20
La miscela della colazione
LA mattina dopo, quando mi sveglio, Esben dorme ancora, raggomitolato contro di me. Nonostante le circostanze che l’hanno spinto a restare, devo ammettere che è meraviglioso averlo qui. Gli accarezzo la schiena piano piano. Non posso credere di avere davvero tra le mie braccia questo ragazzo bellissimo, dinamico, interessante, divertente e premuroso. Tre mesi fa, mi sarei rifiutata di immaginare di essere contenta come oggi.
Manca ancora un bel po’ prima che suoni la sveglia, ma non riesco a riaddormentarmi. L’idea di staccarmi da Esben non mi fa impazzire, ma la natura chiama. E, soprattutto, il caffè chiama. Dopo il Ringraziamento, Simon mi ha rispedito all’università con mezzo chilo di una miscela speciale per la colazione e muoio dalla voglia di berne una tazza. E dopo tutti gli shot di tequila che si è scolato ieri sera, probabilmente Esben ne avrà più bisogno di me. Anche se mi dispiace per i suoi postumi da sbronza, sono contenta di potermi prendere cura di lui e di farlo stare meglio. La novità di questa situazione mi riempie di gioia. Gli do un bacio delicato sui capelli e mi stacco da lui. Mi infilo la vestaglia ed esco dalla stanza in punta di piedi, richiudendo la porta senza fare rumore.
In attesa che sia pronto il caffè, che già comincia a diffondere il suo forte aroma, controllo il telefono.
Steffi mi ha inviato un messaggio nel cuore della notte.
Ehi, utente dei social! Belle foto. Tu sei bellissima ed Esben è più sexy ogni minuto che passa. In senso non lascivo. O quasi.
Con un sorriso, faccio per risponderle, però il telefono si mette a squillare tra le mie mani.
«Steff, cosa ci fai in piedi? Sono le tre e mezzo di notte da te!»
«Non lo so, non riesco a dormire. Ho visto che mi stavi scrivendo e ho deciso di chiamarti. Come sta il sensuale Esben?»
«Dio, Steff!» Mi copro la bocca per attutire le risate. «Ti proibisco di chiamarlo così!»
«Stai sussurrando! Stai sussurrando! È lì con te, vero? Nudo, aitante e svenuto nel tuo letto dopo ore e ore di sesso bollente!» Mi sembra fin troppo entusiasta al pensiero.
«Non è nudo!» Mi rintano nella stanza con i pacchi e l’unicorno gonfiabile. «Però è qui.»
«Perché è rimasto?»
«Abbiamo solo dormito nello stesso letto, niente di più.»
«Ehm, quindi avevate i vestiti addosso e tutto quanto?»
«Be’, sì.»
«Che delusione», commenta, esageratamente afflitta. «Ma se non altro è un passo avanti.»
«Santo cielo, mi dispiace che la cosa ti rattristi tanto.»
«Hai per caso detto ‘santo cielo’? Che espressione insolita. Forse d’ora in avanti dovrei iniziare a usarla anch’io, ha un non so che d’altri tempi. Non c’è motivo di farsi rodere da un tarlo, signorina! Perbacco, corbellerie e mannaggia! Dio salvi la regina!»
«‘Dio salvi la regina’? Sei seria? Che cosa c’entra?»
«È un bel modo per evitare le parolacce. Lo dirò sempre, preparati.»
«Piantala, altrimenti mi farai ridere troppo forte e sveglierò il sensuale Esben!»
«Be’, ormai è mattina, quindi forse dovremmo parlare della sua erez…»
«Basta!» È quasi impossibile trattenere le risate. «Senti, dobbiamo organizzarci per Natale. Simon mi ha chiesto in che giorno vuoi arrivare e in quale ripartire.» Da quando vivo con lui, Simon si è sempre assicurato che potessi vedere Steffi durante le vacanze. Anche nel periodo in cui abitava con Joan e Cal, la coppia che l’ha praticamente sbattuta fuori di casa appena ha compiuto diciotto anni, Simon ha guidato per un’ora per portarmi da lei il giorno di Natale. Negli ultimi anni, Steffi è sempre tornata a Boston per trascorrere con noi due settimane, compreso Natale e Capodanno.
«Oh… a questo proposito», mi fa, più seria.
«Cosa? Cosa significa ‘a questo proposito’? Non mi piace affatto il tuo tono.»
«Okay, per favore, non arrabbiarti ma… andrò in crociera!» strilla tutta eccitata.
«Dov’è che andrai? Di cosa stai parlando?»
«Un gruppetto di amici con cui esco di solito ha organizzato una crociera di tre settimane e una ragazza ha dovuto rinunciare, perciò mi venderà il suo biglietto per due soldi e non posso lasciarmi sfuggire questa occasione. Andrò alle Hawaii! E… e… in altri posti! Non conosco nemmeno l’itinerario, però è una crociera! E, ciliegina sulla torta, ho una cotta pazzesca per uno dei tipi che verrà. Mi basta un’occhiata al suo corpo per prendere fuoco.»
Questa storia non ha senso. «Quindi non verrai a Boston? Oh.»
«Non essere triste. Tanto tu odi il Natale e, se vedessi questo tizio, probabilmente molleresti Esben all’istante e partiresti con lui.»
«Se lo dici tu.»
Fa una breve pausa. «Verrò un’altra volta.»
«Magari per le vacanze di primavera?»
«Certo! E di sicuro per l’estate, okay?»
«In effetti, in crociera potresti divertirti parecchio, ma devi promettermi che mi manderai un milione di foto. Soprattutto di questo bel ragazzo di cui parli.»
«Affare fatto!»
In realtà, sono contenta per lei, eppure non posso non essere un po’ delusa all’idea di non passare le vacanze insieme. «Dirò a Simon di spedirti i suoi regali.»
«No, no. Non c’è bisogno che mi compri niente.»
«Figurati. Quell’uomo adora viziarti.»
«Davvero, non è necessario.»
«Se pensi che Simon non ti manderà qualche enorme scatolone, allora ti sei dimenticata com’è fatto.»
«È vero.»
«Mi mancherai», aggiungo.
«Adesso raccontami come va con Esben.»
Mi sdraio sul letto e sorrido. «Bene, Steffi. Davvero, davvero bene.»
«Ah sì? È una settimana che non ci sentiamo… voglio tutti i dettagli sconci.»
Blatero per una ventina di minuti, finché la sento sbadigliare e capisco che è abbastanza esausta per dormire. «Dovresti andare a letto, tesoro. Sembri distrutta.»
«Va bene. Però, Allison, sono proprio felice per te. Ti meriti un ragazzo fantastico come Esben e, santo cielo, anche lui è fortunato ad avere te.»
«Grazie, Steffi.» Sospiro soddisfatta. «Mi manchi tantissimo, nonostante le tue nuove espressioni idiote, e mi manca vederti ogni giorno. Ci dobbiamo parlare più spesso, okay? Ormai lo facciamo una volta a settimana o giù di lì.»
«Okay, ci lavoreremo su. Siamo entrambe impegnate, ma ciò non significa che non siamo più amiche che mai.»
«Lo so, è che… non ho mai… non ho mai avuto un Esben prima. Voglio soltanto essere sicura che tu non ti dimentichi che ci sono ancora per te.»
«Sempre. Sei la mia migliore amica», mi rincuora. «Non scordartelo neanche per un secondo.»
Terminata la telefonata, mi verso finalmente una tazza di caffè e do una sbirciatina a Esben. Dio, addormentato sembra un angelo.
Controllo l’ora e chiamo Simon.
«Buongiorno, tesoro», mi risponde lui, allegro. «Ti stai godendo il caffè?»
Ne bevo un sorso. «Proprio in questo istante.»
«Eccellente. Che succede?»
Gli racconto della crociera di Steffi.
«Capisco. Be’, Steffi ha sempre colto l’attimo, quindi dobbiamo essere contenti che si butti in questa avventura. Sarà strano non averla qui con noi, però ci arrangeremo.»
«Pensavo che quest’anno, potremmo… sai… fare più cose natalizie.»
Simon resta per un attimo in silenzio e intuisco che si sta sforzando di non mostrarsi troppo eccitato. «Davvero?»
«Sì. Per esempio dovremmo comprare un albero e appendere le calze.»
«E le lucine? E le ghirlande? E dei regali extra? E novanta tipi diversi di biscotti?»
All’idea mi assale l’ansia, ma è giunto il momento di superare la mia fobia per le feste. Non sono più una ragazzina senza certezze. Non sono più così. «Sarebbe carino.»
«Lo credo anch’io.»
Sono abbastanza sicura che Simon stia saltellando su e giù, e apprezzo il suo sforzo di mantenere la calma di fronte a questa notizia entusiasmante.
«Come sta il giovane Esben?» s’informa.
«Bene, purtroppo ha avuto una serata difficile. È un po’ triste.»
«Sarà contento di poter contare sul tuo sostegno, ne sono certo.»
«Lo spero. Credo anch’io, però… non sono abituata a vederlo infelice.» Giocherello con la cintura della vestaglia. «Tengo tantissimo a lui.»
«Lo immagino e, stando ai tuoi racconti, è lo stesso per lui. Allison, è normale essere tristi qualche volta. Anche se di solito è un tipo allegro, può avere dei momenti brutti. Significa che è umano.»
«Hai ragione. Grazie.»
«Digli da parte mia che ha fatto un bel lavoro con l’ultimo video. Quello con i quaderni da disegno.»
Il giorno dopo il Ringraziamento, Esben è andato in centro a Boston, sfidando la folla del Black Friday per consegnare ai passanti dei quaderni su cui scrivere o disegnare qualsiasi cosa li rendesse felici. Il video riprende le persone mentre mostrano parole o immagini ed è l’ennesimo lavoro ben riuscito, con tanto di musica, molti sorrisi e qualche lacrima. Stranamente, nonostante la frenesia di quel giorno di shopping, in pochissimi hanno disegnato oggetti materiali.
«Sai, sono su Twitter», ammette Simon con timidezza. «Non sapevo se dovevo seguirti oppure no.»
Scoppio a ridere. «Però immagino che segui Esben, vero? Ma certo che devi, sei mio padre.»
Segue un lungo silenzio. Siamo entrambi un po’ spiazzati. Anche se quando parlo di Simon con qualcuno lo definisco il mio padre adottivo, non l’ho mai chiamato direttamente papà.
«Sì, giusto», commenta in tono dolce. «Sono tuo padre. Allora, non appena finiamo di parlare, comincerò a seguirti. E ti scriverò dei tweet per ricordarti di chiamarmi, di mangiare la verdura e di dormire a sufficienza.»
«Esben mi ha insegnato a bloccare la gente», ribatto con una risata, «quindi sarà meglio che tu stia attento.»
«Mi comporterò bene! Mi comporterò bene!»
«Okay. Ci vediamo online. Ciao, Simon.»
«Ciao, piccola.»
Controllo Twitter e, nel giro di qualche minuto, vedo che Simon mi segue. Poi vado a controllare di cosa scrive. Giardinaggio, cucina, un sacco di tweet sui reality show del canale Bravo… all’improvviso però ne vedo uno della settimana scorsa e mi blocco.
Simon ha ritwittato il video di Esben e ha risposto con un suo breve filmato. Ci clicco sopra. Elegante, in camicia e cravatta, Simon è seduto al tavolo della cucina. «Ciao a tutti», esordisce, nervoso. «Mi chiamo Simon e, ehm… quello che mi rende felice è…» Allunga una mano, prende un foglio e lo solleva. Sopra c’è scritto ALLISON. «Mia figlia, Allison. Ho aspettato a lungo che entrasse a far parte della mia esistenza e ne è valsa la pena. Lei», prosegue, deglutendo a fatica, «lei è la luce della mia vita.» Appoggia il foglio e interrompe il video.
Avvicino il dito al simbolo del cuore sotto al video. Impiego qualche secondo, ma alla fine lo premo. Poi ritwitto a mia volta il suo video e scrivo:
Non è fantastico mio padre?
Mando un messaggio a Simon.
Va bene se durante le vacanze invitiamo Esben a cena?
Non mi ha mai risposto tanto in fretta.
Qualsiasi sera o anche ogni sera.
Rispondo:
Forse ogni sera sarebbe eccessivo.
Lui ribatte:
Sono un ottimo cuoco. Magari non vorrà più andarsene.
Scoppio a ridere.
Giusto.
Dalla mia stanza giunge la voce roca di Esben. «Dov’è il mio cuscino umano? Dove sono i miei vestiti? Perché sono tutto solo nel letto? È odore di caffè quello che sento? Ho mal di testa perché ho bevuto troppa tequila o perché qualcuno mi ha colpito nel sonno?»
La sua voce al mattino è ancora più bella di quando è completamente sveglio. Vado in camera e salgo in piedi sul letto. «Quindi non vuoi che inizi a saltare?»
Geme. «Dio, non farlo, per favore.» Poi però inclina la testa. «Anche se così potrei sbirciare sotto la tua vestaglia…»
Mi siedo di scatto. «In quel caso tralasceremmo un passaggio della vasta gamma.»
Mi tira contro il suo petto e mi abbraccia. «Però mi sto divertendo con la gamma.»
Resto appoggiata a lui e mi godo il calore del suo corpo e la sensazione della sua stretta, così solida e al contempo tenera.
«Vuoi un caffè?» mormoro.
«Tra un minuto. Rimaniamo così ancora per un po’.» Solleva il piumone. «Non preoccuparti. Visto che non ho qui lo spazzolino, ho mangiato una quarantina di mentine che avevo nella tasca dei pantaloni.»
«Grazie del pensiero.» Dopo aver dormito senza vestaglia, mi sembra stupido tenerla addosso ora, quindi me la tolgo e mi infilo sotto le coperte. Lui si gira su un fianco e mi abbraccia da dietro.
«Come ti senti?» gli chiedo.
«Maluccio, ma starò meglio.» Mi passa una mano tra i capelli e restiamo sdraiati insieme in silenzio per un po’. «Soprattutto se sto qui con te.»
Nonostante sia stato difficile vederlo tanto turbato, adesso che ho potuto fare qualcosa per lui sono convinta che la nostra relazione sia più equilibrata. Fin dal giorno in cui ci siamo conosciuti, sono sempre stata io quella fragile, quella che ha continuamente fatto affidamento su di lui. Ora, invece, sono consapevole che anche lui può contare su di me. Sono più forte di quanto credessi.
Dopo un po’, gli porto una tazza di caffè, in attesa che sia abbastanza sveglio per parlare.
«Esben?»
«Sì, piccola?»
«Quello che è successo a Kerry… è per quello che non hai ancora fatto sesso? Ed è per quello che sei così prudente con me?»
«In parte, sì. Ascoltami… so che quello che le è successo è stato uno stupro, non sesso, e che sono due cose molto, molto diverse.» Beve un sorso per schiarirsi le idee. «Certo, starò anche morendo dalla voglia di farlo con te, però so che per le ragazze è facile sentirsi sotto pressione, perché pensano che altrimenti verrebbero lasciate. Ma io non sono quel tipo di uomo.» Mette giù la tazza e mi cinge con un braccio.
«Lo so. Tu sei bravissimo e con te sono a mio agio. Quello che ha passato Kerry è orribile, Esben, orribile. Ma, come hai detto tu, è diverso da ciò che sta succedendo tra noi, sono due cose diametralmente opposte. Adesso ti chiedo una cosa, in modo esplicito: voglio un po’ di intimità.» Mi giro per guardarlo in faccia, metto una mano sulla sua e gliela sistemo sotto la mia maglietta. La guido sulla mia pancia e sento la pelle infiammarsi al suo tocco.
Esben mi bacia una spalla e, quando parla, capisco che sta sorridendo. «Sei davvero a tuo agio?»
«Sì.» Talmente tanto che risalgo con le dita sul suo petto. «Ti voglio senza questa camicia.»
«Sul serio?» mi domanda, con una certa esitazione.
Comincio a sollevargliela. Ho il respiro affannato. «Solo dalla vita in su, d’accordo?» mormoro. «Non voglio tessuti tra noi. Soltanto io e te.»
In un lampo, Esben mi fa sdraiare sulla schiena e mi accarezza. «Va bene», ribatte con un tono infuocato e promettente. «Va bene.»
Do uno strattone alla sua camicia. «Toglitela. Voglio vederti.»
Lui ubbidisce e, poco dopo, anche la mia maglietta fa la stessa fine.
Più tardi, con il petto nudo di Esben premuto contro il mio e la sua bocca che esplora la mia pelle, lo sento sussurrare: «Sei meravigliosa, Allison. Ogni cosa di te è meravigliosa».
Afferro la sua mano e gliela metto sotto la mia biancheria intima e, prima che possa dire qualcosa, annuisco. «Sì, sono sicura.»
Nonostante i progressi nell’esplorazione della vasta gamma, riusciamo miracolosamente ad andare entrambi a lezione.