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La fiammata del sabotaggio fu l’inizio, non la fine. Londra continuò a indicare nuovi obiettivi da attaccare e la campagna per gettare lo scompiglio tra i tedeschi occupati a rinforzare le truppe in Normandia si trasformò in una battaglia fatta di azioni continue pensate per impegnarli, sfinirli e demoralizzarli. Questo significava più lanci, più imboscate e un ciclo continuo di rifornimenti regolari ai gruppi di partigiani meno numerosi sparsi nella regione, tutti sempre in movimento per tenersi fuori dalla portata dei tedeschi.

I giorni si trascinavano uno dopo l’altro, mentre Nancy faceva sonnellini nei campi aspettando i lanci, o lasciava che a guidare l’operazione fosse uno degli spagnoli per poter chiudere gli occhi qualche minuto, sempre con il Bren sulle ginocchia, mentre procedevano sobbalzando per le strade di campagna. Gli Alleati avevano ormai preso il controllo in Europa, ed era loro compito fare in modo che riuscissero a mantenerlo. Una volta spuntate le liste mandate da Londra, ne compilavano altre in modo autonomo, collaborando con i ferrovieri per far saltare motori e binari, e craterizzare ogni strada larga abbastanza da sopportare il passaggio di mezzi corazzati. Così le truppe erano costrette ad ammassarsi su camionette più piccole e più vulnerabili e loro potevano tendere imboscate con attacchi fulminei, prima di scomparire di nuovo nei boschi, lasciando la strada e i mezzi in fiamme, tra le urla dei feriti. Quando le armi sparavano, lei era viva, la mente perfettamente lucida. Invece, passato il pericolo, il suo corpo cessava di funzionare e si chiudeva alla realtà, e Nancy trascorreva le ore di inattività immersa in uno stato di intontimento.

Naturalmente giravano molte voci sulle rappresaglie contro la popolazione civile. Molto tempo prima che Nancy ritornasse in Inghilterra, l’abitudine dei nazisti di uccidere gli ostaggi per vendicare le attività segrete del nemico era ben nota. All’inizio avevano finto di giustiziare i prigionieri politici, le staffette partigiane e i comunisti che già tenevano nelle loro prigioni, ma ormai qualsiasi pretesto, qualsiasi finzione, erano caduti. Forse i francesi all’inizio avevano pensato che in Francia le SS non si sarebbero comportate così. Non ci avevano creduto nemmeno quando, dopo l’assassinio del capo della Gestapo Heydrich, era giunta voce che due villaggi cecoslovacchi erano stati letteralmente annientati, uomini, donne e bambini. Quelle cose le facevano soltanto all’Est, si erano detti.

Adesso avevano tutte le prove di cui c’era bisogno. La rabbia inutile che le SS provavano scoprendo che il nemico si era nascosto tra le montagne e nelle valli si sfogava sulla popolazione locale, persone legate alla loro terra, con famiglie che non potevano scappare.

«Cazzo...» Nancy batté le palpebre e alzò la testa.

Stavano attraversando la regione di Védrines-Saint-Loup, e la strada le era familiare. Di tanto in tanto erano andati a comprare provviste in una fattoria in zona. Un pennacchio di fumo irregolare saliva nell’aria da dietro la curva successiva. Si strofinò gli occhi, sbirciò dal parabrezza.

«Facciamo una deviazione?» chiese Mateo.

Nancy osservò meglio il fumo. «No, se quella è la fattoria Boyer, sta bruciando già da un po’ e la deviazione ci costerebbe due ore di tempo e un sacco di carburante. Tira dritto.»

Videro il primo corpo prima della curva. Un vecchio, un lavoratore della fattoria da cui avevano comprato formaggio nel fienile. I nazisti lo avevano impiccato a uno dei castagni dai grossi rami che ombreggiavano la strada. Nancy sentì di colpo la bocca secca. Mateo svoltò, rallentando.

Altri due corpi, l’agricoltore e sua moglie. Boyer aveva perso un braccio nel 1918, perciò non era stato richiamato. E sgobbava come un mulo per poter allevare i suoi animali e tenere i depositi ben forniti. Entrambi erano appesi alla porta del fienile, e i figli stavano cercando di tirarli giù.

La bambina, di circa dodici anni, era salita e cercava di segare le corde con un coltellino, mentre il maschietto, un po’ più piccolo, aspettava sotto, le mani alzate, pronto ad afferrare i corpi. Dietro il fienile la fattoria continuava a bruciare senza più fiamme.

«Fermati» disse Nancy.

«Nancy, non c’è più niente che possiamo fare» disse Mateo.

«Spegni quel cazzo di motore, e con Jules vai ad aiutare quei bambini a tirar giù i genitori.»

Lui sapeva che era inutile discutere quando il colonnello usava quel tono. Si fermò, scese e attraverso una specie di nebbia Nancy sentì che dava ordini ai ragazzi nel pianale del camioncino. Adesso due dei suoi stavano tenendo le gambe dell’uomo e della donna, mentre altri due segavano le funi in alto. I corpi caddero come frutti maturi. Le ricordò la volta in cui Henri l’aveva portata a vedere la vendemmia a Bordeaux: i grappoli pesanti cadevano dritti nei cesti, pieni di succo, le bucce violacee impolverate.

I due bambini non si staccavano dai partigiani e piangevano. Tenendo un lembo della gonna della madre, la bambina la seguì mentre veniva condotta lungo il cortile. Non ebbero il tempo di fermarsi per aiutarli a seppellire i genitori. Mateo consigliò di metterli al riparo di una catasta di legna. Chiuse gli occhi ai due cadaveri e li liberò dal cappio; la bambina era seduta per terra fra loro: gemeva senza parole, si girava a destra e a sinistra per toccarli, prendeva le mani di uno o dell’altra, lasciandole cadere, per poi riprenderle ancora.

Nancy scese dal camioncino, sfilò una busta dalla giubba e contò un pugno di banconote. Quanto valeva un genitore? Due genitori, e una casa? Certo non aveva abbastanza soldi per compensare una simile perdita. Bastavano giusto per comprare cibo per qualche settimana. Meglio darli al maschietto? Ma dov’era finito?

Con un ruggito d’odio il piccolo si scagliò su Nancy per aggredirla con il coltellino, lo stesso con cui la sorella aveva tentato di segare la corda, tenendolo dritto davanti a sé. Quando era riuscito a prenderlo? Urlava che la colpa era sua. Che l’avrebbe uccisa. Lei si limitò a guardarlo. Non si mosse. Mateo si voltò e alzò la pistola, Jules fu più veloce... balzò giù dal pilastro del cancello dove era seduto e colpì il bambino con il calcio del fucile. Il piccolo cadde come un sacco d’avena, il coltello finì lontano, nel fango secco del cortile. Jules si chinò a esaminare il bambino, poi si rialzò.

«Niente di grave.»

Nancy non si era mossa. Jules le tolse le banconote dalle mani, andò dalla bambina e gliele diede. La piccola non capiva. Comprensibilmente. L’orrore che la circondava l’aveva messa in stato confusionale. Forse si sarebbe ripresa, forse no. Non sembrava nemmeno rendersi conto che il fratellino giaceva a terra vicino al cancello. Jules le ficcò i soldi nella tasca del grembiule e la lasciò.

Poi gli uomini di Nancy tornarono a bordo, lei riprese il suo posto e la fattoria scomparve fra le ondulazioni del terreno.

 

 

Di ritorno sull’autobus, dopo aver comunicato ai partigiani in tono monocorde il luogo e l’ora del lancio di quella notte, Mateo le consegnò un foglio.

«Era appuntato sul cappotto dell’uomo» disse. Poi prese il suo fucile e scese velocemente dall’autobus seguito dagli altri, lasciandola sola con quel foglio.

Lei lo spiegò. La faccia era la sua. Un ritratto molto somigliante. Ricompensa per una spia inglese, una crudele assassina. Nome: Nancy Wake, alias Madame Fiocca, alias il Topo Bianco. Un milione di franchi. Con quella somma il bambino avrebbe potuto comprare una nuova fattoria. Sapeva che non era questa la ragione per cui l’aveva aggredita, ma per un momento le dispiacque che non fosse riuscito ad accoltellarla e a esigere la ricompensa. Cazzo. Torna in te, Nancy. Se erano arrivati a tanto, a impiccare un marito e una moglie e un vecchio per lei, che cosa avrebbero fatto a Henri? Ricordò in quali condizioni era Gregory dopo la fuga dalla prigione della Gestapo, e sentì in gola il sapore della bile.

La porta dell’autobus si aprì. Era Denden.

«Nancy! Hai già preparato il comitato di accoglienza per i lanci di stanotte? Ci copriranno di prelibatezze.»

Lei non rispose, si limitò a consegnargli il foglio. Lui diede una rapida occhiata e aggrottò la fronte.

«Un milione di franchi! Accidenti! Be’, adesso però non montarti la testa.»

Lei afferrò un bicchiere dal tavolo e si versò una dose abbondante di qualunque cosa ci fosse nella bottiglia presa dalla mensola. Una specie di brandy che bruciava la gola.

«Non c’è niente da ridere. Quegli schifosi bastardi hanno mio marito, e sanno esattamente chi sono io. Si sfogheranno su di lui.»

Lui alzò le mani in un gesto di resa. «Scusami, scusami! Era una battuta stupida.»

Lei si versò di nuovo da bere e prese un sorso. Chiuse gli occhi e vide il corpo del vecchio che dondolava dal castagno. Chi lo avrebbe tirato giù?

«Sì, per te è tutto un grande scherzo, vero?» borbottò incupita, lo sguardo fisso sul bicchiere. Con la coda dell’occhio vide che Denden arrossiva.

«Che cosa hai detto?»

«Sai, su una cosa Gaspard ha ragione.» Nancy prese la bottiglia, e accasciandosi sul divano improvvisato bevve un altro sorso. «Io sono responsabile della vita di centinaia di persone, tu invece fai sempre l’allegrone come se fossi in vacanza.»

Denden alzò di nuovo le mani. «Ci risiamo!»

«A te basta ficcare l’uccello in ogni buco che riesci a trovare...» Vide che gli era partito il tic a un occhio. Era segno che lo aveva ferito, se lo ricordava dall’addestramento. Ma non gliene importò.

«Dai, Nancy! Sfoga il tuo senso di colpa su questa checca!»

«Siamo qui, stiamo sacrificando tutto...» Ebbe la sensazione di avere lei stessa la fune tra le mani. Vide se stessa che cercava di metterla intorno al collo degli agricoltori. Si vide spingerli giù, ridendo, mentre la corda cigolava e si tendeva.

«Sì, dai, continua a commiserarti, vai fino in fondo...»

«Tu! Che non hai neanche mai preso in mano un’arma, perché sei un frocio vigliacco.»

Bevve un altro sorso e vide che le parole lo avevano colpito dritto al cuore.

«Chiedimi scusa, Nancy» le disse lui.

Lei lo guardò e scoprì di non volersi scusare.

«D’ora in avanti chiamami colonnello, per favore.»

Dopo una breve esitazione, Denden assunse un tono freddo e formale.

«Un messaggio da Londra, colonnello. Dice che deve ritirare una spedizione di bazooka, e un uomo che addestri i combattenti su come usarli. Domani sera. A Courçais. L’incontro è stato fissato al Café des Amis. Il contatto è biondo, nome in codice René. Gli chieda l’ora, le dirà di aver venduto l’orologio per comprare il brandy.»

Lei lo guardò attentamente. In quel momento la odiava, era evidente. E lo trovò giusto.

«Congedato!»

Lui le fece il saluto militare e la lasciò alla sua bottiglia.

 

 

Non riusciva a prendere sonno, e quando scivolava nel dormiveglia sognava Böhm, la sua faccia nella piazza. Balenavano ricordi di esplosioni e di fiamme. Poi, quando il sorriso di lui si ingentiliva, veniva avvolta dalle fiamme e lei si svegliava sentendo la voce della madre che le sussurrava qualcosa all’orecchio. Tornò in sé, ritrovandosi seduta al bordo di un campo vicino a Saint-Marc. Accidenti, si era appisolata nel bel mezzo di un lancio. I contenitori metallici stavano già scendendo, il cielo ne era pieno. Si alzò faticosamente sotto gli occhi di Tardivat che la osservava.

«Mon colonel» disse piano, «riposati ancora un po’, ci penseranno gli altri a raccoglierli. Sanno come devono fare.»

Nancy scosse la testa. «È compito mio, Tardi.»

«È compito di ognuno di noi, ed è nostra anche la responsabilità.»

Nancy non sentì l’ultima parte della frase, stava già attraversando il campo a grandi passi.

Sul lato di un contenitore c’era una croce nera disegnata col gesso. Un pacco dono per lei. Buckmaster doveva averlo detto a Denden, per questo il lancio di quella sera lo aveva messo così di buon umore. Le tornò in mente la prima volta in cui gliene era arrivato uno: conteneva la crema scelta da Vera, e le era sembrato un regalo di Natale. Però in quel momento non si aspettava niente da papà Buckmaster. Appena il contenitore fu caricato sul retro del camion, salì a sua volta e aprì la serratura a scatto, ignorando il borbottio provocato da quella procedura considerata «non corretta». La croce non segnalava soltanto che si trattava di un pacchetto per Nancy, ma anche la collocazione del contenuto, perciò fu una questione di minuti individuarlo fra i pacchi di esplosivo al plastico e tirarlo fuori. Lei saltò di nuovo giù dal camioncino e si appoggiò alla cabina per aprire l’involto. Altra crema per il viso e un flacone di acqua di colonia. Il profumo era un buon antisettico, perciò lo avrebbe tenuto. La crema l’avrebbe regalata alla prima abitante del villaggio che avesse incontrato. C’era una lettera.

Mi dispiace molto ammettere di non avere notizie del nostro amico rimasto a Marsiglia, diceva. Era battuta a macchina. Immaginò Vera che la scriveva alla sua scrivania in Baker Street mentre gli ufficiali andavano e venivano con le loro belle uniformi pulite parlando delle perdite subite in Francia: chi era morto, chi non aveva più una buona copertura, chi era andato a finire in un campo, o in uno scantinato. Poi una nota scritta dalla mano ferma di Buckmaster. Coraggio, mia cara. La fine è vicina.

Maledetto. La cosa più vicina alla guerra per lui era l’addestramento dei suoi agenti. Si erano forse presi il disturbo di ottenere notizie di Henri? Certo che no. Facevano finta di niente, per tenerla tranquilla ancora un po’. La facevano sgobbare senza sosta, rischiando che un sadico nazista le riducesse la faccia in poltiglia o la impiccasse alla trave di un fienile. Però Böhm lo sapeva. Sapeva dov’era Henri.

Liberazione
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