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I bendaggi intorno alle cosce durarono per una ventina di chilometri, ma quando la strada cominciò a salire si attorcigliarono lasciando le piaghe della pelle di nuovo scoperte. Le bende intorno alle caviglie tennero per altri sette o otto chilometri. Uno. Due. Uno. Due. Premeva con un piede e poi con l’altro, spingendosi avanti poco a poco lungo la strada sterrata, ombreggiata dalle querce. L’aria era fresca, e il bosco sembrava stranamente silenzioso, gli uccelli non cantavano, e nessuna brezza faceva stormire le foglie. Nancy non sentiva altro che il proprio respiro.
Troppo ripida. Se la strada fosse stata pianeggiante, avrebbe trovato un ritmo costante, e allora forse il dolore si sarebbe attenuato grazie al movimento regolare, invece su quella salita accidentata era impossibile. A ogni giro delle ruote lo strazio si riacutizzava. Le cinghie della radio affondavano nelle spalle e la pelle dove poggiava la custodia si stava lentamente scorticando. E chissà quanti chilometri doveva ancora fare, quasi tutti in salita.
I ricordi le balenavano rapidi nella mente. Henri che prima della guerra leggeva il giornale a colazione, e poi posava la tazza di caffè. Il momento in cui al chiaro di luna Antoine si sparava in bocca. La segretaria al quartier generale delle Forze della Francia Libera. Böhm, che si portava la mano alla faccia sanguinante. Uno. Due. Uno... Due... Sapeva che il crocevia era vicino, e quello sterrato si sarebbe collegato a una strada asfaltata. Ci sarebbero state delle pattuglie. Avrebbe dovuto svoltare di nuovo dopo un paio di chilometri, perché lì era vulnerabile.
L’aria si stava riscaldando persino all’ombra degli alberi. Svoltò sulla strada maestra e la pendenza aumentò leggermente. Il sangue le gocciolava dalle cosce in rivoli come sudore. Alzò lo sguardo. Il sole era già oltre lo zenit e lei aveva lasciato la fattoria prima dell’alba, perciò da quante ore pedalava... sette? Sembravano cinque minuti e al tempo stesso un’eternità.
Sentì alle sue spalle il ronzio di un motore. Cazzo, i tedeschi.
Si asciugò il sudore dagli occhi e guardò a sinistra e a destra.
Su entrambi i lati c’erano ripide scarpate e il fosso che costeggiava la strada era poco profondo e ricoperto di erbacce. Poteva soltanto andare avanti e sperare che chiunque fosse dietro di lei non stesse cercando una donna con una custodia di pelle legata alla schiena con delle cinghie. Doveva sembrare una donna comune, che aveva percorso un paio di chilometri, diretta al villaggio più vicino. Alza la testa, Nancy. Raddrizza le spalle, Nancy. Sorridi. Come se ti stessi divertendo. Fu percorsa in tutto il corpo da un fremito di dolore. Il rumore del motore aumentò, la raggiunse e la superò, un lampo di verde scuro, un telone, grandi ruote, una nube bassa di polvere sollevata dagli pneumatici. Mantenne lo sguardo avanti, a testa alta.
Uno. Due. Tre autocarri. Non rallentarono nemmeno, si limitarono a sterzare per non urtarla. L’ultimo era pieno di soldati tedeschi, con i caschi grigi e le giubbe verdognole, stipati sulle panche gli uni di fronte agli altri. Il soldato semplice in fondo a destra, un ragazzo sulla ventina, le sorrise e alzò la mano, un piccolo gesto segreto. Lei ricambiò il sorriso e continuarono a sorridersi fino a quando, alla curva successiva, anche l’ultimo camion scomparve alla sua vista.
Il sentiero per uscire dalla strada maestra era di nuovo accidentato, terra e ghiaia, con improvvise pozze di fango. Saliva e scendeva, saliva e scendeva. La bici traballava e rimbalzava sopra le buche scavate dalla pioggia estiva e i solchi lasciati dai carri trainati dai cavalli. La luce del giorno cominciò ad affievolirsi, poi fu solo una questione di tempo. Una curva tra i campi, un declivio più ripido del solito verso un torrente ampio e basso, e un grosso ramo abbattuto dai temporali estivi non ancora rimosso.
La ruota anteriore si inceppò e lei rimbalzò oltre il manubrio. Per un momento fu sbattuta avanti e di lato, troppo lenta per cercare di salvarsi. Atterrò duramente sul fianco sinistro e restò senza fiato.
Per un secondo o due, forse, perse conoscenza; difficile dirlo visto che da ore la sua mente era una specie di bianco nulla. Era tranquilla, sdraiata per terra. Sentiva il torrente a un centinaio di metri più a valle, e mentre la terra si raffreddava finalmente l’aria agitò delicatamente le foglie come una mano che muove l’acqua.
«Nancy.»
Eccolo. Era stato via? Com’era contenta di trovarlo a casa.
«Nancy.»
Ma certo, doveva essere rientrato il giorno prima nel tardo pomeriggio, prima del previsto, e rise di lei, per come gli si gettò tra le braccia e lo cinse alla vita con le gambe. Non avevano nemmeno aspettato di arrivare, e fecero l’amore sull’elegante divano del salotto, senza quasi svestirsi, tale era stata l’urgenza.
«Nancy, amore mio.»
Dopo dov’erano andati? All’Hôtel Louvre et Paix, naturalmente, vicino al porto, dove potevano mangiare in terrazza e guardare il via vai di barche all’ultima luce del giorno, i pescatori che portavano i cesti di aragoste direttamente in cucina dove lo chef aspettava di preparare la loro cena. Avevano ballato? Ah, sì, al Metropole! Il barman era perfettamente consapevole che mescolare un cocktail era un’arte. Nancy non poteva trattenersi dal ridere, a vederlo così serio, ma che cocktail, ragazzi, e avevano sempre le orchestrine migliori. Lì una volta avevano visto Rita Hayworth, e due volte Maurice Chevalier.
«Ascoltami, Nancy.»
Erano tornati a casa, rombando su per la collina con l’auto sportiva preferita di Henri, la mano sempre ben salda sul volante, anche se aveva bevuto. A Nancy piaceva l’uomo affidabile alla guida. E poi fare di nuovo l’amore. A letto, questa volta, e scivolare nel sonno tra le sue braccia sotto le bianche lenzuola fresche.
«Nancy, ti devi alzare.»
Socchiuse gli occhi. Lui era fermo tra lei e la portafinestra che dava sul balcone; le tende si gonfiavano come onde alle sue spalle. Che strano, non sentiva la brezza. Com’era bello, il suo Henri. Com’era gentile con lei.
«Non ho voglia di alzarmi, amore, non costringermi» disse Nancy.
Lui continuò a fissarla e basta. Perché era triste? Come poteva essere triste in una giornata tanto bella?
«Apri gli occhi, Nancy.»
«Io...»
Gli occhi erano ancora gentili, ma la voce più risoluta. «Dico sul serio, Nancy. Apri gli occhi.»
Li aprì. Marsiglia era sparita. Henri era sparito. Giaceva al buio su un sentiero dell’Alvernia, con una radio legata sulla schiena, il sangue secco sulle gambe, i muscoli contratti, le costole doloranti, e moriva di sete. Qualcuno stava piangendo: singhiozzi disperati, un suono terribile, straziante. Ascoltò stupita per un intero minuto prima di rendersi conto che a piangere era lei.
Henri, ho rovinato tutto. Mi dispiace tanto. Sono stata una stupida. Solo che... non lo sapevo. Gli alberi e la terra e l’aria cupa non le risposero. Le cose che ho visto, Henri! Le cose che ho fatto. Ho ucciso degli uomini, ho fatto uccidere delle persone. Quella ragazza, mio Dio, ma chi sono diventata? I tedeschi hanno ucciso dei bambini a causa di quello che ho fatto io, ti rendi conto?
Finalmente i singhiozzi cessarono. Non era cambiato niente. Era ancora lì, nella Francia occupata. I morti erano ancora morti e i vivi la stavano aspettando.
Si costrinse a mettersi in ginocchio, e poi, vacillando sotto il peso della radio, si alzò in piedi e prese la bicicletta.
Vedendola Fournier sfogò lo spavento con una scarica di parolacce. Le vedette che si trovavano a un centinaio di metri dalla base avevano cercato di aiutarla e lei le aveva mandate a quel paese, così si erano limitate a mettersi al suo fianco mentre raggiungeva la baracca del cuoco e gli alloggi che avevano ricavato da una fabbrica abbandonata, a meno di un chilometro dal fienile dove li aveva lasciati. L’avevano guidata per assicurarsi che non finisse contro nessuna delle trappole esplosive che avevano sistemato lungo il sentiero.
Per un momento lei sembrò voler continuare verso la vecchia base, come se non potesse fermarsi più, poi Tardivat afferrò il manubrio della bici e la bloccò. Lei lo guardò, ma i suoi occhi erano spenti e confusi.
«Cristo santo, qualcuno l’aiuti!» gridò lui.
Fournier accorsee cercò di sollevarla dal sedile. Nancy lo respinse. Una spinta debole, tuttavia lui indietreggiò allargando le braccia in segno di resa mentre lei scendeva lentamente dalla bici. Il vestito con cui era partita era lacero, coperto di polvere e sangue.
Denden le tolse con grande cautela la radio dalle spalle e le liberò le braccia. Quindi Nancy cadde a terra. Fournier la prese tra le braccia e con la delicatezza di uno sposo novello la portò alla fattoria, gridando di chiamare il medico.