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La gatta non ci lascia davvero lo zampino

LUNEDÌ mi ci vuole tutta la forza di volontà di cui dispongo per andare al corso di Psicologia sociale. Non sono più uscita dalla mia stanza per tutto il weekend dopo… l’incidente. Quel ridicolo, stupido e imperdonabile incidente. Devo aver avuto una specie di temporanea infermità mentale e sono terrorizzata all’idea che altri studenti abbiano assistito al mio tracollo, ragion per cui mi avvio a lezione con il cappuccio della felpa calcato in testa, grossi occhiali da sole che mi nascondono praticamente metà faccia e una sciarpa colorata tirata su fino al mento. Forse con questo look bizzarro attiro ancora di più l’attenzione, però mi sento più al sicuro così. E comunque, durante il tragitto non mi capita nulla di strano.

Vicino al punto dove Esben ha raccolto i cubetti di ghiaccio, mi squilla il telefono e rispondo senza nemmeno guardare lo schermo. «Pronto…»

«Ciao!» esordisce Steffi. «Che fine avevi fatto? È da ieri che non rispondi alle mie chiamate né ai messaggi! Cosa stavi combinando? Te la stavi spassando con qualche bel maschione del campus?» mi chiede, fin troppo speranzosa.

Inciampo nei miei piedi e per poco non mi cade il cellulare. «Co… cosa? No! Dio, no. Avevo solo… ehm… be’, un sacco da studiare. Ero in… in quel posto con i libri…»

«In biblioteca?» suggerisce lei.

«Giusto, quello.» Fisso l’asfalto dove ho rovesciato il caffè. «Tutti quei libri…»

«Allison, ti ho già detto di non ubriacarti al mattino. È da maleducati.»

«Cosa?» Alzo di scatto la testa. «Non sono mica sbronza!»

«Allora perché parli come se fossi spastica? E poi ti sento a fatica.»

Sposto la sciarpa dalla bocca. «Non parlo come una spastica! Sono solo concentrata sui corsi. Quest’anno è molto importante e devo assicurarmi di avere una media perfetta e in biblioteca ci sono un sacco di risorse e tranquillità, ed ero in un gruppo di studio, poi ho trovato una poltrona comoda vicino a una finestra con una vista spettacolare, e ho consultato un’edizione vecchissima di un’opera di Shakespeare.» È una serie di bugie ridicole, eppure non riesco a smettere di aggiungerne. «Hai mai letto Shakespeare? Io poco…»

Steffi interrompe le mie farneticazioni. «Che cavolo, parli proprio come una spastica.»

Ha ragione. «Sai com’è, è lunedì.»

«Non c’entra. Qui sta succedendo qualcosa. Sputa il rospo.»

«Non sta succedendo niente!» rispondo con voce un po’ troppo alta. «Devo andare adesso, ti chiamo dopo!»

Santo cielo. Di solito racconto tutto a Steffi, non che io abbia tonnellate di storie da condividere. Ma questa no. Non ce la faccio. La tattica migliore è fingere che non sia mai accaduto. Certo, resta il fatto che tra qualche minuto dovrò affrontare Esben, ma mi comporterò come se lui non esistesse. Facile.

A quanto pare, però, non c’era bisogno di preoccuparsi tanto. Arrivata nell’auditorium, mi rannicchio al mio solito posto, Esben non c’è ancora e non si presenta neanche in ritardo. Dovrei essere sollevata, invece è un giorno e mezzo che aspetto questo momento e adesso mi toccherà rivivere tutto daccapo mercoledì. Non sono delusa che lui non ci sia, ovviamente. Nemmeno un po’.

Martedì sera, resto alzata fino a tardi per trascrivere al computer gli appunti della giornata quando Steffi mi fa una videochiamata.

Come sempre, ha un aspetto impeccabile e persino il morbido chignon da cui le sfuggono alcune ciocche bionde è perfetto. La canottiera rosa attillata le mette in risalto il collo affusolato e la scollatura generosa. Se non la adorassi tanto, sarei consumata dall’invidia. Invece, vedendo il suo volto sullo schermo, mi rallegro e le sorrido. «Come va? Come stai?»

Solo allora mi accorgo che è appoggiata allo schienale della sedia, con le braccia conserte e un inconfutabile sorrisetto.

«Steff?»

Serra le labbra e inclina il capo. «‘Come va’? Sei seria? Come va a te? C’è per caso qualcosa di pazzesco di cui vorresti parlarmi?»

Resto impietrita e il mio sorriso scompare. Non sono in grado di spiccicare parola. Sta per succedere una cosa molto brutta, me lo sento.

D’un tratto, Steffi comincia a gesticolare come una matta e a parlare con tale gioia che riesco a malapena a seguirla. «Non ti è venuto in mente di dirmi che sei la protagonista di un video virale? Che sei ovunque su internet, in un video sexy insieme al solo e unico Esben Baylor? Dio, non potrebbe essere più figo, vero? Com’è stato il bacio? Cosa diavolo è successo? Oh, aspetta! È lì con te adesso? Ho interrotto qualcosa?» Batte le mani e si sporge verso la webcam, come per sbirciare nella mia stanza.

Non capisco. «Che cosa sono?» chiedo, senza troppa convinzione.

«Sei la protagonista di un video virale! È dappertutto su Facebook, Twitter e BuzzFeed! E su Upworthy!» Strilla e ride, mentre io sto per svenire.

«No. No, no, no.» Scuoto la testa. «Di che cosa stai parlando?»

«Aspetta.» Si mette a digitare sulla tastiera e mi manda un link.

Con una certa esitazione, ci clicco sopra.

Oh cavolo, no.

Non ho idea di cosa sia BuzzFeed, ma intuisco subito che è un sito importante, con link a storie di vip che nemmeno conosco e un sacco di titoli e punti esclamativi. E, proprio in cima alla pagina, c’è un video intitolato 180 secondi: interazioni tra sconosciuti che vi toccheranno il cuore.

Orripilata, mi copro la faccia con una mano e strillo: «Nooo!»

«Guardalo! Guardalo!» mi ordina Steffi, esaltata.

Nel riquadro della chat la vedo saltellare come una scema.

«Davvero non l’hai visto?» È incredula. «Se fossi in te, io lo spiattellerei ai quattro venti!»

Certo che lo farebbe: lei è stupenda, sicura di sé e non c’è nulla che ami di più che stare al centro dell’attenzione. Premo Play e sbircio tra le dita. Sento una musica e leggo le parole che scorrono in una sorta di introduzione. Poi parte un video con Esben su una sedia, seguito dalla panoramica di un anziano seduto di fronte a lui.

«Non può essere vero», sussurro.

«Vai alla fine! È molto meglio!» cinguetta Steffi.

«Scommetto di no», ribatto in preda alla rabbia, però obbedisco.

Esben sorride e saluta con un cenno del capo una signora di mezza età, con indosso un tailleur, che si alza e se ne va. Lo schermo diventa nero e compare una scritta.

A volte, capita qualcosa di inaspettato. A volte, una persona ti spinge a infrangere le tue stesse regole.

All’improvviso, ecco l’istante in cui ho guardato Esben per la prima volta.

«Nooo!» urlo di nuovo. «Oddio!» Premo Stop. «Non ho intenzione di rivederlo! Steffi, cosa faccio adesso? Perché è online?»

«Sul serio non sai chi è Esben Baylor?» grida lei, con un’aria decisamente troppo contenta.

«È… è un tipo del mio corso di Psicologia.» Mi interrompo, realizzando solo ora il senso delle sue parole. «Aspetta, tu come fai a sapere il suo nome?»

«Tesoro, so che non hai una gran vita sociale online, ma stai scherzando? Esben Baylor!» Esasperata dalla mia ignoranza, si accascia sulla sedia, senza smettere di sorridere. «Ecco la tua punizione per essere così fuori dal mondo.»

«No, non ho idea di chi sia», dico, impaziente. Non mi pare il momento di farmi fare la predica perché non sono aggiornata sugli ultimi trend del mondo virtuale. «Allora, chi è? E perché lo conosci?»

«Davo per scontato che persino tu sapessi chi è. Esben posta milioni di cose. È su Twitter, su Facebook, ha un suo blog…» Agita una mano. «È ovunque, e un sacco di altri siti riprendono i suoi post. Esben ‘Figone’ Baylor fa video e fotografie, crea hashtag di tendenza e così via. Scrive biografie di persone interessanti che conosce, consigli per aiutare gli altri, post per sensibilizzare la gente su determinati argomenti. Roba commovente che ti rallegra la giornata. E adesso tu sei in uno dei suoi video! Dio, sono talmente gelosa che potrei impazzire, però sono anche felice per te! È la cosa migliore che potesse capitarti!»

«Okay, okay. Andrà tutto bene.» Cerco di calmarmi. Forse non è poi così male. Forse non diventerà un problema. È soltanto uno stupido video.

«E ha un sacco di follower.» Il suo sorriso raggiante inizia a irritarmi. «Tipo, una marea.»

Appoggio un gomito sulla scrivania e la testa sulla mano. «Fantastico.»

«Cos’è che ti dà così fastidio? Ti sei fatta Esben Baylor! L’unica cosa di cui dovresti preoccuparti sono le ragazze che ti odieranno.»

«Ripeto, fantastico.» Chiudo la pagina di internet.

«Ma è davvero fantastico», insiste lei, in tono più gentile. «Allison, questa faccenda è uno sballo. Serviva un po’ di pepe nella tua vita, non credi? Qualcosa che ti scuotesse.»

«No che non mi serviva.» Metto il broncio. «Adesso devo andare. Ci sentiamo domani.»

«Non hai nemmeno guardato tutto il video. La scena con te è bellis…»

La blocco. «Non voglio guardarlo né parlare più di questa storia, va bene?»

«Ne parlano tutti! La gente lo adora e…»

«Ti prego, Steff!» la imploro. «Vedrai che tra poco se ne dimenticheranno. Non sarà niente di che, okay? Non permetterò che lo diventi. In questo momento, è l’ultima cosa di cui ho bisogno.»

«Be’… d’accordo.» La sua delusione è evidente. «È che nel video sembravi… diversa. Così…»

«Così come?»

«Aperta. Vera. Emotiva.» Lei sì che emana un’energia positiva. «Vulnerabile. E anche così in sintonia con lui.»

«Non è vero.» È una bugia, ma non le darò ragione.

«E, in caso tu non te ne sia accorta, Esben è stupendo. Superstupendo, figo, bello da togliere il fiato. E ti si è buttato addosso, che diamine! Non ho mai visto nulla di più romantico e nemmeno il resto degli utenti di internet. È proprio un seduttore, questo è sicuro.»

«No che non lo è!» strillo.

«Sì, invece.» Si è calmata ormai. «E soprattutto, Allison, Esben è il massimo della perfezione. Quel ragazzo ha un cuore incredibile.»

«Buon per lui, ma non mi interessa.»

Con un’occhiataccia, mi costringe a distogliere lo sguardo, e aggiunge: «Eri radiosa».

«Non ero affatto radiosa!»

«Tesoro, che importanza ha se lo eri? Eri bellissima, e passionale.»

«Smettila. Non è stato niente.» Ne ne posso più di rivangare questo casino e, anche se sto parlando con Steffi, sono stufa della nostra conversazione. «Ti voglio bene, però devo andare. Ci sentiamo presto.» Senza lasciarle il tempo di ribattere, termino la videochiamata.

Chiudo il computer, indosso il pigiama, spengo la luce e mi infilo a letto. Pazienza se non ho lavato i denti e se devo fare la pipì: non ho la minima intenzione di uscire da qui per andare al bagno in fondo al corridoio. Chissà chi potrei incontrare. E se Steffi avesse ragione e qualche ragazza mi avvicinasse per… per…

Affondo il viso nel cuscino e urlo.

Per il bacio.

Urlo di nuovo.

Come ho potuto permettere che accadesse? Mi sono impegnata al massimo per costruirmi una vita che fossi in grado di tenere sotto controllo e sono stati sufficienti tre minuti per mandare tutto all’aria. Tre stupidissimi minuti che vorrei solo cancellare.

Devo riprendermi. La gente è volubile e ben presto questa storia si sgonfierà. Basterà non badare a Esben né all’incidente. Non farò ricerche su internet né leggerò i commenti. Non guarderò il video. Sarà come se non esistesse per me. Problema risolto.

Eppure, mi rigiro nel letto per più di un’ora, incapace di rilassarmi e di reprimere l’ansia che mi attanaglia. A un certo punto, accetto il fatto che non mi addormenterò e noto il cellulare a portata di mano, illuminato dai raggi della luna. Abbasso le palpebre e inizio a muovere le dita dei piedi per il nervoso. No, non lo farò.

Invece lo faccio. Non resisto. Accendo il telefono. Come dice il proverbio, la gatta ci lascerà pure lo zampino, però nella mia mente sento il ruggito di un leone.

Impiego due secondi per trovare il video di Esben e, con un gemito, vedo che è su un sito diverso rispetto a quello che mi ha mostrato Steffi. Su quanti altri sarà stato postato? Anche se ho ceduto e ho aperto la pagina, non riesco comunque a decidermi a guardarlo. Non so di che cosa ho paura. Ero presente anch’io, solo che non voglio rivivere quella situazione.

Allo stesso tempo, però, lo voglio.

Vado verso la fine e ne osservo soltanto pochi secondi. Lo metto in pausa e fisso l’immagine che ho davanti. Non ce la faccio a staccare gli occhi.

Ci stiamo baciando ed Esben mi tiene il viso tra le mani e, dall’espressione di entrambi, si capisce benissimo che è molto più di un semplice bacio.

È stato, mi correggo. Ora non è più niente.

Rimango imbambolata di fronte al fermo immagine e, con il telefono ancora in mano, sprofondo in un sonno senza incubi.

Me lo concedo, solo per questa notte.