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Lei impiega solo un attimo a reagire. È una ragazza sveglia, l’ho realizzato da tempo. Ci rivestiamo in fretta e di corsa raggiungiamo il garage. Sembra deserto, io però non abbasso la guardia. In ogni auto potrebbe esserci un uomo accucciato, pronto a seguirci o a fare di peggio.
Con la destra accendo il motore, con l’altra mano vorrei impugnare la pistola ma non ci riesco. Le mie dita sono doloranti, i postumi della rissa si fanno sentire. Sto accusando il colpo che ho inferto al mento del mio avversario. Jelena si accorge della mia smorfia sofferente e non perde tempo. Mi scavalca mettendosi alla guida. «Prendo io il volante».
La lascio fare, la sua sicurezza tranquillizza anche me, e poi ho bisogno di riflettere. Quando riemergo dai pensieri mi accorgo che stiamo percorrendo un lungo viale costeggiato da alberi alti. È la pineta di Ostia, la riconosco, mi resta da capire perché ci dirigiamo proprio lì. Lei previene la mia domanda.
«Da queste parti abita una mia amica. È una ragazza moldava che ho conosciuto a Roma, l’unica persona di cui mio fratello non conosce l’esistenza. Lei è buona, ci aiuterà».
Non ho forza né argomenti per replicare, mi manca un piano alternativo. Potrei chiedere aiuto ai miei colleghi, ma in assenza di un’indagine ufficiale non farei che coinvolgere altri nei miei casini. Non voglio farlo, così mi lascio portare da Jelena. Per decidere se il rifugio che ha trovato vada bene ci sarà tempo.
La prima apparenza è incoraggiante. La villetta isolata, a poche decine di metri dal lungomare, sembra essere il nascondiglio ideale.
Jelena scende dall’auto e suona al citofono. Una ragazza si affaccia alla finestra pigramente. Ha i tratti inconfondibili dell’Europa orientale e una vestaglia di seta. Dietro di lei compare uno scimmione di aspetto più nostrano, che mostra il doppio dei suoi anni e dei suoi chili.
Ci guarda schifato per sparire oltre la tenda, nessuno di noi ne avverte la mancanza. È allora che le due amiche pensano bene d’intraprendere una fitta conversazione. Come se parlare in quella maniera, l’una mezza nuda dal balcone con un gorilla in casa e l’altra al cancello, braccata da un fidanzato pericoloso e da una banda di assassini, fosse la cosa più normale del mondo.
Scendo anch’io dall’auto e mi guardo intorno, cercando di darmi un contegno. La moldava, che poi ha un nome, si chiama Ramona, mi indica all’amica con un’occhiata di apprezzamento.
«È la tua nuova conquista? Meno male, i tuoi gusti stanno migliorando».
Jelena coglie la palla al balzo.
«Ci siamo appena messi insieme. E ovviamente Bogdan non accetta che io lo abbia lasciato».
Una versione perfetta per giustificare la nostra fuga dalla città. L’amica si lascia intenerire, le offre subito il suo aiuto.
«Salite pure. Potete stare da me quanto volete, di spazio ce n’è in abbondanza. Così quel coglione avrà il tempo di trovarsi un’altra e ti lascerà in pace».
Entriamo, lo scimmione sta uscendo, ci urta per le scale. Non gli viene neppure in mente di scusarsi o salutare. Un vero signore, non c’è che dire, ma per intuire la sua classe era bastato il primo sguardo.
«Il tuo uomo?» chiedo a Ramona stringendole la mano, tanto per dire qualcosa.
«Sei matto? È un cliente!».
Lo dice con orgoglio, non andrebbe mai con una bestia simile senza un adeguato corrispettivo. Fa la vita da due anni, ci spiega sorseggiando il suo tè, ne ha ricavato abbastanza per pagarsi la caparra e il mutuo della villa. Del suo mestiere, il più antico del mondo, parla senza peli sulla lingua. Ne sviscera i segreti mentre ci riserva la migliore accoglienza, nel suo tinello arredato con tutti i colori dell’arcobaleno.
«La storia che saremmo schiave, costrette con la forza a prostituirci: tutte stronzate!». Per fare più scena aspira dalla sigaretta con esibita voluttà.
«In Italia ognuno vive come gli pare» prosegue, «se non vuoi battere il marciapiede ti basta scappare. Il fatto è che le alternative non sono il massimo. Pulire il culo a una vecchia che non si decide a tirare le cuoia o rimpinzare mocciosi viziati che prenderesti volentieri a calci. Il tutto per quattro soldi, ed è grasso che cola se ti mettono in regola. Meglio le marchette e la villa, non ti pare?».
Sorrido. Mi diverte questa ragazza dal trucco pesante, che usa il corpo come una merce e non ne fa mistero. Niente maschere o trucchi, lei è quella, prendere o lasciare.
Nei giorni che seguono, con me e Jelena si comporta in modo disinibito. Entra nella stanza matrimoniale che ci ha prestato a tutte le ore, svestita secondo le circostanze, senza curarsi di poterci sorprendere in un momento d’intimità. Ci rimane male, anzi, constatando che la cosa non succede.
«Non devi arrabbiarti se Jelena a volte è strana. Ha sofferto, viene da un mondo che non conosci. Devi darle tempo».
Mi prendo il tempo di cui ho bisogno. Dopo la partenza della Loconte è la volta di un arrivo, ed è l’ultima persona che mi aspettavo. La sua telefonata mi coglie nel mezzo di un accanito tressette con le mie conviventi. Afferro il cellulare con sollievo, stavo perdendo.
«Steve! Come stai?».
«Una meraviglia, marshallo, anzi tenente. Mi hanno distaccato alla legione allievi di Roma per un corso di aggiornamento sull’ordine pubblico. Il mese prossimo mi spediscono in Piemonte a prendere sassate dai No Tav. Ho pensato di farle una visita, Alba non è da quelle parti? L’ho cercata su Google Maps…».
Mi viene da ridere. Me lo immagino davanti allo schermo del computer, concentrato a studiare l’itinerario che gli consentirà di rivedermi.
«È ancora più facile. Non sto più ad Alba, sono a Roma. Possiamo vederci anche oggi…». Freno di botto, la mia bizzarra situazione abitativa non è il massimo per invitare gli amici. «O uno di questi giorni, quando vuoi».
Troppo tardi.
«Oggi è perfetto, così le presento mia nuova girlfriend. Si chiama Dineyra, è uzbeka. Lei è libero tonight?».
Con la coda dell’occhio mi accorgo che Jelena sta sussurrando qualcosa all’orecchio di Ramona. Mi ha sentito chiamare Steve per nome, si è ricordata di lui e ora sembra molto attenta alla mia conversazione. Cerco di riprendere il bandolo di una matassa che rischia d’impazzire.
«No, purtroppo non sono libero tonight».
Poi succede un fatto imprevisto. Jelena mi strappa dalle mani il cellulare e inizia a parlare con il carabiniere Soriano. Gli dà istruzioni sul percorso, una sfilza interminabile di nomi. Finalmente lui riesce a bloccarla. Le basta l’esatto indirizzo, la sua auto ha il navigatore. Le loro chiacchiere durano un altro quarto d’ora, chissà cosa avranno da dirsi.
Steve e la sua nuova fiamma arrivano due ore dopo carichi di bagagli. Ramona li accoglie con larghi sorrisi invitandoli a salire al primo piano, dove ha preparato una stanza da letto. Salgono le scale continuando a ringraziare. Poi li vedo tornare giù. Hanno portato anche un regalo, un oggetto vegetale di dimensioni imbarazzanti che viene trionfalmente deposto all’ingresso. Assisto a tutto passivamente, lasciandomi scavalcare dagli eventi. L’immaginazione non è il mio forte, ma che la loro permanenza non si annunci breve l’ho capito pure io. Lo sguardo mi cade di continuo sul fusto lungo e colorato che mi spia da oltre il corridoio. Non mi stupirei se fosse una pianta carnivora.
La cena procede con un’armonia inspiegabile per un gruppo tanto improvvisato. Al secondo giro di Falanghina sembriamo tutti amici da sempre. Potenza dell’alcol, o forse della vita.