Capitolo 22

Dawson guardò l’orologio per la terza volta in tre minuti. Aveva pochissimo tempo a disposizione prima dell’appuntamento con Lou. Dal dipartimento di Medicina legale della polizia doveva tornare a Ridgepoint House, a Birmingham, e dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per assicurarsi un letto in cui passare la notte non voleva essere costretto a mandarle un messaggio per dirle che avrebbe ritardato. Qualcosa gli diceva che l’avrebbe pagata con un’altra notte in macchina.

Prese il telefono. Erano ore che aspettava una chiamata del capo, che ci sperava, anzi. Aveva tutte le risposte. Le avrebbe spiegato l’idea che gli era venuta all’improvviso, ossia stabilire l’origine dei chiodi utilizzati per immobilizzare la vittima. Cavolo, aveva persino in serbo un discorso di scuse falsissimo con cui rispondere alla paternale che di certo Kim gli avrebbe fatto. Il suo scopo era stato quello di sollecitare una reazione, di dimostrarle che lui non si lasciava controllare, che pensava con la sua testa. Aveva voluto farla riflettere, ma adesso non sapeva come interpretare il suo silenzio.

Mentre il tecnico che stava aspettando finalmente alzava il pollice in segno di vittoria, Dawson non poté fare a meno di chiedersi chi, tra lui e il capo, stesse raggirando l’altro.