de la Vela e Maracapana».
«Un momento, state dicendo che i Welser verranno qui? Nel Nuovo Mondo?»
«No, Thomas, sto dicendo che sono già arrivati. Hanno inviato qua un’importante flottiglia. Sono loro gli stranieri che state cercando».
«Santo cielo!».
«Perché vi disturba tanto?». Il capitano sembrava abbastanza confuso.
«Perché li conosco. Cioè, li conoscevo, sia i Fugger che i Welser».
«Com’è possibile?»
«Quando ero bambino, abitavamo nella stessa città».
«Quindi il destino vi ha riuniti», commentò il capitano.
«Come posso incontrarli?»
«Thomas, perché li volete vedere?»
«Vi ho appena detto che li conosco, e anche piuttosto bene», rispose il mercante di libri.
«Non so se posso dirvelo…».
«Vi prego, è una questione di vita o di morte. Ditemi dove posso trovarli, vi scongiuro».
«I Welser si sono ancorati dall’altro lato dell’isola. Hanno una fortificazione. Vi ci vorrà mezza giornata per raggiungerla».
«Grazie, capitano. Di nuovo».
«Perché non vi dimenticate dei Welser e non vi concentrate sui vostri libri? Il Nuovo Mondo ne ha bisogno, signor Thomas».
«E lo farò, ma se alcuni membri della famiglia Welser sono davvero qui, devo vederli. È di vitale importanza per me».
«Non so perché, ma credo che si tratti di una questione personale che poco ha a che vedere con i libri», mormorò il capitano. «Non sempre è un bene tornare al passato; potrebbe non essere come ce lo ricordavamo, Thomas».
«Lo so, ma è un viaggio che devo affrontare comunque».
«Su questo non c’è dubbio», e il capitano sorrise. «Se proprio volete andare da loro, è meglio che prendiate questa».
Il militare si alzò e raggiunse un armadio. Lo aprì e tirò fuori una daga.
«Non so usare le armi».
«Lo immaginavo, ma potrà tornarvi comoda. Datemi retta», insistette. «Portatela alla cintura, ben visibile. A volte le armi sono più utili ben in vista che nascoste».
«Capisco. Grazie infinite».
«Fate attenzione. Spero di vedere presto i vostri libri in circolazione, con il nome della vostra tipografia stampato sopra».