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Mateo era infuriato con Nancy, fumava di rabbia mentre erano seduti nella cabina del camioncino. Disapprovava quello che era successo al caffè e le lanciava occhiate pensose e deluse, come una zia nubile se non bevi il tè composta. Ma che problema aveva? Odiava i miliziani, e adesso al mondo ce n’erano quattro di meno, ed erano state morti facili, non impiccati davanti alle loro famiglie o torturati per giorni nelle celle della Gestapo.
Era anche lei talmente arrabbiata con lui da non badare alla strada che René stava seguendo: il camion era diretto a ovest del villaggio lungo una strada fra boschi di faggio e castagno. La corsa finì davanti a un fienile a due piani.
In silenzio scesero dal camion e seguirono René dentro il fienile. L’aria era fresca e secca e odorava di cuoio e paglia. René appese la lampada a un chiodo conficcato in una trave e si fregò le mani. Lo guardarono spostare con un calcio la paglia e aprire una botola senza mai smettere di chiacchierare. Non il cicaleccio accattivante di un uomo nervoso, solo un brontolio contento. A Mateo non era piaciuta la scena al bar, invece René sembrava soddisfatto.
«Southgate ha programmato il lancio in febbraio, ma mi ha detto di tenerli da parte fino al D-Day. Quando ho saputo degli sbarchi morivo dalla voglia di dirvelo, però senza Southgate niente ordini. Povero René! Tutti questi bei giocattoli e nessuno che potesse usarli.»
«La Gestapo ha beccato Southgate a Clermont in marzo.»
René fece una pausa. «Che peccato. È un brav’uomo. Ma non aveva certo il suo fiuto, colonnello Wake.»
Sganciò la lampada e l’abbassò in modo da mostrare lo spazio scavato sotto il fienile. C’era una decina di tubi avvolti in una tela di juta. Era dai tempi dell’addestramento nel fango dello Hampshire che Nancy non vedeva un bazooka, ma riconobbe il loro peso micidiale.
«Quante munizioni avete?»
«Abbastanza da far fuori un battaglione.» René incrociò il suo sguardo e scrollò le spalle. «Cinquanta colpi a testa.»
«Forza, allora» disse Mateo in tono burbero. Cominciarono a toglierli uno a uno dal nascondiglio e li impilarono vicino alla porta.
Grazie all’abilità dell’autista scelto da Heller, coprirono i quindici chilometri fino a Courçais in meno di venti minuti. Quando l’auto accelerò, Heller ebbe difficoltà a tenere ferma la torcia per leggere il dossier dei servizi segreti relativo al villaggio e ai suoi abitanti. Nel momento in cui Böhm era entrato nel caffè, le ultime gocce della bottiglia di brandy stavano colando dal ripiano del tavolo nella pozza di sangue di uno dei miliziani uccisi. Il titolare del locale descrisse la donna balbettando, e anche gli assassini e l’uomo con cui si era incontrata. Mezz’ora dopo, quando Heller gli aveva dato la notizia che i posti di controllo erano stati disposti, Böhm aveva lasciato la scena scatenata dalla follia di Nancy. Quanti strani incontri e coincidenze. Quasi si dispiacque per lei. Se soltanto avesse potuto contattarla, farle capire. Dietro le imposte di alcune case tremolavano delle luci. Heller lo seguì nella piazza e lo trovò che stava fissando il cielo trapunto di stelle.
«Installi l’altoparlante» gli ordinò Böhm.
«Ci vorrà un po’ di tempo, signore».
Böhm fece solo un cenno del capo. Sembrava immerso nei propri pensieri, lo sguardo ancora fisso verso il cielo.
I bazooka ebbero un potere elettrizzante, benché fossero ancora avvolti nella juta e odorosi di paglia e terra. Nancy sorrise. Un solo colpo poteva far saltare una jeep blindata a tre metri da terra. Se avevi fortuna era in grado di distruggere un carro armato. Ci volevano due uomini per farli funzionare a dovere, e dovevano essere addestrati nel migliore dei modi, per non rischiare di lasciarci le penne. Un bazooka era efficace come un cannone, e per di più era portatile.
La porta si aprì con un cigolio, e Nancy si guardò intorno.
La ragazza del bar. René indicò la pistola infilata nella cintola, ma Nancy alzò la mano per impedirgli di sparare. La ragazza avanzò tremante.
«Anna? Ci hai seguiti? Sei impazzita? Quelli ti ammazzano» disse Nancy.
Anna tese le mani. «Per favore, signora, mi porti con lei! So cucinare, so fare le pulizie. Non mi rimandi da maman.»
Nancy sospirò. «Non essere ridicola. Torna a casa dalla tua famiglia.»
«Io voglio aiutare a combattere! Nella mia famiglia sono miliziani. Io li odio. Peccato che mio padre e mio fratello non erano nel bar quando è entrata lei.»
Nancy guardò René.
«Non la conosco» disse lui. «Non conosco nessuno. Mi limito a usare il fienile come magazzino. Questo villaggio non mi piace. Troppo pieno di fascisti. Hanno guardato pure negli armadi pur di scovare degli ebrei da consegnare ai tedeschi, ma non li hanno trovati.»
«E so come uscire dal villaggio» si affrettò ad aggiungere Anna. «A nord c’è un sentiero che attraversa la fattoria di mio zio. In piazza ci sono già i tedeschi, stanno mettendo su i posti di blocco.»
«Grazie alla tua piccola bravata» borbottò Mateo, guardando Nancy. Sbirciò fuori. «Dobbiamo darci una mossa. Arrivano delle luci dal villaggio.»
«Per favore, signora!» La ragazzina giunse le mani e sembrò una di quelle sdolcinate pubblicità vittoriane della bambina dal cuore d’oro che prega per la sua bambola malata. «Non voglio andare a casa.»
Nancy la capiva. «Va bene. Finiamo di caricare e muoviamo il culo.»
Si raggelarono al rumore di esplosioni provenienti dal villaggio.
«Che cavolo succede?» disse Mateo. «Sbrighiamoci.»
Nancy gli appoggiò una mano sul braccio. «Aspetta.»
La voce veniva dalla piazza. La riconobbe subito. Parlava in francese con un forte accento, era quella dell’ufficiale di Rue Paradis, l’uomo che aveva visto presiedere l’esecuzione nella piazza del paese.
«Madame Fiocca? Nancy? So che è lì. È il maggiore Böhm che parla.» Fece una pausa, come se si aspettasse una risposta. Poi continuò. «Una brutta faccenda, quello che è successo nella taverna, Nancy. Sembrava che volesse a tutti i costi farsi catturare. Mi è già capitato, il senso di colpa può far impazzire. Come stanno i suoi uomini? Sanno che li sta portando alla rovina, esattamente come ha fatto con Henri?»
Lei sentiva quella voce. Sentì la sua voce nelle ossa. Si guardò intorno. La ragazzina era salita nella cabina del camion; René si era fermato per ascoltare, la mano appoggiata sulla scatola delle munizioni che aveva appena caricato sul retro. Mateo, le spalle curve, teneva lo sguardo fisso a terra. Si rifiutava di guardarla.
«Madame Fiocca, Henri è ancora vivo.»
Nancy vacillò in avanti nel buio, e la mano di Mateo sul gomito la stabilizzò. Si protese per ascoltare.
«Le giuro che è vivo. Si consegni, Nancy, e io lo farò rilasciare. È talmente semplice. Sa che sono a Montluçon. Mi raggiunga.»
Mentre la voce si spegneva, lei avanzò di un passo e Mateo rafforzò la presa sul braccio.
«Mon colonel!» le sibilò, e lei si riprese.
«Chi è Henri?» chiese René.
«Mio marito» rispose Nancy. «Mio marito.»
«Dobbiamo andarcene, Nancy» disse Mateo. «Subito.»
La spinse dentro la cabina, come se fosse una prigioniera, e appena René salì sul retro, tolse il freno a mano e si avviarono nel buio.