Capitolo trentasettesimo

Ma c’erano anche i momenti buoni. Un mio saltuario amico del quartiere, Gene, che aveva un anno più di me, aveva un amico, Harry Gibson, che aveva combattuto un incontro da professionista (aveva perso). Un pomeriggio ero da Gene a fumare sigarette quando arrivò Harry Gibson con due paia di guantoni da boxe. Io e Gene stavamo fumando con i suoi due fratelli maggiori, Larry e Dan.

Harry Gibson era cazzuto. « Qualcuno vuol provare a battermi? », disse. Nessuno rispose. Il fratello maggiore di Gene, Larry, aveva 22 anni. Era il più grosso, ma un po’ timido e subnormale. Aveva una testa enorme, era basso, tarchiato e forte, ma bastava un niente a spaventarlo. Così guardammo tutti Dan, che veniva dopo di lui, dato che Larry aveva detto: « No, no, io non mi batto ». Dan era un genio musicale, aveva quasi vinto una borsa di studio, una volta. Comunque, dato che Larry non aveva accettato la sfida di Harry, Dan si infilò i guantoni.

Harry Gibson era un figlio di puttana che sapeva il fatto suo. Faceva colpo, perfino il sole gli luccicava sui guantoni in un certo modo. Si muoveva con precisione, equilibrio e grazia. Saltellava e danzava intorno a Dan. Dan aspettava con i pugni alzati. Gibson fece partire il primo pugno. Esplose come un colpo di fucile. Nel cortile c’era un pollaio, e due polli saltarono in aria a quel rumore. Dan si rovesciò all’indietro. Restò lungo e disteso sull’erba, con le braccia allargate come un Cristo da quattro soldi.

Larry lo guardò e disse: « Vado in casa ». Andò in fretta alla porta di servizio, la aprì e scomparve.

Ci avvicinammo a Dan. Gibson lo guardava con un sorrisetto dipinto in faccia. Gene si chinò, gli sollevò un po’ la testa. « Dan? Stai bene? ».

Dan scosse la testa e si alzò lentamente a sedere.

« Gesù Cristo, quel tipo si porta in giro un’arma mortale. Toglietemi questi guanti ! ».

Gene gli slacciò un guantone e io l’altro. Dan si alzò e si diresse verso la porta di servizio col passo di un vecchio. « Vado a sdraiarmi… ». Entrò in casa.

Harry Gibson prese su i guantoni e guardò Gene. « Che ne dici, Gene, vuoi batterti? ».

Gene sputò nell’erba. « Che cazzo vuoi fare, stendere tutta la famiglia? ».

« Lo so che tu sei il migliore, Gene, ma ci andrò piano con te, comunque ».

Gene annuì e io gli allacciai i guantoni. Ero bravo, coi guantoni.

Si misero in posizione. Gibson girava intorno a Gene, si preparava all’attacco. Gli girò intorno da destra, poi da sinistra. Saltellava e schivava. Poi attaccò, rifilò a Gene un sinistro tremendo. Lo prese proprio in mezzo agli occhi. Gene indietreggiò e Gibson si fece sotto. Quando Gene si fermò contro il recinto del pollaio, Gibson gli tirò un sinistro leggero in mezzo alla fronte e poi un destro tremendo alla tempia sinistra. Gene scivolò lungo la rete metallica fino alla staccionata, poi scivolò lungo la staccionata, in difesa. Non tentava nemmeno di attaccare. Dan uscì di casa con un pezzo di ghiaccio avvolto in uno strofinaccio. Si sedette sui gradini della veranda e si mise lo strofinaccio sulla fronte. Gene stava sempre scivolando lungo la staccionata, in ritirata. Harry lo incastrò nell’angolo tra la staccionata e il garage. Tirò un sinistro nello stomaco di Gene, e quando Gene si piegò in due lo raddrizzò con un uppercut di destro. Non mi piacque. Gibson non ci stava andando piano con Gene come aveva promesso. Mi incazzai.

« Suonagliele, Gene! È un vigliacco! Suonagliele ! ».

Gibson abbassò i guantoni, mi guardò e sì avvicinò. « Cos’hai detto, pivello? ».

« Stavo facendo il tifo per Gene », dissi.

Dan stava togliendo i guantoni a Gene.

« Ho sentito male, o mi hai chiamato vigliacco? ».

« Hai detto che ci saresti andato piano. E invece no. Hai colpito con tutta la forza che avevi ».

« Mi stai dando del bugiardo? ».

« Sto dicendo che non hai mantenuto la parola ».

« Ehi, infila un po’ i guantoni a questo pivello, Dan ! ».

Gene e Dan si avvicinarono e cominciarono a infilarmi i guantoni. « Vacci piano con questo ragazzo, Hank », disse Gene. « Ricordati che è stanco. Si è già battuto con noi ».

Io e Gene ci eravamo battuti a mani nude nel corso di una memorabile giornata, dalle 9 del mattino alle 6 di sera. Gene era stato bravo. Io avevo le mani piccole, e se si hanno le mani piccole bisogna tirare molto forte o essere un bravo ballerino. Io ero bravino in tutt’e due le cose. Il giorno dopo mi ero ritrovato tutto viola di lividi, con le labbra gonfie e due incisivi traballanti. Ora dovevo battermi col tizio che aveva appena steso il tizio che aveva steso me.

Gibson mi girò intorno da sinistra, poi da destra, poi attaccò. Non vidi arrivare quel sinistro. Non so dove mi beccò, ma mi stese. Non mi aveva fatto molto male, ma ero a terra. Mi rialzai. Se mi aveva steso col sinistro, che cosa mi avrebbe fatto col destro? Dovevo inventare qualcosa.

Harry Gibson cominciò a girarmi intorno da sinistra, la mia sinistra. Invece di muovermi verso destra, come si aspettava lui, io mi mossi verso sinistra. Sembrò sorpreso, e quando fummo faccia a faccia lasciai andare un sinistro tremendo che lo beccò proprio sulla testa. Fantastico. Se si fa centro una volta, si può far centro due volte.

Eravamo faccia a faccia, e lui partì in quarta. Mi colpì, ma mentre mi colpiva abbassai la testa e mi spostai di lato con tutta la velocità di cui ero capace. Il destro di Gibson mi passò sopra la testa e mi mancò. Mi buttai su di lui e lo colpii allo stomaco. Ci staccammo. Mi sentivo come un vero professionista.

« Dai che gliele stai suonando, Hank! », urlò Gene.

« Avanti, Hank, dagliele », urlò Dan.

Mi avventai su Gibson e tirai di destro. Lo mancai e il suo sinistro mi beccò sulla mascella. Luci gialle, verdi e rosse mi scoppiarono davanti agli occhi, poi Gibson mi affondò un destro nello stomaco. Mi sembrò che mi attraversasse fino alla spina dorsale. Mi buttai su di lui e lo incalzai. Ma questa volta non avevo paura, ed era una sensazione stupenda.

« Ti ammazzerò, sbruffone! », gli dissi.

Poi cominciò il combattimento serrato. I pugni di Gibson arrivavano veloci e micidiali. Era più abile, più preciso, più forte, ma anch’io riuscivo ad assestargli qualche bel colpo, e mi divertivo. Più mi colpiva, meno sentivo. Tenevo dentro la pancia, mi piaceva l’azione. Poi Gene e Dan si misero tra di noi. Ci separarono.

«Che cosa fate?», chiesi. «Lasciateci stare! Voglio fargli il culo ! ».

« Piantala, Hank », disse Gene. « Guardati! ».

Abbassai gli occhi. Avevo la camicia scura di sangue e macchie di pus. I pugni di Gibson avevano fatto scoppiare tre o quattro foruncoli. Non mi era successo niente del genere, durante il combattimento con Gene.

« Non è niente », dissi. « Solo un po’ di sfortuna. Non mi ha fatto male. Lasciatemi fare che lo stendo ».

« No, Hank, ti beccherai un’infezione come minimo », disse Gene.

« Va bene, merda », dissi, « toglietemi i guanti! ».

Gene mi slacciò i guanti. Quando me li tolse vidi che mi tremavano le mani, e un po’ anche le braccia. Mi infilai le mani in tasca. Dan tolse i guanti a Harry.

Harry mi guardò. « Mica male, ragazzo ».

« Grazie. Be’, ragazzi, ci vediamo… ».

Mi allontanai. Mentre me ne andavo mi tolsi le mani di tasca. Poi, in fondo al vialetto, sul marciapiede, tirai fuori una sigaretta e me la infilai in bocca. Feci per accendere un fiammifero ma non ci riuscii, tanto mi tremavano le mani. Salutai i ragazzi agitando la mano con aria indifferente, e me ne andai.

Di ritorno a casa mi guardai allo specchio. Fantastico. Stavo imparando.

Mi tolsi la camicia e la buttai sotto il letto. Dovevo trovare il modo di lavar via il sangue. Non ne avevo tante, di camicie, e si sarebbero subito accorti che ne mancava una. Ma per me quella era stata una giornata buona, e non mi capitava spesso di avere giornate buone.